INDICE Introduzione pg. 2 1. Il Sistema A.D.R.: Profilo Storico e Normativa Europea pg. 6 1.1. Inquadramento storico al sistema A.D.R. pg. 6 1.2. Il Contributo dell’Unione Europea in Materia di A.D.R. pg. 10 1.3. Le preesistenti procedure A.D.R. in Italia pg. 15 1.4. Conciliazione e Mediazione Nell’Ordinamento Giuridico Italiano pg. 19 2. La Riforma della Mediazione In Italia pg. 24 2.1. L’Art.60 della Legge Delega n.69 del 18.06.2009 pg. 24 2.2. Il Decreto Legislativo n.28 del 4 marzo 2010 pg. 25 2.3. Fase Applicativa della Mediazione pg. 34 2.4. Analisi dei Dati Statistici sulla Mediazione pg. 36 3. Dall’Incostituzionalità della Riforma al c.d. “Decreto Fare” pg. 43 3.1. La Declaratoria di incostituzionalità del D.Lgs. 28/2010 pg. 43 3.2. Il cd. “Decreto Fare” pg. 45 3.3. La Mediazione in Ambito Medico-Legale alla luce del cd. “Decreto Fare” pg. 53 Conclusioni pg. 58 Bibliografia pg. 60 1 INTRODUZIONE La recente approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del c.d. “Decreto Fare” 1 , recante “disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, riporta alla luce la vexata quaestio della Mediazione Civile, reintroducendola nel nostro sistema giuridico, a seguito della declaratoria di illegittimità da parte della Corte costituzionale dell’art. 5, co. 1, D.Lgs. 28/2010 per eccesso di delega2. Nonostante si profili un nuovo dibattito tra Governo e Avvocatura, con quest’ultima impegnata spesso in operazioni di ostruzionismo, la reintroduzione della Mediazione Civile, qualora fosse superata la questione di legittimità costituzionale, sarebbe del tutto coerente con quello che è stato il florilegio di normative e raccomandazioni dell’Unione Europea, nonché con l’orientamento della maggior parte degli ordinamenti giuridici occidentali, Stati Uniti in testa, che sempre più si sono indirizzati verso le c.d. Alternative Dispute Resolution (A.D.R.). La mediazione, definita come un istituto destinato ad operare in via stragiudiziale, ossia fuori del processo civile, e in forma amministrata, essendo gestita da organismi di natura pubblica o privata, come recita il D. Lgs. n.28/2010, è “l’attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti, sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia (c.d. 1 Decreto Legge n. 69 del 21 giugno 2013 2 Sent. n. 272 del 6 dicembre 2012 2 Mediazione compositiva), sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della controversia (c.d. Mediazione propositiva)”. L’Italia, notoriamente poco incline al cambiamento, ha mostrato negli anni come sia stato sempre difficoltoso apportare modifiche legislative sostanziali non solo al sistema giuridico, ma anche più in generale a quello della politica e della forma di governo, e questo per i veti incrociati della politica, delle categorie professionali, o ancora dei sindacati. In questo senso il dibattito ancora aperto sulla Mediazione, è il sintomo di come la nostra nazione sia ancora lontana da quella “rivoluzione culturale” necessaria affinché abbia seguito una qualsivoglia riforma e questo non solo nel microcosmo della giustizia civile, ma anche in quello del sistema Stato in generale. Di fronte al continuo sviluppo tecnologico, e per converso alla luce anche del default del sistema economico internazionale, sarebbe necessario, mai come ora, mettere da parte gli interessi corporativi, quelli coltivati per anni a difesa delle categorie professionali, e guardare in faccia al cambiamento che i tempi ci richiedono, nel nome dell’interesse collettivo. Diversamente saremmo costretti a vedere ancora i nostri tribunali invasi da cause che si trascinano stancamente per anni, tra rinvii continui ed udienze interlocutorie, utili solo a prendere tempo e ad incrementare qualche parcella. La risoluzione stragiudiziale del contenzioso civile e commerciale nel nostro sistema giuridico è, per altro, preesistente rispetto tanto al 3 D.Lgs n.28/2010 quanto al cd. “Decreto Fare”, che hanno semplicemente disciplinato organicamente quello che si è solito fare nell’approcciare una controversia prima di adire le autorità giudiziarie competenti. Dati statistici e studi di settore hanno confermato come le soluzioni stragiudiziali alle liti in ambito civile rappresentino un punto di svolta importante, non solo per alleggerire il carico degli uffici giudiziari, ma soprattutto per rendere più agevole l’approccio alla giustizia da parte delle aziende. Nella sua nuova elaborazione la Mediazione, recupera quei profili di costituzionalità che erano venuti meno nella prima formulazione, mantenendo inalterato il punto ineludibile dell’obbligo per le parti in causa, di tentare una conciliazione prima di adire gli organi giudicanti. La principale novità della nuova riforma, vede escluse dalla Mediazione i danni provocati dalla circolazione di veicoli, mentre resta prevista per il condominio, i contratti assicurativi e bancari e la responsabilità dei medici. Il presente lavoro di ricerca prende in esame la Mediazione, partendo dall’analisi delle forme di conciliazione, giudiziali ed extragiudiziali, esistenti nell’ordinamento italiano prima del D.Lgs. 28/2010 e passando in rassegna le elaborazioni comunitarie in tema di A.D.R. aventi forza persuasiva o vincolante per gli Stati membri (Direttiva n. 2008/52/CE), mira a far emergere l’importanza e l’indubbia novità di questa riforma, nel particolare ambito medico-legale. 4 A tal riguardo si è provveduto, alla luce del richiamato “Decreto Fare” a studiare attentamente gli ambiti applicativi della riforma, alla luce tanto dei regolamenti e delle circolari elaborate dal Ministero della Giustizia, chiamato a rispondere ai numerosi dubbi interpretativi insorti su D.Lgs. n. 28/2010, quanto anche dei dati statistici, che hanno evidenziato una importante percentuale di successi delle procedure di mediazione. Ne è nato un contributo di analisi oggettiva della situazione esistente, volto ad evidenziare i principali aspetti tecnico-operativi della Mediazione in ambito medico-legale. 5 CAPITOLO 1 IL SISTEMA A.D.R.: PROFILO STORICO E NORMATIVA EUROPEA 1.1. Inquadramento storico al sistema A.D.R. Cercando brevemente di rintracciare le origini storiche della mediazione, si scopre come innumerevoli sono i documenti e le testimonianze, che la individuano come strumento giuridico stragiudiziale, atto a dirimere le controversie all’interno delle comunità. Il Diritto Romano, ci insegna che prima di adire agli organi giudiziari, i cittadini erano soliti tentare un accordo amichevole, che successivamente veniva ratificato di fronte ad un giudice. Andando più indietro nel tempo, nelle società patriarcali, erano i membri più anziani a vestire i panni del mediatore, per dirimere le controversie, mentre in Oriente lo stesso compito era affidato al capo del villaggio, figura terza ed indipendente, che secondo Confucio, attraverso la persuasione morale, aveva il compito di evitare l’esasperarsi del desiderio tra gli individui di prevalere a tutti i costi in una causa. Di grande importanza dal punto di vista storico è anche il ruolo che ha giocato la Chiesa Cattolica, laddove erano i parroci a tentare bonarie composizioni delle controversie nascenti tra i fedeli, così come da non dimenticare sono gli arbitratores seu amicabiles compositores 6 dell’area italo-elvetica e mitteleuropea, il cui compito era quello di definire controversie in materie di rapporto tra i vari stati. Nella seconda metà dell’Ottocento, a seguito del processo di Unificazione del Regno d’Italia e la contestuale riforma del Codice di Procedura Civile, venne emanato il Regio Decreto n. 2626 del 6 dicembre 1865 con il quale veniva istituito il giudice conciliatore. Detta figura, nominata direttamente dal sovrano, aveva il compito di dirimere in via del tutto informale le controversie giudiziarie aventi un valore inferiore a 30 lire, le quali dopo l’accordo tra le parti venivano decise sulla base di un verbale di conciliazione direttamente esecutivo, avente la forma della scrittura privata. L’istituzione degli uffici di conciliazione, avvenne successivamente con la Legge n. 261 del 16 giugno 1892, e prevedeva la presenza di un giudice elettivo competente in materia di “azioni personali, civili e commerciali” fino al valore di 100 Lire. Se all’inizio del XX secolo il giudice conciliatore assorbiva addirittura l’84,5% delle controversie civili, con l’istituzione della Repubblica si è assistito ad un progressivo svuotamento delle sue funzioni giurisdizionali, fino alla sua abolizione, avvenuta nel 1996 contestualmente all’istituzione del Giudice di Pace, magistrato non togato onorario a cui furono affidate cause di minore entità in materia penale e civile. Significativo è sottolineare come il Codice di Procedura Civile in vigore, abbia posto la conciliazione in fase giudiziaria, quale adempimento preliminare alla 7 trattazione della causa, elevandola ad istituto generale del procedimento di cognizione. Volgendo lo sguardo oltreoceano, all’inizio del secolo, giova rammentare come si debba al giurista americano Roscoe Pound, lo stimolo alla cristallizzazione normativa dell’istituto della Mediazione. Nel corso di un convegno dell’American Bar Association, Roscoe Pund, infatti tenne una relazione 3 , in cui rivolse un duro attacco al sistema adversary americano e al formalismo giuridico dei tribunali, incapace di risolvere le controversie, complice anche un uso strumentale del diritto. A riguardo giova riportare le parole dello stesso Pound, che suonano drammaticamente ancora attualissime: “L'effetto della nostra procedura esageratamente contenziosa non è soltanto di eccitare le parti, i testimoni o i giurati, ma anche di diffondere nella comunità un falso concetto delle intenzioni e degli scopi del diritto (....) Se la legge è solo un gioco, né i giocatori che vi prendono parte né il pubblico che vi assiste possono essere spinti a sottomettersi al suo spirito, quando vedono che i loro interessi sono meglio serviti eludendolo (....). Così i tribunali, istituiti per amministrare la giustizia secondo la legge, si trasformano in agenti o in complici dell’illegalità”. A fronte però di tali considerazioni elaborare da Pound, fu solo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, che gli Stati Uniti con la modifica del Titolo XXVIII della Carta dei Diritti, diedero impulso al 3 Roscoe Pound, The Causes Of Popular Dissatisfaction With The Administration Of Justice 8 sistema di Alternative Dispute Resolution, arrivando a considerarlo pregiudiziale rispetto a qualsiasi procedura contenziosa. Qualche anno più tardi questo sistema prese a diffondersi anche negli altri paesi afferenti al Common Law, quali Australia e Regno Unito, per giungere in Europa solo negli anni Novanta, come tentativo di far fronte alla sopraggiunta inadeguatezza degli ordinamenti giudiziari. La litigation explosion e l’emersione di una spinta critica verso il proceduralismo formale, sono state, senza dubbio, le cause determinanti per la nascita dei sistemi di A.D.R., e nel lungo periodo è emerso chiaramente come negli Stati Uniti, il concetto di procedura “alternativa” al giudizio, abbia lasciato il posto a quello di metodo “adeguato” per la composizione delle liti. E’ necessario però chiarificare sin da subito come le A.D.R., ovvero i sistemi alternativi alla giurisdizione per la risoluzione delle controversie, siano una grande categoria dove vanno rintracciate diverse tipologie di mediazione, pur mirando tutte allo stesso fine, ovvero trovare un accordo che soddisfi entrambe le parti in causa. In primo luogo va rimarcata la differenza tra la composizione della lite endoprocessuale, che si svolge necessariamente davanti al giudice e consente alle parti di accordarsi evitando la successiva procedura giudiziale, e la Mediazione stragiudiziale, che si svolge privatamente tra gli interessati ed ha forma libera. Altra necessaria differenziazione va operata tra Adjudicatory A.D.R., in cui un terzo propone alle parti una soluzione per la 9 composizione della controversia, e Consensual A.D.R., in cui parte terza si limita ad assistere all’accordo tra le parti, ratificandone le risultanze. La semplicità di accesso, l’economicità e la velocità del procedimento, hanno consentito ai diversi metodi di A.D.R. di svilupparsi rapidamente nei vari ordinamenti giudiziari europei, pur mantenendo integra la tutela nei confronti dei diritti del cittadino. 1.2. Il Contributo dell’Unione Europea in Materia di A.D.R. A partire dalla fine degli anni Novanta, si è assistito ad una costante propulsione comunitaria nell’emanare atti che favorissero l’introduzione sempre più massiccia delle A.D.R. in Europa, in questo senso ci sembra opportuno segnalare due Raccomandazioni della Commissione Europea in materia di conciliazione a tutela dei consumatori, ovvero la n. 98/257/CE4 “concernente i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo” e la n. 2001/310/CE5 “sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo”, e la Raccomandazione del Consiglio n. 2000/C 155/01 “relativa ad una rete comunitaria di organi nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo”. Detta produzione di indirizzo, è 4 Raccomandazione 98/257/CE, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea n. 115/31/98, 5 Raccomandazione 2001/310/CE, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea n. 109/56/2001 10 culminata con la pubblicazione, il 19 aprile 2002, del Libro Verde sull’A.D.R. 6 della Commissione Europea COM 196/2002, avente lo scopo di “stimolare il dibattito sulle problematiche derivanti dalle iniziative sulle ADR nell’Unione Europea e raccogliere le opinioni delle parti interessate”. Il richiamato documento, nato sulla scia della crescente attenzione verso gli strumenti di composizione stragiudiziale delle controversie civili, è diventato un punto di riferimento e uno stimolo normativo importante per gli Stati membri dell’Unione Europea, in quanto: “offre l’occasione per sensibilizzare il più vasto pubblico possibile ai sistemi di risoluzione alternativa delle controversie, e consente inoltre di assicurare una migliore comprensibilità delle realizzazioni e delle iniziative adottate in materia dagli Stati membri e a livello comunitario”. Gli obiettivi principali di questo testo, si indirizzano verso la creazione di una cornice normativa, che si pone come obiettivi essenziali: l’armonizzazione della legislazione dei vari Stati Europei, la predisposizione di schemi per assicurare determinati standard qualitativi, assicurare la riservatezza delle procedure A.D.R. e la formazione dei responsabili delle attività di mediazione, e l’adozione di misure atte a garantire la validità dell’accordo tra le parti. La proposta comunitaria va, dunque, letta come un tentativo di rispondere alle emergenti difficoltà di accesso alla giustizia, che numerosi Stati Membri si trovano ad affrontare, a causa del moltiplicarsi 6 Libro Verde sull’A.D.R. Commissione Europea COM 196/2002 del 19 aprile 2002 11 delle controversie e il conseguente esponenziale aumento del carico giudiziario. Particolare attenzione è stata riposta anche al contenzioso transfrontaliero, che con la crescita del mercato interno e l’intensificazione del commercio elettronico, è in esponenziale aumento, ed in questo senso è stato ribadito come l’accesso alla giustizia sia un diritto fondamentale statuito dall’Art.6 della Convenzione Europea. In buona sostanza l’A.D.R. per le istituzioni dell’Unione Europea era ed è da considerarsi come una “priorità politica” per tutti gli Stati Membri a cui spetta il compito di promuovere i metodi alternativi alla composizione delle liti giudiziarie, garantendone lo sviluppo, la flessibilità e la qualità. Le istituzioni europee hanno inteso proporre la scelta di modelli non obbligatori, ribadendo come per il buon esito delle procedure vada posto in risalto il carattere consensuale del ricorso all’A.D.R., il principio dell’autonomia negoziale privata da esprimersi in ogni fase del procedimento, nell’ottica di un progressivo riavvicinamento delle parti, a cui spetta anche la modalità di risoluzione del contendere. In questo senso, secondo quanto afferma la Commissione,: “il ricorso agli organi giurisdizionali, indicativo del rifiuto a partecipare ad una procedura di A.D.R. prevista dal contratto, potrebbe pertanto essere sanzionato in quanto costituirebbe la violazione di un obbligo contrattuale. Un simile rifiuto potrebbe avere come conseguenza che il giudice investito di una richiesta relativa all’esecuzione di altre disposizioni del contratto la dichiari irricevibile. Allo stesso modo, il 12 fatto di non accettare di partecipare alla procedura di A.D.R. potrebbe essere considerato come una violazione dell’obbligo di buona fede”. Dal punto di vista prettamente procedurale il Libro Verde si sofferma anche sull’interruzione dei termini di prescrizione precisando che: “il ricorso all’A.D.R. è suscettibile di incidere sul diritto di accesso alla giustizia in quanto non interrompe il decorrere dei termini di prescrizione fissati per adire il giudice. Nelle more della procedura conciliativa il ricorso all’ADR potrebbe comportare la decorrenza del termine fissato dalla legge per proporre la domanda giudiziale e quindi far valere il proprio diritto”. Non di meno grande attenzione è riservata alla figura del mediatore, che deve essere nominato dalle parti, sia esso in forma diretta o attraverso un organismo che procede alla sua nomina. Passi decisivi verso l’attuazione degli enunciati del Libro Verde del 2002 sono stati compiuti attraverso il Codice Europeo di Condotta Per Mediatori del 2004, e la Direttiva n. 2008/52/CE7, recante gli indirizzi per la disciplina della conciliazione stragiudiziale nell’ambito delle controversie transfrontaliere. Nella versione italiana della direttiva, il termine inglese “mediation”, tradotto letteralmente in italiano come “mediazione”, è definito come “un procedimento strutturato, indipendentemente dalla denominazione, dove due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di un mediatore. Tale procedimento può 7 Direttiva n. 2008/52/CE, approvata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio il 21 maggio 2008 e pubblicata nella G.U.U.E. 24 maggio 2008 13 essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro. Esso include la mediazione condotta da un giudice che non è responsabile di alcun procedimento giudiziario concernente la controversia in questione. Esso esclude i tentativi messi in atto dall’organo giurisdizionale o dal giudice aditi al fine di giungere ad una composizione della controversia in questione nell’ambito del procedimento giudiziario oggetto della medesima”. Per converso anche il “mediator”, tradotto con il termine “mediatore”, è identificato come “qualunque terzo cui è chiesto di condurre la mediazione in modo efficace, imparziale e competente, indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo terzo nello Stato membro interessato e dalla modalità con cui è stato nominato o invitato a condurre la mediazione”. Da ultimo la direttiva imprime una spinta propulsiva all’introduzione delle A.D.R. negli stati comunitari, precisando: “la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario”. 14 1.3. Le preesistenti procedure A.D.R. in Italia Prima di addentrarci nella trattazione analitica del D. Lgs. 28/2010 che ha introdotto, seppur per un breve periodo la Mediazione in Italia, ci sembra opportuno descrivere le principali procedure A.D.R. preesistenti nel nostro sistema giuridico, prendendo in esame e rilevando le similitudini e diversità sostanziali tra i vari istituti assimilabili alla mediazione, ovvero l’arbitrato, l’arbitraggio, la consulenza tecnica contabile e la transazione. L’Arbitrato Previsto dal Codice di Procedura Civile l’Arbitrato 8 (dal latino arbitratus, cioè giudizio) è un metodo alternativo di risoluzione delle controversie, senza adire ad un procedimento giudiziario. Detto istituto, riservato esclusivamente al contenzioso civile e commerciale, si svolge mediante l’affidamento di un apposito incarico ad uno o più soggetti terzi rispetto alla controversia, detti arbitri, solitamente in numero di tre, dei quali due scelti dalle parti in causa, e mentre il terzo componente del collegio, viene nominato di comune accordo dalle stesse parti, o diversamente ne viene chiesta l’individuazione da parte di soggetto esterno, che abitualmente è individuato nella persona del Presidente del locale Tribunale. A seguito dell’istruttoria, il collegio arbitrale produce 8 artt. 806-840Libro IV, Titolo VIII, c.p.c. 15 un lodo, che contiene la soluzione del caso ritenuta più appropriata, e che assume l’efficacia di sentenza esecutiva, qualora venga richiesta l’omologazione da parte del giudice. L’arbitrato, pur presentando delle similitudini rispetto alla conciliazione, è concettualmente del tutto diverso, essendo sostanzialmente un procedimento giudiziario, regolato dal diritto processuale, a differenza di quest’ultimo che sottace al diritto sostanziale. Inoltre mentre il predetto istituto mira a definire a favore di una delle parti la controversia, la mediazione, quasi fosse un’estensione della negoziazione, è indirizzata a migliorare il rapporto tra le parti, favorendo una soluzione positiva per entrambe le parti in causa. L’Arbitraggio L’Art. 1349 c.c. testualmente recita: “Se la determinazione della prestazione dedotta in contratto è deferita a un terzo e non risulta che le parti vollero rimettersi in mero arbitrio, il terzo deve procedere con equo apprezzamento. Se manca la determinazione del terzo o se questa è manifestamente iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice. La determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo non si può impugnare se non provando la sua mala fede. Se manca la determinazione del terzo e le parti non si accordano per sostituirlo, il contratto è nullo. Nel determinare la prestazione il terzo deve tenere 16 conto anche delle condizioni generali della produzione a cui il contratto eventualmente abbia riferimento”. Per quanto sopra appare evidente come l’arbitraggio sia la procedura che ricorre allorché le parti, nella formazione di un negozio giuridico, lasciano indeterminato uno degli elementi atti a perfezionarlo, affidando ad un terzo la determinazione di quest’ultimo. Netta è, dunque, la differenza con la conciliazione, atteso che l’arbitraggio è relativo ad una fattispecie relativa ad un dettaglio da integrare in un rapporto giuridico, anche in mancanza dei presupposti reali o potenziali per una controversia. Ne consegue che anche dal punto di vista dei presupposti due istituti saranno da considerarsi del tutto diversi, in quanto l’arbitraggio esula dal componimento della lite, ma è indirizzato per certi versi a prevenirla. La Consulenza Tecnica in Materia Contabile L’Art. 189 c.p.c. statuisce che il giudice, ravvisata l’esigenza di esaminare documenti contabili e registri, può dare incarico al consulente tecnico, affidandogli contestualmente anche il compito di tentare una conciliazione tra le parti. Qualora si raggiunga una composizione bonaria della lite, viene redatto un processo verbale, che le parti e il consulente tecnico sottoscrivono, e che viene inserito nel fascicolo d’ufficio, diventando esecutivo a seguito di un decreto emesso dal giudice. Qualora la conciliazione non andasse a buon fine, il consulente tecnico redige una 17 relazione, che viene depositata nel fascicolo d’ufficio nei termini prescritti dall’art. 200 c.p.c., e sulla base di essa le parti possono depositare note controdeduttive redatte da un loro consulente tecnico di fiducia. La Transazione La transazione è certamente la procedura che più si avvicina alla mediazione, in quanto le parti pongono in essere un accordo atto a porre fine o a prevenire una controversia tra loro, facendosi reciproche concessioni con le quali possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato l’oggetto della pretesa e della contestazione9. Per porre in essere una transazione, le parti devono avere disponibilità dei diritti ad oggetto del contendere, che qualora fossero indisponibili 10 rendono del tutto nulla la procedura ai sensi e per gli effetti dell’art. 1966 c.c. . In questo senso va precisato che la transazione per sua natura, impone una rinuncia reciproca alle parti, mentre nel procedimento di mediazione si forma un accordo, che si presuppone vantaggioso per entrambe. 9 art.1965 c.c. 10 es. le previsioni di cui all’agli artt. 231 e ss. c.c., 150 e ss, c.c. e 2112 c.c. 18 1.4. Conciliazione e Mediazione Nell’Ordinamento Giuridico Italiano La conciliazione e la mediazione non rappresentano una novità nel nostro ordinamento giuridico, rientrando in una più ampia gamma di strumenti atti a dirimere le controversie. Negli anni si è teso a differenziare le differenti modalità di bonario componimento della lite in base alla sede in cui veniva espletato, individuandone tre tipologie: la conciliazione giudiziaria, promossa dal giudice nell’ambito di un processo, la conciliazione stragiudiziale, e quella amministrata, che si realizza quando viene effettuata presso un ente o un organismo che offre un servizio di conciliazione. La Conciliazione Giudiziaria Approvato con Regio Decreto n.1443 del 28 ottobre 1940 11 , il vigente Codice di Procedura Civile, ancorché più volte novellato, presenta numerosi rimedi conciliativi atti alla risoluzione delle controversie. Un esempio quanto mai concreto è rappresentato dalla previsione di cui all’art. 320 c.p.c., che pone tra le funzioni giurisdizionali del Giudice di Pace, il tentativo di conciliazione in sede contenziosa, elemento quest’ultimo che nella prassi è sempre meno valorizzato, ma che contribuirebbe in maniera determinante al decongestionamento degli uffici giudiziari italiani. Parimenti, da non 11 entrato in vigore solo il 21 aprile 1942 19 trascurare sono anche il dettato dell’art. 322 c.p.c, che consente di ricorrere al Giudice di Pace, per un tentativo di conciliazione in sede non contenziosa, e l’art. 183 c.p.c. che prevede, quant’anche in via facoltativa, il tentativo di bonario componimento della lite da parte del giudice nel corso della prima udienza di trattazione nel giudizio ordinario. Il tentativo di conciliazione è altresì citato in sede di udienza di trattazione in appello12, nella prima udienza del giudizio di lavoro13, nella separazione personale dei coniugi 14 e nel divorzio 15 . Nondimeno anche il Codice Di Procedura Penale all’art.555 prevede che il giudice, qualora il reato sia perseguibile a querela, verifichi l’eventuale remissione della stessa. A fronte di tale corpus normativo atto a rendere più fluido il sistema giudiziario, la conciliazione in sede processuale non ha goduto di grande successo, complice il fatto che a vestire i panni del conciliatore vi sia lo stesso giudice, che sarà chiamato a redigere la sentenza, e che sempre più spesso gli avvocati si mostrano del tutto disinteressati a definire la causa, prediligendo un atteggiamento ostruzionistico. Va comunque rilevato che molto spesso l’ingente numero di cause assegnate ai vari giudici, impedisce loro un attento studio della controversia, e per contro anche di studiare una eventuale strategia conciliativa. A questo va aggiunta una certa ritrosia a considerare il giudice come parte conciliante, e allorché in corso di causa si trovi un accordo tra le parti, quest’ultimo avviene attraverso la stipula 12 art. 350 c.p.c. art.420 c.p.c. 14 art. 708 c.p.c. 15 art. 4 L.898/1970 13 20 di una transazione stragiudiziale, lasciando che la causa vada naturalmente verso l’estinzione per cessata materia del contendere. La Conciliazione Stragiudiziale La Legge n. 203 del 3 maggio 1982, che introduceva la conciliazione obbligatoria per le controversie relative ai contratti agrari, è stato il primo esempio di introduzione in Italia di una forma di mediazione stragiudiziale ed extraprocessuale, tuttavia solo a partire dal 1993 si è assistito alla progressiva introduzione di tali procedimenti, da esperirsi in maniera volontaria e spontanea su impulso delle parti, indipendentemente dalla proposizione del giudizio. Tra le riforme più rilevanti va segnalata la conciliazione per le controversie di lavoro ex art. 410-412 c.p.c., da esperirsi di fronte ad apposte Commissioni presso la Direzione Provinciale del Lavoro e in sede sindacale, divenuta obbligatoria nel 1998 e, a fasi alterne, resa obbligatoria e poi ancora facoltativa. Migliori fortune le ha avute il tentativo di conciliazione paritetica introdotto dall’Autorità Garante per le comunicazioni, ex L. 249/1997, relativo alle controversie che possono insorgere tra utenti e soggetti concessionari. Sebbene sia definita come conciliazione, nella pratica si tratta di una negoziazione diretta fra le parti, dal momento che manca una terza imparziale, con funzioni di conciliatore, sostituita da una commissione di rappresentanti delle parti. É bene precisare, inoltre, che per tali controversie, non è possibile 21 proporre domanda giudiziale, finché non sia stato esperita tale procedura pregiudiziale, che deve esaurirsi nel termine di 30 giorni. Sono previsti, altresì, tentativi di conciliazione per le controversie in materia di diritto d’autore 16 , nel caso di sinistri marittimi 17 , per la fornitura di servizi turistici18 e per le controversie inerenti il commercio elettronico19. La conciliazione amministrata L’esempio più interessante di conciliazione amministrata in Italia è certamente quello nato presso gli sportelli delle Camere di Commercio, istituzione da sempre impegnata nella diffusione della cultura delle A.D.R. La Legge n.50 del 29 dicembre 1993, nel riordinare tali istituzioni, prevedeva infatti che: “Le camere di commercio, singolarmente o in forma associata, possono tra l’altro: a) promuovere la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori ed utenti (...)”. Tale provvedimento legislativo attribuiva dunque alle locali Camere di Commercio di istituire commissioni di conciliazione, per incoraggiare la risoluzione rapida di controversie di carattere commerciale. Successivamente con l’art.10 dalla Legge 192/98 tale procedura è stata estesa anche ai contratti di subfornitura per le attività produttive, mentre la Legge 481 del 14 novembre 1995 ha previsto la remissione alla commissione arbitrale e conciliativa delle controversie 16 L. n.633 del 22 Aprile 1941, modificato dal D.Lgs. n.68/2003 Art.595 del Codice della Navigazione 18 L. n.135 del 29 marzo 2001 art.4 co.3 19 D. Lgs. n.70 del 9 aprile 2003 art.19 17 22 inerenti gli utenti e i soggetti esercenti un servizio di pubblica utilità. Giova ricordare anche la Legge 129 del 6 maggio 2004, che prevede per le controversie in materia di contratti di affiliazione commerciale, l’obbligo di adire al tentativo di conciliazione prima del ricorso all’autorità giudiziaria. La Conciliazione Societaria Una svolta importante per l’evoluzione della mediazione civile e commerciale in Italia è stato il D. Lgs 5/2003, diventato esecutivo nel 2006, e relativo alle controversie nascenti in materia societaria. Abrogata con l’introduzione del D. Lgs. 28/2010, che per altro a quest’ultima si ispirava, la conciliazione stragiudiziale in materia societaria veniva esperita davanti ad un soggetto terzo, sia esso un ente pubblico o un privato, e prevedeva diverse agevolazioni come l’esenzione dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto e l’esenzione del verbale dall’imposta di registro. La conciliazione stragiudiziale è da considerarsi obbligatoria solo se prevista nel contratto o statuto societario, e viene regolata dal giudice che sospende l’eventuale domanda giudiziale. 23 CAPITOLO 2 LA RIFORMA DELLA MEDIAZIONE IN ITALIA 2.1. L’Art.60 della Legge Delega n.69 del 18.06.2009 La Legge n. 69 del 18 giugno 2009, recependo la normativa europea in materia di A.D.R., ha previsto all’art.60 una delega al governo volta all’emanazione di “uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale”, da attuarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Con il D. Lgs. 28/2010 il Governo Italiano ha esercitato il potere conferitogli per predisporre “il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti” in materia, con l’estensione della disciplina della conciliazione stragiudiziale in materia societaria di cui all’art.60 del D. Lgs. 5/2003, e con l’obiettivo di “garantire (...) una reale spinta deflattiva del contenzioso (...) contribuendo alla diffusione della cultura della risoluzione alternativa delle controversie”, nonché, “valorizzare le esperienze autoregolative e (...) minimizzare l'intervento statale nella disciplina del concreto esercizio dell’attività di mediazione”. La Legge Delega nell’istituire tre tipologie di mediazione: una mediazione obbligatoria, una facoltativa ed una delegata dal giudice, riserva ampio spazio ai futuri organismi di mediazione, precisando che dovranno essere professionali ed indipendenti e rientrare in criteri specifici per ottenere l’iscrizione al nascente Registro degli Organismi di Conciliazione. La 24 nuova procedura di mediazione, pone in capo agli avvocati l’obbligo di informare le parti, prevede forme di agevolazione fiscali, esclude la ripetizione delle spese, riconosce l’esecutività del verbale di avvenuta conciliazione, e offre la possibilità per i Consigli degli Ordine degli Avvocati di istituire organi di conciliazione presso i tribunali. 2.2. Il Decreto Legislativo n.28 del 4 marzo 2010 Il Decreto Legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 recante “attuazione dell'Art. 60 della L. n.69 del 18 giugno 2009, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”, disciplina così per la prima volta in modo organico l’istituto della “mediazione finalizzata alla conciliazione”. Diviso in quattro capi e composto da ventiquattro articoli, il Decreto è stato pubblicato nella G.U. della Repubblica Italiana il 5 marzo 2010, ed è entrato in vigore il successivo 20 marzo, con l’eccezione per il disposto di cui all’art.5 co. 1, relativo alla condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, slittata all’anno successivo limitatamente alle controversi condominiali e quelle nascenti dalla responsabilità civile. Al capo uno delle disposizioni generali il Decreto, fornisce sin da subito la precisa definizione di termini nuovi per il nostro ordinamento giuridico, mediazione si intende come “l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una 25 controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa”. Il mediatore è invece: “la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo”. Per conciliazione si intende “la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione”; mentre l’organismo, per il quali è istituito un apposito registro, è “l’ente pubblico o privato, presso il quale può svolgersi il procedimento di mediazione”. Il mediatore, chiamato a facilitare il raggiungimento della conciliazione tra le parti, dovrà possedere indispensabilmente i requisiti dell’efficacia, della competenza e soprattutto dell’imparzialità, sottolineando come lo stesso non abbia alcun potere di “rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo”. Recependo la direttiva comunitaria l’art. 2 precisa che la mediazione debba avere ad oggetto le controversie su diritti disponibili, e non debba presentare preclusione alcuna verso la giustizia ordinaria. In particolare rientrano nell’alveo della mediazione tutte le previsioni di cui al Codice Civile inerenti i rapporti con la famiglia, quelli personali e patrimoniali dopo la morte, la proprietà, le obbligazioni sui contratti, i lavoro e i diritti in generale. Ne consegue che sarà facile individuare come le controversie civili riguarderanno i rapporti tra privati, o tra privati ed enti, mentre quelle commerciali faranno riferimento ai rapporti 26 tra le persone giuridiche, nonché quelli tra queste ultime e i privati, ivi compreso le controversie di lavoro. L’Art.3, al Capo II, definisce in modo chiaro come il procedimento di mediazione debba essere improntato non solo a minimizzare l’intervento dello Stato, ma anche autoregolativo ed informale, in termini di accesso, affinché lo stesso abbia la più capillare diffusione possibile, quale strumento alternativo di risoluzione delle controversie. Non a caso si è scelto di disciplinare il procedimento di mediazione con regolamenti privati, che ogni organismo ha l’obbligo di depositare presso il Ministero della Giustizia, al momento dell’istruttoria per l’iscrizione all’apposito Registro. Limiti ben precisi, al contrario, sono stati posti riguardo “la riservatezza del procedimento” disciplinata dall’art. 9, e le modalità di nomina del mediatore. Interessante è inoltre notare come si sia aperta anche alla possibilità che la mediazione si svolga per via telematica, in quanto occorre semplicemente depositare un’istanza presso l’organismo abilitato, il che può essere fatto anche brevi manu, a mezzo raccomandata, oppure con l’ausilio dell’ufficiale giudiziario. Ogni istanza, pena l’inammissibilità deve indicare “l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa” 20. Inoltre, secondo l’art. 4 ultimo comma, è fatto obbligo per l’avvocato di informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione, nonché delle agevolazioni fiscali ad esso inerenti, detta informativa deve essere redatta per iscritto e controfirmata da cliente. 20 Art. 4 co. 2 27 L’art. 5 nel rimarcare che il decreto legislativo ha finalità deflattiva rispetto alla giustizia ordinaria, stabilisce che per alcune controversie è obbligatorio esperire il procedimento di mediazione, da ciò ne consegue che ad un omesso espletamento non segue il rigetto immediato della domanda, ma bensì il giudice deve assegnare un termine di quindici giorni alle parti per adire alla mediazione, e quindi rinvia l’udienza ad una data successiva alla scadenza dei termini di durata del predetto procedimento. Più in particolare la mediazione obbligatoria nelle previsioni del Decreto Legislativo, è riferita a quei contratti il cui rapporto fra le parti è destinato a protrarsi anche dopo la definizione della controversia, ovvero il condominio, la locazione, il comodato, il fitto d’azienda, nonché quelle tipologie di negozio che hanno maggiore diffusione come i contratti assicurativi, bancari e finanziari. Rientrano nell’alveo della mediazione anche le controversie inerenti i diritti reali, le divisioni, le successioni, e i patti di famiglia, che notoriamente sono alla base di contenziosi che si protraggono per lungo tempo, nonché il risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica, e da diffamazione a mezzo stampa. Per le restanti materie, la scelta della mediazione è rimessa alla libertà delle parti in causa (c.d. Mediazione Volontaria). L’art.6 stabilisce che la durata massima del procedimento è di quattro mesi, ovvero 120 giorni a partire dalla data di deposito della domanda presso l’organismo di conciliazione. L’art. 7 sancisce che “il periodo di cui all’articolo 6 e il 28 periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell'articolo 5, comma 1, non si computano ai fini di cui all'articolo 2 della legge 24 marzo 2001 n.89”, in relazione al diritto all’equa riparazione a “chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto della violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955 n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione”. Venendo più direttamente al procedimento, che è disciplinato in maniera del tutto informale, l’organismo di mediazione al momento della ricezione della domanda deve: - comunicare immediatamente alla parte convenuta la richiesta di mediazione; - nominare un mediatore o un collegio di mediazione, per le controversie che richiedono specifiche competenze; - fissare il primo accesso tra le parti in un periodo che non vada oltre i quindici giorni; Il richiamato procedimento deve svolgersi senza formalità presso la sede dell’organismo di conciliazione, o in altro luogo purché contemplato dal regolamento, offrendo la possibilità per il mediatore di avvalersi anche dell’ausilio di esperti iscritti agli albi dei consulenti presso i tribunali. Nel caso di mancata comparizione della parte o delle parti convenute, il mediatore delegato a trattare la controversia deve 29 darne conto, essendo prevista anche la facoltà da parte del giudice di poter sanzionare chi, senza giustificato motivo, non ha preso parte alla mediazione21. In capo al mediatore ricade l’obbligo della riservatezza nei confronti di terzi e delle parti, sulla materia del contendere, così come testualmente recita l’art.9: “chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo o comunque nell’ambito del procedimento di mediazione è tenuto all’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo”. Ratio di questa norma è senza dubbio la tutela delle parti, al fine di rendere la procedura più serena, così come a concorrervi troviamo tanto il richiamo al segreto professionale, quanto l’inutilizzabilità nel giudizio ordinario delle informazioni e delle dichiarazioni raccolte durante il procedimento. Gli esiti della procedura di mediazione sono definiti dall’art.11, che ne prevede tre tipologie: La Conciliazione Facilitativa É detta conciliazione facilitativa, quella che si realizza allorché le parti pervengono alla conclusione della mediazione in maniera amichevole, le relative risultanze dovranno essere formalizzate dal mediatore, che è tenuto ad allegare l’accordo al processo verbale da lui stesso stilato. 21 art.116 co.2 c.p.c 30 Accordo Non Raggiunto Nel caso in cui non si raggiunga l’accordo, il Decreto prevede due possibilità a cui il mediatore deve attenersi, aventi entrambi ad oggetto la proposta, ovverossia un tentativo di soluzione della controversia. Nel caso in cui sia il mediatore a formulare una proposta e qualora le parti siano molto distanti dalla soluzione consensuale, il mediatore è tenuto a comunicare alle parti le conseguenze di cui all’art. 13, ovvero l’esclusione della ripetizione delle spese ottenute dalla parte vincitrice, il rimborso delle spese sostenute da parte soccombente e il versamento di un’ulteriore somma per il contributo unificato dovuto nel caso di giudizio ordinario, il rimborso delle spese di mediazione. Diversamente è previsto che il mediatore elabori una proposta di conciliazione su impulso delle parti, che concordemente ne possono fare richiesta nel corso del procedimento. La proposta di conciliazione deve essere comunicata alle parti per iscritto, mentre a queste ultime viene richiesto di rispondere accettandola o rifiutandola nel termine di sette giorni. Qualora non arrivi alcuna risposta, quest’ultima sarà considerata come rifiuto. Efficacia ed esecuzione Qualora si giungesse ad un accordo, quest’ultimo ai sensi dell’art.13 “potrà essere omologato su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo”, sempre che non 31 sia contrario a norme imperative o di ordine pubblico. É stato previsto inoltre che il verbale di mediazione abbia efficacia esecutiva per l’espropriazione forzata, l’esecuzione in forma specifica e costituisca titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Al Presidente del Tribunale spetta il controllo sostanziale diretto al contenuto dell’accordo e quello formale circa il rispetto degli elementi procedurali del verbale di conciliazione. Obblighi Del Mediatore L’art. 14 recante gli obblighi per il mediatore statuisce: “al mediatore e ai suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti o obblighi connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, fatta eccezione per quelli strettamente inerenti alla prestazione dell'opera o del servizio”. Il co. 2 del richiamato articolo prevede inoltre per il mediatore i seguenti obblighi: a) sottoscrivere una dichiarazione di imparzialità; b) informare immediatamente l’organismo e le parti le ragioni di un possibile pregiudizio di imparzialità; c) formulare le proposte di conciliazione; d) corrispondere a ogni richiesta organizzativa del responsabile dell’organismo; 32 Disciplina degli Organismi di Mediazione Il capo III del Decreto disciplina gli organismi di mediazione, ossia i soggetti pubblici o privati deputati a gestire il procedimento di mediazione, che devono conformarsi a “garanzie di serietà ed efficienza”, previa la necessaria iscrizione in apposito Registro presso il Ministero della Giustizia. Il Regime Fiscale della Mediazione Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione nella formulazione del Decreto sono da considerarsi esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura, mentre per l’imposta di registro l’esenzione risulta limitata ad euro 50.000. Il IV Capo all’art.20, nell’ottica di favorire e promuovere l’accesso alla mediazione, prevede un generale contenimento dei costi per le parti che ricorrono alla mediazione, le quali verseranno un credito di imposta commisurato all’indennità stessa, ma fino alla concorrenza di Euro 500. Sulla stessa linea si pone anche l’art. 21, che, nel recepire le normative comunitarie, espone la necessità di divulgazione ampia della nuova riforma, e dei metodi di accesso alla nuova procedura, il tutto al fine di tutela e diffondere la cultura dell’A.D.R. 33 L’Obbligo di Segnalazione Al Capo V, gli art. 22, e ss. prevedono l’obbligo di segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. 2.3. Fase Applicativa della Mediazione Al D. Lgs. N.28/2010 è seguita una copiosa produzione attuativa ed interpretativa della nuova normativa sulla Mediazione, aperta dal Decreto Ministeriale n.180 del 18 Ottobre 2010 che fissava le caratteristiche e i requisiti richiesti agli organismi di conciliazione e agli enti di formazione. Questo provvedimento, mirante essenzialmente a chiarire i dubbi sulla mediazione, e definire tre scelte importanti, la prima di carattere prettamente culturale nell’affermare la mediazione come superamento delle logiche di contrapposizione processuale, la seconda di tipo deflattivo in quanto la condizione di procedibilità si pone come tentativo di arginare l’alto numero di giudizi civili, ed in fine la terza di natura incentivante onde distogliere i cittadini da un’ottica contenziosa. Al D.M. n.180 del 18 ottobre 2010 è seguito il correttivo dato dal Decreto del Ministero della Giustizia n.197 del 25 Agosto 2011 con cui si è cercato di risolvere alcune criticità evidenziatesi nella prima fase applicativa della disciplina, fatte emergere da alcune richiesta avanzate dall’Avvocatura. 34 Parallelamente il Ministero della Giustizia, in un certo senso, ha accompagnato questa prima fase con una serie di circolari interpretative con le quali è intervenuta sulla procedura e sui requisiti dei mediatori22, sull’attività di tenuta del Registro degli Organismi di Mediazione e l’elenco degli enti di formazione, nonché l’applicabilità della disciplina del silenzio assenso23, ed in fine attuando ulteriori misure correttive al D.M. 145/201124. Tale corpus normativo, ha tuttavia suscitato non poca diffidenza, tant’è che anche i primissimi dati statistici evidenziavano un elevato tasso di mancata costituzione delle parti a cui era rivolta la richiesta di mediazione, e non a caso il legislatore aveva cercato di porvi rimedio introducendo una vera e propria sanzione 25 . A ciò va aggiunto anche come, sia nel caso della mediazione obbligatoria, sia per quanto concerne quella facoltativa, vi era la possibilità per il giudice di dedurre, ai fini del proprio convincimento, argomenti di prova dell’ingiustificata inerzia della parte citata per la mediazione. Inoltre nel caso di formulazione di una proposta di conciliazione da parte del mediatore, anche in caso di mancata costituzione di una delle parti, vi era la possibilità che quest’ultima venisse condannata alle spese del successivo giudizio, qualora seppur vittoriosa, avesse ottenuto una sentenza dal contenuto simile a quello della proposta succitata. 22 Circ. Min. Giust. 4 aprile 2011 Circ. Min. Giust. 13 giugno 2011 24 Circ. Min. Giust. 20 dicembre 2011 25 Art.8 co.5 del D. Lgs 28/10, come modificato dalla L.148 del 14 settembre 2011, di conversione del D.L. 138 del 13 agosto 2011 23 35 Alla luce di tali determinazioni e della quantità di materie investite dalla riforma, gli operatori di settore sono stati in qualche modo “costretti” ad adeguarsi al nuovo istituto e in qualche modo anche a cominciare a goderne dei benefici. Parallelamente si è assistito anche alla creazione di numerosi Organismi di Mediazione e ad una progressivo incremento dei corsi di formazione per i professionisti di settore, il tutto nella prospettiva di una completa applicazione della richiamata riforma. 2.4. Analisi dei Dati Statistici sulla Mediazione Analizzando i dati statistici, forniti dal Ministero della Giustizia, relativi al periodo compreso tra il 21 marzo 2011 e il 31 marzo 2012, si nota un progressivo incremento dei procedimenti iscritti fino al +50% in un anno. Il grafico che segue prende in esame e accorpa i dati provenienti dagli organismi rilevati e la stima relativa a quelli non rispondenti. 36 Esaminando invece i dati relativi alle materie oggetto di mediazione, si noterà come i procedimenti relativi al risarcimento danni da responsabilità medica si attestino al 7,5%, dato importante quest’ultimo se si considera che è relativo al solo primo anno di applicazione della nuova riforma. Da non sottovalutare è anche il dato statistico con proiezione nazionale, relativo ai flussi dei procedimenti. Tenendo sempre presente le controversie per il risarcimento dei danni da responsabilità medica, si noterà come a fronte di 6.759 procedimenti iscritti, ne sono stati definiti ben 4.365. Segno evidente di come tale procedura abbia avuto un discreto successo anche in ambito medico-legale. 37 Studiando invece il dato relativo alle parti convenute, emerge come solo il 35% siano comparse in sede di mediazione, tuttavia il 48% di tali procedure hanno avuto esito positivo. 38 A fronte di una non esaltante percentuale di procedimenti in cui parte convenuta è comparsa, va rilevato come il trend relativo alle costituzioni, fino al 31 marzo 2012, è stato in crescita costante. Analizzando, invece, il dato relativo alle diverse tipologie di mediazione si noterà come il 77,2 % sia relativo alle controversie cui era condizione di procedibilità, mentre al 19,7% si attestano le procedure in cui le parti hanno aderito volontariamente alla mediazione, solo il 2,7% sono le cause in cui la conciliazione è demandata al giudice. 39 Passando all’analisi dei procedimenti di mediazione per regione si noterà come a spiccare in modo particolare siano i dati relativi alla Campania (15,7%) e alla Lombardia (11,4%), che notoriamente hanno un carico di procedimenti giudiziari superiori ad altre regioni. Più in generale si può notare che la maggiore concentrazione di procedure di mediazioni la si trovi al Sud e al Centro. 40 Rilevante è anche il dato relativo all’analisi per valore, con la responsabilità medica che, insieme al fitto di azienda e le successioni ereditarie, supera di gran lunga tutte le altre materie. 41 Da ultimo vale la pena sottolineare come, per quanto attiene alla durata, una procedura di mediazione con accordo raggiunto, duri poco più di sessanta giorni, a fronte di oltre mille per un procedimento a cognizione ordinaria. Segno evidente, non solo dalla velocità di detta procedura, ma anche della sua agilità di svolgimento. 42 CAPITOLO 3 DALL’INCOSTITUZIONALITÀ DELLA RIFORMA AL C.D. “DECRETO FARE” 3.1. La Declaratoria di Incostituzionalità del D.Lgs. 28/2010 Nonostante le iniziali difficoltà, mentre lo strumento della Mediazione si avviava sempre più verso una piena operatività, è intervenuta la dirompente sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale il D.Lgs 28/2010. Nei due anni in cui la riforma è stata in vigore, numerosi erano stati, infatti, i ricorsi alla Corte Costituzionale proposti dai giudici di merito in ordine alla questione di legittimità della normativa de quo, la quale era apparsa in contrasto con gli art. 24 e 77 Cost., laddove prevedeva l’obbligo del tentativo di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda, anche in relazione al superamento dei criteri fissati dalla Legge Delega n.69/2009. Il D.Lgs. 28/10, appariva contrario agli Art.24 e 77 Cost. anche per quanto attiene l’art.16 in cui disponeva che gli organismi deputati a gestire i procedimenti di mediazione dessero garanzia di “serietà ed efficienza”, omettendo però qualsiasi riferimento alle parimenti fondamentali garanzie di “competenza e professionalità”. La Corte Costituzionale, con Sent. n.272 del 6 dicembre 2012, ha invece rilevato un solo principio di incostituzionalità, peraltro assorbente rispetto a tutti gli altri menzionati, ovvero l’eccesso di delega con cui è incorso il 43 legislatore nel prevedere l’obbligatorietà della procedura mediativa per una lunga serie di materie, pur in assenza di precise indicazioni da parte della Legge delega n.69/2009. La Consulta con tale decisione non ha quindi discusso nel merito la validità dell’istituto della mediazione, ma ha riscontrato un vizio di natura formale. L’omissione del D.Lgs 28/2010, in relazione alla Legge Delega 69/2009, non riguardava infatti un aspetto marginale, ma andava posto in relazione al carattere obbligatorio dell’istituto di conciliazione e alla conseguente strutturazione della procedura come condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle controversie di cui all'art. 5, comma 1, del D.Lgs. 28/2010. Veniva dunque superata la temuta declaratoria di illegittimità contrastante, con l’art. 24 Cost., in quanto pregiudicante l’accesso alla giustizia. Del resto anche la Direttiva della Comunità Europea 26 , riconosceva la possibilità di far salva la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, purché tale normazione non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario. Del resto anche il Parlamento Europeo27, si era pronunciato in merito all’attuazione della direttiva del 2008 sottolineando come la stessa consentisse agli Stati Membri di rendere obbligatorio il ricorso alle A.D.R. e contestualmente di favorirlo attraverso incentivi e sanzioni, il 26 27 Comunità Europea n.52/2008 Ris. del 13 settembre 2011 44 tutto però senza impedire al cittadino di esercitare il suo diritto all’accesso alla giustizia. 3.2. Il cd. “Decreto Fare” Il Decreto Legge n.69 del 21 giugno 2013 cd. “Decreto Fare”, varato di recente dal Governo Italiano ha ripristinato la procedura di mediazione, quale condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria nella maggior parte di materie oggetto di contenzioso tra privati. Il legislatore, però, in questa occasione ha posto in essere un atto formalmente autonomo rispetto alla L.69/2009, evitando qualsivoglia rischio di incostituzionalità, ma anzi recependo i rilievi espressi dalla Corte Costituzionale sull’ammissibilità della connotazione obbligatoria nella sentenza 272/2012, ciò ha consentito di riproporre pressoché integralmente la disciplina originariamente tracciata dal Decreto Legislativo 28/2010. Vecchio testo Nuovo testo Art. 4, comma 3 Art. 4, comma 3 All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il 45 contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione. contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione. Art. 5, comma 1 Art. 5, comma 1 Espunto Art. 5, comma 2 Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni. Art. 5, comma 2 Salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo giudice, anche in sede di giudizio di quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, appello, valutata la natura della causa, lo anche in sede di giudizio di appello, valutata la 46 stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può invitare le stesse a procedere alla mediazione. L’invito deve essere rivolto alle parti prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all’invito, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione. Il provvedimento di cui al periodo precedente indica l’organismo di mediazione ed è adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Art. 5, comma 4 Art. 5, comma 4 Il comma 2 non si applica: I commi 1 e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; b) nei procedimenti per convalida di b) nei procedimenti per convalida di licenza o licenza o sfratto, fino al mutamento del sfratto, fino al mutamento del rito di cui rito di cui all’articolo 667 del codice di all’articolo 667 del codice di procedura civile; procedura civile; b bis) nei procedimenti di consulenza tecnica c) nei procedimenti possessori, fino preventiva ai fini della composizione della lite, alla pronuncia dei provvedimenti di cui di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura all’articolo 703, terzo comma, del codice civile; di procedura civile; c) nei procedimenti possessori, fino alla d) nei procedimenti di opposizione o pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo incidentali di cognizione relativi 703, terzo comma, del codice di procedura all’esecuzione forzata; civile; e) nei procedimenti in camera di d) nei procedimenti di opposizione o incidentali consiglio; di cognizione relativi all’esecuzione forzata; f) nell’azione civile esercitata nel e) nei procedimenti in camera di consiglio; processo penale. f) nell’azione civile esercitata nel processo penale. 47 Art. 5, comma 5 Art. 5, comma 5 Salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo il giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. La domanda è presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all’articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all’atto costitutivo, l’individuazione di un diverso organismo iscritto. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo il giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. La domanda è presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all’articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all’atto costitutivo, l’individuazione di un diverso organismo iscritto. Art. 6, comma 1 Art. 6, comma 1 Il procedimento di mediazione ha una Il procedimento di mediazione ha una durata non durata non superiore a quattro mesi. superiore a tre mesi. Art. 6, comma 2 Art. 6, comma 2 Il termine di cui al comma 1 decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa e non è soggetto a sospensione feriale. Il termine di cui al comma 1 decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del quarto o del quinto periodo del comma 1 dell’articolo 5 ovvero ai sensi del comma 2 dell’articolo 5, non è soggetto a sospensione feriale. Art. 7 Il periodo di cui all’articolo 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’articolo 48 Art. 7 5, commi 1 e 2, non si computano ai fini di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89. Il periodo di cui all’articolo 6 non si computa ai fini di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89. Art. 8, comma 1 Art. 8, comma 1 All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari. All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa un primo incontro di programmazione, in cui il mediatore verifica con le parti le possibilità di proseguire il tentativo di mediazione, non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari. Art. 8, comma 5 Art. 8, comma 5 Espunto Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Art. 11, comma 1 Art. 11, comma 1 Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo. Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo. Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13. 49 Art. 12, comma 1 Art. 12, comma 1 Il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative, è omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo. Nelle controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, il verbale è omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l’accordo deve avere esecuzione. Il verbale di accordo, sottoscritto dagli avvocati che assistono tutte le parti, il cui contenuto non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative, è omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo. Nelle controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, il verbale è omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l’accordo deve avere esecuzione. Art. 13, comma 1 Art. 13, comma 1 Resta ferma l’applicabilità degli articoli Quando il provvedimento che definisce il 92 e 96 del codice di procedura civile. giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. Art. 13, comma 2 Espunto Art. 13, comma 2 Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente. 50 Art. 13, comma 3 Espunto Art. 16, comma 4 bis Inesistente Art. 17, comma 4 Art. 13, comma 3 Salvo diverso accordo le disposizioni precedenti non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri. Art. 16, comma 4 bis Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori. Art. 17, comma 4 Con il decreto di cui all’articolo 16, Fermo quanto previsto dai commi 5 e 5-bis del comma 2, sono determinati: presente articolo, con il decreto di cui all’articolo 16, comma 2, sono determinati: a) l’ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti agli organismi a) l’ammontare minimo e massimo delle pubblici, il criterio di calcolo e le indennità spettanti agli organismi pubblici, il modalità di ripartizione tra le parti; criterio di calcolo e le modalità di ripartizione tra le parti; b) i criteri per l’approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli b) i criteri per l’approvazione delle tabelle organismi costituiti da enti privati; delle indennità proposte dagli organismi costituiti da enti privati; c) le maggiorazioni massime delle indennità dovute, non superiori al c) le maggiorazioni massime delle indennità venticinque per cento, nell’ipotesi di dovute, non superiori al venticinque per cento, successo della mediazione. nell’ipotesi di successo della mediazione; d) le riduzioni minime delle indennità dovute nelle ipotesi in cui la mediazione è condizione di procedibilità ai sensi dell’articolo 5, comma 1. Art. 17, comma 5 Espunto Art. 17, comma 5 Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’articolo 5, comma 1, ovvero è prescritta dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 2, all’organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115. A tale fine la parte è tenuta a depositare 51 presso l’organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilità, se l’organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato. Art. 17, comma 5 bis Inesistente Art. 17, comma 5 bis Quando, all’esito del primo incontro di programmazione con il mediatore, il procedimento si conclude con un mancato accordo, l’importo massimo complessivo delle indennità di mediazione per ciascuna parte, comprensivo delle spese di avvio del procedimento, è di 80 euro, per le liti di valore sino a 1.000 euro; di 120 euro, per le liti di valore sino a 10.000 euro; di 200 euro, per le liti di valore sino a 50.000 euro; di 250 euro, per le liti di valore superiore. Dall’esame del nuovo testo legislativo emergono, tuttavia alcune modifiche rispetto all’originale formulazione del D.Lgs 28/2010, che si possono brevemente riassumere nei seguenti punti: Esclusione delle controversie nascenti da sinistro stradale dalle materi soggette a mediazione pregiudiziale obbligatoria; Estensione della mediazione pregiudiziale obbligatoria ai procedimenti sommari di accertamento tecnico preventivo; Riduzione della durata massima della procedura di mediazione da quattro a tre mesi; Attribuzione automatica dello status di mediatore agli avvocati regolarmente iscritti all’albo; 52 Obbligo di sottoscrizione del verbale di mediazione anche ad opera degli avvocati eventualmente assistenti delle parti, e ciò in un ottica valorizzante la figura del legale nell’ambito della procedura conciliativa; Previsione di un primo accesso esplorativo atto a consentire la verifica della possibilità di un bonario componimento della controversia; Attribuzione al giudice della facoltà, nell’ambito della mediazione delegata, di individuazione dell’organismo di mediazione. 3.3. La Mediazione in Ambito Medico-Legale alla luce del cd. “Decreto Fare” Il Decreto Legge n. 69 del 21 giugno 2013 come si è visto, reintroduce la procedura di mediazione, e laddove esclude dalla riforma il contenzioso nascente da sinistro stradale, la ripropone per la responsabilità medica. Tale scelta non ci esime dal riportare alla luce alcune criticità relative al piano medico-legale, in quanto alcuni aspetti di carattere prettamente tecnico sono spesso complessi ed interpretabili in modo diverso da chi ha patito un presunto danno e chi ha fornito una prestazione sanitaria, in questo caso il medico o la struttura sanitaria. Questione preliminare e di non poca importanza è quella relativa alle parti, che debbano essere chiamate a prendere parte al procedimento di mediazione. Tale procedimento è caratterizzato da “informalità” e 53 pertanto, diversamente da quello che può essere un giudizio a cognizione ordinaria, dal quale non possono essere esclusi il principio del contraddittorio e la legittimazione, soggiace al più ampio concetto di “centro di interessi”, ovvero l’interesse ad agire o a contraddire delle parti in vista di una possibile soluzione conciliativa. Parte Attiva sarà, dunque, il danneggiato o i suoi eredi, nel caso in cui quest’ultimo sia deceduto in conseguenza di malpractice medica. Tuttavia, nei casi più gravi, potranno costituirsi anche i familiari, che a vario titolo richiedono il risarcimento dei danni da essi patiti di “riflesso” a seguito del decesso o del danno sofferto dal congiunto. Parte Passiva, invece saranno certamente il medico e l’ente ospedaliero, che hanno fornito la prestazione sanitaria, che saranno legittimati a chiamare in garanzia la compagnia di assicurazioni, al fine di manlevarli dal risarcimento danni. Inoltre è possibile che siano chiamati alla mediazione anche l’équipe medica o più sanitari, che si sono avvicendanti al letto del paziente, essendo tutti potenzialmente interessati a conciliare. Vi è altresì la possibilità che esistano una eventuale franchigia e/o mancate coperture di polizza nei vari contratti assicurativi, che conseguentemente incideranno nella misura dell’apporto economico che ciascun soggetto sarà disponibile a mettere a disposizione onde procedere alla liquidazione in via conciliativa. 54 Uno dei casi più interessanti dal punto di vista giuridico, emersi durante il periodo di applicazione del D.Lgs 28/2010 è quello sollevato da un ordinanza del Tribunale di Venezia, relativo ad un caso di danno da emotrasfrusione, in cui il Ministero della Salute non ha preso parte alla mediazione. Nonostante secondo la Suprema Corte 28 la responsabilità aquiliana del Ministero della Salute trovi la sua fonte in una serie di norme che attribuiscono a quest’ultimo la funzione di ente responsabile della gestione del sangue, con compiti di gestione, organizzazione e controllo sull’attività trasfusionale e sulla sicura tracciabilità degli emoderivati, appare difficile ipotizzare una mediazione con il danneggiato infetto, in quanto occorrerebbero specifici poteri e particolari stanziamenti dello Stato, per procedere ad una liquidazione transattiva del danno. Resta aperta, dunque, questa importante questione, attesi i grossi dubbio rispetto all’applicazione della mediazione nell’alveo dell’azione risarcitoria extra-contrattuale aquiliana. Il Ruolo del Consulente Tecnico Come si è visto la procedura di mediazione, sia essa nella formulazione originaria sia in quella più recente del “Decreto Fare”, contempla la possibilità per il Mediatore, di farsi coadiuvare da una figura professionale, con competenze tecniche specifiche. Pertanto nel caso di un contenzioso relativo alla responsabilità medica, sarà utile che ognuna 28 Cass. S.U. 576/2008 e 581/2008 55 delle parti provveda alla nomina di un consulente medico, o che si proceda alla nomina di un mediatore ausiliario, o che ci si avvalga di un esperto super partes. É chiaro che ciò comporterà un aumento dei costi, nonché il rischio che la mediazione diventi qualcosa di più simile ad un arbitrato, laddove il consulente non sia esperto di tecniche di mediazione, e non tenga conto del dovere di assoluta imparzialità. In linea di massima sarebbe auspicabile, che ognuna delle parti in conflitto si faccia assistere da un proprio consulente, in modo da valutare con maggiore ponderazione i rischi di un eventuale contenzioso in sede civile, o una maggior convenienza nel risarcimento in via conciliativa. Mediazione e Accertamento Tecnico Preventivo L’art.696 bis c.p.c. che statuisce la “consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite” testualmente recita: “L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’ articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti. Se le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della conciliazione. Il giudice 56 attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Il processo verbale è esente dall’imposta di registro. Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito. Si applicano gli articoli da 191 a 197, in quanto compatibili”. Detto istituto è sempre più spesso utilizzato nei casi di responsabilità medica, in quando viene chiesto al giudice la nomina di un consulente tecnico d’ufficio, affinché valuti, al fine della conciliazione, gli aspetti medico-legali di un presunto danno nel contraddittorio dei consulenti delle altre parti. Come precisa la norma, qualora la conciliazione non riuscisse, ciascuna delle parti può chiedere che la relazione del C.T.U. sia acquisita agli atti per il successivo giudizio di merito. Ad ogni modo tale istituto non nasce con lo scopo unicamente di precostituire una prova prima e al di fuori del processo di merito, così come per il tradizionale Accesso Tecnico Preventivo ex art. 69, ma anche per consentire alle parti una conciliazione pregiudiziale, non è un caso che diversi Tribunali lo abbiano affiancato alla conciliazione delegata29 e che ne abbiano sottolineato l’esperibilità anche nel caso contestazione di an e quantum. 29 ex. Art.198 c.p.c. 57 CONCLUSIONI La reintroduzione della Mediazione nell’ordinamento giuridico italiano, sebbene con le modifiche sostanziali atte a superare le questioni di legittimità, é da considerarsi non solo come strumento deflettivo per il contenzioso civile, ma rappresenta una vera e propria scommessa per il nostro diritto, nell’ottica di una modernizzazione necessaria. La Mediazione, diversamente dal Processo Civile, si pone in un’ottica del tutto diversa, mirante a preservare le relazioni future tra le parti in causa con tutte le conseguenze ovviamente positive in termini di relazioni personali, economiche e sociali. É necessario, dunque, tornare a considerare i Tribunali come rimedio estremo per la soluzione di una controversia, e non già come via privilegiata. La rivoluzione culturale a cui ogni cittadino è chiamato è dunque inderogabile non solo per liberarci dalle lungaggini giudiziarie, ma anche per recuperare quell’umanità che hanno perso le professioni, sempre più indirizzate verso la competizione, più che la cooperazione. L’auspicio è che la mediazione diventi il leit motiv della giustizia del terzo millennio, una giustizia in cui al centro c’è solo ed unicamente il cittadino e i suoi interessi e non già parti processuali che si fronteggiano per anni, con notevoli conseguenze per tutte le parti in causa. Dal punto di vista prettamente medico-legale la mediazione in potenza è la soluzione rapida al crescente numero di cause per responsabilità medica, giacché creare 58 una base di dialogo tra sanitari e pazienti significa gettare le basi per un futuro patto sociale, dove lo Stato non si più percepito come nemico, ma come parte collaborativa. 59 BIBLIOGRAFIA ARBARELLO P., MACCHIARELLI L, FEOLA T., dI LUCA N. M., Medicina legale, Minerva Medica Edizioni, 2005. AUTORI VARI, Il Diritto Encliclopedia Giuridica diretta da Salvatore Patti, Edizioni Il Sole 24 Ore, Milano, 2007 AUTORI VARI, Il Danno da Malpractice Medica, Edizioni Il Sole 24 Ore, Milano, 2011 AUTORI VARI, Guida Al Diritto – La Mediazione, Edizioni Il Sole 24 Ore, Milano, 2012 AUTORI VARI, Guida Al Diritto – Mediazione Civile Guida per R.C. Auto e Condominio, Edizioni Il Sole 24 Ore, Milano 2012 ASSINI N., VISCIOLA R., Guida Alla Nuova Mediazione Finalizzata Alla Conciliazione, Italia Oggi, Nuova Giuridica, Ascoli Piceno, 2011 CAPOZZOLI A., Mediazione e Conciliazione “Istruzioni Per L’Uso”, Altalex, Pistoia, 2011 COSI G., ROMUALDI G., La Mediazione Dei Conflitti “Teoria e Pratica Dei Metodi A.D.R.”, Giappichelli Editore, Torino, 2010 DE PALO G., D’URSO L., GOLANN D., Manuale del Mediatore Professionista, Giuffrè, Milano, 2010 FIORI A., MARCHETTI D., Medicina legale della responsabilità medica, Giuffrè, Milano, 2011. IANNINI AUGUSTA, Guida Alla Nuova Mediazione e Conciliazione, Italia oggi, Nuova Giuridica, Ascoli Piceno, 2010 60 MARINELLI DAMIANO, Professione Mediatore, Edizioni Giuridiche Simone, Napoli, 2011 POUND R., The Causes Of Popular Dissatisfaction With The Administration Of Justice, American Bar Association Reports, 1906 SANTAGADA FILOMENA e SASSANI BRUNO, Mediazione E Conciliazione Nel Nuovo Processo civile, Giuridica, Roma, 2010 61