Carrascosa, direttore del Centro Internazionale di CL: l’uomo ha le stesse esigenze, a tutte le latitudini Il ministro degli esteri di Giussani L’ex anarchico conquistato da Cristo iniziò nel quartiere di Argüello. Ma la Chiesa era ancora lontana Potremmo definirlo “il ministro degli esteri” di Giussani. O - ribatte sorridendo - “l’ambasciatore” che annuncia al mondo l’esperienza che gli ha cambiato la vita. Jesús Carrascosa, dal ’95 direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione, questa volta la sua ambasciata è venuto a portarla a Piacenza. Insieme al parlamentare Pierluigi Bersani, è stato protagonista della serata di presentazione del volume “Perché la Chiesa” di mons. Luigi Giussani. Un appuntamento voluto per festeggiare i cinquant’anni del Movimento nato nella Milano del ’54 da un gruppo di studenti del Berchet. Si parlava ancora di Gioventù Studentesca (la sigla Comunione e Liberazione arrivò nel ’69) e di lì a pochi anni l’esperienza del “Gius” sarebbe approdata anche nella nostra provincia. L’uomo è lo stesso, a tutte le latitudini Sarà l’accento spagnolo che fa subito simpatia. Sarà lo spirito d’accoglienza che rende disponibile all’intervista anche alle 11 di sera - “ma per i ritmi spagnoli siamo in perfetto orario per la cena”, scherza - ma non ci stupisce che Carrascosa sia stato scelto per tenere “le pubbliche relazioni” di CL a livello globale. In qualità di direttore del Centro Internazionale, viaggia nei cinque continenti per visitare le comunità che il Movimento fondato da mons. Giussani conta in 70 Paesi. A Roma il Centro è punto di riferimento per i rapporti con la Santa Sede, i dicasteri e le congregazioni. “E ultimamente abbiamo scoperto che tantissimi ambasciatori presso la S.Sede e il Consolato d’Italia sono interessati al Movimento. Abbiamo avviato anche queste relazioni che sono molto fruttuose”, ci spiega. L’uomo ha sete di felicità, di gioia, di amore a tutte le latitudini. È questa la scoperta che Carrascosa riscontra nel suo continuo viaggiare. “Negli Stati Uniti il Movimento sta venendo fuori con vivacità enorme - racconta -, ma anche in un Paese culturalmente così diverso come il Kazakistan la proposta cristiana trova terreno fertile. È qualcosa che stupisce sempre: toccare con mano come Cristo sia davvero risposta alle esigenze del cuore. Il cristianesimo è proposta all’uomo e l’uomo è lo stesso ovunque”. Carrascosa ricorda in particolare l’incontro con una donna africana, malata terminale di Aids. “Mi chiese: ‘lei vedrà don Giussani al suo rientro?’. ‘Certamente’, risposi. ‘Allora lo ringrazi perché attraverso questi amici ugandesi che mi hanno fatto leggere ‘Il senso religioso’ ho iniziato a conoscere Cristo e grazie a questo posso morire con una speranza e come una persona umana’. Insomma quella donna aveva le stesse esigenze che ho io. Anzi, le aveva ancor più vive di me per la situazione in cui si trovava”. Il peccato originale, fattore non previsto Carrascosa, “Carras” per gli amici, fin da ragazzo è stato conquistato dal desiderio di fare qualcosa di grande per gli altri. Nella Spagna dell’ultimo Franco, era passato attraverso l’anarchismo e con un gruppo di amici faceva un’esperienza di comunismo libertario in un quartiere popolare di Madrid. Insieme ai compagni aveva fondato anche una casa editrice, una copertura politica per potersi muovere dalla Spagna senza destare sospetti. “Avevo due lauree, in filosofia e in sociologia, ma ero pagato meno della persona che imballava i libri: lui aveva due figli e io no - ricorda -. A me stava bene. Ma un giorno scopro che quel tizio lavora male, che continua a sbagliare le spedizioni. Il suo problema non era certo lo sfruttamento. Era la pigrizia”. In questo mondo di grandi ideali e di grande generosità era entrato un fattore non previsto: quello che gli insegnanti del collegio dei gesuiti spiegavano come peccato originale. “Ma io - continua Carrascosa - non volevo accettarlo: avrebbe significato rimettere tutto in discussione”. L’incontro con Giussani risale a questo periodo di crisi. Era il 1975. “L’ho trovato subito interessante. Parlava di libertà, di amore, di felicità. Quella musica mi suonava bene”. Com’è stata dura accettare la Chiesa Fatto sta che, invitato in Spagna a parlare ai compagni, Giussani non riscuote lo stesso successo. Nella casa per esercizi dove si erano dati appuntamento - l’unico luogo sicuro dai controlli della polizia - si comincia a parlare dell’uomo, della sua ragione, della sua ansia di libertà. Cosa che colpisce gli anarchici. Se non che Giussani prosegue indicando in Gesù la risposta a qusta domanda fondamentale. Lì iniziano i dubbi, “ma parlava di Cristo così bene, con tanta passione, che restarono ad ascoltare”. La vera disfatta avviene al terzo punto: Cristo oggi si incontra nella Chiesa. “Giussani entrava come un caccia in terreno nemico e da sotto le mitragliatrici cominciarono a sparare. La chiusura fu totale. Per noi la Chiesa voleva dire implicazione col regime, classismo, conservatorismo”. Carrascosa alla “riconciliazione” ci è arrivato progressivamente. “Il cercatore d’oro - esemplifica non si ferma davanti al fango. Nella Chiesa il fattore umano è inevitabile. Ma l’oro in fondo resta”. A distanza di quasi trent’anni, la resistenza nei confronti della Chiesa in Spagna - e non solo, aggiungiamo noi - è ancora una realtà. “L’uomo vive diviso: la ragione è chiusa in sé stessa e la fede spesso non tocca la vita. E quel che non c’entra con la vita è come un orologio che non funziona più. Può essere anche d’oro, ma non te ne fai niente”. Da Kiko a Giussani: la forza del metodo Eppure proprio dalla Spagna sono partite esperienze di evangelizzazione importanti. Kiko Argüello, fondatore del Cammino neocatecumenale, ha iniziato nelle baraccopoli di Madrid, proprio nello stesso quartiere dove pochi anni dopo Carras e compagni avrebbero dato il via al loro laboratorio di comunismo libertario. L’incontro con Argüello, di cui Carrascosa è grande amico, è avvenuto soltanto anni dopo, a Roma. “Tra CL e il Cammino c’è affinità: in entrambi si insiste su Cristo come l’Avvenimento, anche se i metodi sono diversi”. “Metodo” è una parola cara al direttore del Centro Internazionale. “Le proposte nella Chiesa non mancano - dice -. Il rischio è che venga meno il metodo. Ma una proposta senza metodo è invivibile. Assomiglia all’annuncio di un prodotto che però non sai dove si vende”. Carras è l’uomo degli estremi. Prima tutto per l’anarchia. Ora tutto per Cristo. C’è da stupirsi? Per nulla. “Ciò che di bello ti è successo e ha cambiato la tua vita lo vuoi per tutti”, spiega con semplicità. L’ambasciata, ancora una volta, è fatta. Barbara Sartori