A proposito di Life Time Contracts Michele Graziadei Tra gli addetti ai lavori non ha per ora avuto grande risonanza la recente decisione della Commissione Europea di ritirare la proposta di regolamento per un diritto comune opzionale della vendita. Senza grande clamore, in sordina, si è chiuso così un intenso ciclo di lavori e di studi durato più di un decennio, inaugurato con la pubblicazione nel 2003 del piano d'azione della Commissione europea all'origine del progetto di Quadro comune di riferimento in materia di diritto privato e di altre analoghe iniziative che, nelle intenzioni, avrebbero dovuto condurre a superare l'approccio frammentario delle istituzioni europee alla materia contrattuale. Vale a dire, secondo molti studiosi, il maggior difetto della normativa europea applicabile nel settore dei contratti, e più in generale diritto privato patrimoniale. In quest'arco di tempo un'enorme mole di lavoro è dunque stata compiuta per cercare di delineare i tratti di un diritto comune europeo in materia di contratto e in materie collegate al contratto. L'esercizio ha avuto il merito di stimolare la nascita di una comunità transnazionale di studiosi specialisti di questi temi, e di far crescere la consapevolezza circa gli ostacoli che si frappongono all'elaborazione di regole maggiormente condivise in materia di contratto e di obbligazioni in Europa. Tra questi, vi è la difficoltà di redigere un testo che esprima le medesime regole giuridiche in tutte le ventiquattro lingue ufficiali dell'Unione. L'esercizio, nel campo del diritto privato, è infatti più arduo che in altri settori del diritto - come ad esempio il diritto internazionale privato. Le norme del diritto privato sono infatti destinate a regolare porzioni più ampie della vita sociale, e portano con sé un linguaggio ben più ricco e articolato di quello di altri settori del diritto.. Il tentativo di redigere un testo comprensivo in materia contrattuale, animato da una certa ambizione sistematica, intorno a cui potessero convergere i consensi, è sempre stato circondato da un buon margine di ambiguità circa gli obiettivi dell'armonizzazione o dell'uniformazione del diritto privato in Europa, al di là della ripetizione di luoghi comuni circa la necessità di un diritto più facilmente accessibile e più coerente. Mentre alcuni pensavano ad un disegno sistematico del diritto privato europeo, tale da ripristinare il prestigio un po' offuscato della scienza del diritto, incapace di collocare in una quadro ordinato il diritto nazionale, e quello elaborato in sede europea, altri avevano in mente progetti più mirati, ispirati dalla consapevolezza che, allo stato attuale delle cose, l'armonizzazione e l'unificazione del diritto in Europa non può e non deve ripercorrere gli itinerari che, a livello degli Stati Membri, condussero alle codificazioni nazionali del diritto privato nel corso del diciannovesimo e del ventesimo secolo. L'ampio volume Life Time Contracts: Social Long Term Contracts in Labour, Tenancy and Consumer Credit Law, curato da Luca Nogler e da Udo Reiner, Elven Publishers, The Hague, 2014, condivide quest'ultima visione delle cose. A differenza di altre opere che appartengono al medesimo filone, essa tuttavia solleva interrogativi e avanza proposte ben al di là dello stato dell'arte nella materia del diritto privato europeo. Il tema è quello della critica del disegno europeo inteso come mero progetto di integrazione del mercato interno, nel quale gli scambi assumono il carattere di operazioni istantanee tra le imprese, e tra le imprese e consumatori, senza la creazioni nessi e relazioni diverse dal cash nexus, il passaggio di denaro da una mano all'altra, nell'ambito di negoziazioni del tutto impersonali, di cui già parlavano Marx e Engels. Evidentemente anche nell'economia attuale non tutti i contratti si inscrivono in questo modello. Uno dei meriti maggiori di quest'opera appassionante è di ricordare questo dato basilare. Alcuni contratti non rispondono alla matrice dello scambio istantaneo, durano nel tempo, per soddisfare bisogni esistenziali primari delle persona. L'espressione life time contracts è coniata dai curatori del volume per nominare contratti di questo genere. Viene in considerazione in primo luogo il contratto di lavoro subordinato, quindi la locazione abitativa, e infine il credito al consumo. L'espressione life time contracts viene tradotta nelle lingue ulteriori in cui sono pubblicati i ventidue contributi raccolti in questo volume tramite espressioni come Lebenszeitvertrȁge, contrats d'existence, contratti "di durata" per l'esistenza della persona. Al di là della scelta terminologica di volta in volta compiuta dagli autori, che appartengono a undic Paesi europei, e a un Paese extraeuropeo, il discorso è chiaro; questo contratti sono diversi dagli altri, anzitutto sotto il profilo teleologico, tendendo a far conseguire beni o servizi esistenziali primari, destinati ad essere fruiti continuativamente. In altre parole, essi pongono le condizioni per la vita della persona, ne disegnano l'orizzonte, ne condizionano le scelte, ne determinano le relazioni. Considerazioni di questo genere sottendono la necessità di ripensare gli strumenti intellettuali su cui si è fondata la regolazione del mercato europeo, a cominciare dalla nozione di consumatore e di contratto di consumo. Un contratto destinato a soddisfare un bisogno esistenziale duraturo ed ineliminabile, nella ricostruzione degli autori del volume, è del tutto diverso da un contratto concluso per l'acquisto di beni di consumo che si esaurisce nello schema della compravendita. Il fattore rappresentato dalla durata del contratto nel tempo impone una regolazione equa del rapporto, che distribuisca tra le parti gli oneri del contratto in modo equilibrato, pena la distruzione della relazione, e nei casi più radicali dell'intero mercato di tali beni. Il manifesto dedicato a tali contratti, che si legge in apertura del volume, offre indicazioni puntuali circa il regime più adatto ad essi. Naturalmente, si può sollevare la questione se, per la loro natura, questi beni e servizi possono essere concepiti come merci alla stregua di altre merci. Nelle pagine di questo volume esprime la voce della ribellione contro l'idea di considerare il lavoro umano, la casa di abitazione, il credito necessario per avere accesso ad (almeno) alcuni beni di consumo, merce alla stregua di ogni altra merce. In realtà, non lo sono, ed è sciocco pensare che lo siano, come saremmo portati credere se ignorassimo quanto i vari contenuti raccolti in questo volume intendono valorizzare contro l'approccio alla regolazione del contratto che è fin qui prevalsa in sede europea. Ciascuno dei life time contracts esaminati in questo volume infatti contribuisce alla formazione della persona, tanto in termini di sostentamento materiale, quanto sotto il profilo morale e spirituale. Poiché il volume tratta del'ideologia dei rapporti economici, sociali, e giuridici che è coinvolta nella regolazione del mercato di questi beni si deve comprendere qual'è l'origine delle difficoltà attuali. La genesi dell'economia politica moderna nel diciottesimo secolo era accompagnata dalla netta consapevolezza che non tutti i beni intorno a cui si può contrattare sono uguali, In quest'epoca si possono ancora cogliere i segni un radicamento sociale dei rapporti economici, il quale sarà ben presto sconvolto dalla 'grande trasformazione' ricostruita da Karl Polany nella sua opera capitale. In effetti, nella Ricchezza delle Nazioni Adam Smith coglie in modo sorprendentemente nitido l'impatto della divisione del lavoro sullo statuto morale del lavoratore. La divisione del lavoro infatti ne aumenta la produttività, però al tempo stesso degrada il lavoratore come persona, privandolo dell'arricchimento derivante dallo svolgere prestazioni varie, che implicano anche l'acquisizione di nuove abilità e capacità intellettuali. Il lavoro non è, dunque, una merce come un'altra, perché forma la personalità del lavoratore. E pur essendo Smith liberista, nella medesima opera si pronuncia a favore delle leggi che colpiscono l'usura, per controllare i tassi di interesse, temendo che tassi di nteressi elevati finiscano per condurre a allocazioni del capitale inostebibili intermini sociali. Tra la fine del diciannovesimo secolo e l'inizio del ventesimo secolo si afferma però una teoria economica del tutto diversa della precedente. Nell'economia neoclassica le merci sono davvero tutte uguali a se stesse, e sono scambiate in mercati di cui nessuno coglie più le specificità e le implicazioni morali, come ha sostenuto Debra Satz in un'opera recente (D. Satz, Why certain Things Should not Be for Sale, Oxford University Press, 2010). Non è un caso che uno dei saggi raccolti in questo volume rivolga critiche feroci all'opera d Ronald Coase, presentato un po' in caricatura, come il cattivo profeta che semina tra i giuristi un atteggiamento analogo. In realtà, il formalismo permea in quest'epoca anche la teoria giuridica del diritto, che fa tutta perno sull'idea di autonomia della volontà, contro cui muovono autori come Gierke (spesso citato in questo volume), e gli alfieri del socialismo giuridico, come pure i giuristi impegnati in correnti socialmente orientate. Più di altri, i giuristi nel complesso hanno però anche contrastato l'affermarsi di questo paradigma anodino e astratto. Tanto è vero che il nostro modello costituzionale non lo riflette affatto, e quindi ritiene il lavoro, la casa di abitazione, il risparmio, beni del tutto diversi dagli altri, poiché collegati allo statuto morale della persona, al libero sviluppo della sua personalità. Tra i giuristi che hanno fatto la storia dell'analisi economica del diritto vi è chi ha messo a profitto riflessioni analoghe: Guido Calabresi ha indagato a fondo il rapporto tra la dimensione economica delle regole giuridiche, e le loro implicazioni morali, in quel capolavoro che è Ideals, Attitudes, Beliefs, and the Law, apparso nel 1985 (nella traduzione italiana il titolo diventa: Il dono dello spirito maligno, Milano, 1996). In Europa, considerazioni di questo genere non sono per ora moneta corrente, salvo notare, su un altro piano, l'uso del riferimento alla dignità umana per tenere sotto controllo alcune dimensioni dei rapporti di mercato. D'altra parte tessere in Europa le lodi di un particolare modello costituzionale nazionale oggi non commuoverebbe nessuno. Per questa ragione, l'operazione portata a temine dai curatori e dagli autori di questo volume ha un peso e un'importanza del tutto particolari. Essa si propone di articolare un modello teorico che può contribuire ad orientare il discorso intorno alle finalità del diritto privato europeo nel prossimo futuro. Non saprei dire se questo modello sia oggi definito in modo nitido e compiuto in ogni suo aspetto, né se la categoria dei life time contracts cui è dedicato il volume, e il manifesto che lo accompagna, resista davvero a ogni critica. Sono però certo che oggi l'Europa ha assolutamente bisogno di questo slancio teorico.