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Autorità: Cassazione civile sez. III
Data: 13 marzo 2009
Numero: n. 6155
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele
- Presidente Dott. PETTI Giovanni Battista
- Consigliere Dott. URBAN Giancarlo
- Consigliere Dott. SPAGNA MUSSO Bruno
- Consigliere Dott. D'AMICO Paolo
- rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 28453-2004 proposto da:
SICILCOM SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, Dott.
C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
GRACCHI 187, presso lo studio dell'avvocato MAGNANO DI SAN LIO
GIOVANNI, rappresentata e difesa dagli avvocati TAFURI GAETANO,
TAFURI LUIGI giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrentecontro
ASSITALIA SPA, in persona del Dott.
L.S., elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO VII 396, presso lo studio GIUFFRIDA
E GIACOBBE, rappresentata e difesa dall'avvocato MOLLICA GASPARE
giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente e contro
TELECOM ITALIA SPA;
- intimata sul ricorso 2831-2005 proposto da:
TELECOM ITALIA SPA, in persona del procuratore speciale avv. F.
V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G ANTONELLI 15,
presso lo studio dell'avvocato SCOZZAFAVA OBERDAN TOMMASO, che la
rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso e
ricorso incidentale condizionato;
- ricorrente contro
SICILCOM SRL, in persona del legale rapp.te pro tempore, Dott.
C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
GRACCHI 187, presso lo studio dell'avvocato MAGNANO DI SAN LIO
GIOVANNI, rappresentata e difesa dagli avvocati TAFURI LUIGI, TAFURI
GAETANO giusta delega a margine del ricorso principale;
- controricorrente e contro
ASSITALIA SPA;
- intimata avverso la sentenza n. 795/2004 della CORTE D'APPELLO di CATANIA,
Sezione Prima Civile, emessa il 7/07/04, depositata il 11/09/2004;
R.G.N. 390/1999;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/10/2008 dal Consigliere Dott. PAOLO D'AMICO;
udito l'Avvocato Patrizia MARINO (per delega Tommaso SCOZZAFAVA);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso
principale e l'assorbimento del ricorso incidentale.
(Torna su ) Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 6.11.1995, la Telecom Italia spa conveniva in giudizio dinanzi al
Tribunale di Catania la Sicilcom srl chiedendone la condanna al pagamento della complessiva
somma di L. 53.095.500, a titolo di risarcimento danni, per avere la convenuta, durante i lavori di
ricostruzione di una barriera di protezione della ss. (OMISSIS), danneggiato una canalizzazione
telefonica interrata a margine della stessa strada.
Instauratosi il contraddittorio, la convenuta contestava la domanda e ne chiedeva il rigetto,
osservando che l'evento dannoso era ascrivibile unicamente al comportamento negligente
dell'attrice.
Tanto premesso la Sicilcom chiedeva quindi di essere autorizzata a chiamare in causa l'Assitalia spa
perchè quest'ultima, in ipotesi di accoglimento della domanda attrice, la rivalesse, nel limite del
massimale, di quanto sarebbe stata eventualmente condannata a pagare alla Telecom.
Autorizzata la chiamata in giudizio, si costituiva l'Assitalia che riconosceva l'esistenza del contratto
di assicurazione, indicava il massimale in L. 20.000.000 e, nel merito, si associava alle difese della
convenuta per contestare la fondatezza della domanda attrice.
La causa veniva posta una prima volta in decisione senza che fosse stata svolta attività istruttoria.
Poi, con ordinanza del 28.11.1997, il Giudice ammetteva la prova per testi dedotta dalla convenuta.
Espletato il mezzo istruttorio la causa era nuovamente posta in decisione.
Con sentenza del 27.11.1998/5.3.1999, il Tribunale, in composizione monocratica, condannava la
Sicilcom al pagamento dell'importo di L. 53.095.000 in favore della Telecom e dichiarava il diritto
della prima a rivalersi nei confronti dell'Assitalia spa nei limiti del massimale di L. 20 milioni.
Avverso tale decisione proponeva appello la Sicilcom srl deducendo che erroneamente il primo
giudice aveva ritenuto sussistente la sua responsabilità nell'eziologia dell'evento laddove, invece,
dai documenti in atti e dalle testimonianze rese era emerso inequivocabilmente che i cavi erano stati
interrati ad una distanza difforme da quella stabilita, non solo dalla convenzione SIF/ ANAS e dalla
circolare n. (OMISSIS), ma anche dall'autorizzazione del (OMISSIS), riguardante i lavori di
interramento dei cavi.
L'appellante lamentava in particolare che il giudice non aveva adeguatamente valutato le
dichiarazioni testimoniali dell'unico soggetto del tutto estraneo alla vicenda processuale ed aveva
invece, privilegiato le dichiarazioni rese dai testi interessati alla causa per aver fornito le indicazioni
sull'ubicazione dei cavi e che avevano quindi tutto l'interesse a nascondere il loro errore.
In ordine alla quantificazione del danno l'appellante osservava che il primo giudice aveva errato
nell'attribuire valore di atto pubblico al consuntivo. Tale documento infatti non era stato redatto da
funzionari della Telecom ma da semplici impiegati, mentre i detti funzionari non potevano in ogni
caso considerarsi quali incaricati di un pubblico servizio. Per tali ragioni la Sicilcom chiedeva
disporsi C.t.u. per accertare quale fosse l'effettiva posizione dei cavi e per quantificare i danni
subiti.
In via subordinata la medesima Sicilcom rilevava: che gli interessi erano dovuti solo sul capitale
originario e non sulla somma rivalutata; che il giudice aveva omesso di statuire la rivalutabilità del
massimale di L. 20 milioni; che, ai sensi della lettera "G" delle condizioni aggiuntive di contratto,
relativa ai danni da interruzione o sospensione di attività industriali, commerciali ecc, essa aveva
diritto al pagamento di un massimale di L. 40 milioni, per cui l'Assistalia doveva rivalerla anche per
le voci "prestazioni manodopera sociale; prestazioni d'impresa; lucro cessante; spese generali",
rientranti nella suddetta voce di danno;
che, pur prevedendo l'art. 20 del contratto di assicurazione il rimborso delle spese legali sostenute
dall'assicurato per resistere all'azione del danneggiato nella misura di 1/4 del massimale - previsto
(massimale in ipotesi da individuarsi in L. 20 milioni per i danni ai materiali telefonici e in L. 40
milioni per i danni da interruzioni o sospensioni dell'attività di cui alla lettera "G"), il giudice di
primo grado nel condannarla al pagamento delle spese del giudizio in favore della Telecom nulla
aveva disposto in suo favore nei confronti dell'Assitalia, mentre essa aveva diritto di rivalersi
completamente nei confronti dell'assicurazione.
La Telecom contestava le censure mosse alla sentenza e ne chiedeva il rigetto.
L'Assitalia, proponeva appello incidentale e chiedeva che si dichiarasse la nullità della sentenza,
rilevando che non le era mai stato comunicato il provvedimento con il quale il primo giudice,
trattenuta una prima volta la causa in decisione all'udienza del 15.1.1997, l'aveva quindi rimessa sul
ruolo per l'espletamento della prova testimoniale. Da ciò derivava, ad avviso dell'appellante
incidentale la totale nullità dell'attività processuale successiva alla mancata comunicazione di detta
ordinanza. La medesima Assitalia rilevava altresì l'incapacità a testimoniare dei testi indicati dalla
Telecom, trattandosi a suo avviso di persone legittimate a partecipare al giudizio quali potenziali
responsabili dell'evento dannoso; chiedeva che la causa fosse decisa senza tenere conto di quanto
dichiarato da tali testi; contestava la valenza di atto pubblico attribuita dal primo giudice al
consuntivo dei danni redatto dalla Telecom. Quanto alle censure sollevate dalla Sicilcom in ordine
alle disposizioni concernenti l'azione di rivalsa, l'appellante incidentale osservava: che era infondato
il rilievo secondo cui il massimale doveva essere rivalutato, in quanto nell'assicurazione ordinaria
per responsabilità civile (diversamente da quanto previsto dalla normativa sull'assicurazione
obbligatoria per r.c. auto, introdotta con L. n. 990 del 1969) la somma dovuta al danneggiato rimane
ancorata al principio nominalistico e non varia per effetto del diminuito potere di acquisto della
moneta; che solo in caso di inadempimento dell'assicuratore (ipotesi non ricorrente nella fattispecie)
potevano riconoscersi al creditore assicurato gli interessi moratori ed il diritto al risarcimento del
danno; che non poteva applicarsi alla fattispecie l'art. 1917 c.c., comma 3 perchè a tenore della
polizza la gestione della lite era svolta dalla Compagnia in nome dell'assicurato; che a quest'ultimo
non era preclusa la facoltà di avvalersi di un proprio legale, ma che, in tal caso i compensi del
professionista rimanevano a suo carico.
La Corte d'appello dichiarava la nullità della sentenza impugnata;
condannava la Sicilcom srl al pagamento in favore della Telecom spa della somma di Euro
27.421,56 (L. 53.095.550), oltre rivalutazione monetaria in base agli indici Istat, dalla data della
verificazione del fatto sino all'effettivo pagamento, oltre interessi legali sull'importo capitale come
annualmente rivalutato; dichiarava il diritto della Sicilcom di rivalersi nei confronti dell'Assitalia
spa nei limiti della somma di Euro 10.329,13 (L. 20.000.000); condannava la Sicilcom al
pagamento in favore della Telecom delle spese di entrambi i gradi del giudizio; compensava
interamente le spese di entrambi i gradi del giudizio tra la Sicilcom e l'Assitalia Assicurazioni.
Proponeva ricorso per cassazione la Sicilcom s.r.l. Resistevano con controricorso la Telecom Italia
e Assitalia - Le assicurazioni d'Italia s.p.a..
Proponeva ricorso incidentale condizionato la Telecom Italia s.p.a..
Resisteva con controricorso la Sicilcom.
(Torna su ) Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi devono essere previamente riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso principale parte ricorrente denuncia:
"violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c., artt. 115, 61 e 62 c.p.c.; l'art. 1227 c.c.,
comma 1 e art. 2056 c.c. nonchè dell'art. 354 c.p.c., u.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3
insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 c.p.c., n.
5." La Sicilcom s.r.l. ha elaborato un'ampia critica dell'impugnata sentenza affermando anzitutto che
la Corte d'Appello, violando le disposizioni citate nel titolo, si è sostituita alla stessa Telecom,
procedendo autonomamente all'accertamento dei fatti rilevanti ai fini del decidere; quindi, che non
ha fatto corretta applicazione dell'art. 1227 c.c. e che ha violato sia il n. 3 che il n. 5 dell'art. 360
c.p.c..
Il motivo, in tutte le sue articolazioni, non è fondato. Come risulta infatti dalla motivazione e
nonostante la stessa faccia riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sostanzialmente si chiede, con
esso, una diversa ricostruzione della fattispecie concreta: ne sono indici gli espressi, centrali
riferimenti ad elementi fattuali quali, fra gli altri: la collocazione fisica dei cavi tranciati dalla
Sicilcom; la loro reciproca distanza e profondità alla quale furono interrati; il nesso di causalità
materiale fra il comportamento della Telecom ed il danno dalla stessa subito. Non sono invece
indicate rilevanti carenze del procedimento argomentativo nè specifici errori di diritto, e per tali
ragioni il motivo deve essere dunque rigettato.
Il secondo motivo denuncia: "violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. artt. 115 e 61 c.p.c.,
omessa motivazione su un punto decisivo in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5" Denuncia parte attrice
che l'operato della Corte d'appello viola l'art. 2697 c.c. perchè, anche in questo caso, "ha bypassato
l'onere probatorio che incombeva sull'attrice, la quale non ha in alcun modo dimostrato il numero
delle ore lavorate per il ripristino del danno ed il costo dei materiali impiegati". Ad avviso della
Sicilcom la Corte ha errato nel nominare un CTU con il mandato di accertare e quantificare il costo
sopportato dall'attrice - appellata.
Ha ancora errato nell'aderire alle conclusioni del CTU senza tener conto delle specifiche
osservazioni che l'esponente e l'Assitalia ebbero a formulare con consulenze di parte, con le quali si
formulavano rilievi critici al metodo ed alle conclusioni del C.t.u..
Sostiene ancora parte ricorrente che la Corte allorchè la consulenza di ufficio è contestata
motivatamente dalle parti, non può adagiarsi sulle sue conclusioni, ma deve motivare puntualmente.
Il motivo è infondato e deve essere respinto per le seguenti ragioni:
Preliminarmente, si rileva che La consulenza tecnica d'ufficio non è un mezzo istruttorio in senso
proprio, poichè ha la finalità di aiutare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella
soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, per cui non è qualificabile come
una prova vera e propria e, come tale, è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente
apprezzamento del giudice del merito che, nel caso in esame ha ritenuto opportuno ammetterla
(Cass., 22 febbraio 2006, n. 3881).
Più specificamente: 1) quanto alla addotta violazione dell'art. 2697 c.c. si deve osservare che tale
violazione non sussiste in quanto il giudice può affidare al consulente non solo l'incarico di valutare
i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi
(consulente percipiente), e in tal caso, in cui la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di
prova, è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e
che il giudice ritenga che l'accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (Cassazione civile,
sez. 3, 23 febbraio 2006, n. 3990). Nel caso in esame la C.t.u. fu chiesta proprio per accertare quale
fosse l'effettiva posizione dei cavi, non essendovi dubbi sul loro interramento, mentre per quanto
riguarda la quantificazioni dei danni gli stessi erano già stati addotti mentre il loro concreto
accertamento richiedeva particolari cognizioni tecniche; 2) quanto alla valutazione e utilizzazione
dei risultati della stessa si rileva che qualora sia stata disposta e ne condivìda i risultati, il giudice
non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, atteso che la decisione
di aderire alle risultanze della consulenza implica valutazione ed esame delle contrarie deduzioni
delle parti, mentre l'accettazione del parere del consulente, delineando il percorso logico della
decisione, ne costituisce motivazione adeguata, non suscettibile di censure in sede di legittimità
(Cass., 22 febbraio 2006, n. 3881).
Con il terzo motivo si denuncia "violazione e falsa applicazione degli artt. 354 e 345 c.p.c. in
relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3." La Corte, ha rigettato i motivi subordinati di appello n. 2 e 3 svolti
nei confronti della Assitalia, chiamata in garanzia, perchè considerati domande nuove e come tali
inammissibili.
Si osserva che così facendo il Giudice non ha tenuto conto della preliminare declaratoria di nullità
della sentenza del Tribunale, in funzione della quale egli - non potendo rimettere la causa al primo
giudice perchè non in presenza di una delle ipotesi previste dalla legge - ebbe a decidere la
controversia anche nel merito. Infatti, in questo, caso, venuto meno il I grado, il procedimento
svolgentesi davanti alla Corte non può dirsi di secondo grado, con le eventuali conseguenze sancite
dall'art. 345 c.p.c., ma costituisce un unicum nell'ambito del quale non opera il divieto di ius
novorum potendo le parti esplicitare ogni difesa.
Soprattutto il motivo indicato sub 3 non può definirsi domanda nuova costituendo semplice
esplicitazione della richiesta avanzata in primo grado con la comparsa di costituzione e con l'atto di
chiamata in garanzia in seno al quale si è chiesto di essere rivalsi dalla Compagnia Assicurativa in
virtù del contratto e delle condizioni aggiuntive allo stesso stipulati tra le parti.
Ne consegue che la censura sollevata riguardava la immotivata decisione del Tribunale di limitare la
propria attenzione alla sola lettera "E" delle condizioni omettendo di considerare la lettera "G" e,
quindi, il contratto nella sua interezza, cui la convenuta aveva invece inteso complessivamente
riferirsi.
Errata valutazione del motivo di gravame e dell'art. 345 c.p.c. che ha indotto la Corte ad una erronea
statuizione, da cassare.
Anche questo motivo dev'essere respinto.
In primo luogo si rileva infatti che la Sicilcom non ha effettuato la denuncia del dedotto vizio ai
sensi dell'art. 112 c.p.c., e art. 360 c.p.c., n. 4.
In secondo luogo, quanto agli effetti della "preliminare declaratoria di nullità della sentenza del
Tribunale" si deve tener conto che la nullità fu sì dichiarata, ma per la fase successiva alla
rimessione in ruolo (sentenza Corte d'Appello, p. 9: "Da ciò deriva la totale nullità dell'attività
processuale successiva alla mancata comunicazione di detta ordinanza").
Con il quarto motivo parte ricorrente denuncia "violazione degli artt. 1372 e 1917 c.c. in relazione
all'art. 360 c.p.c., n. 3 - contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5.
Afferma parte ricorrente di aver chiesto "di essere rivalsa dalla Assitalia delle spese giudiziali
corrisposte alla Telecom nei limiti del quarto del doppio massimale secondo la disposizione
convenzionale ed il disposto dell'art. 1917 c.c..
Lamenta che "La Corte di merito ha rigettato la domanda perchè l'importo per cui è condanna è
superiore al massimale, motivazione (...) che viola convenzione e legge ma che è anche
estremamente illogica".
Sostiene infatti parte ricorrente che "La condanna a rivalere le spese ed i compensi non può
superare (...) il quarto del massimale ma è indifferente rispetto alla condanna superiore al
massimale.
Del pari la Corte ha omesso di condannare l'Assitalia alla corresponsione degli interessi e della
svalutazione sui massimali, interessi e svalutazione ai quali è stata condannata la Sicilcom.
Ed è ovvio che tale danno ulteriore è dovuto dall'Assitalia per non avere pagato subito dopo il
sinistro. Il rimborso a favore della concludente consegue quindi ad un inadempimento contrattuale,
ovviamente, sempre che in tutto o in parte venisse confermata la condanna della concludente che (lo
si ricorda) ha già pagato capitale, interessi e rivalutazione.
Le varie censure ed il motivo nel suo complesso devono essere respinti.
Come ha correttamente osservato l'impugnata sentenza, nell'assicurazione della responsabilità civile
l'obbligazione dell'assicuratore ex art. 1917 c.c. non avendo ad oggetto direttamente il risarcimento
dei danni bensì il pagamento, nei limiti del massimale, di una somma di importo pari all'ammontare
del danno che l'assicuratore deve corrispondere o ha già corrisposto al danneggiato, da luogo ad un
credito di valuta e non di valore, il quale sorge quando sia divenuto liquido ed esigibile il debito
dell'assicurato nei confronti del danneggiato. L'assicurato tuttavìa, ove a causa del ritardo nella
liquidazione dell'indennizzo debba pagare al terzo danneggiato una somma maggiore di quella che
avrebbe corrisposto all'epoca del sinistro, va risarcito del maggior danno derivante dalla
svalutazione monetaria causata dal ritardo (art. 1224 c.c.), anche oltre i limiti del massimale Cass. 6
marzo 1996, n. 1785).
Per far valere la responsabilità dell'assicuratore oltre il massimale è tuttavia necessario che
l'assicurato ne faccia esplicita richiesta, non potendo la relativa domanda ritenersi implicita nella
chiamata in causa dell'assicuratore da parte dell'assicurato nel corso del giudizio introdotto dal terzo
danneggiato (Cass. 15 gennaio 2003, n. 477).
Nè, comunque risulta che vi sia stata mala gestio e la relativa domanda non è stata proposta in
primo grado, talchè non può essere proposta per la prima volta in secondo grado.
Sottolinea in particolare l'impugnata sentenza che l'Assitalia aveva puntualizzato che il massimale
dovuto era di lire venti milioni e che a fronte di tale specificazione non vi furono (sentenza pp.
17.19) ulteriori contestazioni, ovvero richieste da parte della Sicilcom fondate su una diversa ipotesi
di danni concernente i danni da interruzione o sospensione di attività, mentre solo tardivamente, con
l'atto di appello, è stata introdotta una diversa richiesta, fondata su una diversa causa petendi.
Con il quinto motivo si denuncia infine "violazione e falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c. in
relazione all'art. 360 c.p.c., n. 2." Sostiene parte ricorrente che le spese di lite, ovviamente, seguono
la soccombenza, a carico totale quindi della Telecom. Ma non risultando una soccombenza della
Telecom, il motivo deve essere rigettato.
La Telecom Italia s.p.a. propone controricorso e ricorso incidentale condizionato all'eventuale
accoglimento del ricorso principale della Sicilcom per i motivi esposti nel ricorso stesso ed in
merito alla dichiarata difformità del posizionamento dei cavi Telecom rispetto alle indicazioni
prescritte dalla autorizzazioni amministrative.
Il rigetto di quest'ultimo ricorso ne rende non necessario l'esame.
In conclusione, riuniti i ricorsi, deve essere rigettato il ricorso principale, mentre deve ritenersi
assorbito l'incidentale condizionato.
Si ritiene sussistano giusti motivi per la compensazione delle spese.
(Torna su ) P.Q.M.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l'incidentale
condizionato. Compensa le spese del giudizio di cassazione fra tutte le parti.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2009
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