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Introduzione.
Il primo argomento tratta come costruire un semplice
carica pile NiCd e come, attuando una semplice modifica,
trasformarlo in un carica batterie. Il secondo argomento
spiega come costruire un alimentatore stabilizzato di
prestazioni discrete ed a basso costo.
Al giorno d’oggi è facile andare in negozio e comperare
un alimentatore, ma non è così facile trovarne uno di
prestazioni discrete a basso costo e che offra la possibilità di
essere inserito ed adattato a qualsiasi circuito. Tenendo
presente che molti dei circuiti che in futuro verranno
presentati ci sarà la necessità di alimentarli con una tensione
continua e costante; si impone la necessità di trattare questo
argomento una volta per tutte e vedere come all’occorrenza
si può progettare un alimentatore a “hoc” secondo le proprie
esigenze.
carica per la pila usando le relazioni (1) sarà immediato
dimensionare questa resistenza:
1.25
Idi carica
R1 
(1)
PR1  I di carica   R1
2
Se vi fosse la necessità di variare la corrente di carica, ad
esempio perché si dispone di vari tipi di pile, si potrebbe
sostituire la resistenza R1 con diverse resistenze
selezionabili tramite un commutatore, per ognuna delle quali
si fisserà una diversa corrente di carica calcolando la
rispettiva resistenza tramite le (1). Volendo invece realizzare
un carica pile universale si potrà usare lo schema di Fig.2
che potrà, al massimo, erogare poco più di un 1A.
1 Carica pile.
Le pile al NiCd hanno una tensione nominale
leggermente inferiore alle normali pile usa e getta
(~1,2÷1,25V contro gli 1,55V delle pile alcaline). La
capacità di queste pile viene sempre riportata sull’involucro
e varia da qualche centinaio di mA/h a qualche A/h ed è
inferiore alla capacità delle rispettive pile usa e getta. Una
pila al NiCd, però, può durare più di 1500 ricariche per cui
anche supponendo di fare una ricarica al giorno essa durerà
oltre 4 anni rendendone conveniente l’impiego in molte
applicazioni rispetto alle più comuni pile alcaline o zinco
carbone.
Queste pile devono essere caricate con una corrente
costante non superiore ad 1/10 della loro capacità per un
tempo di circa 12÷14 ore. Per non deteriorare troppo in fretta
la pila non si dovrebbe mai superare questa corrente di
carica e non si dovrebbe mai scaricare completamente una
pila.
Esempio: Una pila con capacità di 750mA/h sarà in grado
di erogare una corrente di 750mA per la durata di un’ora
dopo di che la si potrà considerare scarica e la tensione ai
morsetti scenderà velocemente. Per la ricarica va usata una
corrente costante di 75mA per un tempo di 12÷14 h.
Uno dei più versatili e comuni stabilizzatori di tensione è
l’integrato LM317, questo integrato è dotato di soli tre
terminali e risulta particolarmente adatto per questo tipo di
applicazioni. Esso è stato appositamente costruito per
mantenere fissa e stabile ad un valore di 1.25V la tensione
tra i piedini U ed R. La Fig.1 mostra come connettere
LM317 per realizzare un generatore di corrente costante.
Fig.2 Carica pile universale; IMAX =1A.
1.1
Carica batterie.
Si era detto che bastava fare una semplice modifica allo
schema per ottenere un carica batterie. La modifica è resa
necessaria perché LM317 può erogare al massimo una
corrente di 1.5A, più che sufficiente per caricare delle pile,
ma troppo piccola per caricare delle batterie al piombo in
tempi ragionevoli. Per ottenere più corrente si può usare un
transistor di potenza collegato secondo lo schema di Fig.3.
Fig.3 Per ottenere una corrente di carica maggiore.
Anche R2 può essere calcolata in modo semplice, infatti
essa serve a stabilire a quale corrente si accende il transistor.
Supponendo che il transistor usato abbia una VBEMAX  3V e
che non si voglia far erogare più di 50mA all’LM317 (così
potrà essere usata la versione a bassa corrente che è più
economica) il calcolo di R2 sarà:
R2 
VBE MAX
3

I LM317 50 10 3
 68 
(2)
PR 2
Fig.1 Generatore di corrente costante.
La corrente verrà fissata dalla resistenza R1, infatti essa è
collegata tra i piedini U ed R, quindi come visto avrà ai capi
una tensione fissa di 1.25V. Una vota nota la corrente di

I di carica Max
  I LM317 
h FE min

2

  R 2

Come transistor si potrà usare un TIP147 o un MJ4032
che sono transistor di potenza tipo Darlington le cui
caratteristiche vengono riportate sotto:
TIP147
MJ4032
VBE MAX
3V
3V
IC MAX
15 A
16 A
hFE min
500
1000
Pot. MAX
90 W
150 W
Attenzione che il transistor andrà accuratamente
collocato su opportuna aletta di raffreddamento in grado di
dissipare la potenza necessaria.
Volendo avere una corrente ancora maggiore si potranno
collegare due, tre o più transistor uguali in parallelo; in
questo caso, però, è consigliabile mettere una resistenza da
0.1 in serie ad ogni emettitore dei PNP per compensare
lievi differenze sulle VBE. Attenzione al calcolo della
potenza su tali resistenze, infatti supponendo sia IMAX la
massima corrente erogata da ogni transistor è bene che la
potenza delle resistenze da 0.1 sia maggiore di:
PR  I MAX   0.1

qualche W.
L’integrato LM317, nel caso debba dissipare un potenza
maggiore di 0.7W va posto su aletta di raffreddamento. Per
calcolare la potenza che dovrà dissipare si può ricorrere alla
relazione (4):
(4)
PLM317  Vin  VP   Idi carica  PR1
inoltre è bene che questa potenza non superi i 15 W.
Usando un transistor come mostrato in Fig.3 si può
calcolare R2 in modo che la potenza sull’LM317 sia limitata
così non sarà necessario montarlo su aletta oppure si può
usare un’aletta di piccole dimensioni. In questo caso però è il
transistor che dovrà essere ben montato su un’appropriata
aletta di raffreddamento. Per calcolare le potenze si useranno
le relazioni (5):
(3)
1.2
(8)
2
PT  Vin  VP   Idi carica  PR1
(5)
Fig. 4 Doppia semionda raddrizzata e filtrata.
PLM317  Vin  VP  I LM317  PR1
Trasformatore e ponte raddrizzatore.
L’integrato LM317 (vedi note tecniche) ha una Vi/o min
pari a 3 V, questa tensione rappresenta la minima differenza
di tensione che dovrà avere l’integrato tra i piedini E ed U, o
meglio se la tensione VEU scende sotto i 3 V l’integrato non
sarà più in grado di funzionare correttamente. A questo
scopo Vin verrà determinata imponendo la (6); se presente
R2 al secondo termine della (6) va sommato anche VR2.
Vin  3  VR1  VP
(6)
Attenzione: tanto più è grande Vin, tanto maggiore saranno
le potenze in gioco sia sul transistor che sull’LM317; vedi
(4) e (5).
Dopo aver stabilito il valore della Vin si potrà procedere a
determinare le caratteristiche del trasformatore e del
condensatore di livellamento C. Vale la pena ricordare che
dopo il ponte raddrizzatore sul condensatore C, il valore
della tensione sarà circa pari alla tensione del secondario del
trasformatore moltiplicata per il fattore 1.41. Chiamata V M
questa tensione si ricava dalla (7):
VM  Vsec. del trasformat ore 1.41  1.4
(7)
dove il numero 1.4 rappresenta la caduta di tensione sui
diodi del ponte, nel caso su utilizzi lo schema di Fig.7.
Inoltre VM dovrà necessariamente essere maggiore di Vin. A
questo punto tramite la (8) potrà essere determinato il valore
della capacita C (vedi Fig. 4):
C
Idi carica
T
V
dove: V  VM  Vin
Anche il trasformatore dovrà essere accuratamente scelto;
dalla (7) si determina la tensione al secondario mentre la
potenza del nucleo si determina tramite la (9):
(9)
PNucleo  Vsec. del trasformat ore  I di carica
Meglio scegliere, per il nucleo, una potenza del 10-15%
maggiore del valore calcolato dalla (9). Anche la tensione
del secondario è bene sceglierla un 10% in più del valore
minimo ricavato dalla (7), poiché nella rete di alimentazione
possono esserci delle fluttuazioni del 10%.
Benché nelle figure ho sempre riportato solo una pila
faccio notare che più pile dello stesso tipo possono essere
caricate contemporaneamente, basta collegarle in serie;
attenzione che in questo caso la VP =1.25 V (tensione
nominale di una pila NiCd) raddoppia, triplica ecc a seconda
che si colleghino 2, 3 o più pile in serie. In questo caso tutte
le relazioni da (4) in poi vanno calcolate usando il giusto
valore di VP.
2 Alimentatore stabilizzato a basso costo
Anche nella progettazione dell’alimentatore viene
impiegato l’integrato LM317 appena visto. Questo
dispositivo infatti è stato costruito proprio per realizzare
alimentatori semplici ed a basso costo. Nei data sheet
dell’LM317 viene proposto lo schema seguente:
Fig. 5 Schema proposto dal costruttore dell’LM317.
A colpo d’occhio lo schema potrebbe non sembrare del
tutto chiaro quindi meglio iniziare dalla Fig.6. Si è visto che
LM317 è stato progettato per mantenere una tensione fissa,
pari a 1.25V, tra i piedini U ed R; poiché tra questi due
piedini vi è collegata la resistenza R3 significa che anche
tale resistenza avrà ai suoi capi la tensione costante di
1.25V, quindi sarà percorsa da una corrente costante pari a:
(10)
IR3 
1.25
 costante
R3
Poiché questo integrato è stato studiato per avere una IADJ
molto piccola (almeno 50 volte più piccola di IR3) con buona
approssimazione si può dire che IR3  IR4 e la tensione
d’uscita Vout risulterà pari a VR3+VR4, quindi dalle (11):
 R4 
Vout  1.25  

 R3 
(11)
R4 
Fig. 6 Schema di base.
Vout  R 3
 R3
1.25
Il costruttore suggerisce di
scegliere per R3 un valore di
220, mentre R4 è a libera
scelta e viene impiegata per
impostare la tensione di uscita
tramite la seconda delle (11).
Esempio: volendo una Vout=5V si potrà scegliere una
R4 di valore commerciale 680.
A questo punto è facile intuire che volendo realizzare un
alimentatore universale invece di usare una R3 di valore
fisso si può utilizzare una resistenza variabile. Ad esempio
con un potenziometro di 6.8k si otterrà una tensione
d’uscita variabile da un minimo di 1.25V ad un massimo di
circa 40V. Meglio non tentare di ottenere più di 40V, poiché
per questo integrato 40V rappresentano la massima
differenza di tensione applicabile tra ingresso ed uscita.
Ora, capito lo schema base di Fig.6, ritorniamo alla Fig. 5
per spiegare cosa servano gli altri componenti.
C1: va posto quanto più possibile vicino ai piedini E ed R e
serve ad evitare autooscillazioni dell’integrato. Esso dovrà
essere 0.1F a disco oppure 1F al tantalio.
C2: è un condensatore elettrolitico da 10F, serve a rendere
perfettamente stabile la tensione sul terminale R migliorando
la reiezione al ripple dell’integrato.
C3: Questo condensatore serve ad abbattere ulteriormente il
ripple residuo all’uscita.
C2 e C3 dovranno avere una tensione di lavoro superiore
alla massima tensione impostata per Vout.
D1: questo diodo non è sempre necessario, ma nel caso ai
capi del condensatore di filtro C vi fosse collegato un altro
carico, quando si spegne il circuito può accadere che C si
scarichi più in fretta di C3 portando il potenziale di VU ad un
valore maggiore rispetto a VE. Se questa tensione supera
qualche volt l’integrato si può danneggiare. Questo diodo di
protezione impedisce che la tensione VUE superi i 0.7V.
D2: anche questo diodo non è strettamente necessario ma è
strettamente consigliato soprattutto in caso si realizzi un
alimentatore universale. Infatti in caso di corto circuito, C2
porterà il potenziale del piedino R ad un valore maggiore
rispetto al piedino U. Se questa d.d.p. supera qualche volt
l’integrato si può danneggiare. Come D1, anche D2 serve a
limitare questa d.d.p ad un valore di 0.7V.
2.1
Reiezione al ripple.
E’ comune, nella progettazione di alimentatori, trovare
una specifica sul ripple. Per ripple s’intende l’ondulazione
sovrapposta alla tensione continua presente soprattutto sul
condensatore di filtro C mentre per reiezione al ripple
s’intende la capacità dell’integrato di ridurre tale
fluttuazione sulla tensione d’uscita. Nelle note tecniche si
trova che LM317 ha una reiezione al ripple pari a 80dB
questo significa che l’oscillazione residua in uscita
dall’integrato verrà attenuata ben 10000 volte rispetto
all’ingresso, vedi (12).
(12)
80 dB  20  log
Vout
Vin

Vout 
Vin
10000
Esempio: volendo in uscita una tensione di ripple
massima di 0.1mVPP basterà garantire all’ingresso
dell’integrato una oscillazione non superiore ad 1VPP.
Supponendo sia IMAX la massima corrente che dovrà
erogare l’alimentatore, sostituendo questa corrente nella (8)
è possibile calcolare la capacità C:
(13)
C
I MAX
T
V
dove: V  Vin di ripplePiccoPicco
continuando l’esempio precedente si ottiene C=5000F
(valore commerciale 4700F) nel caso IMAX=0.5A.
Subito si osserva che il valore di C è abbastanza elevato
benché la reiezione al ripple dell’integrato sia molto grande,
ma ciò è dovuto al fatto che la specifica di 0.1mV di ripple
in uscita è un valore estremamente piccolo; mai ci si troverà
a dover soddisfare una specifica tanto restrittiva. Faccio
osservare che il ripple in uscita in realtà sarà più basso del
valore imposto dalla specifica poiché la relazione (13)
determina la capacità C sovrastimandola leggermente inoltre
la presenza di C3, non inserito nei calcoli, contribuisce a
ridurre il ripple ulteriormente.
Fig.7 Trasformatore, ponte raddrizzatore e condensatore di filtro C.
Nel caso si voglia collegare un carico in uscita che
assorba più di 1.5A bisognerà collegare uno o più transistor
di potenza come si vede
in Fig.8; il metodo è lo
stesso usato per il carica
batterie (si confronti con
Fig.3).
Il calcolo di R2 si
esegue impostando la
(2), mentre con la (3) si
calcola la potenza sui
resistori da 0.1. Con la Fig.8 Per ottenere molta corrente
sul carico.
(14) si determina la
potenza sull’LM317:
(14)
PLM317  Vout  Vin  I out
Nel caso siano presenti i transistor come in Fig.8 la
potenza di ciascun transistor sarà:
2
PT  Vin  Vout   I MAX  0.1 I MAX 
(15)
dove IMAX è la massima corrente che dovrà erogare un
transistor.
LM317: Note tecniche
Questo componente dispone di soli tre piedini ed è
venduto in contenitore TO 220 come mostrato in Fig. 9.
Viene anche fornita la versione a bassa corrente in
contenitore TO 92 e la massima corrente che può erogare
questo tipo è 100 mA.
Fig. 9 Piedinatura e forma dell’integrato LM317.
E = entrata, si collega la tensione d’ingresso (Vin) non
stabilizzata, ma già raddrizzata e livellata.
R = Regolazione, opportunamente collegato questo piedino
permette di regolare la tensione di uscita (questo terminale
spesso viene chiamato adjust).
U = uscita, si preleva la tensione stabilizzata (Vout).
Massima corrente di uscita
IMAX = 1.5 A
Minima tensione di uscita
Vmin = 1,25 V
Potenza massima dissipabile
PMAX = 15 W
Reiezione al ripple
= 80 dB
Minima differenza tensione ingresso/uscita Vi/o min= 3 V
La versione a balla corrente viene indicata facendo
seguire un L (Low) alla sigla LM317 e la corrente massima
che può erogare è di: IMAX = 100 mA.
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