La fisica di Newton secondo Einstein

La fisica di Newton secondo Einstein
Nell’anno 1942, mentre in Europa imperversa la guerra, e lo sviluppo
della tecnologia coincide con la creazione di mezzi di distruzione
sempre più micidiali, Albert Einstein riflette sul progresso della
scienza moderna. Egli dedica alcune pagine ad una figura lontana nel
tempo, ad uno scienziato puro, che appare così estraneo ai nefasti
risvolti della fisica del Novecento: Isaac Newton.
“La ragione, ovviamente, è debole se confrontata con la sua meta
infinita. Debole, veramente, di fronte alle follie e alle passioni
dell’umanità, le quali, dobbiamo riconoscerlo, controllano quasi
completamente i nostri destini, nelle piccole cose come nelle grandi.
Eppure le opere dell’intelletto sopravvivono alle rumorose e
affaccendate generazioni e diffondono luce e calore attraverso i secoli.
Rinfrancati da tale pensiero rivolgiamo, in questi giorni inquieti, il
nostro pensiero a Newton, il quale tre secoli fa entrò a far parte
dell’umanità.
Pensare a lui significa pensare alla sua opera. Infatti un tale uomo può
essere compreso soltanto pensando a lui come a una scena sulla quale
si svolse la lotta per la verità eterna. Molto prima di Newton vi erano
state delle menti potenti che pensavano dovesse essere possibile,
attraverso la deduzione logica da semplici ipotesi fisiche,
fornire delle spiegazioni convincenti dei fenomeni percettibili
dai nostri sensi. Ma Newton fu il primo che riuscì a trovare una
base chiaramente formulata dalla quale poter dedurre un gran
numero di fenomeni mediante il ragionamento matematico,
logico, quantitativo e in armonia con l’esperienza. Invero, egli
poteva giustamente sperare che la base fondamentale della sua
meccanica sarebbe giunta con il tempo a fornire la chiave per la
comprensione di tutti i fenomeni. Così pensarono i suoi allievi, con
maggior sicurezza di lui, sino alla fine del diciottesimo secolo. Come
nacque questo miracolo nella sua mente? Perdonami, lettore, la
domanda illogica. Se infatti potessimo trattare con la ragione il
problema del come, allora non vi potrebbe essere alcuna questione circa
il miracolo nel vero senso della parola. Scopo di ogni attività
dell’intelletto è quello di convertire un miracolo in qualche cosa
che esso può comprendere. Se in questo caso il miracolo si lascia
convertire, allora la nostra ammirazione per la mente di Newton diventa
ancora maggiore. […]
Che cosa accade allora nel caso di un corpo che cade nello spazio? Un
corpo in caduta libera si comporta praticamente come un punto privo di
dimensioni, se se ne considera il moto complessivo. Esso è accelerato
verso il basso. L’accelerazione, secondo Galileo, è indipendente dalla
sua natura e dalla sua velocità. La Terra, naturalmente, ha una
funzione essenziale circa l’esistenza di questa accelerazione.
Sembrerebbe, allora, che la terra con la sola sua presenza eserciti una
forza sul corpo. La terra è costituita di moltissime particelle. Sembra
inevitabile allora l’idea che ciascuna di queste particelle agisca sul
corpo in caduta e che tutti questi effetti si sommino. Sembra allora che
vi sia una forza che i corpi con la loro stessa presenza esercitano l’uno
sull’altro attraverso lo spazio. Queste forze sembrano essere
indipendenti dalle velocità, e dipendenti soltanto dalla posizione e dalle
proprietà quantitative dei vari corpi che le esercitano. Questa proprietà
quantitativa potrebbe dipendere strettamente dalla massa, in quanto la
massa sembra caratterizzare il corpo dal punto di vista meccanico.
Questo strano effetto a distanza può essere chiamato gravitazione.[…]
A questo punto, soltanto l’esperimento può venire in aiuto.
Un tale esperimento, tuttavia, era a disposizione di Newton.
L’accelerazione della luna era nota attraverso la sua orbita e poteva
essere confrontata con l’accelerazione di un corpo qualsiasi in caduta
libera sulla superficie della terra. Inoltre, i moti dei pianeti intorno al
sole erano stati determinati da Kepler con grande precisione e descritti
da leggi empiriche semplici. […] Newton trovò che tutto era
spiegabile con una forza inversamente proporzionale al
quadrato della distanza. E con ciò l’obiettivo era raggiunto, la
scienza della meccanica celeste era nata, e doveva essere confermata
migliaia di volte da Newton stesso e da coloro che vennero dopo di lui.
E per gli altri campi della fisica? La gravitazione e la legge non
potevano spiegare tutto. Che cosa determina l’equilibrio delle varie
parti di un corpo solido? Come si potevano spiegare la luce e i fenomeni
elettrici? Introducendo i punti materiali e forze di vario tipo agenti a
distanza, ogni cosa sembrava potersi derivare in modo abbastanza
semplice dalle leggi del moto.
Questa speranza non è stata confermata, e nessuno crede più nella
soluzione di tutti i nostri problemi su tale base. Ciononostante, il modo
di pensare dei fisici di oggi è condizionato in grande misura dai
fondamentali concetti di Newton. Finora non è stato possibile sostituire
alla concezione unificata newtoniana dell’universo una nuova
concezione generale parimenti unificata. Ma ciò cui siamo pervenuti
finora sarebbe stato impossibile senza il limpido sistema di Newton.
Dall’osservazione delle stelle abbiamo tratto sostanzialmente gli
strumenti intellettuali indispensabili per lo sviluppo della
tecnica moderna. Dell’abuso di quest’ultima nel nostro tempo
creatore, intelletti come quello di Newton non sono responsabili
più di quanto non lo siano le stelle stesse, dalla contemplazione
delle quali si innalzarono i nostri pensieri. È necessario dire
queste cose, perché nel nostro tempo la considerazione dei
valori intellettuali per se stessi non è più così viva come lo era
nei secoli del rinascimento intellettuale.”
(cit. da A. Einstein, Pensieri degli anni difficili, trad. di L. Bianchi,
Bollati Boringhieri, Torino 1996, pagg. 140-144)