Intervento di S.E. l’Arcivescovo Ennio Antonelli al Centro Icaro con gli insegnanti –25/02/03-. Sono stato nella scuola a lungo, dai sei anni fino ai quarantacinque, poi sono diventato vescovo, anzi sono stato nella scuola fino ai quarantasei, perché ho continuato ad insegnare ancora per un anno dopo che ero già vescovo, nella teologia, però. Nella scuola ho ricevuto l’inizio della mia vocazione al sacerdozio, perché mi è venuta questa proposta di andare in seminario da un’ insegnante. Nella scuola ho avuto la messa in crisi della mia vocazione e della mia fede quando studiavo la filosofia e per alcuni anni sono stato in grande difficoltà. Dalla scuola, oltre che dalla preghiera, dal direttore spirituale e da altre cose, ho avuto l’aiuto per superare, attraverso il colloquio con gli insegnanti, attraverso letture, questa crisi e nella scuola poi ho insegnato lettere e poi storia dell’arte e insieme anche teologia nell’Istituto teologico di Assisi. Un flash soltanto per ognuno di questi insegnamenti. Come docente di lettere: italiano, latino, greco, storia e geografia in IV e V ginnasio, una fatica improba! Ho cercato, quanto ai contenuti, di valorizzare di più le tematiche che mi apparivano più importanti, significative per i problemi fondamentali dell’uomo. Quindi, pur rispettando fondamentalmente i programmi che bisognava fare, però sorvolavo su alcune cose e ne accentuavo altre. Per esempio: non ho letto l’Eneide tradotta da Annibal Caro in IV ginnasio, (che è una pizza che non finisce più !); io chiedevo semplicemente che imparassero la trama di ogni libro dell’Eneide e poi leggevo alcuni pezzetti in italiano e in latino e alcuni glieli facevo imparare anche a memoria, per far loro vedere la bellezza e anche l’abissale differenza con la traduzione. E sceglievo pezzetti che erano particolarmente profondi, significativi anche per i loro contenuti. Siccome poi in IV ginnasio si faceva anche l’antologia, ma anche adesso immagino, brani cioè della Divina Commedia, sviluppavo molto la lettura della Divina Commedia, quasi che insegnassi al liceo invece che al ginnasio, quindi facevo far loro una specie di rotolo lungo lungo con tutto l’ itinerario della Divina Commedia, attraverso l’esperienza del male, dell’Inferno, l’esperienza della purificazione, l’esperienza dell’ascesa alla perfezione, dell’ascesa a Dio, il Paradiso, in modo che l’avessero sotto gli occhi. Poi, nei vari punti di questo rotolo, facevo scrivere, copiare, alcuni brani da imparare a memoria, particolarmente belli, così avevano già un primo sviluppo della Divina Commedia, ma soprattutto con le tematiche fondamentali: il bene, il male, l’apertura dell’uomo all’infinito, e così via, alcune direttrici di marcia che servivano per la vita. In V ginnasio, ovviamente, i Promessi Sposi, che si prestano anche molto, ma non ero pedante per fare tutto integralmente. Davo molta importanza anche al Leopardi, perché prevede l’antitesi: secondo me Leopardi è un poeta religioso, nel senso che è un poeta nichilista, ma di un nichilismo invivibile e quindi porta una formidabile domanda di senso, di significato, di vita, di bellezza, una domanda che non riesce a saziare, ma la porta. Ecco, allora, leggere il Leopardi, per me è più religioso, in un certo senso, del Manzoni stesso, perché è più metafisico, più profondo, più essenziale. Poi aggiungevo(in V ginnasio sembrerà strano) Dostojewski, qualche sua lettura. Prendevo ogni anno un romanzo, una volta “l’Idiota”, una volta “I demoni”, una volta “i Fratelli Karamazov”, la trama del romanzo e alcuni brani, anche qui proprio perché vi sono contenuti i grandi problemi dell’uomo, l’uomo sospeso fra il nulla e il tutto, tra il male e il bene, proprio per tenere deste le domande grandi sulla vita e anche il desiderio di una risposta piena. Far apparire le cose, e tendere il cuore innanzitutto verso Dio e verso Cristo, rispettando le cose stesse però, perché ci sono esistono. Poi, storia dell’arte. Dovendo insegnare teologia all’Istituto teologico, ho lasciato lettere perché era impossibile, ho insegnato storia dell’arte, dove non c’erano compiti da correggere. Anche qui mi fermavo molto sul linguaggio artistico: l’arte è un linguaggio, ha i suoi elementi linguistici, e questo è fondamentale evidentemente in qualsiasi arte, ma anche però sul contesto in cui l’opera d’arte è sorta, la destinazione che aveva, per lo più religiosa,la gran parte delle opere d’arte sono nate con questo scopo, cercando di mettere in evidenza il messaggio nel senso umano, il messaggio teologico che c’è nelle opere d’arte. Anche un messaggio biblico: per esempio: vedendo Caravaggio; in realtà è uno degli artisti più religiosi che esistano, pur se certamente vi trovo il naturalismo, e quindi una specie di materialismo. Anche se era un furfante nella sua vita, era religioso, credente, in questo dramma continuo della sua esistenza. E la sua arte non sono solo fotografie della realtà quelle che lui dipinge. C’è un’illuminazione particolare, non reale, artificiale, per così dire, che simboleggia di solito la grazia divina. Ci sono tanti dettagli simbolici nei gesti, nelle presenze di persone, nelle sue opere. E quindi una lettura più piena di Caravaggio: mentre altri insegnanti si fermano al semplice naturalismo, il lettore cristiano – cose queste confermate anche nella documentazione storica – senza fare nessuna violenza alle opere d’arte, ne dà una lettura più piena. Il naturalismo c’è ma è appunto la fede e la grazia divina che viene nella vita ordinaria, nella realtà dell’esistenza, nella concretezza delle cose: “Dio in mezzo alle pentole”, diceva Santa Teresa d’Avila! Ecco, questa spiritualità si trova nella religiosità dell’epoca. Per quanto poi riguarda le relazioni, cercavo di avere un atteggiamento cordiale, gioioso anche, finché era possibile, qualche volta c’era qualcuno nella scuola che proprio ti impediva quasi di far scuola, perciò in certi casi non era facile. Però misi insieme un rapporto anche gioioso, direi e soprattutto con l’arte facevo tantissime diapositive per cui erano appassionati loro stessi, affascinati da quello che vedevano. Non facevamo solo parole, ma commentavamo anche quello che vedevamo. Anche attività extra-scolastiche, come cineforum per esempio, insieme con alcuni colleghi, con gli studenti. Abbiamo fatto dei cicli su un autore, sullo stesso tema, attività di cineforum fuori del tempo scolastico, conferenze su temi allora molto in voga, tavole rotonde sulla psicanalisi per esempio, sul marxismo, tutti i temi che in quel momento incendiavano l’opinione pubblica e quindi anche i giovani. Si discuteva dunque di queste cose. Con molti di loro, sia docenti che alunni, ho mantenuto un rapporto bellissimo anche adesso. Pensate: un insegnante che si professava ateo e che era un po’ “nicciano” di sinistra, ha portato dalla sua parte anche diversi alunni, perché era molto bravo, molto capace. Quando sono diventato vescovo di Firenze mi ha scritto una lettera (insegna all’Università) in cui mi chiede di pregare per lui. Vedete com’è complicata la vita? Il nostro rapporto era buono, amichevole, nonostante la diversità totale. Lui per esempio, diceva che la filosofia era completamente inutile: c’era la poesia, la letteratura, la filosofia era un di più. In un certo senso è anche vero, ma la filosofia ha altri vantaggi sulla letteratura. Anche per la teologia cercavo di essere molto selettivo: l’erudizione al minimo necessario, ma soprattutto i grandi temi che sono importanti per la vita spirituale, personale, ecclesiale. Dio, Cristo, l’uomo, la Chiesa, l’esistenza cristiana, la vita eterna. Ecco i grandi temi su cui mi fermavo a lungo, scrollandoli da tanti dettagli; e poi anche facevo i collegamenti, data la mia provenienza, con la letteratura e anche con la musica. Facevo ascoltare brani di Bach, per esempio agli studenti di teologia, per far vedere come Bach è un musicista teologo. Ho fatto anche dei seminari di studio: ecclesiologia e architettura: ad una visione di Chiesa, in un certo tempo, corrisponde una particolare architettura, e così avanti. (Questo breve pensiero è inserito alla fine degli interventi, dopo i ringraziamenti) Mi parrebbe di cogliere questo punto ultimo: noi faremo tre quattro incontri all’anno, diocesani, come questo per presentare delle esperienze per fare domande per dialogare ecc. Però sarebbe bene che nell’intervallo tra questi incontri ci fossero anche degli incontri tra gruppetti di voi, delle varie zone, invitando anche i preti che ora sono qui, se è possibile, proprio perché possano aiutarvi e sono disponibili ad aiutarvi a fare un certo cammino. Però è importante che voi siate protagonisti e che cerchiate di tessere rapporti tra voi e riflettere sulla situazione concreta in cui vi trovate ed essere creativi e propositivi. Scambiarvi esperienze per arricchirvi reciprocamente e per incoraggiarvi. Credo che questo sia fondamentale Affidiamo tutto alla Madonna: “Donna se tanto grande e tanto vali che qual vuol grazia e da te non ricorre sua disianza vuol volar sanz’ali”. Ave Maria.