Cartesio risolve un problema aritmetico In una delle numerose lettere del suo carteggio scientifico, datata 3 giugno 1638, Cartesio tratta alcuni problemi indeterminati propostigli da un certo Monsieur De Sainte Croix. Sono problemi in cui si ricercano le soluzioni intere di equazioni a più incognite a coefficienti interi, dello stesso tipo di quelle presentate da Diofanto nella sua Arithmetica. Il primo di questi problemi riguarda i numeri poligonali. Lo riportiamo più che altro per il linguaggio usato, basato sulle parole più che sulle formule, che ricorda lo stile dell’algebra retorica, usato dai matematici fino a tutto il Cinquecento. Questo modo di esprimere la matematica risulta a tratti molto oscuro e complicato per i lettori di oggi, abituati alla concisione del moderno simbolismo. Nella speranza che qualcuno raccolga la sfida e voglia divertirsi a tradurre in formule la lettera di Cartesio, spieghiamo il significato di alcuni termini inconsueti che vi compaiono. Per trigono Cartesio intende numero triangolare, mentre tetragono significa per lui numero quadrato. Un trigono tetragono sarà un numero che è contemporaneamente triangolare e quadrato. La metà minore di un numero dispari 2n+1 è il numero n, la sua metà maggiore è il numero n+1. La formula del generico numero triangolare è n(n+1)/2, ove n è normalmente un numero naturale, detto radice. Cartesio prende in considerazione anche l’eventualità che n sia una frazione: in tal caso il corrispondente numero triangolare è anch’esso frazionario. LA PRIMA QUESTIONE È QUESTA TROVARE UN TRIGONO CHE, + UN TRIGONO TETRAGONO, FACCIA UN TETRAGONO: E ANCORA. E CHE LA SOMMA DEI LATI DEI TETRAGONI RISULTI IL PRIMO DEI TRIGONI, E DELLA MOLTIPLICAZIONE DI QUESTA PER LA SUA METÀ, IL SECONDO. IO HO TROVATO 15 E 120. ASPETTO CHE QUALCUNO TROVI ALTRI NUMERI SODDISFACENTI QUESTA PROPRIETÀ, O CHE MOSTRI CHE LA COSA È IMPOSSIBILE. Qui io osservo in primo luogo che dalla moltiplicazione del primo trigono per la sua metà deve risultare un secondo trigono, il che sarebbe chiaramente impossibile, se si intendesse parlare solo della metà esatta, e si supponesse che questi trigoni dovessero necessariamente essere numeri interi. Ma questa difficoltà è eliminata dall’esempio dato di 15 e 120, in quanto 8, per il quale si moltiplica 15 per ottenere 120, non è l’esatta metà di 15. E quindi io vedo che per soddisfare il senso della domanda, occorre che il primo trigono sia un numero dispari, e che lo si moltiplichi o per la metà maggiore o per la metà minore, come 15 per 8 o per 7, 21 per 11 o per 10, e così via, poiché in questo modo si produce sempre un trigono. È vero che se si ammette che anche questi trigoni possano essere frazioni, siano, cioè, la somma della metà di un numero (razionale) quadrato e della metà della sua radice, si può fare in modo che un trigono moltiplicato per la sua metà esatta produca un altro trigono. Ad esempio, 3/8 è un trigono, la cui radice è 1/2; infatti la metà di 1/4, che è il suo quadrato, più la metà di 1/2, fa 3/8; e moltiplicando questo trigono per la sua metà esatta, cioè per 3/16, si ottiene 9/128, che è anch’esso un trigono, la cui radice è 1/8; infatti la metà di 1/64, che è il suo quadrato, più la metà di 1/8, fa 9/128. Ma normalmente i trigoni sono considerati solo come numeri interi e l’esempio di 15 e 120, che sarebbe errato nel caso in cui si considerassero le frazioni, mi costringe a trascurare completamente queste ultime. Inoltre devo rilevare l’ambiguità dell’espressione: e ancora. Infatti con questa parola si può intendere che occorre trovare un altro trigono che, più lo stesso trigono tetragono che è stato aggiunto al trigono precedente, faccia un tetragono, oppure un trigono che, più un altro trigono tetragono, faccia un tetragono, oppure, infine, un trigono che, più lo stesso trigono tetragono e ancora un altro trigono tetragono, faccia un tetragono. E benché l’esempio di 15 e 120 si accordi solo col primo significato, il secondo non è affatto escluso, e l’espressione e ancora sembra favorire il terzo. Ora, per il primo significato, è facile dimostrare che è impossibile dare un altro esempio di numeri interi, a parte 15 e 120. Infatti i calcoli mostrano che, cercando genericamente un numero che, aggiunto a un trigono tetragono dia un tetragono, e tale che questo numero moltiplicato per la sua metà e aggiunto allo stesso trigono tetragono dia ancora un tetragono, la radice del quale, aggiunta alla radice dell’altro tetragono, sia uguale al primo numero, occorre che la radice quadrata del trigono tetragono sia composta di (3-1Q)/2N, ossia di 3 meno un numero quadrato diviso per il doppio della radice di questo stesso quadrato; almeno se si suppone che questo primo numero debba essere moltiplicato per la sua metà maggiore, cioè per la sua metà esatta più un mezzo. E se si suppone che debba essere moltiplicato per la sua metà esatta, la radice quadrata del trigono tetragono sarà (2-1Q)/2N. E infine, se deve essere moltiplicato per la sua metà esatta meno un mezzo, la radice sarà (1-1Q)/2N: ciò non può produrre alcun numero intero, a meno che non si consideri la metà maggiore, e che si prenda N uguale all’unità. E allora il primo numero deve essere composto da 7 + 2N + 6/1N, che è 15. Un altro problema affrontato da Cartesio nella stessa lettera riguarda le terne pitagoriche: il suo interlocutore gli chiede di trovare un triangolo rettangolo i cui lati siano numeri interi, e tale che questi lati siano pari alle aree di altrettanti triangoli rettangoli coi lati interi. Gli propone, come prima soluzione, la terna 210, 720, 750. Cartesio ne trova un’altra: 145530, 194040, 242550.