INTERPRETARE E VIVERE OGGI LA BIBBIA (Rinado Fabbris) PREMESSA Recentemente due documenti sul modo di leggere e interpretare la Bibbia sono stati mes si a disposizione dei cristiani e di quanti hanno a cuore la giustizia e la pace come bene comu ne di tutti gli esseri umani. Il primo è stato preparato dalla Pontificia Commissione Biblica (PCB), che dal 197] opera in stretta collaborazione con la sacra Congregazione per Dottrina della fede. Con il titolo L'interpretazione della Bibbia nella chiesa è stato pubblicato il 15 aprile 1993. Il secondo è la lettera pastorale del card. Michel Sabbah, patriarca latino di Gerusalemme, apparsa il 1° novembre 1993 sul tema: Leggere e vivere la Bibbia oggi nel paese della Bibbia. I due documenti, pur diversi per livello e spessore, affrontano una questione di viva at tualità per i cristiani e le chiese: come riuscire a cogliere la parola di Dio nei testi della Bib bia? Come coniugare insieme le diverse e spesso contraddittorie esigenze attuali e la fedeltà all'unica ed eterna parola di Dio? Di ciascuno dei due documenti viene ricostruito il percorso, mettendone in risalto i punti salienti. I problemi affrontati e le soluzioni proposte sotto il profilo teorico e pratico rap presentano un prontuario per chi vuole essere informato sul dibattito attuale circa la lettura e l'interpretazione della Bibbia nella chiesa. L'obiettivo comune dei due documenti, come di ogni di scorso di introduzione alla Bibbia, è quello di stimolarne la lettura personale o co munitaria per avere un incontro vitale e fecondo con la parola di Dio. I L'INTERPRETAZIONE DELLA BIBBIA NELLA CHIESA La presentazione più autorevole del documento preparato dalla Pontificia Commissione Biblica è il discorso pronunciato da Giovanni Paolo Il il 23 aprile 1993, durante l'udienza commemorativa degli anniversari di due encicliche bibliche: il centenario dell'enciclica di Leone XIII, Providentissimus Deus (18 novembre 1893), e il cinquantenario dell'enciclica di Pio XII Divino affiante Spiritu (30 settembre 1943). Il papa mette in risalto il diverso ruolo che hanno avuto i due documenti del magistero biblico nel loro contesto storico e culturale. 1. il discorso di presentazione del Papa L'enciclica di Leone XIII si preoccupa so prattutto di “ proteggere 1 'interpretazione cattolica della Bibbia dagli attacchi della scienza razionalista”. Essa infatti fu pubblicata in un'epoca in cui la cosiddetta “esegesi liberale”, a sostegno della polemica contro la chiesa, uti lizzava “ tutte le risorse delle scienze, dalla critica testuale, alla geologia, passando per la filologia, la critica letteraria, la storia delle religioni, l'archeologia e le altre discipline”. Il documento di Pio XII si pone apparentemente sul versante opposto, “ si preoccupa piuttosto di difendere l'interpretazione cattolica dagli attacchi che si oppongono all'utilizzazione della scienza da parte degli. esegeti e che vogliono imporre un'interpretazione non scientifica, cosiddetta "spirituale", delle sacre Scritture”. Giovanni Paolo il nel suo discorso accenna a un episodio particolare rivelatore di questo clima polemico nel contesto italiano. Ai vesco vi italiani e ai superiori maggiori nel 1941 viene inviato un opuscolo (48 pagine) anonimo, con un titolo che è rivelatore del suo intento: Un gravissimo errore per la chiesa e per le anime. Il sistema critico-scientifico nello studio e nell'interpretazione della sacra Scrittura, le sue deviazioni funeste e le sue aberrazioni. La Pontificia Commissione Biblica, con una lettera del 20 agosto dello stesso anno agli arcive scovi e vescovi d'Italia, prende posizione in modo deciso contro questo opuscolo denigratorio degli studi biblici. L'enciclica di Pio XII, pubblicata nel 1943, conferma questo orienta mento del magistero a sostegno del metodo storico-critico applicato nella lettura della Bibbia. Il papa Giovanni Paolo Il afferma che le suddette due encicliche hanno assunto una linea non solo difensiva, ma anche propositiva di un metodo di lettura della Bibbia, in cui si riflette “la fede della chiesa nel mistero dell'Incarnazione”. Egli richiama il parallelismo tra Incar nazione della parola e Scrittura, citando una frase dell'enciclica Divino affiante Spiritu, riportato anche nel documento conciliare sulla divina rivelazione Dei Verbum (n. 13). La Bibbia come Scrittura ispirata da Dio rappresenta “un primo passo verso l'Incarnazione del Verbo di Dio”. E dopo la morte e risurrezione di Gesù la sua presenza si prolunga nella vita della chiesa e nella storia dell'umanità per mezzo della sacra Scrittura. Perciò, conclude il papa, la lettura della Bibbia “ deve restare in piena ar monia con il mistero dell'Incarnazione, mistero di union e del divino e dell'umano in una esistenza storica assolutamente determinata”. Il realismo dell'Incarnazione richiede che si dia grande importanza al metodo storico-critico per cogliere il senso dei testi nella loro concretezza storica e culturale. D'altr a parte l'esegesi non si ferma alla sola dimensione storica e umana del la Bibbia. Un'interpretazione cristiana ed ecclesiale, fedele allo Spirito santo che l'ha ispi rata, ne coglie il senso profondo teologico e spirituale. Giovanni Paolo Il conclude il suo discorso indicando le due qualità che contraddistinguo no il documento della Commissione Biblica: la sua apertura di spirito e il suo equilibrio o mo derazione. Esso infatti, dice il papa, mette in risalto gli aspetti validi presenti nei diversi meto di utilizzati dagli studiosi per un'interpretazione del testo biblico. Così evita i due scogli che minacciano una corretta lettura della Bibbia: il razionalismo e il fondamentalismo. Una sana esegesi tiene conto degli aspetti umani e divini della rivelazione biblica, che corrispondono allo stile della “ condiscendenza ” divina. Un'ultima e preziosa osservazione riguarda la destinazione universale della Bibbia come parola di Dio rivolta nel tempo e nello spazio a tutta l'umanità. Da qui deriva il compito necessario e urgente di una costante attualizzazione, che adatti l'interpretazione del testo biblico alla mentalità e al linguaggio contemporanei. Questo processo di attualizzazione biblica si sposa con la sua inculturazione, di modo che la parola di Dio penetri e si impasti in maniera feconda con il genio specifico di ogni popolo. Al discorso di presentazione fatto dal papa corrisponde la breve “ prefazione ” del card. Jo seph Ratzinger che, come prefetto della Congregazione per la fede cattolica, è il presidente della Pontificia Commissione Biblica. Il documento, dice il card. Ratzinger, “presenta una vi sione d'insieme, ben fondata, del panorama dei metodi attuali ” e “ un orientamento circa le possibilità e i limiti” delle varie metodologie interpretative del testo biblico. Egli richiama l'attenzione su due punti fondamentali del documento: la legittimità e vali dità del metodo storico-critico nella lettura della Bibbia è la sfida rappresentata dalla questione del senso della Scrittura o dal problema ermeneutico. 2.11 dibattito attuale Il documento della PCB nell'introduzione af ferma che l'accoglienza nell'esegesi cattolica del metodo storico-critico è il punto di arrivo di un secolo di controversie e dibattiti. La reticen za nell'accoglierlo è in parte dovuta al fatto che spesso vi erano mescolate opinioni o concezio ni contrarie alla fede cristiana. Una volta depurato di queste incrostazioni ideologiche, il me todo storico-critico ha dato i suoi frutti: incremento degli studi biblici, dialogo ecumenico, rinnovamento della teologia, interesse diffuso per la Bibbia fra i cattolici. Perciò si ritiene im possibile un ritorno a uno stadio di interpretazione precritica “per quelli che hanno acquisito una seria formazione in questo campo”. Ma nello stesso tempo si prende atto di una nuova situazione: “Nel momento stesso in cui il metodo scientifico più diffuso - il metodo "storico-critico" - viene applicato in modo corrente in esegesi, ivi compresa l'esegesi cattolica, questo metodo viene rimesso in discussione”. Le ragioni di questa “ critica ” sono molteplici. In primo luogo la diffusione di nuovi me todi concorrenti, soprattutto quelli che si ispirano a una comprensione sincronica (simultanea o contemporanea) del testo biblico. Esso viene interpretato nelle prospettive del tempo presente di ordine filosofico, psicanalitico, sociologico, politico, eccetera. Invece il metodo storico -critico, come indica il suo nome stesso, si interessa all'evoluzione storica dei testi cercando di ricostruirne il contesto originario. Esso quindi privilegia la prospettiva diacronica (attraverso o nel corso del tempo) del testo biblico preso in esame. Da qui il pluralismo dei metodi di lettu ra e di interpretazione della Bibbia. La confusione che ne deriva “offre nuovi argomenti agli avversari dell'esegesi scientifica”. Questo tipo di esegesi, essi dicono, provoca “perplessità e dubbi su innumerevoli punti” e “ spinge alcuni esegeti a prendere posizioni contrarie alla fede della chiesa su questioni di gran de importanza, come la concezione verginale di Gesù e i suoi miracoli, e perfino la sua risurre zione e la sua divinità”. Ma anche senza arrivare a questi esiti negativi, si afferma che l'esege si scientifica non solo è sterile per quanto riguarda il progresso della vita cristiana, ma “ fa della Bibbia un libro chiuso, la cui interpretazione sempre problematica richiede una competenza tecnica che ne fa un campo riservato agli specialisti”. Perciò in alcuni ambienti si dice di lasciar perdere ogni tipo di studio della Bibbia, per affidarsi a una “ lettura cosiddetta "spiritua le"”, cioè guidata unicamente dalle proprie esigenze religiose immediate e spontanee. Il documento si propone quindi di prendere seriamente in considerazione i diversi aspetti della situazione attuale nel campo della interpretazione biblica per offrire i criteri di valutazione sia degli aspetti positivi sia dei limiti presenti nei diversi metodi esegetici e approcci interpretativi e “ indicare le strade da percorrere per arrivare a u na interpretazione della Bibbia il più fedele possibile al suo carattere umano e divino”. Si presenta quindi la struttura del documento, così articolata: 1. Breve descrizione dei diversi metodi e approcci indicandone gli aspetti positivi e i limiti. 2. Esame di alcune questioni di ermeneutica attuale sotto il profilo filosofico e nell'applica zione alla Bibbia. 3. Caratteristiche dell'esegesi cattolica della Bibbia e i suoi rapporti con le altre scienze teo logiche. 4. Il ruolo e il compito dell'interpretazione della Bibbia nella vita della chiesa. 1. Metodo storico-critico e approcci per l'interpretazione biblica In questa prima parte il documento passa in rassegna i diversi metodi elaborati nel corso della storia per la lettura della Bibbia. Si parla al plurale di “ metodi”, ma in realtà il metodo scientifico moderno è uno: è il “metodo storico-critico”. Infatti si dice che questo è il “metodo indispensabile per lo studio scientifico del significato dei testi antichi. Poiché la sacra Scrittura, in quanto "parola di Dio in linguaggio umano", è stata composta da autori umani in tutte le sue parti e in tutte le sue fonti, la sua giusta comprensione non solo ammette come legittima, ma richiede l'utilizzazione di questo metodo”. Gli altri metodi, in quanto procedi menti scientifici per spiegare il testo biblico, sono ulteriori sviluppi e applicazioni del meto do storico-critico. Quelli invece che sono chiamati “ approcci ” sono ricerche o orientamenti particolari nella lettura e interpretazione della Bibbia. a) La formazione del metodo “storico-critico” La definizione dei criteri per la lettura e l'in terpretazione del testo biblico affonda le sue radici nell'antichità. Basti ricordare le opere del grande esegeta alessandrino Origene, i com menti biblici di Agostino, che scrive il primo trattato di “ermeneutica”, e l'opera instancabi le di Girolamo per tradurre i testi originali della Bibbia in latino. Ma il metodo storico -critico moderno inizia con il contributo degli umanisti del Rinascimento allo studio “ critico ” del testo biblico: Lorenzo Valla e Erasmo da Rotterdam. Il “padre della critica moderna” è l'oratoriano francese Richard Simon, che nel XVII secolo, sulla base della critica letteraria del Pentateuco, arriva alla conclusione che esso non può essere opera di un solo autore, Mosè. Lo sviluppo successivo di questa critica letteraria applicata al Pentateuco formula l'ipotesi che alla sua origine vi siano almeno quattro “ fonti ” o “ docu menti”: jahvista (J), elohista (E), deuteronomista (D), sacerdotale (P = dal tedesco Priester). Analogamente per l'origine degli attuali vangeli sinottici si ipotizza il ricorso a “ due fonti”: il vangelo di Marco e una raccolta delle parole di Gesù (Q = dal tedesco Quelle). La seconda fase di questa storia è la definizione dei “ generi letterari ” (Hermann Gunkel). I testi biblici assumono una struttura e una funzione particolare in rapporto al loro ambiente di origine e alle diverse situazioni vitali (vita di corte, ambiente liturgico, ecc.). La ricerca dei “ generi letterari ” applicata ai vangeli sinottici approda allo “studio critico delle forme” (Formgeschichte). “ Questo metodo, dice il documento della PCB, in se stesso, ha avuto il risultato di manifestare più chiaramente che la tradizione neotestamentaria ha avuto la sua ori gine e ha preso la sua forma nella comunità cristiana, o chiesa primitiva, passando dalla predicazione di Gesù stesso alla predicazione che proclama che Gesù è il Cristo”. Questa meto dologia viene integrata con lo studio critico del la redazione” (Redaktionsgeschichte), che “ cerca di mettere in luce il contributo persona le di ogni evangelista (o autore) e gli orientamenti teologici che hanno guidato il loro lavoro di redazione”. b) Principi e tappe del metodo storico-critico Nella sua forma finale e più matura il metodo storico -critico ha acquistato un'importanza di primo piano per una “comprensione più chiara dell'intenzione degli autori e redattori della Bibbia, come pure del messaggio da essi rivolto ai primi destinatari” del testo biblico. Ora si possono indicare i principi o criteri fondamentali di questo metodo. Esso si chiama “storico” per due motivi: primo, “perché si applica ai testi antichi della Bibbia e ne studia la portata storica”; secondo, “perché cerca di chiarire i processi storici di produzione dei testi biblici”. Infatti in un lungo e spesso complicato processo di prod uzione i testi della Bibbia “ si rivolgevano a diverse categorie di ascoltatori o di lettori, che si trovava no in situazioni spazio-temporali differenti”. Questo metodo si chiama “ critico ” perché studia il testo biblico in modo analitico, alla maniera di qualsiasi altro testo dell'antichità. Perciò esso fa ricorso a “criteri scientifici il più possibile obiettivi”, in modo da rendere accessibile al lettore moderno il significato dei testi biblici nel loro contesto storico e culturale. Le diverse tappe percorse nell'analisi e studio dei testi biblici sono le seguenti: - Critica testuale: sulla base della testimonianza dei manoscritti più antichi e migliori (papiri, codici in pergamena, traduzioni antiche e citazioni dei padri) si “ cerca secondo deter minate regole di stabilire il testo biblico che sia il più vicino possibile al testo originale”. - Analisi linguistica: il testo viene studiato nella sua organizzazione elementare sulla base del lessico (filologia e semantica), della grammatica e sintassi (morfologia). - Critica letteraria: si definiscono le unità testuali, grandi e piccole e si verifica la coeren za interna dei testi; “l'esistenza di doppioni, di divergenze inconciliabili e di altri indizi mani festa il carattere composito di certi testi, che vengono allora divisi in piccole unità, di cui si studia la possibile appartenenza a fonti diverse”. La critica letteraria cerca di “ determinare i generi letterari, il loro ambiente di origine, i loro tratti specifici e la loro evoluzione”; “ situa i testi nelle correnti di tradizione, di cui cerca di precisare l'evoluzione nel corso della storia” (critica delle tradizioni); “studia le modifiche subite dai testi prima di essere fissati nel loro stato finale e analizza questo stato finale, sforzandosi di discernere gli orientamenti che gli sono propri ” (critica della redazione). Le fasi precedenti rientrano in quello che si usa chia mare “ studio diacronico” del testo, in quanto esso viene spiegato con la sua genesi e evoluzione attraverso il tempo. Lo stadio finale, in cui “ si spiega il testo in se stesso, grazie alle mutue relazioni dei suoi diversi elementi”, rientra in quella prospettiva che si chiama “ studio sincronico” del testo. Alla fine il testo funziona come strumento di comunicazione di un messaggio da parte dell'autore ai lettori (prag matica del testo). - Critica storica: si cerca di precisare l'attendibilità storica, nel senso moderno del termine, dei testi che per il loro genere letterario sono in rapporto con eventi storici. c) Valutazione del metodo storico-critico Nella lunga storia di questo metodo applicato alla lettura e interpretazione della Bibbia si so no avuti entusiasmi, rifiuti e condanne. L'esege si “ storico-critica, dice il documento, poteva apparire sovversiva e distruttrice, tanto più che alcuni esegeti, sotto l'influenza della storia comparata delle religioni - come era praticata in quel tempo - e partendo da concezioni filosofiche, pronunciavano giudizi negativi nei confronti della Bibbia”. Ma subito precisa che il metodo per sé non è legato a questi presupposti ideologici o opzioni tendenziose. La sua ap plicazione agli studi biblici “ha avuto il risultato di aprire un nuovo accesso alla Bibbia, mostrando come questa è una collezione di scritti, che il più delle volte, soprattutto per l'Antico Testamento, non sono creazione di un unico au tore, ma hanno avuto una preistoria, inestricabilmente legata alla storia di Israele o a quella della chi esa primitiva”. Il metodo storico-critico, liberato dai suoi pregiudizi estrinseci, si è rivelato uno strumen to utile per una comprensione più esatta della verità della sacra Scrittura. Esso infatti consen te di “ determinare il genere letterario di un te-sto” e questo facilita la ricerca “del senso letterale della Scrittura”, che è il compito essenziale dell'esegesi biblica. “In definitiva, conclude il documento della PCB, lo scopo del metodo storico -critico è quello di mettere in luce il senso espresso dagli autori e redattori”. Perciò tale metodo di studio “diacronico rimane indispen sabile per comprendere il dinamismo storico che anima la Scrittura e per manifestare la sua ricca complessità”. Tuttavia evidenzia che l'uso classico del metodo storico-critico rivela dei limiti non solo perché condizionato dai presupposti filosofici, ma anche perché cede alla tendenza a restringere “ la ricerca del senso biblico nelle circostanze storiche della sua produzione”. In tal modo esso “non si interessa alle potenzialità di significato ” del testo biblico che si sono manifestate nel corso della rivelazione biblica e nella storia successiva della chiesa. Perciò la tendenza attuale ad includere nel metodo storico-critico anche l'analisi sincronica del testo è un 'operazione non solo legittima, ma indispensabile nell'ermeneutica biblica perché il testo, proprio nel suo stato finale, è espressione della parola di Dio. 2. Nuovi approcci per l'interpretazione della Bibbia “ Nessun metodo scientifico per lo studio della Bibbia, afferma il documento della PCB, è in grado di far emergere tutta la ricchezza dei testi biblici”. Di qui l'utilità e la necessità di integra re il metodo storico-critico con il ricorso ad altre metodologie di lettura e interpretazione del t esto sacro. Diversi e nuovi approcci per lo studio della Bibbia sono stati elaborati in questi ultimi anni sulla base delle acquisizioni delle “ scienze umane”, dei progressi degli studi lin guistici e letterari e in rapporto ai nuovi contesti culturali e sociali. a) La nuova analisi retorica La “retorica” è un'antica disciplina del parlare e del comunicare. Essa studia l'arte di comporre discorsi persuasivi. Dal momento che “ tutti i testi biblici sono in qualche misura dei testi persuasivi, una certa conoscenza della retorica fa parte del bagaglio normale degli esegeti ”. Nell'attuale orientamento degli studi biblici si presta grande attenzione alla presenza della retorica nella Bibbia. Alcuni si basano sulla retorica classica greco-latina; altri per testi dell'AT prendono in considerazione i procedimenti di composizione propri dei semiti; un terzo indirizzo si ispira alle ricerche moderne della “nuova retorica” e le utilizza in modo si stematico e critico per l'interpretazione della Bibbia. La retorica classica, che fa capo ad Aristotele e Quintiliano, distingue nel discorso, come processo di comunicazione persuasiva, tre fat tori: l'autorità dell'oratore; l'argomentazione del discorso o testo; le reazioni che esso suscita nell'uditorio o destina tari. In base alle varie situazioni e ai diversi destinatari si distinguono nell'eloquenza classica tre generi di discorso: genere giudiziario (accusa e difesa nei processi), deliberativo (nelle assemblee della polis), dimostrativo (nelle celebrazioni). Il ricorso alla retorica classica è utile per analizzare alcuni aspetti degli scritti del NT, che sono stati prodotti nel periodo ellenistico, in cui la retorica aveva un grande influsso. Lo stesso discorso vale per la cosiddetta “retorica semitica”, in cui si presta attenzione ai tratti letterari specifici dei testi biblici dell'AT, inseriti nella cultura semitica. In essa prevale il gusto “per le composizioni simmetriche, grazie alle quali vengono stabiliti dei rapporti tra i di versi elementi del testo”. In questo caso “lo studio delle molteplici forme di parallelismo e di altri procedimenti ” della letteratura semitica, permette di discernere meglio la struttura letteraria dei testi e di comprenderli in modo più preciso. La “ nuova retorica ” prende in considerazione il processo di comunicazione, mettendo a frutto i contributi recenti delle discipline come la linguistica, la semiotica, l'antropologia e la sociologia. “Applicata alla Bibbia, dice il documento della Commissione, la "nuova retorica" cerca di penetrare nel cuore del linguaggio della rivelazione in quanto linguaggio religioso persuasivo e di valutare il suo impatto nel contesto sociale della comunicazione”. Questo nuovo approccio attira l'attenzione sul fatto che la “Bibbia non è semplicemente enunciazione di verità”, ma “è un messaggio dotato di una funzione di comunicazione in un determinato contesto; un messaggio che comporta dunque un dinamismo di argomentazione e una strategia retorica”. Un limite della retorica nell'analisi del test o biblico è legato al rischio di fermarsi all'aspetto formale o stilistico. Inoltre, siccome l'analisi retorica del testo si ispira fondamentalmente al la prospettiva “sincronica” (analisi del testo nella sua forma attuale) corre il rischio di tra scurare i problemi connessi con il processo della sua formazione. Da qui derivano anche alcuni interrogativi: Quale retorica hanno utilizzato gli autori biblici? Fino a che punto vi hanno fat to ricorso? Questi e altri interrogativi non pregiudicano la validità di questo approccio esegetico, ma “ invitano soltanto a farvi ricorso con discernimento”. b) L'analisi narrativa Il racconto e la testimonianza, che sono una modalità di comunicazione fondamentale tra le persone, sono una caratteristica della Bibbia. Infatti l'AT si presenta come racconto efficace della “ storia della salvezza” che sta alla base della professione di fede, della li turgia e della catechesi (Es 12,24-27; Dt 26,5-10). Anche nel NT l'annuncio cristiano assume nei vangeli la forma narrativa della vita, morte e risurrezione di Gesù Cristo. L'esegesi fa ricorso all'analisi narrativa del testo biblico per comprenderne e comunicarne il messaggio. Per una corretta valutazione di questo approccio è opportuno distinguere, dice il documento della PCB, tra “ analisi ” e “ riflessione teologica”. In alcuni modelli di analisi narrativa del testo si introduce la distinzione tra “ a utore reale”, colui che ha composto il racconto, e “autore implicito”, cioè l'immagine di autore che “il testo genera progressivamente nel corso della lettura”, con la sua cultura, temperamento, ten denze, eccetera. Analogamente si distingue tra “ lettore reale ” - chi ha letto o legge effettivamente il testo - e “lettore implicito”, cioè il lettore o destinatario che il testo presuppone e produce, capace di “ entrare nel mondo del racconto e rispondervi nel modo voluto dall'autore reale attraverso l'aut ore implicito”. Dunque si può dire che un testo esercita il suo influsso sui “ lettori reali ” di oggi se essi possono identificarsi con il “ lettore implicito ”inteso dall'autore. “ Uno dei compiti principali dell'esegesi è quello di facilitare questa identificazione”. Con un'immagine visiva si può dire che il testo è considerato dal metodo storico-critico come una “ finestra ” che consente di ve dere cose, eventi e situazioni del passato; per l'analisi retorica esso è anche uno “ specchio”, in cui si rif lette il mondo del racconto, il quale esercita il suo influsso sul modo di vedere e di valutare del lettore. Nella riflessione teologica si rilevano le con seguenze che comporta il carattere narrativo e di testimonianza della sacra Scrittura per la trasmissione della fede e la prassi pastorale. Il documento sottolinea il fatto che il testo biblico non è riducibile a una “ serie di tesi teologi che”, formulate con un linguaggio spesso estraneo al suo contesto. Si richiede quindi all'esegesi narrativa di ri attivare “modi di comunicazione e di significazione propri del racconto biblico allo scopo di aprire meglio la strada alla sua efficacia per la salvezza”. Il rac conto biblico non solo “ informa ” sulla salvez za, ma in modo esplicito o implicito “ appella” il lettore alla salvezza. Il ricorso all 'analisi narrativa nell'esegesi può facilitare il “ passaggio dal senso del testo nel suo contesto storico, al senso per il lettore attuale”. Ma la complessità del suo linguaggio e delle distinzioni tra “ autore/lettore reale e implicito ” rischia di creare confusione e scoraggiare l'accostamento al testo biblico. Inoltre privilegiando la lettura “ sincronica ” vi è il ri schio di strappare il messaggio biblico dalla sua concretezza storica. Anche la tendenza a d escludere dai dati del racconto biblico la possibilità di elaborare dei contenuti dottrinali è in disaccordo “con la stessa tradizione biblica e con la tradizione ecclesiale”. Infine, l'efficacia di interpellazione personale della parola di Dio attestata in un testo narrativo non può essere considerata come “ un criterio sufficiente della verità della sua comprensione”. c) L'analisi semiotica Questo approccio al testo biblico si fonda sulla teoria linguistica secondo la quale “ ogni lingua è un sistema di relazioni che obbedisce a determinate regole ” (Ferdinand de Saussure). Uno degli approcci di tipo semiotico praticato nell'esegesi biblica si ispira alla semiotica di Algirdas J. Greimas, la quale si fonda su tre principi: -principio di immanenza: l'analisi considera il testo come una realtà significativa prescin dendo da tutti i dati esterni a esso, quali la sua redazione, l'autore, i destinatari, gli eventi rac contati; - principio di struttura di senso: il significato di un testo dipende unicamente dalle relazioni; quindi la sua analisi consiste nello stabilire la rete di relazioni, in base alla quale si costrui sce il significato del testo stesso; - principio della grammatica del testo: ogni testo, nei suoi diversi livelli (parole, frasi, insie me di frasi o discorso), rispetta una grammatica o un certo numero di regole o strutture. L'analisi del testo per coglierne il contenuto può essere fatta a tre livelli: - livello narrativo: si ricostruisce il percorso di un racconto, dove si susseguono le div erse fasi di trasformazione, dallo stato iniziale a quello finale; si chiamano “attanti” quelli che per mezzo dei loro “ruoli” determinano gli stati e producono le trasformazioni; - livello discorsiva: vengono dapprima individuati e classificati gli elementi significativi di un testo, chiamati “ figure ” (attori, tempi e luoghi); poi si determinano i percorsi di ogni figu ra per stabilire il modo in cui il testo le utilizza; infine si cerca di individuare “ in nome di che cosa” (= valore) le figure seguono un certo percorso in un testo; - livello logico-semantico: questa fase dell'analisi precisa la logica che regola le arti colazioni fondamentali dei percorsi narrativi e figurativi del testo; essa si serve del cosiddetto “ quadrato semiotico ”, figura costruita in base ai rapporti tra due termini “ contrari ” e due ter mini “ contraddittori ”: L'applicazione dell'analisi semiotica al testo biblico inteso come unità coereùte e significati va può contribuire alla “comprensione della Bibbia, parola di Dio e spressa in linguaggio umano”. Ma si tratta di una parola di Dio che tocca la storia. Perciò l'approccio semiotico del testo biblico non può prescindere dal riferimento extratestuale ai soggetti storici, agli autori del testo e ai suoi lettori. Il rischio dell'analisi semiotica, dice il documento della PCB, è di fermarsi a uno studio formale del contenuto del testo senza coglierne il messaggio. Una volta che siano chiariti i presupposti teorici dell'analisi semiotica e la sua terminologia, per quanto sia possibile, semplificata, i vantaggi della sua applicazione nella lettura della Bib bia si possono riscontrare anche sul piano pastorale: “ può risvegliare nei cristiani il gusto di studiare il testo biblico e scoprire alcune delle sue dimensioni di signif icato senza possedere tutte le conoscenze storiche che si riferiscono alla produzione del testo e al suo mondo socio -culturale”. 3. Interpretazione della Bibbia e tradizione Il metodo più adatto alla lettura e interpretazione della Bibbia dipende dalla natura specifica di questa raccolta di testi e libri, riconosciuti e accolti come sacri e ispirati dalla tradizione ebraica e cristiana. Il metodo storico-critico tende a frammentare i singoli libri e testi. I nuo vi approcci prestano maggiore attenzione “all'unità interna dei testi studiati”, ma isolan doli dall'insieme della Bibbia. Ora i testi e libri biblici si presentano come un “ insieme di testi monianze di una stessa grande tradizione”. Alcuni approcci più recenti t engono conto di questo fatto. a) Lettura “ canonica ” della Bibbia Sorto come correttivo e integrazione del metodo storico-critico, questo orientamento, nato negli Stati Uniti una ventina d'anni fa, partendo dal dato di fede che accoglie la Bibbia nel suo insieme, “ intende arrivare al compito teologico dell'interpretazione”. Il testo biblico viene in terpretato alla luce del canone delle Scritture, “ cioè della Bibbia ricevuta come norma di fede da una comunità di credenti”. Ogni testo viene situato “ all'interno dell'unico disegno di Dio, allo scopo di arrivare a un'attualizzazione della Scrittura per il nostro tempo”. Esistono diversi orientamenti nell'applicazione di questo criterio di interpretazione “ canonica” della Bibbia: c'è chi considera la forma finale del testo o del libro; c'è invece chi presta attenzione al processo di formazione del canone delle Scritture, riconosciuto co me normativo della comunità. “Nel corso di questo processo sono stati messi in opera certi procedi menti ermeneutici e lo sono ancora dopo la fissazione del canone”, che tendono ad “ attualizzare il testo biblico e favoriscono una costante interazione tra la comunità e le sue Scritture”. L'applicazione di questo criterio “ canonico ”presuppone che siano chiariti alcuni principi circa l'ispirazione e il canone dei libri biblici. “La Scrittura ispirata, dice il documento della PCB, è quella che la chiesa ha riconosciuto come regola della propria fede”. D'altra parte “ un libro diventa biblico solo alla luce dell'intero canone”. Quindi si può dire che “ la comunità credente è il contesto adeguato per l'interpretazione dei testi canonici”. In essa la fede e lo Spirito santo arricchiscono l'esegesi, mentre l'autorità della chiesa, esercitata a servizio del la comunità, garantisce che l'interpretazione resti fedele alla grande tradizione che ha prodotto i testi sacri. Restano aperti alcuni problemi nella lettura “canonica” della Bibbia. Uno di questi riguar da il rapporto tra il canone ebraico delle Scritture e quello cristiano. La chiesa ha accolto come “ Antico Testamento ” alcuni scritti che sono assenti o hanno un'altra forma nella Bibbia ebraica. Diversa è quindi la lettura “ canonica ” della Bibbia che fa la chiesa rispetto a quella ebraica. Inoltre la fede in Gesù Cristo, che porta a compimento “ la legge e i profeti”, offre un nuovo criterio di interpretazione delle Scritture. “Tuttavia questo fatto non deve privare di ogni consistenza 1 'interpretazione canonica ” ebraica che rappresenta una tappa necessaria nella sto ria della salvezza. “ Svuotare della sua sostanza l'Antico Testamento, dice il documento della PCB, significherebbe privare il Nuov o Testamentà del suo radicamento nella storia”. b) L'interpretazione ebraica delle Scritture La Bibbia ebraica nella sua forma finale è nata nel giudaismo che ha preceduto e preparato l'ambiente di origine del Nuovo Testamento e della chiesa. In questo vario e complesso mondo culturale e religioso la Bibbia ebraica è stata letta e interpretata. “ Una delle testimonianze più antiche dell'interpretazione giudaica della Bibbia è la traduzione greca dei Settanta”. Ac canto a questa vanno ricordate le versioni e parafrasi aramaiche, dette targumìm, che hanno accumulato “un insieme prodigioso di procedimenti eruditi per la conservazione del testo dell'Antico Testamento e per la spiegazione del senso dei testi biblici”. All'interno della Bibbia ebraica sono c onservati “ procedimenti esegetici”, praticati poi dal giudaismo dei primi secoli dell'era cristiana nella forma attualizzante dei midrashìm. Anche la letteratura giudaica extra canonica, chiamata apocrifa o intertestamentaria, è una fonte importante per conoscere l'antica interpretazione ebraica delle Scritture. Perciò conclude il documento: “ La ricchezza dell'erudizione ebraica messa a servizio della Bibbia, dalle sue origini nell'antichità fino ai nostri giorni, è un aiuto di primaria importanza per l'esegesi dei due Testamenti, a condizione di usarla con discernimento”. Questo invito al “discernimento” da parte del documento della PCB è dettato dalla coscienza della complessità delle fonti e delle forme del giudaismo soprat tutto nei primi secoli dell'era cristiana. Il problema da risolvere spesso è quello della datazione dei testi giudaici e delle relative tradizio ni. Ma soprattutto è “fondamentalmente diverso il contesto delle due comunità” ed esperienze religiose: quella ebraica si fonda su uno scritto rivelato e una tradizione orale; quella cristiana nasce dalla fede in Gesù Cristo, morto e risorto, il Signore e Figlio di Dio. “Questi due punti di partenza creano, per l'interpretazione delle Scritture, due contesti che, nonostante molti contat ti e similitudini. sono radicalmente diversi”. c) La lettura della Bibbia attraverso i suoi effetti nella storia L'interesse per l'interpretazione della Bibbia attraverso la storia dei suoi effetti si è sviluppa to da una trentina d'anni. Esso prende lo spunto da alcune acquisizioni nell'ambito degli studi letterari. Un testo diventa un'opera letteraria quando incontra lettori che se ne appropriano; tale appropriazione individuale o comunitaria nelle sue varie forme ed espressioni contribuisce a far meglio comprendere il testo stesso. Inoltre la distanza tra l'opera e il suo autore da una parte, e tra l'opera e i lettori dall'altra, fa vorisce il processo ermeneutico. Infatti tra il testo biblico e i suoi lettori si stabilisce un rap porto dinamico. Il testo esercita un'influenza e provoca delle reazioni nei lettori sia individual mente sia come gruppo inserito in un contesto sociale e culturale. I lettori a loro volta pongo no delle domande al testo, ne fanno un 'interpretazione e producono altre opere o prendono iniziative che si vi ispirano. È comprensibile allora che nel processo interpretativo di un testo biblico entri anche la “ storia degli effetti ” (Wirkungsgeschichte) che esso ha provocato nel corso del tempo. Un con tributo alla comprensione dei testi biblici viene dall'evoluzione storica della loro interpretazio ne. In questo contesto viene rivalutato il ruolo della tradizione. Ma, afferma il documento del la PCB, la storia mostra che alcune correnti interpretative hanno avuto effetti nefasti, in quanto hanno favorito per esempio il millenarismo, l'antisemitismo o le discriminazioni razziali. Pertanto questo approccio interpretativo della Bibbia, a partire dai suoi effetti nella storia, non può essere assunto come l'unico criterio di lettura, ma esso deve essere integrato con altri per fare un'opera di saggio discernimento. 4. Interpretazione della Bibbia e scienze umane Il ricorso alle scienze umane per leggere e interpretare la Bibbia parte dal presupposto che la parola di Dio, per comunicarsi agli esseri umani “si è aperta una strada attraverso i condizionamenti psicologici delle diverse persone che hanno composto gli scritti biblici. Ne consegue che le scienze umane, in particolare la sociologia, l'antropologia e la psicologia, possono contribuire a una migliore comprensione di certi aspetti dei testi”. a) La lettura sociologica I testi biblici, come tutti i testi religiosi, sono radicati nei diversi ambienti e situazioni sociali in cui si sono formate le tradizioni che in essi s i riflettono. Perciò la ricostruzione storica di queste condizioni di vita e la loro spiegazione sociologica offrono un contributo all'interpretazione della Bibbia. Da questo presupposto nascono nella storia dell'esegesi alcuni orientamenti, come la Formgeschichte, che prende in considerazione le tradizioni bibliche in rappor to ai rispettivi ambienti vitali di origine, e la “ scuola di Chicago”, che studia la situazione socio -storica del cristianesimo primitivo. In particolare per l'esegesi dei testi dell'AT si presta attenzione alle diverse forme di organiz - zazione sociale e religiosa che si sono succedute nella storia di Israele, dalle prime aggrega zioni tribali alla forma centralizzata sia politica sia religiosa all'epoca della monarchia. Nell'eseg esi dei testi neotestamentari si prende in considerazione il ruolo che hanno avuto per la conservazione e trasmissione del materiale evangelico sia lo stile di vita di Gesù e dei suoi discepoli, sia quello del movimento dei cari smatici itineranti dopo la pasqua e delle prime comunità cristiane inserite nei diversi ambienti. Lo stesso vale per le lettere di Paolo, in cui si ri flettono le condizioni di vita e la struttura delle comunità nel contesto della cultura urbana del primo secolo. In ogni caso, afferma il documento, il compito dell'esegesi rinnovata non può essere portato a buon fine in modo rigoroso “ senza una ricerca scientifica che studi gli stretti rapporti dei testi del NT con il "vissuto" della chiesa primitiva”. Per fare questo e rinnovare l'esegesi biblica è utile far ricorso ai modelli forniti dalla scienza sociologica. Però tali modelli, elaborati per stu diare le società attuali, devono essere applicati tenendo conto non solo della distanza storica e culturale dell'ambiente sociale biblico , ma anche della specificità dell'esperienza religiosa, che non sempre è conoscibile con i soli parame tri di rilevamento economico e istituzionale, privilegiati nella scienza sociologica. b) L'antropologia culturale e l'esegesi biblica L'antropologia culturale cerca di definire le caratteristiche dei diversi tipi di uomini me diante lo studio del loro ambiente sociale, dei valori e delle idee che vi sono riconosciuti, del ruolo di alcune forme e figure istituzionali, sia nell'ambito prof ano sia in quello religioso. “ Sulla base di questi diversi elementi si costituiscono delle tipologie e dei modelli, comuni a parecchie culture”. È utile il contributo dato da questi studi per l'interpretazione dei testi biblici. Il documento dice che “ questo approccio permette di distinguere meglio gli elementi permanenti del mes saggio biblico” e le determinazioni contingenti derivanti da culture particolari. Tuttavia nel va lutare la portata dei risultati ottenuti si deve essere consapevoli che questo approccio “è incapace in se stesso di rendere conto dei contributi specifici della Rivelazione”. c) Psicologia e psicanalisi nella lettura della Bibbia In primo luogo si prende atto che gli studi di psicologia e di psicanalisi - studio delle strutture dinamiche dell'inconscio - “apportano all'esegesi biblica un arricchimento, grazie ad essi, i testi della Bibbia possono essere meglio compresi in quanto esperienze di vita e regole di comportamento”. Infatti dal momento che l'esperienza religiosa coinvol ge l'essere umano anche nelle sue pulsioni profonde, lo studio dei diversi livelli della realtà espressa nei testi sacri apre la strada “ a una comprensione pluridimensionale della Scrittura e aiuta a decifrare il linguaggio umano della Rivelazione”. In particolare il documento riconosce che sia la psicologia sia la psicanalisi “ hanno portato a una nuova comprensione del simbolo. Il linguaggio simbolico permette di esprimere zone dell'esperienza religiosa che non sono accessibili al ragionamento puramente concettuale, ma hanno nondimeno un valore per il problema della verità”. Si portano alcuni esempi dei vantaggi dello studio interdisciplinare tra esegeti, psicologi e psicanalisti per la comprensione del linguaggio simbolico della Bibbia nella sua funzione rivelatrice e di interpellazione: il significato dei riti, dei sacrifici, dei divieti, dei racconti di miracolo, delle visioni e messaggi apocalittici. Il documento quindi precisa quali sono le condizioni per un fruttuoso dialogo tra esegesi e psicologia o psicanalisi per una migliore comprensione della Bibbia: rispettare le frontiere di ogni disciplina; non rimuovere i dati della fede, come il peccato e la salvezza per una piena comprensione del destino umano; riconoscere il carattere storico del la rivelazione biblica, con il suo valore di evento unico. Infine si richiama l'attenzione sul fatto che vi sono diverse scuole di psicologia e psicanalisi, per cui non sarebbe corretto né fecondo per l'esegesi biblica assolu tizzare l'una o l'altra posizione. Nel rispetto delle singole competenze è bene utilizzare i di versi apporti delle scienze umane. 5. Lettura “ contestuale” della Bibbia Viene chiamato “ contestuale ” quel modo di leggere la Bibbia che prende come criterio er meneutico un particolare punto di vista, corrispondente alla mentalità e alle preoccupazioni di alcuni ambienti o gruppo di lettori. Si prendono in considerazione due approcci connessi con i movimenti di liberazione e del femminismo. a) La lettura liberazionista Questo approccio esegetico è connesso con la “ teologia della liberazione”, nata e maturata nella realtà sociale, economica e politica dei paesi dell'America Latina, ma propagatasi an che in altre parti del mondo, dove si vivono in modo analogo i problemi della miseria e dell'emarginazione sociale. Il documento afferma che come “è difficile discernere se esista una (sola) teologia della liberazione e definirne il metodo”, così è “ altrettanto difficile determi nare in maniera adeguata il suo modo di leggere la Bibbia”. In termini generali si dice che “essa non adotta un metodo speciale, ma, partendo da punti di vista socio-culturali e politici propri, pratica una lettura biblica orientata ià funzione dei bisogni del popolo, che cerca nella Bibbia il nutrimento per la pr opria fede e la propria vita”. Il documento quindi rileva gli aspetti positivi di questa lettura della Bibbia. Essa parte dalla situazione vissuta dal popolo per illuminarla al -la luce della parola di Dio e sostenerne la lotta in una prassi cristiana autentica tendente a trasformare la società per mezzo della giustizia e dell'amore. In breve: “Nella fede, la Scrittura si trasforma in un fattore di dinamismo di libera zione”. Questa lettura della Bibbia obbedisce ad alcuni principi o criteri ermeneutici: - Dio salvatore è presente nella storia a favore dei poveri: l'esegesi deve schierarsi dalla loro parte per liberarli dall'oppressione e dall'ingiustizia; i testi della Bibbia vanno letti e interpretati in un contesto di solidarietà effettiva con gli oppressi; - destinataria della parola liberatrice della Bibbia è la comunità dei poveri: da qui la lettura comunitaria della Bibbia e la sua capacità di suscitare nuovi eventi di liberazione. Il documento del PCB però mette anche in guardia contro alcuni limiti che comporta que sta lettura: la selezione parziale e unilaterale dei testi; la confusione tra il compito dell'esegesi e l'impegno socio-politico. Ma il rischio più grave è quello connesso con alcune tendenze della teologia della liberazione, dove l'analisi della realtà sociale si ispira a dottrine materialistiche, che trovano la loro applicazione nel principio marxista della lotta di classe. In questa cornice si tende a leggere la Bibbia riducendone l'escatologia trascendente a una prospettiva intrastorica. Il documento auspica che, tenendo presenti gli enormi problemi sociali che stanno all'ori gine della lettura liberazionista, si possano “precisare i suoi presupposti ermeneutici e i suoi metodi in coerenza con la fede e la tradizione di tutta la chiesa”. b) La lettura femminista Questo approccio alla Scrittura è intrecciato con il movimento di liberazione della donna, nato alla fine del XIX secolo negli Stati Uniti e sviluppatosi anche altrove nell'ultimo trentennio. A partire dalla prospettiva comune, che prende in considerazione l'identità e il ruolo della donna nei suoi diritti fondamentali di persona, l'attuale “lettura femminista” della Bibbia assume tre orientamenti: - la forma radicale: rifiuta completamente l'autorità della Bibbia, in quanto prodotto dell'uomo per assicurarsi il suo dominio sulla donna; - la forma neo-ortodossa: accetta la Bibbia in quanto strumento utile per la difesa e la promo zione della donna; - la forma critica: rilegge i testi biblici per riscoprirvi la posizione egualitaria e il ruolo attivo della donna nel movimento originario di Gesù e in alcune chiese paoline. Il documento precisa che la “lettura femmi nista” della Bibbia fa ricorso ai metodi esegetici correnti, in particolare al metodo storico-cntico. In parte nuovi sono invece i due criteri ermeneutici: il criterio femminista e quello sociologico. Il primo, che si ispira al movimento di liberazione della donna, procede attraverso il sospetto “ metodico ” nei confronti dei testi biblici scritti in una prospettiva maschilista patriarcale. Il secondo fa leva sullo studio della posizione della donna nel contesto sociale del I secolo per cogliervi la novità introdotta dall'esperienza ugualit aria cristiana, condensata nel testo di Gal 3,28: “In Cristo Gesù non c'è più uomo e donna”. Il documento della Commissione riconosce che “ numerosi sono i contributi provenienti dall'esegesi femminista”. Oltre al fatto che le donne hanno assunto una part e più attiva nella ricerca esegetica, si afferma che le donne “ sono riuscite a percepire, spesso meglio degli uomi ni, la presenza, il significato e il ruolo della donna nella Bibbia, nella storia delle origini cri stiane e nella chiesa; a svelare e correggere alcune interpretazioni correnti, che erano tendenziose e miravano a giustificare il dominio dell'uomo sulla donna”. In particolare, per quanto riguarda l'immagine biblica di Dio, uno studio più accurato dei testi fa riscoprire nel volto paterno di Dio gli aspetti della sua tenerezza e amore materni. Il documento della PCB esprime con molta discrezione alcune riserve circa i limiti della “lettura femminista” della Bibbia. Essi sono legati in parte ai criteri ermeneutici summenzio nati, che portano a interpretare i testi biblici in modo tendenzioso e a provare delle tesi o a trar re argomenti da indizi o dal “ silenzio ” dei testi stessi. La critica a questa metodologia riguarda in particolare il tentativo di ricostruire una situazione ipotetica circa il ruolo o la presenza della donna nell'esperienza della prima chiesa. In questo contesto, a conclusione del paragrafo dedicato alla lettura femminista della Bibbia, il documento riporta un paragrafo discusso e vo tato nella Commissione, il cui esito è reso pubblico in una nota: su 19 votanti, lì favorevoli, 4 contrari e 4 astenuti. Ecco il testo: “ L'esegesi femminista solleva spesso il problema del potere nella chiesa, che, com'è noto, è oggetto di di scussioni e anche di scontri. In questo campo, l' esegesi femminista potrà essere utile alla chiesa solo nella misura in cui non cadrà nelle stesse trappole che essa denuncia e non pérderà di vista l'insegnamento evangelico sul potere come servizio, insegnamento rivolto da Gesù a tutti i discepoli, uomini e donne”. 6. La lettura fondamentalista della Bibbia L'ultima sezione di questa prima parte dedicata ai metodi e approcci per l'interpretazione della Bibbia, è riservata a quella che da circa un secolo si chiama “ lettura fondamentalista ” della Bi bbia. Essa “parte dal principio che la Bibbia, essendo parola di Dio ispirata ed esente da errore, dev'essere letta e interpretata letteralmente in tutti i suoi dettagli”. In realtà, precisa il documento, si tratta di una “lettura letteralistica” che esclude per principio non solo il metodo storico-critico, ma ogni metodo scientifico, che tiene conto della dimensione storica e culturale del testo biblico. Il documento della PCB accenna quindi alla genesi storica di questo orientamento esegetico a partire dalla Riforma fino al Congresso Biblico Americano a Niagara nel 1895, nello stato di New York, in cui sono stati fissati i cinque punti dottrinali del fondamentalismo: - l'inerranza verbale della Scrittura; - la divinità di Cristo; - la nascita verginale di Cristo; - l'espiazione vicaria di Cristo; - la risurrezione corporale nella seconda venuta di Cristo. Queste verità nella loro sostanza, dice il documento cattolico, non possono essere contestate. Ma sono discutibili l'ideologia di fondo e il metodo esegetico che pretende di fondarle sui testi della Bibbia. La critica più radicale che si deve fare al fondamentalismo, secondo il docu mento della PCB, è quella che esso si “rende incapace di accettare pienamente la verità del la stessa Incarnazione”, in quanto rifiuta la stretta relazione del divino e dell'umano nel processo della rivelazione di Dio. Di conseguenza esso “rifiuta di ammettere che la parola di Dio ispirata è stata espressa in linguaggio umano ed è stata redatta, sotto l'ispirazione divina, da autori umani le cui capacità e risorse erano limitate”. Da questa carenza nel concepire l'ispirazione della Scrittura si ha come conseguenza che “ il fondamentalismo insiste anche in modo indebito sull'inerranza dei dettagli nei testi biblici, specialmente in materia di fatti storici o di pre tese verità scientifiche”. Da questa lettura fon damentalista deriva la tendenza a considerare come “conforme alla realtà, perché si trova espressa nella Bibbia, una cosmologia antica superata”. Inoltre esso pretende di fondare e confermare su una lettura acritica di alcuni testi biblici idee politiche e atteggiamenti sociali dettati da pregiudizi, com'è per esempio il razzismo. Un'altra caratteristica del fondamentalismo biblico, rilevata dal documento della PCB, è la separazione e opposizione tra “Scrittura” e “tradizione”. Il fondamentalismo rifiuta il ruo lo della tradizione nel processo di formazione della Bibbia stessa, e soprattutto il patrimonio della tradizione cristiana e il ruolo della chiesa. In breve, il fondamentalismo si presenta come “una forma di interpretazione privata, la quale non riconosce che la chiesa è fondata sulla Bibbia e attinge la sua vita e la sua ispirazione nel le Scritture”. E il documento conclude con una messa in guardia molto decisa per gli esiti disastrosi dell'approccio fondamentalista. Afferma che questo approccio “è pericoloso perché atti ra le persone che cercano risposte bibliche ai loro problemi di vita”. Il fondamentalismo ri schia di illudere tali persone promettendo con la Bibbia alla mano risposte immediate ai loro problemi. In altre parole il “ fondamentalismo, invita senza dirlo, a una forma di suicidio del pensiero. Mette nella vita una falsa sicurezza, perché confonde inconsciamente i limit i umani del messaggio biblico con la sostanza divina dello stesso messaggio”. Il QUESTIONI DI ERMENEUTICA In questa parte il documento della PCB af fronta dapprima la questione del rapporto tra “ ermeneutiche filosofiche ” e interpretazione della Bibbia, e poi passa in rassegna i diversi “ sensi ” della Bibbia come raccolta di libri sacri e ispirati. a) Ermeneutiche filosofiche ed eségesi In primo luogo presenta l'incidenza che hanno sull'interpretazione dei testi biblici alcune idee dell'ermeneutica filosofica contemporanea. Il punto comune delle diverse ermeneutiche filo sofiche è di mettere in evidenza l'implicazione del soggetto umano n ella conoscenza storica e quindi nell'interpretazione di un testo antico. A questo riguardo sono menzionati i nomi dei pro motori dell'ermeneutica moderna, Friedrich Schleiermacher e Wilhelm Dilthey, e il contribu to più recente di Martin Heidegger, Rudolf Bultmann, Hans Georg Gadamer e Paul RicoeuL Rudolf Bultmann elabora la teoria dell'interpretazione esistenziale degli scritti del Nuovo Testamento. Egli si preoccupa di superare la distanza culturale tra gli scritti del I secolo e i let tori attuali. La possibilità di comprendere un testo biblico dipende dalla “ precomprensione ”, la quale a sua volta è fondata sul “rapporto vitale ” del lettore con la realtà di cui parla il testo, realtà che a sua volta modifica e corregge la “ precomprensione ” dell'interprete. Quali sono gli interrogativi o i problemi che stanno alla base dei testi biblici e interpellano il lettore di og gi? La risposta, secondo Bultmann, si trova nell'analisi esistenziale di Reidegger. “Gli esi stenziali heideggeriani avrebbero una portata universale e offrirebbero le strutture e i concet ti più appropriati per la comprensione dell'esistenza umana rivelata nel messaggio del Nuovo Testamento”. Anche la prospettiva ermeneutica di Hans Georg Gadamer parte dal presupposto che l'in terpretazione deve superare la distanza storica tra il testo e il suo interprete. Si ha la compren sione del testo quando avviene la “ fusione degli orizzonti”, quello del testo e quello del suo lettore, che vive in un altro contesto storico e culturale. Solo un'affinità fondamentale tra l'interprete e il suo oggetto rende possibile questa fusione di orizzonti. In breve, “l'ermeneutica è un processo dialettico, in cui la comprensione di un testo è sempre una comprensione più ampia di sé”. Il terzo orientamento ermeneutico menzionato è quello di Paul Ricoeur; che mette in risalto un duplice “distanziamento” come condizione previa per la giusta appropriazione di un testo: quello tra il testo e il suo autore, e quello tra il testo e i suoi lettori successivi. I metodi di analisi letteraria e storica favoriscono questo “distanziamento”. Tuttavia, si precisa, “il signifi cato di un testo può essere dato pienamente solo se viene attualizzato nel vissuto dei lettori che se ne appropriano. A partire dalla loro situazione, questi sono chiamati a far emergere significati nuovi, in linea con il senso fondamentale indicato dal testo”. Il linguàggio reli gioso della Bibbia di carattere “ simbolico ” è un linguaggio che “fa pensare”, rimanda alla realtà trascendente e n ello stesso tempo rende la persona consapevole della dimensione profon da del proprio essere. Il documento, dopo questa rassegna di alcuni criteri dell'ermeneutica filosofica, afferma la legittimità di farvi ricorso da parte dell'inter prete della Bibbia per “ superare la distanza tra il tempo degli autori e dei primi destinatari dei testi biblici e la nostra epoca contemporanea, in modo da attualizzare correttamente il messaggio dei testi per nutrire la vita di fede dei cristiani ”. Infatti, dice il documento, il processo interpretativo è presente già nella Bibbia stessa, in quanto “l'insieme degli scritti dell'AT e NT sono il prodotto di un lungo processo di reinter pretazione degli eventi fondatori in stretto legame con la vita delle comunità dei credenti”. Sotto questo profilo l'ermeneutica contemporanea è una “ sana reazione al positivismo storico e alla tentazione di applicare allo studio della Bibbia i criteri di oggettività utilizzati nelle scienze naturali”. Per accedere alla “ giusta co noscenza del testo biblico” è necessaria un'affinità vissuta con ciò di cui parla il testo. Ma il ricorso a questi criteri ermeneutici deve essere fatto con discernimento, perché “ alcune teorie ermeneutiche sono inadeguate per interpretare la Scrittura”. In particolare nell'interpretazione esistenziale del Bultmann si rileva il rischio di rinchiudere il messaggio cristiano in una particolare filosòfia (esistenzialismo heideggeriano). Essa allora da strumento di comprensione diventa norma di interpretazione. La conseguenza è di svuotare il messaggio religioso della Bibbia della sua realtà oggettiva e storica, che ha il suo centro nell'evento salvifico e nella persona di Gesù Cristo. Perciò il documento invita a tener conto dello statuto specifico dell'ermeneutica biblica, che viene definito dal suo oggetto, cioè “gli eventi della salvezza e il loro compimento nella persona di Gesù Cristo che danno senso a tutta la storia umana”. Per cui l'interpretazione di un testo biblico deve essere guidata dalla “ fede vissuta nella comunità ecclesiale e dalla luce dello Spirito”. Infatti “ con la crescita della vita nello Spirito cresce anche, nel lettore, la comprensio ne delle realtà di cui parla il testo biblico”. b) I sensi della sacra Scrittura Le scienze del linguaggio e delle ermeneutiche bibliche affermano la pluralità di sensi, la “polisemia” dei testi scritti. Questo nuovo orientamento consente di ricuperare l'ermeneu tica tradizionale dai padri della chiesa fino all'epoca moderna, in cui si distingue nella let tura dei testi biblici un senso letterale e uno spirituale. Quest'ultimo nell'esegesi medievale viene considerato sotto tre aspetti riguardanti la “verità rivelata” (allegorico o tipologico), il “ comportamento da seguire ” (tropologico), “ il compimento finale” (anagogico). I quattro sensi della Scrittura sono condensati nel celebre distico di Agostino di Danimarca del XIII secolo: Littera gesta docet, quid credas allegoria, moralis quid agas, quid speres anagogia. Il documento precisa l'orientamento esegetico moderno in questi termini: “Come reazione contro questa molteplicità di significati l'esege si storico-critica ha adottato, più o meno apertamente, la tesi dell'unicità di significato, secondo la quale un testo non può avere simultanea mente diversi significati. Tutto lo sforzo dell'esegesi storico-critica è quello di definire "il" significato di un dato testo biblico nelle circostanze in cui fu composto”. Ma le recenti acquisizioni della scienza del linguaggio e dell'ermeneutica filosofica impongono di rivedere la questione dei “ sensi ” della Scrittura. Sono quindi indicati alcuni principi orientativi al ri guardo. Il senso letterale Già Tommaso d'Aquino affermava che sul senso letterale deve fondarsi il lavoro teologico. Il senso letterale dei testi biblici è quello inteso ed espresso dagli autori umani ispirati che li hanno composti. Il documento afferma che, es sendo la Scrittura frutto dell'ispirazione, “que sto senso è quello voluto da Dio. Esso deve perciò essere cercato facendo ricorso all'analisi precisa del testo, situato nel suo contesto letterario e storico”. A tale scopo, è necessario lo studio dei generi letterari, come afferma l'enciclica di Pio XII Divino affiante Spiritu. Infatti si precisa che il senso letterale non è il “ senso letteralistico”, perché è diverso il modo di intendere il senso letterale di un testo metaforico da quello di un racconto fantastico o di un testo di carattere storico. A questo punto il documento affronta la questione se il senso letterale è unico. In primo luogo si afferma che l'autore di un testo, come ca pita nella poesia, può riferirsi nello stesso tempo a più livelli di realtà. Questo vale anche per i testi biblici. È il caso di alcune sentenze ed eventi del quarto vangelo che, nella prospettiva della fede, assumono un diverso significato. Inoltre va preso in considerazione l'aspetto dinamico di molti testi. Infatti il significato di un testo scritto, collocato in nuove circostanze, acquista ulteriori determinazioni. Questo vale per i te sti biblici riconosciuti come parola di Dio. “In effetti, dice il documento, ciò che ha spinto la comunità credente a conservarli è stata la convinzione che avrebbero continuato a essere portatori di luce e di vita per le generazioni future ”. In breve: “ Il senso letterale è, fin dall'inizio, aperto a ulteriori sviluppi, che si produ cono grazie a "riletture" in contesti nuovi”. Riconoscere questa apertura o dinamicità del testo biblico, si precisa, non vuoi dire che si possa attribuirgli qualsiasi significato. In ogni caso si deve escludere ogni interpretazione che sia estranea o in contraddizione con il senso inteso dagli autori sacri. Altrimenti non solo si aprirebbe la strada al soggettivismo incontrollato, ma il messaggio biblico sarebbe sradicato dal suo fondamento, che è la parola di Dio comunicata storicamente. Il senso spirituale Questo livello di significato di un testo biblico viene definito dal documento della PCB in questi termini: “Il senso spirituale, compreso secondo la fede cristiana, è il senso espresso dai testi biblici quando vengono letti sotto l'influsso dello Spirito santo nel contesto del mistero pasqua le di Cristo e della vita nuova che ne risulta”. Infatti, secondo la testimonianza stessa del Nuovo Testamento, Gesù Cristo è il compimento delle Scritture e il mistero pasquale è la loro chiave ermeneutica (Lc 24,45). La “vita nello Spirito”, dono di Gesù risorto, diventa il nuovo contesto per rileggere le Scritture. Sulla base di questa definizione del “senso spirituale ” si fanno alcune precisazioni circa il rapporto tra senso spirituale e senso letterale. Si distinguono due tipi di rapporto tra i due sensi della Scrittura: a) non c'è distinzione tra i due sensi, in quanto il testo biblico letteralmente si riferisce alla realtà spirituale che è il mistero pasquale di Cristo; b) c'è distinzione, ma non separazione o opposizione tra i due sensi, perché il senso letterale costituisce la base di quello spirituale. In questo caso si parla di “ compimento”, che presuppone un rapporto di “continuità” e “di scontinuità” tra senso letterale e quello spirituale. In breve, in una lettura spirituale della Bibbia, dice il documento, “vengono messi in relazione tre livelli di realtà: il testo biblico, il mi stero pasquale e le circostanze presenti di vita nello Spirito”. In questo contesto vengono fatte alcune precisazioni circa il “ senso tipologico ” e il cosi ddetto “ senso pieno”. Il primo, favorito nell'ese gesi antica, riguarda la realtà espressa dalla Scrittura, ma si fonda piuttosto sul “ modo ” in cui essa viene descritta. Così Adamo è typos, “figura” di Cristo; la “voce” del sangue di Abele prefigura quella del sangue di Cristo. La designazione di “ senso pieno ” è più recente e riguarda “un senso più profondo del testo, voluto da Dio, ma non chiaramente espresso dall'autore umano. Se ne scopre l'esistenza in un testo biblico quando viene studiato alla luce di altri testi biblici che lo utilizzano o nel suo rapporto con lo sviluppo interno della rivelazione”. Rientra nell'ambito del “ senso pieno ” an che il significato che una tradizione dottrinale autentica o una definizione conciliare dà a un testo della Bibbia. È il caso della definizione tridentina del peccato originale rispetto a quello che dice Paolo in Romani 5,12 -21. In conclusione, il documento afferma che il “ senso pieno ” come il “ senso spirituale ” si fondano sul fatto che “ lo Spirito santo, autore principale della Bibbia, può guidare l'autore umano nella scelta delle sue espressioni in mo do tale che queste esprimano una verità di cui egli non percepisce tutta la profondità”. Questa viene rivelata in modo più completo nel corso del temp o, grazie a due fatti: l'azione di Dio nella storia che manifesta meglio la portata dei testi; l'inserimento dei testi nel canone delle Scritture. Questo nuovo contesto fa apparire al cune potenzialità di significato del testo che il contesto primitivo las ciava in ombra. III L'INTERPRETAZIONE CATTOLICA DELLA BIBBIA Quello che caratterizza l'interpretazione cat tolica della Bibbia non è l'uso di un metodo esegetico particolare, ma la sua precomprensione che la inserisce in modo consapevole nella tradizio ne in cui è nata e maturata la Scrittura. Si tratta della tradizione religiosa proveniente da Israele, dalla comunità cristiana primitiva e della tradizione vivente di tutta la chiesa. Per ciò, dice il documento della PCB, l'esegesi cattolica da una parte “utilizza senza secondo fine tutti i metodi e gli approcci scientifici ” sopra descritti, e dall'altra essa si “trova in continuità con il dinamismo ermeneutico che si manifesta all'interno della Bibbia e si prolunga nella vita della chiesa”. Perciò l'ese gesi cattolica non solo contribuisce attivamente allo sviluppo dei metodi e al progresso della ricerca biblica, ma, grazie all'affinità vitale con il messaggio biblico, è in una condizione favorevole per svolgere il suo lavoro interpretativo. 1. L'interpretazione nella tradizione biblica In questo paragrafo si prende in considerazione non il complesso fenomeno di assimilazione e interpretazione di tradizioni, fatti e dati all'interno della Bibbia, ma solo un aspetto del suo processo interpretativo: la rilettura di alcuni testi nell'ambito degli scritti canonici. Infatti, dice il documento della PCB, gli scritti posteriori della Bibbia si basano spesso sugli scritti anteriori: a) fanno allusione a essi e ne propongono “nletture ” che sviluppano nuovi aspetti di significato, talvolta molto diversi dal senso primitivo; b) altre volte vi si riferiscono esplicitamente per approfondirne il significato o per affermar ne il compimento. Si portano alcuni esempi tematici come quel lo dell'eredità della “terra”, che diventa nel corso della rivelazione biblica l'eredità religiosa nel santuario o nella vita eterna. Analogamente la promessa del regno fatta dal profeta Natan alla dinastia di Davide viene riletta a più riprese nel corso della tradizione biblica fino a diventare il regno universale che riguarda la vo cazione di ogni essere umano. Lo stesso vale per la parola profetica di Geremia relativa alla durata di settant'anni dell'esilio. I settant'anni sono riletti e reinterpretati dal profeta Danie le in rapporto alla situazione del suo tempo. Questa interpretazione dinamica all 'interno della Bibbia, dice il documento, acquista una densità particolare negli scritti del Nuovo Testamento, pieni di allusioni e citazioni dell'An tico Testamento. Gli autori del Nuovo Testamento partono dal principio ermeneutico che Gesù Cristo con i suoi gesti, parole e soprattutto con la sua morte e risurrezione è il “compi mento” delle Scritture. Infatti Gesù stesso prende posizione di fronte ad alcuni modi di legger e e interpretare i testi legali dell'Antico Testamento. Egli non ne contesta il contenuto, ma al contrario propone e attua una “fedeltà più profonda alla volontà di Dio espressa nelle Scritture”. Alla luce della morte e risurrezione di Gesù gli autori del Nuovo Testamento rileggono l'Antico Testamento. Guidati dallo Spirito promesso da Gesù, essi ne scoprono il senso spirituale e ne affermano il valore profetico. In tale prospettiva i salmi regali e messianici dell'An tico Testamento sono interpretati come anticipazioni profetiche della sua glorificazione e intronizzazione celeste. Nello stesso tempo la coscienza del compimento delle Scritture in Gesù porta a “relativizzare fortemente il valore dell'Antico Testamento come istituzione salvi fica”. Questo punto di vista viene sviluppato in alcune lettere di Paolo e nella lettera agli Ebrei, dove si afferma che la Bibbia stessa annuncia il superamento del sistema legale e delle istituzio ni religiose di Israele (sacrifici nel tempio). Il documento quindi invita a distinguere tra quello che viene affermato dagli autori biblici e la loro metodologia esegetica. Infatti per interpretare l'Antico Testamento essi spesso fanno ricorso agli strumenti esegetici e ai modelli ermeneutici in uso nel loro ambiente. Nessuna meraviglia dunque che all'interno del Nuovo Testamento, come già all'interno dell'Antico Testamento, si scopra la giusta posizione di prospettive differenti e talvolta in tensione le une contro le altre. Questo fatto, dice il documento, corrisponde a una delle caratteristiche della Bibbia: “l'assenza di spirito di sistematizzazione e la presenza, al contrario, di tensioni dinamiche. La Bibbia ha accolto parecchi modi di interpretare gli stessi avvenimenti o di conside rare gli stessi problemi, invitando così a rifiutare il semplicismo e la ristrettezza di spirito”. Dopo queste precisazioni si propongono alcune conclusioni circa il modo di interpretazione suggerito dalla Bibbia stessa: a partire dalla fede viva della comunità credente, dal momento che la Bibbia è venuta alla luce sulla base del consenso di comunità credenti che nei suoi testi hanno riconosciuto l'espressione della fede rivelata; con creatività aperta al nuovo, dato che l'espressione della fede, attestata dalla sacra Scrittura, deve essere continuamente rinnovata di fronte alle nuove situazioni; apertura al pluralismo, nel senso che nessuna interpretazione particolare può esaurire il significato dell'insieme che contiene anche elementi di tensione tra loro; in dialogo con le comunità credenti: come le tradizioni di fede hanno formato l'ambiente vitale, in cui è nata la Bibbia, così la sua inter pretazione si attua in seno alla chiesa nella sua pluralità, unità e tradizione di fede; in dialogo con la generazione presente, in un rapporto di continuità con le tradizioni ese getiche anteriori, sia per conservarne alcuni elementi sia per distaccarsene e progredire. 2. L'interpretazione nella tradizione della chiesa Questa seconda caratteristica dell 'esegesi cattolica deriva dalla coscienza che ha la chiesa di essere aiutata dallo Spirito santo nella sua comprensione e interpretazione della Scrittura, conforme alla promessa di Gesù. Questa interpretazione tradizionale della chiesa si esplica in molteplici forme e ambiti, tra cui sono menzionati la formazione del canone e l'esegesi dei pa dri. a) Formazione del canone Il primo ambito è la “formazione del canone ” delle sacre Scritture. Il documento della PCB, con le espressioni del magistero biblico della chiesa, dice: “ Guidata dallo Spirito santo e alla luce della tradizione vivente che ha ricevuto, la chiesa ha identificato gli scritti che de vono essere considerati come sacra Scrittura”, in quanto sono ispirati da Dio. Presenta quindi una breve storia del lungo processo che ha portato alla fissazione di un “ canone ” delle sacre Scritture, sia dell'Antico Testamento sia del Nuovo Testamento. Descrive i criteri e i fattori che sono stati utilizzati o hanno avuto un peso in questo processo: per gli scritti dell'AT è la coscienza comune della fede del popolo di Dio e il fatto che Gesù e gli apostoli lo hanno rico nosciuto come sacra Scrittura; per gli scritti del NT è la convinzione che essi provengono in modo aute ntico dalla predicazione apostolica, anche se non tutti sono stati composti dagli apostoli; per gli scritti di ambedue i Testamenti “ la constatazione del loro uso nella liturgia cristiana e della loro conformità con la regola della fede; l'esperienza, infine, del loro accordo con la vita ecclesiale delle comunità e della loro capa cità di nutrire questa vita”. Con alcune espressioni sintetiche il documento della PCB indica il rapporto tra chiesa e canone biblico: “Fissando il canone delle Scritture la chiesa fissava anche e definiva la sua stessa identità, cosicché le Scritture sono ormai uno specchio nel quale la chiesa può costante mente riscoprire la sua identità e verificare, secolo dopo secolo, il modo in cui essa risponde continuamente al vangelo e dispone se stessa a esserne strumento di trasmissione”. Questo fat to distingue i libri sacri o canonici, nel loro valore salvifico e teologico, da tutti gli altri testi antichi, sia pure interessanti o utili per conoscere la storia religiosa del popolo di Dio e della prima chiesa. b) L'esegesi dei padri È ancora un'eco del magistero della chiesa l'affermazione del documento della PCB: “i pa dri della chiesa hanno un ruolo fondatore in rapporto alla tradizione vivente che accompagna senza interruzione e guida l'interpretazione che la chiesa fa delle Scritture”. E precisa quindi il contributo specifico dell'esegesi patristica in questi termini: “ essa ha tratto dall'insieme delle Scritture gli orientamenti di base che hanno dato forma alla tradizione d ottrinale della chiesa e ha fornito un ricco insegnamento teologico per l'istruzione e il nutrimento spirituale dei fedeli”. Il contesto vitale dell'esegesi dei padri è la liturgia della chiesa. “ Questa è la ragione, dice il documento, per cui l'interpretazione proposta è sempre di natura teologica, pastorale e teologale al servizio della comunità e dei singoli credenti”. I padri infatti considerano la Bibbia innanzi tutto come il libro di Dio. Egli ne è infatti l'autore. Inoltre siccome il Logos, verbo di Dio, sta all'origine dell'Antico Testamento, tutta la Scrittura ha una portata cristologica. Da qui deriva lo scarso interesse dei padri per lo sviluppo storico della rivelazione e per gli auto ri umani della Bibbia. Per ragioni apologetiche Origene si interessa alla Bibbia ebraica. E Girolamo , che esalta la “verità” del testo originale ebraico, rappresenta una posizione marginale. Per lo stesso motivo apologetico “i padri applicano in modo più o meno frequente il metodo allegorico”, ma senza annullare il senso letterale e storico dei testi. Il ricorso a questo metodo si fonda sulla convinzione che la Bibbia, “libro di Dio, è stata data da lui al suo popolo, la chie sa”. Perciò ogni passo della Scrittura ha un valore permanente e mediante l'allegoria e la tipologia va spiegato e interpretato per l'istruzione e la formazione dei credenti. In breve, conclude il documento, anche se l'esegesi dei padri può disorientare i lettori di oggi, essa offre un con tributo sempre utile, perché insegna a leggere teologicamente la Bibbia in seno alla tradizione vivente con autentico spirito cristiano. c) I diversi protagonisti e ruoli nell 'interpretazione della chiesa Sulla base dei documenti del concilio Vaticano Il, il testo della PCB afferma che “tutti i membri della chiesa hanno un ruolo nell'interpretazione delle Scritture”. Passa quindi in rassegna per ordine i diversi protagonisti con il rispettivo ruolo: - i vescovi, in quanto pastori che prolungano il compito ministeriale degli apostoli, “ sono i pri mi testimoni e garanti della tradizione viven te, nella quale le Scritture sono interpretate in ogni epoca”; - i sacerdoti e i diaconi, in quanto collaboratori dei vescovi, hanno come primo dovere la proclamazione della Parola; essi sono dotati di un caris ma particolare per interpretare fedelmente la Scrittura e applicarla come parola di Dio alle circostanze concrete della vita; in par ticolare nell'amministrazione dei sacramenti essi hanno il compito di mettere in luce l'unità tra Parola e sacramento; - la chiesa locale: il documento mette in particolare risalto il compito principale dei sacerdoti come “presidenti della comunità eucaristica ed educatori della fede”; essi come ministri della Parola hanno il compito di “ aiutare i fedeli a comprendere e discernere ciò che la parola di Dio dice nei loro cuori quando ascoltano e meditano le Scritture”; e “ così tutta la chiesa locale, secondo il modello di Israele, popolo di. Dio, diventa una comunità che sa che Dio le parla”; in tal modo le comunità locali, unite a tutta la chiesa nella fede e nell'amore, sono cen tri di evangelizzazione e di testimonianza cristiana nel loro ambiente; - i singoli cristiani hanno il dono dello Spirito quando pregano e fanno uno studio orante delle Scritture nel contesto della loro vita personale; il singolo credente legge e interpreta la Scrittura nella fede della chiesa e porta alla comunità il frutto della sua lettura per arricchire la fede comune; - i poveri, destinatari privilegiati della rivelazione del Padre e del regno di Dio, nella loro impotenza e privazione di risorse umane si tro vano spinti a porre la loro unica speranza in Dio e nella sua giustizia; essi hanno una particolare capacità di ascoltare e di interpretare la parola di Dio. A sua volta, questa lettura dei poveri diventa un appello a tutta la chiesa per darvi una risposta anche a livello sociale; - gli esegeti uomini e donne, in ragione della loro competenza scientifica, animati dallo Spi rito che ha ispirato la Scrittura, contribuiscono alla costru zione del corpo di Cristo mediante l'interpretazione della Scrittura; con soddisfazione il documento rileva il fatto che “ nel nostro tempo un numero crescente di donne esegete offrono spesso nell'interpretazione della Scrittura nuovi e penetranti punti di vista e mettono in luce aspetti che erano stati dimenticati”. Alla fine di questo elenco dei vari protagoni sti e ambiti nell'interpretazione della Bibbia si richiama l'attenzione sul ruolo del “magistero vivo della chiesa”, la cui autorità è esercita ta nel nome di Gesù Cristo. In quanto ultima istanza, il magistero ha il compito di “ garantire l'autenticità dell'interpretazione ” della Scrittura. Esso esercita questo compito di guida e discernimento nella comunione ecclesiale, al servizio di tutta la chiesa, con la consultazione di teologi, esegeti e altri esperti, di cui riconosce la legittima libertà. d) Il compito degli esegeti cattolici Un'intera sezione del documento della PCB è riservata al compito dell'esegeta cattolico, nei suoi molteplici aspetti. E un compito ecclesiale, in quanto egli studia e spiega la sacra Scrittura per l'utilità dei pastori e dei fedeli. Ma nello stesso tempo è un compito scientifico, che im plica il lavoro di ricerca, di insegnamento, con la relativa produzione di pu bblicazioni. A questo riguardo si danno alcuni orientamenti di fondo sulla base dei criteri di interpretazione della Bibbia nella chiesa ricordati più sopra. In primo luogo si invitano gli esegeti cattolici a far uso del metodo storico-critico senza attribuire a esso l'esclusività. Qui si ricorda che lo scopo del lavoro dell'esegeta è raggiunto so lo quando ha chiarito il significato del testo biblico come parola di Dio. Pertanto le diverse prospettive ermeneutiche devono aiutare a cogliere l'attualità del messaggio biblico per rispondere ai bisogni dei lettori moderni delle Scritture. Quindi si precisa che compito degli esegeti cattolici è anche spiegare la portata cristologi ca, canonica ed ecclesiale degli scritti biblici. Il primo aspetto riguarda l'orientamento profetico dei libri della prima alleanza, che deve essere messo in luce ogni volta che sia possibile. La seconda prospettiva concerne il senso che ogni libro della Bibbia assume in quanto fa parte dell'insieme della Scrittura canonica. Infine gli esegeti devono spiegare la relazione che esiste tra la Bibbia e la chiesa. Sullo sfondo di tutta la storia della rivelazione, la Bibbia appare come 10 strumento privilegiato di cui Dio si serve per guidare, anche ora, la costruzione e la crescita del la chiesa in quanto popolo di Dio. Infine si afferma che questa prospettiva ecclesiale dell'esegesi è inseparabile dall'apertura ecumenica e dal dialogo con le altre religioni e dall'at tenzione alle aspettative del mondo attuale. Segue un pressante invito ai vescovi e ai superiori religiosi perché si preoccupino di preparare esegeti che si dedichino alla ricerca scientifica per il bene di tutta la chiesa. Quindi si danno alcuni criteri da seguire nell'insegnamento dell'esegesi nelle facoltà di teologia, nei seminari e negli studentati. A questo riguardo, dice il documento, “è auspicabile che l'insegna mento dell'esegesi sia impartito da uomini e donne”. Esso deve condurre a una profonda sti ma per la sacra Scrittura e fornire una iniziazione ai metodi e alla pratica esegetica per cogliere il senso storico, teologico, spirituale e attuale del testo biblico. Tra i compiti dell'esegeta cattolico il documento pontificio ricorda l'importanza delle pubblicazioni, sia a livello scientifico come strumento di dialogo, discussione e cooperazione, sia a livello divulgativo per la conoscenza del messaggio biblico nei diversi ambiti della chiesa. Ricorda che nel contesto attuale la pubblicazione avviene non solo attraverso i testi stampati, ma anche con altri mezzi più rapidi e potenti: radio, televisione, strumenti elettronici. In quest'opera di diffusione biblica un'attenzio ne particolare, dice il documento, va riservata all'attualizzazione del messaggio biblico, in modo che le persone del nostro tempo siano i n grado di distinguere chiaramente le diverse forme espressive dei testi per non farne una lettura letteralistica o fantasiosa. In ogni caso l'esegeta cattolico, conclude il testo della Commissione, deve essere consapevole che il suo lavoro ha come unico scopo il servizio della parola di Dio, e nessun sussidio o strumento esegetico deve sostituirsi ai testi biblici. Egli non deve avere altra ambizione se non quella di aiutare “ad apprezzarli meglio e a comprenderli con sempre maggior esattezza storica e profondità spirituale”. e) Rapporti tra esegesi e le altre discipline teologiche In termini generali il documento afferma che “tra l'esegesi e le altre discipline si stabiliscono rapporti di dialogo, nel mutuo rispetto della loro specificità”. In particolare per quanto riguarda il rapporto con la teologia si dice che l'esegesi cattolica riceve da essa “ la precomprensio ne basata su certezze di fede: la Bibbia è un testo ispirato da Dio e affidato alla chiesa per su scitare la fede e guidare la vita cristiana”. A sua volta l'esegesi stimola la teologia a riflettere su questi dati di fede, perché “ suscita, in particolare, una coscienza più viva e più precisa del carattere storico ” della divina rivelazione. Per precisare il rapporto di scambio fecondo tra esegesi e teologia dogmatica il documento richiama il principio tradizionale presente nel magistero biblico della chiesa: “ la Scrittura è l'anima della teologia”. Quindi gli esegeti possono aiutare i teologi a evitare due estremi: il dualismo e il fondamentalismo. Il primo separa una verità dottrinale dalla sua espressione lin guistica; il secondo confonde l'umano con il divino, la verità rivelata con gli aspetti contingen ti delle espressioni umane. Analogamente l'esegesi nei confronti della teologia morale ha il compito di precisare il significato e il valore delle molteplici prescrizioni bibliche in campo etico. La lettura di questi testi biblici deve tener conto del progresso della coscienza morale e della condiscendenza di Dio che si rivela nella storia. Però, dice il documento della PCB, l'Antico Testamento contiene già principi e valori che guidano un agire pienamente conforme alla dignità della persona uma na creata “ a immagine di Dio”. E mentre afferma che “ sui principi più importanti resta fondamentale la morale del decalogo ”, dice anche che “il Nuovo Testamento dà maggior luce a questi principi e valori, grazie alla rivelazione dell'amore di Dio in Gesù Cristo”. Un ultimo paragrafo è riservato ad alcuni chiarimenti circa il corret to rapporto tra il metodo dell'esegesi e quello della teologia dogma tica o sistematica. Il compito primario dell'ese gesi, dice il documento, è quello di discernere con precisione il significato dei testi biblici nel loro contesto proprio, letterario, storico e anche nel contesto più ampio del canone delle Scrittu re. Il lavoro dell'esegeta segue un orientamento fondamentalmente storico e descrittivo. Il teo logo dogmatico invece compie un'opera speculativa e più sistematica per arrivare a una comprensione ponderata della fede in tutte le sue dimensioni e specialmente nei suoi rapporti deci sivi con l'esistenza umana. Da qui nasce l'utile interazione tra esegesi e teologia dogmatica. La prima stimola i sistemi teologici a restare aperti a tutta la ricchezza della parola di Dio; la seconda illumina l'esegesi e la spinge a scoprire meglio la portata teologica e la fecondità dei te sti biblici. Infatti, conclude il documento, “ l'esegesi produce i suoi migliori frutti quando si effettua nel contesto della fede viva della comunità cristiana, orientata verso la salvezza del mondo intero”. IV INTERPRETAZIONE DELLA BIBBIA NELLA VITA DELLA CHIESA Questa sezione conclusiva parte dalla convinzione che la Bibbia per la chiesa non è solo un insieme di documenti che riguardano la sua origine storica, ma è “parola di Dio, che si ri volge a essa, e al mondo intero, nel tempo presente”. Da qui derivano lo sforzo e l'impegno costante di “ attualizzazione ” e “ inculturazione ” del messaggio biblico e anche la ricerca di modi e strumenti per usare la Bibbia nella liturgia, nella lectio divina, nel ministero pastorale e nel movimento ecumenico. 1. Attualizzazione della Bibbia L'attualizzazione è un processo di rilettura e applicazione dei testi biblici alle nuove circo stanze dei destinatari o lettori del testo sacro. Esso, già presente all'interno stesso della Bib bia, continua oggi nelle comunità credenti. La pratica dell'attualizzazione si is pira ad alcuni principi che vengono descritti in questo modo: a) 1 'attualizzazione è possibile, perché il testo biblico, per la sua pienezza di significato, ha valore per tutte le epoche e culture; b) 1 'attualizzazione è necessaria, perché il messaggio dei testi biblici, che ha valore permanente e universale, deve essere applicato alle circostanze presenti e deve essere espresso con un linguaggio adatto al tempo attuale; c) 1 'attualizzazione è dinamica, perché tiene conto del rapporto di continuità e co mpimento che esiste tra Antico e Nuovo Testamento; essa si realizza grazie al dinamismo della tradizione vivente della comunità di fede, che è garanzia contro le interpretazioni aberranti e assicura la trasmissione fedele del messaggio originale. Sulla base di questi principi si passano in rassegna e si valutano i diversi metodi di attualizzazione. Nella Bibbia e nella tradizione giudai ca i procedimenti di attualizzazione sono quelli che si riscontrano nelle parafrasi e nei commen ti detti targumìm e midrashìm: ricerca dei passi paralleli, modifiche del testo, adozione di altri significati dei termini, eccetera. I padri della chiesa ricorrono ai metodi già menzionati dell'allegoria e della tipologia. Nel nostro tem po, dice il documento, l'attualizzazione presuppone una corretta esegesi del testo che ne deter mini il senso letterale. E precisa che il metodo più sicuro e fecondo per l'attualizzazione è“ l'interpretazione della Scrittura mediante la Scrittura”. In ogni caso si afferma che “ l'attualizzazione di un testo biblico nell'esistenza cristiana non può realizzarsi correttamente se manca la relazione con il mistero di Cristo e della chiesa”. Quindi indica quali sono le tappe del processo ermeneutico biblico: 1) ascoltare la Parola a partire dalla situazione presente; 2) discernere gli aspetti della situazione pre sente, che il testo biblico illumina e mette in di scussione; 3) trarre dalla pienezza di significato del testo biblico gli elementi suscettibili di far evolvere la situazione presente in maniera feconda, conforme alla volontà salvifica di Dio in Cristo. Infine, dopo avere menzionato alcuni problemi attuali che possono essere chiariti alla luce della parola di Dio, il documento segnala possibili rischi di un'attualizzazione, che invece di essere al servizio della parola di Dio, la strumentalizza con letture selettive, tendenziose, aprioristiche, contrarie alla giustizia e alla carità. “ Tuttavia, conclude il testo della Commis sione, questi rischi di deviazione non possono costituire un'obiezione valida contro l'adempi mento di un compito necessario, quello di far pervenire il messaggio della Bibbia alle orec chie e al cuore delle nostre generazioni”. 2. L'inculturazione del messaggio biblico “ Il fondamento teologico dell 'inculturazione è la convinzione di fede che la parola di Dio tra scende le culture nelle quali è stata espressa e ha la capacità di propagarsi nelle altre culture, in modo da raggiungere tutte le persone umane nel conte sto culturale in cui vivono”. Questa apertura e destinazione universale della parola di Dio è attestata dalla Bibbia stessa, dalla crea zione iniziale all'annuncio del vangelo di Gesù Cristo, tradotto nel lingua internazionale greca. La prima tappa dell'inculturazione consiste nel tradurre in un'altra lingua la sacra Scrittura. In fatti la traduzione della Bibbia comporta un cambiamento di contesto culturale, perché cambiano non solo le parole, ma i concetti, i simboli, connessi con i diversi modi di pensar e e di vivere. La seconda tappa è l'interpretazione che “mette il messaggio biblico in rapporto più esplicito con i modi di sentire, di pensare, di vivere e di esprimersi propri della cultura locale”. Da qui deriva quel processo che porta alla formazione di una “ cultura locale cristiana”, che abbraccia tutte le dimensioni dell'esistenza: preghiera, lavoro, vita sociale, costumi, legisla zione, scienza e arte, riflessione filosofica e teologica. Il documento precisa che non si tratta di un processo a senso unico, ma di una “reciproca fecondazione”: da una parte le ricchezze delle diverse culture permettono alla parola di Dio di produrre nuovi frutti, dall'altra la luce della parola di Dio consente di operare un discernimento tra gli elementi validi e quelli nocivi delle diverse culture. L'inculturazione della Bibbia, che ha avuto luogo nell'oriente e occidente cristiano fin dai primi secoli, dice il documento della PCB, deve essere ripresa in rapporto con la continua evo luzione delle culture. Invece nei paesi di più recente evangelizzazione l'inculturazione della Bibbia è stata fatta dai missionari nella forma propria del loro paese di origine. Pertanto, dice il documento, “è necessario che le nuove chiese compiano sforzi enormi per passare da questa forma straniera a un'altra, che corrisponda alla cultura del proprio paese”. 3. Diversi ambiti e situazioni per l'uso della Bibbia In quest'ultimo paragrafo si passano in rassegna i diversi ambiti, situazioni e modalità in cui si legge e si interpreta la Bibbia nella chiesa: la liturgia, la lectio divina, il ministero pastorale, 1 'ecumenismo. a) La Bibbia nella liturgia La liturgia, di cui la celebrazione eucaristica è il vertice, dice il documento, realizza “ l'attua lizzazione perfetta dei testi biblici, perché ne situa la proclamazione in seno alla comunità dei credenti riuniti intorno a Cristo per avvicinarsi a Dio”. In essa infatti il testo biblico proclama to diventa nuovamente parola viva. In tale contesto l'omelia, che attualizza più esplicitamente la parola di Dio, fa parte integrante della liturgia. In ogni celebrazione liturgica, compresa la liturgia delle ore, la parola di Dio è presente con ampiezza e abbondanza. Ma anche gli inni e le preghiere sono tutti impregnati del linguaggio biblico e del suo simbolismo. Perciò è necessario che la partecipazione alla liturgia sia preparata e accompagnata da una pratica della lettura della Bibbia. b) La lectio divina Il paragrafo si apre con una breve descrizione di questo modo di leggere la Bibbia: “è una lettura, individuale o comunitaria, di un passo più o meno lungo della Scrittura accolta come pa rola di Dio e che si sviluppa sotto la guida dello Spirito in meditazione, preghiera e contempla zione”. La lettura regolare della Bibbia, già praticata fin dai primi secoli, è stata ripresa nell'ambiente monastico del periodo medievale. Il magistero biblico della chiesa raccomanda la lettura assidua della Bibbia, comunitaria e individuale, a tutti i fedeli, soprattutto ai sacerdoti e ai religiosi. Diversi sono i mezzi e i metodi. In ogni caso i documenti della chiesa sottoli neano che “la lettura della Scrittura deve essere accompagnata dalla preghiera: questa è la ri sposta alla parola di Dio incontrata nella Scrittura sotto l'ispirazione dello Spirito”. c) La Bibbia nel ministero pastorale Circa il ricorso alla Bibbia nel ministero pastorale il documento distingue tre situazioni principali: la catechesi, la predicazione e l'apo stolato. La catechesi In primo luogo si afferma che “ la spiegazione della parola di Dio nella catechesi ha come fonte la sacra Scrittura, che, spiegata nel conte-sto della tradizione, fornisce il punto di partenza, il fondamento e la norma dell'insegnamento catechetico”. Quindi si precisa che “uno d egli scopi della catechesi dovrebbe essere quello di introdurre a una retta comprensione della Bib bia e alla sua lettura fruttuosa”. Per lettura fruttuosa si intende quella che “permette di scoprire la verità divina” contenuta nella Bibbia, e che “ suscita la risposta la più generosa possibile al messaggio che Dio rivolge attraverso la sua parola all'umanità”. Di seguito il documento indica quali sono i possibili percorsi e metodi di una catechesi bi blica. In ogni caso, dice il testo della Commis sione, essa non può limitarsi a un commento superficiale dei testi biblici oppure a una elencazione cronologica degli eventi e dei personaggi della Bibbia. In particolare la presentazione dei vangeli deve essere fatta in modo da “ provoca re un incontro con Cristo, che dà la chiave di tutta la rivelazione e trasmette l'appello di Dio, al quale ciascuno deve rispondere”. La predicazione “ Il ministero della predicazione, dice il documento della PCB, deve trarre dai testi antichi un nutrimento spirituale adatto ai bisogni della comunità cristiana”. Prende poi in considera zione l'omelia, che fa parte integrante della celebrazione eucaristica, come la proclamazione della parola di Dio. Dal momento che la spiegazione omiletica dei testi biblici non può entrare in molti dettagli, si suggerisce di “ mettere in luce i contributi principali di questi testi, quelli che sono più illuminanti per la fede e più stimolanti per il progresso della vita cristiana, comu nitaria e personale”. Qui, dice il documento, vanno applicati i criteri ermeneutici indicati più sopra circa l'attualizzazione e l'inculturazione della Bibbia. È deleterio che, per mancanza di preparazione, si rinunci ad approfondire le letture bibliche, oppure ci si limiti a farne applicazioni moralistiche. Il messaggio biblico, dice il documento, deve conservare il suo carattere principale di lieto annuncio della salvezza offerta da Dio. L'apostolato biblico Con questa espressione si intende l'impegno a promuovere e sostenere le diverse iniziative pratiche per “ far conoscere la Bibbia come parola di Dio e fonte di vita”. Questo avviene at traverso le traduzioni della Bibbia e la loro diffusione, la formazione dei gruppi biblici, le conferenze e le settimane bibliche, la pubblicazione di riviste, libri, eccetera. Un notevole contributo a questo “ apostolato ” viene dalle associazioni e movimenti e ecclesiali che “ met tono al primo posto la lettura della Bibbia in una prospettiva di fede e di impegno cristiano”. Un'attenzione particolare viene riservata ai mezzi di comunicazione di massa: stampa, radio, televisione. L'importanza sempre crescente di questi strumenti esige che essi siano utilizzati per l'annuncio della parola di Dio e la conoscenza della Bibbia. Ma il ricorso a questi mez zi, con grande influenza su un pubblico vasto, “ richiede una preparazione specifica ” per evi tare, dice il documento, “ pietose improvvisazioni, nonché effetti spettacolari di cattivo gu sto”. d) Bibbia ed ecumenismo L'ecumenismo affonda le sue radici nella Bibbia, d ove è costante la preoccupazione per l'unione dei credenti nella fede, speranza e carità solidale attorno a Cristo capo, per formare un solo corpo. Inoltre, dice il documento, “la maggior parte dei problemi che affronta il dia logo ecumenico ha un rapporto con l'interpretazione dei testi biblici”. Perciò, anche se l'ese gesi biblica non può avere la pretesa di risolvere da sola i diversi problemi di carattere teologico, canonico e giurisdizionale, tuttavia essa è chiamata a dare un contributo importante . Di fatto esiste già fra i cristiani una grande convergenza nell'interpretazione delle Scritture grazie all'adozione degli stessi metodi e di analoghe finalità ermeneutiche. Ne sono prova molte traduzioni ecumeniche della Bibbia e la pubblicazione di testi comuni. Anche le divergenze nell'interpretazione delle Scritture, dice il documento, sono spesso stimolanti e possono rivelarsi complementari e fruttuose. Tale è il caso quando esse esprimono i valori delle tradizioni particolari di diverse comunità cristiane e traducono i molteplici aspetti del mistero di Cristo. Ma questo fatto non deve affievolire l'impegno per il cammino ecumeni co, che può contare sulla Bibbia come base comune della regola di fede. Questo diventa un pressante appello per tutti i cristiani “ a rileggere i testi ispirati nella docilità dello Spirito santo, nella carità, nella sincerità e nell'umiltà, a meditarli e viverli in modo da giungere alla con versione del cuore e alla santità di vita, che, insieme alla preghiera per l'unità dei cristiani, sono l'anima di tutto il movimento ecumenico”. CONCLUSIONI Il documento della PCB attira l'attenzione su quattro punti che sono altrettante sottolineature del discorso precedente: 1. Il compito indispensabile dell'esegesi per meglio comprendere testi della Bibbia. Il docu mento prende posizione contro i fondamentalisti, che riducendone o contestandone il ruolo non solo si espongono al rischio di allontanarsi dal senso esatto dei testi biblici, ma anche dalla “piena accettazione delle conseguenze dell'Incarnazione. La parola eterna si è incarnata in un momento preciso della storia, in un ambiente sociale e culturale ben determinato. Chi deside ra ascoltarla deve umilmente cercarla là dove essa si è resa percettibile, accett ando il necessario aiuto del sapere umano”. Dunque, conclude il documento, riconoscere e servirsi dell'esege si per cogliere bene il significato dei testi sacri è un segno di rispetto per la Scrittura ispirata. 2. L'uso del metodo storico-critico per interpretare i testi biblici corrisponde alla natura stessa della Bibbia, che si presenta “come l'attestazione scritta di una serie di interventi attraverso i quali Dio si rivela nella storia umana”. Dal momento che il messaggio biblico è radica to nella storia, “ ne consegue che gli scritti biblici non possono essere compresi correttamen te senza un esame del loro condizionamento storico”. 3.1 limiti del metodo storico-critico, che tende a misconoscere il carattere dinamico del si gnificato dei testi biblici. Esso perciò ha bisogno di essere integrato con gli “ approcci sincronici ” nelle loro diverse forme (analisi retorica, narrativa, semiotica) e tenendo conto degli sviluppi recenti dell'ermeneutica, che consentono di dare un nuovo ruolo e valore al processo interpretativo all'interno della Bibbia e nella tradizione della chiesa. 4. L'identità teologica dell'esegesi cattolica, che ha come scopo principale l'approfondimen to della fede, nel rispetto della piena autonomia e libertà della ricerca sc ientifica. L'esegesi cattolica, conclude il documento, non deve somi gliare a un corso d'acqua che si perde nelle sab bie di un'analisi ipercritica. Essa infatti “ adempie, nella chiesa e nel mondo, una funzione vi tale: quella di contribuire a una trasmissione più autentica del contenuto della Scrittura ispi rata”. INDICE Premessa LL'interpretazione della Bibbia nella chiesa” 1.Il discorso di presentazione del Papa ” 2.Il dibattito attuale ” 1. Metodo storico-critico e approcci per l'interpretazione biblica ” a) a formazione del metodo “storico-crifico” ” b) Principi e tappe del metodo storico -critico” c) Valutazione del metodo storico-critico ” 2 Nuovi approcci per l'interpretazione della Bibbia a) La nuova analisi retorica b) L'analisi narrativa c) L'analisi semiotica ” ” ” ” 3. Interpretazione della Bibbia e tradizione a) Lettura “canonica” della Bibbia b) L'interpretazione ebraica delle Scritture c) La lettura della Bibbia attraverso i suoi effetti nella storia 4 Interpretazione della Bibbia e scienze umane a) La lettura sociologica b) L'antropologia culturale e l'esegesi biblica c) Psicologia e psicanalisi nella lettura della Bibbia 5.Lettura “contestuale” della Bibbia a) La lettura liberazionista b) La lettura femminista La lettura fondamentalista della Bibbia Il. Questioni di ermeneutica a) Ermeneutiche filosofiche ed esegesi b) I sensi della sacra Scrittura III. L'interpretazione cattolica della Bibbia 1. L'interpretazione nella tradizione biblica 2. L'interpretazione nella tradizione della chiesa a) Formazione del canone b) L'esegesi dei padri c) I diversi protagonisti e ruoli nell'interpretazione della chiesa d) Il compito degli esegeti cattolici e) Rapporti tra esegesi e le altre discipline teologiche Iv. L'interpretazione della Bibbia nella vita della chiesa 1. Attualizzazione della Bibbia 2. L 'incultu razione del messaggio biblico 3. Diversi ambiti e situazioni ” ” per l'uso della Bibbia a) La Bibbia nella liturgia b) La lectio divina c) La Bibbia nel ministero pastorale d) Bibbia ed ecumenismo Conclusioni