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Guerra e pace nel mondo antico
Nel celebre monologo della Medea di Euripide è chiaramente espressa la concezione diffusa
secondo cui la guerra, per i maschi, ed il parto, per le donne, sono naturale destino.
Addirittura la donna sostiene che preferirebbe andare in battaglia tre volte che partorire una sola.
I greci fino al V° secolo furono impegnati in guerre locali limitate nel tempo e scandite da una certa
ritualità che prevedeva tregue e sospensioni, la più importante delle quali erano i giochi Olimpici.
Non appaiono un popolo appassionato militarmente, con eccezione di Sparta, che alleva i suoi
maschi ad essere bravi guerrieri e convince madri e mogli sostenerne la passione : “ torna con lo
scudo o sopra di esso” pare fosse la raccomandazione usuale. E, sempre a Sparta, Tirteo
infiammava gli animi dei combattenti, forse restii, con quelle elegie parenetiche in cui si invitavano
i giovani a combattere nelle prima file per salvare la patria e la vita ai…vecchi!
L’epos omerico che forgiava l’immaginario collettivo aveva consacrato, con l’Iliade, il Prototipo
della guerra, naturale sfogo dell’onore, accesso alla gloria e, dunque, attività individualistica, seppur
le spedizioni abbisognassero di masse, non sempre entusiaste, come testimonia Tersite. Il duello era
la forma esemplare di tale attività ludica e gli dei parteggiavano conferendo la legittimazione. In
questo mondo del ‘beau geste’, dove non mancavano la ferocia ed il sangue versato, vi era però
anche posto per una sorta di cavalleria e perfino per la pietas come nel finale del poema che vede
Achille e Priamo piangere insieme per effetto di identificazione. L’Iliade si conclude con parole di
umanità così come l’Odissea, poema di amori ed avventure, si chiude con l’esortazione di Atena ad
osservare il limite, dopo la strage dei proci.
Ma nel V° secolo la Grecia viene investita da due guerre, diverse dalle precedenti per estensione,
durata e forze in campo, che aprono e chiudono il secolo che fu quello della democrazia Ateniese.
Nella prima, narrataci da Erodoto, i Greci, pochi ma coesi, vincono il colosso persiano,
guadagnando, accanto a tanti morti, l’orgoglio consapevole della propria identità. La seconda,
invece, oppone Ateniesi e Spartani, rovesciandone le sorti fino alla catastrofe di Atene che perde,
con la guerra, la sua democrazia. La guerra è diventata parte della politica e Tucidide le studia
entrambe con lo stesso distacco scientifico con cui studia la peste. Il potere è, infatti, una
psicopatologia e se nel primo libro ne rintraccia le cause nell’onore, paura, utilità, nel famoso
dialogo tra Ateniesi e Meli, del quinto, ci svela le ragioni della guerre cosiddette preventive di ogni
evo. In questo arco di tempo la poesia, segnatamente la drammatica, registra i fenomeni con
l’attenzione al cuore degli uomini. Eschilo, patriota combattente a Maratona, dedica una tragedia ai
Persiani, disegnando sullo sfondo della teodicea gli eventi storici, e nei Sette a Tebe focalizza lo
scontro mitico tra Eteocle che impersona le ragioni maschili della guerra e della morte e tra le
vergini tebane che invocano la pace e la vita e sono destinate a soccombere alla ragion di stato
nonché al disprezzo dell’eroe. Ma è il più giovane Euripide, che vive nel pieno della guerra del
Peloponneso, a condannarne il fascino perverso, quando, travolto ogni pretesto nazionalistico, la
guerra punta alla cancellazione dell’avversario nell’annientamento fisico e morale dei sopravvissuti.
Egli dedica al ciclo troiano ben tre tragedie disposte in ordine cronologico inverso: Andromaca,
Ecuba, Troiane, le donne- preda che testimoniano l’incancellabile dignità dei vinti. Così, in questo
rovesciamento di prospettiva, la guerra non più naturale né onorevole né necessaria trasforma i
Greci in barbari e il poeta, cosa insolita per l’antichità, si schiera dalla parte delle donne e dei
bambini. In modo analogo, seppur nel paradosso della commedia, si collocherà anche il più giovane
ma coevo Aristofane il cui messaggio pacifista attraversa tutte le commedie rimasteci ma si fa
argomento sostanziale nella Pace, negli Uccelli, nella Lisistrata, nelle Ecclesiazuse.
Mirano 8/11/04
Renata cibin
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