INCONTRO COMMISSIONE REGIONALE LAZIO, DIRETTORI IRC Albano, 10 maggio 2012 Albano Laziale (Arbano in dialetto albanense) è un comune italiano di 40.516 abitanti della provincia di Roma nel Lazio. È uno dei comuni più importanti dei Castelli Romani, e il centro commercialmente suburbicaria fin dal V più animato. secolo, storico Sede vescovile principato della famiglia Savelli e dal 1699 al 1798 possesso inalienabile della Santa Sede, ospita tra le altre cose, la sezione distaccata del tribunale circondariale di Velletri. Il territorio di Albano è in parte incluso nel Parco regionale dei Castelli Romani. Popolose sono le frazioni di Cecchina e Pavona. La scrofa raffigurata nello stemma comunale rappresenta la città madre di Albalonga che allatta le trenta città della Lega Latina, raffigurate dai porcellini, posti sotto un'antica quercia ai bordi del lago e del Monte Albano, dove Giove Laziale aveva la sua sede e il suo tempio massimo. I colori cittadini sono il giallo ed il rosso: questi sono infatti sia i colori della città di Roma, legata ad Albano da un simbolico vincolo filiale, sia i colori della famiglia Savelli, feudataria di Albano dal XIII secolo al 1699. Il giallo ed il rosso sono anche i colori che appaiono nello stemma della Diocesi suburbicaria di Albano. La località che corrisponde all'attuale cittadina di Albano Laziale, come dimostrato da alcune evidenze scoperte (Montagnano, Colle Cappuccino, nei pressi dell'omonimo lago), fu frequentata già in tempi antichissimi. Intorno all'VIII secolo a.C. iniziarono a stabilirvisi diversi nuclei più organizzati e, fra l'altro, furono creati un villaggio principale che è ricordato come Albalonga, un luogo di culto (Mons Albanus) e la sede politica (Lucus Ferentinae) che interessavano i diversi centri latini della zona. Dopo i conflitti dell'epoca e la penetrazione dei romani, furono costruite diverse ville patrizie che successivamente furono facilmente inglobate nella grandissima villa dell'imperatore Domiziano. La concreta storia della cittadina di Albano iniziò tuttavia nel 202 d.C. quando l'imperatore romano Settimio Severo decise di stabilire in loco la II Legione Parthica che precedentemente era stata costituita per combattere i Parti ai confini orientali dell'impero. Questi legionari che avevano alcuni privilegi rispetto ad altri soldati furono autorizzati a sistemarsi con le loro famiglie e pertanto l'insediamento fu complessivamente notevole. Del "castrum" restano diverse evidenze e quelle più interessanti sono i Cisternoni, la Porta Pretoria e le Terme di Cellomaio. Quest'ultime, edificate per ordine dell'imperatore Caracalla, furono nei secoli inglobate in costruzioni successive ed alcune parti sono anche distinguibili sia osservando le diverse facciate della chiesa di San Pietro sia visitando il museo della Legio Parthica. Le evidenze archeologiche del periodo romano sono comunque anche altre (resti della villa di Gneo Pompeo Magno, Anfiteatro, ruderi della villa ai Cavallacci, diversi interessanti sepolcri). Ai tempi del primo Cristianesimo risalgono comunque le catacombe di San Senatore ed il riutilizzo (Santa Maria della Rotonda) di un ninfeo della citata villa di Domiziano. Alle catacombe di Albano furono probabilmente coinvolti anche dei legionari che si interessarono al Cristianesimo a cavallo fra i secoli III e IV. Vi erano sepolti diversi martiri ma le frequentazioni del luogo divennero abbastanza rare già nel VI secolo. Successivamente le stesse catacombe interessarono religiosi di rito greco-orientale ed a questi risalgono alcuni affreschi medievali. Abbandonate e dimenticate per alcuni secoli, le catacombe di San Senatore furono sostanzialmente riscoperte nel 1571. Anche il Ninfeo, trasformato nella chiesa di Santa Maria della Rotonda, nel medioevo fu utilizzato come convento da religiosi di rito bizantino e da questi deriverebbe il mosaico dedicato alla Madonna. La consacrazione in chiesa fu comunque successiva (nel 1060). Nella precedente epoca dei Castra Albana il ninfeo ebbe destinazione probabilmente pagana e poco dopo Costantino il grande s’interessò ad altri luoghi di culto nella stessa Albano. L’Accampamento della II Legione Partica L'accampamento della II Legione Partica Severiana (Castra Albana) fu realizzato per volontà dell’imperatore Settimio Severo intorno al 202 d.C. per stanziare ad Albano una legione a lui fedelissima che aveva combattuto contro i Parti in Mesopotamia. Edificato sulla sinistra della via Appia presso il XV miglio, l’accampamento di grandi dimensioni era progettato per contenere circa 6.000 uomini arruolati nella II Legione Partica e costituenti il corpo dei soldati scelti dell’imperatore (Comitatus). La pianta dell’accampamento, pressoché rettangolare, aveva i lati che misuravano rispettivamente 435 e 232 metri, con una superficie di 10 ettari. I Castra erano fortificati da un possente muro di cinta in opera quadrata, in peperino o pietra albana, merlato alla sommità; le torri circolari agli angoli e quadrangolari lungo i lati lunghi completavano l’opera di difesa. La viabilità era costituita da una strada principale (Cardo), due vie ortogonali a questa (Decumani) ed una via esterna (Circumductio). Di tali opere sono ancora visibili lunghi tratti di mura, alcune torri, imponenti resti monumentali di edifici, le principali porte di accesso, Porta Petronia sulla via Appia e la Porta Principale sinistra sulla circumductio esterna, alcuni tratti di strada basolata e di opere di urbanizzazione nonché resti di edifici adibiti ad abitazioni e a magazzini. Attorno all'accampamento ben presto si sviluppò un abitato, costituito soprattutto dalle famiglie dei legionari. Una fiorente attività commerciale, facilitata anche dalla vicinanza della via Appia, fece ravvivare le numerose ed estese villae rusticae, fattorie tardorepubblicane, e la realizzazione di una serie di strutture pubbliche, come le grandi terme e l'anfiteatro, furono gli elementi di richiamo per tutte le piccole città di origine latina circostanti. Intorno alla metà del III secolo i legionari abbandonarono definitivamente i Castra Albana per far ritorno in Siria, loro luogo d’origine, ma la presenza di un'importante e crescente comunità cristiana trasformerà le strutture dell'accampamento in una città, dando luogo nel IV secolo alla Civitas Albana. L’Anfiteatro Severiano L’anfiteatro si trova posizionato oltre il lato Nord-Est dell’accampamento della II Legione Partica. Fu edificato nelle prime decadi del III secolo d.C. dalle stesse maestranze della Legione Albana. La costruzione, di notevole dimensione, presenta una forma pressoché ellittica e fu realizzata in gran parte direttamente nel banco roccioso e per la parte restante utilizzando differenti tecniche murarie. Una trentina di fornici, irregolari tra loro per forma, dimensione e tecnica costruttiva, sostenevano i due piani e il loggiato superiore. Una terrazza costruttiva, lunga circa 60 metri e alta 7 assicurava stabilità all’edificio e contemporaneamente costituiva una larga piattaforma, di circa 23 metri, utilizzata per la sosta e il movimento di persone e carriaggi. L’intera costruzione raggiungeva un’altezza complessiva di circa 22 metri. In corrispondenza dell’asse maggiore di 113 metri, erano posti i due ingressi trionfali, i vomitoria, che conducevano all’arena di 67 X 45 metri, in parte scavata nella roccia e ricoperta da uno spesso strato di cocciopisto. Sotto l’arena un cunicolo, oltre che raccogliere le acque, tramite un montacarichi permetteva l’ingresso alle belve. Dell'originario edificio rimangono il primo piano sostenuto da una trentina di fornici, parte degli ingressi trionfali e l'intera cavea. L’anfiteatro albano, grazie alle sue dimensioni e quindi alla possibilità di contenere circa 16.000 persone, era il più grande del Lazio. Qui si svolgevano gli spettacoli dei gladiatori e pare anche le naumachie. Nel medioevo divenne cava di materiali da costruzione e intorno all’XI secolo cimitero cristiano e luogo di culto. Di questa fase rimangono due oratori, uno ricavato nel III fornice e uno scavato completamente nella roccia sul lato sinistro del parapetto della cavea, all'altezza dell'arena e dei loculi per sepolture. Gli scavi dell’anfiteatro avvennero solo nel 1912 grazie a Giacomo Mancini e nel 1914 Giuseppe Lugli eseguì lo studio più completo ancora valido. Nel 2000 il Comune di Albano, con l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologica per il Lazio, ha effettuato nuovi restauri e scavi del monumento riportando alla luce alcune strutture e deposizioni funerarie attribuibili ad una utilizzazione più tarda. I Cisternoni L’imponente cisterna fu fatta costruire dall’imperatore Settimio Severo per rifornire l’acqua dell'accampamento e le abitazioni che gravavano intorno ad esso e può senza dubbio considerarsi uno tra i più spettacolari monumenti di Albano e del mondo romano. Ancora oggi funziona perfettamente, alimentata da condotte anch’esse romane che captano le acque dalle sorgenti poste lungo i fianchi del cratere vulcanico del lago Albano e può immagazzinare più di 10.000 m³ di acqua. La cisterna, databile intorno agli ultimi anni del II o ai primi del III secolo d.C, fu progettata dagli architetti della legione, i praefecti fabrum, e fu inizialmente realizzata dai legionari stessi scavando direttamente il banco roccioso per la profondità di 3 o 4 metri. Furono successivamente innalzati 36 pilastri in muratura, che suddividevano l’ambiente in 5 grosse navate in senso longitudinale e sorreggevano la volta a botte, mentre le pareti della cisterna furono realizzate con una tecnica mista. La collocazione nella parte più alta dell’accampamento consentiva una facile distribuzione delle acque negli edifici per caduta naturale. L’alimentazione della cisterna era assicurata da due acquedotti provenienti dalle sorgenti poste all’interno del cratere del lago di Albano. La pianta è pressoché rettangolare, con i lati lunghi di 47,90 e 45,50 metri e quelli corti di 29,62 e 31,90 metri. L’areazione dell’edificio era assicurata da alcuni lucernari posti nelle volte, da quattro finestre poste sui lati lunghi e oggi richiuse, e sul fronte da cinque grandi finestroni ad arco. L’accesso attuale è rimasto come in antico, attraverso il primo finestrone di sinistra dove parte una scalinata di 31 gradini. Il frontone doveva essere sicuramente ornato da intonaci, elementi architettonici e statue. Nel 1884 il comune di Albano provvide a ripulirla e a riattivarla assieme agli antichi acquedotti, per riutilizzarla come conserva d’acqua potabile fino al 1912, quando venne utilizzata solo per l’irrigazione dei parchi e dei giardini comunali. La chiesa di s. Pietro La chiesa di San Pietro Apostolo fu eretta nel VI secolo da Papa Ormisda, tra il 514 e il 523 sui resti delle antiche terme romane costruite dall'imperatore Caracalla e, nel corso dei secoli, subì diversi restauri, il più importante dei quali fu eseguito nel XII secolo. Il portale d'ingresso è posto sul lato destro della chiesa che riusa come stipiti di porta due frammenti di trabeazione romana. Cinque finestre strette in stile romanico, centinate e ogivali, completano la facciata principale. Sul lato sinistro sono visibili possenti arcate della costruzione romana e un piccolo portale secondario. Sui lati corti sono posti due ingressi, di cui quello usato in epoca rinascimentale murato all'interno. L'imponente copertura è a capanna, con capriate lignee a vista. Il campanile romanico, a pianta quadrata, addossato alla chiesa, è stato costruito nel XII secolo. È composto di sei piani di cui due senza ornamenti sormontati da altri quattro divisi da una triplice cornice con finestre sulle quattro facciate. Nel terzo e nel quarto piano le finestre sono binate con arco a tutto sesto, mentre nel quinto e sesto sono bifore. La chiesa è un mirabile esempio dell'architettura medievale di Albano che riutilizzava non solo i tracciati perimetrali del Castrum Severiano ma anche materiali e frammenti architettonici delle antichità romane non ancora sentite come "rovine" da preservare. A testimonianza della sua millenaria storia, l'interno della chiesa conserva opere d'arte di epoca romana, medievale e rinascimentale. Nel 1440 diventò di proprietà della famiglia Savelli della quale, ancora oggi, sono visibili le tombe principesche un tempo ospitate in una cappella andata distrutta. All’interno, marmi di età Severiana sono stati riutilizzati per la realizzazione di altari, balaustre e trabeazioni, come nel caso del recinto del presbiterio formato da lunghi fregi marmorei finemente decorati o dell'altare sulla parete sinistra, ricavato da un sarcofago del III secolo. Sulla destra si trovano alcuni affreschi del XIII secolo insieme ad una “Sacra Conversazione” di Gherardo delle Notti, mentre un affresco bizantino di piccole dimensioni raffigurante “la Vergine del Segno”, è conservato in una nicchia. Interessante è inoltre la pala d’altare del XVI secolo con “la consegna delle chiavi a San Pietro”. Le Terme di Caracalla dette di Cellomaio Questo imponente complesso edilizio era già noto in antico come palazzo del mitico re Ascanio, figlio di Enea e fondatore di Albalonga. Fu Papa Pio II a riconoscerne per primo la reale funzione di edificio termale. Il nome di Cellomaio è una probabile corruzione di Cella Maior. Le terme si ergono ancora oggi ad un livello più basso del lato occidentale dei Castra Albana. Realizzato in opera cementizia rivestita da un'elegante cortina laterizia rossastra, fu fatto costruire dall’imperatore Antonino Caracalla, probabilmente per aggraziarsi i legionari Albani in rivolta dopo l'uccisione del fratello Geta al quale, al pari di lui, la legione aveva giurato fedeltà. La pianta del complesso è quadrangolare con torri-contrafforti negli spigoli. L'alzato era costituito da tre piani di cui quello inferiore con funzione di costruzione e adibito ad ambiente di servizio, mentre gli altri due piani si articolavano in grandi aule ariose e vaste, pavimentate con marmo e mosaico e provviste di grandi finestroni sormontati da arcate. Qui si svolgevano tutte le funzioni proprie delle terme romane, calidarium, frigidarium, palestra e attività varie. L'antico edificio, trasformato nel medioevo in roccaforte e successivamente occupato da civili abitazioni, oggi può ammirarsi quasi nella sua totalità. Le catacombe di S. Senatore Sono ubicate lungo la Via Appia Antica al XV miglio da Roma sul luogo in cui preesisteva una cava di pozzolana di epoca romana. Sono situate sotto la chiesa di S. Maria della Stella, di origine cinquecentesca, annessa al convento dei Carmelitani, a pochi passi dal sepolcro degli Orazi e Curiazi con all'interno il sepolcro di Maria Teresa d'Austria, regina della Due Sicilie. Le vaste catacombe, forse risalenti al sec. III e valutate tra i maggiori cimiteri suburbani noti, conservano nella cripta centrale pitture dei sec. V e IX. La riutilizzazione della cava come cimitero cristiano avvenne tra la fine del III e gli inizi del IV sec. d.C. La fama che godettero queste catacombe fin dal tardo antico era dovuta alla presenza dei corpi di santi e martiri come ricorda chiaramente il martirologio geronimiano. La catacomba Albana è la maggiore e la più importante tra quelle suburbicarie. Nella cripta centrale sono ben conservati vari affreschi tra i quali quello che raffigura San Senatore titolare della Catacomba (fine IV inizi V sec. d.C.), quello che raffigura Cristo tra i martiri albani e gli sponsores (fine V sec. d.C. inizi VI sec. d.C.) e quello di età medievale (XI-XII sec. d.C.) con il Cristo Pantacratore tra la Madre di Dio e San Smaragdo. Un altro interessante affresco è posto nell'abside della cripta minore. I reperti rinvenuti negli scavi sono esposti al Museo Civico Albano. Il santuario di S. Maria della Rotonda Il santuario diocesano di s. Maria della Rotonda (a ritonna in dialetto albanense) era in origine un ninfeo romano fatto costruire da Domiziano nella sua villa e costituisce un interessante precedente del Panteon di Roma. Nel III secolo venne trasformato in edificio termale da parte dei soldati della Legione Partica, stanziati ad Albano. Dopo la caduta dell’impero venne abbandonato e così rimase fino al IX secolo, quando vi si trasferirono alcune monache greche che, tra l’altro, vi portarono l’icona della Madonna qui conservata. La chiesa venne consacrata nel 1060 e durante i secoli vide il susseguirsi di numerosi restauri che nelle epoche fecero assumere all’edificio sembianze diverse. Nel 1938 fu eseguito un radicale lavoro di restauro che diede alla chiesa l’aspetto odierno il quale il quale altro non è che un recupero dell’originario splendore. Il santuario prende il nome dalla sua forma, appunto, pressappoco circolare. Inizialmente venne custodito da religiosi di rito bizantino, poi da suore agostiniane e successivamente da religiosi girolamini. Quindi, intorno al 1600 vi si volle insediare il seminario vescovile di Albano. Probabilmente, la festa della Madonna della Rotonda affonda le sue radici nel lontano XI secolo, all’incirca poco dopo che l’edificio divenne cristiano. La stessa Madonna della Rotonda è anche conosciuta come Madonna del Suffragio, dato il grande ricorso che il popolo di Albano fece in tempi di epidemie, colera, siccità terremoto e grandinate. La Madonna della Rotonda venne più volte incoronata in ringraziamento alla Sua intercessione e protezione del popolo. La cattedrale di S. Pancrazio martire La Cattedrale di Albano si fregia orgogliosamente del titolo di "Perinsigne Basilica Costantiniana" che le deriva da una concessione elargitale da Papa Pio IX. Questo prestigioso riconoscimento trae fondamento dalla tradizione storica della Basilica che ebbe origine nella comunità cristiana albana, nata dai Legionari Partici tra il II ed il III secolo d.C. L'attuale Cattedrale di San Pancrazio non va comunque identificata con quella Costantiniana intitolata a San Giovanni Battista, ma piuttosto con quella riedificata nello stesso luogo da Papa Leone III (795-815), dopo che un violento incendio distrusse completamente la precedente, voluta da Costantino in "Civitas Albana" nel IV secolo d.C. e fatta costruire fuori le mura dei "Castra Albana" tra la via, proveniente dall'antica Lavinium (oggi Pratica di Mare), incrociava la sottostante via Appia e conduceva al Tempio di Giove Laziale sul "Monte Albano" (oggi Monte Cavo). Sotto la Cattedrale, tra l'abside e il presbiterio, esiste una Cripta di epoca non precisata, lunga 13 m. e larga 10 ca., probabilmente fatta per accogliere le reliquie dei martiri albani traslocate dalle Catacombe di San Senatore durante le invasioni saracene. Le volte della Cripta sono a crociera con intonaco bianco; nella parte centrale poggiano su due file di colonne parallele, attualmente non tutte visibili a causa di murature ostruttive, riempimenti di terra e loculi tombali che la rendono quasi del tutto impraticabile. L'aspetto attuale della Cattedrale deriva dal consistente restauro portato a termine nel 1913 e ispirato allo stile rinascimentale, con vaste zone dorate, principale elemento decorativo dell'interno, dove sono custodite importanti opere pittoriche di Bernardino Gagliardi, di Aureliano Milani e Jasper de Crayer. Il campanile e la facciata della Basilica, che reca sulla sommità lo stemma del Cardinale Paolucci, Vescovo di Albano, sono dei primi anni del settecento. Quest'ultima si presenta oggi in marmo peperino, tripartita da lesene di ordine architettonico gigante, coronata al centro da un timpano con all'interno lo stemma del Cardinale. Al centro della facciata, una finestra cieca che ricorda la "loggia delle benedizioni" delle basiliche papali romane, è sormontata da un fregio raffigurante la palma del martirio di San Pancrazio. Gli interventi del 1913 durati per oltre cinquant'anni, conferirono all'interno uno stile tardobarocco con influenze tendenti al neoclassico. A pianta basilicale, l'ambiente è suddiviso in tre navate con ai lati sei cappelle laterali, all'interno delle quali sono conservati dipinti del XVII e XVIII secolo. Le primitive colonne della basilica di Leone III, ritrovate durante i restauri, furono messe in vista e incastonate all'interno dei pilastri, mentre alcuni capitelli ionici, sempre appartenenti al periodo medievale, sono conservati nella cripta posta al di sotto del presbiterio. Al centro dell'abside una "Gloria di San Pancrazio" attribuita a Pietro Gagliardi (1809- 1890) è affiancata ai lati da due tele novecentesche raffiguranti, rispettivamente, "l'apparizione a Costantino della Santa Croce" e il ritrovamento della Santa Croce da parte di Sant'Elena. Il secondo altare della navata sinistra contiene una "Vergine del Rosario" attribuita a Guido Reni. Nella cattedrale è inoltre conservato un pregiato sarcofago marmoreo di età paleocristiana con al centro la figura di un orante. Grazie per averci onorato della vostra presenza e … arrivederci ad Albano Gloria Conti, Sistilia Tozzi e la Consulta IRC della diocesi