1 - Cesena

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PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE
DELLA CORRUZIONE – P.T.P.C.
(2013-2016)
Bozza del 15 gennaio 2014
INDICE
PREMESSA
- PREMESSA NORMATIVA
PROCESSO DI ADOZIONE DEL P.T.P.C.
- ORGANIZZAZIONE E FUNZIONI DELL’AZIENDA USL DELLA ROMAGNA
- APPROVAZIONE DEL PIANO
- INDIVIDUAZIONE DEGLI ATTORI INTERNI ALL’AMMINISTRAZIONE CHE HANNO
PARTECIPATO ALLA PREDISPOSIZIONE DEL PIANO NONCHÉ DEI CANALI E DEGLI
STRUMENTI DI PARTECIPAZIONE
- INDIVIDUAZIONE DEGLI ATTORI ESTERNI ALL’AMMINISTRAZIONE CHE HANNO
PARTECIPATO ALLA PREDISPOSIZIONE DEL PIANO NONCHÉ DEI CANALI E DEGLI
STRUMENTI DI PARTECIPAZIONE
- INDICAZIONE DI CANALI, STRUMENTI E INIZIATIVE DI COMUNICAZIONE DEI
CONTENUTI DEL PIANO
GESTIONE DEL RISCHIO
- AREE DI RISCHIO
1
- SCHEDE DI PROGRAMMAZIONE DELLE MISURE DI PREVENZIONE UTILI A
RIDURRE LA PROBABILITÀ CHE IL RISCHIO SI VERIFICHI, IN RIFERIMENTO A
CIASCUNA AREA DI RISCHIO, CON INDICAZIONE DEGLI OBIETTIVI, DELLA
TEMPISTICA, DEI RESPONSABILI, DEGLI INDICATORI E DELLE MODALITÀ DI
VERIFICA DELL’ATTUAZIONE, IN RELAZIONE ALLE MISURE DI CARATTERE
GENERALE INTRODOTTE O RAFFORZATE DALLA LEGGE N. 190 DEL 2012 E DAI
DECRETI ATTUATIVI, NONCHÉ ALLE MISURE ULTERIORI INTRODOTTE CON IL
P.N.A.
FORMAZIONE IN TEMA DI ANTICORRUZIONE
- INDICAZIONE DEL COLLEGAMENTO TRA FORMAZIONE IN
ANTICORRUZIONE E PROGRAMMA ANNUALE DELLA FORMAZIONE
TEMA
DI
- INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI CUI VIENE EROGATA LA FORMAZIONE IN TEMA
DI ANTICORRUZIONE
- INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI CHE EROGANO LA FORMAZIONE IN TEMA DI
ANTICORRUZIONE
- INDICAZIONE DEI
ANTICORRUZIONE
CONTENUTI
DELLA
FORMAZIONE
IN
TEMA
DI
- INDICAZIONE DI CANALI E STRUMENTI DI EROGAZIONE DELLA FORMAZIONE IN
TEMA DI ANTICORRUZIONE
- QUANTIFICAZIONE DI ORE/GIORNATE DEDICATE ALLA FORMAZIONE IN TEMA DI
ANTICORRUZIONE
TRASPARENZA – ADOZIONE DEL PROGRAMMA
TRASPARENZA E L’INTEGRITA’ 213/2016 (P.T.T.I.)
TRIENNALE
PER
LA
CODICI DI COMPORTAMENTO
- ADOZIONE DELLE INTEGRAZIONI AL CODICE DI COMPORTAMENTO DEI
DIPENDENTI PUBBLICI
- INDICAZIONE DEI MECCANISMI DI DENUNCIA DELLE VIOLAZIONI DEL CODICE DI
COMPORTAMENTO
- INDICAZIONE DELL’UFFICIO COMPETENTE A EMANARE PARERI SULLA
APPLICAZIONE DEL CODICE DI COMPORTAMENTO
ALTRE INIZIATIVE
- INDICAZIONE DEI CRITERI DI ROTAZIONE DEL PERSONALE (PAR. 3.1.4 P.N.A.;
PAR. B.5 ALLEGATO 1; TAVOLA N. 5)
2
- INDICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI RELATIVE AL RICORSO ALL’ARBITRATO CON
MODALITÀ CHE NE ASSICURINO LA PUBBLICITÀ E LA ROTAZIONE
- ELABORAZIONE DELLA PROPOSTA DI DECRETO PER DISCIPLINARE GLI
INCARICHI E LE ATTIVITÀ NON CONSENTITE AI PUBBLICI DIPENDENTI (PAR. 3.1.6
P.N.A.; PAR. B.7 ALLEGATO 1; TAVOLA N. 7)
- ELABORAZIONE DI DIRETTIVE PER L’ATTRIBUZIONE DEGLI INCARICHI
DIRIGENZIALI, CON LA DEFINIZIONE DELLE CAUSE OSTATIVE AL
CONFERIMENTO (PAR. 3.1.7 P.N.A.; PAR. B.8 ALLEGATO 1; TAVOLA N. 8) E
VERIFICA DELL’INSUSSISTENZA DI CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ (PAR. 3.1.8.
P.N.A.; PAR. B.9 ALLEGATO 1; TAVOLA 9)
- DEFINIZIONE DI MODALITÀ PER VERIFICARE IL RISPETTO DEL DIVIETO DI
SVOLGERE ATTIVITÀ INCOMPATIBILI A SEGUITO DELLA CESSAZIONE DEL
RAPPORTO (PAR. 3.1.9 P.N.A.; PAR. B.10 ALLEGATO 1; TAVOLA 10)
- ELABORAZIONE DI DIRETTIVE PER EFFETTUARE CONTROLLI SU PRECEDENTI
PENALI AI FINI DELL’ATTRIBUZIONE DEGLI INCARICHI E DELL’ASSEGNAZIONE AD
UFFICI (PAR. 3.1.10 P.N.A.; B.11 ALLEGATO 1; TAVOLA 11)
- ADOZIONE DI MISURE PER LA TUTELA DEL WHISTLEBLOWER (PAR. 3.1.11
P.N.A.; B.12 ALLEGATO 1; TAVOLA 12)
- PREDISPOSIZIONE DI PROTOCOLLI DI LEGALITÀ PER GLI AFFIDAMENTI (PAR.
3.1.13 P.N.A.; B.14 ALLEGATO 1; TAVOLA 14)
- REALIZZAZIONE DEL SISTEMA DI MONITORAGGIO DEL RISPETTO DEI TERMINI,
PREVISTI DALLA LEGGE O DAL REGOLAMENTO, PER LA CONCLUSIONE DEI
PROCEDIMENTI (PAR. B.1.1.3 ALLEGATO 1; TAVOLA 16)
- REALIZZAZIONE DI UN SISTEMA DI MONITORAGGIO DEI RAPPORTI TRA
L’AMMINISTRAZIONE E I SOGGETTI CHE CON ESSA STIPULANO CONTRATTI
(PAR. B.1.1.3 ALLEGATO 1; TAVOLA 17) E INDICAZIONE DELLE ULTERIORI
INIZIATIVE NELL’AMBITO DEI CONTRATTI PUBBLICI
- INDICAZIONE DELLE INIZIATIVE PREVISTE NELL’AMBITO DELL’EROGAZIONE DI
SOVVENZIONI,
CONTRIBUTI,
SUSSIDI,
AUSILI
FINANZIARI
NONCHÉ
ATTRIBUZIONE DI VANTAGGI ECONOMICI DI QUALUNQUE GENERE
- INDICAZIONE DELLE INIZIATIVE PREVISTE NELL’AMBITO DI CONCORSI E
SELEZIONE DEL PERSONALE
- INDICAZIONE DELLE INIZIATIVE PREVISTE NELL’AMBITO DELLE ATTIVITÀ
ISPETTIVEORGANIZZAZIONE
DEL
SISTEMA
DI
MONITORAGGIO
SULL’ATTUAZIONE DEL P.T.P.C., CON INDIVIDUAZIONE DEI REFERENTI, DEI
TEMPI E DELLE MODALITÀ DI INFORMATIVA (B.1.1.9 ALLEGATO 1);
3
PREMESSA
In attuazione della Convenzione dell’ONU contro la corruzione, ratificata dallo Stato
italiano con Legge n. 116 del 3/8/2009, è stata adottata la Legge n. 190 del 6.11.2012
“Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella
pubblica amministrazione” che ha introdotto numerosi strumenti per la prevenzione e la
repressione del fenomeno corruttivo ed ha individuato i soggetti preposti a mettere in atto
iniziative in materia.
Tale Legge prevede che il Dipartimento della funzione pubblica predisponga un piano
nazionale anticorruzione, attraverso il quale siano individuate le strategie prioritarie per la
prevenzione e il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione a livello
nazionale e nell’ambito del quale debbono essere previste le linee guida cui ciascuna
pubblica amministrazione deve attenersi nell’adottare il proprio Piano Triennale di
prevenzione della corruzione (di seguito P.T.P.C.).
Il Piano Triennale di prevenzione della corruzione deve essere adottato dalle pubbliche
amministrazioni, in base all’art. 1, comma 8, legge n. 190/2012, entro il 31 gennaio di
ogni anno; il Piano rappresenta il documento fondamentale dell’amministrazione per la
definizione della strategia di prevenzione all’interno di ciascuna amministrazione ed è un
documento di natura programmatica che ingloba tutte le misure di prevenzione
obbligatorie per legge e quelle ulteriori, coordinando gli interventi.
Gli obiettivi principali nell’ambito delle strategie di prevenzione sono:
 ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione;
 aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione;
 creare un contesto sfavorevole alla corruzione.
Questi obiettivi sono perseguiti attraverso la previsione di varie misure di prevenzione,
che, nell’ambito del nostro ordinamento, sono state disciplinate mediante la Legge n. 190
del 2012. I principali strumenti previsti dalla normativa, oltre all’elaborazione del P.N.A.,
sono:
 adozione dei P.T.P.C.
 adempimenti di trasparenza
 codici di comportamento
 rotazione del personale
 obbligo di astensione in caso di conflitto di interesse
 disciplina specifica in materia di svolgimento di incarichi d’ufficio - attività ed
incarichi extra-istituzionali
 disciplina specifica in materia di conferimento di incarichi dirigenziali in caso di
particolari attività o incarichi precedenti (pantouflage – revolving doors)
 incompatibilità specifiche per posizioni dirigenziali
 disciplina specifica in materia di formazione di commissioni, assegnazioni agli
uffici, conferimento di incarichi dirigenziali in caso di condanna penale per delitti
contro la pubblica amministrazione
 disciplina specifica in materia di attività successiva alla cessazione del rapporto di
lavoro (pantouflage – revolving doors)
 disciplina specifica in materia di tutela del dipendente che effettua segnalazioni di
illecito (c.d. whistleblower)
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
formazione in materia di etica, integrità ed altre tematiche attinenti alla
prevenzione della corruzione.
Per quanto riguarda il campo di azione della legge e delle iniziative di competenza del
Dipartimento della funzione pubblica, la legge non contiene una definizione della
"corruzione", che viene quindi data per presupposta. In questo contesto, il concetto di
corruzione deve essere inteso in senso lato, come comprensivo delle varie situazioni in
cui, nel corso dell'attività amministrativa, si riscontri l'abuso da parte di un soggetto del
potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati.
Le situazioni rilevanti sono quindi evidentemente più ampie della fattispecie penalistica,
che, come noto, è disciplinata negli artt. 318, 319 e 319 ter, c.p. 1, e sono tali da
comprendere non solo l'intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione
disciplinati nel Titolo II, Capo I, del codice penale, ma anche le situazioni in cui - a
prescindere dalla rilevanza penale - venga in evidenza un malfunzionamento
dell'amministrazione a causa dell'uso a fini privati delle funzioni attribuite.1 1 Il codice
penale prevede diverse ipotesi di corruzione: Art. 318 c.p. (Corruzione per un atto
d'ufficio) Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per
1
Art. 322 c.p. (Istigazione alla corruzione) Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico
ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un
atto del suo ufficio, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma
dell'art. 318 c.p., ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di
un pubblico servizio a omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il
colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'art. 319 c.p., ridotta di un
terzo. La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che riveste la
qualità di pubblico impiegato che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le
finalità indicate dall'art. 318 c.p. La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un
pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità
indicate dall'art. 319 c.p. Art. 322-bis c.p. (Peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri
degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri) Le disposizioni degli
articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322 c.p., terzo e quarto comma, si applicano anche: 1. ai membri della Commissione
delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di giustizia e della Corte dei conti delle Comunità
europee; 2. ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee
o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee; 3. alle persone comandate dagli Stati membri o da
qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei
funzionari o agenti delle Comunità europee; 4. ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati che
istituiscono le Comunità europee; 5. a coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono
funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio. Le disposizioni
degli articoli 321 e 322 c.p., primo e secondo comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o
promesso: 1. alle persone indicate nel primo comma del presente articolo; 2. a persone che esercitano funzioni o
attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri
o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito
vantaggio in operazioni economiche internazionali. Le persone indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici
ufficiali, qualora esercitino funzioni corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi. Diversi dalla
corruzione sono i reati di: A. concussione (art. 317 c.p.): Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che,
abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad
un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. B. abuso d'ufficio (art. 323 c.p.): Il
pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di
norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo
congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero
arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata nei casi in cui il
vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità. C. rifiuto od omissione di atti d'ufficio (art. 328 c.p.): Il pubblico
ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia
o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la
reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un
pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non
risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire due
milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della
richiesta stessa.
5
un terzo, in denaro o altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la
promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se il pubblico ufficiale riceve
la retribuzione per un atto d'ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione fino a un
anno. Art. 319 c.p. (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) Il pubblico
ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo
ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio,
riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito
con la reclusione da due a cinque anni. La pena è aumentata se il fatto di cui all'art. 319
c.p. ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la
stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico
ufficiale appartiene. La pena è aumentata (art. 319-bis c.p.) se il fatto di cui all'art. 319
c.p. ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la
stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico
ufficiale appartiene. Art. 319-ter c.p. (Corruzione in atti giudiziari) Se i fatti indicati negli
artt. 318 e 319 c.p. sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo
civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da tre a otto anni. Se
dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni,
la pena è della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla
reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a
venti anni. Art. 320 c.p. (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) Le
disposizioni dell'art. 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio; quelle di
cui all'art. 318 c.p. si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio,
qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato. In ogni caso, le pene sono ridotte in
misura non superiore ad un terzo. Art. 321 c.p. (Pene per il corruttore) Le pene stabilite
nel primo comma dell'articolo 318, nell'art. 319, nell'art. 319-bis, nell'articolo 319-ter e
nell'art. 320 c.p. in relazione alle suddette ipotesi degli artt. 318 e 319 c.p., si applicano
anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il
denaro o altra utilità.
PREMESSA NORMATIVA
In attuazione della Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la
corruzione, adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata con
la legge 3 agosto 2009 n. 116, la legge 6 novembre 2012, n. 190 “Disposizioni per la
prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica
amministrazione”, introduce numerosi strumenti per la prevenzione e la repressione del
fenomeno corruttivo, individuando anche i soggetti preposti ad adottare iniziative in
materia. La legge 190/2012 è entrata in vigore il 28 novembre 2012.
Con tale provvedimento normativo è stato introdotto anche nel nostro ordinamento un
sistema organico di prevenzione della corruzione, il cui aspetto caratterizzante consiste
nell’articolazione del processo di formulazione e attuazione delle strategie di prevenzione
della corruzione su due livelli: nazionale e decentrato; questa articolazione risponde alla
necessità di conciliare l’esigenza di garantire una coerenza complessiva del sistema a
livello nazionale e di lasciare autonomia alle singole amministrazioni per l’efficacia e
l’efficienza delle soluzioni.
Il concetto di corruzione che viene preso a riferimento nella citata legge ha un’accezione
ampia; esso è comprensivo delle varie situazioni in cui, nel corso dell’attività
amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine
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di ottenere vantaggi privati. Le situazioni rilevanti sono più ampie della fattispecie
penalistica, che è disciplinata negli artt. 318, 319 e 319 ter, c.p., e sono tali da
comprendere non solo l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione
disciplinati nel Titolo II, Capo I, del codice penale, ma anche le situazioni in cui – a
prescindere dalla rilevanza penale - venga in evidenza un malfunzionamento
dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite ovvero
l’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo, sia che tale azione abbia successo
sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo.
Allo stato attuale risultano adottati i seguenti provvedimenti contenenti linee di indirizzo
applicativo:
- d.lgs. n. 39 del 08\04\2013, sulle disposizioni in materia di inconferibilità e
incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in
controllo pubblico, rinvia ai commi 49 e 50 dell’art. 1 della Legge n. 190/2012 che
prevedono che il Governo adotti strumenti legislativi idonei alla prevenzione e al
contrasto dei fenomeni corruttivi, senza nuovi o maggiori oneri di spesa per la finanza
pubblica. In particolare, con il suddetto Decreto si modifica in senso restrittivo la
normativa vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di responsabilità di
vertice nella pubblica amministrazione e di incompatibilità tra i detti incarichi e lo
svolgimento di incarichi pubblici elettivi o la titolarità di interessi privati che possano porsi
in conflitto con l’esercizio imparziale con le funzioni pubbliche affidate.
- D.lgs. n. 33 del 14\03\2013 sul “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di
pubblicità trasparenza e diffusione dell’informazione da parte delle pubbliche
amministrazioni”. Il Decreto, nel rispetto dei principi e criteri direttivi dei commi 35 e 36
art. 1 Legge n. 190/2012, definisce il principio generale di trasparenza, come
“accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle
pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul
perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche" (art. 1, c.
1). Nel provvedimento sono definite, in maniera vincolante, le norme e le sanzioni relative
ai mancati adempimenti; sono inoltre individuate le disposizioni che regolamentano e
fissano i limiti della pubblicazione, nei siti istituzionali, di dati ed informazioni relative
all’organizzazione e alle attività delle pubbliche amministrazioni. Tali informazioni, che
devono risultare riutilizzabili, sono pubblicati in formato idoneo a garantire l’integrità del
documento; deve essere inoltre curato l’aggiornamento di semplice consultazione e
devono indicare la provenienza. E’ fissato in 5 anni l’obbligo di durata della
pubblicazione. Nel dispositivo legislativo viene definita l’adozione del Piano Triennale per
l’integrità e la trasparenza come sezione del Piano di prevenzione della corruzione che
deve indicare le modalità di attuazione degli obblighi di trasparenza e gli obiettivi collegati
con il piano della performance.
- D.P.R. n. 62 del 16\04\2013 “Regolamento recante codice di comportamento dei
dipendenti pubblici, a norma dell’art. 54 del D.lgs. n.165/2001”: il Codice approvato
stabilisce l’obbligo di “assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di
corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio
esclusivo alla cura dell’interesse pubblico”.
Per le amministrazioni comprese nell’art. 1 comma 2 D.lgs. n. 165/2001, sono state
fornite indicazioni in sede di Conferenza Unificata del 24.07.2013.
- Delibera CIVIT n. 72/2013, (oggi Autorità nazionale anticorruzione per la
valutazione e la trasparenza delle Amministrazioni Pubbliche - A.N.AC., a seguito
della modifica della L. n. 125/2013 di conversione al D.L. n. 101/2013) ha approvato il
Piano Nazionale Anticorruzione.
7
- Delibera CIVIT n. 75/2013 (oggi A.N.AC.) sulle Linee guida in materia di codici di
comportamento delle P.A. (art. 54 comma 5 D.lgs. n. 165/2001);
- Linee di indirizzo del 13 marzo 2013 per la predisposizione del Piano Nazionale
Anticorruzione del Comitato Interministeriale per la prevenzione e il contrasto della
corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.
- Circolare n. 1 del 25\01\2013 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento
della Funzione Pubblica recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della
corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”.
- D.P.C.M. del 16\01\2013 sulla “Istituzione del Comitato interministeriale per la
prevenzione e il contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica
amministrazione”.
Da ultimo, con comunicazione del Responsabile per la prevenzione della Corruzione
della Regione Emilia-Romagna PG/2013/293855 del 26.11.2013, sono state all’uopo
predisposte delle linee guida per la predisposizione del Piano Triennale di Prevenzione
della Corruzione e del Codice di comportamento aziendale, con particolare riferimento
all’indicazione di azioni formative da sviluppare secondo un processo a tre fasi, la prima
a carattere tecnico rivolta congiuntamente ai dipendenti RER e Aziende SSR nominati
responsabili per la prevenzione della corruzione e funzionari preposti, la seconda a
carattere generale rivolta a tutti i dipendenti delle Aziende SSR e la terza a carattere
specifico rivolta ai dipendenti che il Piano triennale di ogni Azienda SSR individua come
lavoratori a rischio.
E’ indispensabile precisare che il presente documento viene predisposto tenendo conto
dei processi di integrazione delle funzioni amministrative e di razionalizzazione avvenuta
in conseguenza della costituzione dell’ Azienda Unica Romagna in data 01.01.2014 con
Legge Regionale n. 22 novembre 2013, recante “Misure di adeguamento degli assetti
istituzionali in materia sanitaria. Istituzione dell’Azienda Unità Sanitaria Locale della
Romagna. Partecipazione della Regione Emilia-Romagna all’istituto di ricovero e cura a
carattere scientifico “Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori
S.r.l.”.
PROCESSO DI ADOZIONE DEL PIANO TRIENNALE DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE (P.T.P.C.)
La Legge n. 190\2012 definisce le “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della
corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, individuando, in ambito
nazionale, “l’Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con
modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di
contrasto della corruzione e della illegalità nella pubblica amministrazione”; e stabilisce
che l’organo di indirizzo politico, su proposta del Responsabile individuato, approvi entro
il 31 gennaio di ogni anno il Piano Triennale per la prevenzione della corruzione
curandone la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica.
La predisposizione di un Piano anticorruzione rappresenta per l'Italia l'occasione di
adeguarsi alle migliori prassi internazionali introducendo nell'ordinamento ulteriori
strumenti in grado di dare nuovo impulso alle politiche di prevenzione del fenomeno
corruttivo.
L’Azienda, in attuazione della Legge n. 190/2012, adotta con formale procedimento il
Piano Triennale di prevenzione della corruzione e provvede all'aggiornamento annuale
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dello stesso e, comunque, ogni qualvolta intervegano rilevanti mutamenti organizzativi
dell'amministrazione: obiettivo principale è assumere ogni ulteriore iniziativa, in aggiunta
a quelle già previste, al fine di contrastare la mancanza di fiducia da parte del cittadino
nella pubblica amministrazione, dando risposte articolate e sistemiche al fenomeno
corruttivo anch'esso sistemico.
Ciò premesso, di seguito sarà delineato un programma di attività derivante da una
preliminare fase di analisi che, in sintesi, consiste nell’esaminare l’organizzazione
dell’Azienda, le sue regole e le sue prassi di funzionamento in termini di “possibile
esposizione” al fenomeno corruttivo. Ciò deve avvenire ricostruendo il sistema dei
processi organizzativi, con particolare attenzione alla struttura dei controlli ed alle aree
sensibili nel cui ambito possono verificarsi episodi di corruzione.
In particolare, il Piano triennale per la prevenzione della corruzione deve contenere:
 la valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e
gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio.
L’individuazione delle aree di rischio presuppone una valutazione da realizzarsi
attraverso la verifica “sul campo” dell’impatto del fenomeno corruttivo sui singoli
processi svolti nell’Ente.
Le aree di rischio devono essere singolarmente analizzate ed indicate all’interno
del Programma Triennale. La L. n. 190 all’art. 1 comma 16 rappresenta un
contenuto minimale delle aree di rischio:
 processi finalizzati all’acquisizione e alla progressione del personale;
processi finalizzati all’affidamento di lavori, servizi e forniture (D.lgs. n.
163/2006);
 processi finalizzati all’adozione di provvedimenti ampliativi della sfera
giuridica dei destinatari privi di effetto economico diretto ed immediato per il
destinatario;
 processi finalizzati all’adozione di provvedimenti ampliativi della sfera
giuridica dei destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il
destinatario.
Queste aree di rischio devono essere singolarmente analizzate ed indicate nel
Piano Triennale, includendo ulteriori ambiti che rispecchiano le specificità
funzionali e di contesto come ad esempio, la libera professione ed il bilancio.
 le procedure appropriate per selezionare e formare, i dipendenti chiamati ad
operare in settori particolarmente esposti al rischio di corruzione.
Il Programma Triennale per la prevenzione della corruzione (P.T.P.C.), quindi, è un
programma di attività delle misure da implementare per la prevenzione in relazione al
livello di pericolosità dei rischi specifici, dei responsabili per l’applicazione di ciascuna
misura e dei tempi. Lo stesso deve essere strutturato come documento di
programmazione con l’indicazione di: obiettivi, indicatori, misure, responsabili, tempistica
e risorse.
Il Responsabile per la prevenzione della corruzione propone il Piano al Direttore
Generale che, oltre a quanto già definito, dovrà prevedere:
A. meccanismi di attuazione e controllo idonei a prevenire e ridurre il rischio di
corruzione per le attività oggetto di valutazione di rischio di corruzione.
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Nell’ambito del Piano Triennale per la prevenzione e corruzione, per ciascuna area
di rischio dovranno essere indicate le misure di prevenzione da implementare per
ridurre la probabilità che il rischio si verifichi e queste si classificano come:
o misure obbligatorie, quelle la cui applicazione discende
obbligatoriamente dalla legge o da altre fonti normative;
o misure ulteriori, quelle che, pur non essendo obbligatorie per legge,
sono rese obbligatorie dal loro inserimento nel Piano Triennale.
Per l’individuazione e la scelta delle misure ulteriori2 è opportuno
stabilire un confronto mediante il coinvolgimento dei titolari del
“Elenco esemplificativo delle misure ulteriori”:
Area: acquisizione e progressione del personale
- previsioni di requisiti di accesso “personalizzati” ed insufficienza di meccanismi oggettivi e trasparenti
idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da
ricoprire allo scopo di reclutare candidati particolari;
- abuso nei processi di stabilizzazione finalizzato al reclutamento di candidati particolari;
- irregolare composizione della commissione di concorso finalizzata al reclutamento di candidati particolari;
- inosservanza delle regole procedurali a garanzia della trasparenza e dell’imparzialità della selezione,
quali, a titolo esemplificativo, la cogenza della regola dell'anonimato nel caso di prova scritta e la
predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove allo scopo di reclutare candidati particolari;
- progressioni economiche o di carriera accordate illegittimamente allo scopo di agevolare
dipendenti/candidati particolari;
- motivazione generica e tautologica circa la sussistenza dei presupposti di legge per il conferimento di
incarichi professionali allo scopo di agevolare soggetti particolari.
B) Area: affidamento di lavori, servizi e forniture
- accordi collusivi tra le imprese partecipanti a una gara volti a manipolarne gli esiti, utilizzando il
meccanismo del subappalto come modalità per distribuire i vantaggi dell’accordo a tutti i partecipanti allo
stesso;
- definizione dei requisiti di accesso alla gara e, in particolare, dei requisiti tecnico-economici dei
concorrenti al fine di favorire un’impresa (es.: clausole dei bandi che stabiliscono requisiti di qualificazione);
- uso distorto del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, finalizzato a favorire un’impresa;
- utilizzo della procedura negoziata e abuso dell’affidamento diretto al di fuori dei casi previsti dalla legge al
fine di favorire un’impresa;
- ammissione di varianti in corso di esecuzione del contratto per consentire all’appaltatore di recuperare lo
sconto effettuato in sede di gara o di conseguire extra guadagni;
- abuso del provvedimento di revoca del bando al fine di bloccare una gara il cui risultato si sia rivelato
diverso da quello atteso o di concedere un indennizzo all’aggiudicatario;
- elusione delle regole di affidamento degli appalti, mediante l’improprio utilizzo del modello procedurale
dell’affidamento delle concessioni al fine di agevolare un particolare soggetto;
C) Area: provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto economico
diretto ed immediato per il destinatario
- abuso nell’adozione di provvedimenti aventi ad oggetto condizioni di accesso a servizi pubblici al fine di
agevolare particolari soggetti (es. inserimento in cima ad una lista di attesa);
- abuso nel rilascio di autorizzazioni in ambiti in cui il pubblico ufficio ha funzioni esclusive o preminenti di
controllo al fine di agevolare determinati soggetti (es. controlli finalizzati all’accertamento del possesso di
requisiti per apertura di esercizi commerciali).
D) Area: provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto
ed immediato per il destinatario
- riconoscimento indebito dell’esenzione dal pagamento di ticket sanitari al fine di agevolare determinati
soggetti.
2
10
rischio, ossia della persona che ha la responsabilità e l’autorità per
gestire il rischio.
B. L’individuazione di misure di carattere trasversale come:
 la Trasparenza (D.lgs. n. 33/2013), che costituisce una
sezione del Programma Triennale prevenzione corruzione
(P.T.P.C.);
 l’informatizzazione dei processi, che consente di tracciare
lo sviluppo del processo delle attività dell’Ente, riducendo il
rischio di “blocchi” non controllabili con emersione delle
responsabilità per ciascuna fase.
 il monitoraggio del rispetto dei termini previsti dalla legge
o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti
attraverso il quale possono emergere eventuali omissioni o
ritardi sintomo di fenomeni corruttivi.
C. L’individuazione per ciascuna misura da implementare il responsabile
dell’implementazione e il termine. Ciò in quanto l’efficacia del Programma
Triennale per la prevenzione e corruzione dipende dalla fattiva collaborazione di
tutti i componenti dell’organizzazione e, dunque, il suo contenuto deve essere
coordinato rispetto a quello di tutti gli altri strumenti di programmazione presenti
nell’amministrazione (valutazione delle performance organizzativa e individuale).
D. Forme di consultazione con il coinvolgimento dei cittadini poiché uno degli obiettivi
strategici dell’azione di prevenzione della corruzione è quello dell’emersione dei
fatti di “cattiva amministrazione e di fenomeni corruttivi”. In questo contesto un
ruolo chiave può essere svolto dall’URP che rappresenta, per missione
istituzionale la prima interfaccia con la cittadinanza. L’Azienda dovrà tener poi
conto dell’esito della consultazione in sede di elaborazione del Programma
Triennale per la Prevenzione della Corruzione (P.T.P.C.) e in sede di valutazione
della sua adeguatezza, anche al fine di individuare le priorità di intervento.
E. Iniziative di formazione rivolte al Responsabile della prevenzione, ai dirigenti
addetti alle aree a rischio nonché a tutto il personale sui temi dell’etica e della
legalità e con particolare riferimento ai codici di comportamento.
F. Un sistema di monitoraggio sull’implementazione delle misure attuato mediante
sistemi informatici che consentano la tracciabilità del processo e la verifica dello
stato di avanzamento. In tal modo deve essere definito un sistema di reportistica
che consenta al Responsabile di monitorare “l’andamento dei lavori”.
G. La “gestione del rischio” intesa come l’insieme di attività coordinate per guidare
e tenere sotto controllo
l’Azienda con riferimento al rischio, richiede la
partecipazione e l’attivazione di meccanismi di consultazione con il coinvolgimento
dei dirigenti per le aree di rispettiva competenza.
Le fasi da seguire vengono individuate nella:
 Mappatura dei processi, in modo da consentire l’individuazione del contesto
entro cui deve essere sviluppata la valutazione del rischio e si sviluppa
11
nell’individuazione del processo, delle sue fasi e delle responsabilità per
ciascuna fase3.
E’ opportuno che la mappatura, nella prima fase di attuazione della
normativa, riguardi anche le altre aree di attività oltre quelle a rischio e
dovranno essere coinvolti i dirigenti competenti.

Valutazione del rischio, che deve essere fatta per ciascun processo o fase
di esso e consiste:
1. nell’identificazione del rischio: ricerca, individuazione e descrizione
dello stesso. L’attività richiede che per ciascun processo o fase di
processo siano fatti emergere i possibili rischi di corruzione
considerando il contesto esterno ed interno dell’Azienda.4
L’attività di identificazione dei rischi va svolta preferibilmente
nell’ambito di gruppi di lavoro, con il coinvolgimento dei dirigenti per
l’area di rispettiva competenza.
2. nell’analisi del rischio, mediante una valutazione della probabilità che
lo stesso possa realizzarsi e le conseguenze che produce: stima
della probabilità e dell’impatto (in termini economici, di
organizzazione e reputazione).
3. nella ponderazione del rischio, al fine di ottenere una classificazione
degli stessi in base al livello di rischio più o meno elevato.

Trattamento del rischio e le misure per neutralizzarlo, ossia l’individuazione
e la valutazione delle misure che debbono essere predisposte per
neutralizzare o ridurre il rischio.
ORGANIZZAZIONE E FUNZIONI DELL’AZIENDA USL DELLA ROMAGNA
Preliminarmente ed anche al fine di comprendere le dinamiche strutturali ed
organizzative che hanno portato all’adozione del presente Piano, è necessario dare
contezza del processo di cambiamento istituzionale che ha coinvolto le preesistenti
Aziende USL di Rimini, Forlì, Ravenna e Cesena.
L’Azienda USL della Romagna, con sede legale in Ravenna, Via De Gasperi 8, è frutto
del nuovo assetto organizzativo che ha coinvolto le quattro preesistenti Aziende USL di
Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini stanziate nel territorio dell’area vasta della Romagna AVR: dal 1° gennaio 2014, è stata costituita l’Azienda Unità sanitaria locale della
Romagna, che opera nell’ambito territoriale dei Comuni delle preesistenti aziende di cui
sopra.
L’Analisi dei processi potrà portare ad includere nell’ambito di ciascuna area di rischio uno o più processi
(ad es. nella sottoarea “reclutamento e progressioni di carriera”, saranno inclusi anche più processi quali:
procedimento concorsuale, assunzione mediante liste di collocamento, assunzioni per chiamata diretta
nominativa ecc…)
4 Utile contributo per identificare i rischi può essere dato dai dati tratti dall’esperienza, cioè, dalla
considerazione di precedenti giudiziali (decisioni penali o di responsabilità amministrativa), o disciplinari
che hanno interessato l’Amministrazione. Ancora, mediante consultazione e confronto tra i soggetti
coinvolti, tenendo presente le specificità di ciascun processo e del livello organizzativo a cui il processo o la
sottofase si colloca.
3
12
Nelle more della costituzione dell’Azienda unica, tenuto conto dell’imminente
cambiamento ed al fine di conferire omogeneità ai lavori preparatori necessari, la
Regione Emilia Romagna ha accolto l’opportunità di costruire il sistema della trasparenza
e prevenzione della corruzione su scala di Azienda Usl Romagna; a tal fine, i Direttori
Amministrativi di AVR, nella seduta del 9/07/2013, hanno concordato di affidare al
Gruppo di Lavoro, composto dai Referenti delle quattro Aziende di Forlì, Cesena,
Ravenna e Rimini e coordinato dalla Dott.ssa Vilma Muccioli, la redazione di un Progetto
Unico da ultimare entro la fine del mese di ottobre 2013. In particolare, al Gruppo è stato
assegnato il compito di lavorare e produrre le procedure, nonché i criteri per la nomina
del Responsabile, nell’ottica dell’individuazione di un unico Referente in materia di
anticorruzione e trasparenza per l’ Azienda Usl Romagna.
A seguito degli incontri, il Gruppo di Lavoro di AVR è giunto alla concorde definizione
degli adempimenti richiesti dal D.lgs. 33/2013 in materia di trasparenza, tracciando una
comune linea di lavoro anche relativamente ai dati oggetto di pubblicazione; inoltre, nel
rispetto dei termini previsti, sono state redatte e approvate dal Gruppo delle Linee guida
sia in materia di trasparenza che in materia di anticorruzione, prevedendo criteri uniformi
per quanto attiene alla figura del Responsabile per la prevenzione della corruzione e per
la trasparenza e l’integrità, al procedimento di elaborazione e adozione del Piano
triennale anticorruzione e del Programma triennale per la trasparenza, agli adempimenti
utili da adottare per prevenire il rischio corruttivo, alla pubblicazione dei dati sul sito web
istituzionale nell’apposita sezione “Amministrazione Trasparente”.
Il Gruppo di AVR, durante tutto il proprio percorso di lavoro in materia di trasparenza, si è
conformato alle direttive regionali, prestando particolare attenzione alla nota prot. n.
PG.2013.0158950 del 02.07.2013, con cui il Direttore Generale Sanità e Politiche Sociali,
forniva indicazioni in merito all’applicazione della normativa alle Aziende ed agli Enti del
servizio sanitario regionale, nonché, da ultimo, alla delibera di Giunta regionale n.
1621/2013, che, all’allegato, ha fornito indirizzi interpretativi uniformi valevoli anche per le
Aziende del Servizio Sanitario Regionale.
I Direttori Amministrativi di AVR, pertanto, hanno individuato per ogni Azienda di Area
Vasta un Responsabile per la trasparenza e l’integrità, nominato dai Direttori Generali
rispettivamente nelle persone della Dott.ssa Vilma Muccioli per l’Ausl di Rimini, con
deliberazione n. 661 del 19.09.2013, dell’Avv. Patrizia Casadio per l’Azienda Usl di
Cesena con deliberazione n. 184 del 25.09.2013, del Dr Savino Iacoviello per l’Ausl di
Ravenna con deliberazione n. 396 del 01.10.2013, dell’Avv. Michele Pini per l’Azienda
USL di Forlì con deliberazione n. 255 del 27.09.2013.
Mentre, a seguito dell’incontro del 12.11.2013 tra tutti i Direttori Amministrativi di Area
Vasta, gli stessi hanno rappresentato l’opportunità di individuare il Responsabile Unico di
AVR per la prevenzione della corruzione, oltre a Referenti funzionali di ambito territoriale.
Ciò, in considerazione della prossima costituzione dell’Azienda Usl Romagna e del
progetto di legge di iniziativa della Giunta Regionale dell’Emilia Romagna con cui era
stata prevista la fusione delle strutture aziendali sanitarie con sede nel territorio della
Romagna, affinché, anche a seguito dell’avvenuta costituzione dell’Azienda Unica,
provvedano agli adempimenti richiesti dalla normativa.
A tal fine, sono state individuate dai Direttori Amministrativi di AVR: la dott.ssa Vilma
Muccioli dell’U.O. Affari Generali dell’AUSL di Rimini quale Responsabile per la
prevenzione della Corruzione, mentre sono stati individuati come Referenti Funzionali di
ambito Territoriale: la Dott.ssa Camilla Baldi della U.O. Affari Generali per l’AUSL di
13
Ravenna – la Dott.ssa Antonella Di Francesco della U.O. Affari Istituzionali, Legali e
Patrimonio per l’AUSL di Forlì – Dott.ssa Patrizia Miserocchi della U.O. Affari Generali e
Legali per l’AUSL di Cesena.
Dette figure avranno la funzione di coordinamento nell’ambito dei processi di botton-up in
sede di pianificazione e formulazione delle proposte e di top-down per la successiva fase
di verifica-monitoraggio nell’applicazione. Gli stessi saranno una vera e propria longa
manu del Responsabile unico per la prevenzione della corruzione, responsabili di
verificare direttamente l’attuazione degli adempimenti previsti dalla legge, ciascuno
nell’ambito territoriale dell’Azienda di provenienza, secondo le indicazioni fornite dal
Responsabile per l’Anticorruzione e la Trasparenza.
A conferma del cambiamento organizzativo ed istituzionale in atto, è di recente
intervenuta la Legge Regionale 21 novembre 2013, n. 22 - pubblicazione BUR n. 344 del
21/11/2013 - recante <<MISURE DI ADEGUAMENTO DEGLI ASSETTI ISTITUZIONALI
IN MATERIA SANITARIA. ISTITUZIONE DELL'AZIENDA USL DELLA ROMAGNA.
PARTECIPAZIONE DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA ALL'ISTITUTO DI
RICOVERO E CURA A CARATTERE SCIENTIFICO "IRST S.R.L.">>, a seguito della
quale, a decorrere dal 1/01/2014, è stata costituita, ai sensi dell’art. 3 D.lgs. n. 502/1992
e dell’art. 4 della L.R. n. 19/1994, l’Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna, che
opera nell’ambito territoriale dei Comuni attualmente inclusi nelle preesistenti Aziende
Unità Sanitarie Locali di Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini; successivamente, con delibera
n. 1 del 7.01.2014, è stato nominato il Dott. Andrea Des Dorides quale direttore generale
dell’Azienda USL della Romagna.
Si evidenzia che le determinazioni assunte nei mesi precedenti alla costituzione
dell’Azienda unica, anche attraverso l’individuazione di un unico Responsabile per la
prevenzione della Corruzione e di Referenti Funzionali di ambito Territoriale, dovevano
rispondere all’esigenza di conferire uniformità nell’ambito di un assetto organizzativo in
divenire e che, tutt’ora, occorre deve tenere conto delle indicazioni che verranno fornite
dalla Regione, sulla base di quanto disposto dalla Legge Regionale sopra citata in merito
ai principi, modalità e criteri di organizzazione e funzionamento dell’Azienda USL della
Romagna e, di conseguenza, in ragione dell’assetto organizzativo che verrà definito
nell’atto aziendale.
APPROVAZIONE DEL PIANO
Preliminarmente alla predisposizione del presente Piano e in conformità a quanto
disposto dall’articolo 1, comma 14, il quale prevede che “Entro il 15 dicembre di ogni
anno, il dirigente individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo pubblica nel sito
web dell’amministrazione una relazione recante i risultati dell’attività svolta e la trasmette
all’organo di indirizzo politico dell’amministrazione. Nei casi in cui l’organo di indirizzo
politico lo richieda o qualora il dirigente responsabile lo ritenga opportuno, quest’ultimo
riferisce sull’attività”, ogni preesistente azienda di AVR ha condiviso ed adottato la
relazione contenente il rendiconto sull’efficacia delle misure di prevenzione svolte in
materia di trasparenza e anticorruzione, pubblicandola ciascuna sul proprio sito
aziendale.
Stante la designazione di un unico Responsabile anticorruzione e la necessità di
predisporre un sistema di raccordo anche in materia di gestione del rischio corruttivo che
coinvolgesse tutti i settori delle quattro confluite nell’Azienda Unità sanitaria locale della
14
Romagna, la relazione ha dato atto, in maniera esaustiva, degli adempimenti svolti in
materia di trasparenza e, a livello embrionale, dei risultati delle misure di prevenzione
adottate e degli interventi da predisporre.
Ciò posto e nelle more della costituzione del nuovo assetto organizzativo, si è inteso
avanzare la proposta del Piano Triennale di prevenzione della corruzione 2013-2016 da
sottoporre all’approvazione del Direttore Generale, evidenziando altresì, come il presente
Piano dovrà essere oggetto di modifica e/o integrazione a seguito della evoluzione
dell’assetto organizzativo.
Dunque, il Responsabile della Prevenzione della Corruzione, Dott.ssa Vilma Muccioli,
una volta valutate le osservazione e le proposte avanzate dagli stakeholder interni ed
esterni all’esito della procedura di consultazione pubblica, provvederà a trasmettere, con
apposito nota, al Direttore Generale dell’Azienda USL Romagna, la Proposta di Piano
Triennale di prevenzione della corruzione, predisposta in attuazione dell’art. 1 comma 8
Legge 190/2012 per la sua successiva adozione; il Piano sarà successivamente adottato
con deliberazione e trasmesso al Dipartimento della Funzione Pubblica per via
telematica, secondo istruzioni che saranno pubblicate sul sito del D.P.F.
(www.funzionepubblica.it), sezione anticorruzione.
E’ previsto, inoltre, l’Aggiornamento annuale del piano (secondo quanto stabilito art. 1
comma 8 Legge 190/2012), tiene conto dei seguenti fattori:




Normative sopravvenute che impongono ulteriori adempimenti;
Il piano verrà aggiornato ogni qual volta sopravvengano mutamenti
significativi nell’organizzazione dell’Ente;
Emergano rischi non considerati in fase di predisposizione del P.T.P.C.
(Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione);
Nuovi indirizzi o direttive contenuti nel P.N.A. (Piano Nazionale
Anticorruzione).
L’Aggiornamento segue la stessa procedura seguita per la prima adozione del P.T.P.C.;
alla individuazione delle misure più idonee ed efficaci da adottare e alle attività di
implementazione del piano e monitoraggio della sua effettiva realizzazione, concorrono i
Dirigenti e tutto il personale, i Referenti di ambito Territoriale, in uno con il Responsabile
della prevenzione della Corruzione.
INDIVIDUAZIONE ATTORI INTERNI
I soggetti istituzionali e aziendali cui è demandata l’attuazione della normativa sono i
seguenti:
-
-
il Comitato Interministeriale;
il Dipartimento della Funzione Pubblica;
la CIVIT oggi A.N.AC (Autorità nazionale anticorruzione per la valutazione e la
trasparenza delle Amministrazioni Pubbliche a seguito della modifica della L. n.
125/2013 di conversione al D.L. n. 101/2013);
gli organi di indirizzo politico delle Pubbliche Amministrazioni / Direttore
Generale dell’Azienda USL della Romagna, cui compete la nomina del
Responsabile Aziendale della prevenzione della corruzione (art. 1 comma 7 L
15
-
-
-
-
-
-
-
n. 190/2012), nonché l’approvazione del Piano Triennale di prevenzione della
corruzione (in applicazione dell’art. 1 comma 5 della L. n. 190/2012), entro il 31
gennaio di ogni anno, curandone la trasmissione al Dipartimento della
Funzione Pubblica, i suoi aggiornamenti e l’adozione degli atti di indirizzo di
carattere generale finalizzati alla prevenzione corruzione;
il Responsabile aziendale della prevenzione della corruzione, il quale svolge i
compiti indicati nella Circolare della Funzione Pubblica n. 1 del 2013, vigila in
materia di inconferibilità e incompatibilità ed elabora e pubblica la relazione
annuale contenente il rendiconto sull’efficacia delle misure di prevenzione;
i referenti per la prevenzione tra cui i Referenti Funzionali di ambito
territoriale:in particolare, i primi svolgono attività informativa nei confronti del
responsabile e di monitoraggio sull’attività svolta dai dirigenti e osservano le
misure del P.T.P.C., mentre i secondi svolgono una funzione di ausilio e diretta
collaborazione con il Responsabile nell’ambito dei processi di botton-up in sede
di pianificazione e formulazione delle proposte e di top-down per la successiva
fase di verifica-monitoraggio nell’applicazione;
i dirigenti responsabili ossia i dirigenti delle macrostrutture / aree / unità
organizzative / uffici, che svolgono attività informativa verso responsabile,
referenti e autorità giudiziaria, partecipano al processo di gestione del rischio,
propongono misure di prevenzione, assicurano l’osservanza del Codice di
Comportamento, osservano le misure del P.T.P.C. e adottano le misure
gestionali;
O.I.V. / altro organo analogo, il quale partecipa al processo di gestione del
rischio, considerando i rischi e le azioni inerenti la prevenzione della corruzione
nello svolgimento dei compiti ad essi attribuiti, e svolge compiti propri connessi
all’attività anticorruzione nel settore della trasparenza amministrativa (artt. 43 e
44 d.lgs. n. 33 del 2013);
l’Ufficio Procedimenti Disciplinari: U.P.D., che svolge i procedimenti disciplinari
nell’ambito della propria competenza (art. 55 bis d.lgs. n. 165 del 2001),
provvede alle comunicazioni obbligatorie nei confronti dell’autorità giudiziaria
(art. 20 D.P.R. n. 3 del 1957; art.1, comma 3, l. n. 20 del 1994; art. 331 c.p.p.)
e propone l’aggiornamento del Codice di comportamento;
tutti i dipendenti dell’amministrazione, che partecipano al processo di gestione
del rischio, osservano le misure del P.T.P.C., segnalano le situazioni di illecito
al proprio dirigente, all’U.P.D. e segnalano casi di personale conflitto di
interessi;
i collaboratori a qualsiasi titolo dell’amministrazione, osservano le misure del
P.T.P.C. e segnalano le situazioni di illecito.
La preesistente Azienda Usl di Rimini con deliberazione n. 916 del 11.12.2013, ha
individuato il Responsabile della prevenzione della corruzione (art. 1 comma 7 della
legge 190/2012), nel proprio Direttore della U.O. Affari Generali, Dott.ssa Vilma Muccioli,
dando atto che la suddetta nomina è avvenuta in costanza con i principi espressi nella
legge regionale 22/2013 ed in considerazione delle risultanze espresse dai Direttori
Amministrativi dell’Area Vasta Romagna (poi Azienda Usl della Romagna), circa
l’opportunità di provvedere alla nomina di un unico Responsabile per la prevenzione della
Corruzione nell’incontro del 12.11.2013.
A tal proposito, con le delibere le preesistenti aziende hanno deciso con i seguenti atti
(che verranno indicati nella redazione definitiva del Piano) di nominare i “Referenti
16
funzionali di ambito territoriale”, attesa la complessità dell’organizzazione aziendale
riconosciuta a seguito dell’unificazione.
Nelle suddette deliberazioni si prende atto
che i referenti hanno funzione di
coordinamento nell’ambito dei processi di botton-up in sede di pianificazione e
formulazione delle proposte e di top-down per la successiva fase di verifica-monitoraggio
nell’applicazione, ciò in guisa a quanto espresso nelle linee guida validate dai Direttori
Amministrativi di Area Vasta Romagna in data 12.11.2013.
ATTORI ESTERNI
Al fine di rendere possibile un ascolto attivo degli stakeholder interni (sindacati,
dipendenti) ed esterni (cittadini, associazioni, imprese, ecc.), dovrà essere reso
disponibile sul sito web istituzionale una sezione dedicata cui richiedere informazioni e
rivolgersi per qualsiasi comunicazione; infatti, la partecipazione degli stakeholder
consente di individuare i profili di trasparenza che rappresentino un reale e concreto
interesse per la collettività.
Tale contributo porta un duplice vantaggio: una corretta individuazione degli obiettivi
strategici ed una adeguata partecipazione dei cittadini ed il coinvolgimento dei soggetti; a
tal proposito, con particolare riguardo alla fase di predisposizione del P.T.P.C., si dà atto
che sono state osservate le seguenti modalità operative:
a) individuazione dei seguenti stakeholder interni ed esterni:
Organizzazioni sindacali delle Aree di Dirigenza Medica e Veterinaria - Organizzazioni
sindacali della Dirigenza Sanitaria, Professionale, Tecnica e Amministrativa Organizzazioni sindacali dell’Area Comparto Sanità – RSU - Organismi rappresentativi
del personale - Comitati Consultivi Misti - Comitati di Garanzia - Ordini e Collegi di tutte le
professioni presenti nell’ordinamento sanitario nazionale - Associazioni presenti nel
consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti;
b) pubblicazione dell’avviso contenente la bozza del Codice di Comportamento aziendale
sul sito istituzionale per consentire l’acquisizione di eventuali osservazioni da parte degli
stakeholder interni ed esterni individuati:
Come previsto dall'art. 54, comma 5, del D.lgs. 165/2001, dall’art. 1, comma 2, del D.lgs.
62/2013, dal Piano Nazionale Anticorruzione, approvato con delibera A.N.AC. (già
C.I.V.I.T.) n. 72/2013 dell’11.09.2013, e con riferimento all’art. 1 commi 44 e 45 della
legge 190/2012, ciascuna pubblica amministrazione è tenuta a definire, con procedura
aperta alla partecipazione, un proprio Codice di comportamento settoriale; inoltre,
nell'intento di favorire il più ampio coinvolgimento degli stakeholder - come, peraltro,
previsto dalla delibera n. 75/2013 della CIVIT, recante "Linee guida in materia di codici di
comportamento delle pubbliche amministrazioni (art. 54, comma 5, d.lgs. n. 165/2001)".
L’Azienda USL della Romagna (come meglio esplicitato nei paragrafi successivi) ha
provveduto a redigere la bozza del proprio Codice di comportamento dei dipendenti
dell’Azienda, che sarà successivamente adottato dal Direttore Generale, su proposta del
Responsabile per la prevenzione della corruzione, previa acquisizione del parere
obbligatorio del Nucleo di Valutazione.
17
Si precisa che, come richiamato dal comma 44 della Legge 190/2012 (che sostituisce
l’art. 54 del decreto legislativo 30 marzo 2011 n. 165), la violazione dei doveri contenuti
nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all’attuazione del piano di
prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare; la vigilanza
sull’applicazione del codice di comportamento è posta in carico ai dirigenti responsabili di
ciascuna struttura, alla struttura di controllo interno e agli uffici di disciplina.
c) pubblicazione dell’avviso contenente la bozza di P.T.P.C. sul sito istituzionale per
consentire l’acquisizione di eventuali osservazioni da parte degli stakeholder interni ed
esterni individuati.
Nella fase successiva di attuazione del PTPC permane il coinvolgimento degli
stakeholder, che si realizza attraverso la raccolta di feedback, ovvero di “risposte”,
provenienti dagli stessi, sul livello di utilizzazione e di utilità dei dati pubblicati, oltre che
degli eventuali reclami sulla qualità delle informazioni pubblicate oppure in merito a ritardi
e inadempienze riscontrate.
A tal fine, saranno definite o comunque migliorate e/o implementate, qualora già
esistenti, le modalità per rilevare il livello di soddisfazione degli utenti in relazione
all’accesso, alla chiarezza ed alla utilizzabilità dei dati pubblicati e per la presentazione di
osservazioni o reclami.
COMUNICAZIONE DEI CONTENUTI DEL PIANO
Come previsto dal contenuto della delibera A.N.AC. n. 75/2013, il controllo sull’attuazione
e sul rispetto dei codici è, innanzi tutto, assicurato dai dirigenti responsabili di ciascuna
struttura: a tal fine, i dirigenti dovranno promuovere e accertare la conoscenza dei
contenuti del Codice di comportamento - sia generale, sia specifico - da parte dei
dipendenti della struttura di cui sono titolari.
In questa prospettiva, è necessario che i dirigenti si preoccupino della formazione e
dell’aggiornamento dei dipendenti assegnati alle proprie strutture in materia di
trasparenza ed integrità, soprattutto con riferimento alla conoscenza dei contenuti del
codice di comportamento - sia generale, sia specifico - potendo altresì segnalare
particolari esigenze nell’ambito della programmazione formativa annuale. I dirigenti
provvedono, inoltre, alla costante vigilanza sul rispetto del codice di comportamento da
parte dei dipendenti assegnati alla propria struttura, tenendo conto delle violazioni
accertate e sanzionate ai fini della tempestiva attivazione del procedimento disciplinare e
della valutazione individuale del singolo dipendente, mentre per quanto attiene al
controllo sul rispetto dei codici di comportamento da parte dei dirigenti, nonché alla
mancata vigilanza da parte di questi ultimi sull’attuazione e sul rispetto dei codici presso
le strutture di cui sono titolari, esso è svolto dal soggetto sovraordinato.
A tal fine, risulta fondamentale prevedere un efficace strumento di diffusione e
conoscenza del Piano triennale di prevenzione della corruzione, nonché del Codice di
comportamento aziendale; pertanto, una copia del P.T.P.C., unitamente a quella del
Codice di Comportamento aziendale, a scopo di presa d’atto, verrà trasmessa dal
Responsabile dell’anticorruzione ai c.d. referenti funzionali di ambito territoriale, i quali
provvederanno a trasmetterla ai dirigenti di ogni servizio, ciascuno nel proprio ambito
territoriale, e, a cura dei Dirigenti, sarà data ampia diffusione mediante segnalazione via
18
mail personale a ciascun dipendente e collaboratore, oltre che consegnata ai dipendenti
al momento dell’assunzione. Ai dipendenti già in servizio ne viene data ampia diffusione
anche attraverso il sito aziendale.
GESTIONE DEL RISCHIO
Al fine di consentire l’emersione delle aree nell’ambito dell’attività dell’intera
amministrazione, è fondamentale procedere all’individuazione delle aree di rischio che
debbono essere presidiate più di altre mediante l’implementazione di misure di
prevenzione. A tal fine, per ciascuna area di rischio, debbono essere indicate le misure di
prevenzione da implementare per ridurre la probabilità che il rischio si verifichi.
Tali misure si classificano come:
 misure obbligatorie, sono quelle la cui applicazione discende obbligatoriamente
dalla legge o da altre fonti normative;
 misure ulteriori, sono quelle che, pur non essendo obbligatorie per legge, sono
rese obbligatorie dal loro inserimento nel P.T.P.C..
Occorre, inoltre, procedere, all’individuazione e alla previsione dell’implementazione
anche delle misure di carattere trasversale, obbligatorie o ulteriori. Tra le misure di
carattere trasversale si segnalano a titolo di esempio:




la trasparenza, oggetto di un’apposita sezione del P.T.P.C. (P.T.T.I.); gli
adempimenti di trasparenza possono essere misure obbligatorie o ulteriori; le
misure ulteriori di trasparenza sono indicate nel P.T.T.I., come definito dalla
delibera C.I.V.I.T. n. 50 del 2013;
l’informatizzazione dei processi; questa consente per tutte le attività
dell’amministrazione la tracciabilità dello sviluppo del processo e riduce quindi il
rischio di “blocchi” non controllabili con emersione delle responsabilità per
ciascuna fase;
l’accesso telematico a dati, documenti e procedimenti e il riutilizzo dei dati,
documenti e procedimenti (d.lgs. n. 82 del 2005); questi consentono l’apertura
dell’amministrazione verso l’esterno e, quindi, la diffusione del patrimonio pubblico
e il controllo sull’attività da parte dell’utenza;
il monitoraggio sul rispetto dei termini procedimentali; attraverso il monitoraggio
emergono eventuali omissioni o ritardi che possono essere sintomo di fenomeni
corruttivi.
AREE DI RISCHIO
Preliminarmente, per rendere operative le strategie di prevenzione della corruzione, è
necessario individuare le aree di rischio che, anche a fronte dei dati tratti dall’esperienza
(precedenti giudiziali o disciplinari), sono considerate le maggiormente esposte al
pericolo corruttivo all’interno della specifica realtà dell’Azienda Sanitaria. Le aree così
individuate sono oggetto di monitoraggio al fine di valutare il grado di rischio presente in
ciascun settore di interesse.
19
L’individuazione delle aree di rischio ha la finalità di consentire l’emersione delle aree
nell’ambito dell’attività dell’intera amministrazione che debbono essere presidiate più di
altre mediante l’implementazione di misure di prevenzione; tale individuazione è il
risultato di un processo complesso, che presuppone la valutazione del rischio da
realizzarsi attraverso la verifica “sul campo” dell’impatto del fenomeno corruttivo sui
singoli processi svolti nell’ente.
Al fine di giungere ad una corretta individuazione delle Unità Operative maggiormente
esposte al rischio corruttivo, le preesistenti Aziende di AVR hanno provveduto, attraverso
i propri referenti funzionali di ambito territoriale, ad effettuare uno studio della casistica
relativamente agli illeciti verificatisi nel tempo per comprendere la realtà aziendale,
analizzando le situazioni che in concreto possano ingenerare pericolo di corruzione e,
dunque, individuando i settori operativi maggiormente a rischio.
In particolare, attraverso la compilazione di prospetti tabellari sul monitoraggio delle aree
e dei processi soggetti a rischio delle quattro preesistenti aziende, relativamente
all’individuazione delle aree di rischio – tipologia dei processi – grado di priorità – rischi
specifici per ogni processo – strutture e/o soggetti coinvolti – misure esistenti a prevenire
il rischio corruttivo, predisposta dal Responsabile della prevenzione della corruzione e
condivisa con i referenti funzionali, è stato attuato un monitoraggio completo volto a
definire la situazione de facto, analizzando la presenza di regolamenti interni, soprattutto
con riguardo ai settori a più altro rischio corruttivo, sia nelle materia oggetto di disciplina
normativa, sia laddove manchino specifiche disposizioni di legge, onde prevedere
percorsi Aziendali volti a migliorare e/o creare sistemi organizzativi utili alla prevenzione
del rischio corruttivo. Le quattro tabelle compilate in relazione al monitoraggio effettuato
nelle quattro preesistenti aziende verranno allegate alla versione definitiva del presente
Piano, una volta ultimata la procedura di consultazione pubblica avviata con gli
stakeholder.
Le attività necessarie a comprendere i possibili rischi corruttivi di ogni singola Azienda
sono state concertate tra il Responsabile della Prevenzione della Corruzione ed i
Referenti Funzionali di ambito Territoriale in un’ottica di Azienda Unica, anche attraverso
il supporto di Referenti specifici nelle aree considerate a più alto rischio, al fine di trattare
in maniera omogenea, una volta individuate le criticità, le possibili soluzioni applicative.
Di seguito è stato predisposto un prospetto indicativo ed esemplificativo sia delle quattro
aree di rischio individuate dal Piano Nazionale Anticorruzione comuni per tutte le PP.AA.,
sia delle tre aree di rischio individuate indicativamente per le preesistenti Aziende di AVR;
per ogni area di rischio comune, inoltre, è riportato un elenco esemplificativo dei rischi in
un’ottica strumentale alla realizzazione di fatti di corruzione, mutuato dall’allegato n. 3 al
Piano Nazionale Anticorruzione. Si allegheranno, altresì, come sopra precisato, i quattro
prospetti utilizzati dalle preesistenti Aziende ai fini del monitoraggio dei processi. Tali
attività, classificate per grado di rischio, potranno essere integrate o meglio definite nel
corso dell’anno attraverso il progressivo coinvolgimento di tutto il personale; la stessa
attività formativa destinata ai settori più a rischio potrà essere l’occasione per raccogliere
osservazioni e proposte per il monitoraggio delle attività a rischio, per affinare la loro
classificazione per grado di rischio e per l’implementazione delle misure anticorruzione
previste nel presente Piano.
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 AREE DI RISCHIO COMUNI E OBBLIGATORIE (quattro aree di rischio
individuate dal Piano Nazionale Anticorruzione comuni per tutte le
PP.AA.)
A) Area: acquisizione e progressione del personale
1. Reclutamento
2. Progressioni di carriera
3. Conferimento di incarichi di collaborazione
B) Area: affidamento di lavori, servizi e forniture
1. Definizione dell’oggetto dell’affidamento
2. Individuazione dello strumento/istituto per l’affidamento
3. Requisiti di qualificazione
4. Requisiti di aggiudicazione
5. Valutazione delle offerte
6. Verifica dell’eventuale anomalia delle offerte
7. Procedure negoziate
8. Affidamenti diretti
9. Revoca del bando
10. Redazione del cronoprogramma
11. Varianti in corso di esecuzione del contratto
12. Subappalto
13. Utilizzo di rimedi di risoluzione delle controversie alternativi a quelli giurisdizionali
durante la fase di esecuzione del contratto
C) Area: provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto
economico diretto ed immediato per il destinatario
1. Provvedimenti amministrativi vincolati nell’an
2. Provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato
3. Provvedimenti amministrativi vincolati nell’an e a contenuto vincolato
4. Provvedimenti amministrativi a contenuto discrezionale
5. Provvedimenti amministrativi discrezionali nell’an
6. Provvedimenti amministrativi discrezionali nell’an e nel contenuto
D) Area: provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto
economico diretto ed immediato per il destinatario
1. Provvedimenti amministrativi vincolati nell’an
2. Provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato
3. Provvedimenti amministrativi vincolati nell’an e a contenuto vincolato
4. Provvedimenti amministrativi a contenuto discrezionale
5. Provvedimenti amministrativi discrezionali nell’an
6. Provvedimenti amministrativi discrezionali nell’an e nel contenuto
Queste aree sono elencate nell’art. 1, comma 16, Legge 190/2012 e si riferiscono ai
procedimenti di:
a) autorizzazione o concessione;
b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con
riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al d.lgs. n. 163 del 2006;
21
c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché
attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e
privati;
d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera di
cui all'articolo 24 del citato decreto legislativo n. 150 del 2009.
 AREE DI RISCHIO SPECIFICHE ED ULTERIORI PER L’AZIENDA
SANITARIA (tre aree di rischio individuate indicativamente per le
Aziende di AVR)
1) AREA AMMINISTRATIVA
Provveditorato / economato
Attività tecniche
Appalti di lavori, servizi e forniture e affini –
Tenuta cassa economale – Tenuta
magazzini aziendali - Inventario beni
mobili
Appalti di lavori, servizi e forniture (lavori e
opere, manutenzioni) e affini - Gestione del
patrimonio aziendale
Affari generali – Legale
Affidamento incarichi esterni - Recupero
somme -
Sistema Informativo
Affidamento di lavori, servizi e forniture Inventario apparecchiature informatiche
Gestione del personale
Concorsi
e
procedure
selettive,
progressioni di Carriera - Autorizzazione
incarichi e attività a dipendenti e vigilanza Affidamento incarichi esterni - Libera
professione intramoenia - Strumenti
incentivanti
2) AREA OSPEDALIERA
Personale sanitario
Somministrazione farmaci e presidi
Assistenza farmaceutica
Rimborsi per erogazione farmaci –
Certificazioni - Ispezioni, controlli e sanzioni
conseguenti - Sperimentazione farmaci Sussidi
22
3) AREA TERRITORIALE
Servizi Sociali / Distretti
Erogazione di sovvenzioni, contributi,
sussidi, ausili finanziari - Valutazioni
sanitarie, assistenza sanitaria, inserimenti
in strutture esterne, commissioni invalidi,
commissioni patenti
Dipartimento
di
Salute
Dipartimento per le Dipendenze
Dipartimento
Prevenzione
di
Sanità
Mentale/ Somministrazione
farmaci,
sussidi,
assistenza sanitaria, inserimenti in strutture
esterne
Ispezioni, controlli e sanzioni conseguenti,
Pubblica/ atti autorizzatori, atti concessori Certificazioni legali - Verifiche per
accreditamento strutture
METODOLOGIA UTILIZZATA PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
La gestione del rischio di corruzione è lo strumento da utilizzare per la riduzione delle
probabilità che il rischio si verifichi; la pianificazione, mediante l’adozione del P.T.P.C., è
il mezzo per attuare la gestione del rischio.
L’intero processo di gestione del rischio richiede la partecipazione e l’attivazione di
meccanismi di consultazione, con il coinvolgimento dei dirigenti per le aree di rispettiva
competenza: nelle more della predisposizione del presente Piano, le quattro preesistenti
aziende, per il tramite dei referenti funzionali, ciascuno nel proprio ambito territoriale,
stanno collaborando operativamente con i dirigenti dei servizi aziendali al fine di
procedere con l’attività di identificazione, di analisi e di ponderazione dei rischi; i referenti
funzionali di ambito territoriale, provvedono a coordinarsi tra loro e con il responsabile per
la prevenzione della corruzione.
Si aggiunga anche che, al fine di garantire la massima trasparenza ed il più ampio
coinvolgimento dei soggetti interessati, sarà utile la consultazione degli utenti, di
associazioni di consumatori e di utenti invitati ad offrire un contributo con il loro punto di
vista e la loro esperienza.
Le fasi principali da seguire vengono descritte di seguito e sono:
 mappatura dei processi attuati dall’amministrazione; la mappatura consiste
nell’individuazione del processo, delle sue fasi e delle responsabilità per ciascuna
fase: essa consente l’elaborazione del catalogo dei processi;
 valutazione del rischio per ciascun processo; l’attività di valutazione del rischio
deve essere fatta per ciascun processo o fase di processo mappato. Per
valutazione del rischio si intende il processo di – identificazione – analisi ponderazione del rischio; sarà utile utilizzare la tabella di cui all’allegato 5 al
P.N.A. recante i criteri da utilizzare per una corretta valutazione del rischio;
 trattamento del rischio; la fase di trattamento del rischio consiste nel processo per
modificare il rischio, ossia nell’individuazione e valutazione delle misure che
debbono essere predisposte per neutralizzare o ridurre il rischio e nella decisione
23
di quali rischi si decide di trattare prioritariamente rispetto agli altri. Al fine di
neutralizzare o ridurre il livello di rischio, debbono essere individuate e valutate le
misure di prevenzione, con particolare attenzione allo sviluppo di procedure
omogenee e condivise dalle preesistenti Aziende per migliorare le prassi e
renderle maggiormente trasparenti ed efficienti comportano un’attività tesa ad una
regolamentazione unica, limitando in tal senso anche il rischio di esposizione a
fenomeni di corruzione.
All’esito della procedura pubblica di consultazione e in sede di redazione definitiva del
presente Piano, saranno forniti il percorso e i risultati ottenuti dalla procedura di
mappatura dei processi e di valutazione del rischio, con l’indicazione anche delle schede
di programmazione delle misure di prevenzione utili a ridurre la probabilità che il rischio si
verifichi, in riferimento a ciascuna area di rischio, con indicazione degli obiettivi, della
tempistica, dei responsabili, degli indicatori e delle modalità di verifica dell’attuazione, in
relazione alle misure di carattere generale introdotte o rafforzate dalla legge n. 190 del
2012 e dai decreti attuativi, nonché alle misure ulteriori introdotte con il P.N.A..
E’ opportuno da ultimo precisare che, nelle finalità generali della Legge, viene posta
particolare attenzione allo sviluppo di forme di partecipazione e collaborazione
nell’individuare strategie di lotta alla corruzione, attraverso il coinvolgimento diretto del
personale dell’amministrazione; sarà quindi posta in essere una ricognizione finalizzata
alla regolamentazione da adottare o aggiornare, ai sensi della Legge n. 190/2012 nello
svolgimento di procedimenti amministrativi.
L’impianto complessivo del Piano di prevenzione della corruzione contempla la
collaborazione e la sinergia tra i Dirigenti responsabili delle strutture aziendali definite a
rischio di fenomeni corruttivi e il Responsabile del Piano di prevenzione, unitamente ai
Referenti funzionali di ambito territoriale. Più in particolare, la citata Circolare della
Funzione Pubblica n. 1/2013 specifica le competenze in materia di prevenzione della
corruzione attribuite a tali Dirigenti: essi dovranno concorrere alla definizione di misure
idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da
parte dei dipendenti dell’area di responsabilità cui sono preposti; dovranno, inoltre,
comunicare al Responsabile, per il tramite dei propri referenti funzionali di ambito
territoriale, con nota formale, entro e non oltre il 30 ottobre di ogni anno, le prassi
utilizzate nell’adempimento delle attività di competenza; ciò consentirà il monitoraggio e
l’aggiornamento delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione,
formulando proposte volte a prevenire il rischio medesimo: la violazione di quanto
contenuto nel piano triennale di prevenzione della corruzione costituisce illecito
disciplinare.
FORMAZIONE IN TEMA DI ANTICORRUZIONE
Il Piano di prevenzione della corruzione prevede la predisposizione di un programma
formativo sui temi dell’etica e della legalità di livello generale per i dipendenti destinati ad
operare in settori particolarmente esposti al rischio di corruzione (art. 1 commi 5,8,10,11
Legge n. 190\2012) di livello specifico rivolti al Responsabile della prevenzione e ai
Referenti e Dirigenti, nonché ai dipendenti addetti alle aree a rischio; la formazione
prevede l’approfondimento delle discipline in materia di responsabilità dei procedimenti
amministrativi, delle norme penali relative ai reati contro la pubblica amministrazione, agli
24
obblighi di pubblicità,
dell’amministrazione.
trasparenza
e
diffusione
delle
informazioni
da
parte
Le Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 e
quindi anche le aziende del Servizio Sanitario nazionale, debbono programmare adeguati
percorsi di formazione, tenendo presente una strutturazione su due livelli:
1. livello generale, rivolto a tutti i dipendenti: riguarda l’aggiornamento delle competenze
(approccio contenutistico) e le tematiche dell’etica e della legalità (approccio valoriale),
con particolare riferimento ai contenuti del Codice di comportamento dei pubblici
dipendenti;
2. livello specifico, rivolto al responsabile della prevenzione, nonché della trasparenza, ai
referenti, ai componenti degli organismi di controllo, ai dirigenti e funzionari addetti alle
aree a rischio. La formazione riguarda, dunque, le politiche, i programmi e i vari strumenti
utilizzati per la prevenzione, nonché per la trasparenza, e tematiche settoriali, in relazione
al ruolo svolto da ciascun soggetto nell’amministrazione.
I fabbisogni formativi sono individuati dal Responsabile della prevenzione, in raccordo e
d’intesa con i referenti funzionali e i dirigenti responsabili delle strutture organizzative
dell’Azienda, anche a più alto rischio corruttivo.
Nell’ambito dello svolgimento delle attività anche in materia di Trasparenza, l’Azienda
promuoverà attività di confronti e di coinvolgimento attivo di soggetti istituzionali mediante
un calendario di incontri ed iniziative che verrà esplicitato nella redazione definitiva del
PTTI e del PTPC.
Ad ogni buon conto, i dipendenti e gli operatori che, direttamente o indirettamente,
svolgono un’attività all’interno degli uffici indicati come a più elevato rischio di corruzione
saranno tenuti a partecipare al programma formativo sulla normativa relativa alla
prevenzione e repressione della corruzione e sui temi della legalità.
Tale percorso di formazione dovrà essere indirizzato secondo un approccio che sia al
contempo normativo-specialistico e valoriale, in modo da accrescere le competenze e lo
sviluppo del senso etico e, quindi, potrà riguardare le norme penali in materia di reati
contro la pubblica amministrazione ed in particolare i contenuti della Legge 190/2012, gli
aspetti etici e della legalità dell’attività amministrativa oltre ad ogni tematica che si renda
opportuna e utile per prevenire e contrastare la corruzione.
Già in fase di Area Vasta è stato organizzato presso l’Azienda di Rimini l’incontro del
23/07/2013, tenuto dal Prof. Mainardi, rivolto ai dirigenti e agli operatori delle quattro
Aziende di AVR sul seguente tema: “Corso Corruzione e illegalità nelle amministrazioni
sanitarie, rapporti di lavoro e nuove misure di prevenzione e repressione - Legge n. 190
del 06 Novembre 2012”.
Successivamente, in data 16.10.2013, è stato organizzato un incontro dalla Direzione
Generale Sanità e Politiche Sociali, Servizio Relazione con gli enti del SSR della Regione
Emilia Romagna in merito all’attuazione del D.lgs. 33/2013 nelle Aziende Sanitarie,
mentre, in data 19.11.2013, è stato organizzato un incontro in materia di anticorruzione
tenuta dal Responsabile per la prevenzione della Corruzione, dott. Broccoli, per la
Regione Emilia Romagna, durante il quale è stato altresì presentato un programma
formativo omogeneo a livello regionale.
25
Con comunicazione del Responsabile per la prevenzione della Corruzione della Regione
Emilia-Romagna nota prot. PG/2013/293855 del 26.11.2013, sono state all’uopo
predisposte delle linee guida per sviluppare un processo di formazione in tre fasi, la
prima a carattere tecnico rivolta congiuntamente ai dipendenti RER e Aziende SSR
nominati responsabili per la prevenzione della corruzione e funzionari preposti, la
seconda a carattere generale rivolta a tutti i dipendenti delle Aziende SSR e la terza a
carattere specifico rivolta ai dipendenti che il Piano triennale di ogni Azienda SSR
individua come lavoratori a rischio.
A tal fine, saranno comunicati annualmente i nominativi dei dipendenti che andranno
formati al fine di organizzare sessioni formative per garantire la più ampia divulgazione
delle tematiche relative alla prevenzione e al contrasto della corruzione; all’uopo, sono
state individuate dalle preesistenti aziende le aree maggiormente esposte a rischio
corruttivo, i cui dirigenti saranno formati sul tema (Area Risorse Umane, Area Personale,
Area Ospedaliera, Provveditorato / economato, Attività tecniche, Area Affari generali e
legali).
Ad ogni buon conto, a livello regionale, è stato predisposto, nelle giornate del 14 e 24
gennaio 2014, il primo livello di formazione per Responsabili e Preposti in materia di
prevenzione della corruzione nelle Pubbliche Amministrazioni, come previsto dalla
Legge 6 Novembre 2012, n.190; il programma, in linea generale, prevede il seguente
contenuto: - La Legge 6 Novembre 2012, n.190 e i decreti attuativi . Contesto,
opportunità e problematiche - Le misure di prevenzione introdotte dalla legge - Le Figure
ed i soggetti preposti alla prevenzione della corruzione - La Modularità del piano della
prevenzione - Il Piano Nazionale Anticorruzione - Riflessioni sul rapporto fra prevenzione
della corruzione e trasparenza - I Piani triennali (metodologia, organizzazione,misure,
macroaree a rischio, ecc.) - Il Codice di comportamento - Incompatibilità/inconferibilità
degli incarichi.
TRASPARENZA – ADOZIONE DEL PROGRAMMA
TRASPARENZA E L’INTEGRITA’ 213/2016 (P.T.T.I.)
TRIENNALE
PER
LA
Le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165 del 2001 debbono
adempiere agli obblighi di trasparenza di cui al D.lgs. 33/2013, alla l. n. 190 e alle altre
fonti normative vigenti, senza ritardo: le misure necessarie a tale adempimenti sono
previste nel P.T.T.I., che rappresenta sezione dedicata nell’ambito del presente
Programma Triennale per la prevenzione della corruzione.
Di seguito sarà riportato il P.T.T.I., così come definitivamente redatto, tenuto anche conto
delle proposte ed osservazioni avanzate dagli stakeholder consultati a seguito di avviso
pubblico.
CODICI DI COMPORTAMENTO
L’art. 54 del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato dall’art. 1 comma 44 della Legge
190/2012, assegna al Governo il compito di definire un Codice di Comportamento dei
pubblici dipendenti. In attuazione della delega, il governo ha approvato il D.P.R. n. 62 del
2013 recante il Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici.
26
Secondo quanto previsto dall’art. 15 del D.P.R. n. 62 del 2013, recante il Codice di
comportamento dei pubblici dipendenti, “Il responsabile cura la diffusione della
conoscenza dei codici di comportamento nell’amministrazione, il monitoraggio annuale
sulla loro attuazione, ai sensi dell’articolo 54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del
2001, la pubblicazione sul sito istituzionale e della comunicazione all’Autorità nazionale
anticorruzione, di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei
risultati del monitoraggio.”
L’adozione di un codice di comportamento da parte dell’Azienda Unica rappresenta una
delle “azioni e misure” principali di attuazione delle strategie di prevenzione della
corruzione a livello decentrato, secondo quanto indicato nel Piano Nazionale
Anticorruzione e costituisce elemento essenziale del presente Piano: l’Azienda USL
della Romagna ha provveduto a redigere la bozza del proprio Codice di comportamento
dei dipendenti dell’Azienda, che sarà adottato dal Direttore Generale, su proposta del
Responsabile per la prevenzione della corruzione, previa acquisizione del parere
obbligatorio del Nucleo di Valutazione, all’esito della consultazione pubblica degli
stakeholder interni ed esterni, così come previsto dalla normativa vigente. Inoltre, il
Responsabile deve verificare annualmente il livello di attuazione del codice, rilevando, ad
esempio, il numero e il tipo delle violazioni accertate e sanzionate delle regole del codice,
in quali aree dell’amministrazione si concentra il più alto tasso di violazioni
I Dirigenti responsabili dovranno comunicare ogni violazione segnalata, al fine di
predisporre tempestivamente i procedimenti previsti dalla Legge; a tal proposito, il
dipendente che segnala un illecito di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto
di lavoro viene tutelato in base all’art. 1 comma 51 della Legge n. 190/2012 il c.d.
whistleblower (come verrà meglio esplicitato nei paragrafi successivi).
Il Codice di Comportamento adottato dall’Azienda, unitamente al Piano, viene
consegnato ad ogni dipendente al momento dell’assunzione in servizio e al Dirigente
all’atto dell’accettazione dell’incarico; inoltre, viene data ampia diffusione attraverso la
pubblicazione sul sito web dell’azienda. Ad ogni buon conto, risulta fondamentale
prevedere un efficace strumento di diffusione e conoscenza del Piano triennale di
prevenzione della corruzione, nonché del Codice di comportamento aziendale; pertanto,
una copia del Codice di Comportamento aziendale, unitamente a quella del P.T.P.C., a
scopo di presa d’atto, verrà trasmessa dal Responsabile dell’anticorruzione ai c.d.
referenti funzionali di ambito territoriale, i quali provvederanno a trasmetterla ai dirigenti di
ogni servizio, ciascuno nel proprio ambito territoriale, e, a cura dei Dirigenti, sarà data
ampia diffusione mediante segnalazione via mail personale a ciascun dipendente e
collaboratore, oltre che consegnata ai dipendenti al momento dell’assunzione.
Il codice di comportamento dell’Azienda USL della Romagna è in fase di elaborazione e
sarà adottato all’esito della procedura di consultazione degli stakeholder interni ed
esterni, così come previsto dalla legge; tale codice di comportamento sarà essere ispirato
ai principi di dinamicità, modularità e progressività e, in sede di prima predisposizione,
sarà opportuno porre l’attenzione sulle materie relative alla gestione delle liste di attesa,
all’esercizio della libera professione, alle sperimentazioni cliniche e ai rapporti con le
società farmaceutiche, così come indicato nella comunicazione regionale nota prot.
PG/2013/293855 del 26.11.2013.
Per quanto riguarda le parti relative a Indicazione dei meccanismi di denuncia delle
violazioni del codice di Comportamento e Indicazione dell’ufficio competente a emanare
27
pareri sulla applicazione del codice di comportamento, si rimanda a quanto previsto nel
Codice di Comportamento aziendale.
ALTRE INIZIATIVE
INDICAZIONE DEI CRITERI DI ROTAZIONE DEL PERSONALE (PAR. 3.1.4 P.N.A.;
PAR. B.5 ALLEGATO 1; TAVOLA N. 5)
Nell’ambito delle misure dirette a prevenire il rischio di corruzione, assume rilievo
l’applicazione del principio di rotazione del personale addetto alle aree a rischio. La ratio
delle previsioni normative ad oggi emanate è quella di evitare che possano consolidarsi
posizioni di privilegio nella gestione diretta di attività e di evitare che il medesimo
funzionario tratti lo stesso tipo di procedimenti per lungo tempo, relazionandosi sempre
con i medesimi utenti.
Infatti, la rotazione del personale addetto alle aree a più elevato rischio di corruzione
rappresenta una misura di importanza cruciale tra gli strumenti di prevenzione della
corruzione e l’esigenza del ricorso a questo sistema è stata sottolineata anche a livello
internazionale. L’alternanza tra più professionisti nell’assunzione delle decisioni e nella
gestione delle procedure, infatti, riduce il rischio che possano crearsi relazioni particolari
tra amministrazioni ed utenti, con il conseguente consolidarsi di situazioni di privilegio e
l’aspettativa a risposte illegali improntate a collusione.
L’Azienda, compatibilmente con l’organico e con l’esigenza di mantenere continuità e
coerenza di indirizzo delle strutture, è intenzionata ad applicare il principio di rotazione,
prevedendo che nei settori più esposti a rischio di corruzione sia assicurata l’alternanza
dei dirigenti e dei dipendenti addetti alle aree a più elevato rischio corruttivo, con
particolare riguardo alle figure dei responsabili di procedimento, nonché dei componenti
delle commissioni di gara e di concorso.
La rotazione può avvenire solo al termine dell’incarico, anche attraverso l’attuazione della
mobilità, specialmente se temporanea, quale utile strumento per realizzare la rotazione
tra le figure professionali specifiche.
In applicazione dell’Intesa sancita in Conferenza Unificata del 24.07.2013, per quanto
attiene a specifiche figure professionali “infungibili” (medici specialisti e sanitari) o
difficilmente sostituibili (ad esempio, addetti al settore del trattamento economico dei
lavoratori), la difficoltà di applicazione del principio in oggetto va opportunamente
esplicitata nel Piano triennale aziendale, unitamente alle relative motivazioni. In
particolare, dal confronto tenutosi in Regione il 19.11.2013, è emersa la difficoltà per le
Aziende Sanitarie di provvedere alla rotazione degli incarichi di personale di alta
specialità e, pertanto, l’Ente regionale ha deciso di comunicare all’ANAC (già CIVIT) la
complessità e l’onerosità di tale adempimento sia a livello sanitario che tecnicoamministrativo.
L’Attuazione della misura della rotazione richiede pertanto:

la preventiva identificazione delle Uffici/servizi che svolgono attività nelle aree a
più a più elevato rischio di corruzione;
28






l’individuazione, nel rispetto della partecipazione sindacale, delle modalità di
attuazione della rotazione in modo da contemperare le esigenze dettate dalla
legge con quelle dirette a garantire il buon andamento dell’Ente;
la definizione dei tempi di rotazione;
l’identificazione del livello di professionalità per lo svolgimento delle attività proprie
di ciascun ufficio o servizio a rischio di corruzione;
il coinvolgimento del personale in percorsi di formazione e aggiornamento
continuo, con l’obiettivo di creare competenze di carattere trasversale e
professionalità che possano essere utilizzate in una pluralità di settori;
in caso di formale avvio di procedimento penale a carico di un dipendente
(l’Azienda ha avuto conoscenza di un’informazione di garanzia o è stato
pronunciato un ordine ex art. 256 c.p.p. o una perquisizione o sequestro) e in caso
di avvio di procedimento disciplinare per fatti di natura corruttiva, ferma restando la
possibilità di adottare la sospensione del rapporto, l’Azienda:
- per il personale dirigenziale, procede con atto motivato alla revoca
dell’incarico in essere ed il passaggio ad altro incarico ai sensi del
combinato disposto dell’art. 16 comma 1 lett. l) quater e dell’art. 55 ter
comma 1, D.lgs. n. 165/2001;
- per il personale non dirigenziale, procede all’assegnazione ad altro servizio
ai sensi del citato art. 16 comma 1 lett. l) quater;
nel caso di impossibilità di applicare la misura della rotazione per il personale
dirigenziale a causa di motivati fattori organizzativi, l’Azienda potrà applicare la
misura al personale non dirigenziale, con riguardo innanzi tutto ai responsabili del
procedimento.
Proprio con riferimento ai responsabili del procedimento, la Legge 190/2012,
all’art. 1 comma 41, contiene due prescrizioni: viene stabilito un obbligo di
astensione per il responsabile del procedimento, il titolare dell’ufficio competente
ad adottare il provvedimento finale ed il titolare degli uffici competenti ad adottare
atti endoprocedimentali nel caso di conflitto di interesse anche solo potenziale.
Inoltre, è previsto un dovere di segnalazione a carico dei medesimi soggetti.
Detta prescrizione va letta in maniera coordinata con quella inserita nel Codice di
comportamento all’art. 6 D.P.R. n. 62 del 2013, il quale tipizza delle relazioni
personali o professionali sintomatiche di possibile conflitto di interesse,
contemplando altresì una clausola di carattere generale in riferimento a tutte le
ipotesi in cui si manifestino “gravi ragioni di convenienza”.
INDICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI RELATIVE AL RICORSO ALL’ARBITRATO
CON MODALITÀ CHE NE ASSICURINO LA PUBBLICITÀ E LA ROTAZIONE
ELABORAZIONE DELLA PROPOSTA DI DECRETO PER DISCIPLINARE GLI
INCARICHI E LE ATTIVITÀ NON CONSENTITE AI PUBBLICI DIPENDENTI (PAR.
3.1.6 P.N.A.; PAR. B.7 ALLEGATO 1; TAVOLA N. 7)
Il cumulo in capo ad un medesimo dirigente o funzionario di incarichi conferiti
dall’amministrazione può comportare il rischio di un’eccessiva concentrazione di potere
su un unico centro decisionale. La concentrazione del potere decisionale aumenta il
rischio che l’attività amministrativa possa essere indirizzata verso fini privati o impropri
determinati dalla volontà del dirigente stesso; inoltre, lo svolgimento di incarichi,
29
soprattutto se extra-istituzionali, da parte del dirigente o del funzionario può realizzare
situazioni di conflitto di interesse che possono compromettere il buon andamento
dell’azione amministrativa, ponendosi altresì come sintomo dell’evenienza di fatti
corruttivi.
Per questi motivi, la l. n. 190 del 2012 è intervenuta a modificare anche il regime dello
svolgimento degli incarichi da parte dei dipendenti pubblici contenuto nell’art. 53 del
d.lgs. n. 165 del 2001, in particolare prevedendo che:
 degli appositi regolamenti (adottati su proposta del Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri interessati,
ai sensi dell’art. 17, comma 2, della l. n. 400 del 1988) debbono individuare,
secondo criteri differenziati in rapporto alle diverse qualifiche e ruoli
professionali, gli incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni
pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001; analoga
previsione è contenuta nel comma 3 del citato decreto per il personale della
magistratura e per gli avvocati e procuratori dello Stato;
 le amministrazioni debbono adottare dei criteri generali per disciplinare i
criteri di conferimento e i criteri di autorizzazione degli incarichi extra
istituzionali; infatti, l’art. 53, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, come
modificato dalla l. n. 190 del 2012, prevede che “In ogni caso, il
conferimento
operato
direttamente
dall'amministrazione,
nonché
l'autorizzazione
all'esercizio
di
incarichi
che
provengano
da
amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da
società o persone fisiche, che svolgono attività d'impresa o commerciale,
sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e
predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da
escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del
buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto,
anche potenziale, di interessi, che pregiudichino l'esercizio imparziale delle
funzioni attribuite al dipendente”.
 in sede di autorizzazione allo svolgimento di incarichi extra-istituzionali,
secondo quanto previsto dall’art. 53, comma 7, del d.lgs. n 165 del 2001, le
amministrazioni debbono valutare tutti i profili di conflitto di interesse, anche
quelli potenziali; l’istruttoria circa il rilascio dell’autorizzazione va condotta in
maniera molto accurata, tenendo presente che talvolta lo svolgimento di
incarichi extra-istituzionali costituisce per il dipendente un’opportunità, in
special modo se dirigente, di arricchimento professionale utile a
determinare una positiva ricaduta nell’attività istituzionale ordinaria; ne
consegue che, al di là della formazione di una black list di attività precluse
la possibilità di svolgere incarichi va attentamente valutata anche in ragione
dei criteri di crescita professionale, culturale e scientifica nonché di
valorizzazione di un’opportunità personale che potrebbe avere ricadute
positive sullo svolgimento delle funzioni istituzionali ordinarie da parte del
dipendente;
 il dipendente è tenuto a comunicare formalmente all’amministrazione anche
l’attribuzione di incarichi gratuiti (comma 12); in questi casi,
l’amministrazione - pur non essendo necessario il rilascio di una formale
autorizzazione - deve comunque valutare tempestivamente (entro 5 giorni
dalla comunicazione, salvo motivate esigenze istruttorie) l’eventuale
sussistenza di situazioni di conflitto di interesse anche potenziale e, se del
caso, comunicare al dipendente il diniego allo svolgimento dell’incarico; gli
30
incarichi a titolo gratuito da comunicare all’amministrazione sono solo quelli
che il dipendente è chiamato a svolgere in considerazione della
professionalità che lo caratterizza all’interno dell’amministrazione di
appartenenza (quindi, a titolo di esempio, non deve essere oggetto di
comunicazione all’amministrazione lo svolgimento di un incarico gratuito di
docenza in una scuola di danza da parte di un funzionario amministrativo di
un ministero, poiché tale attività è svolta a tempo libero e non è connessa in
nessun modo con la sua professionalità di funzionario); continua comunque
a rimanere estraneo al regime delle autorizzazioni e comunicazioni
l’espletamento degli incarichi espressamente menzionati nelle lettere da a)
ad f-bis) del comma 6 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, per i quali il
legislatore ha compiuto a priori una valutazione di non incompatibilità; essi,
pertanto,
non
debbono
essere
autorizzati
né
comunicati
all’amministrazione;
 il regime delle comunicazioni al D.F.P. avente ad oggetto gli incarichi si
estende anche agli incarichi gratuiti, con le precisazioni sopra indicate;
secondo quanto previsto dal comma 12 del predetto art. 53, gli incarichi
autorizzati e quelli conferiti, anche a titolo gratuito, dalle pubbliche
amministrazioni debbono essere comunicati al D.F.P. in via telematica entro
15 giorni; per le modalità di comunicazione dei dati sono fornite apposite
indicazioni sul sito www.perlapa.gov.it nella sezione relativa all’anagrafe
delle prestazioni;
 è disciplinata esplicitamente un’ipotesi di responsabilità erariale per il caso
di omesso versamento del compenso da parte del dipendente pubblico
indebito percettore, con espressa indicazione della competenza
giurisdizionale della Corte dei conti.
A queste nuove previsioni si aggiungono le prescrizioni contenute nella normativa già
vigente. Si segnala, in particolare, la disposizione contenuta nel comma 58 bis dell’art. 1
della l. n. 662 del 1996, che stabilisce: “Ferma restando la valutazione in concreto dei
singoli casi di conflitto di interesse, le amministrazioni provvedono, con decreto del
Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, ad indicare le
attività che in ragione della interferenza con i compiti istituzionali, sono comunque non
consentite ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione
lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno”.
ELABORAZIONE DI DIRETTIVE PER L’ATTRIBUZIONE DEGLI INCARICHI
DIRIGENZIALI, CON LA DEFINIZIONE DELLE CAUSE OSTATIVE AL
CONFERIMENTO (PAR. 3.1.7 P.N.A.; PAR. B.8 ALLEGATO 1; TAVOLA N. 8) E
VERIFICA DELL’INSUSSISTENZA DI CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ (PAR. 3.1.8.
P.N.A.; PAR. B.9 ALLEGATO 1; TAVOLA 9)
Le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, gli enti
pubblici economici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico sono tenuti a verificare
la sussistenza di eventuali situazioni di incompatibilità nei confronti dei titolari di incarichi
previsti nei Capi V e VI del d.lgs. n. 39 del 2013 per le situazioni contemplate nei
medesimi Capi.
Il controllo deve essere effettuato:
 all’atto del conferimento dell’incarico;
31
 annualmente e su richiesta nel corso del rapporto.
Se la situazione di incompatibilità emerge al momento del conferimento dell’incarico, la
stessa deve essere rimossa prima del conferimento. Se la situazione di incompatibilità
emerge nel corso del rapporto, il responsabile della prevenzione contesta la circostanza
all’interessato ai sensi degli artt. 15 e 19 del d.lgs. n. 39 del 2013 e vigila affinchè siano
prese le misure conseguenti.
Con riferimento al decreto legislativo 8 aprile 2013 n. 39, il Responsabile della
prevenzione della corruzione cura, ai sensi dell’art. 15 del suddetto decreto, che
nell’Azienda siano rispettate le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di
incarichi contenute nel suddetto decreto.
Ai sensi del D.lgs. n. 39, l’Azienda deve valutare ex ante e in via generale che:
1. lo svolgimento di certe attività-funzioni può agevolare il rischio di un accordo
corruttivo per conseguire vantaggi illeciti;
2. Il contemporaneo svolgimento di alcune attività, inquina l’azione imparziale
dell’Azienda, costituendo un humus favorevole ad illeciti scambi di favore;
3. in caso di condanna penale, anche se non definitiva, la pericolosità del soggetto
consiglia in via precauzionale di evitare l’affidamento di incarichi dirigenziali che
comportano responsabilità su aree a rischio di corruzione.
In particolare, il citato Decreto fa riferimento a due diverse situazioni:
- incarichi a soggetti provenienti da Enti di diritto privato regolati o finanziati
da P.A.;
- incarichi a soggetti che sono stati componenti di organi di indirizzo politico.
La normativa inoltre, prevede prescrizioni specifiche per gli Enti e le Aziende del Servizio
Sanitario Nazionale sia in materia di incompatibilità che di inconferibilità. Con la delibera
CIVIT n. 58/2013 (oggi A.N.A.C.) “Parere sull’interpretazione e sull’applicazione della
D.lgs. n. 39/2013 nel settore sanitario”, è stato chiarito che le norme si applicano a tutti i
Direttori di Distretto, i Direttori di Dipartimento e di Presidio Ospedaliero, ai Direttori di
U.O. ove vengano ravvisati da parte del Responsabile della Prevenzione della
Corruzione, elementi di affinità con le UU.OO. sopra richiamate.
Va rilevato che il D.L. n. 69/2013 (c.d. decreto del fare), come integrato in sede di
conversione dalla legge di conversione n. 98/2013, all’articolo 29 ter, ha introdotto uno
specifico regime transitorio, stabilendo che in sede di prima applicazione delle
disposizioni in tema di incompatibilità (previsti negli artt. 9 - 14 del decreto n. 39 in
esame), gli incarichi conferiti e i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del
D.lgs. 39/2013 in conformità alla normativa vigente prima della stessa data, non hanno
effetto come causa di incompatibilità fino alla scadenza già stabilita per i medesimo
incarichi e contratti.
All’uopo già le preesistenti Aziende hanno provveduto a richiedere a ciascun dirigente
autodichiarazione relativa all’assenza di cause di inconferibilità e incompatibilità. Detto
incombente, secondo il dettato normativo, dovrà essere ripetuto ogni anno e, al
momento del conferimento dell’incarico. L’Ufficio Personale avrà il compito di raccogliere
le autocertificazioni relative alle dichiarazioni di incompatibilità e inconferibilità. Sempre
l’Ufficio Personale e i Referenti Funzionali di Ambito Territoriale, si coordineranno e
segnaleranno al Responsabile per la prevenzione della Corruzione l’esistenza o
l’insorgere delle situazioni di inconferibilità o incompatibilità di cui al decreto in parola.
32
Il Responsabile della prevenzione della corruzione, contesta all’interessato l’esistenza o
l’insorgere delle situazioni di inconferibilità o incompatibilità di cui al decreto in parola,
nonché, i casi di possibile violazione delle disposizioni in parola all’Autorità Nazionale
anticorruzione, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché alla Corte
dei conti per l’accertamento di eventuali responsabilità amministrative (art. 15 commi 1 e
2 D.lgs. n. 39/2013).
DEFINIZIONE DI MODALITÀ PER VERIFICARE IL RISPETTO DEL DIVIETO DI
SVOLGERE ATTIVITÀ INCOMPATIBILI A SEGUITO DELLA CESSAZIONE DEL
RAPPORTO (PAR. 3.1.9 P.N.A.; PAR. B.10 ALLEGATO 1; TAVOLA 10)
La l. n. 190 ha introdotto un nuovo comma nell’ambito dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del
2001 volto a contenere il rischio di situazioni di corruzione connesse all’impiego del
dipendente successivo alla cessazione del rapporto di lavoro. Il rischio valutato dalla
norma è che durante il periodo di servizio il dipendente possa artatamente precostituirsi
delle situazioni lavorative vantaggiose e così sfruttare a proprio fine la sua posizione e il
suo potere all’interno dell’amministrazione per ottenere un lavoro per lui attraente presso
l’impresa o il soggetto privato con cui entra in contatto. La norma prevede quindi una
limitazione della libertà negoziale del dipendente per un determinato periodo successivo
alla cessazione del rapporto per eliminare la “convenienza” di accordi fraudolenti.
La disposizione stabilisce che “I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno
esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del
rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati
destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.
I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente
comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di
contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di
restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.” L’ambito
della norma è riferito a quei dipendenti che nel corso degli ultimi tre anni di servizio
hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’amministrazione con
riferimento allo svolgimento di attività presso i soggetti privati che sono stati destinatari di
provvedimenti, contratti o accordi.
I “dipendenti” interessati sono coloro che per il ruolo e la posizione ricoperti
nell’amministrazione hanno avuto il potere di incidere in maniera determinante sulla
decisione oggetto dell’atto e, quindi, coloro che hanno esercitato la potestà o il potere
negoziale con riguardo allo specifico procedimento o procedura (dirigenti, funzionari
titolari di funzioni dirigenziali, responsabile del procedimento nel caso previsto dall’art.
125, commi 8 e 11, del d.lgs. n. 163 del 2006). I predetti soggetti nel triennio successivo
alla cessazione del rapporto con l’amministrazione, qualunque sia la causa di cessazione
(e quindi anche in caso di collocamento in quiescenza per raggiungimento dei requisiti di
accesso alla pensione), non possono avere alcun rapporto di lavoro autonomo o
subordinato con i soggetti privati che sono stati destinatari di provvedimenti, contratti o
accordi.
La norma prevede delle sanzioni per il caso di violazione del divieto, che consistono in
sanzioni sull’atto e sanzioni sui soggetti:
33
- sanzioni sull’atto: i contratti di lavoro conclusi e gli incarichi conferiti in violazione del
divieto sono nulli;
- sanzioni sui soggetti: i soggetti privati che hanno concluso contratti o conferito incarichi
in violazione del divieto non possono contrattare con la pubblica amministrazione di
provenienza dell’ex dipendente per i successivi tre anni ed hanno l’obbligo di restituire
eventuali compensi eventualmente percepiti ed accertati in esecuzione dell’affidamento
illegittimo; pertanto, la sanzione opera come requisito soggettivo legale per la
partecipazione a procedure di affidamento con la conseguente illegittimità
dell’affidamento stesso per il caso di violazione.
ELABORAZIONE DI DIRETTIVE PER EFFETTUARE CONTROLLI SU PRECEDENTI
PENALI AI FINI DELL’ATTRIBUZIONE DEGLI INCARICHI E DELL’ASSEGNAZIONE
AD UFFICI (PAR. 3.1.10 P.N.A.; B.11 ALLEGATO 1; TAVOLA 11)
Con la nuova normativa sono state introdotte anche delle misure di prevenzione di
carattere soggettivo, con le quali la tutela è anticipata al momento di individuazione degli
organi che sono deputati a prendere decisioni e ad esercitare il potere nelle
amministrazioni.
Tra queste, il nuovo art. 35 bis, inserito nell’ambito del d.lgs. n. 165 del 2001, pone delle
condizioni ostative per la partecipazione a commissioni di concorso o di gara e per lo
svolgimento di funzioni direttive in riferimento agli uffici considerati a più elevato rischio di
corruzione. La norma in particolare prevede:
“1. Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i
reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale:
a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l'accesso
o la selezione a pubblici impieghi;
b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla
gestione delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla
concessione o all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o
attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;
c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento
di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi,
sussidi, ausili finanziari, nonché per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque
genere. 2. La disposizione prevista al comma 1 integra le leggi e regolamenti che
disciplinano la formazione di commissioni e la nomina dei relativi segretari.”.
Questa disciplina si applica alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del
d.lgs. n. 165 del 2001. Inoltre, il d.lgs. n. 39 del 2013 ha previsto un’apposita disciplina
riferita alle inconferibilità di incarichi dirigenziali e assimilati (art. 3). Tale disciplina ha
come destinatari le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165
del 2001, gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico.
Gli atti ed i contratti posti in essere in violazione delle limitazioni sono nulli ai sensi
dell’art. 17 del d.lgs. n. 39 del 2013. A carico dei componenti di organi che abbiano
conferito incarichi dichiarati nulli sono applicate le specifiche sanzioni previste dall’art. 18.
Si segnalano all’attenzione i seguenti aspetti rilevanti:
34




in generale, la preclusione opera in presenza di una sentenza, ivi compresi i casi
di patteggiamento, per i delitti contro la pubblica amministrazione anche se la
decisione non è ancora irrevocabile ossia non è ancora passata in giudicato
(quindi anche in caso di condanna da parte del Tribunale);
la specifica preclusione di cui alla lett. b) del citato art. 35 bis riguarda sia
l’attribuzione di incarico o l’esercizio delle funzioni dirigenziali sia lo svolgimento di
funzioni direttive; pertanto, l’ambito soggettivo della norma riguarda i dirigenti, i
funzionari ed i collaboratori (questi ultimi nel caso in cui svolgano funzioni
dirigenziali nei piccoli comuni o siano titolari di posizioni organizzative);
in base a quanto previsto dal comma 2 del suddetto articolo, la disposizione
riguarda i requisiti per la formazione di commissioni e la nomina dei segretari e
pertanto la sua violazione si traduce nell’illegittimità del provvedimento conclusivo
del procedimento;
la situazione impeditiva viene meno ove venga pronunciata per il medesimo reato
una sentenza di assoluzione anche non definitiva.
Se la situazione di inconferibilità si appalesa nel corso del rapporto, il responsabile
della prevenzione deve effettuare la contestazione nei confronti dell’interessato e lo
stesso deve essere rimosso dall’incarico o assegnato ad altro ufficio.
ADOZIONE DI MISURE PER LA TUTELA DEL WHISTLEBLOWER (PAR. 3.1.11
P.N.A.; B.12 ALLEGATO 1; TAVOLA 12)
I Dirigenti responsabili dovranno comunicare ogni violazione segnalata, al fine di
predisporre tempestivamente i procedimenti previsti dalla Legge; a tal proposito, il
dipendente che segnala un illecito di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto
di lavoro viene tutelato in base all’art. 1 comma 51 della Legge n. 190/2012. In
particolare, l’art. 1, comma 51, della legge ha introdotto un nuovo articolo nell’ambito del
D.lgs. n. 165 del 2001, l’art. 54 bis, rubricato “Tutela del dipendente pubblico che segnala
illeciti”, il c.d. whistleblower, introduce una misura di tutela già in uso presso altri
ordinamenti, finalizzata a consentire l’emersione di fattispecie di illecito, secondo cui il
dipendente che riferisce al proprio superiore gerarchico condotte che presume illecite di
cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere
sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta,
avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente
alla denuncia.
In particolare, per misure discriminatorie si intende le azioni disciplinari ingiustificate, le
molestie sul luogo di lavoro ed ogni altra forma di ritorsione che determini condizioni di
lavoro intollerabili; la norma riguarda le segnalazioni effettuate all'Autorità giudiziaria, alla
Corte dei conti o al proprio superiore gerarchico.
Pertanto, il dipendente che ritiene di aver subito una discriminazione per il fatto di aver
effettuato una segnalazione di illecito:
 deve dare notizia circostanziata dell’avvenuta discriminazione al
responsabile della prevenzione; il responsabile valuta la sussistenza degli
elementi per effettuare la segnalazione di quanto accaduto:
35
a) al dirigente sovraordinato del dipendente che ha operato la discriminazione: il dirigente
valuta tempestivamente l’opportunità/necessità di adottare atti o provvedimenti per
ripristinare la situazione e/o per rimediare agli effetti negativi della discriminazione in via
amministrativa e la sussistenza degli estremi per avviare il procedimento disciplinare nei
confronti del dipendente che ha operato la discriminazione;
b) all’U.P.D.: l’U.P.D., per i procedimenti di propria competenza, valuta la sussistenza
degli estremi per avviare il procedimento disciplinare nei confronti del dipendente che ha
operato la discriminazione;
c) all’Ufficio del contenzioso dell’amministrazione: l’Ufficio del contenzioso valuta la
sussistenza degli estremi per esercitare in giudizio l’azione di risarcimento per lesione
dell’immagine della pubblica amministrazione;
d) all’Ispettorato della funzione pubblica: l’Ispettorato della funzione pubblica valuta la
necessità di avviare un’ispezione al fine di acquisire ulteriori elementi per le successive
determinazioni;
 può dare notizia dell’avvenuta discriminazione all’organizzazione sindacale
alla quale aderisce o ad una delle organizzazioni sindacali rappresentative
nel comparto presenti nell’amministrazione; l’organizzazione sindacale deve
riferire della situazione di discriminazione all’Ispettorato della funzione
pubblica se la segnalazione non è stata effettuata dal responsabile della
prevenzione;
 può dare notizia dell’avvenuta discriminazione al Comitato Unico di
Garanzia, d’ora in poi C.U.G.; il presidente del C.U.G. deve riferire della
situazione di discriminazione all’Ispettorato della funzione pubblica se la
segnalazione non è stata effettuata dal responsabile della prevenzione;
 può agire in giudizio nei confronti del dipendente che ha operato la
discriminazione e dell’amministrazione per ottenere:
a) un provvedimento giudiziale d’urgenza finalizzato alla cessazione della misura
discriminatoria e/o al ripristino immediato della situazione precedente;
b) l’annullamento davanti al T.A.R. dell’eventuale provvedimento amministrativo
illegittimo e/o, se del caso, la sua disapplicazione da parte del Tribunale del lavoro e la
condanna nel merito per le controversie in cui è parte il personale c.d. contrattualizzato;
c) il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale conseguente alla
discriminazione.
In sede di procedimento disciplinare a carico dell'eventuale responsabile del fatto illecito,
l’identità del segnalante non potrà essere rivelata, senza il suo consenso, a condizione
che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e
ulteriori rispetto alla segnalazione; qualora, invece, la contestazione sia fondata, in tutto o
in parte, sulla segnalazione, l’identità del segnalante potrà essere rivelata ove la sua
conoscenza sia indispensabile per la difesa dell’incolpato.
PREDISPOSIZIONE DI PROTOCOLLI DI LEGALITÀ PER GLI AFFIDAMENTI (PAR.
3.1.13 P.N.A.; B.14 ALLEGATO 1; TAVOLA 14)
I patti d’integrità ed i protocolli di legalità rappresentano un sistema di condizioni la cui
accettazione viene configurata dalla stazione appaltante come presupposto necessario e
condizionante la partecipazione dei concorrenti ad una gara di appalto.
36
Il patto di integrità è un documento che la stazione appaltante richiede ai partecipanti alle
gare e permette un controllo reciproco e sanzioni per il caso in cui qualcuno dei
partecipanti cerchi di eluderlo. Si tratta quindi di un complesso di regole di
comportamento finalizzate alla prevenzione del fenomeno corruttivo e volte a valorizzare
comportamenti eticamente adeguati per tutti i concorrenti.
L’A.V.C.P. con determinazione n. 4 del 2012 si è pronunciata circa la legittimità di
prescrivere l’inserimento di clausole contrattuali che impongono obblighi in materia di
contrasto delle infiltrazioni criminali negli appalti nell’ambito di protocolli di legalità/patti di
integrità. Nella determinazione si precisa che “mediante l’accettazione delle clausole
sancite nei protocolli di legalità al momento della presentazione della domanda di
partecipazione e/o dell’offerta, infatti, l’impresa concorrente accetta, in realtà, regole che
rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla
gara e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, sanzioni di carattere
patrimoniale, oltre alla conseguenza, comune a tutte le procedure concorsuali, della
estromissione dalla gara (cfr. Cons. St., sez. VI, 8 maggio 2012, n. 2657; Cons. St., 9
settembre 2011, n. 5066).”
Dunque, l’Azienda dovrà provvedere ad inserire negli avvisi, nei bandi di gara e nelle
lettere di invito la clausola di salvaguardia che il mancato rispetto del protocollo di legalità
o del patto di integrità dà luogo all’esclusione dalla gara e alla risoluzione del contratto.
REALIZZAZIONE DEL SISTEMA DI MONITORAGGIO DEL RISPETTO DEI TERMINI,
PREVISTI DALLA LEGGE O DAL REGOLAMENTO, PER LA CONCLUSIONE DEI
PROCEDIMENTI (PAR. B.1.1.3 ALLEGATO 1; TAVOLA 16)
Al fine di garantire un maggior livello di controllo aziendale sui processi corruttivi, occorre
procedere al monitoraggio sul rispetto dei termini procedimentali: attraverso il
monitoraggio emergono eventuali omissioni o ritardi che possono essere sintomo di
fenomeni corruttivi.
I Responsabili delle singole strutture aziendali fissano, sulla base della normativa vigente
e sulla base dei regolamenti aziendali, i termini per la conclusione dei procedimenti;
provvedono, quindi, a darne comunicazione tempestiva al Responsabile della
prevenzione della corruzione attraverso le griglie relative alla tipologia dei procedimenti
amministrativi e al monitoraggio dei tempi procedimentali, allegate al presente Piano. Si
precisa che, in seguito alla costituzione dell’Azienda unica, sarà attuata una
riorganizzazione degli uffici e pertanto sarà necessario procedere ad una ricognizione di
tutti i procedimenti amministrativi e ad monitoraggio dei relativi tempi procedimentali.
Periodicamente i suddetti responsabili verificano il rispetto dei termini di conclusione dei
procedimenti e relazionano al Responsabile del Piano su:
• dati relativi al numero dei procedimenti adottati;
• il numero dei procedimenti conclusi;
• numero dei procedimenti per i quali si registra un ritardo ed i motivi dello stesso;
• esiti dei procedimenti conclusi.
Il Responsabile del Piano è tenuto ad accertarsi della corretto svolgimento del
monitoraggio e del rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti.
37
REALIZZAZIONE DI UN SISTEMA DI MONITORAGGIO DEI RAPPORTI TRA
L’AMMINISTRAZIONE E I SOGGETTI CHE CON ESSA STIPULANO CONTRATTI
(PAR. B.1.1.3 ALLEGATO 1; TAVOLA 17) E INDICAZIONE DELLE ULTERIORI
INIZIATIVE NELL’AMBITO DEI CONTRATTI PUBBLICI
Allo scopo di facilitare il controllo dei procedimenti aziendali e della relativa
documentazione nei settori considerati a più elevato rischio corruttivo, come l’ambito dei
contratti pubblici, potrebbe essere utile procede al potenziamento dei processi informatici,
i quali garantirebbero una maggiore rapidità, facilità e precisione nella verifica di dati ed
elementi qualora viaggiassero esclusivamente tramite supporto informatico.
A tal fine, le preesistenti Aziende si sono già dotate di strumenti idonei a prevenire il
rischio corruttivo quali il sistema di decertificazione e telematizzazione nei rapporti tra
Pubbliche Amministrazioni e privati, dando così attuazione alla Legge n. 183/2011 (legge
di stabilità) e alla Direttiva n. 14/2011 della Presidenza del Consiglio dei Ministri e delle
successive circolari ministeriali.
Sono state emanate delle Linee Guida comuni dalle preesistenti Aziende in materia di
decertificazione (adottate dall’Azienda Ausl di Rimini con delibera 223 del 11.4.2013;
dall’Asul di Cesena con delibera n. 62 del 05.04.13 dall’Azienda USL di Forlì con delibera
n. 145 del 10.06.2013, dall’Azienda USL di Ravenna con delibera n. 101 del 27.03.2013),
con le quali si disciplinano le modalità e i criteri per l’effettuazione dei controlli, anche a
campione, sulle veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui al D.P.R. n. 445/2000: tali
controlli, che permangono in capo ad ogni UU.OO., sono finalizzati a consentire e
garantire la massima efficacia dell’azione amministrativa e la repressione di eventuali
abusi in relazione all’ottenimento di provvedimenti o benefici.
Per quanto attiene all’ambito dei contratti pubblici, invece, ciascuna delle preesistenti
Aziende si è dotata di un sistema informativo di gestione dei dati, in grado di raccogliere
e catalogare le informazioni necessarie anche per consentire le comunicazioni previste
nei confronti dell’AVCP.
Tale sistema gestionale rappresenta uno strumento ottimale per la consultazione facile,
veloce e veritiera dei dati afferenti ai contratti, garantendo, così, un controllo utile anche
alla prevenzione dell’eventuale rischio corruttivo che, in un settore altamente esposto,
potrebbe verificarsi.
INDICAZIONE DELLE INIZIATIVE PREVISTE NELL’AMBITO DELL’EROGAZIONE DI
SOVVENZIONI,
CONTRIBUTI,
SUSSIDI,
AUSILI
FINANZIARI
NONCHÉ
ATTRIBUZIONE DI VANTAGGI ECONOMICI DI QUALUNQUE GENERE
Nei settori particolarmente esposti al rischio corruttivo, quali le Unità Operative che si
occupano, tra l’altro, di erogare sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e/o
vantaggi economici, gli uffici deputati alla selezione del personale e alla predisposizione
dei bandi di concorso, nonché alle attività ispettive, l’Azienda adotterà le prescrizioni
previste dal comma 46, art. 1, Legge n. 190/2012, nei confronti di soggetti che siano stati
condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I,
titolo II, libro secondo del codice penale.
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In particolare, la normativa prevede che tali soggetti “non possono fare parte, anche con
compiti di segreteria, di commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi; non
possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione
delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla
concessione o all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o
attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati; non possono fare parte
delle commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e
servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili
finanziari, nonché per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere”.
Verrà verificato se siano presenti o meno regolamenti interni afferenti alle Unità Operative
maggiormente a rischio, adoperandosi, qualora ne siano sprovviste, per redigere manuali
specifici al fine di indirizzare gli operatori ai comportamenti e alle strategie da adottare
per prevenire i fenomeni corruttivi.
INDICAZIONE DELLE INIZIATIVE PREVISTE NELL’AMBITO DI CONCORSI E
SELEZIONE DEL PERSONALE
Nei settori particolarmente esposti al rischio corruttivo, quali gli uffici deputati alla
selezione del personale e alla predisposizione dei bandi di concorso, nonché alle attività
ispettive, l’Azienda adotterà le prescrizioni previste dal comma 46, art. 1, Legge n.
190/2012, nei confronti di soggetti che siano stati condannati, anche con sentenza non
passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I, titolo II, libro secondo del codice
penale.
In particolare, la normativa prevede che tali soggetti “non possono fare parte, anche con
compiti di segreteria, di commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi; non
possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione
delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla
concessione o all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o
attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati; non possono fare parte
delle commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e
servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili
finanziari, nonché per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere”.
Verrà verificato se siano presenti o meno regolamenti interni afferenti alle Unità Operative
maggiormente a rischio, adoperandosi, qualora ne siano sprovviste, per redigere manuali
specifici al fine di indirizzare gli operatori ai comportamenti e alle strategie da adottare
per prevenire i fenomeni corruttivi.
INDICAZIONE DELLE INIZIATIVE PREVISTE NELL’AMBITO DELLE ATTIVITÀ
ISPETTIVE
E
ORGANIZZAZIONE
DEL
SISTEMA
DI
MONITORAGGIO
SULL’ATTUAZIONE DEL P.T.P.C., CON INDIVIDUAZIONE DEI REFERENTI, DEI
TEMPI E DELLE MODALITÀ DI INFORMATIVA (B.1.1.9 ALLEGATO 1)
Il P.T.P.C. individua il sistema di monitoraggio sull’implementazione delle misure. Deve
essere definito un sistema di reportistica che consenta al responsabile della prevenzione
di monitorare costantemente “l’andamento dei lavori” e di intraprendere le iniziative più
adeguate nel caso di scostamenti.
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Nell’ambito delle risorse a disposizione dell’amministrazione, il monitoraggio deve essere
attuato mediante sistemi informatici; questi infatti consentono la tracciabilità del processo
e la verifica immediata dello stato di avanzamento.
Inoltre, secondo la legge (art. 1, comma 8, l. n. 190) il P.T.P.C. deve essere adottato
entro il 31 gennaio di ciascun anno e va comunicato al Dipartimento della Funzione
Pubblica.
L’aggiornamento annuale del Piano tiene conto dei seguenti fattori:
- normative sopravvenute che impongono ulteriori adempimenti;
- normative sopravvenute che modificano le finalità istituzionali dell’amministrazione (es.:
acquisizione di nuove competenze);
- emersione di rischi non considerati in fase di predisposizione del P.T.P.C.;
- nuovi indirizzi o direttive contenuti nel P.N.A..
L’aggiornamento segue la stessa procedura seguita per la prima adozione del P.T.P.C..
Di seguito si individua una tabella contente il crono programma delle competenze e dei
relativi adempimenti al fine di facilitare il monitoraggio degli stessi.
SOGGETTI
COMPETENZE/ADEMPIMENTI
TERMINI
NORMATIVI
Organo di indirizzo politico Direttore Generale
Organo di indirizzo politico Direttore Generale
Individua Responsabile prevenzione
corruzione
Adotta
Piano
triennale
della
prevenzione della corruzione
Responsabile della
prevenzione
della corruzione
Propone il Piano triennale
Responsabile della
prevenzione della corruzione
Relazione annuale di attuazione del
Piano e trasmissione al Direttore
Generale e contestuale pubblicazione
sul sito web aziendale
Pubblicazione del Piano sul sito web
aziendale e trasmissione del Piano al
Dipartimento funzione pubblica e alla
Regione
Definisce procedure appropriate per
selezionare e formare i dipendenti
In prima attuazione entro
31/01/2014 – art. 1 comma 7
In prima attuazione entro
31/01/2014 poi entro il 31
gennaio di ogni anno – art. 1
comma 8
In prima attuazione entro
31/01/2014 poi entro il 31
gennaio di ogni anno - art. 1
comma 8
Entro il 15 dicembre di ogni
anno
Responsabile della
prevenzione della corruzione
Responsabile della
prevenzione
della corruzione in
collaborazione con i Referenti
funzionali di ambito territoriale
ed i Direttori di Dipartimento ed
i Dirigenti
Responsabile della
prevenzione
della corruzione in
collaborazione con i Referenti
funzionali di ambito territoriale
ed i Direttori di Dipartimento ed
i Dirigenti
Attuazione
del
programma
di
formazione rivolto ai dipendenti
operanti nei settori esposti alla
corruzione
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E
RIF.
Entro il 31 gennaio di ogni anno
In prima attuazione entro
31/01/2014 poi entro il 31
gennaio di ogni anno - art. 1
comma 8
Entro il 31 dicembre di ogni
anno
Direttori Dipartimentali e
Referenti funzionali di ambito
territoriale
Tutti i dirigenti, per l’area di
rispettiva competenza
Direttori
Dipartimentali
e
Referenti funzionali di ambito
territoriale
Tutti i dirigenti, per l’area di
rispettiva competenza
Direttori
Dipartimentali
e
Referenti funzionali di ambito
territoriale
Direttori
Dipartimentali
e
Referenti funzionali di ambito
territoriale
Responsabile
della
prevenzione della corruzione
d’intesa
con
i
Referenti
funzionali di ambito territoriale
d’intesa
con
i
dirigenti
competenti
Amministrazione
Trasmissione al Responsabile della
prevenzione della corruzione della
relazione sulle procedure utilizzate e i
controlli di regolarità e legittimità
attivati, e sulle proposte di eventuali
nuovi interventi organizzativi per
migliorare le prassi ai fini della
prevenzione delle pratiche corruttive
Monitoraggio del rispetto dei termini
previsti dalla legge per
la conclusione dei procedimenti e
trasmissione al Responsabile della
Corruzione
Monitoraggio
dei
rapporti
Amministrazione/soggetti con i quali
sono stai stipulati contratti, interessati
a procedimenti di autorizzazione,
concessione o erogazione di vantaggi
economici, ai fini della verifica di
eventuali relazioni di parentela o
affinità con i dipendenti e trasmissione
al Responsabile della Corruzione
Trasmissione al Responsabile della
prevenzione della corruzione dei
rendiconti sulle misure poste in essere
e sui risultati conseguiti in esecuzione
del Piano
Rotazione dei dipendenti che curano i
procedimenti nei settori esposti alla
corruzione, previa definizione delle
procedure di rotazione
Entro il 30 ottobre di ogni anno
Comunica al D.F.P. (tramite gli
OIV/Nucleo interno) tutti i dati utili
(titoli e curricula) dei dirigenti anche
esterni alla P.A. individuati dalla
direzione
senza
procedura
di
selezione
In occasione del monitoraggio
ex art. 36 comma 3 D.lgs.
165/2001 – art. 1, comma 39 e
40, legge 190/2012
Periodicamente - art. 1, comma
9, lett. d) – comma 28
Periodicamente - art. 1, comma
9, lett. e)
Entro il 30 novembre di ogni
anno
Con decorrenza dal 1 gennaio
2014 ove ricorrano le condizioni
per tale rotazione
Si provvederà ad allegare:
- Prospetti tabellari sul monitoraggio delle aree e processi soggetti a rischio delle
preesistenti Aziende di Rimini, Forlì, Ravenna e Cesena;
- Griglie procedimenti amministrativi: tipologie procedimenti amministrativi –
monitoraggio tempi procedimentali – monitoraggio procedimenti amministrativi
conclusi con ritardo.
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