SETE di PAROLA
XX settimana anno C
dal 18 al 24 Agosto 2013
LA PAROLA DEL PAPA:ENCICLICA LUMEN FIDEI
Chi si è aperto all’amore di Dio, ha ascoltato la sua voce e ha
ricevuto la sua luce, non può tenere questo dono per sé. Poiché la
fede è ascolto e visione, essa si trasmette anche come parola e come
luce. Parlando ai Corinzi, l’Apostolo Paolo ha usato proprio queste due immagini. Da
un lato, egli dice: « Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta
scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo »). La
parola ricevuta si fa risposta, confessione e, in questo modo, risuona per gli altri,
invitandoli a credere. Dall’altro, san Paolo si riferisce anche alla luce: « Riflettendo
come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima
immagine ». È una luce che si rispecchia di volto in volto, come Mosè portava in sé il
riflesso della gloria di Dio dopo aver parlato con Lui: « [Dio] rifulse nei nostri cuori, per
far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo ». La luce di Gesù
brilla, come in uno specchio, sul volto dei cristiani e così si diffonde, così arriva fino a
noi, perché anche noi possiamo partecipare a questa visione e riflettere ad altri la sua
luce, come nella liturgia di Pasqua la luce del cero accende tante altre candele. La fede si
trasmette, per così dire, nella forma del contatto, da persona a persona, come
una fiamma si accende da un’altra fiamma. I cristiani, nella loro povertà, piantano un
seme così fecondo che diventa un grande albero ed è capace di riempire il mondo di
frutti.
VANGELO del GIORNO
COMMENTO
PREGHIERA
IMPEGNO
Domenica, 18 agosto 2013
LA PAROLA DEL SIGNORE Lc 12,49-53
…È ASCOLTATA
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei
che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò
battezzato, e come sono angosciato finché non sia
compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla
terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono
cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno
padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro
madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
…È MEDITATA
Nel passo evangelico di Luca
12,49-57 ci sono affermazioni di
Gesù che sono al tempo stesso
importanti e inquietanti. Il loro
scopo è di indicare al cristiano
come vivere «nel tempo presente»,
cioè dentro la storia e la sua
complessità.
Gesù afferma, anzitutto, di essere
venuto a portare il fuoco sulla terra:
non la pace ma la divisione. Il fuoco
simboleggia appunto la divisione
fra gli uomini, la lotta che il cristiano
e la Chiesa devono sostenere. La
venuta di Gesù si scontra contro
tutto ciò che è nemico di Dio e
obbliga l'uomo a pronunciarsi, pro o
contro. La lotta è tanto radicale che
penetra nelle stesse famiglie. Il
vangelo non può essere soggetto a
compromessi. Non è neutrale. È la
propria pace che deve essere
persa per servirlo, non viceversa.
La fedeltà al vangelo non richiede
solo il coraggio, ma anche la
capacità del discernimento. Non
senza ironia Gesù rimprovera le
folle ponendo una domanda:
«Come mai sapete interpretare con
prontezza i segni atmosferici (i
segni dei tempi) e non sapete
interpretare «questo tempo», cioè
le cose profonde e decisive della
storia e della vita?». È una
domanda seria, alla quale è
necessario rispondere. Secondo
Gesù la ragione di questa
incongruenza - capace di leggere i
segni atmosferici e incapace di
leggere ciò che più importa - non è
l'ignoranza, ma l'ipocrisia, cioè una
doppiezza
interiore
e
una
distorsione morale. È questo che
rende ciechi anche di fronte agli
avvenimenti che sono chiarissimi.
Quali sono allora le condizioni per
saper vedere? Luca usa il termine
discernere: riferirsi alla Parola che
illumina, assunta come criterio di
valutazione; una capacità di
attualizzazione, che sorpassa il
riferimento letterario e meccanico
alla Parola; infine, una pulizia
interiore, una grande disponibilità
alla verità e alla giustizia. In
sostanza, Gesù vuole farci capire il
carattere decisivo del presente,
l'urgenza
della
decisione
e
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l'impossibilità della neutralità, la
stoltezza di ogni tentativo di
differire. Non bisogna lasciarsi
ingannare dalle apparenze. E
precisa: esistono segni che si
possono cogliere, segni chiari per
tutti, ma non basta guardarli,
occorre la coerenza morale per
comprenderli. Gesù parla di
«ipocrisia», cioè l'abilità di non
guardare i segni nella loro
semplicità, ti piacciano o non ti
piacciano,
ma di complicarli
leggendoli alla luce del tuo
interesse o delle tue comodità.
Gesù rivolge questo avvertimento
alle folle, cioè a tutti, cristiani e non
cristiani. Ma non siamo fuori strada
se pensiamo in primo luogo ai
discepoli e alla Chiesa, perché
sappiano prendere le distanze da
tutto ciò che non è di Cristo, costi
quello che costi.
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Non accontentatevi delle piccole
cose. Dio le vuole grandi. Se sarete
quello che dovete essere, metterete
fuoco in tutta Italia.
Caterina da Siena
…È PREGATA
Tu, che sei venuto a portare il fuoco sulla terra, dacci la nausea di una vita
egoista, assurda, senza spinte verticali e concedici di inventarci una vita carica
di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Tu, che bambino hai dormito
sulla paglia toglici il sonno e facci sentire il guanciale del nostro letto duro
come un macigno, finché non avremo dato ospitalità a uno sfrattato, a un
marocchino, a un povero di passaggio. Dio che sei diventato uomo facci sentire
dei vermi ogni volta che la nostra carriera diventa idolo della nostra vita, il
sorpasso, il progetto dei nostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle
nostre scalate. Don Tonino Bello
…MI IMPEGNA
Cercherò di combattere le mie cattive passioni per acquistare una fisionomia
sempre più gradita al Signore.
Lunedì, 19 agosto 2013
LA PAROLA DEL SIGNORE Mt 19,16-22
…È ASCOLTATA
In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di
buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che
è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i
comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non
commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre
e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse:
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«Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se
vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un
tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne
andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze.
…È MEDITATA
La domanda su come raggiungere
la vita eterna, è la domanda di
ognuno di noi, per lo più figli di un
mondo ricco, o comunque attaccati
alle nostre cose. Gesù, quasi per
evitare ogni equivoco, dice subito
che solo Dio è buono, non noi.
Quel giovane risponde comunque
che non ha mancato di osservare i
comandamenti. Si sente a posto,
cos'altro gli manca? Pensava di
meritare la vita eterna. In realtà la
vita eterna non la si acquista con i
propri meriti perché non è una cosa
che si compra o di cui si ha diritto.
La vita eterna è scegliere Gesù
prima di ogni cosa, prima ancora di
se stessi e delle proprie ricchezze.
Gesù non replica aggiungendo un
undicesimo comandamento; dice
solamente:
"Se
vuoi
essere
perfetto, va', vendi quello che hai e
dallo ai poveri, e avrai un tesoro in
cielo: poi vieni e seguimi". E' la
proposta di un ideale alto: "se vuoi
essere perfetto". Non è un consiglio
riservato ad alcuni, ai migliori o ai
più coraggiosi. La scuola del
Signore non è selettiva. La
perfezione è per tutti e alla portata
di ciascuno perché riguarda il
cuore. II cuore è perfetto quando è
tutto di Dio e non è diviso con altri.
L'uomo perfetto e la donna perfetta
sono coloro che hanno compreso
che non si può servire Dio e
mammona. Se si ama Dio sopra
ogni cosa, è logico distribuire le
proprie ricchezze ai poveri.
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Seguire il Signore significa farlo sino
in fondo. La sequela di Cristo non
può rimanere solo un’espressione
culturale. Gesù non è una patina,
penetra nelle ossa, va dritto al
cuore; va dentro e ci cambia. E
questo lo spirito del mondo non lo
tollera; non lo tollera e per questo
vengono le persecuzioni. Non
dimentichiamolo. Seguire Gesù con
amore passo dopo passo: questa è
la sequela di Cristo. Ma lo spirito
del mondo continuerà a non
tollerarlo e farà soffrire i cristiani. Si
tratta, però, di una sofferenza come
quella
sopportata
da
Gesù:
Chiediamo questa grazia: seguire
Gesù nella strada che lui ci ha fatto
vedere, che lui ci ha insegnato.
Questo è bello: lui mai ci lascia soli,
mai. Sempre è con noi.
Papa
Francesco
…È PREGATA
O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi in noi
la dolcezza del tuo amore, perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa,
otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio.
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…MI IMPEGNA
Esaminerò gli ostacoli che mi impediscono di mettermi interamente alla sequela di
Gesù.
Martedì, 20 agosto 2013
San Bernardo, abate e dottore della Chiesa
Bernardo (Digione, Francia, 1090 – Chiaravalle-Clairvaux 20
agosto 1153), dopo Roberto, Alberico e Stefano, fu padre
dell’Ordine Cistercense. L’obbedienza e il bene della Chiesa lo
spinsero spesso a lasciare la quiete monastica per dedicarsi alle
più gravi questioni politico-religiose del suo tempo. Maestro di
guida spirituale ed educatore di generazioni di santi, lascia nei
suoi sermoni di commento alla Bibbia e alla liturgia un eccezionale documento di
teologia monastica tendente, più che alla scienza, all’esperienza del mistero. Ispirò un
devoto affetto all’umanità di Cristo e alla Vergine Madre.
LA PAROLA DEL SIGNORE Mt 19,23-30
…È ASCOLTATA
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente
un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello
passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può
essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini,
ma a Dio tutto è possibile». Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo
lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù
disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio
dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del
mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù
d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre,
o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità
la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno
primi».
…È MEDITATA
Chi è “ricco”? Non è solo colui che
possiede molte ricchezze materiali,
come i soldi o i beni. Ricco è colui
che ostenta un cuore avaro di
fronte a Dio e ai fratelli. Avaro nel
condividere se stesso con gli altri;
avaro di gioia per le gioie altrui e di
pena per le sofferenze altrui. Avaro
di
giorni
da
“spendere”
nell’edificazione del Regno di Dio,
perché troppo attaccato al proprio
benessere, perché troppo dedito al
piacere e affatto disponibile al
sacrificio. Ma questa avarizia, che è
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nostro la nostra salvezza. E l’ha
meritata da un “trono” di scandalo e
di dolore: la Croce. Mediante la
Sua passione, morte e risurrezione,
Gesù ha dimostrato che quanto
appare “ultimo” agli occhi degli
uomini, è “primo” agli occhi di Dio.
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insita nel cuore di ciascuno di noi a
causa del peccato originale, può
essere combattuta e vinta grazie
alla fiducia in Dio, alla mitezza ed
alla disponibilità alla correzione e al
cambiamento.
Ciò
che
è
impossibile agli uomini “per natura”,
è possibile a Dio, il Quale agisce in
noi “per
grazia”.
Progredire,
migliorare è sempre possibile, si
tratta di un itinerario che dura
quanto dura la vita. Non si finisce
mai di camminare sulla via della
santità, che va costruita ogni giorno
a poco a poco, ma con la volontà e
la fiducia di chi sa che l’Amore di
Dio ci permette di avanzare verso
di Lui. Dio ci tira a Sé, basta che
noi lo desideriamo. La nostra
salvezza è sempre puro dono del
Signore, che tuttavia a noi chiede
collaborazione. Nessuno si salva
da sé e noi non siamo migliori di
altri. Solo Gesù poteva salvarci
perché solo Lui ha meritato al posto
C’è una tentazione che da sempre
insidia ogni cammino spirituale e la
stessa azione pastorale: quella di
pensare che i risultati dipendano
dalla nostra capacità di fare e di
programmare. Certo, Iddio ci
chiede una reale collaborazione alla
sua grazia, e dunque ci invita ad
investire, nel nostro servizio alla
causa del Regno, tutte le nostre
risorse
d’intelligenza
e
di
operatività. Ma guai a dimenticare
che “senza Cristo non possiamo far
nulla”.
Giovanni Paolo II
…È PREGATA
O Dio, che hai suscitato nella tua Chiesa san Bernardo abate, come lampada che
arde e risplende, fa’ che per sua intercessione camminiamo sempre con lo stesso
fervore di spirito, come figli della luce.
…MI IMPEGNA
Rinnovaci, Signore, nel corpo e nello spirito, perché, illuminati dalle sue parole
e dal suo esempio, anche noi siamo afferrati dall’amore del tuo Verbo fatto
uomo.
Mercoledì, 21 agosto 2013
San Pio X, papa
- Giuseppe Sarto (Treviso 1835 – Roma 20
agosto 1914), vescovo di Mantova (1884) e patriarca di Venezia
(1893), sale alla cattedra di Pietro con il nome di Pio X. E’ il
pontefice che nel Motu proprio «Tra le sollecitudini» (1903)
affermò che la partecipazione ai santi misteri è la fonte prima e
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indispensabile della vita cristiana. Difese l’integrità della dottrina della fede, promosse
la comunione eucaristica anche dei fanciulli, avviò la riforma della legislazione
ecclesiastica, si occupò positivamente della questione romana e dell’Azione Cattolica,
curò la formazione dei sacerdoti, fece elaborare un nuovo catechismo, favorì il
movimento biblico, promosse la riforma liturgica e il canto sacro.
LA PAROLA DEL SIGNORE Mt 20,1-16a
…È ASCOLTATA
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei
cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata
lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li
mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che
stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna;
quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso
mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque,
ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il
giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a
giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera,
il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la
paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del
pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi,
pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno
un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo:
“Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che
abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone,
rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse
concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare
anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che
voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno
primi e i primi, ultimi».
…È MEDITATA
La parabola riportata da Matteo
dovette sembrare molto strana agli
ascoltatori di Gesù: era, infatti,
totalmente distante dalla comune
giustizia salariale. Il gesto del
padrone della vigna che da la
stessa paga sia a coloro che
avevano lavorato per tutto il giorno
sia a quelli che avevano invece
lavorato per un'ora sola è davvero
inusitato. La narrazione si sviluppa
attorno all'iniziativa di un viticoltore
che per l'intera giornata è
preoccupato di assumere lavoratori
per la sua vigna. In quel giorno
esce di casa ben cinque volte per
chiamare operai sin dall'alba. Con i
primi lavoratori pattuisce un denaro
di compenso (era la paga ordinaria
di una giornata lavorativa); esce
ancora alle nove del mattino, poi a
mezzogiorno, alle tre e infine alle
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cinque. La risposta che danno
questi ultimi lavoratori al suo invito
("nessuno ci ha ingaggiati") fa
pensare a tanti, giovani e meno
giovani, disoccupati, non solo o non
tanto nel lavoro remunerato, quanto
nel lavoro per costruire una vita
solidale. Sono tanti i disoccupati in
questo senso: sono quei giovani,
magari disillusi oppure soggiogati
dal consumismo che si ripiegano su
se stessi, esecutori e vittime allo
stesso tempo. E forse dobbiamo
dire che sono così anche perché
"nessuno li prende a giornata". Ma
sono anche i tanti adulti in balia
solo del proprio egocentrismo,
senza che nessuno li richiami alla
responsabilità verso gli altri.
Venuta la sera, continua la
parabola, inizia il pagamento. Gli
ultimi ricevono un denaro ciascuno.
I primi, visto quanto accade,
pensano di ricevere di più. E' logico
pensarlo, forse anche giusto. La
sorpresa nel vedersi trattare come
gli ultimi li porta alla mormorazione
contro il padrone: "questo non è
giusto" sono tentati di dire. E in
effetti gli ascoltatori della parabola
(forse anche noi) sono portati a
condividere questi sentimenti. Ma è
proprio qui la distanza tra il modo di
pensare di Gesù e il nostro.
E' anzitutto da chiarire che Gesù
non vuole impartire una lezione di
giustizia sociale, né presentare uno
dei comuni padroni di questo
mondo
che,
giustamente,
ricompensa secondo le prestazioni
date. Egli presenta un personaggio
assolutamente eccezionale, il quale
tratta i suoi sottoposti al di fuori
delle regole legalitarie. Gesù vuole
mostrare l'agire del Padre, la sua
bontà, la sua magnanimità, la sua
misericordia, che superano il
comune modo di sentire degli
uomini. E lo superano davvero
quanto il cielo dista dalla terra,
come scrive Isaia. Purtroppo,
ancora oggi, la bontà e misericordia
creano mormorazione e scandalo.
Ma non è che Dio distribuisca a
capriccio la sua ricompensa,
donando a chi più e a chi meno.
Dio non fa ingiustizia. E' la
larghezza della sua bontà che lo
spinge a donare a tutti secondo il
loro bisogno. La giustizia di Dio non
opera con un astratto principio di
equità, ma sul bisogno dei suoi figli.
C'è qui una grande sapienza. E la
ricompensa data a tutti è la
consolazione che viene dall'essere
chiamati a lavorare per la vigna del
Signore, non importa se si è da
tanto o da poco tempo nella vigna.
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Quando impareremo a ragionare
come Dio che fa piovere sui buoni e
sui malvagi? Quando impareremo a
gioire della gioia degli altri?
Quando usciremo dalla piccola
mentalità
del
ragioniere
del
meritarci o meno la salvezza? Dio è
gratis: accorgetevene, convertitevi.
E se siamo operai della prima ora,
rendiamo grazie a Dio che ci ha
concesso di lavorare nella sua vigna
tutto il santo giorno!
…È PREGATA
O Dio, che per difendere la fede cattolica e unificare ogni cosa nel Cristo hai
8
animato del tuo Spirito di sapienza e di fortezza il papa san Pio X, fa’ che, alla
luce dei suoi insegnamenti e del suo esempio, giungiamo al premio della vita
eterna.
…MI IMPEGNA
Oggi sarò pronto a gioire del bene degli altri.
Giovedì, 22 agosto 2013
Beata Maria Vergine Regina
Generò il Figlio di Dio, principe della pace, il cui regno non avrà
fine, ed è salutata dal popolo cristiano come Regina del cielo e Madre
di misericordia.
LA PAROLA DEL SIGNORE Mt 22,1-14
…È ASCOLTATA
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai
farisei]
e
disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio.
Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non
volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli
invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati
sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne
curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi
presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò
le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro
città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non
erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete,
chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli
che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava
l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito
nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi
e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché
molti sono chiamati, ma pochi eletti».
…È MEDITATA
Il Signore prepara un banchetto per
tutti gli uomini, ma ognuno di noi,
talora interi popoli, preoccupati solo
dei nostri affari, non consideriamo
l'invito che ci viene rivolto e
disprezziamo i doni che ci vengono
proposti. La difesa dei nostri
personali interessi ad ogni costo e
a qualunque prezzo, ci allontana
dalla pace e dalla fraternità. E'
chiara, in tal senso, la parabola del
banchetto.
Essa
ha
per
9
protagonista un re il quale, dopo
aver preparato un banchetto di
nozze per il figlio, invia i suoi servi
per
chiamare
gli
invitati.
Quest'ultimi, dopo aver ascoltato i
servi, rifiutano l'invito. Ognuno ha il
suo giusto motivo, il suo più che
comprensibile da fare: chi nel
proprio campo, chi in altri affari.
Tutti però sono concordi nel
rifiutare.
Il re tuttavia non si arrende; insiste
e manda di nuovo i servi a
rinnovare l'invito. Sembra di sentire
l'apostolo quando dice che per il
Vangelo bisogna insistere in ogni
occasione sia opportuna che non
opportuna. Ma questa volta gli
invitati non solo disattendono la
proposta del re, giungono a
maltrattare e persino ad uccidere i
servi.
E'
quanto
accade
ogniqualvolta il Vangelo viene
annullato nelle sue esigenze o
espulso dalla nostra vita. Di fronte
a questa incredibile reazione il re,
sdegnato, fa punire gli assassini. In
verità sono essi stessi a punirsi,
ossia ad escludersi dal banchetto
della vita, della pace, dell'amore.
Cadono così in una vita d'inferno. Il
re tuttavia non dimette il suo
sconfinato desiderio di raccogliere
gli uomini. Manda altri servi con
l'ordine di rivolgersi a tutti coloro
che avrebbero incontrato nelle
strade e nelle piazze, senza alcuna
distinzione. Ebbene, questa volta
l'invito è raccolto e la sala si
riempie di commensali; il Vangelo
nota che sono "buoni e cattivi".
Sembra quasi che a Dio non
interessi come siamo; quel che
vuole è che ci siamo. In quella sala
non ci sono puri e santi. Ci sono
tutti. Anzi, a sentire altre pagine del
Vangelo, si direbbe che si trattava
di masse di poveri e di peccatori.
Secondo il Vangelo tutti sono
invitati e chiunque arriva è accolto;
non importa se uno ha meriti o
meno, e neppure se uno è a posto
o no con la coscienza. In quella
sala non si riesce a distinguere chi
è santo e chi è peccatore, chi è
puro e chi è impuro.
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Dio ti ha creato senza interpellarti,
ma non ti salva se non c’è il tuo
consenso.
S.Agostino
…È PREGATA
O Padre, che ci hai dato come nostra madre e regina la Vergine Maria, dalla
quale nacque il Cristo, tuo Figlio, per sua intercessione donaci la gloria
promessa ai tuoi figli nel regno dei cieli.
…MI IMPEGNA
Oggi pregherò perché a tutti gli uomini sia concessa la grazia di partecipare al
banchetto di nozze.
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Venerdì, 23 agosto 2013
LA PAROLA DEL SIGNORE Mt 22,34-40
…È ASCOLTATA
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai
sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo
interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande
comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e
primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo
prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la
Legge e i Profeti».
…È MEDITATA
L'amore verso Dio e verso il
prossimo è come il perno attorno al
quale ruota "tutta la Legge e i
Profeti". E' quel che risponde Gesù
ad alcuni farisei che gli chiedevano
quale
fosse
il
più
grande
comandamento della legge. Le
correnti religiose dell'ebraismo
avevano codificato 613 precetti, di
cui 365 negativi e 248 positivi. Era
una mole di disposizioni, anche se
non tutte dello stesso valore. Era
chiaro però quale fosse il primo:
"Ascolta, o Israele: il Signore è
nostro Dio, il Signore è solo uno.
Amerai il Signore tuo Dio con tutto
il cuore". Come pure era noto il
precetto di amare il prossimo.
L'originalità evangelica non sta nel
fatto di ricordarli ambedue, ma nel
collegarli così strettamente al punto
da unificarli. Il comandamento
riguardante l'amore del prossimo è
assimilato al primo e massimo
comandamento sull'amore integro e
totale a Dio, in quanto appartiene
alla stessa categoria di principio
unificante e fondamentale. La
strada per arrivare a Dio incrocia
necessariamente quella che porta
agli uomini. E, ovviamente, a quegli
uomini che maggiormente debbono
essere difesi perché più deboli.
Difendendo loro, si difende Dio.
Giovanni, l'evangelista, arriva adire
che "noi siamo passati dalla morte
alla vita perché amiamo i fratelli".
Non solo. Dio non sembra neppure
mettersi in concorrenza con l'amore
per gli uomini; in certo senso non
insiste sulla reciprocità dell'amore
(è ovvio che deve esserci). Gesù,
infatti non chiede: "Amatemi, come
io vi ho amati", ma: "Amatevi allo
stesso modo con cui io vi ho
amati". Ed è questo che lo mette al
di sopra di Davide perché lo pone
sul piano di Dio stesso. Quel titolo,
che pure risuona varie volte nei
Vangeli, ci porta a comprendere il
cuore divino di Gesù.
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Non si ama Dio: ecco perché si è
infelici!
Curato D’Ars
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…È PREGATA
Ti amo, o mio Dio, e il mio solo desiderio è di amarti fino all'ultimo respiro
della mia vita. Ti amo, o Dio infinitamente amabile, e preferisco morire
amandoti piuttosto che vivere un solo istante senza amarti. Ti amo, Signore, e
l'unica grazia che ti chiedo è di amarti eternamente. Mio Dio se la mia lingua
non può dirti ad ogni istante che ti amo, voglio che il mio cuore te lo ripeta
tante volte quante volte respiro. Ti amo, o mio Dio salvatore, perché sei stato
crocifisso con me, e mi tieni quaggiù crocifisso con te. Mio Dio, fammi la grazia
di morire amandoti e sapendo che ti amo."
…MI IMPEGNA
Oggi farò un gesto d’amore a vantaggio di qualcuno, vedendo in lui il Signore
Gesù.
Sabato, 24 agosto 2013
SAN BARTOLOMEO, apostolo - Apostolo martire nato nel I secolo a
Cana, Galilea; morì verso la metà del I secolo probabilmente in
Siria. La passione dell'apostolo Bartolomeo contiene molte
incertezze: la storia della vita, delle opere e del martirio del santo è
inframmezzata da numerosi eventi leggendari. Il vero nome
dell'apostolo è Natanaele. Il nome Bartolomeo deriva probabilmente
dall'aramaico «bar», figlio e «talmai», agricoltore. Bartolomeo
giunse a Cristo tramite l'apostolo Filippo. Dopo la resurrezione di Cristo, Bartolomeo
fu predicatore itinerante (in Armenia, India e Mesopotamia). Divenne famoso per la
sua facoltà di guarire i malati e gli ossessi. Bartolomeo fu condannato alla morte
Persiana: fu scorticato vivo e poi crocefisso dai pagani. La calotta cranica del martire
Bartolomeo si trova dal 1238 nel duomo di San Bartolomeo, a Francoforte
LA PAROLA DEL SIGNORE Gv 1,45-51
…È ASCOLTATA
In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del
quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe,
di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?».
Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli
veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità».
Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che
Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli
replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli
rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu
credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io
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vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il
Figlio dell’uomo».
…È MEDITATA
Filippo incontra Natanaele e
comunica all'amico di avere trovato
il Messia nella persona di Gesù.
L'annuncio di Filippo è una
professione di fede che si fonda
sulla Scrittura. Egli riconosce in
Gesù l'Atteso di Israele. La
reazione di Natanaele esprime il
suo scetticismo: il Messia non può
avere la sua patria in un villaggio
insignificante come Nazaret. Filippo
non tenta di chiarire o risolvere il
dubbio dell'amico, ma cerca di
invitarlo
ad
un'esperienza
personale con il Maestro, la stessa
da lui vissuta in precedenza e che
ha cambiato la sua vita. Gesù, che
legge
nel
cuore
dell'uomo,
riconosce la prontezza, la ricerca
sincera e il desiderio di Natanaele
di incontrarsi con lui. E Gesù,
vedendolo arrivare così aperto e
disponibile, lo previene e lo saluta
come un autentico rappresentante
d'Israele in cui non c'è falsità.
Gesù conosce bene Natanaele,
anche se lo incontra per la prima
volta, perché egli conosce tutti e sa
cosa c'è nell'uomo. E Gesù dà a
Natanaele una prova di conoscerlo
bene: egli l'ha visto quando era
sotto il fico. Sedere sotto il fico
significa meditare e insegnare la
Scrittura. Natanaele, dunque, è un
uomo applicato allo studio della
Scrittura che cerca e attende la
venuta del Messia. Anche mentre
ascoltava la spiegazione delle
Scritture, era accompagnato e
sostenuto dallo sguardo amoroso di
Dio. Natanaele, toccato nell'intimo
del suo cuore per la conoscenza
che Gesù ha di lui riconosce in
Gesù il Messia ed esclama:
"Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re
d'Israele".
Gesù è la rivelazione del Padre, è il
punto di unione tra cielo e terra, è il
mediatore tra Dio e gli uomini, è la
nuova scala di Giacobbe di cui Dio
si serve per dialogare con l'uomo.
In Gesù l'uomo trova il luogo ideale
per fare esperienza di Dio che
salva. La piena e definitiva
rivelazione di Dio si avrà solo in
Gesù risorto e seduto alla destra
del Padre nei cieli, dove salgono e
scendono gli angeli di Dio.
Natanaele è stato trasformato
dall'incontro con Gesù perché in lui
non c'è falsità; si è accostato a
Gesù con cuore sincero e
semplice.
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La luce di Gesù brilla, come in uno
specchio, sul volto dei cristiani e
così si diffonde, così arriva fino a
noi, perché anche noi possiamo
partecipare a questa visione e
riflettere ad altri la sua luce, come
nella liturgia di Pasqua la luce del
cero accende tante altre candele. La
fede si trasmette, per così dire, nella
forma del contatto, da persona a
persona, come una fiamma si
accende da un’altra fiamma.
Papa
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Francesco
–
Lumen
fide
…È PREGATA
Confermaci nella fede, o Padre, perché aderiamo a Cristo, tuo Figlio,
con l’entusiasmo sincero di san Bartolomeo apostolo, e per sua intercessione
fa’ che la tua Chiesa si riveli al mondo come sacramento di salvezza.
…MI IMPEGNA
Oggi non trascurerò occasione per annunciare, con le parole e le azioni, il Vangelo.
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PAPA FRANCESCO
ANGELUS Domenica, 4 agosto 2013
Cari fratelli e sorelle!
Domenica scorsa mi trovavo a Rio de
Janeiro. Si concludeva la Santa Messa e
la Giornata Mondiale della Gioventù. Penso
che dobbiamo tutti insieme ringraziare il
Signore per il grande dono che è stato
questo avvenimento, per il Brasile, per
l’America Latina e per il mondo intero. E’ stato una nuova tappa nel
pellegrinaggio dei giovani attraverso i continenti con la Croce di Cristo. Non
dobbiamo mai dimenticare che le Giornate Mondiali della Gioventù non sono
“fuochi d’artificio”, momenti di entusiasmo fini a se stessi; sono tappe di un
lungo cammino, iniziato nel 1985, per iniziativa del Papa Giovanni Paolo II. Egli
affidò ai giovani la Croce e disse: andate, e io verrò con voi! E così è stato; e
questo pellegrinaggio dei giovani è continuato con il Papa Benedetto, e grazie
a Dio anch’io ho potuto vivere questa meravigliosa tappa in Brasile.
Ricordiamo sempre: i giovani non seguono il Papa, seguono Gesù Cristo,
portando la sua Croce. E il Papa li guida e li accompagna in questo cammino di
fede e di speranza. Ringrazio perciò tutti i giovani che hanno partecipato,
anche a costo di sacrifici. E ringrazio il Signore anche per gli altri incontri che
ho avuto con i Pastori e il popolo di quel grande Paese che è il Brasile, come
pure le autorità e i volontari. Il Signore ricompensi tutti quelli che hanno
lavorato per questa grande festa della fede. Voglio anche sottolineare il mio
ringraziamento, tante grazie ai brasiliani. Brava gente questa del Brasile, un
popolo di grande cuore! Non dimentico la sua calorosa accoglienza, i suoi
saluti, i suoi sguardi, tanta gioia. Un popolo generoso; chiedo al Signore che lo
benedica tanto!
Vorrei chiedervi di pregare con me affinché i giovani che hanno partecipato
alla Giornata Mondiale della Gioventù possano tradurre questa esperienza nel
loro cammino quotidiano, nei comportamenti di tutti i giorni; e che possano
tradurlo anche in scelte importanti di vita, rispondendo alla chiamata
personale del Signore. Oggi nella liturgia risuona la parola provocante di
Qoèlet: «Vanità delle vanità…tutto è vanità» (1,2). I giovani sono
particolarmente sensibili al vuoto di significato e di valori che spesso li
circonda. E purtroppo ne pagano le conseguenze. Invece l’incontro con Gesù
vivo, nella sua grande famiglia che è la Chiesa, riempie il cuore di gioia, perché
lo riempie di vita vera, di un bene profondo, che non passa e non marcisce: lo
abbiamo visto sui volti dei ragazzi a Rio. Ma questa esperienza deve affrontare
la vanità quotidiana, quel veleno del vuoto che si insinua nelle nostre società
basate sul profitto e sull’avere, che illudono i giovani con il consumismo. Il
Vangelo di questa domenica ci richiama proprio l’assurdità di basare la propria
felicità sull’avere. Il ricco dice a se stesso: Anima mia, hai a disposizione molti
beni…riposati, mangia, bevi e divertiti! Ma Dio gli dice: Stolto, questa notte
stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai accumulato, di chi sarà?
(cfr Lc 12,19-20). Cari fratelli e sorelle, la vera ricchezza è l’amore di Dio
condiviso con i fratelli. Quell’amore che viene da Dio e fa che noi lo
condividiamo tra noi e ci aiutiamo tra noi. Chi ne fa esperienza non teme la
morte, e riceve la pace del cuore. Affidiamo questa intenzione, l’intenzione di
ricevere l’amore di Dio e condividerlo con i fratelli, all’intercessione della
Vergine Maria.
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PAOLO VI - Preghiera per la fede
O Signore, fa che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa
penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e
le cose umane.
O Signore, fa che la mia fede sia libera: cioè abbia il concorso
personale della mia adesione, accetti le rinunce ed i doveri che essa
comporta e che esprima l’apice decisivo della mia personalità: credo
in Te, o Signore.
O Signore, fa che la mia fede sia certa; certa d’una sua esteriore
congruenza di prove e d’una interiore testimonianza dello Spirito
Santo, certa di una sua luce rassicurante, d’una sua conclusione
pacificante, d’una sua assimilazione riposante.
O Signore. fa che la mia fede sia forte; non tema le contrarietà dei
problemi, onde è piena l’esperienza della nostra vita avida di luce;
non tema le avversità di chi la discute, la impugna, la rifiuta, la nega;
ma si rinsaldi nell’intima prova della Tua verità, resista alla fatica
della critica, si corrobori nella affermazione continua sormontante le
difficoltà dialettiche e spirituali, in cui si svolge la nostra temporale
esistenza.
O Signore, fa che la mia fede sia gioiosa e dia pace e letizia al mio
spirito, e lo abiliti all’orazione con Dio e alla consacrazione con gli
uomini, così che irradi nel colloquio sacro e profano l’interiore
beatitudine del suo fortunato possesso.
O Signore, fa che la mia fede sia operosa e dia alla carità le ragioni
della sua espansione morale, così che sia vera amicizia con Te e sia
in Te nelle opere, nelle sofferenze, nell’attesa della rivelazione finale,
una continua testimonianza, un alimento continuo di speranza.
O Signore, fa che la mia fede sia umile e non presuma fondarsi
sull’esperienza del mio pensiero e del mio sentimento; ma si arrenda
alla testimonianza dello Spirito Santo, e non abbia altra migliore
garanzia che nella docilità alla Tradizione e all’autorità del Magistero
della santa Chiesa. Amen.
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