LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
INDICE
La Costituzione della Repubblica Italiana
Principi fondamentali (Art. 1 - 12)
pag. 1
Parte I - Diritti e doveri dei cittadini
Titolo I - Rapporti civili (Art. 12 - 28)
Titolo II - Rapporti etico-sociali (Art. 28 - 34)
Titolo III - Rapporti economici (Art. 35 - 47)
Titolo IV - Rapporti politici (Art. 48 - 54)
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Parte II – Ordinamento
Titolo I - Il Parlamento
Sezione I - Le Camere (Art. 55 - 69)
Sezione II - La formazione delle leggi (Art. 70 - 82)
Titolo II - Il Presidente della Repubblica (Art. 83 - 91)
Titolo III - Il Governo
Sezione I - Il Consiglio dei Ministri (Art. 92 - 96)
Sezione II - La Pubblica Amministrazione (Art. 97 - 98)
Sezione II - Gli Organi ausiliari (Art. 99 - 100)
Titolo IV - La magistratura
Sezione I - Ordinamento giurisdizionale (Art. 101 - 110)
Sezione II - Norme sulla giurisdizione (Art. 111 - 113)
Titolo V - Le Regioni, le Provincie, i Comuni (Art. 114 - 133)
Titolo VI - Garanzie costituzionali
Sezione I - La Corte costituzionale (Art. 134 - 137)
Sezione II - Revisione della Costituzione (Art. 138 - 139)
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Disposizioni transitorie e finali
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PRINCIPI FONDAMENTALI
Art. 1.
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Repubblica: è un ordinamento che prevede tutte le cariche elettive, e quindi sottoposte al controllo
popolare.
Democratica, cioè basata sul governo del popolo, e sui principi di libertà, uguaglianza e solidarietà.
Fondata sul lavoro. Questo aspetto sottolinea il carattere di diritto - dovere del lavoro, che fonda la
repubblica. Altre costituzioni - ad esempio quella americana - sono basate ben diversamente sul
diritto alla felicità del popolo.
Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili
di solidarietà politica, economica e sociale.
“… Riconosce e garantisce” in quanto sono diritti naturali dell’uomo, preesistenti allo stato e non
creati da esso. Sono i diritti sacri e inviolabili dell’uomo in quanto tale, che lo stato deve tutelare e
difendere, sia come diritti dei singoli, sia come diritti dei gruppi e nei gruppi, in cui l’uomo accresce la
sua personalità. Inviolabili non vuol dire che non possono essere limitati, ma vuol dire che sono alla
base della struttura della Costituzione e non possono essere aboliti nemmeno con la modificazione della
costituzione stessa. Ai diritti si contrappongono dei doveri che vanno rispettati obbligatoriamente
nell’interesse della collettività, come quello della solidarietà politica, economica e sociale Un modo di
adempimento di questo dovere di solidarietà è quello del pagamento delle imposte, perché tutti devono
contribuire, secondo il loro reddito, a migliorare il livello di benessere della società in cui si vive.
Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,
di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese.
È questo uno degli articoli più importanti della Costituzione, in cui viene sancito il principio
dell’uguaglianza. Il costituente nel primo comma ribadisce il principio dell’uguaglianza in senso
formale, tipica degli stati liberali. Tutti sono uguali di fronte alla legge, anche chi amministra la
giustizia o fa le leggi risponde davanti ad essa. In uno stato democratico si va oltre all’uguaglianza
formale e, nel secondo comma dell’articolo, viene sancita l’uguaglianza sostanziale. La repubblica deve
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rendere effettivamente uguali tutti i cittadini e deve cercare di eliminare gli ostacoli che impediscono la
realizzazione concreta del principio di uguaglianza. aiutando chi è svantaggiato economicamente e
socialmente. Ad esempio le leggi che esentano i pensionati dal pagamento dei. ticket sui medicinali
Art. 4.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano
effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o
una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Continua il rapporto tra diritti e doveri corrispondenti: il lavoro, che fonda la repubblica, è un
diritto, in quanto legato al bisogno primario dell’individuo al sostentamento, ma è anche un dovere,
poiché con esso l’individuo contribuisce alla ricchezza della collettività.
Con questo articolo lo stato non si impegna a fornire direttamente lavoro a tutti i cittadini, come
avveniva nei paesi socialisti, ma a mettere in atto azioni di politica economica che favoriscano il
mercato del lavoro.
Art. 5.
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che
dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della
sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.
Si tratta di un articolo a lungo rimasto inadempiuto. Solo nel 1970 sono state attuate le regioni,ma il
trasferimento dei poteri dallo stato agli organi degli enti territoriali è avvenuto attraverso un
processo lento e difficoltoso. Nonostante la Costituzione avesse previsto il decentramento di alcune
importanti funzioni, l’apparato politico dello stato centrale ostacolava l’effettiva realizzazione di
questo processo, per timore di indebolire una parte dei propri poteri. Solo da pochi decenni sono
state attuate una serie di riforme volte al potenziamento delle autonomie locali. Importante per
esempio è stata la legge Bassanini che ha trasferito dallo stato agli enti locali molti poteri
riguardanti svariate materie (industria, ambiente, lavoro). La riforma del titolo quinto del 2001, ha
esteso ulteriormente le competenze delle regioni
Art. 6.
La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.
I diritti delle minoranze contro lo strapotere della maggioranza è un principio fondamentale. le
minoranze linguistiche in Italia sono soprattutto quella di lingua francese (Val d’Aosta), di lingua
tedesca (Trentino Alto Adige) e slovena (Venezia Giulia). A loro sono effettivamente garantite ampie
forme di autonomia, amministrativa e linguistica. L’autonomia amministrativa è evidente nei casi di
regioni a statuto speciale, che godono di notevoli competenze autonome, e quella linguistica è
particolarmente evidente nella presenza di scuole bilingui. Il rispetto delle minoranze linguistiche da
parte dello stato italiano ha avuto riconoscimenti anche internazionali. Piuttosto, hanno sollevato
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qualche polemica i forti trasferimenti finanziari alle regioni a statuto speciale, in cui sono state viste
forme di intervento clientelare.
Art. 7.
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti,
non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
Il regime fascista aveva stipulato con la Chiesa cattolica, nel 1929, i Patti Lateranensi, con cui si veniva
a sanare un lungo periodo di dissidio tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, dopo l’unificazione
d’Italia. Fu un trattato internazionale con cui lo stato italiano riconosceva lo Stato del Vaticano, e
prevedeva una serie di provvedimenti a favore della religione cattolica, tra cui il suo insegnamento nelle
scuole a cura di docenti nominati dall’autorità religiosa. Lo Statuto Albertino del 1848, indicava la
religione cattolica come religione di stato: la Costituzione non prevede invece una religione di Stato, in
nome del principio della laicità dello stato, ma introduce i Patti Lateranensi al proprio interno. Nel
1984 il Governo italiano (Presidente del Consiglio Bettino Craxi) e lo Stato del Vaticano hanno in parte
rivisto consensualmente i Patti, con un concordato che prevede: l’indipendenza delle rispettive
sovranità; i matrimoni di rito cattolico continuano ad avere effetti civili e l’annullamento di questi da
parte dei tribunali ecclesiastici, ha pure effetti civili; l’insegnamento della religione nelle scuole viene
scelto dai genitori degli alunni; una quota dei tributi versati dai contribuenti, l’otto per mille può essere
devoluto alla chiesa.
Art. 8.
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti,
in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
Mentre nello Statuto Albertino, che aveva la caratteristica di essere uno stato confessionale, le religioni
diverse da quella cattolica, erano semplicemente tollerate, nella Costituzione repubblicana si è voluto
dare un ampio riconoscimento alla libertà religiosa, stabilendo l’uguaglianza di tutte le confessioni
davanti allo Stato. L’unico limite riguarda la professione di quei culti che praticano riti in contrasto con
i principi democratici in vigore nel nostro ordinamento
Sulla base di questo articolo, che dà concretezza alla libertà di religione, il Governo italiano ha
contratto accodi particolari con la Tavola valdese (febbraio 1984) e la Confessione ebraica (febbraio
1987)
Questi accordi particolari si rendono necessari in quanto la libertà religiosa non è un principio
indiscriminato e va regolato dalla legge:. Per la stessa ragione, è evidente che non sono accettabili
riti religiosi in contrasto con le nostre leggi e i valori democratici. Così, riti particolari, che
prevedano costrizioni sulla persona, come vengono praticati da sette religiose o che sono presenti
nella cultura religiosa musulmana, non sono accettabili in nome della libertà di religione. Ogni
religione deve essere rispettosa dlle leggi democratiche.
Art. 9.
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
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Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Cultura e ricerca sono fattori fondamentali per lo sviluppo di un paese. Il buon livello culturale di
una nazione ne migliora qualitativamente le scelte politiche. La ricerca scientifica e tecnologica è
un fattori economico fondamentale. In un mondo competitivo, le scoperte scientifiche e tecnologiche
sono un propulsore economico straordinario, che consentono a una nazione di sviluppare industrie
e attività economiche. Sotto questo aspetto l’Italia non è ancora in prima fila: nella ricerca vengono
impiegati investimenti pubblici sostanzialmente modesti, specie a confronto con i paesi più
industrializzati.
La difesa del paesaggio è diventato un problema che ha sensibilizzato sempre più l’opinione
pubblica. Oggi la difesa del paesaggio rientra nella difesa più ampia dell’ambiente, e dà luogo a
una forte sensibilità ambientalista. Le Regioni hanno ottenuto la delega alla tutela del paesaggio,
ma esistono forti disparità tra Regione e Regione nell’adozione concreta e nel raggiungimento dei
risultati.
Art. 10.
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati
internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche
garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le
condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.
La Costituzione garantisce l’adesione del nostro Paese alla comunità internazionale, e quindi il
rispetto delle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute.
Il diritto d’asilo per motivi politici, e in generale la sensibilità nei confronti degli stranieri, nasce
anche dal fatto che molti antifascisti erano stati ospitati all’estero negli anni del regime, ed erano
quindi particolarmente sensibili al problema.
La parte dell’articolo è diventata significativa oggi in relazione al problema dell’immigrazione
extra comunitaria.
Art. 11.
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le
Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
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La difesa della pace è un principio fondamentale della nostra Repubblica, nata dalla tragedia della
seconda guerra mondiale. La repubblica esprime con forza il rifiuto della guerra, che tuttavia non la
esime dalla difesa nazionale, e la costringe quindi ugualmente a mantenere un esercito. Questo
aspetto ha assunto un profilo nuovo dopo la caduta del muro di Berlino e il crollo dei paesi
comunisti nel 1989. Da allora le alleanze internazionali fra i paesi occidentali si sono di fatto
allentate, ed ogni singolo paese è costretto a provvedere da solo alla propria difesa.
Questo articolo definisce la posizione dello stato nei confronti della guerra. I principi sono
fondamentalmente due:
1- il rifiuto della guerra come mezzo per dirimere le controversie;
2- la ricerca di istituzioni internazionali capaci di costituire un’alternativa alla guerra, anche a
costo di limitare in certa misura l’autorità dei singoli stati.
È evidente qui la preoccupazione che il dramma della seconda guerra mondiale non si ripeta.
Quanto al secondo principio, è evidente il riferimento alla Società della Nazioni, e implicitamente
all’O.N.U. che tuttavia sono oggi incapaci in realtà di un intervento efficace.
Art. 12
La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di
eguali dimensioni.
La bandiera italiana nasce a Reggio Emilia come modifica del tricolore francese (blu, bianco e
rosso), durante la venuta di Napoleone in Italia nel 1799 ed è inizialmente il simbolo della
Repubblica cispadana. Prima del 1948, il tricolore portava al centro anche lo stemma sabaudo.
PARTE I
DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI
TITOLO I
RAPPORTI CIVILI
Art. 13.
La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra
restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e
modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica
sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore
all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono
revocati e restano privi di ogni effetto.
È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
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La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.
Il principio di libertà è inviolabile; per questo ogni forma di restrizione della persona fisica va
attentamente stabilita dalla legge.
Queste forme di garanzia sono state riviste negli anni ottanta e novanta, in quanto in precedenza
erano rimaste in vigore diverse norme restrittive, fissate dal precedente regime fascista.
Tuttavia queste garanzie, quando si uniscono ad un cattivo funzionamento della giustizia, danno
luogo a delle deformazioni.
Più volte è avvenuto che, per l’estrema lentezza con cui procede la magistratura, oberata da un
enorme carico di procedimenti, importanti delinquenti, soprattutto mafiosi, sono stati messi in
libertà senza processo, per decorrenza dei termini di carcerazione. Peraltro la Corte costituzionale
ha più volte indicato che, dato in carattere eccezionale del fenomeno della mafia, nei suoi confronti
alcune garanzie costituzionali potevano essere sospese.
Art. 14.
Il domicilio è inviolabile.
Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla
legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.
Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e
fiscali sono regolati da leggi speciali.
La libertà personale si estende anche alla privacy del cittadino, che non può essere controllato nelle
sue forme di comunicazione. Il principio si è esteso poi anche ai controlli telefonici, che vanno
autorizzati dalla magistratura, e ad ogni altra forma di schedatura anche ai fini commerciali, che va
autorizzata dalla persona.
Art. 15.
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono
inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie
stabilite dalla legge.
Viene precisato un altro punto importate, relativo alla libertà individuale, quello della segretezza
della corrispondenza, che durante il regime fascista veniva sistematicamente violata. Oggi lo stesso
principio va inteso in forma più estesa, e riguarda, come abbiamo già detto, l’intera area della
privacy del cittadino, per la quale negli anni novanta è stata istituita una Autorità apposita, alla
quale il cittadino può rifarsi quando ritiene violato un suo diritto di privacy, e che dirime le
controversie in proposito.
Art. 16.
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Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale,
salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna
restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di
legge.
La libertà di movimento è un altro importante aspetto della libertà individuale, che non può essere
limitato, soprattutto per ragioni politiche. Il cittadino può muoversi liberamente, dentro e fuori lo
stato, a propria discrezione.
Il codice penale prevede casi in cui può essere imposto il domicilio coatto a persone responsabili di
reati.
Art. 17.
I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle
soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
È un articolo fondamentale, in quanto la libertà di riunione è una delle premesse principali alla
partecipazione collettiva dei cittadini. È infatti riunendosi che i cittadini elaborano idee politiche, si
confrontano, decidono prese di posizione e iniziative. Tutti i partiti politici nascono da riunioni più o
meno spontanee. Circa la differenza tra luoghi aperti al pubblico e luoghi pubblici, i primi possono
essere locali pubblici, teatri, sale e luoghi di spettacolo, per cui non bisogna chiedere l’autorizzazione.
Per gli altri,che sono piazze, strade o parchi, è necessario un preavviso e l’autorità pubblica può vietare
la riunione solo per motivi di sicurezza
Art. 18.
I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati
ai singoli dalla legge penale.
Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici
mediante organizzazioni di carattere militare.
La libertà di associazione viene ribadita, ma viene anche presa in considerazione l’eventualità che i
cittadini si riuniscano in forma segreta per fini particolari, non del tutto leciti, come quello di aiutarsi
reciprocamente, forzando la legge. La segretezza dell’associazione è di per sé un indice negativo, che si
vuole assolutamente evitare. Il riferimento principale è alle associazioni segrete del XIX secolo, come la
loggia massonica P2 negli anni Novanta del secolo scorso. Oggi la massoneria esiste, ma è tenuta a
rendere pubblici i suoi iscritti. Lo stesso discorso vale per tutte quelle organizzazioni politiche che al
loro interno hanno una struttura para militare come ad esempio le Brigate Rosse o alcune formazioni di
estrema destra i Nuclei Armati Rivoluzionari
Art. 19.
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Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale
o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti
di riti contrari al buon costume.
Nel corso della storia, religione e stati laici e democratici sono stati spesso in conflitto. La
Costituzione fa rientrare nella libertà individuale anche la libertà di culto, che può essere
propagandato, al pari di qualsiasi altra opinione. Solo limite, secondo questo articolo, che i riti
religiosi non offendano il buon costume del paese.
Per “contrari al buon costume” si intende l’insieme di quei comportamenti che possono offendere la
morale pubblica, cioè la sensibilità collettiva, così come si presenta in quel determinato momento
storico.
Art. 20.
Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono
essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione,
capacità giuridica e ogni forma di attività.
La libertà di associazione si estende anche alle associazioni religiose, che non possono in alcun
modo essere limitate. Per cui anche “Personalità giuridica” è una espressione tecnica, che in diritto
indica la idoneità di un soggetto (quindi anche un tipo di società d’impresa o una associazione) ad
assumere diritti e doveri.
Art. 21.
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro
mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per
i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la
legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità
giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria,
che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria.
Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo
di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento
della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon
costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
La stampa riceve particolare attenzione in quanto negli anni in cui la Costituzione venne scritta era
il principale mezzo di informazione, di formazione delle opinioni e di dibattuto. Oggi questi principi
andranno estesi anche alla radio e alla televisione, ma tenendo conto della diversa natura di questi
mezzi come mass media, rispetto alla stampa.
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Per autorizzazione si deve intendere un permesso preventivo; per censura un controllo su ciò che
viene scritto. Entrambi i mezzi erano ben noti ai regimi autoritari, compreso quello fascista.
Naturalmente si possono compiere reati anche attraverso la stampa, e in questo caso solo i giudici
possono fare intervenire la polizia.
E’ importante conoscere chi è proprietario di quotidiani e di mezzi di comunicazione, per perché
tutti posano vagliare le opinioni espresse da quei mass media, in relazione agli interessi particolari
dei proprietari.
Art. 22.
Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.
Va ricordato che durante il fascismo e il nazismo gli ebrei, nei campi di concentramento, furono privati
del nome, sostituito da un numero e furono privati della titolarità dei diritti e dei doveri. In seguito a
questo persero il lavoro e tutti i loro beni.
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Art. 23.
Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.
In questo articolo la Costituzione cerca di tutelare i cittadini da possibili abusi da parte dello stato,
stabilendo che nessun tipo di prestazione personale ad esempio la difesa della patria, o patrimoniale, ad
esempio il pagamento dei tributi, può essere imposto se non con un’apposita legge.
Art. 24.
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni
giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.
Il ricorso al giudice è un diritto di tutti; allo stesso modo, quando qualcuno viene chiamato davanti al
giudice ha diritto alla difesa. Per rendere operante questo principio è previsto il gratuito patrocinio,
cioè la difesa da parte di un avvocato senza spese per il cittadini non abbiente L’errore giudiziario si ha
quando un giudice nell’emanare una sentenza, commette in buona fede, un errore condannando ad
esempio un innocente.
Art. 25.
Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto
commesso.
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.
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Per garantire a ciascuno il giusto processo, ed evitare che un cittadino venga giudicato da un tribunale
non obiettivo, si stabilisce che nessuno possa essere distolto dal suo “giudice naturale”; con questa
espressione si intende il giudice che è competente per territorio, rispetto al luogo dove è avvenuto il
fatto. Con questo articolo si evitano i “tribunali speciali” di triste memoria, con cui i regimi autoritari
colpivano gli avversari politici:Si trattava di tribunali in cui i giudici erano scelti in base alla loro
fedeltà al regime. Inoltre questo articolo al comma due stabilisce un altro importante principio: la
irretroattività della legge penale. Ciò significa che nessuno può essere punito in mancanza di una legge
che stabilisca con certezza che il fatto commesso è un reato. Si tratta di una garanzia necessaria per
fondare le basi di una serena convivenza all’interno dello stato. Il cittadino deve conoscere con
esattezza quali comportamenti siano ritenuti leciti dall’ordinamento giuridico e quali siano vietati. Da
ciò discende che i reati hanno il carattere della tipicità, ossia il fatto commesso deve corrispondere
esattamente ad uno dei tipi di reato previsti dalla legge.
Art. 26.
L'estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle
convenzioni internazionali.
Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici.
L’estradizione è un istituto di diritto internazionale che può avere due aspetti: attivo e passivo. Si ha
l’estradizione passiva quando un soggetto imputato o condannato nello stato di appartenenza si
trova sul suolo italiano; in questo caso lo stato italiano lo consegna al suo stato, perché venga
sottoposto a giudizio o esegua la pena. Si parla di estradizione attiva quando un cittadino italiano
imputato o condannato per reati commessi in patria si trovi in territorio estero. Lo stato italiano può
chiedere che sia consegnato alle autorità giudiziarie perchè sia sottoposto a giudizio o alla
esecuzione della pena. L’estradizione è regolata da convenzioni o trattati internazionali sulla base
della reciprocità. In ogni caso il nostro ordinamento vieta l’estradizione di cittadini stranieri che
siano perseguiti nel loro stato per reati politici, a meno che i reati politici per i quali siano
incriminati riguardino il genocidio o i reati contro l’umanità.
Art. 27.
La responsabilità penale è personale.
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla
rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.
Questo articolo sancisce il principio che nessuno può essere condannato per un fatto commesso da altri,
ma ha anche un’altra conseguenza che chi commette un reato deve essere cosciente e consapevole dei
fatti commessi; così ad esempio chi è infermo di mente non può essere condannato. Se risulta pericoloso
per la collettività, può essere sottoposto a misure di sicurezza. Allo stesso modo i minori di anni 14 non
sono imputabili per i reati commessi. La seconda parte dell’articolo stabilisce che le pene non devono
essere degradanti o minare la dignità personale del condannato, ma devono mirare alla sua
rieducazione, ossia favorire il suo reinserimento nella vita civile. Si tratta di condizioni difficili da
conseguire, visto anche lo stato di degrado in cui si trovano le carceri italiane. Per questo motivo alcuni
dei provvedimenti più recenti hanno introdotto delle misure alternative al carcere,quali: l’affidamento al
servizio sociale, la detenzione domiciliare, la liberazione anticipata,la semi libertà e i permessi premi.
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Per poter usufruire di queste misure il condannato deve aver tenuto una buona condotta e scontato una
parte della pena.
L’ultimo comma di tale articolo è stato abrogato con legge costituzionale del 2/ 10/07
Art. 28.
I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le
leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la
responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
La responsabilità personale si estende anche ai dipendenti dello stato nell’esercizio dei loro
compiti; In realtà questo principio è rimasto a lungo inapplicato, e solo nel 1990 è stata varata una
legge che inizia ad a applicarlo.
TITOLO II
RAPPORTI ETICO-SOCIALI
Art. 29.
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla
legge a garanzia dell'unità familiare.
Questo articolo afferma l’importanza della famiglia come nucleo fondamentale della società, basata sul
principio di uguaglianza tra i coniugi. Nel 1970 è stata varata una legge che regola il divorzio, non
previsto ma neppure negato dalla Costituzione. Nel 1975 è stata attuata la riforma del diritto di famiglia
che in precedenza si basava sulla concezione tradizionale della famiglia in cui prevaleva l’autorità del
marito sulla moglie e sui figli: ad esempio, la moglie non poteva lasciare il tetto coniugale e trasferirsi
altrove neanche per motivi di lavoro. L’educazione dei figli era affidata al padre, che godeva di “patria
potestà”.
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Art. 30.
È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del
matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i
diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
La Costituzione prevede che all’interno della famiglia venga assicurata l’uguaglianza tra i figli
legittimi, nati all’interno del matrimonio e i figli naturali, nati al di fuori del matrimonio. Questa tutela
riguarda gli aspetti educativi, patrimoniali ed ereditari. Il riconoscimento dei figli naturali risale alla
riforma del diritto di famiglia, attuato nel 1975. La legge prevede la possibilità di effettuare ricerche
legali e mediche per stabilire la paternità.
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Art. 31.
La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e
l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
La maternità, la gioventù, e l’infanzia sono condizioni che possono risultare svantaggiate; la loro
tutela rientra nel principio che chi è più debole va maggiormente tutelato.
Art. 32.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività,
e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di
legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Con questo articolo si tutela un fondamentale diritto umano, che è nello stesso tempo diritto individuale
e interesse della collettività, in quanto solo chi è sano può concorrere al benessere della società. Nel
nostro Stato è vietato compiere sul proprio corpo atti che ne diminuiscano l’integrità fisica. È vietata
anche l’eutanasia, cioè aiutare a morire i malati incurabili, ed è vietato il commercio di organi. Nel
1998 è stato creato un sistema sanitario nazionale che assicura a tutti i cittadini l’assistenza sanitaria.
Dal 2001 la tutela della salute risulta tra le materie attribuite alla potestà legislativa concorrente dello
Stato e delle Regioni. I trattamenti sanitari obbligatori possono essere imposti solo per motivi di
pubblico interesse e non devono essere lesivi della dignità umana.
Art. 33.
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e
gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve
assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli
alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di
essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi
nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
L’articolo prevede la libertà dell’espressione artistica, della scienza e del loro insegnamento.
Questo è un principio democratico che nei regimi totalitari non trova applicazione in quanto vengono
impartiti insegnamenti di regime, come è accaduto in Italia durante il fascismo, quando nelle scuole e
nei testi scolastici si trovavano solo idee ispirate alla ideologia di regime. .
Lo Stato provvede all’insegnamento attraverso scuole statali, ma permette anche ad enti e privati di
istituire scuole, purché non gravino finanziariamente sullo Stato e si mantengano con i propri mezzi.
Art. 34.
13
La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre
provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
L’articolo tratta il diritto all’istruzione, diritto fondamentale per attuare una effettiva parità dei
cittadini tra loro; Un regime democratico è tanto più solido quanto maggiore è il livello culturale dei
suoi cittadini.
Si ribadisce il concetto di uguaglianza formale: la scuola è aperta a tutti, tutti hanno diritto
all’istruzione, che è un diritto fondamentale per garantire la parità fra i cittadini. Un regime
democratico è tanto più solido quanto maggiore è il livello culturale della collettività. Si ribadisce poi
anche il concetto di uguaglianza sostanziale, nel senso che la Repubblica deve rendere effettivo questo
diritto aiutando i meno abbienti meritevoli con borse di studio e assegni alle famiglie.
TITOLO III
RAPPORTI ECONOMICI
Art. 35.
La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i
diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e
tutela il lavoro italiano all'estero.
Art. 36.
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in
ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
L’articolo ha alle spalle lunghi decenni di lotte da parte dei lavoratori per raggiungere condizioni di
lavoro umane. Nell’ottocento la giornata lavorativa poteva essere anche di 16 ore, oggi invece la misura
della retribuzione e la durata della giornata lavorativa vengono stabilite dalle leggi e dalle
contrattazioni fra rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro.
In ogni caso la retribuzione deve permettere al lavoratore e alla sua famiglia di vivere in modo
dignitoso. Questo concetto va considerato in relazione all’evoluzione sociale ed economica delle
società in cui si vive. Ad esempio, un elettrodomestico di casa come il frigorifero cinquanta anni fa
era un bene di lusso, mentre oggi è un bene di largo consumo.
14
L’ultimo comma di questo articolo ribadisce il diritto del lavoratore al riposo settimanale e alle
ferie annuali. Va sottolineato che questi sono diritti irrinunciabili da parte del lavoratore, che non
ne può quindi disporre neanche in cambio di somme di denaro. La motivazione di questo principio
sta nel fatto che il lavoratore è in una condizione di inferiorità rispetto al datore di lavoro, il quale
potrebbe fare pressioni su di lui per costringerlo a rinunciarvi.
Art. 37.
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al
lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione
familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il
diritto alla parità di retribuzione.
Le donne e i minori erano tradizionalmente meno pagati degli uomini adulti, e ancora oggi, un
confronto attento delle retribuzioni tra uomo e donna vede la donna discriminata. Affermando la
parità di diritti tra uomo e donna sul lavoro la Costituzione vuole superare questi divari.
La Costituzione protegge inoltre il lavoro minorile. Il compito dei minori non è di lavorare, ma di
studiare, per formarsi come cittadini più consapevoli e presentarsi al mondo del lavoro meglio
preparati e in grado di assumere responsabilità sempre maggiori; da qui il principio che in realtà
limita se non esclude il lavoro minorile, praticato purtroppo ancora molto nel resto del mondo.
Art. 38.
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al
mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in
caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera.
È l’articolo che fissa le basi del sistema sociale, o Welfare State. Chi si trova in condizioni di
minorità per non potere lavorare o non poterlo più fare per un infortunio, dee essere comunque
tutelato nelle sue esigenze primarie. Lo stato in effetti si è fatto carico di numerose istituzioni in tal
senso: quelle che si dedicano alla assistenza sociale, con sussidi e prestazione a favore di cittadini
più deboli; istituzioni di previdenza, per garantire il sostentamento a chi si trova provvisoriamente
senza lavoro, o per provvedere alle pensioni per le persone anziane, che abbiano superato l’età
lavorativa.
Art. 39.
L'organizzazione sindacale è libera.
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Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o
centrali, secondo le norme di legge.
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a
base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione
dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli
appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
I sindacati sono associazioni di lavoratori, che hanno lo scopo di difendere i loro interessi. La
Costituzione li riconosce, in base al principio di libertà di associazione.
Di fatto le organizzazioni sindacali, ispirate a diversi orientamenti politici, sono diventati una
componente molto importante nella vita politica del paese. I contratti collettivi stipulati dai
sindacati con le organizzazioni padronali vengono estesi alle intere categorie, quindi anche ai
lavoratori non iscritti ai sindacati stessi.
Nel tempo il ruolo dei sindacati è diventato sempre più oggetto di discussione, in quanto esiste il
dubbio che siano organizzazioni sempre più protese a difendere il proprio interesse di lobby,
piuttosto che organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori. questo è un problema legato alla
storia di tutte le organizzazioni democratiche: nel tempo, la loro tendenza è sempre a diventare
organizzazioni burocratiche, con il pericolo che i loro scopi originari, per i quali furono create,
siano andati perduti.
Art. 40.
Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.
Lo sciopero è la più tradizionale forma di lotta dei lavoratori. Consiste nell’astensione al lavoro per
protesa, con lo scopo di danneggiare il datore di lavoro; Di fatto questo danno avviene solo in
particolari condizioni: ad esempio una fabbrica in crisi di sovrapproduzione non può certo essere
danneggiata da uno sciopero.
Lo scopo dello sciopero può anche essere politico in quanto dall’entità della partecipazione si può
verificare la forza di rappresentanza del sindacato, e il suo grado di consenso. I sindacati si sono
tradizionalmente opposti alla regolamentazione dello sciopero previsto da questo articolo, ma nel
1990 le forze politiche hanno approvato una legge che inizia una forma di regolamentazione,
prevedendo forme di preavviso dello sciopero e la garanzia di servizi minimi. Infatti nel settore dei
sevizi pubblici, chi era veramente colpito dallo sciopero nel era il datore di lavoro ma solo i
cittadini che fruivano di quel servizio.
Art. 41.
L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata
possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
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Se il precedente articolo si occupava dei lavoratori, questo si occupa degli imprenditori, che sono in
gran parte datori di lavoro. La Costituzione riconosce l’importanza economica della libera
iniziativa privata, che producendo ricchezza alimenta anche la ricchezza del paese in cui opera.
L’articolo insite sulla “utilità sociale” dell’impresa, un aspetto molto importante. L’imprenditore
dovrebbe tenerne conto, considerando che la gestione di una imprese privata è una gestione con una
forte responsabilità sociale: ad esempio, se un imprenditore gestisce male la propria azienda, può
essere costretto a licenziare i propri dipendenti, che quindi si troveranno senza lavoro. Pertanto
l’imprenditore non danneggia solo se stesso, ma provoca anche un danno sociale. Il senso di questa
responsabilità sociale dell’impresa non è entrata nella mentalità del ceto imprenditoriale italiano,
che è invece ancora legato ad una visione strettamente privatistica dell’impresa. D’altra parte,
sottolineare la responsabilità sociale dell’impresa significa anche sottolineare la necessità che la
collettività ne favorire lo sviluppo. Ciò può avvenire con la creazione, da parte dello stato, di
infrastrutture (strade, ferrovie, mezzi di comunicazione efficaci, servizi postali ecc., ma anche un
sistema giudiziario rapido, un sistema fiscale equo e il più possibile semplice, ecc. ). Si dice che
l’insieme di queste infrastrutture costituiscano il ‘sistema paese’, che può favorire o meno lo
sviluppo imprenditoriale.
Inoltre fino a quando il singolo imprenditore non vedrà riconosciuta la sua responsabilità sociale
attraverso aiuti economici diretti, non gli si potrà certo chiedere di superare una visione privatistica
dell’impresa. Di fatto, in Italia, negli ultimi decenni, è avvenuto che le imprese di grandi dimensioni
abbiano avuto aiuti economici anche sostanziosi da parte dello stato, preoccupato del pericolo di
una loro crisi, che avrebbe messo in difficoltà migliaia di lavoratori; La piccola e media impresa
invece non ha ricevuto lo stesso trattamento: l’imprenditore è stato lasciato solo davanti al rischio
d’impresa e alle necessità di finanziamento della sua impresa, a cui ah dovuto provvedere da solo, e
ciò non favorisce certamente il miglioramento del suo senso della responsabilità sociale
dell’impresa.
Art. 42.
La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di
godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per
motivi d'interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello
Stato sulle eredità
La tutela della proprietà privata si spiega in relazione all’utilità sociale della proprietà. Il possesso
di beni non viene considerato un diritto naturale; al contrario, il possesso (e quindi la loro
proprietà) si giustifica con il fatto che il loro uso da parte del singolo cittadino deve essere
finalizzato al bene comune. In questo modo si spiega il fatto che, in determinati casi previsti
(“preveduti”) dalla legge, i beni privati possano essere espropriati. Ad esempio, se lo stato o un ente
locale deve costruire una strada, può espropriare ai proprietari il terreno privato su cui dovrà
passare, naturalmente con un indennizzo, cioè un risarcimento del loro valore. Ciò perché l’utilità
pubblica della strada prevale sul diritto alla proprietà del singolo.
Il primo comma di questo articolo prevede un sistema ad economia mista, in cui l’economia privata
è affiancata dall’intervento pubblico che ha la finalità di orientamento e di programmazione
economica.
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Art. 43.
A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione
e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate
imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a
situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.
Questo articolo si spiega con la preoccupazione di realizzare una rete di infrastrutture capace di
favorire lo sviluppo economico del paese. Per questo scopo era necessario che i servizi principali
(strade, ferrovie, telefoni, poste) fossero realizzati al più presto, e fossero messi a disposizione della
collettività a prezzi adeguati a favorire lo sviluppo. Questo compito, economicamente così gravoso,
non poteva essere affidato a privati, ed era invece necessario che se ne occupasse lo stato. Di fatto
così è avvenuto, rendendo possibile la trasformazione del nostro paese da paese agricolo in paese
industriale (il ‘miracolo economico’ italiano degli anni Cinquanta e sessanta). I monopoli statali di
servizi pubblici hanno reso possibile anche il superamento delle due forti crisi economiche degli
anni Settanta e Ottanta. Negli anni Novanta si è incominciato a constatare che la gestione pubblica
di grandi complessi aveva comportato anche una loro scarsa qualità. È iniziato allora il processo di
‘privatizzazione’ cioè di vendita ai privati dei grandi complessi aziendali costituiti dai servizi
pubblici. Poiché nessun singolo privato era in grado di acquistare aziende di quelle dimensioni, le
azioni di quelle società sono state offerte al pubblico. Le grandi società monopolistiche sono quindi
diventate in gran parte Public Company, cioè società gestite da manager e con una proprietà
frazionata tra una moltitudine di risparmiatori, singoli cittadini che investivano i loro risparmi
nell’acquisto delle azioni di queste società. Il processo di privatizzazione è ancora in corso.
Altra cosa sono i monopoli del tabacco e del sale: si tratta di attività particolari, che lo stato si è
riservato per finanziarsi. Anche questi monopoli, su sollecitazione dell’Unione europea, sono in via
di privatizzazione.
Art. 44.
Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge
impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le
regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo
e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà.
La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.
Si tratta di una ulteriore conferma di quanto esposto nell’art. 42 a proposito della proprietà privata.
Qui il significato di utilità sociale della proprietà privata del terreno è particolarmente evidente; In
base a questo articolo vennero attuate negli anni Cinquanta delle riforme agrarie, con distribuzione
di terre ai contadini, ma si trattò di iniziative che si realizzarono solo in alcune parti del paese, in
cui era presente il latifondo, cioè una estesissima proprietà terriera, coltivata prevalentemente in
forma estensiva, che con il frazionamento vennero coltivate dai singoli contadini in forma intensiva.
Art. 45.
La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini
di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne
assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.
18
La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell'artigianato.
La “cooperazione” è un’associazione di persone per svolgere un’attività economica con lo scopo di
reciproca assistenza. Le cooperative operanti in Italia sono numerossime, e godono di particolari
vantaggi fiscali, limitati nel 2001 dal secondo governo Berlusconi, in quanto in esse è stato visto un
interesse economico prevalente rispetto a quello della mutua solidarietà.
L’”artigianato” è un’attività manuale di dimensioni limitate, compiute da società di poche persone.
Art. 46.
Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione,
la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle
leggi, alla gestione delle aziende.
L’articolo offre la possibilità di una ‘cogestione’ delle aziende tra datori di lavoro e lavoratori.
Questa possibilità è rimasta del tutto inattuata, e quando si è profilata la possibilità di realizzarla,
nei primi anni Settanta, i sindacati operai si sono opposti, vedendo in essa il pericolo di una
limitazione di fatto dell’azione di rivendicazione dei lavoratori. Del resto, anche da parte della
proprietà privata questa eventualità è stata considerata sempre con molta diffidenza, per
quell’atteggiamento ‘privatistico’ che abbiamo indicato a commento dell’art. 41.
Art. 47.
La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla
l'esercizio del credito.
Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta
coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.
Il risparmio è un modo con cui un paese mette da parte riserve economiche con cui può finanziare
opere di sviluppo dell’economia. Le Banche sono il principale tramite di queste operazioni e si
finanziano anche attraverso il risparmio dei cittadini. Il risparmio è anche un modo con cui i
cittadini tutelano se stessi e garantiscono il proprio futuro. L’Italia è sempre stata un grande paese
risparmiatore, e il risparmio collocato nelle banche è stato effettivamente un fattore molto
importante per la crescita economia del paese. Attualmente si è realizzata una inversione di
tendenza. L’introduzione dell’euro, in sostituzione della precedente moneta, la lira, ha causato un
processo di inflazione, che ha avuto come conseguenza una drastica riduzione dei consumi e dei
risparmi.
TITOLO IV
RAPPORTI POLITICI
Art. 48.
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Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti
all'estero e ne assicura l'effettività. A tal fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle
Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo
criteri determinati dalla legge.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale
irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.
Il voto è la principale forma di partecipazione del cittadino alla vita politica del proprio paese. In
un regime democratico deve essere il più possibile esteso, in nome del principio di uguaglianza degli
uomini davanti alla legge e allo stato.
Il voto è un diritto, ma anche un dovere, in quanto tutti i cittadini hanno il dovere di partecipare alla
vita politica del proprio paese.
Oggi hanno diritto di voto tutti gli italiani, uomini e donne, che hanno compiuto i diciotto anni il
giorno delle votazioni.
Il diritto di voto è personale, (non ci può trasferire ad altri), uguale (una persona, un voto), libero,
(nessuno lo deve condizionare) e segreto (proprio per garantirne la libertà).
Solo chi è stato condannato per reati gravi è escluso dal voto.
Art. 49.
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo
democratico a determinare la politica nazionale.
Per dare attuazione alla libertà politica, anche le associazioni politiche o partiti politici, sono
garantite. È importante che in una democrazia i partiti siano più di uno e che costituiscano delle
alternative effettive. Il nostro paese ha sofferto a lungo l’esistenza di numerosi partiti politici di
diverso orientamento, il che ha reso difficile talvolta la formazione di governi solidi e duraturi, per
la debolezza delle coalizioni che li sostenevano. La tendenza, dopo la riforma elettorale del 1993, è
verso un sistema bipartito, che si realizza con coalizioni di più partiti che si presentano uniti alle
lezioni, che effettivamente ha dato maggiore stabilità al sistema. mentre prima un governo rimaneva
in carica, in Italia in media undici mesi, nelle legislature successive i governi e soprattutto le
maggioranze sono stati in carica per più anni.
Art. 50.
Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o
esporre comuni necessità.
Questo diritto si differenzia dal diritto di iniziativa legislativa popolare. Qui i cittadini non devono
raggiungere un certo numero di firme né strutturare la loro richiesta. Si tratta solo di sensibilizzare il
Parlamento su questioni di interesse generale, le Camere non sono obbligate a trasformare in progetto
di legge le petizioni. È uno strumento poco usato nel nostro ordinamento.
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Art. 51.
Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive
in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli
italiani non appartenenti alla Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro
adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.
La parità tra i cittadini è prevista sia per l’elettorato attivo (di chi vota), sia per elettorato passivo
(di chi è eletto). In passato, solo le persone abbienti potevano disporre del tempo per dedicarsi
all’attività politica, e questo comportava una evidente disparità, in quanto i componenti delle classi
abbienti erano portati a curare gli interessi soprattutto del loro ceto di provenienza. In democrazia
invece poveri e ricchi devono disporre delle stesse possibilità di ricoprire cariche politiche:
pertanto, per i politici dovrà essere previsto un compenso. Attualmente è incorso una forte polemica,
che coinvolge l’opinione pubblica, sulle dimensioni dei compensi ai parlamentari, che da più parti
vengono considerati eccessivi e che rappresentano un onere elevato per la spesa pubblica.
Art. 52.
La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non
pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici.
L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.
Pochi articoli della Costituzione sono stati così poco rispettati per lungo tempo come questo. La
Repubblica ha infatti ereditato la struttura interna dell’esercito monarchico e fascista, evitando di
riformalo fino agli anno Ottanta. Nel corso dei decenni, l’antimilitarismo, unito alla scarsa stima da
parte dell’opinione pubblica di un esercito, quello italiano, sostanzialmente di caserma e regolato in
modo anacronistico, hanno sviluppato un orientamento sempre più accentuato per l’obiezione di
coscienza, cioè una opposizione, per ragioni morali o religiose, al servizio militare obbligatorio.
Dal 1972 è ammessa l’obiezione di coscienza con la sostituzione del servizio militare con un servizio
civile, cioè un’attività di utilità sociale (assistenza ad handicappati, a tossicodipendenti, servizi
preso la Croce rossa o organizzazioni di volontariato, ecc.).
Nel 1999 è stato istituito il servizio volontario femminile sulla base del principio della parità
uomo/donna. Dal 2000 si è cominciato a creare un esercito professionale con l’abolizione della leva
militare obbligatoria.
Art. 53.
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
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Il principio di solidarietà prevede che ogni cittadino fornisca allo stato, in proporzione delle proprie
possibilità, l’aiuto necessario alle necessità dello stato.
Infatti lo stato deve provvedere a un notevole numero di attività di pubblica utilità: attività
economiche, per favore lo sviluppo della ricchezza del paese, costruzione di infrastrutture (strade,
ferrovie, rete telefonica, ecc.), assistenza sociale, finanziamento dei sistemi scolastico e sanitario.
Quindi il sistema fiscale di un paese è una sorta di raccolta di ricchezza condotta da parte dello
stato, che poi provvede a ridistribuirla alla collettività secondo criteri di equità.
I cittadini pagano i contributi secondo “criteri di progressività”: ciò significa che chi più ha, più è
tenuto a contribuire. Quindi i tributi sono percentualmente più elevati, quanto più alto è il reddito.
Ad esempio, chi ha un reddito personale di 20.000 euro può versare secondo un’aliquota, ad
esempio, del 20%, mentre chi ha un reddito doppio non versa il 20% su di esso, ma una percentuale
maggiore, ad esempio il 27%. In realtà le aliquote vengono continuamente modificate, e questo
esempio ha un valore puramente indicativo del criterio di progressività.
Art. 54.
Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le
leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed
onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.
Questa norma viene interpretata in senso estensivo in quanto l’osservanza alla Costituzione deve essere
prevista non solo per i cittadini ma anche per i non cittadini quando si trovano sul territorio nazionale.
PARTE II
ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA
TITOLO I
IL PARLAMENTO
Sezione I
Le Camere
Gli articoli che seguono regolamentano il Parlamento, che è l’organo più importante dello Stato
repubblicano. Il Parlamento infatti è eletto direttamente dai cittadini, e rappresenta la volontà della
maggioranza del popolo. Come tale, vara le leggi, che sono fondamentali per regolare al vita civile
del paese.
Questa attività del parlamento viene definita ‘legislativa’ e rappresenta il più importante potere
dello stato, prima della facoltà esecutiva del governo (facoltà di applicare le leggi) e giudiziaria
(facoltà di giudicare secondo le leggi) propria della magistratura.
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Il Parlamento ha anche il compito di indirizzo politico: ciò significa che la maggioranza
parlamentare votata dai cittadini indica al Governo i problemi da affrontare ed il modo di risolverli.
Gli articoli dedicati al Parlamento sono stati in parte modificati, rispetto alla versione originale del
1947, nel 1983 e nel 1993.
Art. 55.
Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla
Costituzione.
Si dice bicameralismo perfetto nel senso che le camere esercitano le stesse funzioni. L’Italia è uno dei
pochi paesi che in Europa ha mantenuto questo modello. Alcuni paesi, come per esempio la
Danimarca,la Grecia,il Portogallo hanno una sola Camera, altri ne hanno due ma con composizione e
funzioni diverse, come la Germania e la Spagna. Anche in Italia si è parlato molto di eliminare o
modificare una Camera, ma per ora senza risultati.
Art. 56.
La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.
Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque
anni di età.
La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla
circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta
dall'ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in
proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
La Camera dei Deputati ha sede a Roma nel Palazzo di Montecitorio. I deputati sono 630 eletti da
tutti i cittadini maggiorenni (elettorato attivo), mentre per essere eletti deputati occorrono 25 anni di
età (elettorato passivo).
Art. 57.
Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.
Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle
d'Aosta uno.
La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione
Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla
popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti
interi e dei più alti resti.
23
Il Senato della Repubblica ha sede a Roma nel Palazzo Madama. I senatori sono in numero minore
rispetto ai deputati, esattamente la metà, e hanno un’età più elevata. Infatti si deve avere compiuto 25
anni per disporre dell’elettorato attivo (cioè per disporre del diritto di voto), e 40 anni per l’elettorato
passivo (cioè per essere letti).
Art. 58.
I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il
venticinquesimo anno di età.
Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno.
Come viene eletto il Senato;
Art. 59.
È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la
Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.
Oltre i 315 senatori eletti vi sono i senatori a vita. Ogni presidente della Repubblica può nominarne 5.
Abbiamo avuto anche presidenti che ne hanno nominati sette, quindi il numero non è tassativo. Questi
vengono scelti fra le persone che si sono distinte per motivi sociali politici scientifici e letterari.
Gli ex presidenti della repubblica sono senatori a vita di diritto.
Art. 60.
La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni.
La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra.
Il Parlamento dura in carica 5 anni e tale periodo si chiama legislatura. Le Camere a volte vengono
sciolte prima della fine naturale della legislatura e in tale caso il Presidente della Repubblica indice
nuove elezioni.
Art. 61.
Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La
prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni.
Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti.
Il paese non può rimanere privo di parlamento; pertanto, nel periodo che intercorre tra le nuove
elezioni e la fine della legislatura precedente, vengono prorogati i poteri delle Camere precedenti,
per l’ordinaria amministrazione.
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Art. 62.
Le Camere si riuniscono di diritto il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre.
Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo Presidente o del
Presidente della Repubblica o di un terzo dei suoi componenti.
Quando si riunisce in via straordinaria una Camera, è convocata di diritto anche l'altra.
In questo articolo vengono citate le modalità con cui si convocano le Camere, sia ordinariamente
(di diritto), che in via straordinaria.
Art. 63.
Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di presidenza.
Quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l'Ufficio di presidenza sono quelli
della Camera dei deputati.
I componenti di ciascuna Camera votano per eleggere un Presidente e i componenti dell’Ufficio di
Presidenza. Le funzioni del Presidente della Camera sono relative al buon andamento della Camera
stessa. Egli dirige le discussioni, richiama all’ordine i parlamentari che non si attengono al
regolamento, mette a votazione le delibere e ne proclama i risultati.
Art. 64.
Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento a Camere riunite
possono deliberare di adunarsi in seduta segreta.
Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la
maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la
Costituzione prescriva una maggioranza speciale.
I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo,
di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono.
Il regolamento adottato da ciascuna Camera a maggioranza assoluta dai suoi componenti prevede le
norme che permettono un buon funzionamento della Camera. Ad esempio decide la durata degli
interventi dei parlamentari durante le discussioni.
Le sedute sono pubbliche e vengono anche trasmesse dalla televisione.
A volte sono presenti delle scolaresche. Anche i membri del governo hanno diritto a essere presenti alle
sedute.
Art. 65.
La legge determina i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore.
Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Camere.
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In alcuni casi non si può essere eletti parlamentari: ad esempio è nulla, cioè non è valida, l’elezione di
sindaci di grandi comuni, di prefetti, di capi della polizia (Si parla in questo caso di ineleggibilità)
Questi possono essere eletti se rinunciano al loro incarico prima di presentarsi alle elezioni.
Le cause di incompatibilità riguardano invece cariche inconciliabili fra loro, ad esempio senatore e
deputato, deputato dell’Europarlamento e deputato o senatore del Parlamento italiano, Presidente della
Repubblica e giudice della Corte costituzionale. Queste cariche sono incompatibili perché potrebbero
produrre conflitti di interesse.
Chi ricopre tali cariche deve scegliere o l’una o l’altra altrimenti decade da quella di parlamentare.
Art. 66.
Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di
ineleggibilità e di incompatibilità.
All’interno delle Camere ci sono delle giunte (articolazioni interne) che hanno varie funzioni fra cui
quella di giudicare sulle cause di ineleggibilità e incompatibilità degli eletti.
Art. 67.
Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di
mandato.
L’espressione “senza vincolo di mandato” significa che i parlamentari non sono tenti al rispetto
rigoroso del programma che hanno presentato agli elettori, ed in base al quale sono stati eletti, ma
che, una volta eletti, rappresentano l’interesse dell’intera collettività. Quindi, durante il loro
mandato, devono agire a favore di tutti i cittadini e non solo dei propri elettori. A sua volta, se
l’elettore non è soddisfatto dell’operato del candidato prescelto, potrà non rinnovargli il proprio
consenso alle lezioni successive. Si tratta di un principio di carattere generale, che definisce il tipo
di mandato del parlamentare, essenzialmente politico.
Art. 68.
I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti
dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere
sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della
libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di
condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto
obbligatorio in flagranza.
Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazione, in
qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.
Ai parlamentari sono riconosciute delle prerogative che mirano a garantire il libero esercizio delle
opinioni e dell’attività parlamentare e politica . Il primo comma dell’articolo sancisce il principio di
insindacabilità per le opinioni date e per i voti espressi. Questo garantisce una piena e totale libertà
di opinione dei parlamentari ed è permanente. L’immunità processuale invece, prevista nel secondo
comma, riguarda i reati di qualsiasi tipo commessi dai parlamentari anche al di fuori delle loro
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funzioni. È necessario ottenere l’autorizzazione della camera di appartenenza, prima di sottoporre il
parlamentare a misure restrittive della sua libertà personale. Questa parte dell’articolo è stata
modificata nel 1993 in quanto prima era molto più estesa; infatti l’autorizzazione della camera era
necessaria per svolgere qualsiasi indagine a carico di un membro del parlamento. In seguito agli
abusi a cui aveva dato luogo questo uso abnorme dell’immunità, oggi i giudici possono avviare
indagini e procedimenti contro i parlamentari senza avere più bisogno dell’autorizzazione della
camera. Questo tipo di immunità riguarda solo la durata della carica dei parlamentari.
Simile alla procedura riservata ai parlamentari è quella relativa ai ministri, tranne che per due
aspetti. 1. Se nel corso di una indagine un giudice ritiene che un ministro possa essere coinvolto in
un reato, trasmette gli atti al Tribunale dei ministri (collegio di tre magistrati ordinari), che può
decidere, o di chiedere l’autorizzazione a procedere, al Parlamento, oppure archiviare il caso. 2.
Qualora venga deferito alla Camera di appartenenza, questa può decidere, o di autorizzare il
processo, che viene svolto da un giudice ordinario, o di negare l’autorizzazione in quanto ritiene che
il ministro abbia agito per la tutela di un interesse nazionale.
Art. 69.
I membri del Parlamento ricevono un'indennità stabilita dalla legge.
Ci sono ragioni storiche che giustificano l’indennità dei parlamentari. Quando il suffragio era ristretto
ai ceti più abbienti gli eletti potevano svolgere gratuitamente il loro incarico. Con il suffragio
universale,quando anche le classi più povere poterono essere elette, viene garantita a tutti una base
economica tale da permettere lo svolgimento delle loro funzioni in modo indipendente.
Sezione II
La formazione delle leggi.
Art. 70.
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.
La funzione legislativa è il compito di fare le leggi e spetta alle Camere. Collettivamente non vuol dire
che lavorano in seduta comune bensì che tale funzione viene svolta prima da tutta una Camera poi
dall’altra.
Art. 71.
L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti
ai quali sia conferita da legge costituzionale.
Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila
elettori, di un progetto redatto in articoli.
Qui si elencano i soggetti che possono presentare una proposta di legge:. . ciascun parlamentare, il
Governo (in questo caso la proposta si chiama disegno di legge). .
Il Consiglio regionale (vedi art. 121 della Cost.) -
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Il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro che fa proposte solo in materia di economia e lavoro
(vedi art. 99).
Il secondo comma riserva la iniziativa di legge al popolo se si raccolgono cinquantamila firme
Tra questi organi quello che presenta il maggior numero di proposte è il Governo, in quanto attraverso
l’approvazione delle sue proposte da parte del parlamento attua il suo programma politico
Solo raramente sono state approvate leggi di iniziativa popolare.
Art. 72.
Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento,
esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con
votazione finale.
Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata
l'urgenza.
Può altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a
commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi
parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di
legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto
della commissione richiedono che sia discusso o votato dalla Camera stessa oppure che sia
sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le
forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per
i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.
Ciascuna Camera è suddivisa al suo interno in Commissioni permanenti (14 alla Camera e 13 al
Senato) competenti ciascuna in una specifica materia: per esempio Istruzione, Sanità, Giustizia…che
ripercorrono le competenze dei vari ministeri. Le Commissioni svolgono funzioni nel procedimento
legislativo. La proposta di legge viene infatti presentata prima in Commissione, che la riferisce poi
all’intera assemblea dove verrà votata. A volte, progetti di legge meno importanti vengono approvati
con rito abbreviato in sede di Commissione (Commissione deliberante)
Art. 73.
Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione.
Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l'urgenza, la
legge è promulgata nel termine da essa stabilito.
Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno
successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.
Ciascuna Camera approva il progetto di legge articolo per articolo e con votazione finale. A volte con
tempi molto lunghi, perché ogni modifica (emendamento) portata da una Camera deve essere approvata
anche dall’altra. L’ultima fase, detta promulgazione, consiste nella firma del PdR.
Le leggi vengono poi pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica affinché tutti i destinatari
possano conoscerle,infatti non è ammessa ignoranza della legge. Dalla pubblicazione decorre un
periodo, detto vacatio legis,( normalmente di 15 giorni) dopo di che le leggi diventano obbligatorie.
Art. 74.
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Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle
Camere chiedere una nuova deliberazione.
Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.
Il Presidente non può rifiutarsi di firmare una legge. Può al massimo rinviarla alle Camere nel caso
in ci vi rilevi delle incongruenze.
Il Presidente della Repubblica esercita sulle leggi un potere di veto sospensivo: può, con messaggio
motivato, rinviare una legge alle Camere per una nuova discussione. Tale potere viene esercitato per
una sola volta e in casi molto gravi quando la legge è in aperto contrasto con la Costituzione o è priva
di copertura finanziaria.
Art. 75.
È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un
atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli
regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei
deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli
aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.
Il Referendum è un istituto di democrazia diretta con cui i cittadini sono chiamati a prendere una
decisione con un sì o con un no direttamente e non tramite i loro rappresentanti. La Costituzione
prevede che il referendum sia solo abrogativo, cioè che cancelli una legge o una parte di essa. Fino agli
anni ’70 non trovò applicazione.
Art. 76.
L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione
di principî e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
Con questo articolo viene affidato al Governo il potere di emanare decreti legislativi, in particolare
su quelle materie molto complesse nelle quali il Governo può avvalersi di uffici tecnici competenti.
Inoltre, per evitare che esso abusi di una delega troppo ampia, il Parlamento fissa dei limiti che
sono contenuti nella legge di delega. Questa infatti deve indicare: 1- l’oggetto della delega, 2- i
principi e i criteri direttivi che il Governo deve seguire, 3- i tempi entro i quali il decreto legislativo
deve essere emanato
Art. 77.
Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge
ordinaria.
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Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità,
provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle
Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla
loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla
base dei decreti non convertiti.
In casi di urgenza e necessità il Governo emana decreti legge, che tuttavia decadono se il Parlamento
non li approva entro sessanta giorni. Entrambi questi atti normativi previsti dagli articoli. 76 e 77, nella
loro efficacia sono equiparati alla legge, per cui vengono detti atti aventi forza di legge.
Art. 78.
Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari.
È il Presidente della Repubblica a dichiarare lo stato di guerra in seguito alla deliberazione delle
Camere, quindi la nostra Costituzione, a differenza dello Statuto Albertino, dove tale potere
apparteneva al sovrano, lo sottrae al Capo dello Stato e lo conferisce alle Camera, rappresentative
della volontà popolare.
Art. 79.
L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti
di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale.
La legge che concede l'amnistia o l'indulto stabilisce il termine per la loro applicazione.
In ogni caso l'amnistia e l'indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla
presentazione del disegno di legge.
Amnistia e indulto sono diversi dalla “grazia”, che il Presidente della Repubblica può concedere in casi
particolari a singoli detenuti dietro loro richiesta. L’amnistia e l’indulto possono essere disposti a
favore di categorie di detenuti, per lo più di reati lievi, in occasioni particolari, come la celebrazione di
una ricorrenza dello Stato, come gesto di indulgenza. Di fatto sono stati usati soprattutto per alleggerire
l’eccessivo affollamento delle poche carceri italiane. Per maggiore precisione ricordiamo che l’amnistia
cancella il reato e la pena, l’indulto cancella solo la pena.
Art. 80.
Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o
prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle
finanze o modificazioni di leggi.
Il Parlamento approva i trattati internazionali. Per trattati internazionali si intendono gli accordi tra
due o più stati attraverso i quali si assumono obblighi o si riconoscono determinati diritti. Ad esempio
un trattato che regoli in modo reciproco i modi di acquisto del diritto di proprietà. Costituiscono la
parte più rilevante delle fonti del diritto internazionale.
Art. 81.
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Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non
superiori complessivamente a quattro mesi.
Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.
Ogni anno lo Stato, come ogni soggetto economico, deve effettuare un bilancio, che è preventivo, in
previsione delle spese e delle entrate dell’anno successivo, e consuntivo, in relazione a quanto
effettivamente incassato e speso nell’anno precedente. Il fatto che debba essere il parlamento ad
approvare il bilancio dello stato conferisce alle Camere un controllo sull’operato del Governo Dal
1978 la legge di bilancio è preceduta da una legge finanziaria che deve essere approvata dalle
Camere . La legge finanziaria è quella che deve fissare i limiti massimi della spesa che lo stato può
sostenere durante il periodo a cui si riferisce. Tale periodo è detto esercizio finanziario e coincide
con l’anno solare.
Art. 82.
Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse.
A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la
proporzione dei vari gruppi. La commissione di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli
stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
Oltre alle commissioni di cui abbiamo già parlato, a proposito dell’articolo 72, i parlamentari possono
formare delle commissioni di inchiesta. Esse hanno il compito di indagare su fatti di particolare gravità
per il paese. Ricordiamo ad esempio la Commissione Moro e la Commissione antimafia.
TITOLO II
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
La figura del Presidente della Repubblica, in uno stato parlamentare come quello italiano, non
ricopre poteri forti, ma costituisce una figura rappresentativa, simile per certi aspetti a quella
simbolica dei re nelle monarchie costituzionali. Il presidente di fatto non nomina il governo se non
dopo il voto del Parlamento, e soprattutto non guida il governo stesso, come invece avviene nelle
repubbliche presidenziali. Ancora, il presidente viene nominato dal Parlamento in seduta congiunta
dei due rami, a riprova che il potere è affidato al Parlamento, nella sua qualità di rappresentante
della volontà popolare. Nelle repubbliche presidenziali invece il Presidente è nominato direttamente
dal popolo.
Art. 83.
Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri.
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All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia
assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato.
L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi
dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Il PdR, essendo eletto dal Parlamento in seduta comune, risulta indirettamente espressione di una
investitura di tipo democratico. La Costituzione prevede una elevata maggioranza (2/3) nei primi tre
scrutini in quanto il Presidente simbolicamente rappresenta l’unità nazionale e non i singoli
schieramenti politici.
Art. 84.
Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d'età
e goda dei diritti civili e politici.
L'ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.
L'assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge.
A differenza dei parlamentari, che vengono eletti attraverso le candidature dei partiti politici, per il PdR
non è necessario appartenere ad uno schieramento politico, ma potrebbe essere scelto anche tra persone
estranee alla vita politica e che abbiano prestigio in altri settori della vita culturale e sociale del paese,
anche se ciò di fatto non si è mai verificato.
Art. 85.
Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta
comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro
quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del
Presidente in carica.
La sua carica dura più a lungo di ogni altra carica istituzionale, Parlamento e Governo, in quanto
deve garantire la continuità e l’equilibrio dei poteri dello stato.
Art. 86.
Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono
esercitate dal Presidente del Senato.
In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il
Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro
quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre
mesi alla loro cessazione.
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Mancando la figura di un vice Presidente, la Costituzione affida equamente ai presidenti delle due
camere il compito di sostituirlo.
Art. 87.
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando
occorra, l'autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la
legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica.
Il PdR, pur non essendo a capo di nessuno dei poteri fondamentali dello stato, partecipa ad ognuno di
essi al fine di garantire l’equilibrio del sistema e il corretto funzionamento delle regole dettate dalla
Costituzione.
Art. 88.
Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di
esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in
tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
Una delle più importanti funzioni assegnate al PdR è quella dello scioglimento anticipato delle
camere, in caso di crisi del Governo. Per evitare un possibile abuso di questo suo potere la
costituzione prevede che non possa esercitare questa sua funzione negli ultimi sei mesi della sua
carica. Ciò per evitare che sciolga arbitrariamente le Camere per farsi rieleggere da un nuovo
Parlamento che sia a lui più favorevole.
Art. 89.
Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti,
che ne assumono la responsabilità.
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Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal
Presidente del Consiglio dei Ministri.
Questo principio sta a sottolineare il fatto che in linea generale il PdR non può mai agire da solo. Senza
la controfirma di un ministro nessun atto del Presidente è valido.
Art. 90.
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni,
tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei
suoi membri.
Collegato al principio della controfirma c’è il principio della irresponsabilità del Presidente. Infatti
la responsabilità politica degli atti che firma è solo del Governo. Nessun organo o potere dello stato
può costringerlo alle dimissioni. Tuttavia essendo la sua una funzione altamente simbolica, il
principio della irresponsabilità viene meno nel caso in cui il Presidente compia due atti gravissimi:
l’alto tradimento e l’attentato alla Costituzione. Si tratta di reati previsti specificamente per il PdR
nel caso in cui si metta in pericolo la sicurezza, la continuità dello stato e l’unità nazionale.
Art. 91.
Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla
Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.
Essendo il garante delle regole costituzionali, dopo la sua elezione deve prestare giuramento alle
Camere in seduta comune.
TITOLO III
IL GOVERNO
Sezione I
Il Consiglio dei ministri.
Il Governo è l’organo esecutivo per eccellenza, cioè quello che ha il compito di applicare le leggi.
Oltre a ciò, il Governo è la guida politica del paese, come espressione della maggioranza
parlamentare che ha vinto le elezioni, della quale realizza quindi il programma politico.
Viene infatti istituito mediante il voto di fiducia della maggioranza del Parlamento. Il suo compito
politico di guida del paese consiste, oltre alla realizzazione del programma, nell’affrontare e
risolvere per conto del paese tutti i problemi nazionali e internazionali che insorgano durante il
periodo in cui è in carica.
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Il Governo è anche espressione dei partiti che formano la maggioranza parlamentare uscita
vincente alle elezioni. Ad esso si contrappone la minoranza perdente, nella opposizione
parlamentare.
Art. 92.
Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che
costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di
questo, i ministri.
Il Governo è sia organo politico, in quanto ha il compito di attuare il programma politico, sul quale
ha ottenuto la fiducia da parte del Palamento,. sia organo amministrativo in quanto è al vertice
della P. A. che è organizzata in modo gerarchico.
Art. 93.
Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano
giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.
Da questo momento il governo entra in carica e sostituisce quello precedente.
Art. 94.
Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.
Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello
nominale.
Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di
dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non
può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.
Dopo le nuove elezioni si procede alla formazione del governo che possiamo suddividere in diverse fasi.
Prima fase: consultazioni e incarico: il PdR dopo essersi consultato con gli ex presidenti delle camere, i
leaders dei partiti politici e gli ex presidenti della repubblica,conferisce l’incarico al leader della
maggioranza che ha vinto le elezioni. Il presidente del consiglio incaricato procede poi a formare una
lista di futuri ministri. Può anche accadere che il presidente incaricato non riesca a ottenere l’accordo
dei partiti di maggioranza e rinunci all’incarico. A questo punto il PdR procede a nuove consultazioni
ed affida l’incarico a un nuovo leader.
Seconda fase Nomina e giuramento: Se invece il Presidente incaricato riesce a formare un governo,
dichiara di accettare l’incarico e viene nominato presidente del consiglio. Subito dopo si procede
alla nomina dei ministri che formeranno il nuovo governo. Questi poi dovranno giurare nelle mani
del PdR. Terza fase: fiducia;: l’atto fondamentale con cui il governo assume la pienezza dei suoi
poteri è la mozione di fiducia, che il Parlamento deve votare al programma politico presentato dal
Governo.
35
Art. 95.
Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile.
Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attività dei
ministri.
I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente
degli atti dei loro dicasteri.
La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le
attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri.
La costituzione non ha voluto affidare alla figura del Presidente del Consiglio dei poteri gerarchici nei
confronti dei ministri. La sua funzione è quella di coordinare e promuovere l’attività dei ministri. Non
può dare ordini ai ministri per quanto riguarda le competenze nei loro settori specifici, ma può
impartire direttive per attuare le decisioni prese dal Consiglio dei Ministri.
.
Art. 96.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per
i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione
del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge
costituzionale.
A differenza dei parlamentari che sono protetti da ampi privilegi collegati alla loro carica (vedi art.
68), i ministri godono di privilegi minori in quanto possono essere sempre sottoposti alla
giurisdizione ordinaria, per tutti i reati eventualmente commessi durante lo svolgimento delle loro
funzioni, anche se è necessaria l’autorizzazione di una delle due camere. Per quanto concerne
invece i reati comuni non godono di alcuna immunità.
Sezione II
La Pubblica Amministrazione.
L’amministrazione pubblica è formata da un insieme di istituzioni e organismi che svolgono attività
di pubblica utilità per conto dello stato.
Lo stato ottocentesco disponeva di una amministrazione pubblica molto agile, composta da poche
persone; nel XX secolo invece le dimensioni delle amministrazioni pubbliche si sono enormemente
espanse, per due ragioni:
1. la crescita nei periodi delle due grandi guerre mondali, per le eccezionali mansioni assunte dallo
stato per fare fronte all’emergenza della guerra;
2. dopo la seconda guerra mondiale, con al crescita del welfare state, cioè una nuova serie di
compiti di pubblica utilità (sanità, assistenza sociale ecc.) assunti dallo stato.
Nell’amministrazione pubblica rientrano sia gli organi dello stato, che quelli degli enti locali,
regioni, province e comuni.
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La pubblica amministrazione è al servizio del cittadino con compiti per territorio e per mansione.
Deve sempre agire nel rispetto della legge.
Art. 97.
I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon
andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.
Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le
responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti
dalla legge.
La Pubblica Amministrazione (PA) è assoggettata in modo particolare al principio di legalità.
Questo vuol dire che tutti gli atti compiuti nell’esercizio della funzione amministrativa sono soggetti
a disposizioni vincolanti di legge, per evitare arbitri, discrezionalità e abusi di potere. La P. A. è
strutturata in modo gerarchico e verticale, al vertice c’è il ministro che impartisce ordini e direttive
agli uffici via via sottoposti.
Art. 98.
I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità.
Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i
militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e
consolari all'estero.
Compiti degli impiegati pubblici.
Sezione III
Gli organi ausiliari.
Art. 99.
Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti
e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza
numerica e qualitativa.
È organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono
attribuite dalla legge.
Ha l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale
secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge.
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È da ricordare che il CNEL è uno dei cinque organi che ha potere di iniziativa legislativa
prevalentemente in materia di economia e lavoro.
Art. 100.
Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia
nell'amministrazione.
La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello
successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme stabiliti dalla
legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.
Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito.
La legge assicura l'indipendenza dei due Istituti e dei loro componenti di fronte al Governo.
Il Consiglio di stato oltre a emettere pareri sull’attività del Governo esercita la funzione giurisdizionale
in quanto si può fare ricorso ad esso contro le sentenze di primo grado emesse dai tribunali
amministrativi regionali (TAR).
TITOLO IV
LA MAGISTRATURA
Sezione I
Ordinamento giurisdizionale.
Dopo la funzione legislativa, ricoperta dal Parlamento, e quella esecutiva, ricoperta dal Governo, la
terza funzione, quella giudiziaria, è svolta dai giudici. L’insieme dei giudici forma la magistratura, o
potere giudiziario, detto anche “terzo potere”. Tutti i cittadini sono soggetti al giudizio della
magistratura, che deve essere assolutamente imparziale. Per questo si è cercato di renderla
autonoma dal potere politico.
Il sistema giudiziario italiano prevede tre gradi di giudizio. Chi è condannato in primo grado può
ricorrere la tribunale di secondo grado, e poi a quello di terzo grado. Fino alla sentenza definitiva,
ogni accusato si intende innocente.
Art. 101.
La giustizia è amministrata in nome del popolo.
I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
L’autonomia del giudice, che si esprime solo attraverso la propria coscienza, è una garanzia
fondamentale per il cittadino, che devo potere ricorrere alla magistratura con la certezza di trovare
un arbitro imparziale, non condizionabile dal potere politico.
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Anche l’obbligo del giudice di rispettare la legge è un principio che va nella stessa direzione:
ricorrendo al giudice in base alla legge, il cittadino sa esattamente in base a quali criteri verrà
giudicato.
Art. 102.
La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme
sull'ordinamento giudiziario.
Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso
gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la
partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.
La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della
giustizia.
I ”magistrati ordinari” sono giudici di professione, assunti attraverso regolare concorso pubblico (art.
106). La Costituzione vieta l’istituzione di giudici e tribunali speciali per garantire come prevede l’art.
25 della Costituzione, che nessun cittadino venga distolto dal suo giudice naturale. . .
La legge prevede che la Corte d’Assise, Tribunale che giudica i reati particolarmente gravi ( es:
omicidio) sia composta, accanto ai due giudici ordinari, anche da sei giudici popolari che sono
comuni cittadini.
Art. 103.
Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei
confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate
dalla legge, anche dei diritti soggettivi.
La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla
legge.
I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace
hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate.
Solo la Corte dei conti( tribunale amministrativo) e i tribunali militari fanno eccezione al divieto di
istituire giudici speciali; bisogna dire però che ricoprono compiti molto specifici.
La ragione di un così rigoroso divieto consiste anche nel fatto che la nostra Costituzione vuole
impedire l’instaurazione di tribunali speciali assoggettati al governo, come era accaduto nel passato
regime fascista.
Art. 104.
La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.
Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica.
Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.
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Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle
varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università
in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.
Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.
I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.
Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del
Parlamento o di un Consiglio regionale.
Per garantire l’indipendenza e l’autonomia del potere giurisdizionale, la Costituzione prevede un
organo di autogoverno, presieduto dal P.dR. che ha il compito di regolare i trasferimenti,
l’assegnazione degli uffici ai vari giudici e di adottare i provvedimenti disciplinari nei loro confronti
in caso di illeciti amministrativi( es in caso di corruzione).
Art. 105.
Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le
assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei
riguardi dei magistrati.
Compiti del Consiglio superiore della magistratura
Art. 106.
Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.
La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari
per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.
Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di
consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e
avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni
superiori.
Come vengono reclutati i giudici.
I Consiglieri di cassazione sono i giudici del terzo grado di giudizio, il più alto.
La Corte di Cassazione non entra nel merito del giudizio emesso dai magistrati precedenti, ma
verifica solo la legittimità del procedimento giudiziario, ossia se è stata rispettata la procedura
richiesta dalla legge per lo svolgimento del processo.
Art. 107.
I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad
altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata
o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
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Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare.
I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.
Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento
giudiziario.
L’impossibilità di trasferire un giudice è una garanzia di autonomia del giudice. Il Ministro della
Giustizia, che è un uomo politico, può solo promuovere un procedimento contro un giudice, che
però dovrà essere giudicato dal Consiglio superiore della Magistratura. Il Pubblico Ministero è il
magistrato che sostiene l’accusa durante il processo, e rappresenta lo Stato.
I magistrati si distinguono tra loro per diversità di funzioni”, il che sta a indicare che a differenza
della pubblica amministrazione dove vige un principio gerarchico, nella magistratura ogni giudice
esercita la sua funzione in modo autonomo e senza essere sottoposto all’influenza di altri giudici
anche se di grado superiore al suo.
Art. 108.
Le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge.
La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero
presso di esse, e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia.
Viene ribadito in forme particolari l’indipendenza del giudice.
Art. 109.
L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria .
La polizia giudiziaria benché dipenda dal Ministero degli Interni, è obbligata a rispettare gli ordini
impartitegli dall’autorità giudiziaria durante le indagini relative a un processo.
I magistrati quindi guidano l’operato della polizia durante le indagini.
Art. 110.
Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia
l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
L’organizzazione della magistratura spetta al Governo, nella persona del Ministro della giustizia
quindi è il Ministero della giustizia che sostiene tutte le spese relative all’amministrazione della
giustizia.
Sezione II
Norme sulla giurisdizione.
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Il compito dei giudici, o “giurisdizione”, come deve essere esercitata? Si tratta di un problema
importante, poiché occorre assicurare l’imparzialità del giudizio. Nei secoli passati, quanto la
divisione della popolazione in classi differenti era molto marcata, coloro che appartenevano alle
classi più ricche e privilegiate godevano di un trattamento di particolare favore da parte dei giudici,
e per chi era povero, oppure apparteneva a una classe subalterna, era difficile ottenere giustizia.
sorto questo aspetto la storia della giustizia occidentale è propriamente una storia di continue
ingiustizie e sopraffazioni.
Sotto questo aspetto lo stato democratico ha compiuto un grande passo avanti.
Perché un processo sia giusto non basta affermare l’uguaglianza di tutti davanti alla elegge: oltre a
questo principio occorre creare le condizioni ragionevoli perché questa condizione di uguaglianza
si attui in pratica.
Art. 111.
La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo
e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo
possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico;
disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti
al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di
ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa
e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non
comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.
Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La
colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera
scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo
difensore.
La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso
dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta
illecita.
Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi
giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge.
Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.
Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso
per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.
L’azione del giudice deve essere “disinteressata” e “terza” - quindi neutrale - rispetto alle due
parti. La legge ha il compito di assicurare che lo svolgimento dei processi rispetti queste condizioni.
Per realizzarle, esistono due codici, il Codice di procedura civile e quello di procedura penale, che
stabiliscono, in modo molto tecnico, da specialisti, come devono svolgersi i processi.
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Per giusta durata si intende un periodo di circa tre anni, ma la durata media dei processi - per il
grande numero di cause avviate - è divenuta con tempo molto maggiore. In questi casi il cittadino
può ricorrere alla Corte d’appello o al Consiglio di giustizia europeo per essere risarcito,
moralmente o anche materialmente.
Art. 112.
Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale.
Il giudice ha l’obbligo di perseguire tutti i reati di cui venga a conoscenza, e non ha quindi un
potere discrezionale. Di fatto, il numero di reati denunciati è così aumentato negli anni, che molti di
essi non vengono perseguiti dai magistrati per mancanza di tempo, e dopo un certo periodo cadono
in prescrizione, cioè non sono più perseguibili.
Si tratta di un grave problema, legato alla lentezza della magistratura. Un cittadino che richieda
giustizia a un giudice, sia in sede civile che penale, vede concludere il processo solo dopo molti
anni. In media un processo dura in Italia non meno di sei anni, di cui almeno due per la sentenza di
primo grado.
Art. 113.
Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e
degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa.
Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o
per determinate categorie di atti.
La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica
amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.
Garanzie per i cittadini nei confronti della pubblica amministrazione.
TITOLO V
LE REGIONI, LE PROVINCE, I COMUNI
Fin dalla sua nascita, nel 1860, lo stato italiano si è diviso tra un’ipotesi di decentramento, che
avrebbe comportato un’ampia autonomia delle diverse regioni italiane, e una concezione dello
stato invece accentrata, in cui tutto il potere era concentrato al centro, sul Parlamento statale e sul
Governo. Ha prevalso la concezione accentratrice, forse per la preoccupazione che le forti
differenze tra le diverse regioni, fra quelle del nord e quelle del sud in particolare, si accentuassero.
Nel periodo fascista la concezione dello stato accentrato si fece più forte per ragioni soprattutto
ideologiche, in quanto l’ideologia fascista era fortemente legata a una visione unitaria dello stato.
La Repubblica ha cercato di formulare nella Costituzione un moderato spirito di decentramento,
come si vede dagli articoli che seguono. In realtà, questa parte della Costituzione rimase a lungo
inattuata, a riprova delle resistenze presenti nei primi parlamenti della repubblica nei confronti del
decentramento. Ad esempio solo nel 1970 vennero istituite le Regioni e solo negli anni Novanta gli
articoli della Costituzione vennero modificati in senso più favorevole alle regioni.
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Agli inizi degli anni 90 viene introdotta la riforma delle autonomie locali con la legge 142, che riordina
i poteri delle Province e dei Comuni e con la legge 81 del 1993, che introduce una riforma in senso
presidenziale che prevede l’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Regione.
Negli stessi anni si apre un dibattito tra le forze politiche, alcune delle quali richiedono modifiche in
senso federalista. dello Stato italiano. In seguito a questo dibattito, nel 1999 viene approvata una legge
di revisione costituzionale per l’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni e dei Sindaci.
Nel 2001 viene approvata un’altra legge, che amplia le competenze legislative delle Regioni, abolendo i
controlli dello Stato su di esse. Senza aver acquistato una struttura federale, il rapporto fra Stato e
Regioni si è evoluto a favore di una maggiore autonomia delle Regioni rispetto allo Stato centrale.
Una ulteriore riforma costituzionale, in senso più radicale a favore della trasformazione delle Regioni in
senso federalista, approvata dal Parlamento nel 2005 è stata in seguito bocciata da un Referendum
costituzionale nello stesso anno.
Art. 114.
La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e
dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti,
poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione.
Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.
L’articolo 114 della Costituzione è stato modificato nel senso che sono state introdotte, tra gli enti
autonomi territoriali, le città metropolitane in sostituzione delle province. Tale riforma però non ha
ancora trovato pratica attuazione.
Art. 115.
Abrogato dall'articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3
Art. 116.
Il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle
d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i
rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.
La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e Bolzano.
Ulteriori forme e condizioni particolari da autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma
dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l),
limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre
Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel
rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza
assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.
Questo articolo prevede che alcune Regioni godano di una speciale autonomia, grazie alle loro
specifiche caratteristiche legate alla posizione geografica e condizioni storiche. La Sicilia e la
Sardegna, in quanto isole che avevano al loro interno spinte autonomistiche molto forti; le altre,
Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia ( nel ’63 quando Trieste tornò all’Italia) e Valle d’Aosta,
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perché regioni di confine in cui a volte la maggioranza della popolazione era di lingua e nazionalità
diversa. I poteri di queste regioni derivano da statuti speciali, approvati con legge costituzionale e non
dunque dalla Costituzione stessa. . Ogni statuto ha la sua specificità e quello della regione Trentino Alto
Adige prevede due province autonome, dotate di potere legislativo ( Trento e Bolzano).
Art. 117.
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché
dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea;
diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario;
sistematributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città
metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei
dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione
europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva
l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione
professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori
produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del
territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della
comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza
complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e
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organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere
regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione
concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata
alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza,
partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono
all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel
rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio
del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle
Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e
le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e
dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne
nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle
cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle
proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti
territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.
Divisione delle competenze tra stato e regione. L’articolo è stato recentemente modificato nella
versione attuale (2001) Infatti negli anni Novanta si è acceso un forte dibattito a favore di una
struttura meno centralizzata dello stato. Il risultato è stato questa nuova versione dell’articolo
costituzionale, che accentua i poteri delle Regioni, senza tuttavia assecondare le richieste di chi
chiedeva uno stato federale, (cioè un insieme di stati autonomi federati), o comunque fortemente
decentrato, con forme di autonomie locati particolarmente accentuate.
* In questo lungo articolo vengono elencate le materie che costituiscono esclusiva competenza dello
stato, cioè quelle in cui solo lo Stato può legiferare come ad esempio la difesa, la politica estera, la
moneta, l’ordine pubblico, lo Stato Civile. Successivamente si tratta delle materie che invece
costituiscono la competenza concorrente, cioè materie sulle quali lo Stato detta i principi fondamentali,
detti leggi quadro, all’interno dei quali poi le regioni legiferano in modo dettagliato a seconda delle
esigenze territoriali. Riguardano i più diffusi ambiti della vita civile (istruzione, salute, sanità
ordinamento dello sport) Infine vengono elencate le materie che costituiscono la competenza esclusiva
delle regioni. In queste materie, che non riguardano né il primo gruppo né il secondo gruppo, le regioni
possono legiferare senza interferenze dello stato. Rientra in questo ambito ad esempio la formazione
professionale.
Art. 118.
Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario,
siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di
quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
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La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere
b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento
nella materia della tutela dei beni culturali.
Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei
cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del
principio di sussidiarietà.
In base a questo articolo introdotto dalla riforma del 2001, si stabilisce il principio di sussidiarietà.
Questo vuol dire che, in ambito amministrativo, il cittadino deve rivolgersi in primo luogo
all’organo che gli è più vicino, ossia il Comune e, solo nel caso in cui questo risulti inadeguato, può,
in via eccezionale rivolgersi agli altri organi, elencati dall’articolo, in via sussidiaria. Quindi alla
Provincia e poi alla Regione e in ultimo allo Stato.
Art. 119.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e
di spesa.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e
applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al
gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con
minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle
Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli
squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per
provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse
aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città
metropolitane e Regioni.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito
secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento
solo per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi
contratti.
Autonomia amministrativa significa avere una sufficiente autonomia finanziaria per far fronte alle
proprie esigenze. In questo senso l’articolo prevede che gli Enti Locali, possano stabilire e
riscuotere tributi propri, ma lo stato contribuisce ancora al finanziamento delle regioni A questo
scopo introduce il “fondo perequativo” che lo stato attribuisce alle regioni più svantaggiate.
Art. 120.
La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, nè
adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle
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cose tra le Regioni, nè limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio
nazionale.
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei
Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria
oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la
tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.
La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del
principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.
Le regioni non possono istituire dazi sul proprio territorio che limitino la libera circolazione di beni
e persone.
Art. 121.
Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta e il suo Presidente.
Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni
conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere.
La Giunta regionale è l'organo esecutivo delle Regioni.
Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; dirige la politica della Giunta e ne è responsabile;
promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo
Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica.
Gli organi delle Regioni sono: Consiglio regionale, Giunta, Presidente della Giunta.
Il Consiglio regionale ha la funzione legislativa, cioè approva le leggi della Regione e approva il
proprio statuto. Può inoltre formulare proposte di legge al Parlamento (potere di iniziativa legislativa).
Dura in carica cinque anni e come il Parlamento, può essere sciolto anticipatamente. L’organizzazione
interna del Consiglio regionale è simile a quella del Parlamento.
La Giunta è l’organo esecutivo delle Regioni e svolge le stesse funzioni del Governo. È composta dal
Presidente della Regione e dagli Assessori che, come i ministri a livello centrale, dirigono un ramo
dell’Amministrazione regionale. Il Presidente della Giunta, detto anche Presidente della Regione, è
eletto direttamente dal popolo e rappresenta la maggioranza che ha vinto le elezioni.
Art. 122.
Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri
componenti della Giunta regionale nonchè dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della
Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche
la durata degli organi elettivi.
Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una
delle Camere del Parlamento, ad un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento
europeo.
Il Consiglio elegge tra i suoi componenti un Presidente e un ufficio di presidenza.
I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati
nell'esercizio delle loro funzioni.
48
Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a
suffragio universale e diretto. Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta.
I Consiglieri eletti hanno una disciplina giuridica simile a quella dei Parlamentari. Non possono
infatti essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati durante le loro funzioni.
Art. 123.
Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di
governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l'esercizio
del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la
pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.
Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza
assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di
due mesi. Per tale legge non è richiesta l'apposizione del visto da parte del Commissario del
Governo. Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale
sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione.
Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne
faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il
Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla
maggioranza dei voti validi.
In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di
consultazione fra la Regione e gli enti locali.
Ogni regione approva un proprio Statuto che contiene i principi fondamentali che riguardano la sua
organizzazione e il suo funzionamento.
Art. 124.
Abrogato dall'articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Art. 125.
Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento
stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della
Regione.
Questo articolo prevede organi di giustizia amministrativa come il Tar che è un tribunale di primo
grado.
Art. 126.
49
Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio
regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla
Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere
disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati
e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica.
Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta mediante
mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello
nominale a maggioranza assoluta dei componenti. La mozione non può essere messa in discussione
prima di tre giorni dalla presentazione.
L’approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio
universale e diretto, nonché la rimozione, l’impedimento permanente, la morte o le dimissioni
volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In
ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei
componenti il Consiglio.
In caso di atti contrari alla Costituzioni, gravi violazioni di legge o per ragioni di sicurezza
nazionale, il PdR può sciogliere il Consiglio regionale e rimuovere il Presidente della Giunta. Può
inoltre sostituirsi agli organi delle regioni qualora sussistano gravi motivi di incolumità e sicurezza
pubblica (art 120 C. comma 2).
Art. 127.
Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può
promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta
giorni dalla sua pubblicazione.
La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra
Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale
dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto
avente valore di legge.
Qualora si ravvisino eccessi di competenza fra Stato e Regione e viceversa o Regione e Regione, i
rapporti sono regolati dalla Corte costituzionale.
Art. 128.
Abrogato dall'articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Art. 129.
Abrogato dall'articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Art. 130.
Abrogato dall'articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
50
Art. 131.
Sono costituite le seguenti Regioni:
Piemonte; Valle d’Aosta; Lombardia; Trentino-Alto Adige; Veneto; Friuli-Venezia Giulia; Liguria;
Emilia-Romagna; Toscana; Umbria; Marche; Lazio; Abruzzi; Molise; Campania; Puglia; Basilicata;
Calabria; Sicilia; Sardegna.
Quali sono le regioni italiane.
Art. 132.
Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o
la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d’abitanti, quando ne facciano richiesta
tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la
proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.
Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni interessate e del Comune o dei
Comuni interessati espressa tramite referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli
regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione
ed aggregati ad un'altra.
Sono consentite le fusioni o i distacchi di regioni.
Art. 133.
Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Provincie nell’ambito d’una
Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziative dei Comuni, sentita la stessa Regione.
La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi
Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni.
La regione può istituire nuove province e nuovi comuni. È possibile istituirle anche tarmiet
referendum, unico caso di referendum non abrogativo previsto dalla Costituzione.
TITOLO VI
GARANZIE COSTITUZIONALI
Sezione I
La Corte Costituzionale.
Per garantire il rispetto della Costituzione e la conformità ad essa di tutte le leggi approvate dal
Parlamento è stato istituito un organo apposito che è la Corte Costituzionale.
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La nostra Costituzione ha il carattere della rigidità: ciò vuol dire che le leggi in materia costituzionale
non possono essere modificate se non con un particolare procedimento previsto dall’art 138 della
Costituzione.
Questo organo, previsto dalla Costituzione con la sua(entrata in vigore, nel 1948), entrò in funzione solo
nel 1956.
Art. 134.
La Corte costituzionale giudica:
sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge,
dello Stato e delle Regioni;
sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le
Regioni;
sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.
La Corte Costituzionale giudica sulla legittimità delle leggi; risolve i conflitti di attribuzione tra
Stato e Regioni, tra gli organi dello stato, tra Regione e Regione. Giudica inoltre i reati commessi
dal Presidente della Repubblica, integrata da sedici cittadini che abbiano i requisiti per l’elezione a
senatore.
Art. 135.
La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della
Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature
ordinaria ed amministrative.
I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni
superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli
avvocati dopo venti anni d’esercizio.
I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal
giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati.
Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall’esercizio delle funzioni.
La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che
rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza
dall’ufficio di giudice.
L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un
Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio
indicati dalla legge.
Nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica, intervengono, oltre i giudici ordinari della
Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a
senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite
per la nomina dei giudici ordinari.
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Le norme particolari sulla nomina dei giudici della Corte costituzionale sono state dettate
dall’esigenza di garantire che essa risulti formata dal concorso di vari poteri dello Stato, in modo
da favorire una posizione al di sopra delle parti, di garantire una imparzialità e una competenza
specifica nelle materie giuridiche. Inoltre la durata della carica è superiore a quella degli altri
organi dello Stato e i giudici non sono rieleggibili. Ciò per garantire una maggior indipendenza nel
loro operato: visto che non hanno l’opportunità di essere rieletti sono meno influenzabili e meno
esposti a dispensare favori o sostenere determinati interessi.
Art. 136.
Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di
legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati,
affinché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali.
Se la Corte giudica non conforme alla Costituzione una legge, questa viene automaticamente
abolita.. Ciò crea un vuoto legislativo che dovrà essere riempito dal Parlamento con l’approvazione
di una nuova legge.
Art. 137.
Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di
legittimità costituzionale, e le garanzie d’indipendenza dei giudici della Corte.
Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento
della Corte.
Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione.
A differenza delle sentenze emesse dagli altri gradi giurisdizionali, contro quelle della Corte
Costituzionale non è possibile fare né appello né ricorso, ciò le rende inoppugnabili.
Sezione II
Revisione della Costituzione. Leggi costituzionali.
Come può essere modificata la Costituzione. Cosa non può essere modificato: la forma
repubblicana.
Art. 138.
Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna
Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a
maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
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Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro
pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori
o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata
dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle
Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
Il procedimento di revisione costituzionale è molto complesso e richiede tempi lunghi per garantire una
maggior ponderatezza e riflessione nella modificazione della carta fondamentale che costituisce la
struttura portante del nostro Stato.
Il fatto che si possa procedere a referendum costituzionale assicura che una così importante
modificazione non dipenda dalla sola maggioranza parlamentare al potere in quel determinato
momento ma nasca da una più ampia base di consenso.
Art. 139.
La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Queste disposizioni (non sono articoli costituzionali come i precedenti) affrontano i problemi
transitori del passaggio alla nuova repubblica, e quelli relativi al periodo iniziale della repubblica
stessa, quando non tutte le norme previste dalla costituzione avevano ancora trovato attuazione. La
nuova Repubblica e la nuova Costituzione avevano bisogno di essere ‘messe in moto’.
I
Con l’entrata in vigore della Costituzione il Capo provvisorio dello Stato esercita le attribuzioni di
Presidente della Repubblica e ne assume il titolo.
II
Se alla data della elezione del Presidente della Repubblica non sono costituiti tutti i Consigli
regionali, partecipano alla elezione soltanto i componenti delle due Camere.
III
Per la prima composizione del Senato della Repubblica sono nominati senatori, con decreto del
Presidente della Repubblica, i deputati dell’Assemblea Costituente che posseggono i requisiti di
legge per essere senatori e che:
sono stati presidenti del Consiglio dei Ministri o di Assemblee legislative;
hanno fatto parte del disciolto Senato;
54
hanno avuto almeno tre elezioni, compresa quella all’Assemblea Costituente;
sono stati dichiarati decaduti nella seduta della Camera dei deputati del 9 novembre 1926;
hanno scontato la pena della reclusione non inferiore a cinque anni in seguito a condanna del
tribunale speciale fascista per la difesa dello Stato.
Sono nominati altresì senatori, con decreto del Presidente della Repubblica, i membri del disciolto
Senato che hanno fatto parte della Consulta Nazionale.
Al diritto di essere nominati senatori si può rinunciare prima della firma del decreto di nomina.
L’accettazione della candidatura alle elezioni politiche implica rinuncia al diritto di nomina a
senatore.
IV
Per la prima elezione del Senato il Molise è considerato come Regione a sé stante, con il numero dei
senatori che gli compete in base alla sua popolazione.
V
La disposizione dell’art. 80 della Costituzione, per quanto concerne i trattati internazionali che
importano oneri alle finanze o modificazioni di legge, ha effetto dalla data di convocazione delle
Camere.
VI
Entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione si procede alla revisione degli organi
speciali di giurisdizione attualmente esistenti, salvo le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della
Corte dei conti e dei tribunali militari.
Entro un anno dalla stessa data si provvede con legge al riordinamento del Tribunale supremo
militare in relazione all’articolo 111.
VII
Fino a quando non sia emanata la nuova legge sull’ordinamento giudiziario in conformità con la
Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell’ordinamento vigente.
Fino a quando non entri in funzione la Corte costituzionale, la decisione delle controversie indicate
nell’articolo 134 ha luogo nelle forme e nei limiti delle norme preesistenti all’entrata in vigore della
Costituzione.
VIII
Le elezioni dei Consigli regionali e degli organi elettivi delle amministrazioni provinciali sono
indette entro un anno dall’entrata in vigore della Costituzione.
Leggi della Repubblica regolano per ogni ramo della pubblica amministrazione il passaggio delle
funzioni statali attribuite alle Regioni. Fino a quando non sia provveduto al riordinamento e alla
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distribuzione delle funzioni amministrative fra gli enti locali restano alle Provincie ed ai Comuni le
funzioni che esercitano attualmente e le altre di cui le Regioni deleghino loro l’esercizio.
Leggi della Repubblica regolano il passaggio alle Regioni di funzionari e dipendenti dello Stato,
anche delle amministrazioni centrali, che sia reso necessario dal nuovo ordinamento. Per la
formazione dei loro uffici le Regioni devono, tranne che in casi di necessità, trarre il proprio
personale da quello dello Stato e degli enti locali.
IX
La Repubblica, entro tre anni dall’entrata in vigore della Costituzione, adegua le sue leggi alle
esigenze delle autonomie locali e alla competenza legislativa attribuita alle Regioni.
X
Alla Regione del Friuli-Venezia Giulia, di cui all’art. 116, si applicano provvisoriamente le norme
generali del Titolo V della parte seconda, ferma restando la tutela delle minoranze linguistiche in
conformità con l’art. 6.
XI
Fino a cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione si possono, con leggi costituzionali,
formare altre Regioni, a modificazione dell’elenco di cui all’art. 131, anche senza il concorso delle
condizioni richieste dal primo comma dell’articolo 132, fermo rimanendo tuttavia l’obbligo di
sentire le popolazioni interessate.
XII
È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore
della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili
del regime fascista.
XIII
I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né
cariche elettive.
Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l’ingresso e il
soggiorno nel territorio nazionale.
I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro
discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni
stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.
XIV
I titoli nobiliari non sono riconosciuti.
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I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome.
L’Ordine mauriziano è conservato come ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge.
La legge regola la soppressione della Consulta araldica.
XV
Con l’entrata in vigore della Costituzione si ha per convertito in legge il decreto legislativo
luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, sull’ordinamento provvisorio dello Stato.
XVI
Entro un anno dall’entrata in vigore della Costituzione si procede alla revisione e al coordinamento
con essa delle precedenti leggi costituzionali che non siano state finora esplicitamente o
implicitamente abrogate.
XVII
L’Assemblea Costituente sarà convocata dal suo Presidente per deliberare, entro il 31 gennaio 1948,
sulla legge per la elezione del Senato della Repubblica, sugli statuti regionali speciali e sulla legge
per la stampa.
Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere, l’Assemblea Costituente può essere convocata,
quando vi sia necessità di deliberare nelle materie attribuite alla sua competenza dagli articoli 2,
primo e secondo comma, e 3, comma primo e secondo, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98.
In tale periodo le Commissioni permanenti restano in funzione. Quelle legislative rinviano al
Governo i disegni di legge, ad esse trasmessi, con eventuali osservazioni e proposte di emendamenti.
I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con richiesta di risposta scritta.
L’Assemblea Costituente, agli effetti di cui al secondo comma del presente articolo, è convocata dal
suo Presidente su richiesta motivata del Governo o di almeno duecento deputati.
XVIII
La presente Costituzione è promulgata dal Capo provvisorio dello Stato entro cinque giorni dalla sua
approvazione da parte dell’Assemblea Costituente, ed entra in vigore il 1° gennaio 1948.
Il testo della Costituzione è depositato nella sala comunale di ciascun Comune della Repubblica per
rimanervi esposto, durante tutto l’anno 1948, affinché ogni cittadino possa prenderne cognizione.
La Costituzione, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei
decreti della Repubblica.
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La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge fondamentale della Repubblica da
tutti i cittadini e dagli organi dello Stato.
Data a Roma, addì 27 dicembre 1947.
ENRICO DE NICOLA
Controfirmano
Il Presidente dell’Assemblea Costituente :
UMBERTO TERRACINI
Il Presidente del Consiglio dei Ministri:
ALCIDE DE GASPERI
Visto: il Guardasigilli GRASSI
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