Migrazione e Dialogo L’espressione migrazione descrive il processo dinamico di persone, che varcano le frontiere, per vivere e lavorare (per sempre o temporaneamente) all’estero. Tale processo è strettamente legato ad altri temi ed ambiti politici – come l’andamento demografico, la collaborazione allo sviluppo, il mercato del lavoro e le questioni distributive. Non solo i/le migranti „si muovono“ – ma anche il significato cambia in continuazione. Nelle ultime decadi, la migrazione internazionale ha guadagnato molta importanza, e fenomeni come i fuggitivi sulle carrette di mare davanti alle coste meridionali dell’Europa, ma anche la migrazione “di una certa elite“ d’esperti, altamente qualificati (p.e. dall’India), hanno cambiato l’immagine pubblica della migrazione. La „popolazione d’estrazione migratoria” comprende tutte le persone, i cui genitori sono nati all’estero – indipendentemente dalla cittadinanza.1 Una complessa problematica internazionale Il fenomeno della migrazione con la sua complessa problematica, si rivolge oggi più che mai, alla comunità internazionale ed ai singoli stati. Quest’ultimi tendono ad intervenire con l’inasprimento delle Leggi che regolano la migrazione ed un’intensificazione dei controlli alle frontiere. Così la migrazione perde la sua dimensione di sviluppo economico, sociale e culturale, che storicamente possiede. Infatti, non si parla quasi più della situazione degli “emigranti” nei loro paesi d’origine, ma molto più spesso degli „immigranti“ e dei problemi, che causano nei paesi, in cui si stabiliscono. La migrazione prende sempre più le caratteristiche di un’emergenza sociale, soprattutto a causa dell’accresciuta presenza i migranti irregolari; una crescita, che – nonostante le attuali restrizioni – sembra inarrestabile. Da sempre esiste una migrazione incontrollata, che però è stata spesso tollerata, perché crea una riserva di mano d’opera, alla quale attingere, quando i migranti regolari hanno raggiunto una certa posizione sociale, affermandosi nel mondo del lavoro. Oggi il fenomeno della migrazione illegale ha raggiunto dimensioni enormi, sia perché l’offerta di mano d’opera estera supera di gran lunga le esigenze dell’economia nazionale, che ha perfino delle difficoltà nell’impiegare la mano d’opera locale - sia a causa della migrazione forzata per ragioni politiche, conflitti armati ed incombenti carestie. Lo stato d’illegalità non giustifica però una diminuzione della dignità umana dei migranti, che possono vantare dei diritti inalienabili, che non devono essere né violati né negati. In primis, per aiutare queste persone, bisogna ascoltarle, conoscere la loro situazione e fornire loro dei mezzi di sostentamento – indipendentemente dalla posizione giuridica davanti allo Stato. In seguito occorre assistere i migranti irregolari nel fare i passi necessari per ottenere il permesso di soggiorno. Delle istituzioni di carattere sociale e caritativo potranno mettersi in contatto con le autorità per cercare adeguate soluzioni per le diverse situazioni, in cui si trovano queste persone, ovviamente nel pieno rispetto della legalità. La legislazione restrittiva, che regola l’asilo politico, pesa maggiormente su tali sforzi. I paesi del Mondo Nord-Atlantico chiudono sempre più le loro frontiere. Nella soluzione del problema della migrazione in generale e dei migranti illegali in particolare, l’atteggiamento della società nel paese ospitante gioca un ruolo considerevole. In questo senso, è molto importante che l’opinione pubblica conosca la situazione reale in cui si trova il paese d’origine dei migranti, le tragedie che li vedono coinvolti ed i rischi di un eventuale rimpatrio.2 1 2 vedi www.zukunfteuropa.at/site/7216 vedi www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/messages/migration/documents 1 Migrazione ed Integrazione3 Migrazione ed integrazione non sono temi nuovi, piuttosto la storia dell’umanità, fin dai suoi inizi, è stata da sempre un continuo migrare. La valutazione di questo fenomeno dipende dagli interessi e dalle condizioni economiche e sociali, che subiscono frequenti cambiamenti. Dopo una fase d’apertura, la politica migratoria degli Stati Nord-Atlantici è ora caratterizzata da rifiuti e restrizioni, le cui cause si trovano nella minaccia del terrorismo internazionale, ma anche nel timore di un aumento della disoccupazione per la situazione congiunturale. Parallelamente è anche cresciuto l’interesse al tema “integrazione”. Ad ambedue i livelli, l’integrazione è oramai considerata compito-chiave del futuro. Migrazione ed integrazione sono anche temi propri alla stessa Chiesa. La solidarietà con lo straniero e l’incontro con altre culture sono elementi fondamentali dell’identità cristiana. Il mandato biblico, di garantire protezione, ospitalità e solidarietà allo straniero è un ideale esemplare. In quest’ottica, tutte le persone devono essere apprezzate per diversità e moltitudine – indipendentemente da elementi come origine sociale e finanziaria, sesso, età, handicap, discendenza, lingua o religione. L’impegno di gruppi ecclesiastici è radicato nella convinzione che la dignità umana è inviolabile. Secondo l’insegnamento cristiano, questa dignità si basa sulla somiglianza dell’uomo con l’immagine di Dio. Per il cristiano, la comprensione dell’integrazione è caratterizzata e supportata da questa fondamentale convinzione. La conoscenza dell’equivalenza d’ogni persona rende più acuta la sensibilità per il destino dei migranti – indipendentemente dalla loro cittadinanza, fede religiosa o condizione giuridica. L’integrazione non intende integrare qualcuno in una cosa esistente o statica o di adattarlo ad essa, ma di garantire ai migranti l’opportunità di partecipare alla gestione congiunta della società. Attori/attrici principali in processi del genere sono le persone stesse. Sempre più di frequente, questo processo è promosso da molteplici iniziative private, organizzazioni ed istituzioni statali. I processi d’integrazione si svolgono in diversi ambiti della vita e dipendono dalle condizioni sociali e dai modi predominanti di agire e pensare, che richiedono degli sforzi diversi dalle persone coinvolte. Per alcuni individui – con o senza estrazione migratoria – tutto questo potrà significare, di dover adattare opinioni ed atteggiamenti alle condizioni alterate, mentre le istituzioni dovranno aprirsi ed eliminare gli ostacoli all’accesso. I valori dell’ordine liberale e democratico, ancorati nella Costituzione, sono indispensabili per la convivenza delle persone con e senza estrazione migratoria. Su questi valori si basano anche la diversità culturale e lo sviluppo di un’identità comune. Una condizione indiscussa per i processi d’integrazione sono la tolleranza e la stima di tutto quel che è nuovo e diverso. Le caratteristiche di un’integrazione riuscita sono: stima reciproca, partecipazione, nonché uguaglianza di diritti e opportunità. Apprezzare l’essere umano ed i suoi diritti Nella loro validità universale, i diritti umani hanno la priorità anche sulle leggi, che regolano la presenza degli stranieri sul territorio nazionale. I diritti umani sono la base e la misura per la politica sulla migrazione ed integrazione e la sua applicazione giuridica. L’Area Nord-Atlantica è caratterizzata dalla trasformazione in leggi di quasi tutti i settori della vita, ed anche la migrazione e l’integrazione si differenziano per l’ambito legale, in cui si svolgono. Così le norme legali, che definiscono l’immigrazione ed il soggiorno in molti Stati, determinano anche la generosità dell’accoglienza, la possibilità di esercitare una professione vedi Prospettive della Caritas Tedesca relative alla Politica della Migrazione e dell’Integrazione 2008. 3 2 o la gestione della vita familiare degli stranieri. Il diritto dei cittadini e quello degli stranieri si differenzia non soltanto per la sua applicazione, ma anche per l’accesso ad altri diritti e quindi alle opportunità. Ci sono regolamenti diversi relativi all’accesso al mercato del lavoro ed ai diritti sociali, nonché alla promozione di formazione ed educazione. Attualmente alcuni gruppi della Chiesa si oppongono ad una tale disparità e chiedono più giustizia allo Stato. Non è sufficiente richiedere ai migranti l’osservazione del sistema giuridico e dei valori nazionali. Il sistema giuridico dovrà promuovere l’integrazione piuttosto in modo da non sottometterli solo a regole e norme, ma riconoscendo ai migranti quei diritti, che li mettono in grado di gestire la propria vita in modo autonomo. Globalizzazione e Migrazione Di fronte a questo massiccio fenomeno migratorio odierno, delle misure politiche puramente nazionali non avrebbero un gran successo, perché nessuna nazione può permettersi oggi di risolvere da sola i problemi connessi con la migrazione. Ancora meno efficaci sarebbero delle misure politiche restrittive, che provocherebbero solamente effetti negativi. Dal punto di vista razionale, la migrazione internazionale è da considerare un elemento strutturale importante della realtà sociale, economica e politica del nostro mondo attuale. Il numero elevato di migranti necessita una sempre più stretta collaborazione tra i paesi d’origine e quelli d’accoglienza, una collaborazione che dovrà andare oltre l’armonizzazione delle diverse norme giuridiche. Tutto ciò allo scopo di garantire i diritti e le rivendicazioni degli immigrati e le loro famiglie, ma allo stesso tempo anche delle società d’accoglienza. Tuttavia, il fenomeno della migrazione dà luogo ad un nuovo problema etico, la richiesta dunque di un nuovo regolamento economico internazionale per la distribuzione più giusta dei beni della terra, il che contribuirebbe ad una riduzione di gran parte del movimento migratorio dei popoli e metterebbe un freno alle difficoltà connesse. Ne risulta anche la necessità di un impegno più efficace per realizzare dei sistemi formativi e pastorali per educare la gente ad una visione universale della comunità mondiale, che è vista come una famiglia di popoli, alla quale spettano i beni della terra nell’ambito del bene comune universale.4 La Famiglia Salvatoriana come „Comunità universale “ Uno dei segni più eminenti del personaggio e dell’opera di P. Jordan, è senza dubbio il suo carattere universale. Con la sua visione prevalentemente carismatica e profetica, egli risponde all’appello del suo tempo con la fondazione di una Società aperta ed universale, facendo sì che il proprio modo di pensare si distinguesse da quello delle autorità ecclesiastiche del suo tempo. Il P. Jordan fondò una Società aperta ed universale per quanto riguarda il suo scopo, però lo scopo ultimo è più vasto di quello della Chiesa istituzionale. Insieme con tutto l’universo, la Società dovrà annunciare la gloria ed i miracoli di Dio.5 In pratica, lo scopo più immediato della Società s’identifica con la missione della Chiesa, che insegna ed Vedi: Instruzione “Erga migrantes caritas Christi” del Consiglio Papale per la Pastorale ai Migranti ed alla gente in cammino. 5 „Societas apostolica“, DSS II, p. 13; “Costituzioni Provvisorie”, DSS II, p. 69 segg. 4 3 evangelizza. Questa vasta missione universale si riferisce ai paesi, popoli ed anche ai mezzi da impiegare.6 Come comunità internazionale, ma anche per arricchire e meglio realizzare la nostra missione, possiamo approfittare delle esperienze vissute nelle varie parti del globo. Con il miglioramento dei sistemi di comunicazione, anche in seno alla Famiglia Salvatoriana si sta rafforzando la condivisione. Proprio le sfide, connesse alla summenzionata migrazione, c’invitano, come comunità internazionale, ad un’azione congiunta. Il fenomeno migratorio ed i problemi ivi connessi, essendo un problema mondiale, non si risolvono a livello nazionale. Un importante contributo salvatoriano, sarebbe – a mio avviso - il nostro impegno nel dialogo interculturale ed inter-religioso. Dato che la nostra eredità centrale è proprio l’universalità “fin dalla fondazione”, qui ci viene offerto un vasto campo d’attività. L’apprendimento inter-religioso ed identità cristiana Da sempre l’identità culturale si basa sul dialogo, si costruisce dunque attraverso i processi. All’identità religiosa – come anche a quella culturale – si arriva solamente, quand’è totalmente esposta al “diverso”. Se noi cerchiamo allora di trovare la propria identità religiosa in un epoca secolare o post-secolare, dobbiamo avvicinare e trovare un dialogo con quel ch’è diverso dal punto di vista religioso. E qui incomincia il proprio apprendimento inter-religioso – senza la protezione di verità religiose, determinate dalla legge. Da un lato, senza incontri esistenziali, la nostra identità culturale e religiosa diventa rigida, vulnerabile e povera, ma dall’altro ci esponiamo potenzialmente al rischio di perdere la nostra identità e ad un cambiamento involontario. Come individui, siamo membri di società esistenti - sempre e comunque. La nostra identità ha una dimensione soggettiva e collettiva. Tuttavia, se l’identità non deve essere distrutta dalla fuga in un collettivo artificiale o in un soggettivismo isolante, dovremo apprendere di considerarci come membri di comunità interculturali ed inter-religiose. In questo senso, l’apprendimento inter-religioso costituisce una sfida, che le chiese e le comunità dovranno affrontare congiuntamente. Dal punto di vista puramente cristiano-teologico, l’identità religiosa sta nell’incontro inter-religioso con l’amore divino del Creatore, che continua ad incarnarsi in tutte le Sue creature. L’immagine di quest’amore, è quello reciproco tra le persone, che – in ultima istanza – ci fa sentire e vivere l’amore di Dio. Esattamente a questo punto inizia l’identità cristiano-umana, che si espone così ai continui dubbi ed alle paure, che sorgono dall’incontro con quel che è diverso. Qui inizia sempre il rischio ed il miracolo dell’esposizione al “diverso”, da cui usciamo comunque arricchiti. Oltre la necessità puramente teologica, dall’importanza del dialogo e dall’apprendimento inter-religiosi – nel nostro mondo globalizzato, dove il “diverso” s’incontra davanti alla porta di casa e dove sorgono conflitti per la costruzione di moschee o per il foulard portato da una funzionaria7 - impariamo, che l’apprendimento inter-religioso non è solamente una condizione necessaria nelle nostre scuole per formare delle future società interculturali e democratiche.8 Boesing, Arno: In cammino verso una Società universale: in „Salvatoriani in storia e presente“, a p. 406 7 valido per l’Europa – forse il fenomeno si trova anche in altre parti del globo, ma non ne sono a conoscenza. 8 vedi Fritsch-Oppermann, Sybille: Globalizzazione come condizione dell’apprendimento interreligioseo. Manuale dell’apprendimento inter-religioso, Gütersloh 2005. pagg. 18 - 26 6 4 L’apprendimento inter-religioso è l’elaborazione creativa di esperienze con le altre religioni. Inizia con una percezione attenta e con domande impulsive, elabora le conoscenze ottenute e le integra nella coscienza.9 In tutti i modelli, che sorgeranno in futuro, lo scopo dell’apprendimento inter-religioso sta nell’incontro rispettoso con i membri delle altre religioni, nella tolleranza e nel considerare come un insieme importante la loro fede, mettendola a confronto con la nostra, praticata – più o meno coscientemente - in modo diverso. Si tratta dunque di comprendere ed apprezzare, ma anche di scoprire le particolarità, le parallele e le similarità delle altre religioni. Il dialogo inter-religioso non mira alla conversione o a portar via qualcuno dalla propria fede. Non si tratta nemmeno di unità al minimo livello comune, ma della convivenza in una società pluralistica e dell’ubicazione religiosa. Per le persone d’estrazione migratoria, l’esercizio della “propria” religione e l’apprezzamento sono un supporto molto importante nell’ambito delle molteplici sfide, che incontrano all’estero. Sono personalmente convinta, che – se il P. Jordan fosse vissuto oggi – troveremmo nelle nostre Regole e nei suoi scritti una vasta parte sull’importanza del dialogo tra persone, culture e religioni. Sr. Teresa Schlackl, sds 9 Leimgruber, Stephan: Apprendimento inter-religioso, p. 22. 5