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SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE ANNO SCOLASTICO 2016-2017
Classe 5 Classico
Argomenti di fisica affrontati durante l’anno
Insegnante: M. Grazia Bevitori
Rappresentanti di classe:
Noemi Gerbasi – Eleonora Renzi
1.
Impulso e quantità di moto: L'impulso della forza è definito come la forza agente moltiplicata per il tempo
in cui agisce la forza stessa: I = F ∙ ( t)
L'impulso si misura in Ns oppure kgm/s
La quantità di moto è il prodotto di massa per velocità: Q = m ▪ v.
Teorema dell’impulso: l’impulso di una forza è uguale alla variazione della quantità di moto:
I = m ▪ v – m ▪ vo. 3° principio della dinamica: quando due corpi interagiscono si scambiano impulsi uguali e
contrari. In un urto fra corpi, la quantità di moto totale del sistema si conserva. Se l’urto è perfettamente elastico, si
conserva l’energia cinetica totale del sistema. Se l’urto è anelastico, l’energia non si conserva.
F t = m v1 – mvo
m1 v1 + m2 v2 = m1v1’ + m2v2’
2. Lavoro e Potenza. La prima definizione di lavoro e la sua prima misurazione, ci vengono da Charles
Augustine Coulomb (fine 18° secolo): egli calcolò il lavoro compiuto da un uomo che trasporta un carico in salita,
proporzionale al peso e alla quota raggiunta. Quindi: L = Fpeso· h
Il lavoro che una forza compie, quando agisce su un corpo a cui è applicata, si definisce come:
L = F·S·cos  ; dove F è la forza, S è lo spostamento,  è l’angolo compreso fra i due vettori. Il lavoro L è
un prodotto scalare, non è un vettore: F ed S devono essere nella stessa direzione; F cos  è la componente Fx
della forza nella direzione dello spostamento S; solo questa componente fa lavoro. Se F ed S sono perpendicolari
fra loro, allora L = 0 J, la forza non fa lavoro; è il caso della forza centripeta nel moto circolare, dove la forza
agisce lungo il raggio della circonferenza e lo spostamento tangente alla traiettoria è perpendicolare al raggio. La
forza centripeta fa cambiare direzione alla velocità, ma non fa cambiare l’energia cinetica del corpo. Il lavoro,
come l’energia si misura in N·m = Joule (J).
La potenza P è il lavoro compiuto in una unità di tempo: P = L/t ( lavoro fatto in un secondo) ; nel sistema di
misura internazionale l’unità di misura è il Watt ( W ) cioè Joule/secondo. ( Il cavallo vapore, HP, corrisponde a
circa 735 W).

F
S
Fx
3.
Energia: capacità di fare lavoro. Energia cinetica. Un corpo possiede energia cinetica se ha massa e si
muove con velocità v. La formula che esprime l’energia cinetica deriva da quella del lavoro ed è:
Ec = ½mv2. Un corpo che possiede energia cinetica può fare lavoro.
Teorema dell’energia cinetica: Il lavoro che una forza compie, quando agisce su un corpo di massa m, libero di
muoversi, è uguale alla variazione di energia cinetica del corpo stesso.
L = ½mv2 - ½mvo2
(L = Ecfin - Eciniz )
Si ricava da L = F · S = m · a ·( ½ a t2 + vo·t) ; sostituendo ad a il valore: a = (v – vo) /t , e semplificando si
ottiene l’espressione del teorema: Lavoro della forza = variazione dell’energia cinetica
Energia elastica: L’energia elastica è l’energia interna, potenziale (U) che può essere convertita in energia
meccanica (lavoro). Una molla non deformata (X = 0) si dice in posizione di equilibrio. La forza elastica di
richiamo è sempre diretta verso la posizione di equilibrio (è quindi una forza centripeta) ed è uguale e contraria
alla forza impiegata per la deformazione (determinata dalla legge di Hooke):
Forza per deformare una molla: F = K X
Forza di richiamo della molla F = – K X. Il lavoro fatto per deformare una molla è dato dalla relazione:
L = 1/2 K X2. Questo lavoro viene immagazzinato nella molla sotto forma di energia potenziale elastica.
2
4.
Lavoro della forza peso ed energia potenziale. La forza di gravità (peso) è una forza conservativa: il
lavoro che essa compie dipende solo dalla posizione iniziale e finale di un corpo che si sposta sotto l’azione della
forza e non dallo spostamento effettuato. In ogni punto si definisce l’energia potenziale del corpo, quindi il lavoro
si ottiene facendo la differenza fra i due valori di energia potenziale (iniziale meno finale). Il lavoro della forza
peso è indipendente dallo spostamento (se non agiscono forze d’attrito).
L = F ·S · cos L = - mg · (h1 – h0);
(F = - mg è la forza peso negativa perché verso il basso, S = h1 – h0, verticale,  = 0° , cos = 1). Moltiplicando,
si ottiene: L = mgh0 – mgh1, cioè L = U0 -U1; U = mgh è l’energia potenziale gravitazionale di un
corpo di massa m, posto ad una altezza h, in prossimità della superficie terrestre.
5.
Conservazione dell’energia meccanica. La somma di energia cinetica ed energia potenziale rimane
costante in ogni punto del campo gravitazionale, (il campo gravitazionale g è la forza che agisce su 1 kg di
materia: g = F /m = 9,8 m/s2 o N/kg sulla superficie terrestre e diminuisce con il quadrato della distanza , come il
campo elettrico E = F/q = KQ /r2 ).
Poiché L = ½ m v12 - ½ m v02 ; ed è anche
L = mgh0 – mgh1 allora possiamo scrivere la conservazione
dell’energia in vicinanza della superficie terrestre dove h << Raggio terrestre.
Uguagliando le due espressioni otteniamo: ½ m v12 - ½ m v02 = mgh0 – mgh1 ;
che diventa :
½ m v12 + mgh1 = ½ m v02 + mgh0 . Questa equazione ci dice che:
in ogni punto del campo gravitazionale, la somma di energia cinetica ed energia potenziale è costante.
L’energia meccanica di un corpo si conserva.
6.
Pressione. Per esercitare una forza su un fluido posto in un recipiente, occorre esercitare una forza
mediante uno stantuffo (pistone) a tenuta, di area A. Si definisce Pressione P il rapporto F/A, cioè la pressione è
la forza che agisce sull’unità di superficie e si misura nel sistema internazionale in Pascal = N/m2 (Pa). (Blaise
Pascal (1623-1662)
7.
Principio di Pascal: la pressione esercitata su un fluido si trasmette inalterata all’interno del fluido in
tutti i punti e in tutte le direzioni, perpendicolarmente alle superfici che incontra. Il torchio idraulico si basa su
questo principio:
F1
A1
A2
F2
F2/A2 = F1/P1
P2 =P1
Se A2 >A1 (per es. 10 volte maggiore) anche F2 sarà 10 volte maggiore di F1. Quindi il torchio permette di
sollevare pesi molto grandi o può esercitare forze molto intense come nelle presse.
8.
Densità di un fluido: è la massa di una unità di volume:  = M/V si misura in kg/m3 nel Sistema
Internazionale di misura oppure anche in kg / dm3; ( 1 dm3 = 1 litro; 1 m3 = 1000 litri);
l’acqua ha densità 1 kg / dm3 o 1000 kg / m3 nel sistema internazionale S. I. ).
9.
Principio di Stevino (Simon Stevin, 1548-1620): In un fluido, pesante, incomprimibile, la pressione cresce
con la profondità h.
P = Po +  g h; dove Po è la pressione atmosferica esterna, è in kg/m3 la densità del fluido. P aumenta
linearmente con la profondità. P si misura in Pa. 1 Pascal = 1 Newton / m2.
3
10.
Pressione atmosferica, esperimento di Torricelli (1606-1647): l’aria pesa, quindi esercita pressione.
L’esperienza di Evangelista Torricelli permette di calcolare la pressione atmosferica che vale Po = 1,013 10 5 Pa.
Un tubicino pieno di mercurio, alto circa un metro, viene capovolto dentro una vaschetta anch’essa piena di
mercurio (Hg). Il tubicino dovrebbe svuotarsi, ma se si fa attenzione a non far entrare aria, il mercurio scende fino
a 760 mm sopra il livello della vaschetta. Il mercurio non può scendere di più perché sul livello libero del
mercurio della vaschetta, l’aria col suo peso, esercita pressione atmosferica, che equilibra la pressione della
colonnina di mercurio alta 0,76 metri. Nel tubicino non c’è aria e in alto sopra il mercurio si crea una zona di vuoto
( non c’è pressione atmosferica) , allora per la legge di Stevin:
Po =  ∙ g ∙h; la densità del mercurio è  = 13,59 ∙ 103 kg / m3 quindi si calcola Po
Po = 9,8 ∙ 0,76 ∙ 13,59 ∙ 103 = 1,013∙ 105 Pa Questa esperienza dimostra che l’aria “pesa” e che il vuoto è
realizzabile; Aristotele (4° secolo a.C.) e poi Erone di Alessandria (2° secolo a.C.) ipotizzavano il principio
dell’orrore del vuoto da parte della natura).
11.
Principio di Archimede. (Siracusa 287-212 a.C.). Se un corpo è immerso in un fluido (totalmente o
parzialmente), riceve una spinta (forza) diretta verticalmente dal basso verso l’alto e la sua intensità è uguale al
peso del fluido spostato dal corpo stesso.
FArc = m fluido ∙ g ; FArc = fluido ∙Vcorpo ∙ g . La massa del fluido spostato è data dalla densità del
fluido moltiplicata per il volume del fluido che corrisponde al volume del corpo immerso (m =  V) . Questo
principio spiega perché i corpi aventi densità minore del fluido in cui sono immersi, galleggiano. Un blocco di
legno galleggia in acqua perché, quando è totalmente immerso, riceve una spinta F A maggiore del suo peso Fp: con
il suo volume sposta un uguale volume d’acqua che pesa di più del blocco di legno. Allora una parte di volume
emerge affinché FArc sia uguale a Fpeso.
12.
Scale termometriche. La temperatura è la grandezza fisica che misura il livello termico di un corpo. Può
essere misurata sfruttando la dilatazione termica dei corpi, quando vengono riscaldati. Un termometro utilizza un
liquido contenuto in un bulbo provvisto di un tubo capillare. Si prendono due punti fissi di riferimento, (ghiaccio
fondente, acqua bollente), si considera il livello del liquido nel tubicino nei due punti e si suddivide l’intervallo
termico in un numero di parti uguali dette gradi. La scala Celsius (°C) è centigrada: da 0° a 100°. La scala
Fahrenheit (°F) va da 32°F (ghiaccio fondente) a 212°F (acqua bollente). La scala assoluta (Kelvin) è centigrada:
da 273,15 K (ghiaccio fondente) a 373,15 K (acqua bollente). Non ha valori negativi; il valore 0 K (zero assoluto),
corrisponde a – 273,15 °C dove Pressione e Volume di un gas diventano teoricamente nulli.
Dilatazione termica. Quando un corpo (solido, liquido, gas) varia la sua temperatura, cambia le sue caratteristiche
geometriche (lunghezza, superficie, volume), che aumentano linearmente al crescere della temperatura. Ogni
materiale o sostanza dilata a seconda delle sue caratteristiche chimiche e fisiche.
13. Leggi dei gas perfetti. Per gas perfetto si intende un aeriforme perfettamente comprimibile, monoatomico, i
cui atomi possono essere considerati punti materiali che interagiscono fra loro solo mediante urti totalmente
elastici dove si conserva l’energia cinetica delle particelle. Un gas perfetto non cambia le sue caratteristiche anche
se viene raffreddato fino a valori molto bassi della temperatura. Un gas reale invece se raffreddato e compresso
subisce il passaggio di fase della liquefazione e quindi si comporterà come un liquido che non è comprimibile. Per
descrivere lo stato di un gas (cioè un sistema termodinamico) occorre conoscere il valore delle coordinate
termodinamiche: pressione P, volume V, temperatura assoluta T. Un gas compie una trasformazione
termodinamica quando modifica il proprio stato (cambiano le sue coordinate termodinamiche).
Prima legge di Gay-Lussac, isobare : V = Vo  T , P costante,  = 1/273,15 °C-1 coefficiente di dilatazione
dei gas. Vo è il volume a 0°C = 273,15 K. Il volume è direttamente proporzionale alla temperatura T in Kelvin. Si
può anche dire: V1/T1 = V2/T2
Seconda legge di Gay-Lussac, isocore: P = Po  T ,V costante,  = 1/273,15 °C-1 Po è la pressione a 0°C =
273,15 K. La pressione è direttamente proporzionale alla temperatura T in Kelvin. P1/T1 = P2/T2
Legge di Boyle, isoterme: P·V = Po·Vo. Cioè: P·V = costante, T costante, P e V sono inversamente
proporzionali.
Legge dei gas perfetti. Da queste tre leggi, segue la legge dei gas perfetti:
PV = nRT ;
PV/T =PoVo/To = R costante dei gasi; n numero di moli.
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La mole è la quantità di materia dell’elemento, contenente il numero di Avogadro di molecole (6,02∙10 23
particelle). Corrisponde alla massa molecolare (numero di protoni e neutroni del nucleo), espressa in grammi.
Esempio: 1 mole di idrogeno (la molecola è costituita da due atomi) “pesa” 1+1 = 2 grammi. 1 mole di elio
(monoatomico, nel nucleo ha 2 protoni e 2 neutroni) = 4 g. 1 mole di acqua H2O = 1 + 1 + 16 = 18 g.
14. Teoria cinetica dei gas perfetti. La teoria cinetica dei gas dimostra che la pressione esercitata da un gas sulle
pareti del recipiente che lo contiene è dovuta solo agli urti totalmente elastici compiuti dalle sue molecole. Ogni
molecola possiede solo energia cinetica. Si dimostra che l’energia cinetica di ogni singola particella di un gas
monoatomico, vale: 1/2 m vm2 = 3/2·R/No T ; R costante dei gas, NA numero di Avogadro , m massa di una
particella, vm velocità media . R/NA = K è la costante di Boltzmann. La legge di Boltzmann è quindi:
1/2 m vm2 = 3/2· K·T ; essa dice che l’energia cinetica di un gas è direttamente proporzionale alla
temperatura assoluta T; per cui possiamo dire che T rappresenta la misura dello stato di agitazione delle molecole
del gas. Dalla legge si può ricavare la vm di una singola particella del gas.
15. Il calore Q. E’ una forma di energia in “transito” cioè che fluisce da un corpo all’altro a causa di differenze di
temperatura. Microscopicamente si tratta di trasmissione di energia cinetica fra molecole di corpi a contatto
(conduzione o convezione) mediante urti elastici. Il calore però si trasmette anche attraverso il vuoto tramite onde
elettromagnetiche (irraggiamento). Essendo “energia”, cioè capacità di fare lavoro, si misura in in Joule o anche in
chilocalorie; 1 kcal = 4 186 J.
16. Quantità di calore – Calore specifico. Mediante esperienze di laboratorio si è riusciti a dare una definizione
operativa di calore per poterlo misurare. La relazione fondamentale della calorimetria dice che:
Q = c m t, cioè
che Q (calore assorbito o ceduto da un corpo di massa m), è proporzionale alla massa e alla variazione di
temperatura t .
c = Q/(mt) è il calore specifico del corpo (caratteristico del materiale), ed è la quantità di calore necessaria per
far variare di un grado centigrado la massa di 1 kg di una determinata sostanza. L’acqua ha calore specifico c =1
kcal /kg°C, se utilizziamo come unità di misura la vecchia kcal. Oggi l’unità di misura del calore è il Joule (dopo le
esperienze di Joule per dimostrare che esso è una forma di energia, come l’energia meccanica. L’equivalente
meccanico del calore è
1 kcal = 4186 J; (1 cal = 4,186 J).
Con l’equazione della calorimetria si ricava Q e si può confrontare con l’energia meccanica in Joule. (L’energia
potenziale mgh o l’energia cinetica ½ mv2 di un corpo si può trasformare in calore a causa di forze d’attrito).
17.
Lavoro in una trasformazione termodinamica. Se un gas perfetto (sistema termodinamico) viene fatto
espandere in un cilindro munito di pistone capace di muoversi, il gas compie lavoro. Occorre considerare una
situazione ideale dove la trasformazione subita dal gas sia “quasi statica”, cioè passi per stati successivi di
equilibrio, dei quali sono noti sempre Pressione, Volume e Temperatura. La trasformazione viene detta reversibile
perché può essere percorsa anche in senso inverso per riportare il gas nello stato iniziale. Le tre coordinate sono in
relazione nell’equazione PV = nRT. Riportando nel piano P-V, l’andamento della pressione in funzione del
volume, il lavoro è rappresentato dall’area sottostante il grafico, fino all’asse dei volumi. E’ positivo se VB >VA, è
negativo se VB < VA; (vedi figura seguente)
5
Isobara P = costante
L = P (VB –VA)
18.
isocora V= costante
L = 0 ; perché V=0
isoterma PV= nRT
Q=L
adiabatica Q = 0
senza scambi di calore
1° Principio della termodinamica. In una trasformazione termodinamica la quantità di calore totale
scambiato da un sistema, si trasforma parte in lavoro e parte in variazione dell’energia interna del sistema. Questo
principio ci dice che l’energia si conserva; ma essendo il calore una forma di energia cinetica disordinata, non tutto
il calore diventa lavoro meccanico; una parte fa variare l’energia interna del sistema. In formula : Q = LU.
U è detta energia interna, è energia cinetica molecolare ed è una funzione di stato, dipende cioè solo dallo stato in
cui si trova il sistema, la sua variazione U dipende solo dalla variazione di temperatura. U = Q – L .
19.
2° Principio della termodinamica. Enunciato di Kelvin Planck: E’ impossibile realizzare una
trasformazione ciclica il cui unico risultato sia quello di sottrarre calore ad un’unica sorgente e trasformarlo
integralmente in lavoro meccanico. Occorrono sempre almeno due sorgenti a diversa temperatura una a
temperatura maggiore Tc dove assorbire calore e una a temperatura minore Tf dove cedere calore. La differenza
fra calore assorbito e calore ceduto è il lavoro utile del ciclo termodinamico. Enunciato di Clausius: E’
impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di far passare il calore da una sorgente a
temperatura minore Tf ad una temperatura maggiore Tc; Tc > Tf. (Il calore fluisce spontaneamente da un corpo a
temperatura maggiore a un corpo a temperatura inferiore; per ottenere il passaggio contrario, occorre spendere
energia, fare lavoro. Questo si ottiene con una macchina frigorifera che spendendo energia, preleva calore dalla
cella frigorifera a temperatura bassa e lo cede all’ambiente esterno a temperatura più alta, mantenendo freddo
l’ambiente dentro il frigorifero).
20. Teorema di Carnot: Nessuna macchina reale (irreversibile), può avere un rendimento maggiore di una
macchina ideale, che lavora tra le stesse sorgenti della macchina reale. Il rendimento di una macchina ideale (di
Carnot), dipende solo dalle temperature assolute a cui si trovano le due sorgenti. Il ciclo di Carnot è costituito da
due trasformazioni isoterme e da due trasformazioni adiabatiche (cioè senza scambi di calore con l’esterno), ed ha
il rendimento massimo. Il rendimento è dato da:
= L / Qc = (Qc – Qf)/Qc < 1 ; (sempre)
(Qc : calore assorbito dalla sorgente calda,
Qf : calore ceduto alla sorgente fredda che non diventa lavoro
meccanico). Si dimostra che per il ciclo di Carnot, il rendimento è :=
(Tc – Tf) / Tc < 1 .
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21. Le onde: Il suono e la luce. Un’onda è una perturbazione che si propaga nello spazio trasportando energia
senza che vi sia trasferimento di materia. Sebbene non sia necessario che la materia si sposti da un punto all’altro
durante la propagazione ondosa, molti tipi di onde si propagano solo in presenza di materia. Onde di questo tipo,
sono dette onde meccaniche. Le onde elettromagnetiche (luce, segnali radio, microonde) possono invece
propagarsi anche nello spazio vuoto. Al passaggio di un’onda meccanica la materia subisce una deformazione
elastica: le particelle che costituiscono il mezzo materiale si spostano rispetto alla loro posizione di riposo e vi
ritornano quando l’ampiezza dell’onda diventa nulla. Durante la propagazione di un’onda, lo spostamento, la
velocità e l’energia meccanica (cinetica e potenziale elastica) di un elemento di massa o volume vengono trasmessi
a quello adiacente. In questo modo le onde trasportano energia meccanica attraverso la materia. Nelle onde
longitudinali le particelle investite dall’onda subiscono spostamenti paralleli alla direzione di propagazione
dell’onda. Nelle onde trasversali le particelle investite dall’onda subiscono spostamenti ortogonali alla direzione
di propagazione dell’onda. Esistono anche onde nelle quali le particelle del mezzo subiscono spostamenti sia
longitudinali che trasversali (come ad es. le onde marine).
Grandezze caratteristiche di un'onda sono: ampiezza A in metri, periodo T in secondi, (tempo in cui avviene
una oscillazione completa), frequenza  = 1/T in Hz, (Hertz) cioè il numero di oscillazioni al secondo, lunghezza
d'onda  in metri, ( distanza minima fra due punti che vibrano in fase);
v = x , velocità dell'onda.
Il suono (dal latino sonum) è la sensazione data dalla vibrazione di un corpo in oscillazione. Tale vibrazione, che si
propaga nell’aria o in un altro mezzo elastico, raggiunge l’orecchio che, tramite un complesso meccanismo interno,
è responsabile della creazione di una sensazione “uditiva” direttamente correlata alla natura della vibrazione. Le
oscillazioni sono spostamenti delle particelle, intorno alla posizione di riposo e lungo la direzione di propagazione
dell’onda, provocati da movimenti vibratori, provenienti da un determinato oggetto, chiamato sorgente del suono,
il quale trasmette il proprio movimento alle particelle adiacenti, grazie alle proprietà meccaniche del mezzo; le
particelle a loro volta, iniziando ad oscillare, trasmettono il movimento alle altre particelle vicine e queste a loro
volta ad altre ancora, provocando una variazione locale della pressione; in questo modo, un semplice movimento
vibratorio si propaga meccanicamente originando un’ onda acustica, che è quindi un’onda longitudinale. Le onde
meccaniche longitudinali sono anche denominate onde di pressione. L’orecchio umano è sensibile a stimoli
acustici le cui frequenze siano comprese fra i 16-20 Hz e i 20000 Hz. Non è sensibile a ultrasuoni che hanno
frequenza superiore ai 20000 Hz e a infrasuoni che hanno frequenza inferiore ai 20 Hz. Il suono si propaga
nell’aria a circa 340 m/s; in acqua a 1500 m/s circa.
Le onde elettromagnetiche (luce, onde radio, microonde, onde TV) si propagano anche nel vuoto con la velocità C
= 3·10 8 m/s, non hanno bisogno di mezzo di trasmissione perché ciò che vibra è un campo elettromagnetico. Le
onde descritte da una funzione seno o coseno (sinusoidale o cosinusoidale), sono dette armoniche. Luce visibile
rosso:  = 0,7m;f = 0,4x1015 Hz violetto:  = 0,4m f = 0,7x1015 Hz .
C = · f 3 ·10 8 m/s. Secondo la teoria ondulatoria di Huygens (1670), la luce si propaga come un'onda
attraverso un mezzo trasparente che permea tutto l'universo: l'etere. Newton invece formulò una teoria
corpuscolare: la luce emessa da una sorgente luminosa è formata da uno sciame di corpuscoli che procedono nello
spazio in linea retta a velocità altissima. Nel secolo XIX si dimostrò che la luce si comporta come un'onda e si
propaga nel vuoto (l'etere non esiste). La teoria corpuscolare di Newton sembrò quindi sbagliata fino a quando
all'inizio del 1900, Albert Einstein propose una nuova teoria corpuscolare, perché in certi fenomeni ( es. effetto
fotoelettrico), quando la luce interagisce con la materia, essa si comporta come se fosse costituita da "granuli"
(fotoni o quanti di luce). Ogni fotone trasporta un quanto di energia proporzionale alla frequenza dell'onda
elettromagnetica. La luce ha quindi una doppia natura (corpuscolare e ondulatoria). Newton e Huygens
avevano entrambi ragione.
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22. Legge della riflessione della luce: Quando un raggio di luce incide su una superficie perfettamente liscia
subisce la legge della riflessione. Con “liscia” s’intende una superficie che non contenga asperità superiori alle
dimensioni della lunghezza d’onda della luce; se tale condizione non è soddisfatta, cioè se siamo in presenza di
una superficie scabra, non si ha riflessione, ma diffusione. La legge afferma che l’angolo di incidenza è uguale
all’angolo di riflessione misurato rispetto alla normale alla superficie. È una legge generica che vale anche per gli
urti elastici di oggetti materiali su superfici levigate.
- Il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla superficie stanno sullo stesso piano.
- l’angolo di incidenza i è uguale all’angolo di riflessione r. i = r
i
r
Legge di rifrazione della luce
Le onde della luce viaggiano solitamente in linea retta, ma, passando da un materiale trasparente a un altro,
vengono rifratte, cioè deviate. È un fenomeno dovuto alla diversa velocità della luce in mezzi diversi: il passaggio
da un mezzo a bassa densità come l’aria a un mezzo a densità elevata come l’acqua ne riduce la velocità e ne causa
la deviazione (eccetto nel caso in cui entri perpendicolarmente alla superficie del mezzo).
sen i / sen r = n2/n1
-
Il raggio incidente, il raggio rifratto e la normale alla superficie
i
stanno sullo stesso piano
- sen i / sen r = n ; n : indice di rifrazione; sen i / sen r = V1/V2 ;
V1 = velocità nel primo mezzo. V2 = velocità nel secondo mezzo.
r
Dispersione della luce bianca: i colori dell’arcobaleno
23.
Carica elettrica: è una proprietà della materia che genera la seconda forza presente nell’universo (la forza
elettromagnetica). Le particelle atomiche possiedono cariche, convenzionalmente,
il protone + e l’elettrone - . Se la materia perde o acquista elettroni, si dice che si carica, per cui fra due corpi
elettrizzati, si manifesta una forza attrattiva o repulsiva, detta Forza di Coulomb.
Quantizzazione della carica: le cariche presenti in natura, o prodotte, sono multipli interi di una quantità minima,
indivisibile (quanto di carica) che in valore assoluto è la carica dell’elettrone (1,602·10-19 C).
Legge di
conservazione della carica: la somma algebrica delle cariche elettriche di un sistema isolato si mantiene costante,
qualunque siano i fenomeni che in esso hanno luogo.
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24. Legge di Coulomb: Due corpi puntiformi elettricamente carichi interagiscono con una forza F attrattiva o
repulsiva che è direttamente proporzionale al prodotto delle cariche, inversamente proporzionale al quadrato della
distanza r. La costante di proporzionalità K dipende da mezzo interposto (dielettrico).
F = K∙q1∙q2 / r2 ; è massima nel vuoto. In un dielettrico diverso (vetro,
Per il vuoto K = 9∙109 Nm2/C2,
acqua, olio…), la forza diminuisce.
+ q1
+
q2 _
F
r
+ q1
F
+
+ q2
r
+
F
F
25. Atomo e modelli atomici.
Il primo modello atomico moderno fu formulato da J.
Thomson nel 1904. Il modello atomico di Thomson deriva
direttamente dalla sua convinzione che l'elettrone, allora appena
scoperto, era una particella sub-atomica e doveva
accompagnarsi a particelle positive. . Questo modello
dell'atomo prevedeva, quindi, una sfera di elettricità positiva in
cui si muovevano gli elettroni (carichi negativamente). Per la
prima volta compare una particella sub-atomica ma il modello
apparve subito rozzo ed incompleto.
Nel 1911 Rutherford, a conclusione di una serie di esperimenti sugli atomi, giunse a modificare profondamente il modello
di Thomson. In tali esperimenti vennero fatte collidere particelle  con sottilissimi fogli metallici di oro o platino.
Il loro comportamento risultò sorprendente ed incompatibile con il modello di Thomson: la maggior parte delle particelle
attraversava indisturbata la lamina d’oro proseguendo in linea retta, ma molte particelle subivano vistose deflessioni,
in alcuni casi rimbalzando addirittura indietro. Le particelle alfa (+) vengono deviate dal campo del nucleo centrale positivo.
Se le particelle sono nella direzione del nucleo, esse vengono respinte all’indietro dalla forza repulsiva del nucleo anch’esso
positivo (+). .E’ la dimostrazione della presenza di un nucleo atomico positivo all’interno dell’atomo.
26.
Campo elettrico: Se in una zona dello spazio è presente un corpo carico, esso fa sentire la propria azione
su altri corpi carichi. Si definisce il vettore campo elettrico E, in un punto dello spazio, la forza risultante F che, in
quel punto, agisce sull’unità di carica. In formula: E = F/q , si misura in N/C (oppure Volt/metro). Quindi in ogni
punto P dello spazio esiste un vettore (che ha modulo, direzione e verso) e l’insieme di questi vettori costituisce il
campo elettrico generato. Una carica Q isolata, puntiforme, genera un campo radiale, che diminuisce col quadrato
della distanza r, diretto lungo r.
Si rappresenta mediante linee di forza orientate (linee di Faraday), che in ogni
punto hanno come tangente il vettore campo E.
Configurazioni di campi : Per una carica isolata il campo E vale: E = KQ/R 2
_
+
9
+ ++
+
+
+ E=0 +
+
+
+ +
Per una sfera di raggio ro, caricata con carica Q, il campo all’interno è nullo, perché internamente non ci sono
cariche, (schermo elettrostatico).
Le cariche si distribuiscono sulla superficie esterna della sfera. (Schermo
elettrostatico). All’esterno E = KQ / R2 come per una carica isolata.
_
+
+
+
27. Confronto fra la forza di Coulomb - campo elettrico E, e la forza di gravitazione di Newton - campo
gravitazionale g.
La legge di gravitazione universale. Isaac Newton (1642- 1727) fu il primo a capire che la forza che fa cadere i
corpi qui sulla superficie terrestre è la stessa che fa muovere la Luna sulla sua orbita intorno alla Terra: è la forza
di attrazione che si esercita su corpi che possiedono massa ( massa gravitazionale: capacità che ha un corpo di
attrarre altre massa).
Due masse M1 ed M2 poste a distanza r, interagiscono a distanza; queste si attraggono con una forza uguale
ed opposta, che è direttamente proporzionale al prodotto delle masse ed inversamente proporzionale al
quadrato della distanza fra esse. La costante di proporzionalità G si chiama costante di gravitazione
universale, e vale G = 6,67·10-11 Nm2/kg2: fu misurata con precisione da Henry Kavendish nel 1798, ha un
valore estremamente piccolo, è la forza con cui si attraggono due masse da un kg ciascuna poste a distanza
di un metro.
F = G·M1·M2 /r2 ( la forza si misura in Newton)
Si chiama campo gravitazionale la forza gravitazionale che agisce su una massa unitaria (1 kg).
g = F /m = G·M / r2 sulla superficie terrestre dove r = 6,38 · 10 6 m, g vale 9,8 m/s2, poi diminuisce con il
quadrato della distanza r dal centro della Terra. Si misura in N/kg. ( Si chiama anche accelerazione di gravità).
Forza e campo gravitazionale sono solo attrattivi, mentre la forza elettrostatica di Coulomb è attrattiva o repulsiva.
Anche il campo elettrico generato da una carica Q isolata nello spazio ha lo stesso andamento
( E = k·Q/r2),ed è la forza che agisce sull’unità di carica ( 1 Coulomb); si misura in N/C.
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28.
La corrente elettrica nei conduttori solidi: la corrente elettrica è uno spostamento ordinato di cariche
elettriche che si ha in un conduttore quando ai suoi estremi viene applicata una d.d.p. L’intensità di corrente è la
quantità di carica che attraversa la sezione di un conduttore in un secondo; i = q/t. E’ una grandezza
fisica, la sua unità di misura è l’Ampère (A). (Nel sistema internazionale è una misura fondamentale, come il
metro, il kg, il secondo). 1 A = 1 C/1sec.
I portatori di carica in un metallo sono gli elettroni esterni degli atomi:
questi elettroni, delocalizzati, sono liberi di muoversi da un atomo all’altro.
Invece gli ioni positivi occupano i nodi del reticolo cristallino e possono compiere piccole oscillazioni intorno alla
posizione di equilibrio, per agitazione termica, ostacolano quindi il moto delle cariche e sono responsabili della
resistenza elettrica che gli elettroni incontrano quando si muovono all’interno di un conduttore.
Gli elettroni si muovono da punti a energia minore, verso punti a energia maggiore, in verso contrario al campo
(dal – al +). Per convenzione invece il verso della corrente è quello dal polo positivo al polo negativo, + al - ,
come se fossero cariche positive a spostarsi. Questo perché, quando si cominciò a studiare le correnti, non si
conosceva ancora l’esistenza dell’elettrone, scoperto da Joseph John Thomson (1856-1940), intorno al 1897. Ebbe
il premio Nobel nel 1906.
M. Grazia Bevitori
San Marino, 17 maggio 2017