Società globale ed emergenza educativa 1. Società e globalizzazione. Il tema di questa relazione è società globale ed emergenza educativa. Il taglio che ho voluto dare è di tipo sociologico. Infatti, per potere introdurre questi tre incontri, non possiamo fare a meno di considerare l’ambito sociale, perché è proprio all’interno di esso che possiamo leggere gli aspetti patologici che caratterizzano il vissuto sociale odierno. Tutto il resto possiamo considerarlo una conseguenza. Mi riferisco agli ambiti che in questi giorni saranno attenzionati. La catechesi del XXI secolo, è chiamata ad operare in un mondo concepito come globale e perciò complesso. Il fenomeno della globalizzazione ha cambiato i modi e i riferimenti della nostra vita. Le conseguenze si colgono, a livello antropologico ed etico, in termini di relativismo (non esistono più valori di riferimento fermi) e pragmatismo (si consider valore ciò che mi è utile al momento). La globalizzazione economica permette di non essere più ristretti nell’orizzonte dell’appartenenza nazionale, per cui ci si può muovere tra le tante sollecitazioni che provengono da tutte le culture del pianeta. Zigmunt Bauman parla di modernità liquida1, per fare comprendere come la globalizzazione, che ha come conseguenza il consumismo, porta la società all’effimero, alla soddisfazione del bisogno del momento. Il valore dello scambio commerciale è così affascinante che non ci si accorge sempre fino a che punto, pur essendo creativo, può essere distruttivo. Se lo scambio è il metro di valutazione di tutto, ha valore solo ciò che è commerciabile, dunque scambiabile. Tutto il resto perde il suo valore, svalutato e messo da parte. La globalizzazione economica2 ha rimesso in discussione gli equilibri geopolitici mondiali, e anche sociali, per cui il mondo appare come un piccolo villaggio caratterizzato da uno stato di crescente interdipendenza in tutti gli ambiti della vita. Gli esiti maggiormente negativi della situazione attuale sono costituiti dalle crescenti disuguaglianze economiche tra i popoli e tra le classi sociali e dalla crescente omologazione culturale. A livello antropologico, le conseguenze si possono così cogliere: quella in cui viviamo è una società di benestanti, ma siamo immiseriti e affamati sul piano spirituale. I ritmi del mercato, in vista della massimizzazione economica e della concorrenza, scandiscono la vita di tutti i giorni. Consumiamo i beni e nello stesso tempo, con la seduzione di nuovi prodotti, i primi risultano già obsoleti. Ciò provoca inquietudine e frustrazione. In questa dialettica del consumo, immediato e temporaneo, il desiderio non cammina più con il passo dell’attesa e della pazienza, ma con quello della situazione eccitante. 1 Z. BAUMAN, La vita liquida, Editori Laterza, Roma-Bari 2008, VII. Cfr BECK U., Che cos’è la globalizzazione (rischi e prospettive della società planetaria),Carocci Editore SPA, Roma 2002, pp. 13-31. 2 1 2. Società ed emergenza educativa. Spostando ora la nostra attenzione sulle “emergenze educative”, constatiamo come le forme di disagio che spesso hanno origine dalle profonde trasformazioni sociali in atto, illustrate prima, che se da un lato hanno cancellato valori fondamentali come il rispetto reciproco e la cultura della legalità, annullano identità e creano profondi squilibri sociali e vaste sacche di emarginazione. A queste condizioni i giovani, ma non solo essi, reagiscono con il disimpegno, l’edonismo, la violenza, rispondendo ai condizionamenti peggiori che provengono dai media. Forme di diffuso degrado morale e sociale, cui si sovrappongono problemi vecchi e nuovi, come la pedofilia, lo sfruttamento dei minori e le questioni di ordine pubblico connesse alle varie mafie, credo che completino il quadro. Focalizzando quella che i sociologi definiscono una devianza sociale e cioè il disagio e la violenza giovanile, occorre dire come i rapporti genitori-figli siano stati sempre condizionati dalle differenti prospettive dovute allo scarto generazionale, ma mentre in passato i conflitti nascevano dall’esigenza dei figli di essere protagonisti delle proprie scelte, oggi sembra che i disaccordi nascano essenzialmente da una insoddisfazione profonda per la qualità della vita cui i giovani sembrano essere irrimediabilmente condannati. La violenza apparentemente gratuita di cui si rendono protagonisti i giovani, è un fenomeno che per dimensioni e caratteristiche appare sostanzialmente inedito perché non più legato in modo esclusivo alla violenza finalizzata alla rapina ed a strati sociali ben individuabili, ma attraversa la società trasversalmente ai ceti di appartenenza dei giovani che ne sono coinvolti. Le statistiche di questi ultimi anni sono inquietanti perché, insieme agli episodi più classici della violenza giovanile, si mostra un crescente numero di incidenti automobilistici dovuti a folli esibizioni di neopatentati, suicidi, crescita esponenziale dell’uso delle droghe sintetiche, alcolismo tra gli adolescenti, episodi di bullismo e di sopraffazione tra giovanissimi coetanei e compagni di scuola. Situazioni che mostrano inequivocabilmente la presenza di un malessere diffuso tra le nuove generazioni di cui vanno ricercate con attenzione le cause scatenanti. La violenza dei giovani si esprime poi nelle forme e nei luoghi più disparati. Il tifo di frange estreme di ultras negli stadi riempie, ad esempio, le pagine di cronaca con fatti efferati ed episodi di intolleranza, razzismo, xenofobia, aggressioni, scontri tra opposte tifoserie, sino a trasformare i commenti dei dopopartita da divagazioni sportive a veri e propri bollettini di guerra in cui si scontrano i feriti e, alcune volte, purtroppo, anche i morti. Anche gli episodi di violenza spesso gratuita che hanno come protagonisti i giovani, hanno riproposto a più riprese la questione delle preoccupanti influenze negative sui comportamenti degli adolescenti del cinema, della televisione e di molti videogiochi. A correlare questi fattori in un rapporto di causa ed effetto, vi è la oggettiva constatazione che certe efferate azioni dei giovani appaiono più che altro dei tentativi di emulazione di altri episodi mutuati dall’informazione massmediale o suggeriti dai contenuti di popolari films, cartoni animati e videogames. Altri scenari sono le strade, i locali pubblici, le discoteche e persino le scuole, trasformati in campi di battaglia, luoghi di sopraffazione e spazi da rissa per futili motivi o per desideri 2 autoreferenziali agli occhi di una società in cui i valori collettivi sembrano aver ceduto il posto a forme esasperate di individualismo. Il mutamento radicale della condizione dei giovani non è stato isolato, ma piuttosto condizionato ed accompagnato da cambiamenti epocali che hanno attraversato tutta la società: il crollo delle ideologie, il cambiamento nei costumi, l’esplosione del consumismo globalizzato, la trasformazione del lavoro, hanno contribuito a ridurre gli spazi collettivi a cui riferirsi, in cui far valere la propria presenza, in cui identificarsi ed alla cui crescita dare un proprio contributo attivo riconosciuto ed apprezzato dagli altri. Una società nuova e migliore – afferma Benedetto XVI nella Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione – si costruisce non con i sogni declamati o le suggestioni utopiche, ma con percorsi educativi, con la testimonianza dei maestri, con la serietà delle proposte, con la severità e lo sforzo che porta alla conquista. Anche mons. Giuseppe Betori, già Segretario generale della CEI, ha spiegato che di fronte all’emergenza educativa, i Vescovi hanno condiviso la convinzione che anche oggi sia possibile educare e hanno confermato la scelta dell’evangelizzazione e dell’educazione dei giovani alla fede. <E’ forte la preoccupazione dei Vescovi circa la crisi educativa>, ha detto Betori. Tra le misure suggerite dai Vescovi, ha precisato mons. Betori c’è l’inserimento della religione cattolica “nella scuola come momento non estraneo ad essa, ma sempre più interagente con tutte le altre discipline” Ancora, i Vescovi auspicano un “rafforzamento della presenza dei cattolici nella scuola pubblica”, attraverso le diverse forme di aggregazione. 3. Linee per un progetto educativo: valori e disvalori. La crisi dei luoghi classici di aggregazione e dei punti di riferimento in cui riconoscere una propria identità, politica, culturale e religiosa, ha disarmato i giovani isolandoli in un edonismo sempre più esasperato frutto dei condizionamenti della società dei consumi. Ricostruire un tessuto sociale di solidarietà e recuperare i valori della comunicazione interpersonale, rappresentano le uniche condizioni su cui costruire un progetto educativo per i nostri giovani. In quanto catechisti che operiamo all’interno di una istituzione educativa e formativa quale è la parrocchia, comunque non l’unica, occorre puntare sui cosi detti valori di fondo che appartengono alla tradizione culturale e filosofica del nostro Paese, come l’etica, la morale, il costume, la moralità, il potere, aggiungendo a questi i valori di un “nuovo domani”, come l’affidabilità, la meritocrazia, l’integrazione e la solidarietà, la giustizia e il rispetto delle regole.. Il valore è ciò per cui “vale la pena” fare qualcosa e rischiare, In latino valere vuol dire stare bene: una condizione di salute, di pienezza, di positività, per conquistare la quale si ritiene giusto fare sacrifici o rinunce. 3 L’azione educativa, allora si pone responsabilmente il problema dei valori, dei significati, dei metodi, dei risultati attesi e della congruità di quello che si propone, in rapporto alla possibilità dell’educando di comprendere e di reagire, di apprendere concetti, sviluppare competenze, e cioè atteggiamenti e comportamenti di cui diventi progressivamente e responsabilmente titolare. Secondo il prof. Corradini nel suo contributo su Condizione giovanile nella società e nella scuola, le difficoltà maggiori nella costruzione del senso di generazionalità da parte dei giovani sembrano venire proprio dal fatto di vivere in una “società eticamente neutra” nei loro confronti, acuendo il senso di “solitudine morale” che è proprio di ogni cultura di tipo relativistico, ulteriormente acuito dal messaggio che la nostra società consumistica sembra a sua volta lanciare alle giovani generazioni: “vivete e consumate, al resto pensiamo noi!”. Ciò è confermato dal 5° Rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia, da cui emerge che “i valori sociali di democrazia e libertà sono percepiti più come diritti personali da far valere nel bozzolo delle relazioni primarie che come valori per i quali battersi a beneficio di tutti”. Valori e diritti, insomma, più che doveri. 4. Pluralismo religioso e accoglienza. Passando ora a parlare del pluralismo religioso, è da dire come la società occidentale è segnata da un marcato pluralismo religioso: Pluralismo equivale ad affermare che non vi sono più valori o norme assolute e, a motivo della globalizzazione, questo fenomeno e divenuto evidente nella sua urgenza in maniera del tutto nuovo. Anche le religioni sono divenute più vicine l’una all’altra nel villaggio globale del mondo. La tendenza è, comunque, quella di smussare i confini, perché alzare gli steccati tra le religioni può provocare nazionalismi e xenofobia. Il pluralismo religioso è, in sintesi, una opportunità e una sfida allo stesso tempo. La coesistenza, fianco a fianco, di credenti di tradizioni diverse, è uno stimolo alla conoscenza e al rispetto reciproco. Ogni religione reca con sé una inevitabile pretesa totalizzante di verità e di salvezza, radicalmente alternativa rispetto alle altre e al cristianesimo3. Su queste due valenze del pluralismo, di opportunità e di sfida, il catechista è chiamato ad operare in un contesto sempre più pluralista, con la sua identità di credente su cui si concentra la confessione di Cristo salvatore unico e universale dell’umanità. Ora, questa impostazione cristologica in teologia delle religioni viene definita inclusivista, perché pur confessando Cristo come il rivelatore definitivo del Padre e il Salvatore degli uomini, riconosce i semi di verità, di bene, di grazia presenti nelle altre religioni e proprio il dialogo interreligioso intende far fruttificare. La dottrina inclusivista è illustrata dalla Dei Verbum: Cristo compie e completa la rivelazione(DV, 4); in Cristo, morto e risorto per tutti, si trova il centro e il fine di tutta la storia umana (GS, 10); solo nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero 3 Cfr. CROCIATA M., Per uno statuto della teologia delle religioni, in ID. (ed.), Teologia delle religioni, Bilanci e prospettive, Paoline, Milano 2001, p.333. 4 dell’uomo (GS, 22); pertanto a tutti Dio offre la possibilità di essere associato al mistero pasquale (GS, 22). La convinzione inclusivista riconosce che nelle altre religioni è presente e operante lo Spirito di Dio che è lo spirito di Cristo4 La posizione inclusivista è la più equilibrata e rispettosa del dato biblico, perché evita gli scogli opposti di una prospettiva esclusivista che estremizza l’unicità dell’evento Cristo al punto da negare ogni valore alle religioni diverse dal cristianesimo; evita il livellamento sincretista della teologia pluralista, la quale ridimensiona la rivelazione e la mediazione salvifica di Cristo al punto da ritenere le religioni egualmente valide per raggiungere la salvezza. Antonello Sciabica 4 Cfr. Commissione teologica internazionale nel documento del 1997 su Il cristianesimo e le religioni, LEV, Citta del Vaticano 1997. 5 A questo punto è bene chiedersi come insegnare religione in un contesto di pluralismo e di laicità all’interno delle nostre scuole. Certo, la scuola è il luogo privilegiato nel quale gli studenti, che saranno i cittadini di domani, imparano a costruire la loro personalità e le loro professionalità. Infatti, la scuola si propone come luogo di istruzione, formazione e educazione ai valori civili ed etici. E l’IRC è parte integrante dell’offerta scolastica perché contribuisce a quella formazione spirituale e morale che costituice uno dei principi e criteri direttivi del sistema educativo di istruzione e formazione (Legge 53/03, art. 2b). Ora, l’IRC si propone di presentare i dati della tradizione e dell’esperienza dei cristiani: Contestualmente gli OSA invitano a informare e a coinvolgere gli studenti circa i contenuti, i significati e i valori delle altre tradizioni religiose. L’IRC si configura, da un lato, come espressione della comunità credente che opra nel tessuto sociale, dall’altro come trasmissione di un sapere della fede che sa suscitare, ed educare alle domande sul senso che ogni uomo, creato a immagine di dio e oriento a lui, porta con sé (GS, 10-19). L’impegno educativo del docente di religione cattolica è anche quello di offrire una conoscenza delle altre religioni che individui, valorizzi e porti a compimento i semi del Verbo presenti nelle altre tradizioni religiose (AG, 9). Senza dubbio, la concezione antropologica cristiana pone al centro la persona. E in questa linea personalista, dire che l’altro è persona significa sostanzialmente riconoscergli un valore assoluto che scaturisce dal fatto di essere creato a immagine e somiglianza di Dio. Ora, gli OSA, presentando il patrimonio culturale della religione cristiana-cattolica e aprendosi a un dialogo esplicito e costruttivo con le altre religioni, devono portarci a esplicitare queste due attenzioni e cioè l’esigenza antropologica-religiosa e quella culturale. Sotto il profilo antropologico.religioso, all’interno del processo inclusivista, occorre valorizzare tutta la ricchezza di spiritualità e di verità presente nelle religioni: è la via maestra per aiutare tutti gli studenti ad apprezzare l’altro per i valori di cui è portatore, tenendo presente l’irrinunciabilità delle proprie convinzioni, delle quali va data testimonianza. Sotto il profilo culturale l’IdR va visto come costruttore di civiltà e di pace; egli ha il compito sociale di accogliere e promuovere l’integrazione nella nostra società coloro che appartengono a culture diverse, invitandoli a condividere i valori fondanti la Repubblica5 . E’ evidente come l’influsso della tradizione cristiana ha contribuito a costruire l’identità nazionale, tanto che i valori della Costituzione coincidono con quelli del Cristianesimo: ricordo il rispetto per la dignità della persona, la libertà, la famiglia, la libertà, ecc. Tutto ciò è riconosciuto nell’art. 9 dell’Accordo di revisione del Concordato dell’84. A meno che non confondiamo laicità con laicismo, occorre dire come la tradizione della laicità nel nostro paese – escludendo i fatti della Sapienza nei confronti del Pontefice - non equivale a ostilità, sottraendo visibilità alle confessioni religiose, ma al contrario si riconosce il ruolo delle Chiese e delle comunità religiose nella sfera pubblica. E questo perché le religioni hanno una dimensione sociale che non può essere negata6 5 Cfr. CF, P. 65. Cfr. BIANCHI E., Per una laicità rappacificata, in Commisione STASI, Rapporto sulla laicità, Libri Scheiwiller, Milano 2004, p. 91. 6 6 5. Il Curricolo come “strumento” per le finalità educative. Rispetto al testo delle Indicazioni Nazionali allegato al Decreto Legislativo 59 del 2004, il nuovo testo sperimentale delle Indicazioni per il Curricolo allegato al Decreto Ministeriale del 31 luglio 2007 sottolinea come il curricolo non deve significare una interpretazione riduttiva della cosiddetta “centralità della persona”, accentuando la disciplinarietà per dare maggiore risalto ad una scuola degli insegnanti piuttosto che degli alunni. Per questo motivo l’evidenza del potenziamento della finalità educativa concepisce il curricolo come “strumento” che porta ad elaborare molteplici e diversificati percorsi offerti alle individualità in relazione secondo la loro particolare fascia di età. L’organizzazione del curricolo deve essere pensata in funzione della centralità della persona in vista dei Traguardi per lo sviluppo delle competenze da tradursi in termini formativi, orientativi e progettuali. Il curricolo non è un fine, ma un mezzo, una realtà da cui partire; non è unitario, ma si apre ai percorsi diversificati nel rispetto della singolare originalità delle persone, distinte nella loro identità in formazione, con davanti a loro un cammino differente da intraprendere7 E’ quanto emerso dalla relazione L’IdR e la comprensione del curricolo, tenuta da D. Vincenzo Annicchiarico, Responsabile del Servizio Nazionale IRC, a Cefalù. L’IdR, allora “comprende” il curricolo come mezzo e la sua opera educativa è tesa a far acquisire la capacità di valutare i messaggi religiosi, morali e culturali che la realtà offre, aiutando a coglierne il senso per la vita. L’IdR è chiamato ad essere uomo della sintesi perché deve favorire, sul piano della mediazione, la sintesi tra fede e cultura, tra Vangelo e storia, tra i bisogni degli alunni e le loro aspirazioni profonde. Chiamato, quindi, ad un lavoro di sintesi sul piano del rapporto tra comunità eccclesiale e comunità scolastica, promuove dentro la scuola progetti educativi rispettosi dell’integrale formazione dell’uomo8 Muovendosi con una forte carica interiore, l’IdR è un insegnante con una spiritualità che realizza nella propria persona la suddetta sintesi. Se ogni disciplina apre a molteplici prospettive ed è soggetta a diverse interpretazioni, competenza disciplinare significa, quindi anche per l’IdR non solo conoscenza della disciplina insegnata, ma anche che essa va collocata entro un quadro di cultura generale, quindi non solo padronanza del quadro storico ed epistemologico della religione cattolica, non solo la conoscenza dei rapporti della religione cattolica con le altre discipline, ma anche la consapevolezza delle dimensioni epistemologico-disciplinari presenti negli Obiettivi e delle relazioni tra di loro della dimensione antropologica, biblico-teologica-storica e diaologica. 7 Cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Indicaizioni per il curricolo per la scuola dell’Infanzia per il primo ciclo d’istruzione, Roma 2007, pp. 17-18; 23-25. 8 Cfr. RUINI C., Cattolici “toccati da Dio”, risorsa morale per l’Italia. Intervento conclusivo, in: Una speranza per l’Italia. Il Diario di Verona, Supplemento ad Avvenire del 2.12.2006, p.204. 7 L’IdR è chiamato a comprendere la competenza istituzionale nei suoi rapporti con le altre discipline, all’interno dell’organizzazione del sistema educativo scolastico. Mentre la competenza didattica la esplicita nel sapere quello che insegna, ma anche sapendo insegnare. La competenza progettuale richiede un impegno continuo di ricerca e di azione, perché essa si rivela allo stesso tempo complessa e dinamica. Infine, le competenze organizzative evidenziano il saper costruire un progetto educativo con i colleghi del team o del consiglio di classe. E’ chiaro che se tutte le competenze sono importanti, è nell’ambito relazionale che va colto il risultato definitivo dell’apprendimento dei nostri alunni. L’IdR, coltivando una competenza relazionale attenta e matura, applica anche tutte le altre sue capacità. 6. Alla ricerca delle buone pratiche. La ricerca delle buone pratiche e la necessità anche per gli IdR di passare, proprio attraverso queste da una comunità di apprendimento, cioè di insegnanti che si aggiornano e si formano, ad una comunità di pratica, cioè ad un gruppo professionale di insegnanti che hanno consapevolezza nella definizione di abilità e competenze,dando significato all’intervento educativo, si è rivelato uno dei momenti forti del corso dei formatori degli IdR di Cefalù. Il prof. Italo Bassotto, Ispettore Tecnico a riposo del MIUR , relazionando sulle buone pratiche, ha dato una ventata per certi versi di novità per quanto riguarda l’insegnamentoapprendimento. Una buona prassi, di fatto, è una prassi che va contestualizzata e si presenta come una esperienza educativa intenzionale che richiede un percorso dove il rapporto con i colleghi, con l’istituzione scuola e con il territorio, si rivela fondamentale per una ricercata efficacia della mediazione. Il docente di Religione esplicita la sua professionalità con la riflessione, offre opportunità di apprendimento, collaborando con gli altri docenti; utilizza la metodologia laboratoriale, poco o per nulla strutturata e dà spazio all’autobiografico, alla creatività, alla fantasia, dentro un percorso pedagogico –didattico che, nel complesso, si rivela educativo. Antonello Sciabica L’Ufficio Scolastico Diocesano (USD), nell’espletamento della sua azione pastorale, intesa come coordinamento dell’IRC nella scuola pubblica, è chiamato, per mandato del suo Pastore a contribuire fattivamente alle indicazioni che emergono dal Piano Pastorale Diocesano, evidenziando come l’anelito religioso, che traspare o spesso diventa evidente, dei nostri giovani, pur nel rifiuto o nell’ignoranza dei canali tradizionali, si rivolge a un qualcuno che risponda ai desideri più grandi che colmando paure e solitudine, si ponga come certezza per il futuro. OBIETTIVO 8 L’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) deve puntualmente sviluppare, un insegnamento scolastico con chiaro spessore culturale, in modo da rispondere alle sfide di una società complessa come quella odierna, con idonei processi formativi che si investano dei problemi connessi col rapporto fede-vita, Vangelo-storia. In un contesto frantumato, i valori che fondano la dignità dell’uomo e la sua convivenza sociale devono essere attenzionati dall’IRC. Inoltre, esso deve aprirsi all’ecumenismo e alla mondialità, con idonei contenuti e metodi di insegnamento. STRATEGIE L’USD, sensibile alle problematiche emerse, vuole contribuire alla realizzazione del Piano Pastorale con iniziative che guardino alla realtà sociale in cui vivono le nuove generazioni e, nello stesso tempo, accogliere le istanze pastorali che scaturiscono dal Piano nel suo complesso. L’USD, inoltre, constata come l’insegnante di Religione (IdR) che vive il proprio battesimo, incarnando la Parola, sia consapevole di essere chiamato e mandato dalla comunità, ma si sente isolato nello svolgimento del suo difficile e delicato compito. L’IdR richiede, nello spirito della comunione fraterna, attenzione, dialogo, collaborazione, ascolto, condivisione da parte della comunità parrocchiale e da quella diocesana, consapevole che il suo mandato parte dalla comunità e ad essa ritorna. EMERGENZE Prendendo spunto dall’aggiornamento continuo degli IdR, promosso dall’USD, nell’ultimo quinquennio emergono da parte degli IdR domande poste nei termini che seguono e cioè: -come ridestare nei nostri giovani la fede in Cristo? -Per annunciare il Vangelo a tutti gli uomini, quali nuove vie la Chiesa deve percorrere? -Per lo svolgimento del loro compito di testimoni, maestri ed educatori delle giovani generazioni, occorre trovare nuove strategie per la loro formazione. Preso atto di quanto emerge, l’USD desidera inserirsi a pieno titolo nella pastorale diocesana e nello svolgimento del suo complesso compito desidera maggiore attenzione da parte della Comunità diocesana. L’USD evidenzia come con il conferimento del mandato da parte del Vescovo, gli IdR sono di fatto introdotti a pieno titolo nella vita della Chiesa diocesana e si aprono alla missionarietà attraverso lo svolgimento di un servizio che parte da essa e arriva nella scuola. INIZIATIVE L’USD negli anni 2009-20013 si propone di realizzare: -corsi di aggiornamento estivi -incontri zonali in autunno -pastorale scolastica: possibili iniziative in prossimità del Natale e della Pasqua -mezze giornate (2 o 3) durante l’anno su tematiche o problematiche emergenti 9 -iniziative occasionali L’USD, nello spirito della comunione e della missionarietà per una attiva presenza nel territorio, auspica una più nutrita e sinergica collaborazione degli IdR con gli altri operatori pastorali impegnati negli altri ambiti della vita ecclesiale, per un organico progetto pastorale. L’USD evidenzia ancora come gli IdR attraverso il mandato si arricchiscono e diventano autorevoli, se contribuiscono alla realizzazione di quelle ministerialità affini, intese come servizio alla Chiesa, nel segno della testimonianza nella carità del proprio battesimo. L’IRC NELLA SCUOLA: TRA EMREGENZE EDUCATIVE, NUOVA LAICITA’ E PLURALISMO RELIGIOSO 10 La nuova scuola riformata, detta “scuola dell’autonomia”, è la giusta occasione per superare modelli formativo-educativi che risultano ormai inadeguati all’interno di un contesto sociale dove sono presenti esigenze di rinnovamento sia strutturale che culturali ed economiche. La scuola del XXI secolo è chiamata ad operare in un mondo concepito come globale e perciò complesso SOCIETA’ ED EMERGENZE EDUCATIVE Constatiamo come fatti di cronaca efferati sono le conseguenze di un disagio che sembra riguardare l’intero universo giovanile ed i luoghi di formazione sociale in cui si costruiscono caratteri e personalità, come la scuola e la famiglia. Oggi sembra che i disaccordi nascano essenzialmente da una insoddisfazione profonda per la qualità della vita cui i giovani sembrano essere irrimediabilmente condannati. 11 La violenza apparentemente gratuita di cui si rendono protagonisti i giovani, è un fenomeno non più legato alla violenza finalizzata alla rapina ed a strati sociali ben individuabili, ma attraversa la società trasversalmente ai ceti di appartenenza dei giovani che ne sono coinvolti. La violenza dei giovani si esprime poi nelle forme e nei luoghi più disparati. Anche gli episodi di violenza spesso gratuita che hanno come protagonisti i giovani, hanno riproposto a più riprese la questione delle preoccupanti influenze negative sui comportamenti degli adolescenti del cinema, della televisione e di molti videogiochi. Non si deve però cadere nell’errore di affermare che la violenza giovanile sia un fatto nuovo. Il crollo delle ideologie, il cambiamento nei costumi, l’esplosone del consumismo globalizzatp, la trasformazione del lavoro, hanno contribuito a ridurre gli spazi collettivi a cui riferirsi. Una società nuova e migliore – afferma Benedetto XVI nella Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione – si costruisce non con i sogni declamati o le suggestioni utopiche, 12 ma con percorsi educativi, con la testimonianza dei maestri, con la serietà delle proposte, con la severità e lo sforzo che porta alla conquista. LINEE PER UN PROGETTO EDUCATIVO: VALORI E DISVALORI. 13 Ricostruire un tessuto sociale di solidarietà e recuperare i valori della comunicazione interpersonale rappresentano le uniche condizioni su cui costruire un progetto educativo per i nostri giovani. I valori di fondo che appartengono alla tradizione culturale e filosofica del nostro Paese: l’etica, la morale, il costume, la moralità, il potere, l’integrzione, la solidarietà, la giustizia, il rispetto delle regole. Punto di partenza di una scuola che deve elaborare il suo curricolo di istituto è senza dubbio il confronto, la condivisione, la selezione delle idee forti, dei principi-valori su cui la scuola procede alla lettura dei bisogni formativi, alla loro individuazione e selezione. Le difficoltà maggiori dei giovani sembrano provenire dal fatto che essi vivono in una società eticamente neutra nei loro confronti. Il senso di solitudine morale è pproprio di una cultura di tipo relativistico, ulteriormente acuito dal messaggio che la nostra società consumistica 14 sembra a sua volta lanciare ai giovani: “vivete e consumate, al resto pensiamo noi!” Fatica ad emergere quel fattore vocazionale che in altri tempi era assai visibile. PLURALISMO, ACCOGLIENZA E LAICITA’ NELLA SCUOLA ITALIANA 15 La società occidentale è segnata da un marcato pluralismo religioso. Pluralismo equivale ad afermare che non visono più valori o norme assolute In un momento storico come il nostro, si avverte l’esigenza dell’incontro con l’altro per apprezzarne i valori di cui è portatore. Il pluralismo religioso è, in sintesi, una opportunità ed una sfida allo stesso tempo. Ogni religione reca con sé una inevitabile pretesa totalizzante di verità e di salvezza. Il docente di Religione cattolica è chiamato ad operare in un contesto sempre più pluralista. Questa impostazione cristologica viene definita inclusivista. La dottrina inclusivista è illustrata dalla Dei Verbum: Cristo compie e completa la rivelazione (DV, 4); in Cristo, morto e risorto per tutti, si trova il centro e il fine di tutta la storia umana (GS, 10); solo 16 nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo (GS, 22); pertanto a tutti Dio offre la possibilità di essere associato al mistero pasquale (GS, 22). La posizione inclusivista è riaffermata da Giovanni Paolo II nell’emciclica Redemptoris Missino, dove è detto che l’identità cristiana non è di ostacolo all’impegno pedagogico scolastico, come speso si crede in ambienti laicisti. La convinzione inclusivista è riconosce che nelle altre religioni è presente ed operante lo Spirito di Dio che è lo Spirito di Cristo. Evita gli scogli di una prospettiva esclusivista; evita il livellamento sincretista della teologia pluralista. A questo punto è bene chiedersi come insegnare religione in un contesto di pluralismo e di laicità all’interno delle nostre scuole. La scuola si propone come luogo di istruzione, formazione ed educazione ai valori civili ed etici. L’IRC E’ PARTE INTEGRANTE DELL’OFERTA SCOLASTICA, PERCHE CONTRIBUISCE A QUELLA FORMAZIONE MORALE CHE COSTITUISCE UNO DEI PRINCIPI E CRITERI DIRETTIVI DEL SISTEMA 17 EDUCATIVO DI ISTRUZIONE (Legge53/03, art. 2b). E FORMAZIONE La concezione antropologica cristiana pone al centro la persona. Gli OSA , presentando il patrimonio culturale della religione cristiana-cattolica e aprendosi a un dialogo esplicito e costruttivo con le altre religioni, devono portarci a esplicitare queste due attenzioni: - l’esigenza antropologica religiosa - l’esigenza culturale. All’interno del processo inclusivista occorre valorizzare tutta la ricchezza di spiritualità e di verità presente nelle religioni. Sotto il profilo culturale l’IdR costruttore di civiltà e di pace. va visto come L’influsso della tradizione cristiana ha contribuito a costruire l’identità nazionale, tanto che i valori della Costituzione coincidono con quelli del Cristianesimo. 18 IL CURRICOLO COME “STRUMENTO” PER LE FINALITA’ EDUCATIVE. Nelle Indicazioni per il Curricolo allegato al Decreto <ministeriale del 31 luglio 2007 troviamo scritto che il Curricolo non deve significare una interpretazione riduttiva della cosiddetta “centralità della persona”, accentuando la disciplinarietà per dare maggiore risalto ad una scuola degli insegnanti piuttosto che degli alunni. Il Curricolo non è un fine, ma un mezzo. Non è unitario, ma si apre ai percorsi diversificati nel rispetto della singolare originalità delle persone. L’IdR è chiamato ad essere uomo della sintesi. Deve favorire la sintesi tra: fede e cultura Vangelo e storia Bisogni degli alunni e le loro aspirazioni profonde Deve avere consapevolezza delle dimensioni epistemologiche-disciplinari presenti negli obiettivi e delle relazioni tra di loro della dimensione antropologica Biblico-teologica-storica e dialogica 19 La competenza progettuale richiede un impegno continuo di ricerca e di azione. Le competenze organizzative evidenziano il saper costruire un progetto educativo con il colleghi del team o del consiglio di classe. ALLA RICERCA DELLE BUONE PRATICHE. La ricerca delle buone pratiche e la necessità di passare da una comunità di apprendimento, ad una comunità di pratica. 20 Il docente di Religione utilizza la metodologia laboratoriale, poco o per nulla strutturata e dà spazio all’autobiografico, alla creatività, alla fantasia. 21