ARTE E PSICOLOGIA di Salvatore Pappalardo Che cos’è la psicologia dell’arte? Così la definisce Umberto Galimberti nel suo dizionario:< ambito della psicologia che, in collaborazione con l’estetica e la critica d’arte, utilizza teorie e metodi psicologici per l’analisi dei fenomeni e della produzioni artistiche. Il campo di indagine si riferisce in senso stretto alle arti figurative, ma anche alla musica, alla letteratura, fino a comprendere le produzioni della cultura in senso lato…la psicologia dell’arte in veste quelle aree di studio che riguardano i “ meccanismi “ percettivi, visivi e motori; i “ processi” cognitivi, quali l’immaginazione, la memoria, il linguaggio, la creatività; la “personalità” nelle varie componenti motivazionali, emotive attitudinali; la “ produzione” come capacità rappresentativa, grafica e simbolica>. Insomma, Galimberti offre uno spettro molto ampio di indagine per poter affrontare questo tipo di tematica, in modo tale che si possa valutare bene quali sono le prospettive di ricerca che sviluppa varie direzioni:.. analisi del processo creativo, dei prodotti artistici, delle relazioni tra l’artista e l’opera..> Ma vediamo in breve cosa propone : psicologia scientifica; psicanalisi; psicologia analitica; psicologia fenomelogico-esistenziale; critica d’arte e la psicologia. Ma andiamo con ordine. La psicologia scientifica – dice Galimberti – nasce per opera G. Th. Fechner che <…distingueva l’estetica filosofica, che muove da princìpi per arrivare alle produzione artistiche, dall’estetica empirica, che muove dal particolare per cercare princìpi generali verificabile sperimentalmente.. ma molte delle tesi sono oggi superate…>. Eccone i passi più salienti: <…conflittualità, convertibilità delle energie psichiche, reazione, difesa, sublimazione, simbolizzazione: questi concetti base dell’edificio psicoanalitico conducono Freud a definire l’arte come appagamento sostitutivo di un rapporto interrotto con la realtà, e l’artista come colui che, in disaccordo con la vita, è capace di realizzare attraverso la fantasia e le proprie particolari attitudini, i suoi desideri di amore e di gloria e di trovare , traducendoli <in una specie di cose vere>, la strada per ritornare alla realtà…>. Su questo Freud è sempre stato categorico, non si ammettono repliche, tanto che la – ovvia conclusione – è:<…l’arte viene a collocarsi in una regione intermedia tra la realtà che frustra i desideri e il mondo della fantasia che li appaga; un dominio in cui sono rimaste vive la aspirazioni dell’onnipotenza primitiva che la sublimazione può valorizzare…> . Klein afferma che <…l’attenzione sulle operazioni espresse nei processi di simbolizzazione dell’artista, sviluppa l’ipotesi secondo cui l’operare artistico è una difesa contro la realtà interna abitata dalla fantasia inconscia d’aver distrutto l’oggetto buono, per cui la creatività artistica sarebbe animata da una tendenza ripartiva…>. Invece lo studioso Kris <…fa dell’Io la sede privilegiata dell’elaborazione estetico-formale dell’arte, giungendo alla conclusione che la comunicazione estetica non risiede nell’intenzione originaria dell’artista, ma nella ricreazione della sua opera da parte del fruitore…>. Invece la tesi di ChasseguetSmirgel <…è che la funzione dell’ettività creativa è la riparazione del soggetto, non dell’oggetto come voleva Klein, e solo l’atto creativo, la cui conclusione è riparazione del sé, costituisce una reale sublimazione>. Infine Fornari afferma che <…i linguaggi artistici attivano la componente affettivo-coinemica a partire dai resti collegati alla scena primaria. L’artista si immerge nella significatività indistinta delle relazioni coinemiche per portarla sotto il segno della distintività e della forma, in una spola incessante tra profondità e superficie, tra notte e giorno, interno ed esterno…>. Per quanto riguarda la psicologia analitica Carlo Gustav Jung evidenzia <…i rischi della metodologia freudiana che, rivolgendosi agli antecedenti psicologici rintracciabili alla base dell’opera, si allontana sensibilmente dal soggetto, facendo di ogni artista un caso clinico e di ogni opera d’arte una malattia. Per Jung l’opera d’arte è una produzione che va oltre l’individuo, poiché il suo significato non è rinvenibile nelle condizioni umane che l’hanno prodotta…la psicologia analitica considera l’impulso creativo un “complesso autonomo” che ha una vita psichica indipendente dalla coscienza…per cui l’oera d’arte ci offre una perfetta immagine che, sottoposta ad analisi, si rivela nel suo valore di “simbolo”, di possibilità archetipa di immagini primordiali>. La psicologia fenomenologica-esistenziale si basa sugli studi di K.Jaspers che <…analizza le produzioni di letterati e artisti collegandole allae fase salienjti della loro vita patologica. Queste patografie si collocano da un lato sul terreno scientifico delle indagini di psichiatria applicata, dall’altro sul terreno filosofico delle complesse problematiche esistenziali, irriducibilità di letture di tipo empirico e oggettivo…assumono il significato di momenti paradigmatici delle estreme possibilità umane…>. Quinto punto la critica d’arte e la psicologia. Arnheim dice :<…psicologia ed critica d’arte si incontrano sul versante delle arte figurative dando origine ad un’estetica psicologica fondata sul potenziamento delle tematiche della percezione visiva. Servendosi in modo libero ed originale dei princìpi della psicologia della forma. Arnheim afferma che il processo visivo è atto creativo, percezione di strutture significanti, non registrazione meccanica di elementi parcellari…nell’arte si realizza una “transustanziazione” completa della forma nell’espressione significativa, e che ogni produzione artistica è l’incarnazione figurativa di significati che non sono dati, ma prodotti da quella facoltà che Arnheim chiama intuizione…> E.H. Gombrich aferma che <…si colloca nell’ambito della psicologia della percezione, avendo come oggetto le arti figurative a cui sono applicati i metodi della psicologia sperimentale, sia pure con aperture dialettiche alla metodologia psicoanalitica. Il pensiero di Gombrich si caratterizza da un lato per l’ipotesi che la storia delle scoperte scientifiche, sia scandita dal processo schema-correzione, secondo il quale gli artisti creano continuamente nuovi codici rivedendo le ipotesi di partenza se i risultati non rispondono alle aspettative, dall’altro per aver affrontato i problemi derivati dall’applicazione della teoria psicanalitica dell’arte… in cui è l’involucro stesso a determinare i contenuti, e solo le idee inconsce che possono essere adeguate alla realtà delle strutture formali divengono comunicabili. Infine consideriamo il punto di vista sociologico rispetto a quello psicologico di A. Hauser, che afferma <…la creazione artistica non può essere spiegata semplicemente col trasferimento di energie psichiche da un settore all’altro. La sublimazione può essere un fattore del processo creativo, ma non è affatto identica all’atto creativo. Anche a considerarla una premessa necessaria o una forma preliminare dell’opera d’arte, bisogna poi tener conto di molti altri momenti. Di questi fan parte, oltre al desiderio di appagare la propria istintiva libido, la volontà di creare, che non è necessariamente identica a quella della riproduzione; l’aspirazione ad esprimersi e a comunicare che non è necessariamente un atto narcisistico ; l’ambizione di ottenere il consenso del pubblico, che non può essere fatta derivare intermente dal bisogno d’amore dell’artista>. Ma qual è il pensiero creativo nelle arti? Senza dubbio artisti, musicisti e poeti elaborano le loro opere seguendo un processo prettamente scientifico: si isola un tema che dà all’opera un significato complesso e finalistico corrispondente alla preparazione, incubazione e conclusione dell’opera. Evidentemente il risultato finale per lo scienziato è una formulazione d’intenti in grado di poter essere verificabile dagli altri scienziati, mentre per l’artista la conclusione è si apprezzata da tutti, ma non potrà mai essere provata. In buona sostanza l’arte e l’estetica sono stata analizzate dalla psicologia scientifica per conoscere: i meccanismi percettivi e visivi; i processi cognitivi attraverso la fantasia, l’immaginazione, il linguaggio, le conoscenze del passato; la personalità artistica somma di vita vissuta, esperienze positive e negative ( Dante avrebbe scritto la Divina Commedia se non fosse stato mandato in esilio?); le diverse fasi della produzione interiore ed esteriore (Petrarca considerava l’”Africa” il suo capolavoro, ed il Canzoniere solo frammenti di cose volgari…); la psicopatologia dell’arte , effettuando tecniche sperimentali e metodi nuovi (Giotto ad Assisi ed a Padova). Lo studioso Fechner propose tre metodi per la conoscenza psicofisica dell’arte attraverso il metodo della scelta (indicare l’oggetto più gradevole); il metodo della riproduzione (modificare l’oggetto proposto); il metodo dell’applicazione ( scegliere oggetti e risalire alla personalità del committente). Altre ricerche sono state fatte da altri psicologi sulle preferenze per le linee, i colori, le forme geometriche, le forme simmetriche ed asimmetriche , i contorni sfumati, l’ordine o il caos, oppure come afferma il semiologo Roland Barthes l’arte diviene una cerniera tra natura e cultura, in uno spazio aculturale, che supera entrambe e produce un nuovo senso in grado di poter <soddisfare> le pulsioni di ciascuno di noi. Ma non è sempre così. Per intendere meglio il significato psicologico dell’astrazione artistica ecco cosa afferma Rudolf Arnheim :<…l’arte non coincide con l’<hobby>di costruire riproduzioni, non è un gioco del tutto indipendente da altri scopi e necessità, ma piuttosto è l’espressione di un atteggiamento verso la vita, ed uno strumento indispensabile per affrontare i compiti della vita…l’arte si produce e viene fruita perché <soddisfa> o <piace> ; ma la teoria edonistica spiega tutto e nulla, e così finché non ci domanderemo “perché” un’attività sia piacevole, non avremo neppure cominciato la nostra ricerca >. Arnheim ha effettuato numerose ricerche anche sulla psicologia della visione e delle espressioni artistiche considerate forme in cui l’intuizione , diversa dalla cognizione, <trasforma> ciò che proviene dall’esterno in un atto creativo con un significato chiaro e lineare, anche attraverso lo squilibrio e fa l’esempio della grande opera pittorica Guernica di Pablo Picasso in grado di offrire sentimenti, sensazioni, idee, situazioni, concettualmente indefinite, astratte, oltre il <vero> significato dell’opera stessa. Partendo da questo presupposto Arnheim si schiera apertamente contro le teorie freudiane nel libro “Freud e la psicologia dell’arte”, affermando che la concezione psicanalitica tende a ridurre la forma artistica a semplice involucro dei contenuti inconsci, privilegiando quella parte di noi assolutamente inesprimibile e tale da raggiungere strutture formali valide per tutti. La produzione artistica è un oggetto di studio, che presenta diverse angolature e può essere considerato un prisma con diverse prospettive; inoltre deve essere collegata dal punto di vista storicistico, nel particolare contesto in cui opera, ben amalgamata con la cultura che l’ ha generata e deve essere considerata da ogni punto di vista: formale, stilistico, tecnico ed estetico. L’interpretazione psicologica è solamente una chiave di lettura di tutte questa variabili. A questo proposito ci viene in aiuto Achille Bonito Oliva che così afferma:<In generale l’arte è portatrice di un iniziale scompenso tra l’immagine che produce e quelle esterne ad essa e poi, successivamente all’esibizione della propria differenza, di uno stato di integrazione. Poiché possiede una sua interna natura correttiva che la porta a correggere il gesto prorompente della sua apparizione iniziale ed a stabilire un rapporto socializzante nel momento della sua contemplazione da parte dello spettatore…nello stesso tempo il desiderio di profonda relazione con il mondo prende il sopravvento nell’arte, sostenuta dalla saggezza sistemica che tende a spingerla verso una correzione della rottura iniziale, a riparare alla radicale e solitaria violenza dell’immaginario individuale…l’arte procura stordimento e nello stesso tempo conoscenza, una perdita di senso e anche un suo accrescimento, tramite il disorientamento di una pratica che, per definizione, tende a ribaltare la comunicazione sociale..>. Insomma, per poter meglio capire il valore dell’arte nelle sue molteplici funzioni occorre anche evidenziare quali sono gli scopi, le speranze, gli obiettivi di ciascun artista nel <offrire> una propria opera al pubblico ed il compito dello psicologo è capire quale sia il percorso creativo, su quali basi deve porre il proprio relazionarsi con l’opera d’arte, ma soprattutto qual è il rapporto tra l’arte, la creatività e la psicopatologia. Analizziamo la situazione. Alcuni artisti prediligono i loro contenuti autobiografici in prodotti creativi, generalizzano le proprie esperienze, ne fanno un concetto valido per tutti e lo offrono trasformandole in un messaggio per un vasto pubblico. Evidentemente molti conflitti interiori non risolti ( Dante, Boccaccio, Machiavelli, Leopardi, Mozart, Michelangelo sono gli esempi più comuni…) rivelano caratteristiche immature: notevole immaturità affettiva, dipendenza dagli altri; sfida alle convenzioni; sentimento di onnipotenza; ingenuità; disordini del pensiero; problematiche sessuali…Secondo alcuni studiosi in molti artisti è presente una personalità “borderline” , un specie di incontroscontro tra una evidente personalità nevrotica e quella psicotica. Si può affermare che – pur nell’ottica visionaria di chi crea – che l’opera artistica è da decifrare nella sua organicità e nel suo carattere simbolico, e non per risalire, in modo assolutamente riduttivo, alla psiche complessa dell’autore o delle sue “devianze psichiche”. Ed è proprio Jung ad affermare:<…nella forma psicologica il contenuto del prodotto creativo è attinto nella zona cosciente dell’io (rapporto con l’amore, esperienze vissute, la famiglia, la società in cui si vive, le persone che si incontrano…) e la forma creativa non trascende i limiti dell’intellegibilità psicologica ed è si concreta secondo un fine diretto, cosciente ed intenzionale . Al contrario nella forma visionaria il contenuto non nasce da ciò che si vive quotidianamente, ma bensì nelle esperienze arcaiche dell’inconscio, delle paure, delle recriminazioni, dei fallimenti. Possiamo concludere questo saggio breve affermando che ogni artista per motivi personali, sociali, per la vita vissuta (nel bene o nel male: Leonardo e Caravaggio) ha già in sé i requisiti essenziali geniali, che lo contraddistinguono rispetto ai loro coetanei, ma rispondono in modo estremamente diverso l’uno dall’altro: il conte Manzoni e il conte Leopardi, pur avendo vissuto lo stesso periodo storicoculturale hanno intrapreso due strade completamente diverse fin dalla più tenera età. Il primo fu accolto con amore dalla madre e dal padre naturale Carlo Imbonati; il secondo solo, depresso e malato senza una carezza o una parola di conforto né dal padre né dalla madre, soffrì moltissimo studiando per tutta la vita e morendo incapace di capire il perché del suo tristissimo destino. Prof. Salvatore Pappalardo