DERMATOSCOPIA IN EPILUMINESCENZA
Ciò di cui ci occupiamo in questo numero,è la DERMATOSCOPIA IN EPILUMINESCENZA ( o
Nevoscopia).Detta scienza, per quanto costituisce l’ultima frontiera della Diagnosi Microscopica IN VIVO
nella Dermatologia Moderna, è senz’altro il più utile strumento di Orientamento Diagnostico a disposizione
dello Specialista in Dermatologia nel 2000.
L’esigenza nasce del fatto che in questi anni il numero dei MELANOMI (neoplasie pigmentate maligne della
pelle ) è in aumento costantemente fino a raggiungere i 20 casi circa all’anno per 100.000 abitanti. Tale
progressivo aumento ha spinto gli studiosi di questa materia a ricercare metodiche che rendano sempre più
agevole la diagnosi differenziale tra le numerose lesioni pigmentate e non della cute allo scopo di
riconoscere tale neoplasie nelle fasi più precoci. Tra le metodiche non invasive di più facile utilizzo si pone la
NEVOSCOPIA IN EPILUMINESCENZA ( che è una patricolare incidenza della luce ) che permette la
visualizzazione di caratteri strutturali delle lesioni della pelle ( nevi, angiomi, fibromi, teleangectasie, etc.. )
non osservabile alla semplice osservazione clinica.
Il nostro obbiettivo è quello di offrire in modo sintetico informazioni su questa nuova tecnica diagnostica pur
riconoscendo di essere la stessa metodica ben lontana dal poter sostituire la DIAGNOSI ISTOLOGICA.
La Nevoscopia in Epiluminescenza è un presidio diagnostico di facile approccio, che permette lo studio in
vivo di lesioni cutanee pigmentate e non consentendo di esaminare le strutture facenti parte della stessa fino
ad una certa profondità.
L’ osservazione viene effettuata al Video della stessa apparecchiatura elettromedicale, ponendo sulla pelle,
precedentemente coperta con un sottile strato di olio, l’obiettivo di un Microscopio/Videocamera Digitale ( per
l’ ingrandimento della lesione ).
Tale accorgimento consente di eliminare la luce riflessa dalla superficie cutanea consentendo una
osservazione ottimale.
Le Immagini Microscopiche così ottenute vengono catturate e memorizzate
dall’ elaboratore stessa
apparecchiatura o per un più attento studio, o sono disponibili allo specialista per un confronto della stessa
lesione nel tempo in caso di un eventuale controllo a distanza.
Il primo ad usare questa metodica fù Leon Goldman nel 1949 per finire al 1987 con Pehamberger e Wolff, i
quali solo dopo esaminato numerosi casi proposero un modello per l’analisi, in base alle varie
caratteristiche, delle lesioni cutanee pigmentate. Nel 1989 i numerosi ricercatori cercarono anche una
terminologia nuova per definire i caratteri morfologici delle lesioni.
La Nevoscopia consente, in ultima analisi, la visualizzazione del pigmento ( o colorazione ) sia di tipo
melanocitario sia di quello non melanocitario nell’ epidermide ( strato più superficiale ) e nel derma ( srato
più profondo ) assumendo differenti configurazioni e colori, relativamente proprio alla sua distribuzione nei
diversi strati della pelle.
Proprio l’aspetto morfologico delle diverse disposizioni del pigmento è stato correlato a strutture
Istologicamente corrispondenti, ottenendo così una serie di parametri che possono guidare alla diagnosi
dermatonevoscopica.
E’ intuitiva a questo punto l’importanza dell’ orientamento diagnostico nei confronti di lesioni benigne (
quali i Nevi per esempio ) e la loro controparte maligna ( quale il Melanoma ), lasciando chiaramente allo
STUDIO ISTOLOGICO ( effettuato invece in vitro o in Laboratorio Anatomopatologico, sottoponendo al
microscopio, dei preparati di “fettine” della lesione asportata chirurgicamente ) il ruolo principe della
DIAGNOSI DEFINITIVA di certezza.
Dott. Antonio Buono