RIONE PARIONE NOME Parione viene dal latino paries ("muro") col significato di "muraglione": si riferisce ad un antico frammento facente probabilmente parte del recinto dello stadio di Domiziano, che sorgeva in questo punto. Nel Medioevo questa era l'ottava regione, chiamata Regio Parionis et Sancti Laurentii in Damaso dall'anzidetto muro e dalla chiesa di San Lorenzo in Damaso, fondata nel IV secolo, che ora si trova accanto al Palazzo della Cancelleria (che è uno dei luoghi notabili del rione). STEMMA A rampant gryphon in some versions, a standing gryphon lifting its right front leg in others. CONFINI Corso del Rinascimento; piazza delle Cinque Lune; piazza Sant'Apollinare; piazza di Tor Sanguigna; via di Tor Sanguigna; via di Santa Maria dell'Anima; via di Tor Millina; via della Pace; piazza del Fico; via del Corallo; via del Governo Vecchio; piazza dell'Orologio; via dei Filippini; vicolo Cellini; via dei Banchi Vecchi; via del Pellegrino; via dei Cappellari; Campo de' Fiori; via dei Giubbonari; via dei Chiavari. ELEMENTI DI INTERESSE (i numeri neri fra parentesi quadre nel testo si riferiscono alla pianta qui a destra) Il luogo più importante di questo piccolo rione è certamente piazza Navona, una delle più ampie piazze (copre quasi ¼ dell'intera superficie di Parione) e uno dei luoghi più belli di Roma. 1 via dei Cappellari resti dello stadio di Domiziano Sorge sull'antico sito del Circo (o Stadio) di Domiziano: la sua forma ovale, lunga e regolare, praticamente corrisponde all'arena del vecchio impianto, formando ancora oggi una curva alla sua estremità settentrionale mentre quella meridionale è diritta. In epoca anticoromana in questo circo si svolgevano i giochi detti agonali (ludi agonales), da cui il toponimo in Agone che gli fu dato nel corso dei secoli. Sebbene nel medioevo il circo non esistesse più, l'ampia area ovale era ancora detta platea in Agonis, cioè piazza agonale (o in Agone). Quando sulle antiche fondazioni lungo il perimetro dell'arena furono edificate delle case e la chiesa di San Giacomo degli Spagnoli (l'attuale Nostra Signora del Sacro Cuore), questa divenne una piazza. Forse a causa del suo aspetto, il nome ne fu corrotto in Navone (cioè "grossa nave") per poi infine prendere la sua forma definitiva, piazza Navona. Sul retro di uno degli edifici che circondano la piazza lungo il margine settentrionale, diversi metri al di sotto del livello stradale attuale, si vedono i resti di uno degli ingressi del vecchio stadio. L'altra immagine mostra un piastro dello stadio scoperto nel 1933 lungo la breve via che dà accesso alla piazza lungo il suo lato orientale. 2 Gli elementi più interessanti di piazza Navona sono le sue tre fontane , dette Fontana dei Fiumi, Fontana del Moro e Fontana del Nettuno, nonché la chiesa di Santa Maria in Agone. Le loro storie si intrecciano con quelle dei principali architetti barocchi di Roma, Bernini e Borromini. Vuole la tradizione che la chiesa sia sorta sul luogo dove Sant'Agnese, una giovane cristiana vissuta attorno all'anno 300, subì il martirio per la sua fede religiosa venendo condotta in un bordello situato nei sotterranei dello stadio di Domiziano, per poi essere legata ed esposta nuda agli astanti. Ma i suoi lunghi capelli prodigiosamente si sciolsero e ne coprirono le nudità, preservandone l'onore. Coloro che osarono toccarla furono colpiti da un'improvvisa cecità. Persino la catasta di legna su cui fu legata per essere arsa non volle saperne di prendere fuoco. Infine un soldato estrasse la spada e uccise la giovane. Nei sotterranei sotto la chiesa si conservano ancora qualche reperto dell'antico circo ed alcuni frammenti di affreschi medievali. Santa Maria in Agone Una chiesa meno appariscente ma molto più antica si trova sul lato opposto della piazza, quasi all'estremità meridionale. Il suo titolo attuale è Nostra Signora del Sacro Cuore, ma in origine si chiamava San Giacomo degli Spagnoli, essendo stata costruita per la prima volta nel XII secolo a spese della corona spagnola, per ricordare i martiri cristiani uccisi nel circo di Domiziano. Questo fu il primissimo edificio sorto nella piazza ancora di là da venire; infatti l'orientamento della chiesa aveva la facciata rivolta all'esterno della piazza. Poi, in occasione dell'anno giubilare 1450, un vescovo spagnolo fece ricostruire ed allargare la chiesa; in quegli anni le relazioni tra la Spagna e Roma erano particolarmente strette, anche considerando che due papi di quel tempo, cioè Callisto III (1455-58) e Alessandro VI (1492-1503), appartenevano alla famiglia spagnola de Borja (italianizzata in Borgia). l'aspetto primitivo di piazza Navona (Platea Agonis), in una pianta del 1593: San Giacomo degli Spagnoli, di cui si vede bene l'antica facciata, era l'unico edificio notevole rivolto al centro Proprio quest'ultimo pontefice fece ulteriormente allargare l'edificio e ribaltarne l'orientamento, per cui la sua nuova facciata fu eretta verso l'interno della piazza. Entro breve tempo San Giacomo fu dichiarato chiesa nazionale spagnola di Roma. Ma nel corso dei secoli successivi, non essendo stata adeguatamente curata, le condizioni dell'edificio si deteriorarono, al punto che all'inizio dell'800 gran parte degli arredi e delle tombe furono trasferiti in un'altra 3 chiesa spagnola, Santa Maria di Monserrato, situata nel rione Regola. Dopo essere stata temporaneamente sconsacrata e venduta, San Giacomo fu sottoposta a restauro e vi furono apportate delle modifiche; fu allora che il suo orientamento cambiò di nuovo (l'attuale ha l'altare dal lato della piazza, come in origine) così come pure il titolo, che divenne Nostra Signora del Sacro Cuore. Tra le testimonianze di maggior interesse, il timpano che sovrasta l'antico ingresso (1500 circa) è impreziosito da una coppia di begli angeli scolpiti da due artisti di rilievo della fine del '400, Paolo Taccone and Mino del Reame, ciascuno dei quali firmò la figura eseguita, quasi come se stessero sfidandosi in una competizione artistica. i due angeli sul timpano, firmati OPVS PAVLI ed OPVS MINI la cantoria del primo '500 Lo stemma che sostengono fu cancellato a colpi di scalpello, forse dai soldati napoleonici durante l'occupazione francese di Roma (1808-1814). All'interno, una cantoria rinascimentale scolpita nel marmo conserva ancora la sua vivace policromia. Un tempo piazza Navona aveva una pavimentazione concava; oggi è a malapena possibile distinguerne la pendenza, ma in passato era sufficientemente profonda da essere riempita d'acqua e allagata. A partire dal XVII secolo, questo divenne un passatempo estremamente popolare, che aveva luogo nei fine settimana durante il periodo estivo. Alle uscite della piazza venivano collocate delle paratie che impedivano all'acqua di tracimare all'esterno. In origine, le famiglie nobili del luogo vi tenevano delle battaglie navali, ovviamente per finta ma utilizzando delle vere imbarcazioni, così come usavano fare gli imperatori romani nelle antiche naumachiae (stadi navali). Quest'usanza proseguì fino alla seconda metà dell'800, sebbene a quei tempi fossero già cessate le battaglie, e il divertimento consisteva solo nell'attraversare la piazza allagata con le carrozze. 4 due modi di godersi piazza Navona (← a sin.) L'allagamento estivo in una foto del XIX secolo; (a destra →) le bancarelle natalizie, che comparvero nel XX secolo Una tradizione più recente si svolge in questa piazza a cavallo delle festività natalizie; vi si tiene infatti una popolarissima fiera con bancarelle che vendono decorazioni, giocattoli, dolciumi, ecc. Apre l'8 dicembre, giorno dell'Immacolata Concezione, e chiude il 6 gennaio, l'Epifania. Accanto all'estremità meridionale di piazza Navona si apre una piazzetta dove la più famosa delle "statue parlanti" di Roma, Pasquino [3] (cfr. Curiosità romane, pagina 2) è spesso ricoperta di cartelli satirici lasciativi nottetempo, un'antica tradizione che sembra essersi rinnovata negli ultimi anni. Invece sul lato occidentale di piazza Navona, presso un incrocio al confine col rione Ponte, sorge una torre del XV secolo contornata da una merlatura [4], originariamente appartenente alla famiglia Mellini, il cui nome è scritto a grandi lettere sul coronamento dell'edificio), da cui è derivato il nome leggermente corrotto di Tor Millina, che prendono tanto la stessa torre che la stretta strada che scorre alla base. Leggermente più avanti lungo il confine rionale si innalza un'altra torre di forma completamente differente, in stile barocco (1647): è la Torre dell'Orologio, che si affaccia sulla piazza omonima [5], alla cui sommità è un piccolo mosaico con la Madonna e il Bambino attribuito a Pietro da Cortona; orna un edificio disegnato dall'anzidetto architetto Francesco Borromini: l'Oratorio di San Filippo Neri, la cui facciata però guarda verso corso Vittorio Emanuele. Nell'angolo presso la base della torre si trova una graziosa madonnella di età coeva. La strada che le scorre dabbasso è via del Governo Vecchio: tra le sue numerose antiche case figura l'alto edificio al numero 123, Palazzo Turci [6], risalente al 1500 circa, anche detto impropriamente "Palazzo di Bramante". 5 Tor Millina Palazzo Turci la Chiesa Nuova con a sinistra l'Oratorio di San Filippo Neri Torre dell'Orologio La grande chiesa adiacente all'Oratorio è chiamata Santa Maria in Vallicella perchè sorge sopra una depressione naturale del suolo che in età antico-romana veniva creduta una degli ingressi agli inferi; tuttavia è più nota come la Chiesa Nuova. Nonostante il nome, fu eretta dal 1575 al 1600 c.ca, al posto di una più antica del '200. Era affidata alla congregazione fondata da San Filippo Neri, che vi fu infatti sepolto in una cappella coperta di splendidi marmi. La Chiesa Nuova è l'unica di Roma a vantare una pala d'altare di Pietro Paolo Rubens (che è anche l'unica opera del famoso pittore fiammingo non ospitata in una galleria). Anche un gran numero di altri famosi artisti dell'epoca, tra cui Pomarancio, Cavalier d'Arpino, Pietro da Cortona, Federico Barocci, Carlo Maratta, Alessandro Algardi, Guercino, ed altri, contribuirono a decorare questa chiesa, sebbene con opere minori, donandole un aspetto sfarzoso. Un altro punto interessante di Parione è Campo de' Fiori, il luogo animato di mattina da un popolare mercato. In origine questa era un'area dove a partire dal '400 si cominciarono a vendere erbe e fiori (donde il suo toponimo). Nei primi del '900 la vendita si estese anche alle derrate alimentari e ad altri generi di consumo. Invece nelle ore serali e notturne quest'ampia Campo de' Fiori piazza e i suoi dintorni la statua di Giordano sono frequentatissimi dai Bruno giovani. 6 Nell'età della Controriforma qui si tenevano le esecuzioni; nel centro della piazza, dove un tempo sorgeva la fontana oggi davanti all'anzidetto Oratorio di San Filippo Neri, si erge la scura sagoma di Giordano Bruno, il filosofo condannato dall'Inquisizione per eresia ad essere arso in questa piazza nell'anno 1600. Dal tardo XIX secolo, quando la statua fu realizzata, i liberi pensatori hanno eletto Campo de' Fiori come loro luogo simbolico di ritrovo. Nell'antichità, presso l'estremità meridionale di questa piazza sorgeva l'enorme Teatro di Pompeo (I secolo aC), il primo ad essere edificato in muratura (prima di allora i teatri erano costruiti in legno e dopo un po' venivano smontati), riccamente ornato da statue, affreschi e rivestito da marmi preziosi. Il muro che circondava la platea seguiva l'attuale via di Grotta Pinta [8], dove gli edifici sono allineati seguendo una curva, corrispondente a quella dell'antica struttura. dettaglio di Palazzo Pio (XVII secolo) Uno stretto passaggio pubblico attraversa a tutto spessore una di queste costruzioni: è Palazzo Pio (XVII secolo), la cui facciata (illustrazione in alto) è ancora parzialmente decorata da graziosi affreschi. largo dei Librari, con in fondo la chiesa di Santa Barbara 7 Sempre sulle rovine del Teatro di Pompeo sorge la piccola chiesa di Santa Barbara, che chiude Largo dei Librari [9], una piazzetta di forma triangolare situata a metà di via dei Giubbonari, nell'estrema punta meridionale del rione, corrispondente al retro della suddetta via di Grotta Pinta. Alla sua destra si trova un popolarissimo locale che è lì da oltre mezzo secolo e vende baccalà fritto: verso ora di cena la piazzetta si popola di gente di ogni età, con in mano un croccante filetto di baccalà da sgranocchiare. a sin.: il cortile di Palazzo della Cancelleria; a destra: gli edifici che con la loro forma curva ricordano la platea dell'antico teatro In una piazza adiacente a Campo de' Fiori, presso la chiesa di San Lorenzo in Damaso, il candido Palazzo della Cancelleria [10] (fine XV secolo) è considerato un capolavoro architettonico del primo Rinascimento, costruito da Antonio da Montecavallo, ma forse con aggiunte di Donato Bramante. Il palazzo, commissionato dal cardinale Raffaele Riario, nipote dell'ormai scomparso papa Sisto IV, si dice essere stato pagato in parte con un'enorme somma di denaro (60.000 scudi, calcolabili in circa 500.000 euro attuali) che il titolare aveva vinto giocando a carte con Franceschetto Cybo, il nipote del pontefice di allora, Innocenzo VIII. Appena una ventina di anni dopo il palazzo fu confiscato ai Riario, colpevoli di aver complottato contro il papa Leone X, e divenne la cancelleria pontificia, ma nel corso del tempo fu anche sede della corte imperiale (come si legge sulla facciata) durante l'occupazione napoleonica (1809-1814), del Parlamento Romano (1848) e dell'assemblea costituente dell'effimera Repubblica Romana (1849). È tutt'ora sede della Cancelleria Apostolica, del Tribunale della Sacra Rota e della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, godendo del beneficio dell'extraterritorialità. Il palazzo è famoso per il suo ampio "Salone dei 100 Giorni" al primo piano, decorato da Giorgio Vasari attorno alla metà del '500 con episodi della vita di papa Paolo III, affreschi che l'autore si vantava di aver eseguito in appena cento giorni e che invece Michelangelo stroncò, commentando "si vede bene"! Lungo il vicino corso Vittorio Emanuele si incontrano anche altri edifici dello stesso periodo. Tra di essi è la Piccola Farnesina (Antonio Sangallo il Giovane 1523), così detta dai gigli in rilievo del marcapiano tra il primo e il secondo piano, ma che in realtà non si riferivano all'impresa araldica dei Farnese. Un'altra bella costruzione è Palazzo Massimo alle Colonne [11], di Baldassarre Peruzzi (c.1535), costruito sulle rovine di un precedente palazzo della famiglia Massimi, dove nel 1467 due tipografi tedeschi aprirono la prima tipografia della città. Distrutto questo edificio nel corso del sacco di Roma (1527), fu rimpiazzato da Palazzo Massimo. Il fatto di essere stato edificato sulle fondazioni dell'Odeon, un teatro antico-romano voluto 8 dall'imperatore Domiziano (fine I secolo dC), spiega la forma della sua facciata, modellata sul lato curvo dello scomparso teatro. Palazzo Massimo alle Colonne Il suo ingresso è coperto da un portico piccolo ma estremamente ricco, il cui soffitto è impreziosito da cassettoni finemente scolpiti. Palazzo Massimo alle Colonne è unito sul retro ad un altro edificio coevo chiamato Palazzo Massimo di Pirro (qui a destra), con cui forma un complesso. Quest'ultima costruzione deve il suo nome ad una statua di Marte trovata nei locali scavi, originariamente ritenuta una raffigurazione del re Pirro. La sua facciata una volta era coperta di affreschi di Daniele da Volterra, ora quasi completamente perduti. Chiude un lato di una minuscola piazza che prende il nome dai Massimi, dove nel 1950 fu eretta l'unica colonna superstite dell'anzidetto Odeon. Palazzo Massimo di Pirro e ← l'unica colonna rimasta dell'Odeon 9