Crimini contro l`umanità - Tito

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Josip Broz Tito
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Josip Broz Tito
Presidente della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia
14 gennaio 1953 –
Durata mandato
4 maggio 1980
Ivan Ribar
Predecessore
Lazar Koliševski
Successore
Primo ministro della RSF di Jugoslavia
29 novembre 1945 –
Durata mandato
29 giugno 1963
Ivan Ribar (fino al 1953)
Presidente
Josip Broz Tito (dal 1953)
Carica creata
Predecessore
Petar Stambolić
Successore
Segretario generale del Movimento dei Non-Allineati
1º settembre 1961 –
Durata mandato
10 ottobre 1964
Carica creata
Predecessore
Gamal Abdel Nasser
Successore
Dati generali
Partito politico
Lega dei comunisti di Jugoslavia
Josip Broz (grafia cirillica: Јосип Броз, più conosciuto con il nome di battaglia di Tito (Тито);
Kumrovec, 7 maggio 1892 – Lubiana, 4 maggio 1980) è stato un politico jugoslavo.
Cofondatore del Partito Comunista Jugoslavo (KPJ) nel 1920, membro del Partito Comunista
dell'Unione Sovietica e della polizia segreta sovietica (NKVD) dal 1935, ha comandato dal 4 luglio
1941 l'Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia, movimento comunista della Resistenza
jugoslava contro i tedeschi nazionalsocialisti, i croati ustascia e gli italiani fascisti, e ha partecipato
in posizione preminente dal 26 novembre 1942 al Comitato Antifascista di Liberazione Nazionale
della Jugoslavia (AVNOJ).
Firma di Josip Broz Tito
Il movimento antifascista titino, grazie ad un'estesa guerriglia ed all'appoggio degli Alleati, in
particolare dell'Armata Rossa, ha respinto l'Asse dai territori dell'ex Jugoslavia ed ha sconfitto il
movimento antifascista rivale, l'Esercito Jugoslavo in Patria (JVUO) dei cetnici del generale Draža
Mihailović, di carattere filomonarchico ed anticomunista.
Tito ed i titini sono ritenuti responsabili di massacri e deportazioni compiute tanto durante la
seconda guerra mondiale quanto nel periodo immediatamente successivo a danno di oppositori
politici e simpatizzanti dell'Asse, ma anche a sfondo etnico: tra queste i massacri delle foibe e
l'esodo istriano.
A seguito delle elezioni dell'11 novembre 1945, tacciate di brogli elettorali, Tito ha dichiarato
decaduto il re Pietro II e ha costituito la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, una dittatura
monopartitica che egli ha governato come Primo Ministro tra il 29 novembre 1945 ed il 29 giugno
1963 e come Presidente della Repubblica dal 14 gennaio 1953 alla morte.
Tito è stato uno dei membri fondatori del Cominform[1], ma ha resistito all'influenza sovietica (cfr.
Titoismo) ed è divenuto uno dei maggiori promotori del Movimento dei Non-Allineati. Per quanto
avesse costituito uno stato autoritario,[2][3][4] Tito è riuscito in vita a promuovere la propria
immagine sia in Jugoslavia, presentandosi come simbolo dell'unione tra le nazioni jugoslave, sia in
Occidente[5], avvalendosi, in patria, dell'instaurazione di un culto della personalità della sua figura
ed, in Occidente, del peso esercitato sugli equilibri USA-URSS dalla sua politica di stato comunista
ma non sovietico.
Il 3 ottobre 2011 la Corte Costituzionale della Slovenia ha dichiarato incostituzionale la dedicazione
di una strada di Lubiana a Tito, avvenuta nel 2009, dichiarando che ciò avrebbe comportato la
glorificazione del regime totalitario da questi costituito e una giustificazione delle gravi violazioni
dei diritti dell'uomo e della dignità umana avvenute durante il suo regime [6] [7] [8] [9]: si tratta della
prima decisione in cui un organo giudiziario di uno stato dell'ex Jugoslavia ha preso una posizione
netta sulla valutazione dell'opera del dittatore.
Indice
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1 Gioventù
o 1.1 Nell'esercito austro-ungarico
o 1.2 Prigioniero e rivoluzionario in Russia
o 1.3 Ritorno in Jugoslavia
2 La Resistenza
o 2.1 L'identità di Tito
3 A capo della Jugoslavia socialista e federale
o 3.1 Conseguenze della guerra
o 3.2 La rottura con Stalin
o 3.3 Le leggi sull'autogestione
o 3.4 La politica estera negli anni cinquanta
o 3.5 Il movimento dei Non Allineati
o 3.6 La Repubblica Socialista Federale
o 3.7 La politica estera negli anni sessanta
o 3.8 Gli anni settanta e le riforme costituzionali del 1974
4 Ultimi anni
5 Eredità politica
6 Critiche
o 6.1 Crimini contro l'umanità
o 6.2 Culto della personalità
7 Note
8 Voci correlate
9 Altri progetti
10 Collegamenti esterni
Gioventù [modifica]
La casa dove è nato Tito a Kumrovec, Croazia
Josip Broz nasce a Kumrovec (oggi nel nord-ovest della Croazia), un paesino della regione dello
Zagorje, all'epoca parte dell'Impero austro-ungarico. È il settimo dei quindici figli di Franjo e
Marija Broz, nata Javeršek. Suo padre è croato proveniente dal Welschtirol (oggi Trentino), mentre
la madre è slovena.
Dopo aver trascorso alcuni anni della sua infanzia col nonno materno a Podsreda (oggi in Slovenia),
frequenta a Kumrovec la scuola elementare fino al 1905. Nel 1907 lascia l'ambiente rurale del paese
natale per trasferirsi a Sisak, dove lavora come apprendista fabbro. A Sisak si confronta con le idee
e le istanze del movimento dei lavoratori e nel 1910 partecipa alla celebrazione del primo maggio
(festa del lavoro).
Nel 1910 entra a far parte del Sindacato dei lavoratori metallurgici e del Partito Social-Democratico
della Croazia e della Slavonia. Tra il 1911 e il 1913 lavora brevemente a Kamnik (Slovenia),
Cenkovo (Boemia), Monaco, e Mannheim (Germania), dove lavora alla fabbrica automobilistica
della Benz. Si sposta quindi a Wiener Neustadt, in Austria, dove lavora alla Daimler come pilota
collaudatore. Nel maggio del 1912, intanto, vince una medaglia d'argento ad un torneo di scherma a
Budapest.
Francobollo dell'Unione Sovietica, Josip Broz Tito, 1982 (Michel № 5151, Scott № 5019)
Nell'esercito austro-ungarico [modifica]
Nell'autunno del 1913, Josip Broz viene arruolato nell'esercito austro-ungarico. Allo scoppio della
prima guerra mondiale Tito, inviato a Ruma, è arrestato per aver svolto propaganda contro la
guerra. Imprigionato nella fortezza di Petrovaradin, nel 1915 è trasferito in Galizia a combattere sul
fronte russo, dove si distingue come abile soldato e viene raccomandato per una decorazione
militare. Il 25 marzo 1915, giorno di Pasqua, in Bucovina la granata di un obice lo ferisce
gravemente e in aprile il suo intero battaglione è catturato dai Russi.
Prigioniero e rivoluzionario in Russia [modifica]
Dopo tredici mesi trascorsi in ospedale, nell'autunno del 1916 Tito è inviato in un campo di lavoro
negli Urali, dove i prigionieri lo eleggono proprio leader. Nel febbraio 1917, lavoratori in rivolta
entrano nella prigione e liberano i prigionieri. Tito si unisce quindi ad un gruppo bolscevico.
Nell'aprile del 1917 è arrestato di nuovo, ma riesce a fuggire per unirsi alle dimostrazioni del 16 e
17 giugno del 1917 a San Pietroburgo. Per fuggire Tito scappa quindi verso la Finlandia. Di nuovo
arrestato è costretto a trascorrere tre settimane nella fortezza di Petropavle, per poi essere trasferito
nel campo di prigionia a Kungur, riuscendo però a fuggire durante il tragitto in treno. Si nasconde
presso una famiglia russa, dove incontra e sposa Pelagija Belousova.
Nel novembre dello stesso anno entra a far parte dell'Armata Rossa ad Omsk (Siberia). Nella
primavera del 1918 Tito chiede di essere ammesso nel Partito Comunista Russo. La domanda è
accolta. In giugno lascia Omsk per trovare lavoro. È impiegato come meccanico vicino ad Omsk
per un anno. Quindi, nel gennaio 1920, Tito e Pelagija compiono un lungo e difficile viaggio di
ritorno in Jugoslavia, dove arrivano in settembre.
Ritorno in Jugoslavia [modifica]
Josip Broz in carcere per attività criminali, 4 maggio 1928
Tito nel 1928 quando era agente del Comintern, allora conosciuto come "agente Walter"
Nel 1920 partecipa a Vukovar alla fondazione del Partito Comunista Jugoslavo (KPJ), che nelle
elezioni dello stesso anno si dimostra il terzo partito del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, per
essere poi messo al bando dal re Alessandro I di Jugoslavia. Tito continua la sua attività politica in
clandestinità, nonostante le pressioni del governo sui militanti comunisti. All'inizio del 1921, Tito si
sposta a Veliko Trojstvo, vicino a Bjelovar, dove trova lavoro come macchinista.
Nel 1925 Tito si sposta a Porto Re (Kraljevica, a sud di Fiume, all'epoca sede di un importante
cantiere navale del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni), dove inizia a lavorare nel suddetto cantiere.
Viene eletto rappresentante sindacale e l'anno successivo guida uno sciopero. Viene quindi
licenziato, e si sposta a Belgrado, dove lavora in una fabbrica di locomotive a Smeredevska
Palanka. Viene eletto commissario dei lavoratori ma è di nuovo licenziato non appena viene rivelata
la sua appartenenza al Partito Comunista. Si sposta infine a Zagabria, dove è nominato segretario
del sindacato croato dei lavoratori metalmeccanici.
Nel 1934 Josip Broz diviene membro del Dipartimento Politico del Comitato Centrale del KPJ, con
sede a Vienna. Assume - anche per non essere scoperto - il nome in codice di Tito.
Nel 1935, Tito viaggia in Unione Sovietica, lavorando per un anno nella sezione Balcani del
Comintern. È membro del Partito Comunista dell'Unione Sovietica e della polizia segreta sovietica
(NKVD). Nel 1936, il Comintern invia il compagno "Walter" (cioè Tito) in Jugoslavia per attuare
una purga nel Partito Comunista Jugoslavo. Nel 1937, il segretario generale del KPJ, Milan Gorkić,
è assassinato a Mosca su ordine di Stalin. Lo stesso anno, Tito ritorna in Jugoslavia dopo essere
stato nominato da Stalin come segretario generale dell'ancora illegale KPJ. Secondo lo storico JeanJacques Marie, c'era un piano per liquidare Tito a Mosca, ma Stalin vi si oppose e lo lasciò ripartire
dall'URSS, comunque non prima di aver fatto fucilare sua moglie.[10]
Durante questo periodo, Tito segue fedelmente le politiche del Comintern, criticando l'Italia fascista
e la Germania nazista fino al Patto Molotov-Ribbentrop del 1939, per rivolgere quindi la critica alle
democrazie occidentali fino al 1941. Quando nel 1940 anche la Francia viene occupata dai nazisti,
la prospettiva di un'Europa dominata dal fascismo divenne reale e Stalin non si fidava più del
compromesso raggiunto con Hitler nel 1939. Agli occhi di Mosca, Tito ha in mano il modello
organizzativo per i comunisti europei nel caso di una definitiva affermazione del fascismo su scala
continentale. Negli ultimi anni del Comintern, il KPJ emerse come primus inter pares tra i partiti
comunisti europei che operavano nell'Europa caduta nelle mani dei nazisti[11].
La Resistenza [modifica]
Tito e Ivan Ribar a Sutjeska, 1943
La Jugoslavia il 24 marzo 1941 aderisce al patto tripartito sotto le minacce di Adolf Hitler. Il colpo
di stato del 27 marzo 1941, maturato in ambienti militari e auspicato dai servizi segreti inglesi
rompe l'accordo con il patto tripartito. Seguono manifestazioni di delirante entusiasmo popolare, al
quale non è estranea l'attività sotterranea del KPJ. Dopo pochi giorni la Jugoslavia firma un trattato
di amicizia con l'URSS.
Il 6 aprile, le forze tedesche, italiane e ungheresi lanciano l'invasione della Jugoslavia. L'esercito
tedesco (Wehrmacht Heer) inizia un'avanzata su tre direttrici verso Belgrado, che viene intanto
bombardata dalla Luftwaffe, assieme alle altre città jugoslave (Operation Punishment). Attaccate su
più fronti e minate dalle frizioni interetniche ed in particolare dalla defezione croata, le forze armate
del Regno di Jugoslavia non possono resistere più di tanto, e l'operazione di invasione si conclude
in 11 giorni (6-17 aprile 1941). Re Pietro II e alcuni membri del governo si rifugiano in esilio a
Londra, mentre altri ministri e militari firmano l'armistizio. Il 19 aprile l'esercito bulgaro procede
all'occupazione della Macedonia.
La prima risposta di Tito all'invasione tedesca è la fondazione di un Comitato Militare come parte
del Comitato Centrale del Partito Comunista (10 aprile 1941).
Il 28 aprile, a Lubiana (Slovenia), si registra la formazione del primo gruppo di resistenza partigiana
comunista.
Il 1º maggio 1941 viene distribuito un pamphlet redatto da Tito, che chiama la popolazione a
raccolta nella battaglia contro l'occupazione[12].
Tito e i partigiani comunisti affrontarono l'avversione dell'Esercito Jugoslavo in Patria
(Jugoslovenska vojska u otadžbini, JVUO), l'armata dei cetnici, che degenerò in guerra civile. Si
trattava di una forza di resistenza anti-comunista, a base etnica serba (invece che ideologica come i
partigiani di Tito), anti-nazista, nazionalista, monarchica e comandata dal generale Draža
Mihailović, che aveva incluso interi settori dell'esercito jugoslavo rimasti allo sbando ma molte
bande cetniche poi non riconobbero la guida di Mihailović quindi si regolarono autonomamente. A
lungo i cetnici ricevono aiuti dai britannici, dagli Stati Uniti e dal governo jugoslavo in esilio di Re
Pietro II.
Il 22 giugno (giorno del lancio dell'Operazione Barbarossa contro l'Unione Sovietica), nella foresta
di Brezovica presso la città di Sisak, in Croazia, i partigiani jugoslavi formano la famosa Prima
Brigata Partigiana di Sisak, per la maggior parte composta di croati della vicina città, una delle
prime formazioni militari antifasciste in Europa. Lo stesso giorno, 49 uomini della Brigata
attaccano un treno della riserva tedesca[13].
Il 4 luglio, in una riunione del Comitato Centrale, Tito viene nominato Comandante Militare
dell'Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia e lancia la mobilitazione generale per la
resistenza.
I partigiani comunisti iniziano presto un'estesa e vittoriosa campagna di guerriglia, iniziando a
liberare parti del territorio. Le attività dei partigiani provocano diverse ritorsioni dei tedeschi e degli
ustascia, nazionalisti croati, collaborazionisti, insediatisi in Croazia, contro i civili, che sfociano in
eccidi (100 civili per ogni soldato tedesco ucciso, 50 per ogni ferito). L'accettazione, da parte di
Tito, di queste dure ritorsioni, a carico, per la maggior parte di civili innocenti, diviene uno dei
principali punti di dissenso tra Tito e Mihailović. Secondo alcuni storici[14], Mihailovic organizza
azioni lontano dai centri abitati per evitare le rappresaglie tedesche e concentra i propri sforzi nel
recupero e salvataggio degli aviatori alleati sul suolo iugoslavo; Tito vede queste feroci rappresaglie
degli occupanti come un'opportunità, un importante fattore di aggregazione e di mobilitazione
dell'intera popolazione a favore della resistenza armata. In questa area balcanica il tradizionale
dovere della vendetta era infatti fattore più efficace rispetto al culto della patria nel mobilitare la
popolazione contro le forze di occupazione. Tito, incurante delle rappresaglie, colpisce duramente
gli invasori arrecando loro gravi perdite in termini di uomini e di equipaggiamento ed obbligandoli
a distogliere soldati da altri fronti.
Nella “Lotta popolare di Liberazione” jugoslava cessa ogni distinzione tra “fronte” e “retrovia”, tra
“interno” e “estero”, tra “militare” e “civile”. Le operazioni al tempo stesso hanno finalità sia
politiche che militari e sono rivolte sia verso le forze proprie che verso quelle avversarie. Ciò
sarebbe stato impensabile senza uno strumento integrato di informazioni, controllo e repressione
politica di un livello tale che non sarà compreso dagli avversari, che si troveranno ad agire nei
luoghi, tempi e modi sbagliati. Il controllo totale sulla popolazione diventa una vera e propria
risorsa strategica, alla quale gli eserciti tradizionali sono (in parte tuttora) impreparati. In effetti, un
tale modo di concepire e condurre una guerra doveva essere spiazzante per gli ufficiali dell'Asse che
si trovarono ad affrontarlo[15].
Tito nominato dall'AVNOJ Maresciallo di Jugoslavia, 1943
Nei territori liberati, i partigiani organizzano comitati popolari con funzioni di governo civile. Tito è
il principale leader del Comitato Antifascista di Liberazione Nazionale della Jugoslavia - AVNOJ,
riunitosi a Bihać il 26 novembre 1942, e quindi a Jaice il 29 novembre 1943. Nelle sue due sessioni,
l'AVNOJ stabilisce le basi federali della Jugoslavia postbellica. A Jaice, Tito è nominato Presidente
del Comitato Nazionale di Liberazione. Il 4 dicembre 1943, mentre la maggior parte del paese è
ancora occupata dalle forze naziste, ma dopo l'armistizio richiesto dall'Italia, Tito proclama un
Governo provvisorio democratico di Jugoslavia.
Dopo la resistenza dei partigiani comunisti agli intensi attacchi dell'Asse tra gennaio e giugno 1943,
i leader degli Alleati tolgono il loro supporto ai cetnici per sostenere i partigiani titini, la cui azione
contro le forze di occupazione è considerata assai più incisiva. Franklin Delano Roosevelt (USA) e
Winston Churchill (UK) si allineano con Stalin nel riconoscere ufficialmente Tito e i suoi partigiani
durante la Conferenza di Teheran. Gli aiuti degli Alleati vengono paracadutati ai partigiani
direttamente dietro le linee dell'Asse.
Come leader della resistenza comunista, Tito diviene un obiettivo delle forze dell'Asse. I tedeschi
arrivano vicini a catturare o uccidere Tito in almeno tre occasioni: nell'offensiva della Narenta (Fall
Weiss) del 1943; nella seguente offensiva (Fall Schwarz), in cui, il 9 giugno, Tito viene ferito, ma si
salva grazie al sacrificio del suo cane; e il 25 maggio 1944, in cui riesce fortunosamente a scampare
ai tedeschi durante l'Operazione Rösselsprung, un lancio di paracadutisti di fronte al quartier
generale di Tito a Drvar.
Il Maresciallo Tito durante la Resistenza, 1944
I partigiani vengono supportati direttamente da lanci aerei degli Alleati sui loro quartieri generali; in
ciò gioca un ruolo rilevante come collegamento il Brigadiere Fitzroy Maclean. La Balkan Air Force
della RAF viene formata nel giugno 1944 per controllare le operazioni di aiuto alle forze partigiane.
Al fine di non mettere in dubbio gli stretti legami con Stalin, Tito si mostra spesso in aperto
contrasto con gli ufficiali britannici e americani collegati al suo quartier generale. In realtà gli
Alleati hanno grande fiducia in lui e gli assegnano un ruolo di primo piano nel futuro dei Balcani.
Dopo aver sacrificato Mihailovic, cercano di accondiscendere alle sue richieste in termini di aiuti e
di conquiste di territori già italiani. Sarà l'Italia a pagare il prezzo maggiore del distacco della
Jugoslavia da Mosca.
Il 28 settembre 1944,[16], la TASS riporta la firma di Tito ad un accordo con l'URSS che consente
un "temporaneo ingresso delle truppe sovietiche nel territorio jugoslavo". Con l'aiuto dell'Armata
Rossa, i partigiani jugoslavi liberano Belgrado il 18 ottobre 1944, e il resto della Jugoslavia entro il
maggio 1945.
Alla fine della guerra, a tutte le forze straniere viene ordinato di lasciare il territorio jugoslavo.
L'identità di Tito [modifica]
A partire dagli anni trenta fu noto con il nome di Tito. L'uso di "nomi di battaglia" era diffuso
presso i militanti dell'illegale partito comunista affinché, in caso di arresto, non si potesse risalire
alla famiglia dell'arrestato. Durante la resistenza il personaggio di Tito fu investito da un alone di
mistero. I referti delle SS lo descrivono come un personaggio di cui si sa poco, salvo vaghe
caratteristiche fisiche (anche queste spesso distorte), molto pericoloso, astuto e pieno di risorse.
Goebbels non nascose la propria ammirazione per un uomo di cui era difficile seguire le tracce e
che anche quando si credeva di averlo intrappolato riusciva a cavarsela. Goebbels aggiunge che
chiunque stia dietro a questo nome è un nemico da eliminare a tutti i costi.
Esiste una quantità di documenti che testimonia le sue molteplici identità. Lo stesso uomo viene
fatto risalire a sei, sette identità, tra cui Ivan Brozović e Tito. Le origini del soprannome "Tito" non
sono certe, ma la teoria più accreditata, benché non verificata, è che derivi dal fatto che usasse
spesso la locuzione "ti to" (in serbocroato "tu questo") per impartire ordini ai suoi uomini. Tuttavia
il biografo di Tito, Vladimir Dedijer, afferma che il nome derivi dall'autore croato Tituš Brezovački.
A capo della Jugoslavia socialista e federale [modifica]
Conseguenze della guerra [modifica]
A fine 1944, l'Accordo di Lissa (Viški sporazum), conosciuto anche come Accordo Tito-Šubašić,
rappresentò un tentativo di fondere il governo comunista di Tito con il governo in esilio di re Pietro
II.
Il 7 marzo 1945, il governo provvisorio della Democrazia Federale di Jugoslavia (Demokratska
federativna Jugoslavija, DFJ) si riunì a Belgrado. Il governo provvisorio era capeggiato da Tito e
non aveva relazioni con il governo jugoslavo in esilio e re Pietro II. Dopo le elezioni dell'11
novembre 1945 (secondo molti di fatto controllate e massicciamente inquinate dai titoisti), il fronte
nazionale capeggiato da Tito ottenne la maggioranza assoluta. Tito venne nominato Primo Ministro
e ministro degli Esteri della DFRJ.
È durante questo periodo che le forze jugoslave e l'Armata Rossa vennero coinvolte nella
deportazione delle popolazioni etnicamente tedesche (Volksdeutsche) dalla Jugoslavia, considerate
oggettivamente collaborazioniste. Tedeschi etnici, cetnici, ustascia e altre formazioni militari croate
e slovene vennero catturati durante gli spostamenti tra le masse di rifugiati, e nonostante le
promesse di Tito ai collaborazionisti di una resa sicura, un gran numero di collaborazionisti e
supposti tali finirono uccisi (Massacro di Bleiburg).
Altre uccisioni di massa, ad opera dei partigiani jugoslavi, coinvolsero italiani, ungheresi e tedeschi.
La popolazione italiana dell'Istria, giudicata sommariamente come fascista, subì i Massacri delle
foibe mentre l'etnia italiana presente nella Dalmazia sin dall'epoca dei commerci e delle colonie
oltre Adriatico di Venezia, fu considerata collaborazionista con gli invasori italiani e perseguitata.
I supposti "fascisti ungheresi" subirono il massacro di Bačka tra 1944 e 1945, mentre con
l'Operazione Keelhaul venne ucciso un gran numero di ustascia croati, consegnati dai britannici,
presso cui avevano chiesto asilo, agli jugoslavi.
Critici di Tito hanno sostenuto che Tito avesse dato via libera, o comunque non avesse ignorato e
vietato i numerosi massacri, che durarono per molte settimane anche dopo la fine della guerra. Altri
sostengono che tali eccidi sarebbero da mettere in relazione, almeno in parte, con il nazionalismo
delle popolazioni locali e con capi partigiani in cerca di giustizia sommaria contro collaborazionisti
veri o presunti e contro popolazioni considerate per etnia o per convenienza collegate alle forze
occupanti.
Nel novembre 1945 venne redatta una nuova Costituzione, promulgata il 31 gennaio 1946, sul
modello centralista sovietico. Intanto il movimento partigiano venne organizzato in esercito
regolare, l'Armata Popolare Jugoslava (Jugoslavenska narodna armija, JNA), inizialmente
considerato il quinto più potente esercito in Europa. Tito organizzò anche una forza di polizia
segreta,
l'Amministrazione
di
Sicurezza
dello
Stato
(Uprava
državne
bezbednosti/sigurnosti/varnosti, UDBA). Sia l'UDBA sia il Dipartimento per la Sicurezza del
Popolo (Organ Zaštite Naroda (Armije), OZNA) furono incaricati, tra le altre cose, di ricercare,
imprigionare e processare un largo numero di collaborazionisti. Essi inclusero anche preti cattolici,
a causa del coinvolgimento del clero cattolico croato con il regime ustascia durante la guerra.
Il 29 novembre 1945, re Pietro II di Jugoslavia venne deposto dall'Assemblea Costituente
Jugoslava, e il 13 marzo 1946 il generale Draža Mihailović venne catturato dall'OZNA, e quindi
ucciso il 18 luglio.
Il regime politico di Tito in Jugoslavia aveva molte delle caratteristiche di una dittatura, e non era
molto diverso dai regimi imperanti in altri stati comunisti dell'Est dopo la Seconda guerra mondiale.
La Lega dei Comunisti Jugoslavi vinse le prime elezioni del dopoguerra, nelle quali schede
semplificate consentivano solo un'alternativa tra "si" e "no". Nonostante la natura controversa di
queste votazioni, bisogna notare che Tito riportava al tempo un massiccio supporto popolare. Il
partito usò immediatamente i propri poteri per stanare gli ultimi collaborazionisti, nazionalisti e
anti-comunisti, usando in parte metodi caratteristici dello Stalinismo (es. i cosiddetti "Processi di
Dachau", svoltisi a Lubiana tra il 1947 e il 1949).[17]. Il governo di Tito riuscì comunque a unificare
un paese che era stato severamente colpito dalla guerra e a reprimere efficacemente i sentimenti
nazionalisti e separatisti delle popolazioni, in favore di un comune obiettivo jugoslavo
Nell'ottobre 1946, nella sua prima sessione speciale in 75 anni, il Vaticano scomunicò Tito e il
governo jugoslavo per aver condannato l'arcivescovo cattolico Alojzije Viktor Stepinac a sedici
anni di prigione per collaborazionismo con le forze di occupazione dell'Asse e per aver forzato
conversioni di Serbi al cattolicesimo[18] (la pena fu poi commutata in arresti domiciliari). Col tempo,
il regime jugoslavo divenne il meno oppressivo tra gli stati socialisti, anche per quanto riguarda le
libertà religiose, in quanto Tito credeva che solo l'oppressione facesse fare proseliti alla religione.
Tito, tuttavia, considerò sempre l'attivismo religioso come una potenziale minaccia per il regime.
La rottura con Stalin [modifica]
Nel 1948, motivato dal desiderio di creare un'economia forte e indipendente, Tito, non deludendo in
questo le speranze in lui riposte dagli Alleati, divenne il primo leader comunista (e il solo ad aver
successo) a sfidare la leadership di Stalin nel Cominform e le sue richieste di lealtà assoluta.
L'adesione della Jugoslavia al Cominform esigeva un'obbedienza assoluta da parte di Tito alla linea
fissata dal Cremlino. Tito, forte della liberazione della Jugoslavia dall'occupazione nazifascista da
parte dei suoi partigiani, desiderava invece restare indipendente dalla volontà di Stalin. Le relazioni
tra URSS e Jugoslavia ebbero subito dei momenti di tensione, a partire dalla censura sovietica sui
messaggi che la resistenza jugoslava lanciava da Radio "Jugoslavia Libera", che trasmetteva da
Mosca.
Tito prese quindi diverse iniziative sgradite ai dirigenti sovietici:


il sostegno ai comunisti greci dell'ELAS, un'insurrezione che Stalin riteneva un'avventura;
il progetto di una federazione balcanica con Albania, Bulgaria e Grecia
A partire dal 1945, Stalin iniziò a nominare uomini a lui devoti all'interno del governo e del Partito
Comunista Jugoslavo. Allo stesso tempo, Tito rifiutò di lasciar subordinare la sua polizia, l'esercito
e la politica estera, così come di veder creare delle società miste di produzione, attraverso le quali i
sovietici avrebbero potuto controllare le branche essenziali dell'economia del paese.
Nel marzo 1948, Stalin richiamò tutti i consiglieri militari e gli specialisti civili presenti in
Jugoslavia. Poco dopo, una lettera del Comitato Centrale sovietico inizia a criticare le decisioni del
PC jugoslavo. Allo stesso modo, i dirigenti jugoslavi vicini a Tito fecero blocco attorno a lui e
quelli fedeli a Mosca furono esclusi dal Comitato Centrale e arrestati. Il Cremlino giocò l'ultima
carta portando la questione davanti al Cominform, ma Tito si oppose. A questo punto il Cominform
considerò il rifiuto jugoslavo come un tradimento. Escludendo la Jugoslavia dal Cominform, Stalin
sperò di provocare una sollevazione nel paese. Ma ciò non avvenne e il Partito Comunista
jugoslavo, epurato dai "cominformisti", elesse un nuovo Comitato Centrale totalmente devoto a
Tito.
La rottura con l'Unione Sovietica portò molti riconoscimenti internazionali a Tito, ma creò anche un
periodo di instabilità (il periodo dell'"Informbiro"). La via nazionale jugoslava al comunismo venne
definita Titoismo da Mosca, che, incoraggiò le purghe contro sospetti titini negli altri paesi del
blocco comunista.[19]
Nel contesto della spaccatura tra cominformisti e titoisti, Tito diede vita in patria ad un clima
fortemente repressivo. Oppositori politici, "cominformisti" o presunti tali (tra l'altro parecchi
comunisti italiani - tanto autoctoni che immigrati - accusati di stalinismo[20]), vennero rinchiusi in
campi di prigionia, tra i quali spiccava il campo di Isola Calva (Goli Otok), dopo processi e
condanne sommari.
Durante la crisi, Winston Churchill portò un discreto sostegno a Tito, chiedendogli in cambio di
ritirare i suoi partigiani comunisti dalla Grecia e di cessare gli aiuti. Da parte sua, Churchill fece
sapere a Stalin di non toccare la Jugoslavia.
Stalin tentò di sottomettere la Jugoslavia attraverso l'arma economica. Ridusse le esportazioni
dell'URSS verso Belgrado del 90% e obbligò gli altri stati dell'Europa orientale a fare altrettanto.
Questo blocco economico costrinse Tito ad aumentare i suoi scambi con i paesi occidentali. Pur
restando fedele al socialismo e richiamandosi agli stessi principi dell'Unione Sovietica, la
Jugoslavia ne rimase politicamente indipendente. Tito rimise dunque in discussione la direzione
unica del mondo socialista impressa dall'URSS, aprendo la strada all'idea di un socialismo
nazionale. Solamente la destalinizzazione lanciata da Nikita Kruschev permetterà una
normalizzazione dei rapporti tra URSS e Jugoslavia.
Le leggi sull'autogestione [modifica]
Il 26 giugno 1950 l'Assemblea Nazionale jugoslava approvò una legge cruciale, scritta da Tito e
Milovan Đilas, sull'autogestione (samoupravljanje): un tipo indipendente di socialismo che
sperimentò la condivisione dei profitti tra gli operai nelle industrie controllate dallo stato. Il 13
gennaio 1953, la legge sull'autogestione venne posta a base dell'intero ordine sociale in Jugoslavia.
Tito successe inoltre a Ivan Ribar come Presidente della Jugoslavia il 14 gennaio 1953.
La politica estera negli anni cinquanta [modifica]
Eleanor Roosevelt con Tito alle Isole Brioni nel 1953.
Tito divenne famoso nel perseguire una politica estera di neutralità durante la Guerra Fredda e nello
stabilire stretti rapporti con i paesi in via di sviluppo. Il forte credo di Tito nell'autodeterminazione
causò un precoce strappo con Stalin e, di conseguenza, con il blocco orientale. I suoi discorsi
pubblici spesso reiteravano che la politica di neutralità e cooperazione con tutti paesi è naturale che
finché questi paesi non usano la propria influenza per premere la Jugoslavia a scegliere campo. Le
relazioni con gli Stati Uniti e i paesi dell'Europa Occidentale erano generalmente cordiali.
Dopo la morte di Stalin, Tito rigettò l'invito dell'URSS di una visita per discutere la
normalizzazione delle relazioni bilaterali. Nikita Kruschev e Nikolai Bulganin visitarono Tito a
Belgrado nel 1955 e chiesero scusa per i misfatti del governo di Stalin.[21] Tito visitò l'URSS nel
1956, segnalando che l'animosità tra URSS e Jugoslavia stava scemando.[22] Comunque, le relazioni
tra URSS e Jugoslavia avrebbero raggiunto un altro punto basso alla fine degli anni sessanta.
Tito sviluppò anche buone relazioni con la Birmania di U Nu, viaggiandovi nel 1955 e ancora nel
1959, nonostante Ne Win non ricambiasse la visita nel 1959.
La Jugoslavia aveva una politica liberale rispetto ai viaggi, permettendo agli stranieri di viaggiare
liberamente attraverso il paese, e ai suoi cittadini di viaggiare per tutto il mondo [23], il che era
generalmente limitato da parte dei paesi comunisti. Un gran numero di cittadini jugoslavi
lavorarono in Europa occidentale.
Il movimento dei Non Allineati [modifica]
A seguito della Conferenza di Bandung del 1955, Tito si avvicinò a Nasser e Nehru, che rincontrò
nella Conferenza di Brioni nel 1956. Con la Conferenza di Belgrado del 1961, Titò co-fondò il
Movimento dei Non-Allineati assieme all'egiziano Gamal Abdel Nasser, l'indiano Jawaharlal
Nehru, l'indonesiano Sukarno e il ghanese Kwame Nkrumah, in quella che fu definita "l'iniziativa
dei cinque", stabilendo forti legami con i paesi del terzo mondo. Questa mossa ebbe un grande
successo nel migliorare la posizione diplomatica della Jugoslavia. Tito coltivò anche ottimi rapporti
con l'Etiopia e in particolare con l'Imperatore Haile Sellassie, considerato leader carismatico
dell'Africa e fu più volte ospite ad Addis Abeba.
La Repubblica Socialista Federale [modifica]
Il 7 aprile 1963, il paese cambiò ufficialmente nome in Repubblica Socialista Federale di
Jugoslavia. Le riforme incoraggiarono l'impresa privata e rilassarono le restrizioni alla libertà di
parola e di espressione religiosa.[23] Nel 1966 Tito firmò un accordo con il Vaticano, che garantiva
nuove libertà alla Chiesa Cattolica Romana di Jugoslavia, in particolare nell'insegnamento del
catechismo e nell'apertura di seminari. Il nuovo socialismo di Tito trovò opposizione da parte dei
comunisti ortodossi, che culminò con la cospirazione capeggiata da Aleksandar Rankovic.[24], capo
della sicurezza. In seguito alle dimissioni di Rankovic, ci fu una liberalizzazione, di cui
beneficiarono soprattutto artisti e scrittori.
Lo stesso anno Tito dichiarò che da quel momento i comunisti avrebbero dovuto tracciare il
percorso della Jugoslavia con la forza delle proprie opinioni (implicando una garanzia di libertà di
espressione e l'abbandono dei metodi dittatoriali). L'Agenzia di Sicurezza dello Stato (UDBA) vide
ridotti i propri poteri e il proprio staff ad un massimo di 5.000 persone.
Il 1º gennaio 1967, la Jugoslavia fu il primo paese comunista ad aprire le sue frontiere a tutti i
visitatori stranieri, abolendo il regime dei visti.[25]
La politica estera negli anni sessanta [modifica]
Lo stesso anno Tito divenne attivo nel promuovere una risoluzione pacifica del conflitto AraboIsraeliano. Il suo piano chiedeva agli Arabi di riconoscere lo Stato di Israele in cambio del ritorno
dei territori conquistati da Israele.[26] Gli arabi rifiutarono la sua idea di "terre per il
riconoscimento".
Nel 1967, Tito offrì al leader cecoslovacco Alexander Dubček la sua disponibilità a volare a Praga,
con un preavviso di sole tre ore, se Dubček avesse avuto bisogno di aiuto nell'affrontare i
Sovietici.[27]
Tito criticò violentemente l'invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di
Varsavia nel 1968, il che contribuì a migliorare la sua immagine nei paesi occidentali.
A causa della sua neutralità, la Jugoslavia fu l'unico paese comunista ad avere relazioni
diplomatiche con governi di destra anticomunisti. Ad esempio, fu l'unico paese comunista
autorizzato ad avere un'ambasciata nel Paraguay di Alfredo Stroessner.[28] Comunque, una notevole
eccezione alla posizione neutrale della Jugoslavia verso i regimi anticomunisti si ebbe nel caso del
Cile di Augusto Pinochet; anche la Jugoslavia troncò le relazioni diplomatiche dopo il colpo di stato
del 1973 che depose Salvador Allende.[29]
Gli anni settanta e le riforme costituzionali del 1974 [modifica]
Nel 1971 Tito fu rieletto Presidente della Jugoslavia per la sesta volta. Nel suo discorso di fronte
all'Assemblea Federale egli introdusse 20 radicali emendamenti costituzionali che avrebbero
costituito un rinnovato schema su cui basare lo stato. Gli emendamenti prevedevano:



una presidenza collettiva, costituita da 22 membri eletti dalle sei repubbliche e dalle due
provincie autonome. La Presidenza Collettiva avrebbe avuto un singolo Presidente, a
rotazione tra le sei repubbliche. In caso di mancato accordo dell'Assemblea Federale sulla
legislazione, la presidenza collettiva avrebbe avuto il potere di legiferare per decreto.
un governo più forte, con un considerevole potere di iniziativa legislativa, indipendente dal
Partito Comunista. Djemal Bijedic venne scelto come Primo Ministro.
il decentramento del paese con una maggiore autonomia alle repubbliche e alle provincie. Il
governo federale avrebbe mantenuto l'autorità solo sulla politica estera, di difesa, di
sicurezza interna, gli affari monetari, il libero commercio interno e i prestiti per lo sviluppo
delle regioni più povere. Il controllo dell'educazione, della sanità e degli affitti sarebbero
stati esercitati interamente dai governi delle provincie.[30]
All'inizio degli anni settanta, l'intervento di Tito stroncò i movimenti di rinnovamento nella politica
che erano emersi alla fine degli anni sessanta in Serbia, Croazia e Slovenia e destituì le élites
comuniste che si accingevano a liberalizzare la politica economica e sociale in quelle repubbliche.
Negli anni successivi, la Jugoslavia vide un periodo di accentuata repressione politica che sollevò
aspre contestazioni soprattutto tra i croati.
Durante la "Primavera croata" del 1970 (anche masovni pokret o maspok, cioè "movimento di
massa"), il governo represse sia le dimostrazioni pubbliche sia le idee dissenzienti all'interno del
Partito Comunista. Nonostante la repressione, molte delle domande del maspok vennero più tardi
messe in opera con la nuova costituzione.
Il 16 maggio 1974, la nuova Costituzione della Repubblica Socialista Federale Jugoslava (SFRJ)
venne approvata, e Josip Broz Tito fu nominato Presidente a vita. La nuova Costituzione portava
l'impronta del teorico sloveno Edvard Kardelj che, in vista della futura scomparsa di Tito, aveva
elaborato un modello con-federale basato sulla cooperazione democratica tra le dirigenze comuniste
delle varie repubbliche e province autonome, che mantenevano però l'egemonia assoluta nei loro
rispettivi paesi.

Nixon e Tito alla Casa Bianca, 1971

Tito con la Regina Elisabetta d'Inghilterra in visita in Jugoslavia, 1972

Tito in visita ufficiale negli Stati Uniti d'America, incontra il Presidente Jimmy Carter, nel
1978

Tito e Carter presiedono un incontro tra ufficiali americani e jugoslavi, 1978
Ultimi anni [modifica]
Dopo la revisione costituzionale del 1974, Tito prese sempre più il ruolo di anziano padre della
patria, mentre diminuiva il suo coinvolgimento diretto nella politica interna e nel governo.
Il funerale di Tito, 8 maggio 1980.
Nel gennaio 1980, Tito fu ricoverato al centro clinico di Lubiana (Klinični center Ljubljana) per
problemi di circolazione alle gambe. La sua gamba sinistra fu amputata poco dopo. Morì in clinica
il 4 maggio 1980, tre giorni prima del suo 88º compleanno. Il suo funerale vide l'arrivo di molti
uomini di stato la cui presenza cercava di attirarsi le simpatie della nuova dirigenza jugoslava, che
si trovava in piena guerra fredda priva della guida carismatica.[31] In base al numero di politici e
delegazioni di stato presenti, fu il maggiore funerale di stato nella storia.[32] Erano presenti quattro
re, 31 presidenti, sei principi. 22 primi ministri e 47 ministri degli esteri, da 128 paesi da entrambe
le parti della Cortina di Ferro, tra cui Indira Gandhi, Margaret Thatcher e Willy Brandt.[33]. Il record
fu superato solo dai funerali di Giovanni Paolo II nel 2005.
Tito è sepolto a Belgrado, nel mausoleo Kuća Cveća (La casa dei fiori) a lui dedicato. Numerose
persone visitano il luogo come un santuario dei "bei tempi", nonostante non venga più mantenuta
una guardia d'onore.
I regali ricevuti da Tito durante la sua presidenza sono conservati nel Museo della Storia della
Jugoslavia (già Museo 25 maggio e Museo della Rivoluzione), a Belgrado. La collezione è senza
prezzo: include lavori di molti artisti famosi a livello mondiale, tra cui stampe originali dei Capricci
di Francisco Goya. Il Governo Serbo pianifica di fondere la collezione con quella del Museo Storico
della Serbia.[34]
Statua di Tito a Kumrovec, Croazia, dell'artista Antun Augustinčić (1900-1979)
Durante la sua vita, e specialmente nei primi anni dopo la sua morte, molti luoghi furono rinominati
in omaggio a Tito. Molti di questi sono da allora ritornati ai loro nomi originali. Tra questi
Podgorica, oggi capitale del Montenegro, fino al 1992 Titograd. L'aeroporto internazionale di
Podgorica è ancora identificato col codice TGD. Numerose strade di Belgrado sono tornate ai loro
nomi pre-comunisti. Nel 2004, la statua di Tito di Antun Augustinčić presso il suo luogo natale a
Kumrovec venne decapitata da un'esplosione,[35] e successivamente riparata. Nel 2008, 2000
protestanti marciarono su piazza Maresciallo Tito a Zagabria per chiedere la restaurazione
dell'antico nome di Piazza del Teatro, senza esito.[36] Nella città costiera croata di Opatija
(Abbazia), così come in moltissime altre città dell'area jugoslava,tra cui anche Sarajevo la strada
principale o una delle principali arterie ancora mantengono il nome del Maresciallo Tito.
Eredità politica [modifica]
A partire dai suoi ultimi mesi di vita furono sollevati molti dubbi sulla possibilità che i suoi
successori mantenessero l'unità della Jugoslavia. Dubbi confermati dagli eventi storici successivi:
divisioni etniche e conflitti nazionalisti crebbero fino a scoppiare nelle decennali Guerre jugoslave,
una decade dopo la morte di Tito.
Tito aveva tenuto unito il Paese sostituendo il nazionalismo pan-jugoslavo ai nazionalismi delle
singole repubbliche. Le tensioni nazionaliste delle varie etnie venivano da lui manipolate come
strumenti per mantenere il proprio ruolo di mediatore "super partes". Secondo molti il contenimento
dei nazionalismi jugoslavi fu ottenuto soprattutto con l'uso della forza tramite l'OZNA (servizi
segreti) e l'UDBA (polizia politica); altri sottolineano invece il ruolo dello sviluppo dell'economia e
dei provvedimenti sociali, antinazionalisti ed antireligiosi del regime nel promuovere, dopo molti
decenni di conflitti sanguinosi, un lungo periodo di relativa convivenza pacifica fra le diverse etnie
e confessioni del Paese. Altri ancora, tra i quali il filosofo marxista sloveno Slavoj Žižek,
sottolineano la natura essenzialmente repressiva e addirittura reazionaria del regime titoista, il quale
da un lato esasperava l'identità nazionale "jugoslava" con misure di chiaro carattere sciovinista, e
dall'altro rendeva impossibile ogni dibattito politico aperto, utilizzando i pregiudizi etnici e
nazionalistici per scongiurare ogni possibile alleanza tra i gruppi d'opposizione anti-comunista
presenti nelle singole repubbliche.
Lo strappo di Tito dall'URSS, e l'indipendenza del Titoismo dalle politiche di Mosca
strategicamente produsse un difficile accesso dell'URSS nel Mediterraneo, obiettivo geopolitico
russo da secoli. La trasformazione di fatto della Jugoslavia in uno stato cuscinetto ridusse il livello
della militarizzazione dell'Adriatico quale mare di confine, con presenza di forze armate navali di
entrambi i blocchi, come viceversa avveniva nel mar Baltico, ove ogni tanto avvenivano "cacce" a
presunti sottomarini sovietici che sconfinavano nella acque territoriali svedesi[37].
Critiche [modifica]
Sono numerose le critiche a Tito. Tra le maggiori risalta l'accusa di democidio fattagli da alcuni
accademici come Rummel. Infatti Rudolph Joseph Rummel ritiene che oltre 1.072.000 Jugoslavi
siano morti per colpa diretta od indiretta di Tito tra il 1944 ed il 1987.[38]
Crimini contro l'umanità [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Esodo istriano.
Il regime di Tito viene ritenuto colpevole di crimini contro l'umanità come:





massacro di Bleiburg e le stragi sommarie di circa 12.000 ex miliziani anticomunisti sloveni
(domobranci) nel giugno 1945;
le persecuzioni anti-italiane e i massacri delle foibe definiti dal presidente della repubblica
Giorgio Napolitano come pulizia etnica[39] nelle regioni a ridosso del confine italo-jugoslavo
che causarono la tragedia dell'esodo giuliano dalmata. Questi ultimi massacri si verificarono
poco dopo la fine della guerra e si cercarono di spiegare come vendetta dei partigiani contro
i fascisti, ma nella realtà furono attuate contro tutti coloro che rappresentavano o potevano
rappresentare, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, lo Stato italiano in quelle
terre (Istria e Trieste) che il nuovo regime comunista jugoslavo rivendicava apertamente. A
conferma di un'autentica campagna d'intimidazione contro gli italiani, vi sono anche le
affermazioni di Milovan Gilas, vice capo del governo e segretario della Lega dei Comunisti
di Jugoslavia che, in un'intervista rilasciata a Panorama il 21 luglio 1991, ammetteva senza
giri di parole: "Ricordo che io e Kardelj (dirigente del partito comunista sloveno, ndr)
andammo in Istria a organizzare la propaganda anti-italiana. Si trattava di dimostrare alle
autorità alleate che quelle terre erano jugoslave e non italiane. Certo che non era vero. Ma
bisognava indurre gli italiani ad andare via, con pressioni di ogni tipo. Così fu fatto.";
pulizia etnica contro cittadini di etnìa tedesca[40];
massacro di Bačka ossia pulizia etnica contro cittadini di etnia ungherese e tedesca nonché
pulizia politica contro serbi anticomunisti;
i soprusi e le uccisioni perpetrati tra il 1945 e 1955 in vari campi di concentramento (quali
Teharje in Slovenia e Goli Otok in Croazia) contro oppositori politici.
Culto della personalità [modifica]
Caratteristica una "filastrocca" sulla Jugoslavia, citata spesso dagli estimatori di Tito: «Sei stati,
cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito» a significare l'unione di
tante diversità che Tito era riuscito ad attuare e che crollò dopo la sua morte.
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, Tito celebrò il proprio compleanno il 25 maggio,
a ricordo del giorno in cui scampò miracolosamente all'uccisione per mano tedesca. Pertanto, il 25
maggio fu proclamato giorno di festa nazionale in Jugoslavia. Una staffetta di giovani portava lungo
tutte le principali città jugoslave un bastone riccamente intagliato - simbolo del comando - e lo
consegnava a Tito la sera del 25 maggio nello stadio di Belgrado, nel corso di una grande cerimonia
ginnico/sportivo/militare. Non è che uno degli esempi del vero e proprio culto della personalità che
si sviluppò per quarant'anni in Jugoslavia: si contano a decine le canzoni, le poesie ed i romanzi
dedicati a Tito.
Tito fu notoriamente un amante della bella vita, e questo suo tratto si accentuò negli anni
coinvolgendo l'intero apparato statale. Possedeva decine di residenze ufficiali sparse per il paese, fra
le quali la più famosa era la Villa Bianca all'interno dell'Arcipelago delle Isole Brioni in Istria: una
zona interdetta alla navigazione e di fatto buen retiro del capo dello stato, comprendente addirittura
un sorprendente zoo privato. Possedeva pure uno degli yacht più grandi e lussuosi dell'epoca, il
Galeb, che utilizzò per un famoso viaggio ufficiale in Gran Bretagna e che - si notò all'epoca - era
più grande perfino del Britannia dei reali inglesi. Usava per spostarsi in Jugoslavia anche un treno
privato, fatto arredare in modo lussuoso da artigiani jugoslavi, austriaci e italiani. Possedeva una
collezione di automobili, comprendente le famose Cadillac con sedili su misura, centinaia di orologi
compresi rari modelli in platino e oro, nonché centinaia di vestiti e divise, tanto da essere
perennemente seguito da un addetto all'abbigliamento che ogni giorno gli preparava i completi per i
vari impegni pubblici e privati. Grande cacciatore, non si peritava di utilizzare le riserve boschive
nei boschi montenegrini e sloveni per la caccia ai grandi mammiferi come cervi ed orsi, utilizzando
i fucili creati esclusivamente per lui dall'italiana Beretta. In occasione di visite ufficiali in paesi
africani, come l'Etiopia, chiedeva che venissero organizzate battute di caccia grossa. Centinaia di
battitori setacciavano la zona per permettere a Tito di abbattere le prede più ambite. Come ulteriore
nota di colore, di Tito si ricordano le varie frequentazioni femminili fino in tarda età, l'amore per le
bevande alcoliche e per il fumo: in nome della solidarietà politica e di un'antica amicizia Fidel
Castro faceva pervenire a Tito intere casse degli adorati sigari cubani, che lui offriva ai vari ospiti di
ogni estrazione e tipo - comprese le attrici italiane Gina Lollobrigida e Sofia Loren - di cui amava
circondarsi.
Note [modifica]
1. ^ Ian Bremmer, The J Curve: A New Way To Understand Why Nations Rise and Fall, Pag.
175
2. ^ Mark F. Ettin, Group Psychotherapy and Political Reality: A Two-Way Mirror,
International Universities Press, 2002, pp. 193. ISBN 0823622282
3. ^ Neven Andjelic, Bosnia-Herzegovina: The End of a Legacy, Frank Cass, 2003, pp. 36.
ISBN 071465485X
4. ^ Stephen Tierney, Accommodating National Identity: New Approaches in International and
Domestic Law, Martinus Nijhoff Publishers, 2000, pp. 17. ISBN 9041114009
5. ^ Melissa Katherine Bokovoy, Jill A. Irvine, Carol S. Lilly, State-society relations in
Yugoslavia, 1945–1992; Palgrave Macmillan, 1997 p.36 ISBN 0312126905
"Of course, Tito was a popular figure, both in Yugoslavia and outside it."
6. ^ Il testo della decisione U-I-109/10 della Corte Costituzionale della Slovenia del 3 ottobre
2011
in
sloveno:
http://odlocitve.us-rs.si/usrs/usodl.nsf/o/AB6C747BE8DF7AF3C125791F00404CF9
7. ^ http://www.sloveniatimes.com/naming-street-after-tito-unconstitutional
8. ^ http://www.sta.si/en/vest.php?s=a&id=1681537
9. ^ http://www.stabroeknews.com/2011/news/world/10/05/court-in-slovenia-bans-tito-roadname/
10. ^ Jean-Jacques Marie, Staline, Fayard, 2001
11. ^ William Klinger (2010). Tito (1892-1980): un'intervista con Geoffrey Swain. Quaderni,
Centro di ricerche storiche – Rovigno (XXI): 377-425.
12. ^ Stvaranje Titove Jugoslavije, page 84, ISBN 86-385-0091-2
13. ^ Articolo in francese
14. ^ G. Rumici, Infoibati, 1943-1951, Milano, Mursia 2002; p. 19
15. ^ William Klinger (2009). Nascita ed evoluzione dell'apparato di sicurezza jugoslavo 19411948. Fiume (19): 13-49.
16. ^ Stvaranje Titove Jugoslavije, page 479, ISBN 86-385-0091-2
17. ^ Democide and mass murders
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19. ^ No Words Left? August 22, 1949.
20. ^ Giacomo Scotti, Goli Otok: Italiani nel gulag di Tito, LINT Editoriale, 1997, ISBN
888190229X
21. ^ Come Back, Little Tito June 06, 1955.
22. ^ Discrimination in a Tomb June 18, 1956.
23. ^ a b Socialism of Sorts June 10, 1966.
24. ^ Unmeritorious Pardon December 16, 1966.
25. ^ Beyond Dictatorship January 20, 1967.
26. ^ Still a Fever August 25, 1967.
27. ^ Back to the Business of Reform August 16, 1968.
28. ^ Paraguay: A Country Study, "Foreign Relations": "Foreign policy under Stroessner was
based on two major principles: nonintervention in the affairs of other countries and no
relations with countries under Marxist governments. The only exception to the second
principle was Yugoslavia."
29. ^ J. Samuel Valenzuela and Arturo Valenzuela (eds.), Military Rule in Chile: Dictatorship
and Oppositions, p. 316
30. ^ Yugoslavia: Tito's Daring Experiment August 09, 1971.
31. ^ Josip Broz Tito Statement on the Death of the President of Yugoslavia May 4, 1980.
32. ^ Several authors; "Josip Broz Tito - Ilustrirani življenjepis", page 166
33. ^ Jasper Ridley, Tito: A Biography, page 19
34. ^ Status of the Museum of the History of Yugoslavia, B92
35. ^ U Kumrovcu Srušen I Oštećen Spomenik Josipu Brozu Titu – Nacional
36. ^ Thousands of Croatians rally against 'Tito' square
37. ^ Ola Tunander, The Secret War Against Sweden – US and British Submarine Deception in
the 1980s, Routledge, online
38. ^ I massacri di Tito (in inglese)
39. ^ Discorso di Napolitano
40. ^ L'espulsione dei tedeschi dalla Jugoslavia dal sito del Museo Virtuale delle Intolleranze e
degli Stermini
Voci correlate [modifica]
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Titoismo
Ustascia
Esodo Giuliano-Dalmata
Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia
Lega dei Comunisti di Jugoslavia
AVNOJ
Vladimir Dedijer

Draža Mihailović
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