2.3. Fase Applicativa della Mediazione

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INDICE
Introduzione
pg. 2
1. Il Sistema A.D.R.: Profilo Storico e Normativa Europea pg. 6
1.1. Inquadramento storico al sistema A.D.R.
pg. 6
1.2. Il Contributo dell’Unione Europea in Materia di A.D.R. pg. 10
1.3. Le preesistenti procedure A.D.R. in Italia
pg. 15
1.4. Conciliazione e Mediazione Nell’Ordinamento Giuridico Italiano
pg. 19
2. La Riforma della Mediazione In Italia
pg. 24
2.1. L’Art.60 della Legge Delega n.69 del 18.06.2009
pg. 24
2.2. Il Decreto Legislativo n.28 del 4 marzo 2010
pg. 25
2.3. Fase Applicativa della Mediazione
pg. 34
2.4. Analisi dei Dati Statistici sulla Mediazione
pg. 36
3. Dall’Incostituzionalità della Riforma al c.d. “Decreto Fare”
pg. 43
3.1. La Declaratoria di incostituzionalità del D.Lgs. 28/2010 pg. 43
3.2. Il cd. “Decreto Fare”
pg. 45
3.3. La Mediazione in Ambito Medico-Legale alla luce del cd. “Decreto
Fare”
pg. 53
Conclusioni
pg. 58
Bibliografia
pg. 60
1
INTRODUZIONE
La recente approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del
c.d. “Decreto Fare” 1 , recante “disposizioni urgenti per il rilancio
dell’economia”, riporta alla luce la vexata quaestio della Mediazione
Civile, reintroducendola nel nostro sistema giuridico, a seguito della
declaratoria di illegittimità da parte della Corte costituzionale dell’art. 5,
co. 1, D.Lgs. 28/2010 per eccesso di delega2.
Nonostante si profili un nuovo dibattito tra Governo e
Avvocatura, con quest’ultima impegnata spesso in operazioni di
ostruzionismo, la reintroduzione della Mediazione Civile, qualora fosse
superata la questione di legittimità costituzionale, sarebbe del tutto
coerente con quello che è stato il florilegio di normative e
raccomandazioni dell’Unione Europea, nonché con l’orientamento della
maggior parte degli ordinamenti giuridici occidentali, Stati Uniti in testa,
che sempre più si sono indirizzati verso le c.d. Alternative Dispute
Resolution (A.D.R.). La mediazione, definita come un istituto destinato
ad operare in via stragiudiziale, ossia fuori del processo civile, e in forma
amministrata, essendo gestita da organismi di natura pubblica o privata,
come recita il D. Lgs. n.28/2010, è “l’attività svolta da un terzo
imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti, sia nella ricerca
di un accordo amichevole per la composizione di una controversia (c.d.
1 Decreto Legge n. 69 del 21 giugno 2013
2 Sent. n. 272 del 6 dicembre 2012
2
Mediazione compositiva), sia nella formulazione di una proposta per la
risoluzione della controversia (c.d. Mediazione propositiva)”.
L’Italia, notoriamente poco incline al cambiamento, ha mostrato
negli anni come sia stato sempre difficoltoso apportare modifiche
legislative sostanziali non solo al sistema giuridico, ma anche più in
generale a quello della politica e della forma di governo, e questo per i
veti incrociati della politica, delle categorie professionali, o ancora dei
sindacati. In questo senso il dibattito ancora aperto sulla Mediazione, è il
sintomo di come la nostra nazione sia ancora lontana da quella
“rivoluzione
culturale”
necessaria
affinché
abbia
seguito
una
qualsivoglia riforma e questo non solo nel microcosmo della giustizia
civile, ma anche in quello del sistema Stato in generale. Di fronte al
continuo sviluppo tecnologico, e per converso alla luce anche del default
del sistema economico internazionale, sarebbe necessario, mai come ora,
mettere da parte gli interessi corporativi, quelli coltivati per anni a difesa
delle categorie professionali, e guardare in faccia al cambiamento che i
tempi ci richiedono, nel nome dell’interesse collettivo. Diversamente
saremmo costretti a vedere ancora i nostri tribunali invasi da cause che si
trascinano stancamente per anni, tra rinvii continui ed udienze
interlocutorie, utili solo a prendere tempo e ad incrementare qualche
parcella.
La risoluzione stragiudiziale del contenzioso civile e commerciale
nel nostro sistema giuridico è, per altro, preesistente rispetto tanto al
3
D.Lgs n.28/2010 quanto al cd.
“Decreto Fare”, che hanno
semplicemente disciplinato organicamente quello che si è solito fare
nell’approcciare una controversia prima di adire le autorità giudiziarie
competenti. Dati statistici e studi di settore hanno confermato come le
soluzioni stragiudiziali alle liti in ambito civile rappresentino un punto di
svolta importante, non solo per alleggerire il carico degli uffici giudiziari,
ma soprattutto per rendere più agevole l’approccio alla giustizia da parte
delle aziende.
Nella sua nuova elaborazione la Mediazione, recupera quei profili
di costituzionalità che erano venuti meno nella prima formulazione,
mantenendo inalterato il punto ineludibile dell’obbligo per le parti in
causa, di tentare una conciliazione prima di adire gli organi giudicanti.
La principale novità della nuova riforma, vede escluse dalla Mediazione i
danni provocati dalla circolazione di veicoli, mentre resta prevista per il
condominio, i contratti assicurativi e bancari e la responsabilità dei
medici.
Il presente lavoro di ricerca prende in esame la Mediazione,
partendo dall’analisi delle forme di conciliazione, giudiziali ed
extragiudiziali, esistenti nell’ordinamento italiano prima del D.Lgs.
28/2010 e passando in rassegna le elaborazioni comunitarie in tema di
A.D.R. aventi forza persuasiva o vincolante per gli Stati membri
(Direttiva n. 2008/52/CE), mira a far emergere l’importanza e l’indubbia
novità di questa riforma, nel particolare ambito medico-legale.
4
A tal riguardo si è provveduto, alla luce del richiamato “Decreto
Fare” a studiare attentamente gli ambiti applicativi della riforma, alla
luce tanto dei regolamenti e delle circolari elaborate dal Ministero della
Giustizia, chiamato a rispondere ai numerosi dubbi interpretativi insorti
su D.Lgs. n. 28/2010, quanto anche dei dati statistici, che hanno
evidenziato una importante percentuale di successi delle procedure di
mediazione. Ne è nato un contributo di analisi oggettiva della situazione
esistente, volto ad evidenziare i principali aspetti tecnico-operativi della
Mediazione in ambito medico-legale.
5
CAPITOLO 1
IL SISTEMA A.D.R.: PROFILO STORICO E NORMATIVA
EUROPEA
1.1. Inquadramento storico al sistema A.D.R.
Cercando brevemente di rintracciare le origini storiche della
mediazione, si scopre come innumerevoli sono i documenti e le
testimonianze,
che
la
individuano
come
strumento
giuridico
stragiudiziale, atto a dirimere le controversie all’interno delle comunità.
Il Diritto Romano, ci insegna che prima di adire agli organi giudiziari, i
cittadini erano soliti tentare un accordo amichevole, che successivamente
veniva ratificato di fronte ad un giudice. Andando più indietro nel tempo,
nelle società patriarcali, erano i membri più anziani a vestire i panni del
mediatore, per dirimere le controversie, mentre in Oriente lo stesso
compito era affidato al capo del villaggio, figura terza ed indipendente,
che secondo Confucio, attraverso la persuasione morale, aveva il
compito di evitare l’esasperarsi del desiderio tra gli individui di prevalere
a tutti i costi in una causa.
Di grande importanza dal punto di vista storico è anche il ruolo
che ha giocato la Chiesa Cattolica, laddove erano i parroci a tentare
bonarie composizioni delle controversie nascenti tra i fedeli, così come
da non dimenticare sono gli arbitratores seu amicabiles compositores
6
dell’area italo-elvetica e mitteleuropea, il cui compito era quello di
definire controversie in materie di rapporto tra i vari stati. Nella seconda
metà dell’Ottocento, a seguito del processo di Unificazione del Regno
d’Italia e la contestuale riforma del Codice di Procedura Civile, venne
emanato il Regio Decreto n. 2626 del 6 dicembre 1865 con il quale
veniva istituito il giudice conciliatore. Detta figura, nominata
direttamente dal sovrano, aveva il compito di dirimere in via del tutto
informale le controversie giudiziarie aventi un valore inferiore a 30 lire,
le quali dopo l’accordo tra le parti venivano decise sulla base di un
verbale di conciliazione direttamente esecutivo, avente la forma della
scrittura privata. L’istituzione degli uffici di conciliazione, avvenne
successivamente con la Legge n. 261 del 16 giugno 1892, e prevedeva la
presenza di un giudice elettivo competente in materia di “azioni
personali, civili e commerciali” fino al valore di 100 Lire. Se all’inizio
del XX secolo il giudice conciliatore assorbiva addirittura l’84,5% delle
controversie civili, con l’istituzione della Repubblica si è assistito ad un
progressivo svuotamento delle sue funzioni giurisdizionali, fino alla sua
abolizione, avvenuta nel 1996 contestualmente all’istituzione del Giudice
di Pace, magistrato non togato onorario a cui furono affidate cause di
minore entità in materia penale e civile. Significativo è sottolineare
come il Codice di Procedura Civile in vigore, abbia posto la
conciliazione in fase giudiziaria, quale adempimento preliminare alla
7
trattazione della causa, elevandola ad istituto generale del procedimento
di cognizione.
Volgendo lo sguardo oltreoceano, all’inizio del secolo, giova
rammentare come si debba al giurista americano Roscoe Pound, lo
stimolo alla cristallizzazione normativa dell’istituto della Mediazione.
Nel corso di un convegno dell’American Bar Association, Roscoe Pund,
infatti tenne una relazione 3 , in cui rivolse un duro attacco al sistema
adversary americano e al formalismo giuridico dei tribunali, incapace di
risolvere le controversie, complice anche un uso strumentale del diritto.
A riguardo giova riportare le parole dello stesso Pound, che suonano
drammaticamente ancora attualissime: “L'effetto della nostra procedura
esageratamente contenziosa non è soltanto di eccitare le parti, i
testimoni o i giurati, ma anche di diffondere nella comunità un falso
concetto delle intenzioni e degli scopi del diritto (....) Se la legge è solo
un gioco, né i giocatori che vi prendono parte né il pubblico che vi
assiste possono essere spinti a sottomettersi al suo spirito, quando
vedono che i loro interessi sono meglio serviti eludendolo (....). Così i
tribunali, istituiti per amministrare la giustizia secondo la legge, si
trasformano in agenti o in complici dell’illegalità”.
A fronte però di tali considerazioni elaborare da Pound, fu solo tra
la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, che gli Stati Uniti con
la modifica del Titolo XXVIII della Carta dei Diritti, diedero impulso al
3 Roscoe Pound, The Causes Of Popular Dissatisfaction With The Administration Of Justice
8
sistema di Alternative Dispute Resolution, arrivando a considerarlo
pregiudiziale rispetto a qualsiasi procedura contenziosa. Qualche anno
più tardi questo sistema prese a diffondersi anche negli altri paesi
afferenti al Common Law, quali Australia e Regno Unito, per giungere in
Europa solo negli anni Novanta, come tentativo di far fronte alla
sopraggiunta inadeguatezza degli ordinamenti giudiziari. La litigation
explosion e l’emersione di una spinta critica verso il proceduralismo
formale, sono state, senza dubbio, le cause determinanti per la nascita dei
sistemi di A.D.R., e nel lungo periodo è emerso chiaramente come negli
Stati Uniti, il concetto di procedura “alternativa” al giudizio, abbia
lasciato il posto a quello di metodo “adeguato” per la composizione delle
liti.
E’ necessario però chiarificare sin da subito come le A.D.R.,
ovvero i sistemi alternativi alla giurisdizione per la risoluzione delle
controversie, siano una grande categoria dove vanno rintracciate diverse
tipologie di mediazione, pur mirando tutte allo stesso fine, ovvero trovare
un accordo che soddisfi entrambe le parti in causa. In primo luogo va
rimarcata la differenza tra la composizione della lite endoprocessuale,
che si svolge necessariamente davanti al giudice e consente alle parti di
accordarsi evitando la successiva procedura giudiziale, e la Mediazione
stragiudiziale, che si svolge privatamente tra gli interessati ed ha forma
libera. Altra necessaria differenziazione va operata tra Adjudicatory
A.D.R., in cui un terzo propone alle parti una soluzione per la
9
composizione della controversia, e Consensual A.D.R., in cui parte terza
si limita ad assistere all’accordo tra le parti, ratificandone le risultanze.
La semplicità di accesso, l’economicità e la velocità del procedimento,
hanno consentito ai diversi metodi di A.D.R. di svilupparsi rapidamente
nei vari ordinamenti giudiziari europei, pur mantenendo integra la tutela
nei confronti dei diritti del cittadino.
1.2. Il Contributo dell’Unione Europea in Materia di A.D.R.
A partire dalla fine degli anni Novanta, si è assistito ad una
costante propulsione comunitaria nell’emanare atti che favorissero
l’introduzione sempre più massiccia delle A.D.R. in Europa, in questo
senso ci sembra opportuno segnalare due Raccomandazioni della
Commissione Europea in materia di conciliazione a tutela dei
consumatori, ovvero la n. 98/257/CE4 “concernente i principi applicabili
agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle
controversie in materia di consumo” e la n. 2001/310/CE5 “sui principi
applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione
consensuale delle controversie in materia di consumo”, e la
Raccomandazione del Consiglio n. 2000/C 155/01 “relativa ad una rete
comunitaria di organi nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle
controversie in materia di consumo”. Detta produzione di indirizzo, è
4 Raccomandazione 98/257/CE, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea n. 115/31/98,
5
Raccomandazione 2001/310/CE, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea n. 109/56/2001
10
culminata con la pubblicazione, il 19 aprile 2002, del Libro Verde
sull’A.D.R. 6 della Commissione Europea
COM 196/2002, avente lo
scopo di “stimolare il dibattito sulle problematiche derivanti dalle
iniziative sulle ADR nell’Unione Europea e raccogliere le opinioni delle
parti interessate”. Il richiamato documento, nato sulla scia della
crescente attenzione verso gli strumenti di composizione stragiudiziale
delle controversie civili, è diventato un punto di riferimento e uno
stimolo normativo importante per gli Stati membri dell’Unione Europea,
in quanto: “offre l’occasione per sensibilizzare il più vasto pubblico
possibile ai sistemi di risoluzione alternativa delle controversie, e
consente inoltre di assicurare una migliore comprensibilità delle
realizzazioni e delle iniziative adottate in materia dagli Stati membri e a
livello comunitario”. Gli obiettivi principali di questo testo, si
indirizzano verso la creazione di una cornice normativa, che si pone
come obiettivi essenziali: l’armonizzazione della legislazione dei vari
Stati Europei, la predisposizione di schemi per assicurare determinati
standard qualitativi, assicurare la riservatezza delle procedure A.D.R. e la
formazione dei responsabili delle attività di mediazione, e l’adozione di
misure atte a garantire la validità dell’accordo tra le parti.
La proposta comunitaria va, dunque, letta come un tentativo di
rispondere alle emergenti difficoltà di accesso alla giustizia, che
numerosi Stati Membri si trovano ad affrontare, a causa del moltiplicarsi
6 Libro Verde sull’A.D.R. Commissione Europea COM 196/2002 del 19 aprile 2002
11
delle controversie e il conseguente esponenziale aumento del carico
giudiziario. Particolare attenzione è stata riposta anche al contenzioso
transfrontaliero,
che
con
la
crescita
del
mercato
interno
e
l’intensificazione del commercio elettronico, è in esponenziale aumento,
ed in questo senso è stato ribadito come l’accesso alla giustizia sia un
diritto fondamentale statuito dall’Art.6 della Convenzione Europea.
In buona sostanza l’A.D.R. per le istituzioni dell’Unione Europea
era ed è da considerarsi come una “priorità politica” per tutti gli Stati
Membri a cui spetta il compito di promuovere i metodi alternativi alla
composizione delle liti giudiziarie, garantendone lo sviluppo, la
flessibilità e la qualità. Le istituzioni europee hanno inteso proporre la
scelta di modelli non obbligatori, ribadendo come per il buon esito delle
procedure vada posto in risalto il carattere consensuale del ricorso
all’A.D.R., il principio dell’autonomia negoziale privata da esprimersi in
ogni fase del procedimento, nell’ottica di un progressivo riavvicinamento
delle parti, a cui spetta anche la modalità di risoluzione del contendere.
In questo senso, secondo quanto afferma la Commissione,: “il ricorso
agli organi giurisdizionali, indicativo del rifiuto a partecipare ad una
procedura di A.D.R. prevista dal contratto, potrebbe pertanto essere
sanzionato in quanto costituirebbe la violazione di un obbligo
contrattuale. Un simile rifiuto potrebbe avere come conseguenza che il
giudice investito di una richiesta relativa all’esecuzione di altre
disposizioni del contratto la dichiari irricevibile. Allo stesso modo, il
12
fatto di non accettare di partecipare alla procedura di A.D.R. potrebbe
essere considerato come una violazione dell’obbligo di buona fede”. Dal
punto di vista prettamente procedurale il Libro Verde si sofferma anche
sull’interruzione dei termini di prescrizione precisando che: “il ricorso
all’A.D.R. è suscettibile di incidere sul diritto di accesso alla giustizia in
quanto non interrompe il decorrere dei termini di prescrizione fissati per
adire il giudice. Nelle more della procedura conciliativa il ricorso
all’ADR potrebbe comportare la decorrenza del termine fissato dalla
legge per proporre la domanda giudiziale e quindi far valere il proprio
diritto”. Non di meno grande attenzione è riservata alla figura del
mediatore, che deve essere nominato dalle parti, sia esso in forma diretta
o attraverso un organismo che procede alla sua nomina. Passi decisivi
verso l’attuazione degli enunciati del Libro Verde del 2002 sono stati
compiuti attraverso il Codice Europeo di Condotta Per Mediatori del
2004, e la Direttiva n. 2008/52/CE7, recante gli indirizzi per la disciplina
della
conciliazione
stragiudiziale
nell’ambito
delle
controversie
transfrontaliere. Nella versione italiana della direttiva, il termine inglese
“mediation”, tradotto letteralmente in italiano come “mediazione”, è
definito come “un procedimento strutturato, indipendentemente dalla
denominazione, dove due o più parti di una controversia tentano esse
stesse, su base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione
della medesima con l’assistenza di un mediatore. Tale procedimento può
7 Direttiva n. 2008/52/CE, approvata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio il 21 maggio 2008 e pubblicata nella
G.U.U.E. 24 maggio 2008
13
essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo
giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro. Esso include
la mediazione condotta da un giudice che non è responsabile di alcun
procedimento giudiziario concernente la controversia in questione. Esso
esclude i tentativi messi in atto dall’organo giurisdizionale o dal giudice
aditi al fine di giungere ad una composizione della controversia in
questione nell’ambito del procedimento giudiziario oggetto della
medesima”. Per converso anche il “mediator”, tradotto con il termine
“mediatore”, è identificato come “qualunque terzo cui è chiesto di
condurre la mediazione in modo efficace, imparziale e competente,
indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo
terzo nello Stato membro interessato e dalla modalità con cui è stato
nominato o invitato a condurre la mediazione”. Da ultimo la direttiva
imprime una spinta propulsiva all’introduzione delle A.D.R. negli stati
comunitari, precisando: “la legislazione nazionale che rende il ricorso
alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia
prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, purché tale
legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al
sistema giudiziario”.
14
1.3. Le preesistenti procedure A.D.R. in Italia
Prima di addentrarci nella trattazione analitica del D. Lgs. 28/2010
che ha introdotto, seppur per un breve periodo la Mediazione in Italia, ci
sembra opportuno descrivere le principali procedure A.D.R. preesistenti
nel nostro sistema giuridico, prendendo in esame e rilevando le
similitudini e diversità sostanziali tra i vari istituti assimilabili alla
mediazione, ovvero l’arbitrato, l’arbitraggio, la consulenza tecnica
contabile e la transazione.
L’Arbitrato
Previsto dal Codice di Procedura Civile l’Arbitrato 8 (dal latino
arbitratus, cioè giudizio) è un metodo alternativo di risoluzione delle
controversie, senza adire ad un procedimento giudiziario. Detto istituto,
riservato esclusivamente al contenzioso civile e commerciale, si svolge
mediante l’affidamento di un apposito incarico ad uno o più soggetti terzi
rispetto alla controversia, detti arbitri, solitamente in numero di tre, dei
quali due scelti dalle parti in causa, e mentre il terzo componente del
collegio, viene nominato di comune accordo dalle stesse parti, o
diversamente ne viene chiesta l’individuazione da parte di soggetto
esterno, che abitualmente è individuato nella persona del Presidente del
locale Tribunale. A seguito dell’istruttoria, il collegio arbitrale produce
8 artt. 806-840Libro IV, Titolo VIII, c.p.c.
15
un lodo, che contiene la soluzione del caso ritenuta più appropriata, e che
assume l’efficacia di sentenza esecutiva, qualora venga richiesta
l’omologazione da parte del giudice.
L’arbitrato, pur presentando delle similitudini rispetto alla
conciliazione,
è
concettualmente
del
tutto
diverso,
essendo
sostanzialmente un procedimento giudiziario, regolato dal diritto
processuale, a differenza di quest’ultimo che sottace al diritto
sostanziale. Inoltre mentre il predetto istituto mira a definire a favore di
una delle parti la controversia, la mediazione, quasi fosse un’estensione
della negoziazione, è indirizzata a migliorare il rapporto tra le parti,
favorendo una soluzione positiva per entrambe le parti in causa.
L’Arbitraggio
L’Art. 1349 c.c. testualmente recita: “Se la determinazione della
prestazione dedotta in contratto è deferita a un terzo e non risulta che le
parti vollero rimettersi in mero arbitrio, il terzo deve procedere con
equo apprezzamento. Se manca la determinazione del terzo o se questa è
manifestamente iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice.
La determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo non si può
impugnare se non provando la sua mala fede. Se manca la
determinazione del terzo e le parti non si accordano per sostituirlo, il
contratto è nullo. Nel determinare la prestazione il terzo deve tenere
16
conto anche delle condizioni generali della produzione a cui il contratto
eventualmente abbia riferimento”.
Per quanto sopra appare evidente come l’arbitraggio sia la
procedura che ricorre allorché le parti, nella formazione di un negozio
giuridico, lasciano indeterminato uno degli elementi atti a perfezionarlo,
affidando ad un terzo la determinazione di quest’ultimo. Netta è, dunque,
la differenza con la conciliazione, atteso che l’arbitraggio è relativo ad
una fattispecie relativa ad un dettaglio da integrare in un rapporto
giuridico, anche in mancanza dei presupposti reali o potenziali per una
controversia. Ne consegue che anche dal punto di vista dei presupposti
due istituti saranno da considerarsi del tutto diversi, in quanto
l’arbitraggio esula dal componimento della lite, ma è indirizzato per certi
versi a prevenirla.
La Consulenza Tecnica in Materia Contabile
L’Art. 189 c.p.c. statuisce che il giudice, ravvisata l’esigenza di
esaminare documenti contabili e registri, può dare incarico al consulente
tecnico, affidandogli contestualmente anche il compito di tentare una
conciliazione tra le parti. Qualora si raggiunga una composizione bonaria
della lite, viene redatto un processo verbale, che le parti e il consulente
tecnico sottoscrivono, e che viene inserito nel fascicolo d’ufficio,
diventando esecutivo a seguito di un decreto emesso dal giudice. Qualora
la conciliazione non andasse a buon fine, il consulente tecnico redige una
17
relazione, che viene depositata nel fascicolo d’ufficio nei termini
prescritti dall’art. 200 c.p.c., e sulla base di essa le parti possono
depositare note controdeduttive redatte da un loro consulente tecnico di
fiducia.
La Transazione
La transazione è certamente la procedura che più si avvicina alla
mediazione, in quanto le parti pongono in essere un accordo atto a porre
fine o a prevenire una controversia tra loro, facendosi reciproche
concessioni con le quali possono creare, modificare o estinguere anche
rapporti diversi da quello che ha formato l’oggetto della pretesa e della
contestazione9. Per porre in essere una transazione, le parti devono avere
disponibilità dei diritti ad oggetto del contendere, che qualora fossero
indisponibili 10 rendono del tutto nulla la procedura ai sensi e per gli
effetti dell’art. 1966 c.c. . In questo senso va precisato che la transazione
per sua natura, impone una rinuncia reciproca alle parti, mentre nel
procedimento di mediazione si forma un accordo, che si presuppone
vantaggioso per entrambe.
9 art.1965 c.c.
10 es. le previsioni di cui all’agli artt. 231 e ss. c.c., 150 e ss, c.c. e 2112 c.c.
18
1.4. Conciliazione e Mediazione Nell’Ordinamento Giuridico
Italiano
La conciliazione e la mediazione non rappresentano una novità nel
nostro ordinamento giuridico, rientrando in una più ampia gamma di
strumenti atti a dirimere le controversie. Negli anni si è teso a
differenziare le differenti modalità di bonario componimento della lite in
base alla sede in cui veniva espletato, individuandone tre tipologie: la
conciliazione giudiziaria, promossa dal giudice nell’ambito di un
processo, la conciliazione stragiudiziale, e quella amministrata, che si
realizza quando viene effettuata presso un ente o un organismo che offre
un servizio di conciliazione.
La Conciliazione Giudiziaria
Approvato con Regio Decreto n.1443 del 28 ottobre 1940 11 , il
vigente Codice di Procedura Civile, ancorché più volte novellato,
presenta numerosi rimedi conciliativi atti alla risoluzione delle
controversie. Un esempio quanto mai concreto è rappresentato dalla
previsione di cui all’art. 320 c.p.c., che pone tra le funzioni
giurisdizionali del Giudice di Pace, il tentativo di conciliazione in sede
contenziosa, elemento quest’ultimo che nella prassi è sempre meno
valorizzato, ma che contribuirebbe in maniera determinante al
decongestionamento degli uffici giudiziari italiani. Parimenti, da non
11 entrato in vigore solo il 21 aprile 1942
19
trascurare sono anche il dettato dell’art. 322 c.p.c, che consente di
ricorrere al Giudice di Pace, per un tentativo di conciliazione in sede non
contenziosa, e l’art. 183 c.p.c. che prevede, quant’anche in via
facoltativa, il tentativo di bonario componimento della lite da parte del
giudice nel corso della prima udienza di trattazione nel giudizio
ordinario. Il tentativo di conciliazione è altresì citato in sede di udienza
di trattazione in appello12, nella prima udienza del giudizio di lavoro13,
nella separazione personale dei coniugi 14 e nel divorzio 15 . Nondimeno
anche il Codice Di Procedura Penale all’art.555 prevede che il giudice,
qualora il reato sia perseguibile a querela, verifichi l’eventuale
remissione della stessa. A fronte di tale corpus normativo atto a rendere
più fluido il sistema giudiziario, la conciliazione in sede processuale non
ha goduto di grande successo, complice il fatto che a vestire i panni del
conciliatore vi sia lo stesso giudice, che sarà chiamato a redigere la
sentenza, e che sempre più spesso gli avvocati si mostrano del tutto
disinteressati a definire la causa, prediligendo un atteggiamento
ostruzionistico. Va comunque rilevato che molto spesso l’ingente
numero di cause assegnate ai vari giudici, impedisce loro un attento
studio della controversia, e per contro anche di studiare una eventuale
strategia conciliativa. A questo va aggiunta una certa ritrosia a
considerare il giudice come parte conciliante, e allorché in corso di causa
si trovi un accordo tra le parti, quest’ultimo avviene attraverso la stipula
12
art. 350 c.p.c.
art.420 c.p.c.
14 art. 708 c.p.c.
15 art. 4 L.898/1970
13
20
di una transazione stragiudiziale, lasciando che la causa vada
naturalmente verso l’estinzione per cessata materia del contendere.
La Conciliazione Stragiudiziale
La Legge n. 203 del 3 maggio 1982, che introduceva la
conciliazione obbligatoria per le controversie relative ai contratti agrari, è
stato il primo esempio di introduzione in Italia di una forma di
mediazione stragiudiziale ed extraprocessuale, tuttavia solo a partire dal
1993 si è assistito alla progressiva introduzione di tali procedimenti, da
esperirsi in maniera volontaria e spontanea su impulso delle parti,
indipendentemente dalla proposizione del giudizio.
Tra le riforme più rilevanti va segnalata la conciliazione per le
controversie di lavoro ex art. 410-412 c.p.c., da esperirsi di fronte ad
apposte Commissioni presso la Direzione Provinciale del Lavoro e in
sede sindacale, divenuta obbligatoria nel 1998 e, a fasi alterne, resa
obbligatoria e poi ancora facoltativa. Migliori fortune le ha avute il
tentativo di conciliazione paritetica introdotto dall’Autorità Garante per
le comunicazioni, ex L. 249/1997, relativo alle controversie che possono
insorgere tra utenti e soggetti concessionari. Sebbene sia definita come
conciliazione, nella pratica si tratta di una negoziazione diretta fra le
parti, dal momento che manca una terza imparziale, con funzioni di
conciliatore, sostituita da una commissione di rappresentanti delle parti.
É bene precisare, inoltre, che per tali controversie, non è possibile
21
proporre domanda giudiziale, finché non sia stato esperita tale procedura
pregiudiziale, che deve esaurirsi nel termine di 30 giorni. Sono previsti,
altresì, tentativi di conciliazione per le controversie in materia di diritto
d’autore 16 , nel caso di sinistri marittimi 17 , per la fornitura di servizi
turistici18 e per le controversie inerenti il commercio elettronico19.
La conciliazione amministrata
L’esempio più interessante di conciliazione amministrata in Italia
è certamente quello nato presso gli sportelli delle Camere di Commercio,
istituzione da sempre impegnata nella diffusione della cultura delle
A.D.R. La Legge n.50 del 29 dicembre 1993, nel riordinare tali
istituzioni,
prevedeva
infatti
che:
“Le
camere
di
commercio,
singolarmente o in forma associata, possono tra l’altro: a) promuovere
la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione
delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori ed utenti
(...)”. Tale provvedimento legislativo attribuiva dunque alle locali
Camere di Commercio di istituire commissioni di conciliazione, per
incoraggiare la risoluzione rapida di controversie di carattere
commerciale. Successivamente con l’art.10 dalla Legge 192/98 tale
procedura è stata estesa anche ai contratti di subfornitura per le attività
produttive, mentre la Legge 481 del 14 novembre 1995 ha previsto la
remissione alla commissione arbitrale e conciliativa delle controversie
16
L. n.633 del 22 Aprile 1941, modificato dal D.Lgs. n.68/2003
Art.595 del Codice della Navigazione
18 L. n.135 del 29 marzo 2001 art.4 co.3
19 D. Lgs. n.70 del 9 aprile 2003 art.19
17
22
inerenti gli utenti e i soggetti esercenti un servizio di pubblica utilità.
Giova ricordare anche la Legge 129 del 6 maggio 2004, che prevede per
le controversie in materia di contratti di affiliazione commerciale,
l’obbligo di adire al tentativo di conciliazione prima del ricorso
all’autorità giudiziaria.
La Conciliazione Societaria
Una svolta importante per l’evoluzione della mediazione civile e
commerciale in Italia è stato il D. Lgs 5/2003, diventato esecutivo nel
2006, e relativo alle controversie nascenti in materia societaria. Abrogata
con l’introduzione del D. Lgs. 28/2010, che per altro a quest’ultima si
ispirava, la conciliazione stragiudiziale in materia societaria veniva
esperita davanti ad un soggetto terzo, sia esso un ente pubblico o un
privato, e prevedeva diverse agevolazioni come l’esenzione dall’imposta
di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto e l’esenzione del verbale
dall’imposta di registro. La conciliazione stragiudiziale è da considerarsi
obbligatoria solo se prevista nel contratto o statuto societario, e viene
regolata dal giudice che sospende l’eventuale domanda giudiziale.
23
CAPITOLO 2
LA RIFORMA DELLA MEDIAZIONE IN ITALIA
2.1. L’Art.60 della Legge Delega n.69 del 18.06.2009
La Legge n. 69 del 18 giugno 2009, recependo la normativa
europea in materia di A.D.R., ha previsto all’art.60 una delega al governo
volta all’emanazione di “uno o più decreti legislativi in materia di
mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale”, da
attuarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa.
Con il D. Lgs. 28/2010 il Governo Italiano ha esercitato il potere
conferitogli per predisporre “il necessario coordinamento con le altre
disposizioni vigenti” in materia, con l’estensione della disciplina della
conciliazione stragiudiziale in materia societaria di cui all’art.60 del D.
Lgs. 5/2003, e con l’obiettivo di “garantire (...) una reale spinta
deflattiva del contenzioso (...) contribuendo alla diffusione della cultura
della risoluzione alternativa delle controversie”, nonché, “valorizzare le
esperienze autoregolative e (...) minimizzare l'intervento statale nella
disciplina del concreto esercizio dell’attività di mediazione”. La Legge
Delega nell’istituire tre tipologie di mediazione: una mediazione
obbligatoria, una facoltativa ed una delegata dal giudice, riserva ampio
spazio ai futuri organismi di mediazione, precisando che dovranno essere
professionali ed indipendenti e rientrare in criteri specifici per ottenere
l’iscrizione al nascente Registro degli Organismi di Conciliazione. La
24
nuova procedura di mediazione, pone in capo agli avvocati l’obbligo di
informare le parti, prevede forme di agevolazione fiscali, esclude la
ripetizione delle spese, riconosce l’esecutività del verbale di avvenuta
conciliazione, e offre la possibilità per i Consigli degli Ordine degli
Avvocati di istituire organi di conciliazione presso i tribunali.
2.2. Il Decreto Legislativo n.28 del 4 marzo 2010
Il Decreto Legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 recante “attuazione
dell'Art. 60 della L. n.69 del 18 giugno 2009, in materia di mediazione
finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”,
disciplina così per la prima volta in modo organico l’istituto della
“mediazione finalizzata alla conciliazione”. Diviso in quattro capi e
composto da ventiquattro articoli, il Decreto è stato pubblicato nella G.U.
della Repubblica Italiana il 5 marzo 2010, ed è entrato in vigore il
successivo 20 marzo, con l’eccezione per il disposto di cui all’art.5 co. 1,
relativo alla condizione di procedibilità della domanda giudiziaria,
slittata all’anno successivo limitatamente alle controversi condominiali e
quelle nascenti dalla responsabilità civile.
Al capo uno delle disposizioni generali il Decreto, fornisce sin da
subito la precisa definizione di termini nuovi per il nostro ordinamento
giuridico, mediazione si intende come “l’attività, comunque denominata,
svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti
sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una
25
controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione
della stessa”. Il mediatore è invece: “la persona o le persone fisiche che,
individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo
prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti
per i destinatari del servizio medesimo”. Per conciliazione si intende “la
composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della
mediazione”; mentre l’organismo, per il quali è istituito un apposito
registro, è “l’ente pubblico o privato, presso il quale può svolgersi il
procedimento di mediazione”.
Il mediatore, chiamato a facilitare il raggiungimento della
conciliazione tra le parti, dovrà possedere indispensabilmente i requisiti
dell’efficacia,
della
competenza
e
soprattutto
dell’imparzialità,
sottolineando come lo stesso non abbia alcun potere di “rendere giudizi
o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo”.
Recependo la direttiva comunitaria l’art. 2 precisa che la
mediazione debba avere ad oggetto le controversie su diritti disponibili, e
non debba presentare preclusione alcuna verso la giustizia ordinaria. In
particolare rientrano nell’alveo della mediazione tutte le previsioni di cui
al Codice Civile inerenti i rapporti con la famiglia, quelli personali e
patrimoniali dopo la morte, la proprietà, le obbligazioni sui contratti, i
lavoro e i diritti in generale. Ne consegue che sarà facile individuare
come le controversie civili riguarderanno i rapporti tra privati, o tra
privati ed enti, mentre quelle commerciali faranno riferimento ai rapporti
26
tra le persone giuridiche, nonché quelli tra queste ultime e i privati, ivi
compreso le controversie di lavoro.
L’Art.3, al Capo II, definisce in modo chiaro come il
procedimento di mediazione debba essere improntato non solo a
minimizzare l’intervento dello Stato, ma anche autoregolativo ed
informale, in termini di accesso, affinché lo stesso abbia la più capillare
diffusione possibile, quale strumento alternativo di risoluzione delle
controversie. Non a caso si è scelto di disciplinare il procedimento di
mediazione con regolamenti privati, che ogni organismo ha l’obbligo di
depositare presso il Ministero della Giustizia, al momento dell’istruttoria
per l’iscrizione all’apposito Registro. Limiti ben precisi, al contrario,
sono stati posti riguardo “la riservatezza del procedimento” disciplinata
dall’art. 9, e le modalità di nomina del mediatore. Interessante è inoltre
notare come si sia aperta anche alla possibilità che la mediazione si
svolga per via telematica, in quanto occorre semplicemente depositare
un’istanza presso l’organismo abilitato, il che può essere fatto anche
brevi manu, a mezzo raccomandata, oppure con l’ausilio dell’ufficiale
giudiziario.
Ogni
istanza,
pena
l’inammissibilità
deve
indicare
“l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa” 20. Inoltre,
secondo l’art. 4 ultimo comma, è fatto obbligo per l’avvocato di
informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di
mediazione, nonché delle agevolazioni fiscali ad esso inerenti, detta
informativa deve essere redatta per iscritto e controfirmata da cliente.
20
Art. 4 co. 2
27
L’art. 5 nel rimarcare che il decreto legislativo ha finalità
deflattiva rispetto alla giustizia ordinaria, stabilisce che per alcune
controversie è obbligatorio esperire il procedimento di mediazione, da
ciò ne consegue che ad un omesso espletamento non segue il rigetto
immediato della domanda, ma bensì il giudice deve assegnare un termine
di quindici giorni alle parti per adire alla mediazione, e quindi rinvia
l’udienza ad una data successiva alla scadenza dei termini di durata del
predetto procedimento. Più in particolare la mediazione obbligatoria
nelle previsioni del Decreto Legislativo, è riferita a quei contratti il cui
rapporto fra le parti è destinato a protrarsi anche dopo la definizione della
controversia, ovvero il condominio, la locazione, il comodato, il fitto
d’azienda, nonché quelle tipologie di negozio che hanno maggiore
diffusione come i contratti assicurativi, bancari e finanziari. Rientrano
nell’alveo della mediazione anche le controversie inerenti i diritti reali, le
divisioni, le successioni, e i patti di famiglia, che notoriamente sono alla
base di contenziosi che si protraggono per lungo tempo, nonché il
risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti,
da responsabilità medica, e da diffamazione a mezzo stampa. Per le
restanti materie, la scelta della mediazione è rimessa alla libertà delle
parti in causa (c.d. Mediazione Volontaria). L’art.6 stabilisce che la
durata massima del procedimento è di quattro mesi, ovvero 120 giorni a
partire dalla data di deposito della domanda presso l’organismo di
conciliazione. L’art. 7 sancisce che “il periodo di cui all’articolo 6 e il
28
periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell'articolo 5, comma 1,
non si computano ai fini di cui all'articolo 2 della legge 24 marzo 2001
n.89”, in relazione al diritto all’equa riparazione a “chi ha subito un
danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto della violazione della
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955 n. 848, sotto il
profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'articolo 6,
paragrafo 1, della Convenzione”.
Venendo più direttamente al procedimento, che è disciplinato in
maniera del tutto informale, l’organismo di mediazione al momento della
ricezione della domanda deve:
- comunicare immediatamente alla parte convenuta la richiesta di
mediazione;
- nominare un mediatore o un collegio di mediazione, per le
controversie che richiedono specifiche competenze;
- fissare il primo accesso tra le parti in un periodo che non vada
oltre i quindici giorni;
Il richiamato procedimento deve svolgersi senza formalità presso
la sede dell’organismo di conciliazione, o in altro luogo purché
contemplato dal regolamento, offrendo la possibilità per il mediatore di
avvalersi anche dell’ausilio di esperti iscritti agli albi dei consulenti
presso i tribunali. Nel caso di mancata comparizione della parte o delle
parti convenute, il mediatore delegato a trattare la controversia deve
29
darne conto, essendo prevista anche la facoltà da parte del giudice di
poter sanzionare chi, senza giustificato motivo, non ha preso parte alla
mediazione21.
In capo al mediatore ricade l’obbligo della riservatezza nei
confronti di terzi e delle parti, sulla materia del contendere, così come
testualmente recita l’art.9: “chiunque presta la propria opera o il
proprio
servizio
nell’organismo
o
comunque
nell’ambito
del
procedimento di mediazione è tenuto all’obbligo di riservatezza rispetto
alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il
procedimento medesimo”. Ratio di questa norma è senza dubbio la tutela
delle parti, al fine di rendere la procedura più serena, così come a
concorrervi troviamo tanto il richiamo al segreto professionale, quanto
l’inutilizzabilità nel giudizio ordinario delle informazioni e delle
dichiarazioni raccolte durante il procedimento. Gli esiti della procedura
di mediazione sono definiti dall’art.11, che ne prevede tre tipologie:
La Conciliazione Facilitativa
É detta conciliazione facilitativa, quella che si realizza allorché le
parti pervengono alla conclusione della mediazione in maniera
amichevole, le relative risultanze dovranno essere formalizzate dal
mediatore, che è tenuto ad allegare l’accordo al processo verbale da lui
stesso stilato.
21
art.116 co.2 c.p.c
30
Accordo Non Raggiunto
Nel caso in cui non si raggiunga l’accordo, il Decreto prevede due
possibilità a cui il mediatore deve attenersi, aventi entrambi ad oggetto la
proposta, ovverossia un tentativo di soluzione della controversia. Nel
caso in cui sia il mediatore a formulare una proposta e qualora le parti
siano molto distanti dalla soluzione consensuale, il mediatore è tenuto a
comunicare alle parti le conseguenze di cui all’art. 13, ovvero
l’esclusione della ripetizione delle spese ottenute dalla parte vincitrice, il
rimborso delle spese sostenute da parte soccombente e il versamento di
un’ulteriore somma per il contributo unificato dovuto nel caso di giudizio
ordinario, il rimborso delle spese di mediazione. Diversamente è previsto
che il mediatore elabori una proposta di conciliazione su impulso delle
parti, che concordemente ne possono fare richiesta nel corso del
procedimento. La proposta di conciliazione deve essere comunicata alle
parti per iscritto, mentre a queste ultime viene richiesto di rispondere
accettandola o rifiutandola nel termine di sette giorni. Qualora non arrivi
alcuna risposta, quest’ultima sarà considerata come rifiuto.
Efficacia ed esecuzione
Qualora si giungesse ad un accordo, quest’ultimo ai sensi
dell’art.13 “potrà essere omologato su istanza di parte e previo
accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente
del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo”, sempre che non
31
sia contrario a norme imperative o di ordine pubblico. É stato previsto
inoltre che il verbale di mediazione abbia efficacia esecutiva per
l’espropriazione forzata, l’esecuzione in forma specifica e costituisca
titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Al Presidente del Tribunale
spetta il controllo sostanziale diretto al contenuto dell’accordo e quello
formale circa il rispetto degli elementi procedurali del verbale di
conciliazione.
Obblighi Del Mediatore
L’art. 14 recante gli obblighi per il mediatore statuisce: “al
mediatore e ai suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti o obblighi
connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, fatta
eccezione per quelli strettamente inerenti alla prestazione dell'opera o
del servizio”. Il co. 2 del richiamato articolo prevede inoltre per il
mediatore i seguenti obblighi:
a) sottoscrivere una dichiarazione di imparzialità;
b) informare immediatamente l’organismo e le parti le ragioni di
un possibile pregiudizio di imparzialità;
c) formulare le proposte di conciliazione;
d) corrispondere a ogni richiesta organizzativa del responsabile
dell’organismo;
32
Disciplina degli Organismi di Mediazione
Il capo III del Decreto disciplina gli organismi di mediazione,
ossia i soggetti pubblici o privati deputati a gestire il procedimento di
mediazione, che devono conformarsi a “garanzie di serietà ed
efficienza”, previa la necessaria iscrizione in apposito Registro presso il
Ministero della Giustizia.
Il Regime Fiscale della Mediazione
Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento
di mediazione nella formulazione del Decreto sono da considerarsi esenti
dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o
natura, mentre per l’imposta di registro l’esenzione risulta limitata ad
euro 50.000. Il IV Capo all’art.20, nell’ottica di favorire e promuovere
l’accesso alla mediazione, prevede un generale contenimento dei costi
per le parti che ricorrono alla mediazione, le quali verseranno un credito
di imposta commisurato all’indennità stessa, ma fino alla concorrenza di
Euro 500. Sulla stessa linea si pone anche l’art. 21, che, nel recepire le
normative comunitarie, espone la necessità di divulgazione ampia della
nuova riforma, e dei metodi di accesso alla nuova procedura, il tutto al
fine di tutela e diffondere la cultura dell’A.D.R.
33
L’Obbligo di Segnalazione
Al Capo V, gli art. 22, e ss. prevedono l’obbligo di segnalazione
per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e
finanziamento del terrorismo.
2.3. Fase Applicativa della Mediazione
Al D. Lgs. N.28/2010 è seguita una copiosa produzione attuativa
ed interpretativa della nuova normativa sulla Mediazione, aperta dal
Decreto Ministeriale n.180 del 18 Ottobre 2010 che fissava le
caratteristiche e i requisiti richiesti agli organismi di conciliazione e agli
enti di formazione. Questo provvedimento, mirante essenzialmente a
chiarire i dubbi sulla mediazione, e definire tre scelte importanti, la
prima di carattere prettamente culturale nell’affermare la mediazione
come superamento delle logiche di contrapposizione processuale, la
seconda di tipo deflattivo in quanto la condizione di procedibilità si pone
come tentativo di arginare l’alto numero di giudizi civili, ed in fine la
terza di natura incentivante onde distogliere i cittadini da un’ottica
contenziosa.
Al D.M. n.180 del 18 ottobre 2010 è seguito il correttivo dato dal
Decreto del Ministero della Giustizia n.197 del 25 Agosto 2011 con cui
si è cercato di risolvere alcune criticità evidenziatesi nella prima fase
applicativa della disciplina, fatte emergere da alcune richiesta avanzate
dall’Avvocatura.
34
Parallelamente il Ministero della Giustizia, in un certo senso, ha
accompagnato questa prima fase con una serie di circolari interpretative
con le quali è intervenuta sulla procedura e sui requisiti dei mediatori22,
sull’attività di tenuta del Registro degli Organismi di Mediazione e
l’elenco degli enti di formazione, nonché l’applicabilità della disciplina
del silenzio assenso23, ed in fine attuando ulteriori misure correttive al
D.M. 145/201124.
Tale corpus normativo, ha tuttavia suscitato non poca diffidenza,
tant’è che anche i primissimi dati statistici evidenziavano un elevato
tasso di mancata costituzione delle parti a cui era rivolta la richiesta di
mediazione, e non a caso il legislatore aveva cercato di porvi rimedio
introducendo una vera e propria sanzione 25 . A ciò va aggiunto anche
come, sia nel caso della mediazione obbligatoria, sia per quanto concerne
quella facoltativa, vi era la possibilità per il giudice di dedurre, ai fini del
proprio convincimento, argomenti di prova dell’ingiustificata inerzia
della parte citata per la mediazione. Inoltre nel caso di formulazione di
una proposta di conciliazione da parte del mediatore, anche in caso di
mancata costituzione di una delle parti, vi era la possibilità che
quest’ultima venisse condannata alle spese del successivo giudizio,
qualora seppur vittoriosa, avesse ottenuto una sentenza dal contenuto
simile a quello della proposta succitata.
22
Circ. Min. Giust. 4 aprile 2011
Circ. Min. Giust. 13 giugno 2011
24 Circ. Min. Giust. 20 dicembre 2011
25 Art.8 co.5 del D. Lgs 28/10, come modificato dalla L.148 del 14 settembre 2011, di conversione del D.L. 138 del 13
agosto 2011
23
35
Alla luce di tali determinazioni e della quantità di materie investite
dalla riforma, gli operatori di settore sono stati in qualche modo
“costretti” ad adeguarsi al nuovo istituto e in qualche modo anche a
cominciare a goderne dei benefici. Parallelamente si è assistito anche alla
creazione di numerosi Organismi di Mediazione e ad una progressivo
incremento dei corsi di formazione per i professionisti di settore, il tutto
nella prospettiva di una completa applicazione della richiamata riforma.
2.4. Analisi dei Dati Statistici sulla Mediazione
Analizzando i dati statistici, forniti dal Ministero della Giustizia,
relativi al periodo compreso tra il 21 marzo 2011 e il 31 marzo 2012, si
nota un progressivo incremento dei procedimenti iscritti fino al +50% in
un anno. Il grafico che segue prende in esame e accorpa i dati provenienti
dagli organismi rilevati e la stima relativa a quelli non rispondenti.
36
Esaminando invece i dati relativi alle materie oggetto di
mediazione, si noterà come i procedimenti relativi al risarcimento danni
da responsabilità medica si attestino al 7,5%, dato importante
quest’ultimo se si considera che è relativo al solo primo anno di
applicazione della nuova riforma.
Da non sottovalutare è anche il dato statistico con proiezione
nazionale, relativo ai flussi dei procedimenti. Tenendo sempre presente
le controversie per il risarcimento dei danni da responsabilità medica, si
noterà come a fronte di 6.759 procedimenti iscritti, ne sono stati definiti
ben 4.365. Segno evidente di come tale procedura abbia avuto un
discreto successo anche in ambito medico-legale.
37
Studiando invece il dato relativo alle parti convenute, emerge come
solo il 35% siano comparse in sede di mediazione, tuttavia il 48% di tali
procedure hanno avuto esito positivo.
38
A fronte di una non esaltante percentuale di procedimenti in cui
parte convenuta è comparsa, va rilevato come il trend relativo alle
costituzioni, fino al 31 marzo 2012, è stato in crescita costante.
Analizzando, invece, il dato relativo alle diverse tipologie di
mediazione si noterà come il 77,2 % sia relativo alle controversie cui era
condizione di procedibilità, mentre al 19,7% si attestano le procedure in
cui le parti hanno aderito volontariamente alla mediazione, solo il 2,7%
sono le cause in cui la conciliazione è demandata al giudice.
39
Passando all’analisi dei procedimenti di mediazione per regione si
noterà come a spiccare in modo particolare siano i dati relativi alla
Campania (15,7%) e alla Lombardia (11,4%), che notoriamente hanno un
carico di procedimenti giudiziari superiori ad altre regioni. Più in
generale si può notare che la maggiore concentrazione di procedure di
mediazioni la si trovi al Sud e al Centro.
40
Rilevante è anche il dato relativo all’analisi per valore, con la
responsabilità medica che, insieme al fitto di azienda e le successioni
ereditarie, supera di gran lunga tutte le altre materie.
41
Da ultimo vale la pena sottolineare come, per quanto attiene alla
durata, una procedura di mediazione con accordo raggiunto, duri poco più
di sessanta giorni, a fronte di oltre mille per un procedimento a cognizione
ordinaria. Segno evidente, non solo dalla velocità di detta procedura, ma
anche della sua agilità di svolgimento.
42
CAPITOLO 3
DALL’INCOSTITUZIONALITÀ DELLA RIFORMA AL C.D.
“DECRETO FARE”
3.1. La Declaratoria di Incostituzionalità del D.Lgs. 28/2010
Nonostante le iniziali difficoltà, mentre lo strumento della
Mediazione si avviava sempre più verso una piena operatività, è
intervenuta la dirompente sentenza della Corte Costituzionale che ha
dichiarato incostituzionale il D.Lgs 28/2010. Nei due anni in cui la
riforma è stata in vigore, numerosi erano stati, infatti, i ricorsi alla Corte
Costituzionale proposti dai giudici di merito in ordine alla questione di
legittimità della normativa de quo, la quale era apparsa in contrasto con
gli art. 24 e 77 Cost., laddove prevedeva l’obbligo del tentativo di
mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda, anche in
relazione al superamento dei criteri fissati dalla Legge Delega n.69/2009.
Il D.Lgs. 28/10, appariva contrario agli Art.24 e 77 Cost. anche
per quanto attiene l’art.16 in cui disponeva che gli organismi deputati a
gestire i procedimenti di mediazione dessero garanzia di “serietà ed
efficienza”, omettendo però qualsiasi riferimento alle parimenti
fondamentali garanzie di “competenza e professionalità”. La Corte
Costituzionale, con Sent. n.272 del 6 dicembre 2012, ha invece rilevato
un solo principio di incostituzionalità, peraltro assorbente rispetto a tutti
gli altri menzionati, ovvero l’eccesso di delega con cui è incorso il
43
legislatore nel prevedere l’obbligatorietà della procedura mediativa per
una lunga serie di materie, pur in assenza di precise indicazioni da parte
della Legge delega n.69/2009. La Consulta con tale decisione non ha
quindi discusso nel merito la validità dell’istituto della mediazione, ma
ha riscontrato un vizio di natura formale.
L’omissione del D.Lgs 28/2010, in relazione alla Legge Delega
69/2009, non riguardava infatti un aspetto marginale, ma andava posto in
relazione al carattere obbligatorio dell’istituto di conciliazione e alla
conseguente strutturazione della procedura come condizione di
procedibilità della domanda giudiziale nelle controversie di cui all'art. 5,
comma 1, del D.Lgs. 28/2010. Veniva dunque superata la temuta
declaratoria di illegittimità contrastante, con l’art. 24 Cost., in quanto
pregiudicante l’accesso alla giustizia. Del resto anche la Direttiva della
Comunità Europea
26
, riconosceva la possibilità di far salva la
legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio
oppure soggetto a incentivi o sanzioni, purché tale normazione non
impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema
giudiziario. Del resto anche il Parlamento Europeo27, si era pronunciato
in merito all’attuazione della direttiva del 2008 sottolineando come la
stessa consentisse agli Stati Membri di rendere obbligatorio il ricorso alle
A.D.R. e contestualmente di favorirlo attraverso incentivi e sanzioni, il
26
27
Comunità Europea n.52/2008
Ris. del 13 settembre 2011
44
tutto però senza impedire al cittadino di esercitare il suo diritto
all’accesso alla giustizia.
3.2. Il cd. “Decreto Fare”
Il Decreto Legge n.69 del 21 giugno 2013 cd. “Decreto Fare”,
varato di recente dal Governo Italiano ha ripristinato la procedura di
mediazione, quale condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria
nella maggior parte di materie oggetto di contenzioso tra privati.
Il legislatore, però, in questa occasione ha posto in essere un atto
formalmente autonomo rispetto alla L.69/2009, evitando qualsivoglia
rischio di incostituzionalità, ma anzi recependo i rilievi espressi dalla
Corte Costituzionale sull’ammissibilità della connotazione obbligatoria
nella sentenza 272/2012, ciò ha consentito di riproporre pressoché
integralmente la disciplina originariamente tracciata dal Decreto
Legislativo 28/2010.
Vecchio testo
Nuovo testo
Art. 4, comma 3
Art. 4, comma 3
All’atto del conferimento dell’incarico,
l’avvocato è tenuto a informare l’assistito
della possibilità di avvalersi del
procedimento di mediazione disciplinato
dal presente decreto e delle agevolazioni
fiscali di cui agli articoli 17 e 20.
L’informazione deve essere fornita
chiaramente e per iscritto. In caso di
violazione
degli
obblighi
di
informazione, il contratto tra l’avvocato e
l’assistito è annullabile. Il documento che
All’atto
del
conferimento
dell’incarico,
l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della
possibilità di avvalersi del procedimento di
mediazione disciplinato dal presente decreto e
delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e
20. L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi
in cui l’esperimento del procedimento di
mediazione è condizione di procedibilità della
domanda giudiziale. L’informazione deve essere
fornita chiaramente e per iscritto. In caso di
violazione degli obblighi di informazione, il
45
contiene l’informazione è sottoscritto
dall’assistito e deve essere allegato
all’atto
introduttivo
dell’eventuale
giudizio. Il giudice che verifica la
mancata allegazione del documento
informa la parte della facoltà di chiedere
la mediazione.
contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile.
Il documento che contiene l’informazione è
sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato
all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il
giudice che verifica la mancata allegazione del
documento, se non provvede ai sensi
dell’articolo 5, comma 1, informa la parte della
facoltà di chiedere la mediazione.
Art. 5, comma 1
Art. 5, comma 1
Espunto
Art. 5, comma 2
Chi intende esercitare in giudizio un’azione
relativa a una controversia in materia di
condominio, diritti reali, divisione, successioni
ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato,
affitto di aziende, risarcimento del danno
derivante da responsabilità medica e da
diffamazione con il mezzo della stampa o con
altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi,
bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a
esperire il procedimento di mediazione ai sensi
del presente decreto ovvero il procedimento di
conciliazione previsto dal decreto legislativo 8
ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento
istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del
testo unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia di cui al decreto legislativo 1°
settembre 1993, n. 385, e successive
modificazioni, per le materie ivi regolate.
L’esperimento del procedimento di mediazione è
condizione di procedibilità della domanda
giudiziale. L’improcedibilità deve essere
eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o
rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima
udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è
già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la
successiva udienza dopo la scadenza del termine
di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede
quando la mediazione non è stata esperita,
assegnando contestualmente alle parti il termine
di quindici giorni per la presentazione della
domanda di mediazione. Il presente comma non
si applica alle azioni previste dagli articoli 37,
140 e 140-bis del codice del consumo di cui al
decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e
successive modificazioni.
Art. 5, comma 2
Salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo
giudice, anche in sede di giudizio di quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice,
appello, valutata la natura della causa, lo anche in sede di giudizio di appello, valutata la
46
stato dell’istruzione e il comportamento
delle parti, può invitare le stesse a
procedere alla mediazione. L’invito deve
essere
rivolto alle parti
prima
dell’udienza di precisazione delle
conclusioni ovvero, quando tale udienza
non è prevista, prima della discussione
della causa. Se le parti aderiscono
all’invito, il giudice fissa la successiva
udienza dopo la scadenza del termine di
cui all’articolo 6 e, quando la mediazione
non è già stata avviata, assegna
contestualmente alle parti il termine di
quindici giorni per la presentazione della
domanda di mediazione.
natura della causa, lo stato dell’istruzione e il
comportamento delle parti, può disporre
l’esperimento del procedimento di mediazione. Il
provvedimento di cui al periodo precedente
indica l’organismo di mediazione ed è adottato
prima dell’udienza di precisazione delle
conclusioni ovvero, quando tale udienza non è
prevista, prima della discussione della causa. Il
giudice fissa la successiva udienza dopo la
scadenza del termine di cui all’articolo 6 e,
quando la mediazione non è già stata avviata,
assegna contestualmente alle parti il termine di
quindici giorni per la presentazione della
domanda di mediazione.
Art. 5, comma 4
Art. 5, comma 4
Il comma 2 non si applica:
I commi 1 e 2 non si applicano:
a) nei procedimenti per ingiunzione,
inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia
sulle
istanze
di
concessione
e
sospensione della provvisoria esecuzione;
a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa
l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di
concessione e sospensione della provvisoria
esecuzione;
b) nei procedimenti per convalida di b) nei procedimenti per convalida di licenza o
licenza o sfratto, fino al mutamento del sfratto, fino al mutamento del rito di cui
rito di cui all’articolo 667 del codice di all’articolo 667 del codice di procedura civile;
procedura civile;
b bis) nei procedimenti di consulenza tecnica
c) nei procedimenti possessori, fino preventiva ai fini della composizione della lite,
alla pronuncia dei provvedimenti di cui di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura
all’articolo 703, terzo comma, del codice civile;
di procedura civile;
c) nei procedimenti possessori, fino alla
d) nei procedimenti di opposizione o pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo
incidentali
di
cognizione
relativi 703, terzo comma, del codice di procedura
all’esecuzione forzata;
civile;
e) nei procedimenti in camera di d) nei procedimenti di opposizione o incidentali
consiglio;
di cognizione relativi all’esecuzione forzata;
f) nell’azione civile esercitata nel e) nei procedimenti in camera di consiglio;
processo penale.
f) nell’azione civile esercitata nel processo
penale.
47
Art. 5, comma 5
Art. 5, comma 5
Salvo quanto disposto dai commi 3 e 4,
se il contratto, lo statuto ovvero l’atto
costitutivo dell’ente prevedono una
clausola di mediazione o conciliazione e
il tentativo non risulta esperito, il giudice
o l’arbitro, su eccezione di parte,
proposta nella prima difesa, assegna alle
parti il termine di quindici giorni per la
presentazione
della
domanda
di
mediazione e fissa la successiva udienza
dopo la scadenza del termine di cui
all’articolo 6. Allo stesso modo il giudice
o l’arbitro fissa la successiva udienza
quando la mediazione o il tentativo di
conciliazione sono iniziati, ma non
conclusi. La domanda è presentata
davanti all’organismo indicato dalla
clausola, se iscritto nel registro, ovvero,
in mancanza, davanti ad un altro
organismo iscritto, fermo il rispetto del
criterio di cui all’articolo 4, comma 1. In
ogni caso, le parti possono concordare,
successivamente al contratto o allo
statuto
o
all’atto
costitutivo,
l’individuazione di un diverso organismo
iscritto.
Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo
quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto,
lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente
prevedono una clausola di mediazione o
conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il
giudice o l’arbitro, su eccezione di parte,
proposta nella prima difesa, assegna alle parti il
termine di quindici giorni per la presentazione
della domanda di mediazione e fissa la
successiva udienza dopo la scadenza del termine
di cui all’articolo 6. Allo stesso modo il giudice
o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la
mediazione o il tentativo di conciliazione sono
iniziati, ma non conclusi. La domanda è
presentata davanti all’organismo indicato dalla
clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in
mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto,
fermo il rispetto del criterio di cui all’articolo 4,
comma 1. In ogni caso, le parti possono
concordare, successivamente al contratto o allo
statuto o all’atto costitutivo, l’individuazione di
un diverso organismo iscritto.
Art. 6, comma 1
Art. 6, comma 1
Il procedimento di mediazione ha una Il procedimento di mediazione ha una durata non
durata non superiore a quattro mesi.
superiore a tre mesi.
Art. 6, comma 2
Art. 6, comma 2
Il termine di cui al comma 1 decorre
dalla data di deposito della domanda di
mediazione, ovvero dalla scadenza di
quello fissato dal giudice per il deposito
della stessa e non è soggetto a
sospensione feriale.
Il termine di cui al comma 1 decorre dalla data di
deposito della domanda di mediazione, ovvero
dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il
deposito della stessa e, anche nei casi in cui il
giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del
quarto o del quinto periodo del comma 1
dell’articolo 5 ovvero ai sensi del comma 2
dell’articolo 5, non è soggetto a sospensione
feriale.
Art. 7
Il periodo di cui all’articolo 6 e il periodo del
rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’articolo
48
Art. 7
5, commi 1 e 2, non si computano ai fini di cui
all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89.
Il periodo di cui all’articolo 6 non si
computa ai fini di cui all’articolo 2 della
legge 24 marzo 2001, n. 89.
Art. 8, comma 1
Art. 8, comma 1
All’atto della presentazione della
domanda di mediazione, il responsabile
dell’organismo designa un mediatore e
fissa il primo incontro tra le parti non
oltre quindici giorni dal deposito della
domanda. La domanda e la data del
primo incontro sono comunicate all’altra
parte con ogni mezzo idoneo ad
assicurarne la ricezione, anche a cura
della parte istante. Nelle controversie che
richiedono
specifiche
competenze
tecniche, l’organismo può nominare uno
o più mediatori ausiliari.
All’atto della presentazione della domanda di
mediazione, il responsabile dell’organismo
designa un mediatore e fissa un primo incontro
di programmazione, in cui il mediatore verifica
con le parti le possibilità di proseguire il
tentativo di mediazione, non oltre trenta giorni
dal deposito della domanda. La domanda e la
data del primo incontro sono comunicate all’altra
parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la
ricezione, anche a cura della parte istante. Nelle
controversie
che
richiedono
specifiche
competenze tecniche, l’organismo può nominare
uno o più mediatori ausiliari.
Art. 8, comma 5
Art. 8, comma 5
Espunto
Dalla mancata partecipazione senza giustificato
motivo al procedimento di mediazione, il giudice
può desumere argomenti di prova nel successivo
giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo
comma, del codice di procedura civile. Il giudice
condanna la parte costituita che, nei casi previsti
dall’articolo 5, non ha partecipato al
procedimento senza giustificato motivo, al
versamento all’entrata del bilancio dello Stato di
una somma di importo corrispondente al
contributo unificato dovuto per il giudizio.
Art. 11, comma 1
Art. 11, comma 1
Se è raggiunto un accordo amichevole, il
mediatore forma processo verbale al
quale è allegato il testo dell’accordo
medesimo. Quando l’accordo non è
raggiunto, il mediatore può formulare
una proposta di conciliazione. In ogni
caso, il mediatore formula una proposta
di conciliazione se le parti gliene fanno
concorde
richiesta
in
qualunque
momento del procedimento.
Se è raggiunto un accordo amichevole, il
mediatore forma processo verbale al quale è
allegato il testo dell’accordo medesimo. Quando
l’accordo non è raggiunto, il mediatore può
formulare una proposta di conciliazione. In ogni
caso, il mediatore formula una proposta di
conciliazione se le parti gliene fanno concorde
richiesta
in
qualunque
momento
del
procedimento. Prima della formulazione della
proposta, il mediatore informa le parti delle
possibili conseguenze di cui all’articolo 13.
49
Art. 12, comma 1
Art. 12, comma 1
Il verbale di accordo, il cui contenuto non
è contrario all’ordine pubblico o a norme
imperative, è omologato, su istanza di
parte e previo accertamento anche della
regolarità formale, con decreto del
presidente del tribunale nel cui
circondario ha sede l’organismo. Nelle
controversie transfrontaliere di cui
all’articolo 2 della direttiva 2008/52/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 21 maggio 2008, il verbale è
omologato dal presidente del tribunale
nel cui circondario l’accordo deve avere
esecuzione.
Il verbale di accordo, sottoscritto dagli avvocati
che assistono tutte le parti, il cui contenuto non è
contrario all’ordine pubblico o a norme
imperative, è omologato, su istanza di parte e
previo accertamento anche della regolarità
formale, con decreto del presidente del tribunale
nel cui circondario ha sede l’organismo. Nelle
controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2
della direttiva 2008/52/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, il
verbale è omologato dal presidente del tribunale
nel cui circondario l’accordo deve avere
esecuzione.
Art. 13, comma 1
Art. 13, comma 1
Resta ferma l’applicabilità degli articoli Quando il provvedimento che definisce il
92 e 96 del codice di procedura civile.
giudizio corrisponde interamente al contenuto
della proposta, il giudice esclude la ripetizione
delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha
rifiutato la proposta, riferibili al periodo
successivo alla formulazione della stessa, e la
condanna al rimborso delle spese sostenute dalla
parte soccombente relative allo stesso periodo,
nonché al versamento all’entrata del bilancio
dello Stato di un’ulteriore somma di importo
corrispondente al contributo unificato dovuto.
Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96
del codice di procedura civile. Le disposizioni di
cui al presente comma si applicano altresì alle
spese per l’indennità corrisposta al mediatore e
per il compenso dovuto all’esperto di cui
all’articolo 8, comma 4.
Art. 13, comma 2
Espunto
Art. 13, comma 2
Quando il provvedimento che definisce il
giudizio non corrisponde interamente al
contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono
gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno
escludere la ripetizione delle spese sostenute
dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta
al mediatore e per il compenso dovuto
all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. Il
giudice deve indicare esplicitamente, nella
motivazione, le ragioni del provvedimento sulle
spese di cui al periodo precedente.
50
Art. 13, comma 3
Espunto
Art. 16, comma 4 bis
Inesistente
Art. 17, comma 4
Art. 13, comma 3
Salvo diverso accordo le disposizioni precedenti
non si applicano ai procedimenti davanti agli
arbitri.
Art. 16, comma 4 bis
Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto
mediatori.
Art. 17, comma 4
Con il decreto di cui all’articolo 16, Fermo quanto previsto dai commi 5 e 5-bis del
comma 2, sono determinati:
presente articolo, con il decreto di cui all’articolo
16, comma 2, sono determinati:
a) l’ammontare minimo e massimo
delle indennità spettanti agli organismi
a) l’ammontare minimo e massimo delle
pubblici, il criterio di calcolo e le indennità spettanti agli organismi pubblici, il
modalità di ripartizione tra le parti;
criterio di calcolo e le modalità di ripartizione tra
le parti;
b) i criteri per l’approvazione delle
tabelle delle indennità proposte dagli
b) i criteri per l’approvazione delle tabelle
organismi costituiti da enti privati;
delle indennità proposte dagli organismi
costituiti da enti privati;
c) le maggiorazioni massime delle
indennità dovute, non superiori al
c) le maggiorazioni massime delle indennità
venticinque per cento, nell’ipotesi di dovute, non superiori al venticinque per cento,
successo della mediazione.
nell’ipotesi di successo della mediazione;
d) le riduzioni minime delle indennità dovute
nelle ipotesi in cui la mediazione è condizione di
procedibilità ai sensi dell’articolo 5, comma 1.
Art. 17, comma 5
Espunto
Art. 17, comma 5
Quando la mediazione è condizione di
procedibilità della domanda ai sensi dell’articolo
5, comma 1, ovvero è prescritta dal giudice ai
sensi dell’articolo 5, comma 2, all’organismo
non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si
trova nelle condizioni per l’ammissione al
patrocinio a spese dello Stato, ai sensi
dell’articolo 76 (L) del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia di cui al decreto del
Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002,
n. 115. A tale fine la parte è tenuta a depositare
51
presso l’organismo apposita dichiarazione
sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui
sottoscrizione può essere autenticata dal
medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena
di inammissibilità, se l’organismo lo richiede, la
documentazione necessaria a comprovare la
veridicità di quanto dichiarato.
Art. 17, comma 5 bis
Inesistente
Art. 17, comma 5 bis
Quando, all’esito del primo incontro di
programmazione
con
il
mediatore,
il
procedimento si conclude con un mancato
accordo, l’importo massimo complessivo delle
indennità di mediazione per ciascuna parte,
comprensivo delle spese di avvio del
procedimento, è di 80 euro, per le liti di valore
sino a 1.000 euro; di 120 euro, per le liti di
valore sino a 10.000 euro; di 200 euro, per le liti
di valore sino a 50.000 euro; di 250 euro, per le
liti di valore superiore.
Dall’esame del nuovo testo legislativo emergono, tuttavia alcune
modifiche rispetto all’originale formulazione del D.Lgs 28/2010, che si
possono brevemente riassumere nei seguenti punti:
 Esclusione delle controversie nascenti da sinistro stradale dalle
materi soggette a mediazione pregiudiziale obbligatoria;
 Estensione della mediazione pregiudiziale obbligatoria ai
procedimenti sommari di accertamento tecnico preventivo;
 Riduzione della durata massima della procedura di mediazione
da quattro a tre mesi;
 Attribuzione automatica dello status di mediatore agli avvocati
regolarmente iscritti all’albo;
52
 Obbligo di sottoscrizione del verbale di mediazione anche ad
opera degli avvocati eventualmente assistenti delle parti, e ciò in un
ottica valorizzante la figura del legale nell’ambito della procedura
conciliativa;
 Previsione di un primo accesso esplorativo atto a consentire la
verifica della possibilità di un bonario componimento della controversia;
 Attribuzione al giudice
della
facoltà,
nell’ambito della
mediazione delegata, di individuazione dell’organismo di mediazione.
3.3. La Mediazione in Ambito Medico-Legale alla luce del cd.
“Decreto Fare”
Il Decreto Legge n. 69 del 21 giugno 2013 come si è visto, reintroduce
la procedura di mediazione, e laddove esclude dalla riforma il
contenzioso nascente da sinistro stradale, la ripropone per la
responsabilità medica.
Tale scelta non ci esime dal riportare alla luce alcune criticità relative al
piano medico-legale, in quanto alcuni aspetti di carattere prettamente
tecnico sono spesso complessi ed interpretabili in modo diverso da chi ha
patito un presunto danno e chi ha fornito una prestazione sanitaria, in
questo caso il medico o la struttura sanitaria.
Questione preliminare e di non poca importanza è quella relativa alle
parti, che debbano essere chiamate a prendere parte al procedimento di
mediazione. Tale procedimento è caratterizzato da “informalità” e
53
pertanto, diversamente da quello che può essere un giudizio a cognizione
ordinaria, dal quale non possono essere esclusi il principio del
contraddittorio e la legittimazione, soggiace al più ampio concetto di
“centro di interessi”, ovvero l’interesse ad agire o a contraddire delle
parti in vista di una possibile soluzione conciliativa.
Parte Attiva sarà, dunque, il danneggiato o i suoi eredi, nel caso in cui
quest’ultimo sia deceduto in conseguenza di malpractice medica.
Tuttavia, nei casi più gravi, potranno costituirsi anche i familiari, che a
vario titolo richiedono il risarcimento dei danni da essi patiti di “riflesso”
a seguito del decesso o del danno sofferto dal congiunto.
Parte Passiva, invece saranno certamente il medico e l’ente ospedaliero,
che hanno fornito la prestazione sanitaria, che saranno legittimati a
chiamare in garanzia la compagnia di assicurazioni, al fine di manlevarli
dal risarcimento danni. Inoltre è possibile che siano chiamati alla
mediazione anche l’équipe medica o più sanitari, che si sono
avvicendanti al letto del paziente, essendo tutti potenzialmente interessati
a conciliare.
Vi è altresì la possibilità che esistano una eventuale franchigia e/o
mancate coperture di polizza nei vari contratti assicurativi, che
conseguentemente incideranno nella misura dell’apporto economico che
ciascun soggetto sarà disponibile a mettere a disposizione onde
procedere alla liquidazione in via conciliativa.
54
Uno dei casi più interessanti dal punto di vista giuridico, emersi durante
il periodo di applicazione del D.Lgs 28/2010 è quello sollevato da un
ordinanza del Tribunale di Venezia, relativo ad un caso di danno da
emotrasfrusione, in cui il Ministero della Salute non ha preso parte alla
mediazione.
Nonostante secondo la Suprema Corte 28 la responsabilità aquiliana del
Ministero della Salute trovi la sua fonte in una serie di norme che
attribuiscono a quest’ultimo la funzione di ente responsabile della
gestione del sangue, con compiti di gestione, organizzazione e controllo
sull’attività trasfusionale e sulla sicura tracciabilità degli emoderivati,
appare difficile ipotizzare una mediazione con il danneggiato infetto, in
quanto occorrerebbero specifici poteri e particolari stanziamenti dello
Stato, per procedere ad una liquidazione transattiva del danno. Resta
aperta, dunque, questa importante questione, attesi i grossi dubbio
rispetto
all’applicazione
della
mediazione
nell’alveo
dell’azione
risarcitoria extra-contrattuale aquiliana.
Il Ruolo del Consulente Tecnico
Come si è visto la procedura di mediazione, sia essa nella formulazione
originaria sia in quella più recente del “Decreto Fare”, contempla la
possibilità per il Mediatore, di farsi coadiuvare da una figura
professionale, con competenze tecniche specifiche. Pertanto nel caso di
un contenzioso relativo alla responsabilità medica, sarà utile che ognuna
28
Cass. S.U. 576/2008 e 581/2008
55
delle parti provveda alla nomina di un consulente medico, o che si
proceda alla nomina di un mediatore ausiliario, o che ci si avvalga di un
esperto super partes.
É chiaro che ciò comporterà un aumento dei costi, nonché il rischio che
la mediazione diventi qualcosa di più simile ad un arbitrato, laddove il
consulente non sia esperto di tecniche di mediazione, e non tenga conto
del dovere di assoluta imparzialità. In linea di massima sarebbe
auspicabile, che ognuna delle parti in conflitto si faccia assistere da un
proprio consulente, in modo da valutare con maggiore ponderazione i
rischi di un eventuale contenzioso in sede civile, o una maggior
convenienza nel risarcimento in via conciliativa.
Mediazione e Accertamento Tecnico Preventivo
L’art.696 bis c.p.c. che statuisce la “consulenza tecnica preventiva ai fini
della composizione della lite” testualmente recita: “L’espletamento di
una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al
di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’ articolo 696, ai fini
dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti
dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da
fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo
articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della
relazione tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti. Se le parti si
sono conciliate, si forma processo verbale della conciliazione. Il giudice
56
attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale,
ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per
l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Il processo verbale è esente
dall’imposta di registro. Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte
può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita
agli atti del successivo giudizio di merito. Si applicano gli articoli da
191 a 197, in quanto compatibili”.
Detto istituto è sempre più spesso utilizzato nei casi di responsabilità
medica, in quando viene chiesto al giudice la nomina di un consulente
tecnico d’ufficio, affinché valuti, al fine della conciliazione, gli aspetti
medico-legali di un presunto danno nel contraddittorio dei consulenti
delle altre parti.
Come precisa la norma, qualora la conciliazione non riuscisse, ciascuna
delle parti può chiedere che la relazione del C.T.U. sia acquisita agli atti
per il successivo giudizio di merito.
Ad ogni modo tale istituto non nasce con lo scopo unicamente di
precostituire una prova prima e al di fuori del processo di merito, così
come per il tradizionale Accesso Tecnico Preventivo ex art. 69, ma anche
per consentire alle parti una conciliazione pregiudiziale, non è un caso
che diversi Tribunali lo abbiano affiancato alla conciliazione delegata29 e
che ne abbiano sottolineato l’esperibilità anche nel caso contestazione di
an e quantum.
29
ex. Art.198 c.p.c.
57
CONCLUSIONI
La reintroduzione della Mediazione nell’ordinamento giuridico italiano,
sebbene con le modifiche sostanziali atte a superare le questioni di
legittimità, é da considerarsi non solo come strumento deflettivo per il
contenzioso civile, ma rappresenta una vera e propria scommessa per il
nostro diritto, nell’ottica di una modernizzazione necessaria. La
Mediazione, diversamente dal Processo Civile, si pone in un’ottica del
tutto diversa, mirante a preservare le relazioni future tra le parti in causa
con tutte le conseguenze ovviamente positive in termini di relazioni
personali, economiche e sociali. É necessario, dunque, tornare a
considerare i Tribunali come rimedio estremo per la soluzione di una
controversia, e non già come via privilegiata. La rivoluzione culturale a
cui ogni cittadino è chiamato è dunque inderogabile non solo per
liberarci dalle lungaggini giudiziarie, ma anche per recuperare
quell’umanità che hanno perso le professioni, sempre più indirizzate
verso la competizione, più che la cooperazione. L’auspicio è che la
mediazione diventi il leit motiv della giustizia del terzo millennio, una
giustizia in cui al centro c’è solo ed unicamente il cittadino e i suoi
interessi e non già parti processuali che si fronteggiano per anni, con
notevoli conseguenze per tutte le parti in causa. Dal punto di vista
prettamente medico-legale la mediazione in potenza è la soluzione rapida
al crescente numero di cause per responsabilità medica, giacché creare
58
una base di dialogo tra sanitari e pazienti significa gettare le basi per un
futuro patto sociale, dove lo Stato non si più percepito come nemico, ma
come parte collaborativa.
59
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Medicina legale, Minerva Medica Edizioni, 2005.
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 AUTORI VARI, Guida Al Diritto – La Mediazione, Edizioni Il Sole 24 Ore,
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61
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