Dedicazione Sala della comunità Lunedì 18 Maggio presso l'Oratorio, dopo un breve momento di preghiera, è stata dedicata la Sala della Comunità a don Silvano Caccia. Molto suggestivo è stato l'intervento-testimonianza di due sacerdoti che hanno collaborato con don Silvano: don Ivano Valagussa (Assistente Generale dell’Azione Cattolica Diocesana e Responsabile dell’Ufficio per la Catechesi) e don Edoardo Algeri (Responsabile dell’Ufficio per la Famiglia della Diocesi di Bergamo). Ricordo di don Silvano Caccia di don Ivano Valagussa Il mio racconto questa sera non vuole essere una comunicazione per suscitare emozioni nostalgiche e neppure intende riaprire la ferita del distacco così improvviso a causa del tragico incidente. Vorrei invece con voi raccogliere motivi di ringraziamento attraverso fatti e parole che mi accingo a raccontare. Ho conosciuto don Silvano nel 1988 e da allora ho vissuto con lui 18anni. Tanto basta per diventare maggiorenni come fratelli! In quell’anno sono stato chiamato a vivere il mio ministero in Seminario come padre spirituale del Ginnasio e don Silvano faceva parte dell’equipe degli educatori di questa “fantastica” comunità del Seminario Minore. Con lui ho condiviso 10 anni di servizio fino al 1998, quando don Silvano è diventato responsabile diocesano del Servizio per la famiglia. Il secondo periodo è stato dal 2000 al 2008. Anch’io ho lasciato il Seminario per l’incarico di assistente diocesano dei giovani di AC e per il sinodo dei giovani (Sentinelle del mattino). In questo periodo milanese il rapporto con don Silvano è diventato ancora più profondo in quanto abbiamo condiviso la casa nella Comunità san Natale a san Giorgio al Palazzo. Del periodo del Seminario mi piace raccontare questa sera della sua accoglienza. Non è stato facile per me passare dalla parrocchia al seminario eppure don Silvano con gli altri educatori sono stati veramente attenti alla mia persona. Don Silvano mi ha subito mostrato grande fiducia, stima e disponibilità di collaborazione, che io stesso ho imparato subito ad apprezzare per la competenza, la profondità e la passione educativa che mi comunicava. Ho compreso come don Silvano non era solo il professore, il Vice preside, l’animatore culturale, ma anche “l’amico di Dio” che con la propria competenza pedagogica-culturale e nella collaborazione con altri educatori indicava e accompagnava i ragazzi all’incontro con il Signore Gesù. In particolare amava invitare tutti ad essere in ricerca raccogliendo le domande degli uomini, coltivando la passione per le vicende della storia, elaborando ogni giorno l’indispensabile sintesi personale tra vangelo e vita. Il suo segreto era certamente la preghiera, che amava condividere in Seminario con la Comunità del Ginnasio e a Milano con la Comunità degli assistenti di Azione Cattolica. Ritiri, Esercizi spirituali, condivisione della Parola, ma anche concelebrazione della S. Messa quotidiana in comunità erano gli appuntamenti non solo da lui partecipati, ma anche promossi e coltivati con convinzione e fraternità. Il suo “essere amico di Dio” diventava amicizia profonda e serena anche con noi educatori. Ricordo non solo gli incontri di lavoro della nostra equipe, ma anche quelli familiari a tavola, in macchina, davanti al telegiornale serale in una pausa dopo la cena. Don Silvano sapeva raccontare di sé, dei suoi sogni, del suo impegno con libertà, leggerezza, allegria, passione e convinzione a tal punto da coinvolgerti per forza nel suo desiderio di fare qualcosa, di pensare bene le proposte perché i ragazzi che ci erano stati affidati fossero accompagnati nella loro crescita vocazionale. E nei racconti entravano spesso le proprie esperienze personali. In particolare ricordo la grande attenzione sulla propria famiglia: la mamma, i fratelli e le sorelle, i nipoti. Questa forte legame familiare già rivelava la sua attenzione alla famiglia. Lui stesso è stato promotore di una bella iniziativa per noi educatori in seminario: quella di radunare i nostri familiari una volta all’anno per un momento di festa e di convivialità. La sua sensibilità educativa era particolarmente attenta al cammino vocazionale delle persone. Sotto questa luce mi piace ricordare tutto il lavoro paziente per introdurre le Magistrali come percorso scolastico in Seminario. Ricordo anche l’itinerario vocazionale per genitori e figli “Se tuo figlio ti chiede un pane” che don Silvano ha curato in tutti i dettagli e che ha sempre cercato di promuovere anche nel suo incarico in Curia. Penso infine a tutto l’impegno per formulare esperienze valide di Seminario minore per i ragazzi delle medie; da qui è nata anche l’esperienza della Comunità San Martino. Nel suo impegno di responsabile per il settore scolastico don Silvano ha assunto anche quello di collaboratore per l’ACR in centro diocesano (1994) e anche in questo è stato un dono non solo per l’AC ma anche per la stessa pastorale dei ragazzi. Il suo stile è stato sempre quello di creare collaborazioni e don Silvano in quel periodo ha saputo creare una bella sinergia tra Seminario Minore, ACR e Pastorale Giovanile. Non solo, ha saputo anche arricchire di proposte concrete l’accompagnamento spirituale di ragazzi. Qui ricordo almeno due iniziative molto belle che ancora sono strumento spirituale in Diocesi: la Regola di vita per i ragazzi dell’ACR e “I ragazzi e la Bibbia”. Il periodo che ho condiviso a Milano ha ulteriormente confermato quanto avevo sperimentato con don Silvano in Seminario. In particolare ha fatto emergere alcuni tratti che vorrei ricordare: - quello del rispetto e della valorizzazione del laicato nella Chiesa - quello dell’amore per la Parola di Dio (incontri del mercoledì sulla liturgia domenicale) - quello dell’attenzione alle persone - quello dell’amore per la Chiesa locale espresso nel lavoro generoso e rispettoso delle varie istituzioni - quello della dedizione piena e senza riserve alla pastorale familiare. Don Silvano lo ha manifestato anche nella sua scelta non facile di lasciare l’AC per un impegno a tempo pieno al Servizio per la famiglia Conclusione: Il ricordo di don Silvano ci apre a una domanda come ricordavo nella Messa di suffragio di martedì 24 marzo nella Chiesa di S. Antonio a Milano: da dove vengono questi tratti del volto di don Silvano? Dal suo essere amico di Dio, dalla bontà di Dio. Noi questa sera ringraziamo il Signore per questa bontà che ci ha rivelato anche attraverso questo sacerdote e fratello nella fede. Insieme sappiamo che egli ora sta con l’amico nella pienezza di vita e ben volentieri ne raccogliamo il testimone. Intitolazione a don Silvano Caccia della sala della comunità – 18 maggio 2009 di don Eduardo Algeri Se il matrimonio è così bello, allora è molto bello anche servirlo!” Prendo spunto da questa dedica che don Silvano mi ha lasciato su un libro che riproduce le migliori immagini artistiche della famiglia per riassumere lo sviluppo del suo ministero presbiterale, quasi interamente dedicato alla famiglia. Possiamo dire che appena dopo il Vangelo, che gli aveva fatto incontrare Cristo Buon Pastore e Sposo della Chiesa, il suo grande amore era la famiglia. L’amore per il vangelo e il servizio alla famiglia sono stati una passione unificante nel cuore di don Silvano. L’amore alla Parola lo invitava a servire con sapienza e senza risparmio le numerose coppie di sposi che avevano conosciuto la sua amabilità all’interno del cammino delle Èquipe Notre-Dame. Del resto l’impegnativo compito pastorale di accompagnare le famiglie della sua amata diocesi di Milano lo portava ad interrogare il Vangelo in modo sempre più appassionato e penetrante. “Annunciare, celebrare e servire il Vangelo del matrimonio e della famiglia” - sintesi dell’intenzione fondante la riflessione teologico-pastorale del Direttorio di pastorale familiare penso possa essere utilizzata anche come “cifra” dell’impegno che don Silvano ha profuso nella pastorale familiare. Ancora una volta don Silvano ci ricorda con gesti e parole che nella pastorale familiare si realizza il volto di una Chiesa discepola del Vangelo: tutto l’impegno è ricondotto a preparare, favorire, servire l’incontro tra l’amore umano e l’amore di Gesù, che è la ‘buona notizia’ cui l’amore umano tende e aspira. Si tratta per un prete di vivere il proprio ministero condividendo con le famiglie la scoperta del Vangelo iscritto nella loro vocazione e nella loro vita, di favorirne l’assunzione sempre più consapevole e di sostenere la maturazione di una “buona e bella” testimonianza nella Chiesa e nella società. Perché questa vocazione si potesse realizzare, don Silvano suggeriva e testimoniava agli operatori della pastorale familiare l’importanza di alimentarsi di tempi di relazione, di preghiera, ma anche di rigorosità di pensiero e di metodo nell’azione, unitamente a indicazioni e orientamenti condivisi nel cammino ecclesiale . A questo esito don Silvano cercava di preparare, ma anche di stimolare le coppie di sposi e gli operatori pastorali, convinto – come lo era – che nel volto attuale di Chiesa il ruolo dei laici, e in particolare della famiglia, ha ancora strada da percorrere per essere sempre più rispondente alla missione che gli sposi hanno ricevuto nel sacramento del Matrimonio. Ma con la prospettiva poi di non trattenere le famiglie nelle pareti ‘sicure’ della chiesa: è il mondo il luogo in cui gli sposi sono chiamati a essere sale e luce. Era convinto che per servire evangelicamente le famiglie fosse opportuna anche la consuetudine con le famiglie. Da questa convinzione traggono spunto le numerose iniziative di comunione che egli promuoveva con i diversi gruppi familiari, non ultime i pellegrinaggi in Terra Santa, in Turchia, a Roma in bicicletta per il Giubileo, in luoghi significativi per la testimonianza di fede delle famiglie (Caresto, Barbiana, Montesole…). Un tratto inconfondibile del profilo pastorale di don Silvano era la familiarità dei linguaggi. Era persuaso che la fede dovesse essere comunicata alle famiglie con un linguaggio familiare, che senza rifuggire dalla complessità della riflessione teologica, potesse rendere disponibile alla vita degli sposi cristiani l’alimento loro proprio: il pane saporoso e nutriente della Parola di Dio. Ciò che non potremo mai rimuovere dal cuore – noi che per disegno provvidenziale abbiamo condiviso con don Silvano il pane dell’amicizia e della collaborazione pastorale – è senz’altro la passione per la crescita del popolo di Dio. Il popolo amato da Dio non era per don Silvano solo un’evidenza teologica, ma una autentica comunicazione di carismi e ministeri chiamati a crescere insieme per dare espressione alla varietà di vocazioni con cui cresce l’unità della Chiesa. La storia del suo ricco ministero gli ha dato la grazia di servire progressivamente le diverse vocazioni della Chiesa: con l’insegnamento e con lo stile gioioso e appassionato del suo ministero testimoniò ai seminaristi di Venegono la bellezza e l’importanza di seguire Cristo Buon Pastore, il quale prima di affidarci il suo gregge ci interroga sempre di nuovo sull’amore per lui. Fu poi educatore sapiente e coraggioso di numerosi giovani che attraverso l’esperienza dell’associazionismo di Azione cattolica hanno appreso a rispondere sempre più generosamente alla chiamata ad essere ‘luce del mondo e sale della terra’ negli appelli che provengono ogni giorno dalla storia. Infine don Silvano dedicò le migliori energie alle vocazioni che crescono all’interno della famiglia. Sulla scia del suo grande amico e maestro mons. Mario Spezzibottiani non si risparmiò nel promuovere iniziative, celebrazioni, pubblicazioni che avevano come protagonisti e destinatari i fidanzati e le coppie di sposi che hanno sempre occupato la parte centrale del cuore di don Silvano. Infine con consueta prontezza e obbedienza ha saputo porsi al servizio della Comunità pastorale di San Paolo in Giussano. Era consapevole di assumere un compito impegnativo e laborioso, ma si sentì incoraggiato dalla fede in Cristo Buon Pastore, dalla fedeltà al ministero per le famiglie e i fedeli di Giussano, dalla fiducia che riponeva in lui l’Arcivescovo Card. Tettamanzi, da un’incrollabile confidenza nella Provvidenza che lo aveva accompagnato in numerosi tornati della sua vita presbiterale, convinto che essa “non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande” (Manzoni A., Promessi Sposi, cap.VIII). Anche per questo a don Silvano, a nome delle famiglie e di tutti coloro che operano nella pastorale familiare, va il nostro ricordo e la nostra preghiera riconoscente. don Edoardo Algeri Giussano, 18 Maggio 2009