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LA CLEMENZA DI TITO
n.6
Opera seria in due atti
Libretto di Caterino Mazzolà
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
con Bruce Sledge, Alexandrina Pendatchanska, Gabriella Sborgi, Cinzia
Rizzone, Stefano Irànyi, Mirco Palazzi
Orchestra sinfonica della Provincia di Bar diretta da Michael Güttler
Scene e costumi di Luigi Perego
Regia di Walter Pagliaro
Teatro Piccinni- Bari: 30 aprile 2008
La trama dell’opera
Vitellia vuole vendicarsi di Tito che, al suo amore, ha preferito quello di
Berenice. Convince pertanto Sesto (suo spasimante) ad assassinare
l’imperatore il quale, nel frattempo, dichiara di voler sposare Servilia
anche se questa è segretamente innamorata di Annio. Conosciuti i veri
sentimenti di Servilia, Tito rinuncia alla sua mano, mentre, nel frattempo,
la congiura ordita da Vitellia e Sesto è andata avanti. Ma Tito, a sorpresa,
comunica a costei che sarà proprio lei la sua futura sposa. Il Campidoglio
intanto è in fiamme: Sesto dice di aver visto cadere morto l’imperatore.
Ma la notizia è falsa, ed egli viene catturato e condannato a morte insieme
agli altri congiurati. Quando tutto sta per precipitare, Vitellia si presenta
nell’anfiteatro romano e dichiara di essere lei e lei sola l’ispiratrice della
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congiura. Ma Tito, magnanime e clemente, nella esultanza di tutti, concede
il perdono generale preferendo essere amato piuttosto che essere temuto.
La biografia di Mozart:
Nato da un padre eccellente musicista, il piccolo Amadeus viene subito
avviato alla carriera prima come bambino prodigio portato in giro per
l’Europa delle corti e dei teatri settecenteschi (Londra, Parigi, Dresda,
Mannheim, Monaco, Augusta, Colonia, Milano, Bologna, Roma, Napoli);
poi, dal 1772 al 1781, come konzertmeister a Salisburgo. Il clamoroso
successo dell’opera seria Idomeneo data a Vienna, lo convince a lasciare
quell’incarico e a vivere esclusivamente del suo lavoro di compositore di
opere, sinfonie, concerti strumentali, musica da camera e d’occasione: in
pratica Mozart scrisse musica di tutti i generi noti e praticati a quel tempo.
Affiliatosi alla massoneria, si legò di amicizia con Da Ponte e Schikaneder
che diventeranno suoi librettisti con opere scritte tra il 1786 e 1791 come
Nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte, Der Zauberflöte. Morto
l’imperatore Giuseppe II che lo stimava, il suo successore Leopoldo II non
mostrò alcun interesse per la sua musica, anche se, per celebrarne
l’incoronazione del 1791, Mozart compose per il teatro di Praga l’opera
seria La clemenza di Tito. Già in cattive condizioni di salute, tornò a
Vienna presago della cattiva sorte, appena in tempo per comporre parte del
Requiem e poi morire il 5 dicembre 1791.
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Mozart cominciò ad occuparsi di quella che egli chiamò “vera opera” (La
Clemenza di Tito) nella seconda metà del luglio 1791, e quindi in meno di
due mesi - grazie alla ‘riduzione’ librettistica curata da Mazzolà
dall’originale di Metastasio in cui la trama romanzesca e amorosa si fonde
con alcuni messaggi ideologici e morali - questo tentativo di tener dietro al
genere dell’opera seria andava in porto non senza pagine di routine. Il
brano più celebre dell’opera tuttavia, il rondò di Vitellia Non più di fiori, ci
restituisce, insieme ai finali e agli splendidi interventi del Coro, il Mozart
più maturo capace di sintetizzare nelle undici arie e nei suoi undici pezzi
d’insieme e corali, il cosiddetto realismo psicologico della sua eccelsa arte
collegata con lo sviluppo del discorso musicale: un principio fondamentale
della moderna drammaturgia musicale che rende appunto il Tito un’opera
dalle splendide disuguaglianze ma anche dalle indimenticabili atmosfere
psicologiche.