S. Giordano, Disimparare l’ arte. Manuale di antididattica Il Mulino Non credo esista nulla di più difficile dell’ educazione al senso critico, della trasmissione di strumenti – interpretativi, logici, razionali – che consentano a ciascuno di valutare secondo criteri autonomi il valore di una persona, di un evento, di un’ opera d’ arte. Il libro di Serena Giordano si prefigge uno scopo apparentemente irraggiungibile, intraprendendo un percorso decisamente controcorrente, adottando strumenti di battaglia logici per delegittimare un sistema educativo che rischia di essere “ celebrativo” e “ banalizzante” . Nel primo capitolo, Quello che i bambini sanno (pp. 21-60) viene efficacemente messo in luce come i percorsi previsti dal piano didattico italiano siano in realtà orientati a trasmettere una sintassi dell’ interpretazione, anziché gli strumenti interpretativi, fornendo categorie predefinite, educando ad un’ arte intesa come composizione di moduli, anziché come risultato di ricerca e di sperimentazione. L’ esito non potrà che essere dunque una didattica dell’ arte incapace di porsi come sistema fluido di percezione e di interpretazione, bensì una prospettiva imposta, tramite l’ applicazione a posteriori di categorie ad un’ opera, ad una manifestazione artistica, la cui forma, inevitabilmente, sarà snaturata dalla rigidità delle categorie dell’ interprete. Ecco dunque che l’ educazione artistica diverrà un processo di traduzione, di adattamento ad un sistema di pensiero estraneo all’ opera, e ogni tentativo di comunicazione – evidente o sotterraneo – da parte dell’ artista, finirà per essere modificato e rifunzionalizzato in relazione al contesto. I cambiamenti del pensiero, del sentimento religioso, della morale, dell’ etica pubblica, delle realtà sociali, saranno facilmente liquidati, come se la storia dell’ arte fosse priva, appunto, di una storia, come se il tempo non avesse importanza. Non si insegnerà a rapportarsi all’ arte, ma ad etichettarla, a ricondurla a nomi, date, correnti artistiche – che in molti casi sarebbero state rigettate dagli stessi artisti – e a trasformare in un sistema statico, regolarizzato, una realtà dinamica come la manifestazione artistica. L’ Autrice fa riferimento all’ intento celebrativo e banalizzante del sistema educativo, in relazione all’ arte, in tutte le sue forme, mettendo in evidenza il modo in cui l’ educazione artistica, così come l’ educazione alla lettura, o la stessa concezione che sta alla base del piano editoriale di un sussidiario, siano definite attraverso forme pregiudiziali, stabilendo, in pratica, un indice, prima ancora della composizione dell’ opera. In questo modo l’ educazione che ne risulta è forzatamente orientata, dotata di un senso ben preciso, di un’ utilità, di un’ importanza, di un’ idea di bellezza. Il volume ha il grande merito di problematizzare un dominio solitamente ridotto alla discutibile aridità di un programma scolastico, rievocando la centralità della commistione tra prospettive disciplinari differenti, rimescolando le carte, riportando alla luce la fecondità di un sistema educativo fluido, decategorizzato, che nella tradizione italiana può vantare nomi spesso sottovalutati. Gianni Rodari (nel suo Grammatica della fantasia), Bruno Munari (nel suo Fantasia), così come mille altri nomi meno noti allo scenario della cosiddetta editoria “ per l’ infanzia” hanno tracciato percorsi che attraversano le teorie della percezione, l’ epistemologia, la fenomenologia, l’ iconologia, l’ antropologia visuale e la sociologia della comunicazione. Sebbene le parole rievochino scenari più complessi del necessario, si tratta semplicemente di ricondurre l’ educazione all’ arte ad una condizione di rigetto delle categorie predefinite. Se educare all’ arte significa trasmettere stilemi di pensiero predefiniti, il libro di Serena Giordano ha il grande merito di far comprendere, senza inutili diplomazie, quanto sia controverso l’ atto di educare, e quanto, invece, sia importante insegnare a educare se stessi. Non – o non solo – attraverso i libri, ma attraverso l’ esperienza, il contatto con l’ arte, il rapporto diretto con l’ arte. Se l’ esperienza artistica e l’ esperienza dell’ arte riguardano l’ intimità dell’ individuo, a cosa può giovare il possesso di categorie superficiali? In questo senso “ disimparare” è l’ unico vero modo per lasciare da parte la freddezza cerebrale nei confronti dell’ arte ed imparare a viverla. Torna alla Bibliografia » Copyright © 2017 ReteSicomoro