relazione Presidente aicat Congresso 2010

XIX Congresso AICAT
Paestum (SA) 5-7 novembre 2010
“Vivere il cambiamento nel club nella famiglia e nella comunità”
“I significati e le prospettive del cambiamento secondo l’Approccio
Ecologico - Sociale nell’attuale cultura sociale e sanitaria”.
Nello BASELICE
Saluti
Benvenuti al Sud.
Mi piace salutare tutti voi con il titolo di un film di fresco successo, la cui location è a pochi
chilometri da qui in questo lembo di Sud, il Cilento, che accoglie due siti archelogici di fama
mondiale che ospitano le vestigia dell’antica Magna Grecia: Paestum, con sua stupenda area dei
templi, che fu oggetto di visita da parte della famiglia Hudolin prima del Congresso di Salerno nel
1995; Elea, sede della Scuola eleatica di Parmenide.
Questo territorio, porta d’ingresso al Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, è un
laboratorio di tutela dell’ecosistema realizzato da una comunità umana capace offrire un modello
di convivenza basata su stili di vita incentrati sui principi dell’ecologia naturale e relazionale.
Questa è stata amata ed apprezzata da personaggi quali Cicerone, Orazio, Ernest Hemingway e
abitata da scienziati come Ancel Keys, scopritore della salubrità di questi posti e dei principi
nutrizionali che costituiscono il celebratissimo modello di dieta mediterranea. Sulle spiagge di
Paestum nella seconda Guerra mondiale grazie al sacrificio di tante vite è stata scritta la fine del
fascismo e del nazismo ed è nata una nuova era di libertà e democrazia in Italia e in occidente.
Con la mente rivolta ai carissimi Vladimir e Visnja Hudolin, al nostro presidente onorario
Luciano Floramo, all’indimenticabile Giancarlo Lezzi e a tutti gli amici dei Club non più presenti tra
noi con cui abbiamo condiviso pezzi importanti di questo percorso di, vi dico benvenuti in un Sud
che sa coniugare lo sviluppo economico con la tutela dell’ambiente,della sua storia e della sua
cultura; che esprime modelli di vita ecosostenibili, facendo la raccolta differenziata dei rifiuti; che
promuove la sua dignità di comunità solidale, accogliente e operosa nella sobrietà di vita contro il
parassitismo e l’assistenzialismo; che tutela la legalità contro ogni mafia e camorra mettendo in
gioco finanche la vita,com’è accaduto al Sindaco Vassallo, ormai emblema eroico di una comunità
tesa a scrollarsi di dosso pregiudizi e luoghi comuni.
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Introduzione:
Il Congresso Nazionale delle famiglie e dei servitori insegnanti dei Club degli Alcolisti in
Trattamento ritorna in terra salernitana, luogo ormai importante nella storia del Metodo Hudolin
in Italia. Ricordiamo che Salerno è stata nel maggio 1992 la sede della prima assemblea nazionale
AICAT, un grande appuntamento che i sancì dopo il congresso di Riva del Garda nel 1990 il respiro
nazionale dei programmi ecologico-sociali.
E ancora a Salerno, nel V Congresso AICAT del 1995, il professore Hudolin, ritornato dopo
una breve parentesi ad un Congresso nazionale, rivolgeva uno storico invito ai programmi del Sud
a credere nelle proprie potenzialità e di saper essere il futuro del sistema ecologico-sociale.
Oggi ci ritroviamo di nuovo in terra salernitana a vivere insieme un Congresso che sia uno
spazio aperto e pluralistico, in cui le comunità multifamigliari dei Club e quanti operano nei
programmi territoriali collegati all’Approccio Ecologico Sociale sia in Italia che nel mondo possano
discutere e confrontarsi sulle esperienze di lavoro vissute e sulle prospettive presenti e future dei
programmi ecologico-sociali perchè il Metodo Hudolin sia sempre di più un patrimonio di
conoscenze e di esperienze fruibile ed accessibile nella comunità nazionale ed internazionale.
In particolare il Congresso di quest’anno è un’opportunità per confrontarsi sulla capacità
reale dei Club di concorrere a promuovere un cambiamento positivo della cultura e delle
condizioni di vita sia dei suoi membri ma soprattutto anche di tutti i cittadini che vivono nella
comunità di cui essi fanno parte.
Ragionare e discutere sul tema del cambiamento significa confrontarci non sul terreno di
sterili contrapposizioni ideologiche ma intorno a questioni di respiro più ampio e meritevoli di
maggiore considerazione e rispetto,in quanto mettono in gioco esperienze che fanno parte della
nostra carne e della nostra vita.
Dal giorno in cui abbiamo incontrato il mondo dei Club sappiamo che il cambiamento è da
sempre il motore, il lievito della crescita del sistema ecologico sociale, incarnato dalle persone e
dalle famiglie che fanno parte delle comunità multifamiliari dei Club.
A partire da questa premessa, ci sembra allora opportuno chiederci se e come negli ultimi
quindici anni il mondo dei Club abbia proseguito il suo processo evolutivo senza il suo fondatore,
confrontandosi in maniera critica con i mutamenti della cultura sanitaria e sociale avvenuti negli
ultimi quindici anni.
Mutamenti che sono figli di una cultura che esprime spesso un potenziale di distruzione
degli equilibri ecologici naturali e sociali del nostro pianeta. Si pensi alla crescente preoccupazione
sulla qualità di vita delle attuali e delle future generazioni alle prese con problemi di sopravvivenza
ad una strategia di sistematica distruzione ambientale e con un clima di conflittualità permanente
che attraversa le relazioni umane sia a livello interpersonale sia tra popoli in molte aree di crisi del
mondo. L’inquinamento dell’ambiente si intreccia e si connette all’inquinamento del senso della
esistenza e delle relazioni umane attraverso esperienze di alterazione di alterazione del rapporto
con la realtà.
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Anche la quotidianità di vita nelle nostre famiglie e nel Club è influenzata da trasformazioni
che non favoriscono uno sviluppo armonico sul piano spirituale e relazionale.
L’assuefazione alla coesistenza con alcol e altre droghe chimiche e comportamentali; il
dilagare della violenza e della criminalità nelle nostre città; l’incubo del terrorismo e della
guerra; la crisi economica e i problemi legati all’assenza o alla perdita del lavoro; le diseguaglianze
sociali; la trasformazione antropologica della famiglia in nuove modalità di legame, come le
famiglie di fatto, ricombinate o monoparentali;
le differenze di genere; i
disturbi
comportamentali nei minori e nei giovani; i problemi giudiziari; l’immigrazione clandestina; la
resistenza a costruire percorsi di convivenza con famiglie di altre culture o religioni per paura o
rifiuto; la crescita di un mal di vivere espresso da fenomeni non interpretabili come
manifestazioni di patologia psichiatrica; il rifugio nell’individualismo e la solitudine sono tanti
segnali di perdita di fiducia e di speranza nel presente e nel futuro.
Questi ed altri fenomeni sono le spie di quel disagio spirituale di cui parlava Hudolin
nell’ultimo scorcio della sua vita;un disagio che attraversa la vita di tante persone e famiglie delle
nostre comunità, trascende i problemi alcolcorrelati e genera atteggiamenti di chiusura e difesa.
La nostra società è da un lato allarmata dagli effetti drammatici prodotti dal consumo di
alcol ( incidentalità,violenza familiare, violenza sessuale,bullismo ecc.) rispetto ai quali i decisori
politico-amministrativi hanno iniziato ad adottare tra tante tergiversazioni misure restrittive ( v.
nuovo codice della strada), ma dall’altro stenta a promuovere un lavoro capillare ed obiettivo di
informazione e sensibilizzazione finalizzato alla protezione dai rischi e dai danni legati al bere, dal
momento che questo è svolto da pochi ma autorevoli organismi scientifici e sanitari i (Istituto
Superiore di Sanità, SIA) oltre che dal mondo delle associazioni di cittadinanza attiva (AICAT,
ASAPS, Ass. Familiari Vittime della strada. ALIA, Rassegna Stampa).
Queste ultime esperienze debbono fare i conti con la tentacolare e martellante strategia di
disinformazione orchestrata dalle potenti lobbies del mondo della produzione che vanta forti
legami col mondo della politica,dei mass media, della economia, della finanza e della medicina.
In tale cornice storica sociale e culturale, il sistema ecologico sociale elaborato dal
professor Hudolin ha costituito e costituisce tuttora l’esperienza più originale ed innovativa di
approccio di comunità capace di creare reti virtuose tra mondo sanitario e scientifico- istituzionale
e non-, area della solidarietà sociale e cittadinanza attiva nel campo della protezione e
promozione della salute con riferimento ai problemi alcolcorrelati.
La relazione 2007/ 2008 al Parlamento sull’Alcoldipendenza del Ministro della Salute
conferma tale affermazione nella misura in cui il 52,5% dei servizi alcologici del SSN ha collaborato
con i Club degli Alcolisti in Trattamento. Mediamente, nel corso del 2007, ogni servizio algologico
ha collaborato con circa 7 Club degli Alcolisti in Trattamento.
Per la sua originale multidimensionalità, l’Approccio Ecologico Sociale non è riducibile ad
una mera tecnica di trattamento dei disturbi fisici o psichici indotti dall’alcol, finalizzata al loro
controllo o contenimento, ma ambisce a contribuire alla trasformazione di un modello culturale
e sociale che produce problemi alcol correlati, incrementando lo smisurato serbatoio sociale del
bere cosiddetto moderato , che alimenta a sua volta la maggior parte dei problemi alcolcorrelati
nelle loro diverse espressioni, fino a quelle estreme.
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I programmi di protezione e promozione della salute dei Club trovano il loro motivo fondativo
nell’evidenza scientifica validata da tutti i documenti in tema di alcol prodotti dall’OMS che
evidenziano la stretta correlazione tra problemi alcol correlati e il consumo medio pro-capite di
alcol nella popolazione generale.
Dal primo Piano d’Azione Europeo sull’Alcol del 1992, che recepiva il target 17 delle strategie
della “Salute per tutti nell’anno 2000”, sino a quello attuale, passando attraverso la Carta
Europea sull’Alcol (che compire 15 anni di vita quest’anno) e il Framework on Alcolhol, è ribadito
un concetto chiarissimo: “la maggior parte dei problemi legati all’alcol sorgono in associazione a
livelli moderati di consumo e che nella società c’è una forte correlazione tra il livello medio di
consumo di alcol e il numero di forti bevitori. Ciò suggerisce che una politica efficace deve avere
come obiettivo principale la riduzione dei livelli di consumo di alcol nella popolazione generale”.
Una risorsa per la comunità
L’Approccio Ecologico Sociale è da sempre in assoluta sintonia con tale posizione dell’OMS nel
momento in cui considera i problemi alcolcorrelati (e non solo la cosiddetta alcoldipendenza )
come un comportamento o, meglio, uno stile di vita che non interessa solo alcune categorie di
individui ,destinati per vari motivi a diventare alcolisti, ma è la risultanza di un comportamento
appreso (il bere), promosso ed incentivato dal contesto culturale e relazionale e che può
interessare indistintamente tutta la popolazione generale.
Il campo d’intervento dell’approccio ecologico sociale e dei programmi territoriali dei Club è
allora il contesto relazionale ed ambientale, con un’attenzione particolare alla rete familiare e
sociale prossima delle persone, nonchè a tutta la comunità locale in cui insistono i Club. Ne
consegue che tutto il sistema nel quale la persona con disagio alcol correlato è inserita deve essere
sensibilizzata ad un processo di cambiamento, in quanto la persona e la famiglia non sono malati
alienati dalla società, ma sua parte integrante.
Fabio Folgheraiter sottolinea con linguaggio efficace e concreto che il cambiamento delle singole
famiglie con il problema diventa un formidabile fattore di “contagio per la comunità; “le
comunità non cambiano se non tramite il cambiamento dei loro membri; il cambiamento, del
resto, deve pur iniziare in qualche punto, anzi meglio se inizia in molti punti
contemporaneamente”. Ciò è confermato da Hudolin, che in base alla sua esperienza sosteneva
che quando l’1% della popolazione entra nel sistema per il controllo dei problemi alcolcorrelati,
inizia un lento cambiamento della cultura sanitaria e generale nella comunità”.
Non solo le famiglie che vivono sulla propria pelle un problema ma tutta la comunità, nella
pluralità delle sue componenti, viene gradualmente a coinvolta in un processo di sensibilizzazione
capillare finalizzato alla promozione del cambiamento dei propri stili di vita sia rispetto al bere sia
rispetto a tutto lo spettro di problemi che connotano sempre più frequentemente la complessità
del disagio alcol correlato incarnata dai mutamenti del contesto sociale prima esaminati.
La visione dei p.a.c. come stile di vita adottato e non subìto “restituisce” la responsabilità della
scelta di mantenerlo o di cambiarlo (non la colpa) al sistema relazionale (famiglia in primis), che si
attiverà in prima persona per crescere e maturare, per ricercare una migliore qualità di vita.,
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magari intrecciandosi con altri sistemi relazionali egualmente colpiti dal problema, nella
prospettiva di abbattere lo stigma e la marginalizzazione spesso associati ad esso.
La messa in discussione di un comportamento sistemico (non solo il bere del singolo ma della
famiglia) avviata nel Club rimanda inevitabilmente alla riflessione critica sugli stili di vita e di
salute / non salute delle famiglie dell’intera comunità in cui la famiglia con problemi alcol correlati
vive e con cui interagisce.
A partire da tale consapevolezza, è importante oggi comprendere quali e quanti sono i problemi
sono incontrati dai programmi alcologici territoriali dei Club nel trasmettere la vitalità e il
dinamismo culturale scientifico e sociale con cui il metodo Hudolin ha saputo porre in crisi i
modelli tradizionali di intervento in alcologia, basati sulla medicalizzazione degli approcci o su
interventi di tipo moralistico o prescrittivo-restrittivo, e promuovere interventi simultanei e
collocati a più livelli:
- nella famiglia che vive la sofferenza,
- tra famiglie che vivono i p. a . c. (rete di reti),
- nella comunità (famiglie, risorse pubbliche e del privato sociale).
Un’evoluzione continua
Tale interrogativo ci stimola anche a una riflessione a posteriori sullo sviluppo storico del
metodo Hudolin, he ci permette di comprendere come il processo di cambiamento continuo ,
imposto spesso dal Professore con la strategia degli strappi, obbediva in realtà ad un disegno
assolutamente coerente che aveva già ben chiaro sin dall’inizio che il suo obiettivo di lungo
termine era realizzare in maniera progressiva e compiuta un approccio multidimensionale
semplice, accessibile e facilmente replicabile, capace di prendersi cura non tanto della salute della
singola persona e della sua famiglia. Un obiettivo teso a coinvolgere l’intera comunità di un
territorio in percorsi di protezione e promozione del suo benessere fisico, psicologico e
relazionale sia rispetto al bere sia rispetto ad altri comportamenti forieri di disagio spirituale ed
esistenziale, in una stretta interdipendenza tra le scelte del singolo,della sua famiglia e della sua
comunità.
Il processo di evoluzione del Metodo, di cui Hudolin è stato impareggiabile regista, è stato
scandito da alcune accelerazioni avvenute in particolari frangenti storici, caratterizzati da
movimenti culturali significativi in campo scientifico ed antropologico.
 L’organizzazione nella Clinica Universitaria di Zagabria di programmi specifici per gli
alcolisti, alternativi e differenziati rispetto ai trattamenti psichiatrici tradizionali e
centrati sul lavoro di Maxwel Jones, con la creazione dei primi CAT sul territorio,
sull’onda della crescita in occidente del movimento di deistituzionalizzazione del
disagio psichico promosso della Psichiatria di comunità.
 La svolta del Congresso di Abbazia a (1985) di cui oggi celebriamo i 25 anni, in cui
Hudolin ha mandato in soffitta l’equazione alcolismo=malattia e ha introdotto il
concetto di stile di vita con le inevitabili ripercussioni sulla fisionomia e la prospettiva
del Metodo: gli stili di vita si cambiano e non si curano. Il Club non ha bisogno di
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
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terapeuti ma di operatori che, formati ad un approccio sistemico, creino contesti di
interazione e comunicazione che facilitino nei partecipanti la scelta e l’adozioni di
comportamenti alcol- free. La svolta di Abbazia si correla al grosso movimento
internazionale della promozione della salute promosso dall’Oms che a partire dal
1997, implementato nel programma di Città sane e ufficializzato in vari documenti
sulla promozione della salute ispirati alla comune matrice dell’ottica di tipo
ecologico - sociale (Conferenza di Alma Ata “SALUTE PER TUTTI NELL’ANNO 2000 nel
1977; Carta di Ottawa del 1986 e Conferenza di Adelaide del 1988 );
L’avvio a partire dal 1993 di una riflessione sempre più profonda e pregnante
sull’importanza della spiritualità antropologica nel processo di cambiamento di vita
che trascende la cessazione di un comportamento e si apre a nuovi orizzonti di senso
personale familiare e comunitario in cui la sobrietà è la bussola utile sia a chi sta
dando alla propria vita una direzione diversa da quella segnata dalla sofferenza e dal
disagio alcolcorrelato sia a colui per il quale vivere è molto più di riempirsi di droghe
chimiche e comportamentali (lotterie, danaro, sesso, lavoro,potere ).
 L’approdo del sistema ecologico sociale agli orizzonti della spiritualità
antropologica si correla ai temi della pace, della solidarietà e della giustizia sociale
presenti nel magistero di Karol Wojtyla.
“Tutti responsabili di tutti” è una frase- icona che ci rimanda alla interdipendenza
della salute della vita e della libertà di ogni membro di Club con quella di ogni uomo
del pianeta. La spiritualità antropologica diventa il nerbo di un impegno orientato
non solo al benessere di chi esprime un disagio ma di promozione della salute
psico- fisica e spirituale della persona, della famiglia e della comunità.
La crescita del sistema ecologico sociale conseguente all’incontro con la prospettiva
antropo-spirituale introduce alla prospettiva di una ulteriore e compiuta fase di
evoluzione del sistema, cioè quella di essere fermento ed agente di cambiamento
nella cultura della comunità di cui i Club fanno inscindibilmente parte, nella direzione
di una costruzione di percorsi di salute, intesa non come stato ma come potenzialità
di crescita e maturazione.
Un sistema aperto ai cambiamenti
Proprio al Congresso di Salerno del 1995 Hudolin ci ricordava che “il sistema ecologicosociale sul quale si base il lavoro dei Club è un sistema aperto che cambia sotto varie influenze e
ricerche scientifiche , le esperienze di lavoro, la situazione politica, l’organizzazione sanitaria, la
legislazione vigente, la situazione economica,la giustizia sociale, e la pace, in una parola sotto
l’influenza della situazione antropo-spirituale esistente nella nostra società.”
Nel seguire la strada tracciata dal professore,sarebbe interessante capire se e come il Club
sia ancora percepito e vissuto da parte del sistema dei servizi sanitarie sociali, dalla comunità
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locale in generale, ma anche al nostro interno, come al deposito dei problemi alcolcorrelati o
meglio come officina di riparazione dei fallimenti esistenziali individuali e familiari legati a quelle
situazioni di sofferenza avanzata e sempre più complessa, definite dal mondo sanitario come
alcolismo o alcoldipendenza.
Tale riflessione nasce dalla preoccupazione per il fatto che il Club sia ancora presentato a
livello di comunicazione sociale e scientifica come una mera appendice o un tassello di un
sistema di trattamento incentrato sulla dimensione della cura o della riabilitazione
dall’alcoldipendenza e quindi a forte impronta sanitaria, penalizzando il suo ruolo sempre più
pregnante di comunità di cittadini dinamicamente inserita nel tessuto sociale e capace di
incontrare lo spettro più ampio di disagi e sofferenze e che rappresentano peraltro la maggior
parte dei problemi alcolcorrelati presenti nella popolazione.
Viene insomma spesso ignorato o perlomeno non opportunamente considerato tutto il
percorso di maturazione antropo-spirituale, grazie al quale chi arriva al Club, portando con sè il
carico di sofferenza umana e relazionale nonchè lo stigma sociale legati al bere, possa riscoprirsi
o scoprirsi persona e/o famiglia capace di proporsi ed attivarsi come cittadino solidale,
responsabile e competente. Un cittadino che,grazie all’esperienza di accoglienza solidarietà ed
empatia vissuta nel Club , si prende a cuore la salute e la libertà degli altri cittadini del territorio e
cooperando costruttivamente con le reti di protezione promozione della salute comunitaria .
Un simile scenario di promozione globale della salute e della vita a vari livelli svolto dai Club
di un territorio pone al centro il concetto della restituzione alle comunità alla persona alle
famiglie e all’intera popolazione di conoscenze abilità competenze e risorse utili al
conseguimento della salute, da realizzare dentro un sistema di relazioni forti con gli altri attori
istituzionali e non.
Le conseguenze di tale visione sono di duplice tipo:
 Superare il paradigma della prevenzione come atteggiamento di difesa attiva sfida
verso qualcosa che si conosce e si vuole evitare ( problema ,disagio) .
 Spostare l’attenzione dalla centralità del problema alcol correlato alla qualità
dell’esistenza e allo sviluppo di abilità e risorse e di potenzialità personali e collettive.
necessarie a costruire percorsi di salute e stili di vita non predefiniti.
Alcune priorità
Tale prospettiva molto suggestiva, per poter tradursi concretamente in atti, deve ancorarsi
concretamente al lavoro quotidiano dei nostri programmi, che esprimono livelli non trascurabili di
sofferenza e di criticità e su cui abbiamo già avuto modo di soffermarci nel Congresso di Lignano
dello scorso anno .
Ma oggi più che aggiornare il “cahier de doléances” dei problemi, ci appassiona molto di più
capire cosa occorra concretamente per far sì che il Club abiti davvero e non solo fisicamente
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nei programmi di salute e solidarietà delle nostre comunità e che sia davvero una risorsa
diffusibile ed accessibile a tutti.
Di fronte a situazioni di sostanziale stabilità o di sviluppo (pensiamo in quest’ultimo caso ai
programmi della Sardegna), a preoccupanti segnali di stanchezza,involuzione o addirittura di
sfilacciamento o smantellamento delle reti territoriali dei club,con il conseguente calo del numero
di Club, è assolutamente indispensabile uno sforzo di solidarietà di respiro nazionale perché il
rinnovamento ,il rilancio o finanche la rifondazione dei PROGRAMMI ALCOLOGICI TERRITORIALI si
fondi su pochi ma precisi impegni ineludibili :
Garantire l’assiduità e la continuità della formazione e dell’aggiornamento dei servitori
insegnanti e delle famiglie dei Club in funzione del lavoro di promozione di salute della
comunità.
Alla luce dell’evoluzione della complessità del disagio alcolcorrelato , i programmi territoriali
dovrebbero far sì che i servitori insegnanti sentano la responsabilità di partecipare con
assiduità alle riunioni di Auto mutua supervisione e di aggiornarsi costantemente su temi
cruciali cardine l’auto-mutua-supervisione, l’approccio sistemico familiare, i problemi
complessi,la promozione della salute , il lavoro di rete, lo sviluppo della riflessione sui temi
dell’ etica e della spiritualità antropologica .
Alle famiglie della comunità,sia a quelle già presenti dentro i Club ,sia a quelle che non hanno
incontrato il Club per esigenze personali o familiari va garantito al pari della possibilità di
accedere e frequentare il Club,quello ugualmente prioritario della sensibilizzazione e
formazione sui contenuti dell’alcologia ecologica e della promozione della salute in linea con i
le linee guida dell’OMS. Questo diritto è inalienabile e va garantito,sia con gli strumenti
attualmente a disposizione del sistema con quelli di maggior efficacia che una comune
riflessione e decisione da assumere nelle sedi adatte potranno suggerire e proporre.
Tra gli impegni assunti dal Congresso di Lignano si evidenziava la necessità di garantire la
formazione e l’aggiornamento delle famiglie dei Club e della comunità attraverso verso la
realizzazione delle Scuole Alcologiche Territoriali,la cui centralità è al centro della Campagna
nazionale : “Un Club, una Scuola” .
La formazione al lavoro di rete ed alla promozione della salute rappresentano un investimento
essenziale per potenziare la capacità di radicamento dei programmi nel territorio, attraverso
lo sviluppo dei livelli di cooperazione con i servizi pubblici e con tutti gli altri attori di salute
della comunità.
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Promuovere la verifica dello stato di salute
dei programmi territoriali dei club
soprattutto nelle aree di crisi o di stasi .
Premesso che ogni situazione va valutata attentamente ed accuratamente nella sua
specificità locale, le associazioni locali e l’AICAT devono avvertire la responsabilità di
assicurare tutto il sostegno possibile per individuare i problemi e favorire soluzioni efficaci
attraverso l’organizzazione di una valutazione sistematica del lavoro dei programmi
territoriali.
Appare prioritario in tale ottica l’importanza di ridefinire obiettivi e modalità di rapporto col
sistema dei servizi.
La crisi di molti programmi territoriali si manifesta spesso in situazioni di incomunicabilità o
di conflittualità tra Club e servizi, magari dopo una stagione di feconda e forte sinergia, se
non di simbiosi, tra molti professionisti che hanno sposato il metodo Hudolin e i Club.
Nell’analisi occorre un sussulto di obiettività e di onestà intellettuale quando si tende a
gettare la croce interamente sulle spalle dei Club e delle loro associazioni, dimenticando
che spesso sono rimasti solo costoro a governare la barca in difficoltà. E rispetto a questo
sarebbe auspicabile che molti anche autorevoli compagni di strada facessero un sereno
esame di coscienza.
Il cambiamento di tali situazioni impone allora una ridefinizione delle modalità di rapporto
ed anche un ripensamento di obiettivi e strategie del lavoro di rete dei Club. In particolare
sarebbe utile riflettere quanto ancora il Club si ponga solo in un atteggiamento di attesa di
famiglie inviate dai servizi e non si attivi come comunità che sia capace di andare incontro,
muoversi verso le persone e le famiglie della comunità . Ciò significa riflettere se e come le
SAT di Terzo modulo, gli stessi interclub siano efficaci occasioni di incontro e accoglienza
con i bisogni di salute della comunità .
Inoltre un altro ambito di riflessione riguarda la qualità dei rapporti di cooperazione
esistenti tra Club e servizi. Spesso in tali rapporti l’autonomia delle reti territoriali dei Club
deve essere sostenuta per superare atteggiamenti di subalternità legati a vecchi modelli
relazionali basati su rapporti non paritari o asimmetrici tra professionisti e membri di club.
Sarebbe salutare invece costruire rapporti di cooperazione fondati sulla reciprocità, a partire
dalla consapevolezza di svolgere ruoli e compiti distinti ma non antagonisti né
contrapposti,collocati dentro un sistema complesso di interazione tra reti formali ed
informali di lavoro di rete.
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Proseguire la ricerca e il confronto sull’ aggiornamento dei contenuti e dei metodi della
formazione/educazione continua nella prospettiva di una sua territorializzazione
Il Forum Permanente della Formazione promosso dall’AICAT si è posto in questi due anni e
mezzo di lavoro l’obiettivo di riavviare un rapporto fecondo tra mondo della formazione e reti
territoriali dei club, proponendo un percorso coerente ed organico di riflessione e confronto sui
principali bisogni formativi e i contenuti inerenti l’educazione continua nelle sue varie
articolazioni (formazione di base,aggiornamento o perfezionamento)e sulle modalità di
organizzazione territoriale della formazione medesima per renderla sempre più fruibile ed
accessibile rispetto a quanto finora realizzato.
Tale percorso si colloca in una visione del sistema ecologico sociale e in particolare della
formazione che predilige non le piramidi o le cupole ma il mosaico, in cui ogni pezzo è importante
al pari degli altri per costruire una fisionomia armonica ed unitaria . Fuor di metafora, ogni
percorso di confronto e di ricerca è possibile ed auspicabile ma il rispetto doveroso e non formale
verso esperienze importanti vissute nella storia della formazione non deve impedire una libera e
laica riflessione sull’attualità di strumenti e contenuti utilizzati in un recente passato. E il Forum
è uno strumento proposto dall’AICAT in questo percorso di ricerca e di rivisitazione costruttiva,
nella piena consapevolezza che gli strumenti servono per svolgere funzioni di servizio e non di
direzione elitaria, incoerente ed incompatibile con un sistema composito e vario come quello
ecologico-sociale.
Proseguire con convinzione la riflessione sul valore e sulla mission attuali delle
associazioni, promuovendone l’adeguamento di modelli organizzativi ed operativi.
Lignano ha riconfermato che l’associazionismo è parte integrante della metodologia,in
quanto ha un suo ruolo essenziale ed incontestabile di soggetto di riferimento giuridico e
culturale che può in concreto oggi, nell’attuale contesto sociale culturale italiano, coniugare
autonomia operativa e dimensione di appartenenza al sistema .
Ciò ribadito, è d’altra parte assolutamente improcrastinabile procedere ad una rigorosa
rivisitazione del modello di funzionamento delle associazioni, considerando che le modalità di
lavoro del club sono distinte da quelle delle associazioni.
Dobbiamo pensare ad associazioni come strutture essenziali,agili, flessibili dinamiche
che si muovano su due linee fondamentali d’azione :

Il coordinamento del lavoro delle reti territoriali dei club rispetto alle loro attività
fondamentali ( formazione, lavoro di rete,promozione della salute );
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
La rappresentanza del lavoro dei Club nelle relazioni con istituzioni e società civile e il
supporto alla loro visibilità e capacità di proposta culturale politica sui temi della
salute nella comunità.
Le Associazioni dovrebbero ripensarsi come centri di servizi per i club di un territorio, capaci
di soddisfare alcuni bisogni essenziali :
 Alfabetizzazione sugli aspetti gestionali basilari di tipo giuridico,legale ed
amministrativo;

Progettazione e realizzazione di attività di formazione e ricerca

Supporto al lavoro di rete ed alla promozione della salute attraverso lo sviluppo di
abilità nella costruzione o manutenzione delle reti di politica socio-sanitaria con gli altri
attori di salute locali.
 Formazione ad una comunicazione ecologica efficace nel ’trasformare le situazioni di
conflitto in opportunità utili a costruire modalità di rapporto più sane e giuste .
La rifondazione del significato e degli obiettivi delle associazioni è un’operazione
sicuramente salutare nella misura in cui sappia permettere un ricambio anche
generazionale e dare spazio a una modalità di lavoro svolta in èquipe funzionali, che
favorisca anche il superamento di situazioni in cui le associazioni sono ostaggio o di
presidenti a vita o di servizi di cui diventano solo cinghia di trasmissione di scelte fatte
altrove.
Valorizzare concretamente il cambiamento favorito dalla maturazione innescata dalla
riflessione sulla terminologia e sul suo ruolo nei processi di ridefinizione dell’identità e del
ruolo del Club.
Il dibattito sollevato da Hudolin già al Congresso di Salerno del 1995 ha prodotto nel corso
degli anni grazie ad un diffuso processo di discussione e di elaborazione nel mondo dei Club , i
cui frutti significativi e maturi abbiamo potuto già apprezzare nella recente esperienza del
Congresso di Assisi di quest’anno, testimonianza concreta del cambiamento non
auspicabile,non ipotizzabile ma già in atto. Il popolo di Assisi, che accoglie sempre più
esperienze di altri paesi del nostro mondo, è l’icona bella e affascinante di un popolo quello
della sobrietà che sta archiviando con rispetto un vocabolario popolato di termini adoperati
anche se molto meno ancora oggi e che tempo fa erano di uso corrente nei nostri club :
trattamento,malattia,vizio,antabuse,ricaduta,rinuncia,regole,disintossicazione,cura,ricovero,co
ntrollo,guarigione, aiuto,colpa,vergogna,giudizio.
Nel vivace susseguirsi di riflessioni,testimonianze,dialoghi anche estemporanei, abbiamo
potuto apprezzare come sia diventato ormai patrimonio condiviso un linguaggio in cui
figurano parole di cambiamento: sobrietà, crescita, maturazione, percorso, libertà, scelta,
solidarietà, corresponsabilità, interdipendenza, giustizia sociale, promozione della salute,
scelta, libertà, futuro, spiritualità, senso di appartenenza, riconciliazione, meditazione,
trascendenza .
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A questo punto occorre solo prendere atto ciò che non solo e nato ma già cammina dentro e
tra di noi e dargli la conseguente visibilità.
Il travaglio del cambiamento
Dalla nostra storia traiamo la consapevolezza di come tutti i passaggi più significativi
dell’evoluzione dell’AES sono stati segnati da momenti di disorientamento,di smarrimento e
finanche di opposizione, anche quando a proporre il cambiamento era Hudolin stesso.
Il travaglio che attraversa il mondo dei Club nell’attuale momento storico di transizione ci
offre la misura del livello di fatica e di resistenza alla prospettiva del cambiamento, che talora si
esprime nel tentativo di frenare o imbrigliare un processo dinamico assolutamente inarrestabile.
Un travaglio che nasce dalla difficoltà di comprendere ed accettare che il sistema ecologico non
può vivere senza interagire continuamente con la cultura generale,pena la sua trasformazione in
un sistema chiuso , rigido ed autoreferenziale.
Porci il problema di incarnare i mutamenti culturali ed antropologici e sociali positivi o negativi
nella cultura sanitaria attuale significa guardare con concretezza ed attenzione critica ai nuovi e
antichi volti della complessità esistenziale o sofferenza multidimensionale impersonata in
molte storie familiari o personali. Ma significa anche cogliere alcune importanti acquisizioni della
scienza: il ruolo sempre più nitido dell’alcol come agente tumorale; gli effetti tossici dell’alcol
sullo sviluppo strutturale funzionale del sistema nervoso del feto nel grembo materno e
dell’individuo fino all’età di venti anni. Grande attenzione meriterebbero anche le indagini sugli
stati modificati di coscienza (Lapassade G.), gli effetti della meditazione sull’organismo (Carosella,
A. Bottaccioli, F.); l’attenzione della psichiatria al valore della spiritualità nella vita delle persone.
Il farsi carico di questi e altri mutamenti può stimolare la nostra capacità di essere interlocutori
critici e rigorosi sul piano scientifico e sociale di un contesto socioculturale che sostiene e
promuove il bere, senza essere proni e arrendevoli al pensiero dominante ma proponendo
contesti di intervento critico di ordine etico e culturale nella comunità attraverso cui
testimoniare una spiritualità antropologica della sobrietà.
Cambiare costa fatica.
Cambiamento è una parola che affascina ma che nello stesso tempo incute timore e paura
Cambiare è anche dover rinunciare a abitudini, certezze, vantaggi, anche a benefici ; in
fondo è anche aprirsi al nuovo, a ciò che è ignoto, che in quanto tale è scomodo e genera
paura e resistenza. E spesso tali paure rappresentano un freno ai mutamenti .
Cambiare costa fatica se:
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
Mettiamo al centro del nostro essere e del nostro agire la sobrietà del servizio,
incarnando la provocazione evangelica dell’essere “servi inutili” in alternativa al culto
del potere,della proprietà, del riconoscimento delle benemerenze acquisite.

Cerchiamo di crescere e maturare con umiltà, imparando da errori e
difficoltà e rifuggendo dalla tentazione irresistibile di ergerci a giudici dei
comportamenti altrui.

Facciamo spazio al nuovo, all’ignoto,ci mettiamo in gioco di fronte
all’imprevisto, navighiamo a vista sulla rotta del cambiamento tra errori e successi, ci
sporchiamo le mani con la crudezza e la drammaticità della complessità del vivere
invece che metterci al riparo della purezza metodologica, magari pronti a rilasciare o
a ritirare patenti di ortodossia.

Invece di dare la delega sulle scelte ad un singolo o a un ‘èlite ci mettiamo
in gioco nel confronto tra posizioni diverse e cooperiamo alla costruzione condivisa
delle decisioni.

Accettiamo che confrontarsi è innanzitutto ascoltare e verificare di aver
compreso le ragioni dell’altro senza contrapporre a priori tesi preconfezionate e giudizi
secondo modalità e rituali estranei al nostro mondo.

Scegliamo di non far parte del partito dei conservatori contro quello dei
progressisti o del partito dei familiari contro quello dei professionisti ma piuttosto ci
ritroviamo insieme come persone unite dal desiderio di vivere un’esistenza migliore
per tutti .

Vogliamo entrare col cuore dentro il cuore della nostra gente senza
l’arroganza e la presunzione dei primi della classe ma con l’ umiltà e la disponibilità di
metter a disposizione tutti i talenti della mente e del cuore per costruire un futuro
comune di salute e libertà .

Abbiamo la libertà interiore di comprendere che chiamare il cambiamento
col proprio nome non è uno slogan per promuovere il primo vero importante
momento di confronto democratico sulle scelte nel mondo dei Club ma un invito a
riconoscere i mutamenti positivi che già ci sono e si fanno strada malgrado le nostre
paure e resistenze .

Riusciamo a non prenderci sempre troppo sul serio e saperci concedere la
piacevolezza del disincanto e di una sana ironia.
Il cambiamento che si fa strada
Sull’onda di tali riflessioni mi piace chiudere questo mio intervento ricordando,oltre
alla già citata esperienza di Assisi,altri tasselli di questo armonioso e dinamico
mosaico del cambiamento che avanza..
Alludiamo per esempio al Progetto nazionale “Alcol meno è meglio.”Di esso si è già parlato
negli anni scorsi anche in qualche nostro congresso quando era ancora nella fase di
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preparazione. Oggi ne riparliamo volentieri in quanto è esso è salito agli onori della ribalta
scientifica internazionale in quanto nel mese scorso è stato pubblicato sull’autorevole
Rivista Addiction un lavoro sui suoi lusinghieri risultati .Ricordiamo che il progetto è frutto
del lavoro coordinato tra Servizi di alcologia collegati all’Approccio ecologico sociale e al
mondo dei Club,presenti in diverse aree della penisola (Trentino,Lombardia,
Umbria,Campania).
Il progetto è nato come risposta alla sollecitazione dell’OMS di sperimentare e validare
l’efficacia di programmi di promozione e protezione della salute in campo alcologico, con
particolare riferimento ad azioni concertate di informazione e sensibilizzazione della
popolazione generale e di alcuni target a responsabilità più specifica sull’alcol e sui problemi
alcol-correlati, con la finalità di arrivare alla diminuzione dei consumi. Tra il 1999 e il 2003
sono stati avviati in dieci differenti comunità territoriali italiane (otto nel Nord, una nel
Centro e una nel Sud, per un totale di circa 135.000 residenti) programmi di intervento di
durata triennale,che hanno attivato iniziative capillari ed articolate di informazione,
educazione e sensibilizzazione della popolazione sugli effetti dell’alcol sia sulla vita sociale
che sulla salute, con il coinvolgimento attivo e determinante delle associazioni locali dei
CAT. In queste comunità è stata osservata una riduzione statisticamente significativa del
consumo individuale settimanale nelle popolazioni di intervento (-14.8%, da 6.1 a 5.2 unità
alcoliche per settimana) rispetto ai controlli (+6.2%, da 6.4 a 6.8 unità alcoliche per
settimana). La differenza maggiore si è osservata nell’età tra 15-24 anni (-12% vs. +57%).
In giro per l’Italia ci imbattiamo inoltre in moltissime altre testimonianze del cambiamento
che silenziosamente va avanti, meno conosciute o e meno visibili, nel lavoro: la presenza
nelle piazze in collaborazione con i servizi e gli altri enti, nelle scuole,negli eventi culturali
della propria comunità, nei mass media locali e nazionali. A proposito di comunicazione
vorrei citare il lavoro prezioso di controinformazione scientifica e sociale svolto dagli amici
della Rassegna Stampa su vino birra e altri alcolici , testimoniato dal successo del libro Vino e
Bufale di Alessandro Sbarbada, nonché la recente proposta di una giornata nazionale sulla
visibilità dei Club “A porte aperte : i Club incontrano la comunità”.
Tutti questi segnali sono la dimostrazione concreta di come il cambiamento è un fiume
carsico che si fa strada in modo naturale pacifico tra tentennamenti, resistenze e ostacoli
dovuti a paure, resistenze, irrigidimenti.
La lunga stagione di crisi che stiamo vivendo può vedere la sua fine se la nostra mente e il nostro
cuore sanno ancora sentire il fascino ,il desiderio di essere cittadini delle nostre comunità e
saper condividere
la fatica e la gioia di continuare a camminare sulla strada del
cambiamento,facendo nostre le parole di un capo della Tribù dei Seattle,tratte da “La rete della
vita di F. Capra :
“ Questo sappiamo. Che Tutte le cose sono legate come il sangue che unisce una famiglia .
Tutto ciò che accade alla terra accade ai figli e alle figlie della Terra .
L’uomo non tesse la trama della vita. Egli è soltanto un filo.
Qualsiasi cosa fa alla trama, l’uomo la fa a se stesso.”
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Nello Baselice
Bibliografia essenziale
AICAT : Chiamiamo il cambiamento col proprio nome , Salerno 2010.
V. HUDOLIN ”Ricominciare insieme” C.A.B. 1997 “
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TRIMARCHI A., La dipendenza da sostanze: verso una visione ecologica dell’obiettivo, in TRIMARCHI A. (a cura di), “La
famiglia e le dipendenze”, ed. Centro di Ecologia Famigliare San Francesco
Capra F. La rete della vita Rizzoli editore Milano 1997
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di), “Psichiatria, alcologia, riabilitazione”, ed. C. S. Erickson, Trento, 1997.
MARCOMINI F., Modificazione del manuale dell’O.M.S. sul territorio italiano, in TRIMARCHI A. (a cura di),
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FLORAMO L. “ Hudolin e il volontariato in Vladimir Hudolin a cura di Corlito G. e Santoli L. Ed Erickson ,Trento 2000
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FOLGHERAITER F., Lavoro sociale e terapia dell’alcolismo: note in margine al metodo psico-sociale dl Vladimir Hudolin,
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HUDOLIN V., Sofferenza multidimensionale della famiglia, ed. Eurocare, Padova, 1995, pag 24
O.M.S., UFFICIO REGIONALE PER L’EUROPA, Alcol: un Piano d’azione europeo, ed. Centro Studi sui problemi
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INGROSSO M. Ecologia sociale e salute Franco Angeli editore,Milano 2007.
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