Rete urbana ed economia dell'impero romano
Osserva le carte dell'Italia e dell'Impero romano e rispondi alle seguenti
domande.
1) Che tipo di vie di comunicazione è usato dai romani?
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2) Com'erano fatte le strade? Osserva il disegno ed elabora un breve testo
di spiegazione.
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3) Quale città è al centro della rete urbana italiana?
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4) In quale zona dell'impero si concentra la fabbricazione di prodotti artigianali?
Scegli la risposta giusta tra quelle proposte:
Africa del Nord
Medioriente
Europa centrale
Isole del Mediterraneo Europa dell'Est
5) Quali sono le aree, all'interno dell'impero, di produzione di vino e olio?
Rispondi dopo aver colorato i simboli sulla carta.
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6) Quali sono i granai dell'Impero?
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7) Da dove viene principalmente lo stagno?
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8) Ci sono regioni dell'impero che forniscono schiavi?
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9) Quali prodotti giungono dall'Oriente? E quali dal nord Europa?
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Anche oggi chi studia diritto all'Università per diventare, per esempio, avvocato o giudice
deve approfondire la conoscenza del diritto romano. Le leggi elaborate durante i mille
anni di esistenza della civiltà romana furono alla base della vita nella maggior parte
dell'Europa fino verso il XVI secolo, vale a dire anche per tutto il Medioevo; esse
influenzano ancora il nostro modo di regolare la vita sociale ed economica.
Ma com'era organizzata l'esistenza in questo vasto organismo che fu lo Stato romano?
Nei primi tempi il re comandava sulla comunità come il padre era a capo della famiglia.
L'assemblea dei capifamiglia (patres), il senato, aiutava il re.
Le famiglie che avevano un antenato comune costituivano la gens: il nome di questo
antenato era portato da tutti i membri della gens (nella gens Julia, tutti si chiamavano
Julius o Julia, come Caius Julius Caesar, Giulio Cesare). Si legavano alla gens anche
molte persone che ne dipendevano per l'aiuto o la protezione che essa forniva loro:
erano chiamati "clienti" e potevano anche essere migliaia- In tal modo ogni gens era
molto potente.
Quando la monarchia, i cui ultimi re erano stati dì origine etrusca, fu rovesciata, il potere
rimase nelle mani dei patrizi (discendenti dai patres), membri delle famiglie più potenti.
La Repubblica era basata sul governo da parte dei cittadini che eleggevano i loro
rappresentanti.
Tuttavia il popolo comune (artigiani, commercianti, stranieri, contadini senza terra, poveri
che vivevano di lavoretti), il quale formava la classe inferiore dei plebei, all'inizio della
Repubblica era escluso dalle cariche pubbliche. Vi fu dunque un lungo periodo di lotte
tra patrizi e plebei nelle quali i primi difendevano i loro privilegi i i secondi cercavano di
poter partecipare al governo dello Stato.
Nei primi decenni del V secolo a. C. i plebei si ritirarono su un colle minacciando di
separarsi dai patrizi. Verso metà del secolo essi ottennero la pubblicazione di leggi
scritte (Leggi delle Dodici Tavole) che garantivano maggior giustizia: il contrasto tra le
due classi si attenuò e, dopo aver ottenuto che fosse abolito il divieto dei matrimoni
promiscui (tra sposi di classi diverse), i plebei furono ammessi a ricoprire cariche
pubbliche (367 a. C. )
I magistrati più importanti erano i due consoli, che avevano gli stessi poteri che erano
stati del re (interpretare la volontà degli dei e dirigere l'esercito): in caso di pericolo
imminente era nominato un dittatore, al massimo per sei mesi. Il senato restava al centro
della vita pubblica di Roma e si occupava degli affari più importanti. Esistevano inoltre le
assemblee dei cittadini. In pratica però il potere restava in mano a poche famiglie ricche,
sia patrizie che plebee, che vennero chiamate nobilitas, cioè nobiltà. Esse controllarono
la vita politica di Roma per più di 300 anni.
Nella storia romana sono importanti sia la durata nel tempo (oltre mille anni), sia
l'estensione nello spazio (tutto il bacino del Mediterraneo e oltre); perciò vi furono nuovi
cambiamenti e divenne importante la lotta per ottenere il diritto di cittadinanza.
Gli alleati dei Romani ottennero la cittadinanza alla fine della durissima guerra sociale
che si svolse dal 90 all'88 a. C.
Il secolo che si era appena iniziato fu caratterizzato dalla crisi della Repubblica: una serie
di guerre civili portarono progressivamente in evidenza personaggi che si fecero attribuire
poteri straordinari, quasi illimitati. Alla fine, Ottaviano Augusto ebbe la possibilità di
bloccare le leggi, il comando supremo degli eserciti e al suo potere venne attribuito un
carattere sacro. Benché restassero in funzione tutte le cariche della Repubblica e non
sembrasse cambiato niente, in realtà il potere era nelle mani di una unica persona,
l'imperatore. Il senato perse progressivamente di importanza, mentre la cittadinanza
romana venne estesa a tutti gli abitanti liberi dell'Impero dall'imperatore Caracalla nel 212
d. C.
La crisi economica e militare che si sviluppò nel III secolo d. C. fece sì che gli eserciti
imponessero con la forza il nuovo imperatore o eliminassero il vecchio. Sul finire del
secolo, l'imperatore Diocleziano divise il potere tra due imperatori, ognuno aiutato da un
aiutante e successore (tetrarchia); per ridare prestigio alla carica impose il culto
dell'imperatore-dio.
Nel 331 d. C. la capitale fu trasferita da Roma a Bisanzio dall'imperatore Costantino, da
cui prese il nome di Costantinopoli. Nel 395 d. C. l'impero venne diviso in due parti,
l'Impero romano d'Occidente e quello d'Oriente: il primo crollò ottantanni dopo, mentre
quello d'Oriente gli sopravvisse per quasi mille anni.
L' organizzazione della giustizia, la raccolta delle leggi in codici, il fatto di regolare i
comportamenti umani attraverso norme scritte rappresentano forse i contributi più alti e
duraturi che il mondo romano ha lasciato alle epoche successive. La maggior parte degli
Stati moderni sono fortemente debitori di Roma. Le parole stesse che sono usate per
indicare le loro istituzioni derivano dal vocabolario romano (per esempio tribunale,
senato, repubblica).
Dobbiamo all'opera dei giuristi romani la ripartizione dei vari settori del diritto che usiamo
ancora oggi: diritto di famiglia, diritto di proprietà, diritto che regola le successioni tra le
persone, diritto processuale, diritto penale. Anche l'idea che la legge viene dal popolo e
dai suoi rappresentanti cui il popolo stesso trasferisce il suo potere, che dunque si debba
obbedire alla legge per essere più liberi trova radici nel mondo romano.
Fonte: Catherine Salles, 73 av. J. -C., Spartacus et la révolte des gladiateurs. Bruxelles 2005. Pierre Grimal, La
civiltà romana. Firenze 1961. Sussidio didattico "Civiltà romana" per la Scuola media. Bellinzona 1991.
In molte società umane e, in particolare, tra le civiltà dell'Antichità, la schiavitù era un
aspetto di estrema importanza perché da essa dipendeva l'economia, la produzione di
tutto un popolo.
Non è mai facile definire esattamente il significato della parola "schiavo": essa è
ovviamente il contrario di "libero", ma spesso la condizione dell'uomo libero e dello
schiavo non erano molto diverse. Vediamo qual era la situazione negli ultimi secoli della
Repubblica romana (lll-l sec a. C. ).
La maggior parte degli schiavi erano prigionieri di guerra o vittime dei pirati che
infestavano il mar Mediterraneo. Vi erano poi gli schiavi per nascita (era schiavo anche
il figlio di una schiava e di un uomo libero). A partire dalla fine del III secolo a. C. la
volontà di arricchirsi spinse molti padroni a dedicarsi all'allevamento" degli schiavi a
domicilio. Altre fonti di schiavi erano i bambini non riconosciuti dal padre alla nascita e
abbandonati: appartenevano a chi li raccoglieva. Un debitore insolvente poteva
anch'esso passare ad essere lo schiavo del suo creditore.
Per dare un'idea, sembra che Giulio Cesare, nel 50 a. C, avesse riportato a Roma un
milione di prigionieri dalla sua campagna di conquista della Gallia. Sull'isola di Delos, nel
mare Egeo, uno dei grandi centri di passaggio degli schiavi, passavano diverse decine
di migliaia di persone al giorno. Ogni uomo libero viveva dunque sotto la minaccia di
essere ridotto in schiavitù.
Lo schiavo faceva parte dei beni del suo padrone e non poteva quindi disporre
liberamente della sua persona, del suo tempo, della sua vita: poteva essere venduto,
comprato, affittato.
"Vi parlo ora del materiale necessario per lavorare la terra. Alcuni autori distinguono due elementi: gli
uomini e gli attrezzi senza i qua- li non si può coltivare. Altri distinguono tre elementi: strumenti che
parlano, semi-parlanti e muti: per esempio gli schiavi, i buoi, i carri. "
Varrone, De re rustica (I sec. a. C. )
Una delle particolarità dei Romani fu quella di trasformare in commercio fruttuoso la
vendita di uomini, donne, bambini.
Non tutti gli schiavi vivevano la stessa realtà: erano divisi innanzitutto tra schiavi
pubblici, impiegati dallo Stato nell'amministrazione, nei culti, nei lavori pubblici, nella
nettezza urbana e schiavi privati. Nessuna famiglia era priva dei servizi di uno o più
schiavi: formavano la familia urbana, che viveva col padrone in città, e la familia rustica,
alla campagna. Quelli che stavano peggio erano quelli che lavoravano nelle cave e
nelle miniere:
"Vivono nella più grande miseria, nessuno di loro ha il benché minimo pezzo di stoffa per coprirsi... "
Diodoro Siculo, Biblioteca storica
Vivevano appena meglio gli schiavi della familia rustica che avevano a poco a poco
sostituito i liberi contadini nelle campagne italiche. I pastori dovevano sopportare
condizioni di vita più dure ma erano molto meno sorvegliati
Fonte: Catherine Salles, 73 av. J. -C., Spartacus et la révolte des gladiateurs. Bruxelles 2005.
Dobbiamo distinguere due aspetti nella religione romana ai tempi della repubblica:
c'erano dei culti religiosi legati alla tradizione familiare e ce n'erano altri legati allo
stato. Ogni famiglia aveva delle divinità proprie: i Lari, che proteggevano la casa, i
Penati, che favorivano la prosperità della famiglia, e i Mani, che erano gli spiriti degli
antenati defunti. Nelle case romane esistevano piccole nicchie
O edicole in cui queste divinità venivano onorate e venerate sotto la guida del
capofamiglia. C'erano poi delle divinità comuni a tutti i romani; esse erano
praticamente le stesse dei greci anche se cambiavano nome. Lo Zeus dei greci
diventò Giove presso i romani; Era diventò Giunone, Artemide diventò Diana. I romani
avevano poi alcuni dèi originali rispetto ai greci: Vesta, che proteggeva lo stato e
Giano, protettore della città di Roma.
I sacerdoti erano praticamente dei funzionari pubblici e alla loro testa stava il
pontefice massimo. Tutti i momenti importanti della vita pubblica erano accompagnati
da riti religiosi. I romani veneravano gli dèi perché essi accordassero assistenza e
protezione in cambio delle offerte e delle preghiere. Nessuna decisione importante
veniva presa, nessuna guerra veniva cominciata, senza il consenso degli dèi.
Per i romani la religione era una cosa che riguardava principalmente la loro famiglia o
il loro stato: per questo motivo essi non erano affatto interessati a convertire alla
religione romana le popolazioni vinte. I popoli assoggettati erano liberi di praticare la
religione che preferivano, purché questa scelta non turbasse l'ordine pubblico.
Fonte: AA VV Nuova Storia, vol. 1. Milano, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 1987.
Verso le numerose e diverse religioni che convivevano nell'impero, l'atteggiamento
degli imperatori e dei governatori romani dei primi due secoli fu sempre costante. Da
un lato, si concedeva la massima libertà di culto a tutte le religioni tradizionalmente
praticate nelle singole città e province. Dall'altro, si imponeva a tutti il culto
dell'imperatore divinizzato, di solito degli imperatori morti, ma spesso, come nei casi
di Caligola, Nerone, Domiziano, anche di quelli viventi.
Il potere romano voleva in questo modo imporre, accanto alle molteplici forme
religiose, un unico culto in grado di unificare - da un capo all'altro dell'impero - tutti i
sudditi nella comune sottomissione allo stato romano, impersonato nella figura
dell'imperatore-dio. Il suddito (generalmente) accettava senza resistenza di venerare,
oltre ai suoi dèi tradizionali, un imperatore cui era già politicamente sottomesso; era
un ossequio più accettabile se l'imperatore (come Augusto) aveva realmente garantito
ai suoi sudditi quella pace di cui essi avvertivano fortemente la necessità.
Fonte: M. VEGETTI - M. COCCINO Senso storico, vol. 1. Bologna, Zanichelli, 1982
LA PREDICAZIONE DI GESÙ
La Palestina era stata conquistata da Roma nel 63 a. C. Circa 100 anni dopo, Gesù di
Nazareth, il Cristo, aveva avuto un seguito abbastanza vasto di folla, ed era stato
crocifisso proprio a causa del suo insegnamento. Il suo messaggio era nuovo e
sconvolgente: amore verso tutti, purezza d'animo e disprezzo del denaro e degli
onori, condanna della schiavitù, riconoscimento di un unico dio e divieto di adorare
ogni altra cosa; forza della fede, della preghiera, della meditazione e disprezzo per le
cerimonie pubbliche.
LA DIFFUSIONE NELL'IMPERO
La religione della Palestina era quella ebraica, e da essa nasceva l'insegnamento
cristiano: come quella, anch'esso riconosceva un solo dio. Tuttavia la religione
cristiana, a differenza di quella ebraica, voleva essere universale, raggiungere tutti gli
uomini. Presto molti predicatori visitarono le città dell'impero romano portando il
messaggio di Cristo. All'interno del grande impero ci si muoveva senza difficoltà, e le
lingue parlate erano solo due: il latino e il greco, e ciò facilitava la circolazione delle
idee. Nelle principali città, soprattutto della zona orientale dell'impero, sorsero
comunità cristiane. Dapprima vi appartennero ebrei convertiti e persone delle classi
sociali più povere; in seguito anche i benestanti furono toccati dal messaggio
cristiano.
LE PERSECUZIONI
Il cristianesimo non era nemico dell'impero ma, al contrario, ne
riconosceva l'autorità, invitava i propri fedeli al rispetto verso Roma,
a pagare i tributi, all'ubbidienza.
Ma rifiutava di adorare l'imperatore come dio e rifiutava la schiavitù;questi due aspetti lo
rendevano una religione pericolosa per l'impero che aveva bisogno di un capo
riconosciuto e venerato come un dìo
per poter unire popoli tanto diversi, e che non poteva fare a meno del lavoro degli
schiavi senza rischiare di veder crollare tutta la sua
economia e perdere la sua ricchezza. Perciò vi furono imperatori che perseguitarono i
cristiani, dando loro
la caccia, condannandoli, uccidendoli, tra il 64 e il 300 d. C. Ma servì a poco; verso il
300 il cristianesimo era una religione diffusa, forte, rinsaldata dai pericoli corsi che
avevano reso necessario costituire delle comunità molto unite attorno alla loro fede e
ai capi religiosi, i vescovi.
IL CRISTIANESIMO DIVENTA RELIGIONE DI STATO
La stessa ragione che fece dei cristiani le vittime di feroci persecuzioni, trasformò, nel
313, il cristianesimo in una religione riconosciuta. L'imperatore Costantino ritenne infatti
utile appoggiarsi a una religione relativamente nuova e in espansione per consolidare
l'unità dell'impero.
Più tardi, l'imperatore Teodeosio la trasformò in religione ufficiale dello stato romano.
Alla morte di Teodosio, nel 395 d. C, l'impero venne diviso in due parti: quello
d'Occidente, comprendente l'Italia e tutti i territori a ovest di questa, e l'impero romano
d'Oriente, con capitale a Costantinopoli (l'attuale Istambul).
L'impero si stava sgretolando già da un secolo, e, almeno nella sua parte occidentale,
non sarebbe sopravvissuto ancora per molto; il potere politico e l'organizzazione
amministrativa dello stato erano sempre più deboli. L'unica organizzazione forte che
rimaneva era quella della chiesa cristiana: i vescovi, nelle loro città, diventavano il
punto di riferimento per il popolo minacciato dalle scorrerie dei popoli barbari.
POPOLI GERMANICI
IMPERO ROMANO
235-260
anarchia militare
Franchi e Alamanni si spin- gono
all'interno della Gallia
254
I Goti invadono la Dacia e compiono
scorrerie nei Balcani
256-271
Gallieno batte gli Alamanni a Milano e
respinge i Goti
260-268
l'imperatore Gallieno
perseguita i cristiani
Aureliano combatte in Pan- noria contro
Vandali e Sarmati
270-275
L'imperatore Aureliano
cambia la moneta
Sconfitti Franchi e Alamanni di nuovo
entrati in Francia
Riconquista della Britannia (296)
276
285-305
Diocleziano crea il sistema
della tetrarchia (293)
305-324
Guerre di successione
313
I Sarmati e i Vandali sono
am- messi entro le frontiere dell'impero
L'editto di Milano assicura la
libertà delle religioni
324-337
l'imperatore Costantino trasferisce la capitale a Bisanzio
337-350
nuova crisi di successione
contrasti religiosi
Franchi, Alamanni e Sassoni invadono la
Gallia
353-360
Costanzo vuole imporre la
fede ariana
Comparsa degli Unni in Russia Sconfitti gli
Alamanni
361-363
Giuliano l'Apostata tenta di
restaurare il paganesimo
Valentiniano oppone i Bur- gundi agli
Alamanni
367
I Sassoni invadono la Britannia
369
Gli Ostrogoti, cacciati dagli Unni, entrano
in Pannonia
375
Teodosio fa stabilire gli Ostrogoti in
Pannonia e i Visigoti nella Mesia
376 380
l'imperatore Teodosio
proclama il cristianesimo religione
di Stato
388-394
riunifica per l'ultima volta l'impero
grandi figure di vescovi:
Ambrogio a Milano e
Gregorio a Tours
POPOLI GERMANICI
IMPERO ROMANO
394
il goto Alarico, penetrato in Ita- lia, viene
sconfitto da Silicone che ferma anche
gli Ostrogoti
Vandali, Svevi e Alani occupano la
Spagna e la Gallia
Alarico saccheggia Roma i Visigoti
invadono la Gallia i Vandali invadono
l'Africa del Nord
402
405
409
410
412
429
il capo degli Unni Attila aiuta i Romani a
battere i Burgundi
436
440
la Britannia è occupata da Angli e
Sassoni
441-442
Attila impone una pace umiliante
all'imperatore d'oriente
gli Unni invadono la Gallia ma sono
sconfitti dal romano Ezio
Attila entra in Italia ma è fermato dal
papa Leone Magno
Genserico con i suoi Vandali devasta e
saccheggia Roma
divisione dell'impero tra i figli di
Teodosio, Arcadio e Onorio; na-sce
l'Impero romano d'Oriente
con il papa Leone Magno, il
vescovo di Roma diventa il capo
della Chiesa cattolica
447
451
452
455
468-477
i Visigoti si trasferiscono in Spagna
470-500
i Sassoni fondano i tre regni del Kent,
del Sussex e del Wessex, ma
incontrano una forte resistenza da
parte dei Britanni (leggenda di re Artù)
Odoacre depone Romolo Augustolo,
ultimo imperatore d'Occidente,
assumendo il titolo di rex gentium. Il
riconoscimento della sua autorità da
parte dell'imperatore d'Oriente segna
la fine dell'impero romano d'Occidente
476
l'imperatore d'Oriente Zenone
conclude la pace con Gensericc
Uomo politico e generale romano.
Discendente da nobile e antica fa- miglia,
si inserì attivamente nella vita pubblica
attorno al 70 a. C. Uomo di smisurata
ambizione e di grandi capacità militari,
cercò subi- to di prevalere su tutti. Dopo
aver ricoperto cariche in Spagna, formò il
Primo Triumvirato (governo di 3 uomini)
con Pompeo e Crasso nel 60 a. C. Nel
59 a. C. fu console e, nei 5 anni seguenti,
responsabile delle Gallie con poteri molto
estesi. Vinse gli Elvezi, i Germani, i Belgi.
Riconfermato per altri 5 anni si spin- se
fino in Britannia. Consolidò la conquista
della Gallia e sconfisse gli Svevi oltre il
Reno. Non volle poi abbandonare il
comando delle sue truppe alla fine del
mandato e tornò con esse in Italia (50 a.
C: ). Sconfisse Pompeo nel 48 a. C. e
concentrò su di sé tutte le cariche della
repubblica, creando così una specie di
monar- chia alla quale aggiunse un
aspetto religioso favorendo il culto
semidivino della sua persona.
CAIO GIULIO CESARE
ROMA 100 a. C. - ROMA 44 a. C.
consoli: nel periodo della repubblica romana, i consoli erano i due magistrati più importanti. Venivano eletti per un anno e governavano assieme.
Cesare distribuì le terre ai veterani del suo esercito, mise Cleopatra sul trono d'Egit- to
e modificò le leggi di Roma. Il suo piano era quello di creare un impero universale,
come era stato quello di Alessandro Magno, in cui tutti i sudditi fossero uguali e che si
unificasse sotto la legge di Roma. Il suo assassinio, nelle Idi di marzo del 44 a. C,
mise fine a queste speranze.
Idi: il calendario romano privilegiava 3 giorni del mese: il primo, detto "calendae", il
nono, "nonae" e la metà del mese, le Idi. I giorni si contavano indicando di quanto
precedessero o seguissero uno di questi tre. Il terzo giorno prima delle Idi di febbra- io
era quindi il 12 febbraio.
Cesare era un buon scrittore: il suo racconto della campagna di Gallia (De bello gallico) e i Commentarii della guerra civile sono i due suoi libri più noti.