IL DIVORZIO INTRODUZIONE Il divorzio è un argomento che suscita sempre nella Chiesa accesi e vivaci dibattiti. Il motivo è che qualunque sia la tesi che si sostiene, si corre il rischio di essere criticati e giudicati o troppo modernisti oppure, al contrario, troppo fondamentalisti! D'altra parte, pur essendo un argomento scabroso, la Chiesa non può evitare di prendere una posizione coerente con l'insegnamento della Parola di Dio, dal momento che ormai in quasi tutte le legislazioni è stato introdotto l'istituto del divorzio, com’è accaduto persino nella cattolicissima Italia con la legge 1/12 /1970, n. 898. Spesso evangelizziamo persone sposate che hanno alle spalle un matrimonio fallito, e quando queste chiedono di far parte delle nostre comunità, sono sì accettate, ma con riserva. Chiaramente queste persone vivono una vita cristiana senza gioia, perché si sentono frustrate sapendo di non avere una buona reputazione tra gli altri credenti e di non potere, perciò, aspirare a ricoprire alcun incarico nella Chiesa. Secoli di cattolicesimo fanno sì che quest’argomento sia ancora un tabù per i credenti italiani. Non bisognerebbe, invece, avere alcuna riserva nei confronti di queste persone perché Gesù, al Calvario, si é caricato di tutti nostri peccati ed è morto per salvare anche i divorziati! Inoltre, i figli di Dio sono chiamati non ad essere giudici dei fratelli ma restauratori di rovine... In ogni modo, lo scopo di questo breve studio è quello di esaminare il pensiero della Scrittura, trascurando le opinioni personali sull'argomento, e ricordando l'avvertimento della Parola di Dio: “Avrete cura di mettere in pratica tutte le cose che vi comando; non vi aggiungerai nulla e nulla toglierai da esse” (Deuteronomio 12:32). L'INSEGNAMENTO SUL DIVORZIO NEL VECCHIO TESTAMENTO Nel Libro della Genesi al cap. 2 v. 24 è scritto: “Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una sola carne”. Questo passo c’insegna che il matrimonio è un'istituzione divina, stabilita fin dalla creazione. Nel piano divino la società umana è organizzata sulla base della famiglia, la cui cellula è la coppia, perché "non è bene che l’uomo sia solo" (v. 18). Dio stesso ha benedetto l'unione dell'uomo e della donna, i quali, soprattutto se sono credenti, devono impegnarsi con tutte le loro forze affinché questo rapporto duri tutta la vita e sia sempre felice ed appagante per entrambi. I coniugi devono impegnarsi attivamente per evitare che la loro unione fallisca, “poiché l'Eterno, il Dio d’Israele, dice che egli odia il divorzio” (Malachia 2:16a). Gesù precisa ai farisei che lo avevano interrogato sulla questione del divorzio che fu “per la durezza dei loro cuori” che Mosé ha permesso il ripudio, ma dal principio non era così (Matteo 19:8). L'espressione “ma dal principio non era così” indica che- nel pensiero di Dio il matrimonio è stato istituito indissolubile e, pertanto, il divorzio dovrebbe essere sempre inammissibile. Pur tuttavia, attraverso lo studio della Parola di Dio, scopriamo che questa regola generale ha avuto ed ha tuttora alcune eccezioni. La prima deroga al principio dell'indissolubilità del matrimonio la troviamo nella legge di Mosè. In Deuteronomio 24:1-4 dove, appunto, viene istituita nell'Antico Testamento, la legislazione che interessa la questione del divorzio, è scritto: “Quando uno prende uIna donna e la sposa, se poi avviene che essa non gli è più gradita perché ha trovato in lei qualcosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio, glielo dia in mano e la mandi via da casa sua; se ella esce da casa sua e va e diviene moglie di un altro uomo, se quest'ultimo marito la prende in odio, scrive per lei un libello di ripudio, glielo dà in mano e la manda via da casa sua, o se quest'ultimo marito che l'aveva presa in moglie viene a morire, il primo marito che l'aveva mandata via non potrà riprenderla in moglie, dopo che è stata contaminata, perché questo è un abominio agli occhi dell'Eterno; e tu non macchierai di peccato il paese che l'Eterno, il tuo Dio, ti dà in eredità". In questo passo il divorzio non è prescritto come un diritto dei Giudei; non è in pratica né autorizzato né sancito, ma quello che è stabilito è che, se un uomo ripudia sua moglie e questa si risposa, il primo marito non può riprenderla in moglie, anche se il secondo marito morisse. E' necessario distinguere tra semplice tolleranza e approvazione divina: in questo passo non vi è nulla che provi che il divorzio fosse approvato da Dio. Quello che si rileva è che, invece, esso era soltanto tollerato, e lo conferma anche Gesù nel passo già ricordato, quando dice che “fu per la durezza dei loro cuori” che Mosè ha permesso che essi ripudiassero le mogli. La ragione per cui una donna divorziata, che ha sposato un altro uomo, non può ritornare dal primo marito è che, a causa del suo secondo matrimonio, lei è stata contaminata. In condizioni normali la donna il cui marito fosse morto, può sposare liberamente un altro uomo (I Corinzi 7:39). Nel caso di divorzio, la donna, vedova di un secondo marito o ripudiata anche da costui, non può tornare dal primo marito. Costei potrebbe sposarne anche un terzo, ma assolutamente non può tornare dal primo marito, perché ciò sarebbe “un abominio agli occhi dell'Eterno” e farebbe peccare addirittura la Nazione. La moglie è contaminata perché ha sposato un altro uomo; se non si fosse risposata, nulla vieterebbe alla donna divorziata di ritornare da suo marito. In conclusione, ciò che contamina la moglie è l'immoralità sessuale, l'infedeltà coniugale; si pensi che Mosè infligge la pena di morte agli adulteri (Levitino 20:10; Deuteronomio 22:22). Quando la moglie si risposa con un altro uomo, il primo matrimonio è sciolto per sempre, e la riconciliazione è definita in questo passo “un abominio”. Il divieto di riconciliarsi a seguito di rimatri-monio con un altro coniuge è un modo non del tutto esplicito, una restrizione che ha come scopo quello di far riflettere bene il marito prima di giungere alla decisione di divorziare dalla moglie. In questo Dio cerca di scoraggiare tale decisione! Per quanto riguarda, infine, i motivi per i quali il divorzio era concesso, bisogna considerare che l'espressione del v. 1 “perché ha trovato in lei qualcosa di vergognoso” ha un significato piuttosto vago, tant’è che l'interpretazione di tale verso provocò anticamente una violenta disputa tra i rabbini. La scuola di rabbì Shammai interpretava rigorosamente quest’espressione chiedendo la presenza di una colpa morale per concedere il divorzio, mentre la scuola di rabbì Hillel sosteneva che bastasse un qualsiasi motivo, anche futile, come una minestra scotta o la noia di vedere sempre la stessa faccia! Ai tempi di Gesù questa seconda interpretazione trovava maggior consenso tra i Giudei... L'INSEGNAMENTO SUL DIVORZIO NEL NUOVO TESTAMENTO Nel Nuovo Testamento l'argomento del divorzio è stato trattato sia dal Signor Gesù che dall'Apostolo Paolo. Non si tratta di due pensieri diversi sulla stessa questione, ma dello stesso punto di vista applicato a due categorie differenti di persone. Gesù affronta la questione del divorzio sia in occasione del “sermone sul monte”, che può essere definito il compendio della Dottrina Cristiana, dove tra i tantissimi argomenti trattati cita anche questo soggetto, sia in maniera più dettagliata in occasione del suo ministero in Giudea, a seguito di una precisa domanda dei farisei che cercavano di metterlo in difficoltà con tale argomento scabroso. Paolo, invece, affronta l'argomento rispondendo a delle precise domande rivoltegli dai credenti di Corinto. Pertanto, mentre Gesù considera il caso del matrimonio tra Giudei sottoposti alla legge di Mosè, Paolo che predicava soprattutto ai Gentili considera anche il caso del matrimonio tra non Giudei, ed in particolare quello in cui uno dei coniugi è convertito mentre l'altro no. Matteo 5:31-32 Questo è il primo passo nel Nuovo Testamento che tratta la questione del divorzio. Esso è tratto dal “sermone sul monte”, nel quale Gesù non intende abrogare, abolire la legge dell'Antico Testamento, ma vuole, invece, chiarire il vero significato e lo scopo dei comandamenti secondo la Sua autorevole interpretazione, in contrasto con la perversione e la distorsione a cui quella legge è stata soggetta per il formalismo degli scribi e dei farisei: "E' stato pure detto: Chiunque ripudia la propria moglie, le dia l'atto del divorzio. Ma io vi dico: Chiunque manda via la propria moglie, eccetto in caso di fornicazione, la fa essere adultera; e chiunque sposa una donna ripudiata, commette adulterio". In questo testo Gesù intende correggere il pensiero errato dei Giudei circa il divorzio. Dopo aver parafrasato la prescrizione di Deuteronomio 24:1-4 riguardante il libello del divorzio, Egli afferma il principio secondo cui è sempre peccato ripudiare la moglie, tranne che in una circostanza. La fornicazione è l’unico motivo per il quale un uomo può ripudiare sua moglie. Il termine fornicazione usato da Gesù (in greco pornèia = impudicizia) indica in generale ogni impurità sessuale e si riferisce quindi a qualsiasi tipo di rapporto sessuale illecito, commesso - in questo caso - in violazione della fede coniugale. Lo stesso termine è adoperato da Paolo quando esorta i credenti di Corinto a fuggire la fornicazione. In I Corinzi 6:12-20 l’apostolo afferma che dobbiamo tenerci lontano dall’impurità sessuale per tre motivi: 1) perché il nostro corpo appartiene a Dio, suo Creatore (v. 13); 2) perché si prepara alla gloria della resurrezione (v. 14); 3) perché è membra di Cristo (v. 15). Proprio perché il nostro corpo è membra di Cristo, non dobbiamo farne membra di una prostituta. Quando ci uniamo ad una prostituta, diventiamo un sol corpo con lei (v. 16). Allo stesso modo, quando il coniuge infedele tradisce la comparte, diventa un sol corpo con l'amante e dissolve, perciò, il vincolo matrimoniale. Si deve però precisare che Gesù non dice che il marito in caso di fornicazione è obbligato a ripudiare sua moglie, ma soltanto che se la ripudia per questo grave motivo, egli non commette adulterio. Per ogni altra ragione che non sia la fornicazione, il marito ripudiando la moglie “la fa essere adultera”, nel senso che qualora la moglie si unisca ad un altro uomo o comunque sia tentata di farlo, lei diventa per tale motivo “adultera”, ma il primo marito ne è re-sponsabile avendola ripudiata e, quindi, esposta a tentazioni. Gesù conosce le debolezze umane e pertanto condanna sia l'adulterio della moglie che il comportamento del marito, il quale, ripudiandola senza alcun valido motivo, ha in qualche maniera indotto costei a peccare. In conclusione, Gesù insegna in questo passo che se non vi è un gravissimo motivo come quello della fornicazione, il vincolo matrimoniale non può essere considerato sciolto e, pertanto, i coniugi non sono liberi di risposarsi. Matteo 19:3-9 "Allora gli si accostarono alcuni farisei per tentarlo, e gli dissero: E' lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo? Ed egli, rispondendo, disse loro: Non avete voi letto che chi li creò da principio, li creò maschio e femmina? E disse: Perciò l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà con la propria moglie, e i due diverranno una sola carne. E così non sono più due, ma una sola carne: quello dunque che Dio ha unito insieme, l'uomo non lo separi. Essi gli dissero: Perché allora Mosè ha ordinato di darle un atto di divorzio e mandarla via? Egli disse loro: Per la durezza dei vostri cuori Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non era così. Or io vi dico che chiunque -manda via la propria moglie, eccetto in caso di fornicazione, e ne sposa un'altra, commette adulterio; e chi sposa colei che è stata mandata via, commette adulterio". In questo passo le dichiarazioni del Signore circa il divorzio furono provocate da una precisa domanda dei farisei: "E' lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?". Questa domanda è rivolta a Gesù con lo scopo preciso di tentarlo, ma riguarda un argomento vivacemente discusso in quel periodo tra le scuole rabbiniche di Hillel e Shammai. Ricordiamo che la prima ammetteva come causa valida per il divorzio qualsiasi motivo, la seconda riconosceva causa valida solo l'adulterio. A questa domanda Gesù rispose con l'ausilio delle Scritture, affermando che fin dalla Creazione il matrimonio è indissolubile per sua natura e per ist-ituzione divina, e quindi non era lecito ripudiare la moglie per qualsiasi ragione. Questo concetto espresso da Gesù non trovò consenso nei farisei, i quali interpretando erroneamente Deuteronomio 24 chiesero a Gesù: “Perchè allora Mosè ha ordinato di darle un atto di divorzio e mandarla via?”. A questa ulteriore domanda, Gesù precisa che fu per la durezza dei loro cuori, cioè a causa della loro insubordinazione, che Mosè permise (non comandò) tale pratica. Gesù usa l'espressione “ha permesso” volendo dire che Mosè tollerava il divorzio ma non certamente l'approvava o quantomeno lo comandava, come avevano affermato i farisei. Questo permesso fu concesso da Mosè, ma al principio non era così, non vi era tale permesso. Infatti l'uomo con il divorzio divide un'unione costituita da Dio, separa quindi ciò che Dio ha unito in modo indissolubile. Per tale motivo Gesù condanna e divieta il divorzio in maniera decisa; pur tuttavia al verso 9 considera un’eccezione a tale divieto. Tale eccezione è la stessa espressa in Matteo 5:32, con la differenza però che essa è riferita non solo al ripudio, ma anche al caso di un secondo matrimonio del marito che ha divorziato: chiunque divorzia e si risposa commette adulterio, tranne che nel caso d’infedeltà coniugale. In conclusione, in caso di divorzio a seguito dell’infedeltà di uno dei coniugi, il vincolo matrimoniale è dissolto e, pertanto, è consenti-to in tale caso il rimatrimonio. Coloro che sostengono la tesi opposta citano altri passi, come ad esempio Marco 10:11 oppure Luca 16:18, dove Gesù non considera alcuna eccezione al principio dell'indissolubilità del matrimonio. Ma il fatto che Matteo abbia ricordato in ben due occasioni tale eccezione, è sufficiente a definire il pensiero di Gesù circa il divorzio. I Corinzi 7:8-17 “Or a quelli che non sono sposati e alle vedove dico che è bene per loro che se ne stiano come sto anch'io, ma se non hanno autocontrollo, si sposino, perché è meglio sposarsi che ardere. Agli sposati invece ordino, non io ma il Signore, che la moglie non si separi dal marito, e qualora si separasse, rimanga senza maritarsi, o si riconcili col marito. E il marito non mandi via la moglie. Ma agli altri dico io, non il Signore: se un fratello ha una moglie non credente, e questa acconsente di abitare con lui, non la mandi via. Anche la donna che ha un marito non credente, se questi acconsente di abitare con lei, non lo mandi via, perché il marito non credente è santificato nella moglie, e la moglie non credente è santificata nel marito, altrimenti i vostri figli sarebbero immondi; ora invece sono santi. Se il non credente si separa, si separi pure; in tal caso il fratello o la sorella non sono più obbligati; ma Dio ci ha chiamati alla pace. Infatti che ne sai tu, moglie, se salverai il marito? Ovvero che ne sai tu, marito, se salverai la moglie? Negli altri casi, ciascuno continui a vivere nella condizione che Dio gli ha assegnato e come il Signore lo ha chiamato; e così ordino in tutte le chiese”. Il cap. 7 di quest’epistola è stato intitolato: “Risposte alle domande dei Corinzi sul matrimonio”, perché si è ipotizzato che i credenti di Corinto avessero proposto dei problemi all'apostolo Paolo, forse indicando già la soluzione da loro adottata. Paolo risponde dettagliatamente a tutti quei quesiti. Innanzitutto, gli avevano chiesto se fosse legittimo per dei cristiani sposarsi. Egli risponde precisando al v. 7 che, sebbene preferisca il celibato per i cristiani, sia il matrimonio che la verginità sono un dono che viene da Dio. Dopo tale precisazione, l'apostolo si rivolge a diverse categorie di persone che convertendosi all'Evangelo, devono fare delle scelte riguardanti, appunto, il matrimonio. I versi 8-9 si riferiscono ai neo-convertiti che non sono sposati, o perché non hanno mai contratto matrimonio con alcuno, oppure perché sono rimasti vedovi. A queste persone l'apostolo suggerisce di restare in tale condizione, per servire meglio il Signore. Si leggano i versi 32-35 dove Paolo consiglia il celibato quale mezzo di maggiore consacrazione, perché, essendo liberi dagli impegni di famiglia e dalle preoccupazioni che questi comportano, esso mette i credenti nella possibilità di attendere meglio al servizio di Dio. Ma l'apostolo aggiunge al v. 9 che se non si sentono in grado di mantenere la propria verginità, se non hanno autocontrollo, è bene per loro che si sposino, evitando così di fornicare. I versi 10-11 si riferiscono invece, a quei credenti sposati che decidono di separarsi per un qualsiasi motivo, compreso quello di consacrarsi a Dio. Ad essi il comando dell'apostolo, rafforzato dall’espressione “non io, ma il Signore”, è che i coniugi non devono mai separarsi; essi devono restare una sola carne perché ciò che Dio ha unito, l'uomo non deve separare. Questo insegnamento coincide con quello del Signore circa l'istituzione del matrimonio, e quando Paolo proibisce il rimatrimonio, lo fa per rafforzare il divieto ai coniugi convertiti di separarsi. Trattandosi di coniugi credenti, e quindi nati di nuovo, l'apostolo Paolo non considera in questo passo il caso della fornicazione, come aveva fatto il Signor Gesù rispondendo ai Farisei e riferendosi, perciò, a coniugi giudei e sottoposti alla legge di Mosè, ma non nati di nuovo. Pertanto, la proibizione di un secondo matrimonio (v. 11) va riferita a tutti i casi di separazione tra coniugi credenti, tranne il caso della fornicazione, previsto specificamente dal Signore Gesù, cosa che non dovrebbe mai verificarsi tra sposi nati di nuovo... I versi 12-16 si riferiscono, poi, ai credenti che hanno il coniuge inconvertito. In tale caso Paolo indica di sua autorità una soluzione che passerà nel diritto canonico matrimoniale con il nome di "privilegio paolino". La soluzione è la seguente: non si deve divorziare se la parte non credente acconsente ad una coabitazione pacifica, perché grazie alla sua unione con la comparte cristiana, e formando essi un solo essere, la santità del coniuge convertito si riflette su quello inconvertito, e i figli che nascono da quest’unione sono anch'essi santificati. Si permette, invece, la separazione e si scioglie il vincolo matrimoniale quando il coniuge non credente non intende coabitare pacificamente: Dio, infatti, vuole la pace per il cristiano, né in tali casi vi sono fondate speranze di convertire la comparte (v. 16). In questo caso, quindi, il fratello o la sorella, convertiti alla fede, non sono più obbligati, diventano in altre parole liberi: possono perciò risposarsi fra credenti, se il loro matrimonio era stato celebrato prima della conversione. A conferma di ciò, l’apostolo Paolo, al verso 28, dopo aver suggerito il celibato a chi è sciolto da un precedente vincolo matrimoniale, dice testualmente: “Tuttavia, anche se prendi moglie, tu non pecchi”. Il verso 17, infine, si riferisce a tutti gli altri casi non esaminati in precedenza dall'apostolo Paolo: l'ordine è di rimanere nella condizione nella quale si è stati chiamati alla conversione. Tale ordine può essere riferito anche a quelle coppie neo-convertite alla fede, in cui uno dei coniugi o entrambi hanno alle spalle un matrimonio fallito per un motivo qualsiasi: Paolo ordina loro non di separarsi ma, al contrario, di restare insieme. Pertanto, io ritengo che chi ha la responsabilità della cura pastorale non debba esortare tali coppie a separarsi, ma deve incoraggiarle ad essere unite nel Signore e, qualora abbiano dei figli, ad impartire loro un'educazione cristiana, affinché non commettano da adulti gli stessi errori dei genitori. CONCLUSIONE In conclusione, nel Nuovo Testamento si ribadisce l'indissolubilità del matrimonio, ma sono previste alcune eccezioni a tale regola generale, le quali consentono il divorzio ed il rimatrimonio. Esse sono: 1) il caso dell'infedeltà di uno dei due coniugi; 2) il caso in cui, in un matrimonio misto, il coniuge cristiano resta libero perché la comparte inconvertita non accetta di coabitare pacificamente; 3) il caso di una coppia sposata in cui uno dei coniugi o entrambi sono divorziati ed hanno, quindi, alle spalle un matrimonio fallito (per un qualsiasi motivo), e si sono convertiti all'Evangelo trovandosi già in tale condizione. Nei primi due casi il fratello o la sorella che hanno alle spalle un matrimonio fallito per tali circostanze, possono passare a seconde nozze; anzi, in quelle nazioni dove la legislazione lo consenta, è necessario a volte incoraggiare questo secondo matrimonio in tutti i casi considerati per evitare che vi siano nella Chiesa unioni tra persone che convivono, pur non essendo legate tra loro dal vincolo matrimoniale. Ricordiamo che Gesù rimproverò alla Samaritana, che era stata sposata altre cinque volte, di convivere con un uomo che non era suo marito (Giovanni 4:17-18). Coloro che respingono tale tesi citano sia Romani 7:1-3 che I Corinzi 7:39. Per quanto riguarda il primo passo, però, c'è da osservare che l'apostolo Paolo non tratta espressamente la questione del matrimonio e della separazione, ma cita la legge dell'indissolubilità del matrimonio solo per portare un esempio. Difatti egli dice che, come la morte del marito libera la moglie da ogni obbligo verso di lui, così la morte di Cristo libera il credente dalla schiavitù della legge (v. 4). E' vero che l'apostolo precisa, in base alla legge dell'indissolubilità del matrimonio, che se la moglie passa ad un altro uomo mentre il marito vive, sarà chiamata adultera; ma egli non considera né le conseguenze di tale circostanza per quanto riguarda il coniuge innocente, né gli altri due casi già citati. Anche in I Corinzi 7:39 Paolo ribadisce il principio dell'indissolubilità del matrimonio, e non indica alcun’eccezione a tale principio. L'aver però ignorato in tali passi l'esistenza di tali eccezioni, non significa che l'apostolo ha voluto abolire ciò che è stato altrove affermato, ma soltanto che ha tralasciato di considerare tali casi. Non è scritturale, quindi, che la Chiesa emargini o, addirittura, espelli chiunque sia divorziato, come spesso avviene in alcuni ambienti religiosi. Piuttosto, chi ha la responsabilità della cura pastorale, dovrebbero esaminare caso per caso ed attivarsi, quando ciò è possibile, per esortare i coniugi a non separarsi, perdonando le offese e riconciliandosi, perché il divorzio è in tutti i casi, un’esperienza dolorosissima, che coinvolge anche i figli, ma se esso è inevitabile, ne prenderanno atto e sicuramente non condanneranno l'eventuale rimatrimonio del coniuge innocente (in caso di fornicazione) o del coniuge costretto alla separazione (in caso di matrimonio misto) o del coniuge già divorziato al momento della conversione all'Evangelo. Infine, non si può ignorare che molti matrimoni non sono stati voluti da Dio, sia perché gli sposi non avevano alcun rapporto con la fede, sia perché lontani dalla grazia ci si sposa per i motivi più svariati. Vi sono persino persone che, pur di conquistare chi non ricambia i loro sentimenti, si rivolgono alle scienze occulte: in tali casi non è Dio che ha unito, ma Satana! Perciò vi sono matrimoni che nascono già in modo sbagliato, ed altri che falliscono in seguito perché i coniugi non sono sottomessi alla Parola di Dio... Gesù disse che sono i malati ad avere bisogno del medico, non i sani (Matteo 9:12), ed è per questo motivo che il mio desiderio è che questo breve studio sia l'occasione non per alimentare polemiche su un argomento controverso, ma per riflettere su quello che deve essere il nostro atteggiamento nei confronti di coloro ai quali predichiamo l'evangelo (=buona novella) della grazia del nostro amato Signor Gesù Cristo, che è morto per salvare tutti i peccatori che lo riconoscono quale Salvatore e Signore. Alla donna adultera Gesù disse “Neppure io ti condanno: và e non peccare più” (Giovanni 8:11b). A Lui sia la gloria! Past. Edoardo Piacentini Cell. (339)3719387-(349)7555073