Grazie ai fondi della legge Valtellina si è intervenuti su tre chiese di Albosaggia IL RESTAURO DI SANTA CATERINA Un'iniziativa forse irripetibile ha permesso di valorizzare e salvaguardare il prezioso patrimonio non solo religioso della parrocchiale, al cui interno si conservano pregevoli stucchi di maestri ticinesi e tele dei fratelli Recchi e dei Ligari. Numerosissimi in provincia ormai sono stati gli interventi di restauro realizzati sui beni monumentali ed architettonici grazie alle agevolazioni finanziarie ottenute con la legge speciale 102/90, la ben nota legge Valtellina. Tra questi, diversi sono di notevole importanza per la storia e la cultura locale e tali da permettere di risvegliare l'interesse di un turismo culturale finora poco sviluppato. Anche ad Albosaggia si è potuta condurre "un'iniziativa forse irripetibile" – scrive il prevosto don Francesco Abbiati – conducendo il contemporaneo restauro di tre delle più belle e caratteristiche chiese della parrocchia: la parrocchiale intitolata a Santa Caterina Vergine e Martire, quella dedicata a Sant'Antonio da Padova in località Motta e quella più verso il piano della Beata Vergine Annunciata ai Mosconi. La più importante, la più grande e la più ricca di storia e di arte è certamente la prima, ben visibile dal fondovalle e che si raggiunge risalendo la strada che porta ad Albosaggia Centro. Venne edificata in splendida posizione panoramica su un ampio terrapieno sorretto da robuste arcate nel luogo dove già sorgeva una chiesetta dedicata a Sant'Antonio del XII secolo e la prima pietra fu posta nel "1354 mercoledì 20 del mese di marzo, indizione VII", come si legge nel documento celebrativo. Le notizie storiche e artistiche si ritrovano nel fascicolo pubblicato due anni or sono a cura di Cecilia Paganoni con la collaborazione di Laura Meli Bassi e nelle note dell'architetto Stefano Tirinzoni, che si è occupato del recente restauro. Consacrata nel 1421, rimase legata alla Pieve di Sondrio fino al 1680, quando il vescovo Carlo Ciceri l'elevò a dignità di collegiata poi fatta confermare dalla Santa Sede nell'anno 1752. Il XVII secolo, momento di grande fervore religioso e artistico per tutta la valle, vide l'ampliamento della chiesa grazie all'opera di maestranze ticinesi. Oggi si presenta al visitatore con un'unica navata e sei cappelle laterali, tre per parte, e conserva tele dipinte dai fratelli Gian Battista e Paolo Recchi: nella seconda cappella a sinistra San Carlo in orazione dinanzi al feretro di Cristo (gli stucchi sono dei ticinesi Alessandro Casella e Bernardo Bianchi) e nella terza a destra il Martirio di San Sebastiano. Nel ‘700 vi lavorarono anche i Ligari: del padre Pietro sono gli affreschi sulle pareti (Profeti) e sulla volta (Assunzione di Maria e Santi) della seconda cappella di destra, mentre nella prima è la tela del figlio Cesare che raffigura la Morte di San Giuseppe. La tela di Pietro Ligari con San Ciriaco in adorazione del SS. Sacramento si conserva nell'attiguo oratorio. Bellissimo il crocifisso ligneo ora ricollocato nel luogo originario – chiaramente indicato dalla scritta affrescata "Filio suo non pepercit" (Non risparmiò suo Figlio) – al sommo dell'arcone del presbiterio tra il Padre e lo Spirito Santo effigiati in stucco dagli stessi Casella e Bianchi. La torre campanaria, a base quadrata ed alta 25 metri, sorge dietro l'oratorio di San Ciriaco; oggi appare come fu riedificata nel rifacimento a metà dell'800, mentre quando fu eretta nel 1610 si trovava a metà della facciata a settentrione ed era più stretta e più bassa. L'attuale restauro ha avuto carattere conservativo ed ha cercato di riportare dovunque possibile la situazione originaria. Si sono realizzati il consolidamento statico della muratura e delle arcate in pietrame a sostegno del terrapieno, la nuova pavimentazione del piazzale antistante, il drenaggio dell'umidità di risalita sui muri della chiesa e la messa a norma dell'intero impianto elettrico. Sulla facciata ovest è stata rifatta l'intelaiatura della trifora, ovunque le porte sono state restaurate e riportate a legno a vista, mentre all'interno sono stati rifatti gli intonaci, restaurati gli affreschi e gli stucchi con ritocchi pittorici. In futuro si spera di poter rimuovere il pavimento in marmette della navata, del presbiterio e dei cori per riproporne la forma originale in beola, demolita alla fine degli anni ‘40. Ora, ultimati i lavori, l'intero complesso, comprendente anche la sovrastante casa parrocchiale (edificata tra fine ‘500 e prima metà del ‘600 e restaurata già alcuni anni fa), ha riacquistato tutta la bellezza ed l'armonia delle sue linee architettoniche. Resta il corpo estraneo dell'edificio sulla destra della chiesa, appena a lato della strada, ricostruito senza particolare attenzione estetica nel secondo dopoguerra, ma utile alla parrocchia per l'ampio salone a piano terra e l'appartamento al primo piano. Pierangelo Melgara