- Figlie della Chiesa

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I Domenica di Quaresima
Antifona d'ingresso
Egli mi invocherà e io lo esaudirò;
gli darò salvezza e gloria,
lo sazierò con una lunga vita. (Sal 91,15-16)
Non si dice il Gloria.
Colletta
O Dio, nostro Padre,
con la celebrazione di questa Quaresima,
segno sacramentale della nostra conversione,
concedi a noi tuoi fedeli
di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo
e di testimoniarlo con una degna condotta di vita.
PRIMA LETTURA (Gen 9,8-15)
L’alleanza fra Dio e Noè liberato dalle acque del diluvio.
Dal libro della Gènesi
Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e
con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e
animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io
stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il
diluvio devasterà più la terra».
Dio disse:
«Questo è il segno dell’alleanza,
che io pongo tra me e voi
e ogni essere vivente che è con voi,
per tutte le generazioni future.
Pongo il mio arco sulle nubi,
perché sia il segno dell’alleanza
tra me e la terra.
Quando ammasserò le nubi sulla terra
e apparirà l’arco sulle nubi,
ricorderò la mia alleanza
che è tra me e voi
e ogni essere che vive in ogni carne,
e non ci saranno più le acque per il diluvio,
per distruggere ogni carne».
SALMO RESPONSORIALE (Sal 24)
Rit: Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza. Rit:
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Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore. Rit:
Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via. Rit:
SECONDA LETTURA (1Pt 3,18-22)
Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi.
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo
Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a
Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l’annuncio
anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua
magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone,
otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua.
Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del
corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della
risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la
sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.
Canto al Vangelo (Mt 4,4)
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
VANGELO (Mc 1,12-15)
Gesù, tentato da satana, è servito dagli angeli
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da
Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva:
«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Preghiera sulle offerte
Si rinnovi, Signore, la nostra vita
e col tuo aiuto si ispiri sempre più al sacrificio,
che santifica l’inizio della Quaresima,
tempo favorevole per la nostra salvezza.
PREFAZIO
Gesù vittorioso sulla tentazione del maligno.
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
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a te, Signore, Padre Santo, Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo nostro Signore.
Egli consacrò l’istituzione del tempo penitenziale
con il digiuno di quaranta giorni,
e vincendo le insidie dell’antico tentatore
ci insegnò a dominare le seduzioni del peccato,
perché celebrando con spirito rinnovato
il mistero pasquale
possiamo giungere alla Pasqua eterna.
E noi, uniti agli angeli e ai santi,
cantiamo senza fine
l’inno della tua lode: Santo...
Antifona di comunione
“Il regno di Dio è vicino;
convertitevi e credete al vangelo”.
Oppure:
Il Signore ti coprirà con la sua protezione,
sotto le sue ali troverai rifugio. (Sal 91,4)
Preghiera dopo la comunione
Il pane del cielo che ci hai dato, o Padre,
alimenti in noi la fede
accresca la speranza,
rafforzi la carità,
e ci insegni ad aver fame di Cristo,
pane vivo e vero,
e a nutrirci di ogni parola
che esce dalla tua bocca.
Lectio
Siamo agli esordi della grande e santa Quaresima che non è soltanto sforzo personale,
impegno ascetico ma accoglienza e sviluppo della vita divina germinata in noi mediante il
battesimo. Per questo il clima quaresimale non è triste, lugubre, pesante, ma gioioso perché riflette
quello pasquale. Nel I prefazio di Quaresima leggiamo: “Ogni anno tu doni ai tuoi fedeli di
prepararsi con gioia, purificati nello spirito, alla celebrazione della Pasqua, perché assidui nella
preghiera e nella carità operosa, attingano ai misteri della redenzione la pienezza della vita nuova
in Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore.” La tradizione liturgica bizantina parla della santa e grande
Quaresima come di un tempo di “radiosa tristezza”. Tutto questo non è però frutto del nostro
desiderio e impegno ma è dono di Dio Padre in Cristo nell’amore dello Spirito Santo che ci viene
comunicato.
Il contesto immediatamente precedente la pericope evangelica delle tentazioni è il battesimo
di Gesù nel Giordano mentre l’inizio della predicazione in Galilea si colloca subito dopo.
L’evangelista Marco ci dà notizia dell’inizio della vita pubblica di Gesù descrivendo l’irruzione
dello Spirito di Dio che squarcia i cieli e fa risuonare la voce del Padre: “Tu sei il Figlio mio,
l’Amato: in te ho posto il mio compiacimento” (cf Mc 1,11). Il vero battesimo di Gesù sarà il
Golgota (10,38), dove Egli morirà dando “la sua vita in riscatto per molti” (10,45); proprio allora e
non prima, il centurione per la prima volta sulla terra proclamerà la stessa parola che nel battesimo
al Giordano il Padre fa risuonare dal cielo: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio” (15,39).
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Ecco delinearsi il cammino di Gesù e del cristiano, cammino inverso a quello di Adamo: è la
parabola dell’umiliazione che porta all’esaltazione. L’esperienza del Messia atteso è un’esperienza
di kenosi nel quale rimane protagonista lo Spirito. E’ lo Spirito infatti che unisce la scena del
Battesimo e quella che segue immediatamente dopo, ossia l’episodio della lotta di Gesù contro il
male nel deserto.
v. 12 “ E subito, lo Spirito lo condusse nel deserto…”
Gesù non va nel deserto di sua spontanea volontà. Quello stesso Spirito che rese possibile la
sua generazione (Mt 1,20; Lc 1,35) ed era venuto visibilmente su di lui per mostrare a tutti il
compiacimento del Padre (Mc 1,11), ora lo conduce nel deserto come aveva condotto il popolo
eletto (Dt 8,2). Secondo la tradizione, teatro delle tentazioni fu la zona desertica intorno a Gerico
(deserto della Giudea), non lontano dal luogo del battesimo (zona, sempre secondo la tradizione,
individuata con El Maghtas,circa 9 Km a sud-est di Gerico). Come per Israele, così anche per Gesù
il deserto è il luogo della prova: è qui che si compie il pellegrinaggio verso l’assoluto di Dio, è qui
che emerge prepotentemente l’essenzialità, è qui che si è chiamati a fare una scelta e Gesù la fa
vincendo la tentazione.
In questo senso Egli vive in se stesso il “nuovo Esodo” rifiutando un messianismo
trionfalistico e accettando definitivamente la strada del Servo sofferente, la glorificazione attraverso
l’innalzamento sulla Croce, patibolo dello schiavo dal quale troneggia come Re. La scena delle
tentazioni, diversamente da Matteo e Luca, è da Marco descritta con poche parole che però in
sostanza sottolineano che siamo solo all’inizio: tutta la vita di Gesù sarà un continuo
combattimento, una continua tentazione tra la via più facile che di certo non lo avrebbe condotto
alla morte e la via faticosa e impervia della volontà del Padre.
v. 13 “e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli
angeli lo servivano”.
L’espressione “quaranta giorni” non è da intendere in senso strettamente cronologico, come
del resto nell’AT quando si parla dell’esperienza di Mosè (Es 34,28), del popolo ebraico nel
deserto, di Elia (1Re 19,8) e in un altro passo del NT quando si parla del primo periodo della vita di
Cristo risorto prima dell’Ascensione (At 1,3); l’uso di questa espressione sta ad indicare un tempo
di esperienza religiosa particolarmente intensa e significativa. La parola “Satana” è la trascrizione di
una parola aramaica che significa “colui che accusa”, “colui che divide”, “avversario”. Questo
termine viene ad assumere il significato di “principe del male” ed “antagonista di Dio”. Gesù viene
indotto a percorrere il cammino a ritroso rispetto a quello iniziato nel battesimo. La sua è la
tentazione di ogni uomo, quella cioè di ragionare “non secondo Dio” ma “secondo la mentalità degli
uomini”: così anche Pietro verrà chiamato “Satana” dal Maestro (cf. Mc 8,33) quando non vorrà
accettare la povertà della morte del Figlio dell’uomo.
Il deserto, il campo della lotta spirituale che l’evangelista Marco ci presenta, ha uno
scenario particolare. Con Gesù, infatti, ci sono le bestie selvatiche che stanno ad indicare l’avvento
del regno messianico già prefigurato nella profezia di Isaia: “Il lupo dimorerà insieme con
l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si
sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca
della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. (cf 11,6-8).
Cristo è il Messia, foriero di un mondo rinnovato che ritrova l’armonia perduta con il
peccato originale. Mentre Adamo cede alla seduzione del tentatore, Cristo invece vince il male e
ricostituisce quell’armonia che era al principio. La vittoria della sua fede trasforma quindi anche il
deserto in un luogo paradisiaco: “e gli angeli lo servivano”. Il servizio degli angeli manifesta
l’aiuto divino che viene donato a chi ripone tutta la sua fiducia in Dio (cfr Sl 91, 11-13). Senza
dubbio Gesù è il vincitore della prova e diventa Egli stesso, per il cristiano, “la terra promessa” per
giungere alla comunione con il Padre. Cristo è la nostra Pasqua, il nostro “esodo”, la nostra “Via,
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Verità e Vita” (Gv14,6) per attraversare il “deserto terribile” che è il mondo e giungere alla terra
promessa della vita eterna.
Interessante scoprire i tanti riferimenti che il Vangelo ci suggerisce riportandoci alla prima
lettura proposta dalla liturgia di questa domenica: Dio per la fedeltà di Noè, pone il suo arco sulle
nubi e stipula con l’uomo un’alleanza con le future generazioni che non conosceranno più il diluvio.
Anche noi come Noè, siamo chiamati a costruire l’arca ma non per salvare soltanto noi stessi ma
anche gli altri attraverso di noi. L’arca è la nostra esistenza attraversata dal mistero pasquale. Senza
la prospettiva che si scorge dal suo interno saremmo privi di speranza come quelle anime
prigioniere che, ci dice San Paolo nella seconda lettura sempre di questa domenica, un tempo
avevano rifiutato di credere, quando Dio pazientava nei giorni di Noè. La vittoria di Cristo nella
prova ha contrapposto al dominio delle bestie selvatiche la signoria sugli angeli, i Principati e le
Potenze. In virtù di tale vittoria il cristiano vede realizzarsi il tempo escatologico.
vv.14-15… Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di
Dio e diceva: “Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo”
Nel Vangelo di Luca questa è un’espressione molto pregnante. Se Gesù si fosse limitato a
dire solo: “Il tempo è compiuto” senza aggiungere altro, ci saremmo trovati di fronte ad
un’espressione apocalittica. Qui il “compiersi” del tempo non vuole richiamare la nostra attenzione
al tempo trascorso della promessa che ora si realizza in Cristo, quanto piuttosto siamo richiamati a
volgere lo sguardo al presente. C’è una svolta decisiva che appartiene al presente e questa svolta è
seguire la Persona di Gesù. E’ Lui, infatti, il Regno che si avvicina e trasforma il nostro tempo
cronologico in tempo “kairologico” ossia in tempo di salvezza. La realtà del Regno è incominciata e
cresce in mezzo agli uomini con la presenza di Gesù. Andiamo verso una maturazione che si sta
compiendo. Siamo nel tempo escatologico. E’ una realtà inarrestabile che irrompe ovunque nel
mondo: è la vittoria sul male, sulle malattie, sulla sfiducia, sull’egoismo e, infine sulla morte nel
dono della vita. La vita di Gesù è l’inizio di questo irrompere finale del Regno di Dio che inizia qui
e ora, è in mezzo a noi. Bisogna dunque volgersi al Regno e decidersi per la sequela di Cristo,
entrare nella logica del cambiamento per lasciarci trasformare nel profondo fino a entrare nella sfera
degli affetti, delle emozioni, dei sentimenti e instaurare una relazione nuova con noi stessi e con gli
altri.
Impariamo a credere che Gesù è il principio della Buona notizia, per riportare la nostra
vittoria sul male sotto la guida dello Spirito. Non potremo senza dubbio evitare la croce, ma con il
vero Adamo, i deserti delle nostre vite rifioriranno.
Grazie a Lui, non c’è più traversata del deserto che non approdi al paradiso ritrovato.
Appendice
Gesù e lo Spirito Santo
"E subito lo Spirito lo spinse nel deserto" (Mc 1,12). È lo Spirito che era disceso sotto forma
di colomba. «Vide - dice Marco - i cieli aperti e lo Spirito come colomba discendere e fermarsi su di
lui». Considerate quanto dice: fermarsi, cioè restare con lui, non sostare e poi andarsene. Giovanni
stesso dice in un altro Vangelo: "E chi mi ha mandato mi ha detto: - Colui sul quale vedrai
discendere e fermarsi lo Spirito Santo" (Gv 1,33). Lo Spirito Santo discese su Cristo e si fermò su
di lui: quando invece discende sugli uomini non sempre si ferma. Infatti nel libro di Ezechiele, che
raffigura in immagine il Salvatore (nessun altro profeta, e mi riferisco ai maggiori, viene chiamato
«Figlio dell`uomo», come Ezechiele), si legge: "La parola del Signore fu diretta a Ezechiele
profeta" (Ez 1,3). Qualcuno dirà: - Perché tanto spesso citi il profeta? Perché lo Spirito Santo
discendeva sul profeta, ma di nuovo se ne allontanava. Quando si dice che «la parola del Signore fu
diretta» si intende chiaramente che lo Spirito Santo di nuovo tornava dopo essersene andato.
Quando siamo colti dall`ira, quando offendiamo qualcuno, quando siamo presi da tristezza mortale,
quando i nostri pensieri sono prigionieri della carne, crediamo forse che lo Spirito Santo rimanga in
noi? Possiamo forse sperare che lo Spirito Santo sia in noi quando odiamo il nostro fratello, o
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quando meditiamo qualche ingiustizia? Dobbiamo invece sapere che, quando ci applichiamo ai
buoni pensieri o alle buone opere, allora abita in noi lo Spirito Santo: ma quando al contrario siamo
colti da un pensiero malvagio, è segno che lo Spirito Santo ci ha abbandonato. Per questa ragione, a
proposito del Salvatore sta scritto: «Colui sul quale vedrai discendere e fermarsi lo Spirito Santo,
quegli è...».
«E subito lo Spirito lo spinse nel deserto». È lo Spirito Santo che spinge nel deserto i monaci
che vivono con i loro parenti, se tale Spirito è sceso e si è fermato su di loro. E` lo Spirito Santo che
li spinge a uscire dalla casa e li conduce nella solitudine. Lo Spirito Santo non abita volentieri
laddove c`è folla e ci sono discussioni e risse: lo Spirito Santo ha la sua dimora nella solitudine. Per
questo il nostro Signore e Salvatore, quando voleva pregare, "solo" - dice Luca -, "si ritirava sul
monte e ivi pregava tutta la notte" (Lc 6,12). Di giorno stava con i discepoli, di notte dedicava la
sua preghiera al Padre per noi. Perché ho detto tutto questo? Perché parecchi fratelli sono soliti dire:
- Se resterò nel convento, non potrò pregare da solo. Forse che nostro Signore mandava via i
discepoli? No, egli stava sempre con i discepoli, ma quando voleva pregare più intensamente si
ritirava da solo. Anche noi, se vogliamo pregare più intensamente di quanto facciamo assieme ad
altri, abbiamo a nostra disposizione la cella, abbiamo i campi, abbiamo il deserto. Possiamo fruire
della compagnia e delle virtù dei fratelli, ma possiamo anche godere della solitudine...
"Dopo la cattura di Giovanni ritornò Gesù in Galilea" (Mc 1,14). Il racconto è noto, e
appare chiaro agli ascoltatori, anche senza la nostra spiegazione. Preghiamo però colui che ha la
chiave di David, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre (cf.Ap 3,7), affinché ci
apra la recondita via del Vangelo, ed anche noi si possa dire insieme a David: "Mostrati ai miei
occhi, e io contemplerò le bellezze della tua legge" (Sal 118,18). Alle folle il Signore parlava in
parabole, e parlava esteriormente. Non parlava nell`intimo, cioè nello spirito; parlava con il
linguaggio esteriore, secondo la lettera. Preghiamo noi il Signore, affinché ci introduca nei suoi
misteri, ci faccia entrare nel suo segreto abitacolo, e possiamo anche noi dire, insieme con la sposa
del Cantico dei Cantici: "Il re mi ha introdotto nel suo ricettacolo" (Ct 1,3). L`apostolo dice che un
velo fu posto sugli occhi di Mosè (cf. 2Cor 3,13). Io dico che non soltanto nella legge, ma anche nel
Vangelo c`è un velo sugli occhi di chi non sa. Il giudeo lo ascoltò, ma non lo capì: per lui c`era un
velo sul Vangelo. I gentili ascoltano, ascoltano gli eretici, ma anche per loro c`è il velo.
Abbandoniamo la lettera insieme ai giudei, e seguiamo lo spirito con Gesù: e non perché dobbiamo
condannare la lettera del Vangelo (tutto ciò che fu scritto s`è avverato), ma per poter salire
gradualmente verso le cose più elevate.
«Dopo la cattura di Giovanni, ritornò Gesù in Galilea». Domenica scorsa dicemmo che
Giovanni è la legge, mentre Gesù è il Vangelo. Giovanni infatti dice: "Viene dopo di me uno che è
più forte di me, e io non sono degno, abbassandomi, di sciogliergli la correggia dei calzari". E
altrove: "Egli deve crescere, io scemare" (Gv 3,30). Il paragone tra Giovanni e Gesù, è il paragone
tra la legge e il Vangelo. Dice ancora Giovanni: "Io battezzo con acqua" (ecco la legge), mentre
"egli vi battezzerà nello Spirito Santo" (Mc 1,8): questo è il Vangelo. Dunque Gesù torna, perché
Giovanni è stato chiuso in carcere. La legge è rinchiusa, non ha più la passata libertà: ma dalla legge
noi passiamo al Vangelo. State attenti a quanto dice Marco: «Dopo la cattura di Giovanni ritornò
Gesù in Galilea». Non andò in Giudea né a Gerusalemme, ma nella Galilea dei gentili. Gesù torna,
insomma, in Galilea: Galilea nella nostra lingua traduce il greco Katakyliste. Perché prima
dell`avvento del Salvatore non vi era in quella regione niente di elevato, ma, anzi, ogni cosa
precipitava in basso: dilagava la lussuria, l`abiezione, l`impudicizia e gli uomini erano preda dei
vizi e dei piaceri bestiali.
"Predicando la buona novella del regno di Dio" (Mc 1,14). Per quanto io mi ricordo, non ho
mai sentito parlare del regno dei cieli nella legge, nei profeti, nei salmi, ma soltanto nel Vangelo. E`
infatti dopo l`avvento di colui che ha detto: "E il regno di Dio è tra voi" (Lc 17,21), che il regno di
Dio è aperto per noi. Gesù venne dunque predicando la buona novella del regno di Dio. "Dai giorni
di Giovanni Battista il regno dei cieli è oggetto di violenza, e i violenti se ne fanno padroni" (Mt
11,12): prima dell`avvento del Salvatore e prima della luce del Vangelo, prima che Cristo aprisse al
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ladrone la porta del paradiso, tutte le anime dei santi erano condotte all`inferno. Dice Giacobbe:
"Piangendo e gemendo discenderò all’inferno" (Gen 37,35). Chi non va all`inferno, se Abramo è
all`inferno? (cf. Lc 16,22). Nella legge, Abramo è condotto all`inferno: nel Vangelo, il ladrone va in
paradiso. Noi non disprezziamo Abramo, nel cui seno tutti desidereremmo riposare: ma ad Abramo
preferiamo Cristo, alla legge preferiamo il Vangelo. Leggiamo che, dopo la risurrezione di Cristo,
molti santi apparvero nella città santa. Il nostro Signore e Salvatore ha predicato in terra e ha
predicato all`inferno: e quando è morto, è disceso all`inferno per liberare le anime che laggiù erano
prigioniere.
"Predicando la buona novella del regno di Dio e dicendo: E` compiuto" il tempo della
legge, viene il principio del Vangelo, "si avvicina il regno di Dio" (Mc 1,14-15). Non disse: è già
venuto il regno di Dio; ma disse che il regno si avvicinava. E cioè: Prima che io soffra la passione,
prima che io versi il mio sangue, non si aprirà il regno di Dio; per questo, esso ora si avvicina, ma
non è qui perché ancora non ho sofferto la passione.
"Pentitevi e credete alla buona novella" (Mc 1,15): non credete più alla legge, ma al
Vangelo, o, meglio, credete al Vangelo per mezzo della legge, così come sta scritto: "Dalla fede
alla fede" (Rm 1,17). La fede nella legge rafforza la fede nel Vangelo. (Girolamo, Comment. in
Marc., 1-2)
La malizia non deriva dalla natura, ma dalla volontà
"E non lasciarci cadere in tentazione, ma liberaci dal male" (Mt 6,13). "Perché tuo è il
regno, la potenza, e la gloria per i secoli dei secoli. Amen. Qui Gesù ci fa comprendere chiaramente
la nostra bassezza e reprime la nostra presunzione, insegnandoci che se non dobbiamo fuggire i
combattimenti, non dobbiamo tuttavia gettarci da noi stessi in preda alle tentazioni. Sarà così per
noi piú splendida la vittoria e per il diavolo più vergognosa la sconfitta. Quando siamo trascinati
alla lotta, dobbiamo resistere con tutta la nostra fermezza e con tutto il nostro vigore; ma quando
non siamo chiamati alla battaglia, dobbiamo tenerci in riposo, attendere il momento dello scontro,
mostrando insieme umiltà e coraggio. Dicendo «liberaci dal male», intende: liberaci dal diavolo: ad
un tempo, ci spinge a combattere contro lo spirito del male una guerra senza tregua, e dimostra che
nessuno è malvagio per natura. La malizia non deriva dalla natura, ma dalla volontà. Chiama il
diavolo «il male», a causa della sua grande malizia: egli infatti, senza aver ricevuto da noi la
minima ingiuria, ci fa una guerra senza quartiere; ebbene, il Signore ci invita a pregare, non dicendo
liberaci dai malvagi, ma «liberaci dal male», per farci intendere che non dobbiamo nutrire del
malanimo verso il prossimo anche quando costui ci fa del male, ma dobbiamo rivolgere il nostro
odio verso il diavolo, quale causa di tutti i mali. Dopo averci preparato al combattimento,
ricordandoci la presenza di questo temibile nemico e aver eliminato in noi ogni pigrizia, toma a
incoraggiarci e risolleva il nostro spirito, mostrando chi è il re che comanda e facendoci intendere
che egli è più potente di tutti: «Perché tuo è il regno, la potenza, la gloria». Se il regno appartiene a
Dio, non dobbiamo avere nessun timore, poiché nessuno sarà mai capace di resistergli, nessuno
potrà mai togliergli il supremo potere. Quando dice «tuo è il regno», ci fa capire che anche il
nemico che ci aggredisce è sottoposto a Dio e, se ci fa la guerra, è perché Dio lo permette. Egli
infatti è uno dei suoi servi, anche se di quelli malvagi e reprobi, e non potrebbe aggredire nessun
uomo, se non ne avesse ricevuto prima il permesso da Dio. Quand`anche voi foste mille volte più
deboli di quanto siete, sarebbe giusto aver piena fiducia, in quanto avete un re tanto potente, un re
che può fare facilmente per voi tutto quanto vuole. (Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 19,
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Che cosa rivelano le tentazioni di Gesù nel deserto?
Le tentazioni di Gesù nel deserto ricapitolano quella di Adamo nel paradiso e quelle
d'Israele nel deserto. Satana tenta Gesù nella sua obbedienza alla missione affidatagli dal Padre.
Cristo, nuovo Adamo, resiste e la sua vittoria annuncia quella della sua passione, suprema
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obbedienza del suo amore filiale. La Chiesa si unisce a questo Mistero in particolare nel tempo
liturgico della Quaresima.(Compendio Catechismo Chiesa Cattolica, 106)
Oggi è la prima domenica di Quaresima, e il Vangelo, con lo stile sobrio e conciso di san
Marco, ci introduce nel clima di questo tempo liturgico: "Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel
deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana" (Mc 1,12). In Terra Santa, ad ovest del fiume
Giordano e dell’oasi di Gerico, si trova il deserto di Giuda, che per valli pietrose, superando un
dislivello di circa mille metri, sale fino a Gerusalemme. Dopo aver ricevuto il battesimo da
Giovanni, Gesù si addentrò in quella solitudine condotto dallo stesso Spirito Santo, che si era posato
su di Lui consacrandolo e rivelandolo quale Figlio di Dio. Nel deserto, luogo della prova, come
mostra l’esperienza del popolo d’Israele, appare con viva drammaticità la realtà della kenosi, dello
svuotamento di Cristo, che si è spogliato della forma di Dio (cfr Fil 2,6-7). Lui, che non ha peccato
e non può peccare, si sottomette alla prova e perciò può compatire la nostra infermità (cfr Eb 4,15).
Si lascia tentare da Satana, l’avversario, che fin dal principio si è opposto al disegno salvifico di Dio
in favore degli uomini.
Quasi di sfuggita, nella brevità del racconto, di fronte a questa figura oscura e tenebrosa che
osa tentare il Signore, appaiono gli angeli, figure luminose e misteriose. Gli angeli, dice il Vangelo,
"servivano" Gesù (Mc 1,13); essi sono il contrappunto di Satana. "Angelo" vuol dire "inviato". In
tutto l’Antico Testamento troviamo queste figure, che nel nome di Dio aiutano e guidano gli
uomini. Basta ricordare il Libro di Tobia, in cui compare la figura dell’angelo Raffaele, che assiste
il protagonista in tante vicissitudini. La presenza rassicurante dell’angelo del Signore accompagna il
popolo d’Israele in tutte le sue vicende buone e cattive. Alle soglie del Nuovo Testamento, Gabriele
è inviato ad annunciare a Zaccaria e a Maria i lieti eventi che sono all’inizio della nostra salvezza; e
un angelo, del quale non si dice il nome, avverte Giuseppe, orientandolo in quel momento di
incertezza. Un coro di angeli reca ai pastori la buona notizia della nascita del Salvatore; come pure
saranno degli angeli ad annunciare alle donne la notizia gioiosa della sua risurrezione. Alla fine dei
tempi, gli angeli accompagneranno Gesù nella sua venuta nella gloria (cfr Mt 25,31). Gli angeli
servono Gesù, che è certamente superiore ad essi, e questa sua dignità viene qui, nel Vangelo,
proclamata in modo chiaro, seppure discreto. Infatti anche nella situazione di estrema povertà e
umiltà, quando è tentato da Satana, Egli rimane il Figlio di Dio, il Messia, il Signore.
Cari fratelli e sorelle, toglieremmo una parte notevole del Vangelo, se lasciassimo da parte
questi esseri inviati da Dio, i quali annunciano la sua presenza fra di noi e ne sono un segno.
Invochiamoli spesso, perché ci sostengano nell’impegno di seguire Gesù fino a identificarci con
Lui. (Papa Benedetto XVI, Angelus 1 marzo 2009)
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