Catechesi ai Giovani riuniti a Roma per il Giubileo Data: Venerdì 18 agosto 2000 - ore 10.00 Sede: Roma - Scalinata Palazzo della Civiltà Italiana Quadrato della Concordia “Giovani, non abbiate paura di essere i Santi del Terzo Millennio” Carissimi giovani, "La pace sia con voi". Anch'io vi saluto con le stesse parole che ha usato il Papa, la serata di accoglienza del 15 agosto, nella cornice d'abbraccio infinito di Piazza san Pietro. Sono le parole di Gesù, che diventano una stretta di mano, personalizzata. Desidererei conoscere i vostri nomi. Ascoltare le vostre storie, guardarvi negli occhi. Ma siete tanti, uniti però insieme dalla stessa fede. Il saluto vada ai vostri preti, ai vari "don" che vi hanno gioiosamente accompagnato in questo pellegrinaggio, simbolo della stessa vita. E con loro alle simpatiche suore, che restano sempre il profumo delle nostre comunità giovanili. Grazie agli educatori ed animatori, al gruppo di giovani che stanno vivacizzando così bene questa liturgia, con un saluto cordialissimo ai Pastori delle vostre Diocesi e ai Parroci delle vostre parrocchie. Mi presento: Mi chiamo GianCarlo, padre GianCarlo per i fedeli della mia Diocesi. Ho 52 anni alla fine di settembre prossimo e da sei anni sono Vescovo a Locri Gerace, la diocesi del mar Jonio, nel suo azzurro infinito. Forse Locri lo conoscete dalla stampa... e forse purtroppo in termini solo negativi. Ah, gli scherzi dei giornali e delle televisioni! Eppure, vi porto la cordialità e la dignità di un popolo che lotta e spera, combatte e crede. Mille le difficoltà di ogni tipo. Grossi gli ostacoli. Ma nel cuore della gente la speranza non manca. Soprattutto nei sogni dei giovani. Sono gli stessi che avete voi e che il Papa ha raccolto martedì sera, con quel suo sorriso compiaciuto, per poi rilasciarli nelle braccia stesse del Cristo Risorto. Porto con me due anime: la Calabria e il Trentino. La Calabria, dove sono da 25 anni, con il colore azzurro del mare (che dire delle Lodi recitate sulla spiaggia, all'alba, nel miracolo del sole nascente!) e il giallo delle colline, bruciate da un sole perennemente radioso. Ma anche il verde delle foreste dell'Aspromonte, nei panorami incantati dei due mari, Jonio e Tirreno, contornati dalle vestigia delle civiltà grecobizantina e normanno-gotica, nella vivacità di una cultura popolare densissima, qual'é quella calabrese. Ma conservo nel cuore anche i colori e lo spettacolo incantato delle Dolomiti trentine, che mi hanno visto ragazzino spensierato tra i campi di mele. E sono quei colori di verde intenso e di bianco luminoso delle nevi, che unisco nel cuore al colori della Calabria. Mi chiederete perché vi parlo tanto dei colori. Perché la santità non è altro che dare colore al mondo, è dare sapore alle cose, è dar vita al paesaggio dove Dio mi ha fatto nascere e dove ora mi ha posto. Me e te. Queste due anime, che conservo nel cuore, visibilmente rappresentate nel mio pastorale dove un ramo di pino si intreccia con un ramo di olivo, mi danno la spaziatura per segnare i passi verso la santità. IL PRIMO di essi è proprio questo: colorare il mondo! SIATE CONTEMPLATIVI Il Papa nel Messaggio per questa GMG ci ha dato cinque consigli, per raggiungerla. Ve li ricordo, avendoli appena ora sentiti nella preghiera d'inizio: "Siate contemplativi ed amanti della preghiera, coerenti con la vostra fede, generosi nel servizio ai fratelli, parte viva nella comunità ecclesiale, artefici di pace". "E' difficile la santità?". Dipende. Dipende dal tuo cuore, da come ti poni di fronte alla vita. Se infatti tu saprai molto valorizzare quello che Dio ti ha dato, avrai già un ottima partenza. Una “pole position” favorevole, come nelle scattanti partenze della formula Uno. Quei secondi di attesa del verde sono decisivi, come decisiva resta la tua collocazione. Ecco, la partenza, fuor di metafora, è data dalla capacità di "riconoscere" i doni di Dio. Guardati attorno con stupore, scruta gli orizzonti, fermati davanti ad un cielo stellato, osserva un bimbo nel suo sorriso, rifletti di fronte all'infinito mare. Non dare nulla per scontato. Il mondo ha i suoi "colori". Non è neutrale. E tu non essere impassibile o distratto o vuoto. Fatti riempire dalla vita, dai colori della vita. Qui sgorga il secondo gradino verso la santità: il gusto dei colori produce la gioia del dire spesso: GRAZIE! Quell'unica piccola parolina che non vorrei mai fosse cancellata dal dizionario: “grazie!” Tutto qui'? Sì, tutto qui, perché il mondo si divide in due categorie di persone, con atteggiamenti opposti: chi sa dire "Grazie" e chi invece dice sempre "Voglio!". Chi dice grazie, sa apprezzare, riconoscere, stupirsi, stimare, coltiva nel cuore sentimenti di mitezza, un cuore puro che sa guardare con ottimismo la vita. Sa capire, perdona, comprende. Ringrazia, appunto, con quella naturalezza che si fa sorriso. E la vita cambia. Chi invece dice sempre "voglio, dammi, portami qui....." costui ha nel cuore solo pretese, difende sempre e solo i suoi diritti, calcola, si annoia di tutto, tutto tocca senza mai stringere nulla: é un perenne infelice. Perché ha posto se stesso al centro. E resterà solo con se stesso. In una tristezza indicibile. Tu, chi sei? Sei il giovane del “grazie” o del “voglio”? Il mio Diario... : è lo stile del dire grazie. Lo sento vivissimo, dentro di me, soprattutto quando, alla sera, scrivo il mio Diario. Per me, è un momento sacro. Non lo scrivo per i posteri né (perdonate la battuta!) perchè lo legga la mamma! Il diario è quel momento in cui tu rileggi la tua giornata o settimana e vi scorgi un frammento di Dio, di eterno racchiuso nel tempo. Non ti perdi dietro inutili fantasie. Sai accettare la vita così com'è, la accogli come ti viene data. Impari appunto a dire grazie, anche quando sbuffi o tiri calci o sprofondi nel dolore e nell'angoscia. Anzi, proprio allora il diario ti aiuta a prendere le dovute distanze da quell'angosciante malattia che è la noia di vivere. Dire grazie è allora segnare la vita di tappe, dare spaziatura, allargare gli orizzonti. E' entrare dentro le cose, farle decantare, far risuonare voci e risaltare colori. Far “tua” la vita, oggi, ora, qui, perché non ti sfugga nel nulla! Dalla gratitudine alla gratuità Vi descrivo, amici carissimi il mio percorso, di adolescente e di giovane. Complesso ed affascinante come il vostro, da quelle serate del Liceo dove facevo fatica a rispondere a Giovanni, un amico carissimo, che spesso, guardando le stelle, mi chiedeva: "Dimmi, GianCarlo, ma che c'è al di là delle stelle?" "Che c'è..?!" Se c'è lo stile della gratitudine, del dire grazie, lentamente è possibile abbozzare una risposta anche a questa tremenda domanda. La più grande. Perché senza che tu ti accorga, se sai coltivare la gratitudine, essa ti porta alla gratuità. Quale la differenza? La gratitudine è un grazie, la gratuità è il grazie, uno stile, una vita fatta riconoscenza. Fatta eucarestia. E' un passaggio decisivo. Perché la strada verso la santità è possibile solo se tu ti senti amato, accompagnato, se senti che Dio ti vuol bene, che ti ama gratis, che non ti giudica, che ti vuol bene così come sei. Questo è il tesoro della vita. Il più grande, infinito, come il mare. Un giorno, adolescente incerto, alla ricerca di un senso per il mio cuore inquieto, mi trovai di fronte ad un dono. Il mio superiore, intuendo la nostra fatica, un giorno ci diede delle piccole immagini, con una frase dietro. Un gioco usualissimo nei gruppi di amici. Frasi diverse, "a caso". Apparentemente a caso. Ma che quel giorno scesero nel mio cuore come balsamo. "Dilexit me et tradidit semetipsum pro me!", c'era scritto sulla mia immagine ("Mi ha amato ed ha dato, ha consegnato se stesso per me!"). Non ricordo i colori. Ricordo invece questa bellissima frase di san Paolo, quel santo innamorato pazzamente del Cristo, perché proprio da lui si sentiva precedentemente amato. "Dilexit me!" Sì, proprio me, fissandomi negli occhi, scrutando i miei passi rapidi e acerbi. Mi sentii amato, capito, accompagnato. Mi sgorgò nel cuore di adolescente un canto latino, che tuttora mi affascina: "Jesus dulcis memoria, dans vera cordis gaudia......" Un canto latino, è vero, forse lontano, eppure così bello nel suo gregoriano affascinante, che oggi i giovani stanno riscoprendo per il mistero che porta dentro. Non difficile, diceva che nulla è più dolce del Cristo Gesù. Nulla di più vero, nulla di più tenero. Ecco, Dio piace, è mio, è per me. Ti piace, è per te. E' tuo. Non basta ma lo devi dire: Mi piace. Perché Dio è bello, è tutto. La santità parte sempre da qui: da questo "dolce sapere". Poter gustare Dio, sentirlo dolce come il miele. Come un bacio. E il male? Una risposta dal carcere… Resta questa perenne domanda. La vita non è solo poesia. E' fatta di amarezze, solitudine, tristezza ed angoscia. Ed allora, Dio è vuoto? O solo poetico? O vano? No. Anche qui, Dio mi ha dato una risposta, concretissima, nella mia storia, che mi permetto di condividere con voi, umilmente e fraternamente. Un giorno, giovane prete, il mio Vescovo, mons. Giuseppe Agostino, a Crotone, dove sono diventato diacono e prete e poi anche vescovo, mi diede un incarico che, all'inizio, mi faceva tremare: cappellano del carcere. Un mondo che non conoscevo. Anzi, nell'intimo sdegnavo. Chiesi aiuto al Signore, esigevo da lui un segno. E questo segno venne. Un mese esatto dopo la sua proposta, ritornai dal vescovo, pronto all'obbedienza. Oggi ringrazio Dio di quegli anni, passati tra il dolore e la tremenda potenza del male. Perché il carcere è il luogo sacramentale dove il bene e il male si scontrano con una potenza così drammatica da non poter restare neutrale. Coinvolto così in un dramma, mi sentii autenticamente "redento" dalla grazia del Signore. E ricordo un fatto, avvenuto nelle prime settimane, le più dure. Un omone, grezzo e ruvido, mi raccontò come e perché avesse ucciso la moglie. Colori truci. Lo ascoltai con fatica. Ma soprattutto, al termine, ebbi un fremito quando mi diede la mano, quella stessa mano che si era macchiata del sangue di quella povera donna. Tornato a casa, mi lavai con cura, eccessiva, la mano. Mi pareva che quel sangue fosse rimasto anche sulle mie mani. Ed andai in crisi. "Possibile - mi dicevo - che Dio stia assente dalle vicende umane? Perché non interviene? Perché non ferma la mano di un assassino? Come conciliare giustizia e misericordia?" E andai in crisi. La teologia, pur studiata con amore in seminario, non mi dava risposte. Troppo assurda era la vita. E dovetti ridisegnare una nuova immagine di Dio, diversa da quella che avevo finora gustato, nella sua dolcezza d'amore. La risposta mi venne da un brano di vangelo che ora vi leggo: "Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano... siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Siate dunque perfetti (cioè santi!), come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,43-48) Ecco, lì compresi che Dio mi ama gratis. E me lo dice non tramite segni speciali, ma nell'umilissimo ed insieme bellissimo sorgere del sole, ogni mattina, sull'azzurro del mar Jonio. Nulla di più bello ed insieme nulla di più comune. Il sole e la pioggia, quella pioggia che nella Locride non vediamo da circa tre mesi! Dio non mi ama perché sono bravo, ma perché possa diventare bravo! La santità non è volontarismo eroico ma umile riconoscimento dell'amore ricevuto gratuitamente. La perfezione, come dicevano i padri del deserto, non sta nel salire, ma nel discendere. Il merito non è ciò che tu fai, ma ciò che tu sei perché apri il tuo cuore all'azione gradita di Dio. Ed allora, si coglie quello slogan, bellissimo. "La misura dell'amore é amare senza misura". Come fa Dio, che non dona il suo sole ai soli buoni o alle anime perfette. Ma lo dona a tutti. Sentirsi amati gratis. E' la scoperta più grande. E fu la mia salvezza, perché potei tornare ad abbracciare quel fratello che pur aveva ucciso sua moglie. E quella mano non mi fece più ribrezzo, perché sentivo che ero amato io quanto lui, dallo stesso Padre celeste. Figli, perciò fratelli. Ecco, perché san Luca, nel passo evangelico parallelo a questo di Matteo, scrive: "Siate dunque misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro celeste " (Lc 6,23) Non calcoli più quanto dai, perché ti senti sovrabbodantemente riempito dalla grazia celeste. Come un secchio nelle romantiche fontane dei villaggi delle Alpi, dove l'acqua scorre incessante, chiacchierina, viva. Esuberante, nella pienezza di una grazia che non si può misurare. Da qui, la parola "estasi", che spesso accompagna la santità nelle vite di questi campioni. Nulla di strano. Perché è quello stupore che ti piglia e ti rende quasi quasi assente anche te, quando ti fermi a guardare le due fonti dell'amore: la creazione e la redenzione. E ti scopri capace di amare il fratello che ti ha odiato o l'amico che ti ha tradito. Non perché lui lo meriti o perché tu sei bravo. Ma perché tu amandolo, non fai altro che restituire l'amore ricevuto direttamente. Chi ti è accanto diventa “fratello” proprio perché “figlio”. Prima "figlio" e poi "fratello". Allora sarà possibile perdonarlo ed accoglierlo, tutti avvolti in quell'unica paternità di Dio Padre. Come è avvenuto nella storia di Giuseppe venduto dai fratelli, dove la riconciliazione e il processo di riavvicinamento si costruisce non per tattiche o per buonismi, ma perché il volto del papà, Giacobbe, si colora per tutti del medesimo amore, annullando le gelosie e le invidie che lo avevano tristemente oscurato. La santità è questo processo, mirabile, che ti permette di ricopiare nel tuo cuore, in un riflesso quasi inconsapevole, la perfezione-santità di Dio. Ma c'è un secondo segno, che raccoglie questo cammino interiore di contemplazione e lo rafforza: è la Croce del Cristo Gesù. Il sole e la pioggia dati gratis si concentrano ora nella braccia aperte del Cristo, che sulla croce non punta il dito né giudica, ma allarga le braccia e perdona. Agnello senza macchia, che "dona la vita per la nostra vita" (come ben si esprime il messaggio del Papa per questo giubileo). La CROCE: ha percorso il mondo, inviata dal papa. “La Croce ha camminato con i giovani e i giovani camminano con la croce”. E sarà la Croce che vedremo, domani, per prima, nell'immensa spianata di Tor Vergata! 36 metri di altezza. Visibile ovunque. Simbolo del cammino di santità. La Croce giudica il mondo, perché non giudica, ma ama. La santità si incide sulla croce. Cresce con essa. Si fonda su quel legno. Essa sostiene, fonda, rialza, lancia. La croce è vittoria, la croce è risurrezione. La tua sconfitta? E' solo momentanea. Pendi oggi, ma vinci domani. Muori, come il seme nei solchi. Ma ritrovi vigoroso il tuo germoglio. Il dolore si fa fecondo, la delusione ti forma, la crisi purifica il tuo cammino di scelta, le tue sconfitte ti forgiano. Perfino i tuoi peccati saranno "necessari": "i necessari peccati giovanili", li chiamavano i padri della Chiesa. Non perché bisogna farli, ma perché è in essi che scopri che la perfezione sta nel discendere, chiedere perdono, umiliarti. Quella spina nella carne che san Paolo chiedeva di togliere e che è diventata invece la forza: “ti basta la mia grazia, perché la mia forza si manifesta nella tua debolezza”. Non aver paura allora delle tue fragilità, della tua fatica nell'amare, nella difficoltà di un cammino d'amore casto e denso con la tua ragazza. Non ti insuperbisca il successo e non ti abbatta la tua caduta. Resta umile, vero, fiducioso, leale, sereno. Pronto a risalire, pronto a confessare i tuoi limiti. Dio ti doni un bravo confessore, un Padre Spirituale, vicino, non troppo vicino né troppo amico. Quanto basta per sentirlo accanto ma non troppo vicino da non sentirne forti i richiami all'eroismo. Amanti della Preghiera: Nel clima di una gratitudine che si fa gratuità, ritrovata nella bellezza del creato e nelle braccia misericordiose del Cristo, la risposta di ciascuno di noi è densa e immediata. Scatta la PREGHIERA. Non “parole, perché non siamo esauditi a forza di parole”. Ma una lode incessante, il gemito del figli, il pianto dei redenti. E' difficile pregare? Dipende anch'esso dal tuo cuore. Se è riconoscente e gratuito, aperto e innamorato, allora la preghiera ti esce spontanea e carica di storia. Vi ritrovi le tue lacrime ed il profumo dei fiori. Come le Lodi celebrate nel cuore della natura o accanto al letto di un malato o nel quotidiano della tua comunità. E' un inno alla vita. Tre segni, nel cammino della preghiera: Il Padre Nostro: è la logica conseguenza di questo cammino. Nulla di più intenso, poter dire "Padre, come san Francesco", spogliato di tutto, per ritrovare tutto. L'angelus: lo raccomanda il papa nella lettera per queste giornate; "Da secoli, la pietà cristiana ricorda l'ingresso di Dio nella storia dell'uomo. Che questa preghiera diventi la vostra preghiera, meditata quotidianamente " (n. 5). E' l'incarnazione, il dire grazie per la cultura, il paese, la gente dove vivi. E' il diario, reale e sempre nuovo. E' portare un annuncio di speranza a chi ti sta accanto. E con l'Angelus, ci sia il Rosario, per i più coraggiosi. Duro, ma bello! Il Vangelo: cioè il confronto quotidiano con la Parola di Dio. Il libro della Vita, che ha varcato le cattedrali. Aperto in ogni chiesa. Vicino a te nel tuo comodino. Una pagina che si fa luce, ogni sera. Gustato nella dolcezza della Lectio. Qui ti lecchi i baffi per cogliere la dolcezza e la forza del Cristo Gesù Ed ogni tanto, un'esperienza di Esercizi Spirituali, specie negli della vita, come dopo la maturità o di fronte a grandi scelte o nei giorni di dolore. Ricordo con commozione i miei esercizi a Spello, appena finita la maturità, nel 1969. E' il memoriale. Vi racconto due grossi doni ivi ricevuti, per la santità di fratel Carlo Carretto: a) “non aver fretta, non essere agitato, non pretendere risposte da Dio", mi disse, subito, dopo aver notato il mio affanno, perché “esigevo” da Dio delle precise risposte sul mio futuro. “Dio risponde quando e come vuole. Tu apri il cuore. Saprà lui, al momento opportuno, darti la risposta giusta! Fidati di lui!". Venivo dal '68 e volevo tutto chiaro, tutto mio, tutto deciso da me. Il consiglio rovesciava le mie sicurezze. Tutto metteva invece nelle mani di Dio. b) “Al di là delle cose”. E' il titolo di un bel libro di fratel Carlo. Lo lessi. Il titolo poi mi risuonava dentro ed una notte, al termine degli esercizi, mi chiesi: “Dio c'è? Sì, ma è al di là delle cose. La felicità? Al di là delle cose? La Vita? Al di là delle cose... E quella notte di luglio ho sperimentato, direttamente, che Dio c'è. Se c'è - mi dissi - mi faccio prete. Ed eccomi qui, a parlarvi". Coerenti con la vostra fede Dopo l'esortazione "contemplativi e amanti della preghiera", il Papa ci raccomanda questa fondamentale coerenza nella vita con la nostra fede. Fede e vita. Canto e storia. Incenso e polvere della terra. Vetrate e video. Libro e libri. In un intreccio che non finisce mai, perché ogni giorno si rinnova. La vita è pesante, scatta la quotidianità, che resta il grande nemico di ogni ideale. Le cime sono fascinose, ma sono lontane, faticose, quasi irraggiungibili. E poi, dentro "la valle della morte" spesso non si vedono più. E ti sembra di averle perse per sempre. Ti smarrisci e credi inutile lottare, impegnarti ti sembra ironia, ai bar ti ridicolizzano, in famiglia ti fanno le battutine. E ti chiudi. Eccoti una leggenda: il giardino delle tartarughe e l'allodola che si è strappata le ali, assalita poi dalla donnola vorace, perché, senza ali, non trovò più scampo ai suoi denti aguzzi. "C'era una volta... Attenti alla tentazione di dire: “Ma in fondo che male c'è... lo fanno tutti.. e poi guardati attorno.. a che, serve?... inizierò domani.. Già tanto, l'eroismo non si impone!” Mille scuse sottili. E ti strappi, senza dolore, ogni giorno una piuma. Per restare senz'ali. Comoda la tua vita. Senza più grandi domande nel cuore. Senza interrogativi laceranti intorno alla coerenza. Stai bene così. Tutto giustifichi e sempre ti autogiustifichi. Ma al momento della grande tentazione non riesci più a correre. Ti sei fatto pesante. Il laccio, come ammonisce Gesù, si chiude rapido su di te e tu precipiti. "La santità - scriveva Tommaso Moro -é fatta di piccoli Sì al bene che preparano ai grandi Si della vita ed è intessuta di piccoli NO che fondano i grandi NO al male! ". Non saremo capaci di resistere alla seduzione, come ha fatto Maria Goretti, se non ti alleni con i tuoi occhi, se non prepari il tuo cuore alla tentazione, se non guardi alto, se non preghi! Ed anche di fronte all'insidia terribile e spesso suadente della mafia si può resistere solo se sai coltivare ideali di sacrificio. Ti alletta con il fascino del guadagno facile, ti propone il mito del “rispetto”, al bar tutti ti pagano il caffè, per strada sei riverito. Ed entri, ti fai affiliato. Passi dalla mafiosità alla mafia, senza accorgerti. E' il triste itinerario di tanti giovanissimi, perché ormai la mafia lavora con loro. Ma il gioco subito si stringe. Perché “chi di spada ferisce, di spada perisce!”. Una logica di morte che attanaglia e non risparmia nessuno. Anche qui, non abbiamo bisogno di un albero isolato, grande ma solo. Piuttosto, di una foresta di alberelli, piccoli ma fitti, ben stretti tra loro, comuni, ma capaci con le loro radici, invisibili e che apparentemente non fanno storia, di fermare la collina che scivola. Generosi verso i fratelli E' il martirio della carità. Di quella carità che ha due grandi segni: i gesti quotidiani d'amore e l'organizzazione della carità, dentro la comunità su un territorio. A te, giovane, rafforzato dalla contemplazione e sostenuto dalla preghiera, abituato alla lotta nella coerenza della fede, la carità sarà l'acqua della sorgente che si diffonde e crea il giardino. Non puntare sullo straordinario. Sii invece capace di allenare il tuo Cuore ai quotidiani gesti d'amore. Lava i piatti in casa. Mi accorgevo, da educatore in seminario, se le cose andavano bene dai piatti da lavare. Se subito, finito il pasto, si alzava spontaneamente un giovane e li lavava, allora le cose in comunità funzionavano. Se invece i piati restavano lì, sul secchiaio e tutti se la svignavano, allora qualcosa c'era, era successo qualche screzio o qualche tensione. Dona poi il tuo tempo al volontariato. Come tu puoi e ti senti, ma fallo fedelmente. E con il sorriso sulle labbra. Se servi alla mensa dei poveri della parrocchia, fallo con il cuore aperto. Ti ritroverai dentro rinnovato, fresco, allenato, purificato dal tuoi peccati. Ma non servire solo. Alcune volte (lo dico come una parabola!) siediti a fianco dei barboni e mangia con loro, spezza lo stesso pane e conversa. E' più difficile mangiare con un barbone che servirlo! E ci sia spazio, se tu studi, per un volontariato intelligente: apri gli orizzonti, costruisci una professione che non sia solo arrampicarsi sulla scala sociale. Costruisci solidarietà. Anzi, oggi la generosità verso i fratelli chiede due forme intelligenti di solidarietà: la reciprocità e il partenariato. Con la reciprocità, tu impari a dare e a ricevere, valorizzando i doni dell'altro. Ti poni sullo stesso piano. Eviti quel pizzico di perbenismo che sottilmente si insinua nei gesti di solidarietà. Compri i prodotti del Sud del mondo o del sud d'Italia alla bottega solidale. E nel fare la lista di nozze, orienti i regali in modo realmente solidale. Con il partenariato, accompagni, segui le iniziative. Non offri denaro, ma la tua competenza, qualunque sia. Doni intelligenza, qualità, professionalità. E ti accorgerai, che anche sul piano strettamente personale, questa impostazione rinnova la stessa professionalità! Avrei mille esempi, tratti dalla mia esperienza nella Locride. E' un nuovo modo di impostare le cose, tra il nord e il sud, tra ricchi e poveri, tra giovani di diverse regioni d'Italia o del mondo. "La carità - scrive il Papa nella Incarnationis Mysterium - sia generosa ed intelligente!Membra attive della Chiesa Non ci aspetteremo questa indicazione tra quelle proposte dal Papa: contemplazione, coerenza, generosità. Ora il sensus ecclesiae, per cui tu non, cammini da solo sulle strade della santità, ma insieme, in gruppo, in una comunità concreta. Un pellegrinaggio si fa sempre insieme. Lo zaino si porta reciprocamente. Se cadi, il fratello ti regge. Se ti stanchi, qualcuno ti conforta. E se perdi l'orientamento, c'è sempre un viandante che ti indica la meta. "Tu solo puoi farcela, ma non puoi farcela da solo ", scrive don Pierino Gelmini sui muri della sua bella comunità. E la storia della chiesa lo dimostra. La santità è sempre figura forte, grande, di intensità e coraggio, si creano sempre tanti amici generosi, capaci di sequela. Uno sostiene ed integra l'altro. Una squadra: perché si vince o si perde sempre in squadra. Diremmo “in cordata” per tenere lo sguardo attento alle Dolomiti! E' la gioia della Messa domenicale, attesa, annunciata da campane in festa, celebrata con calma, preparata con cura, nella gioia di canti vivaci e segni ben scelti. Allora con la forza di quel pane tu potrai camminare "quaranta giorni e quaranta notti, nel deserto della vita, fino al monte di Dio, l'Oreb! " Un'esortazione ai vostri "don..."'. Quel preti che seguono i giovani hanno nel cuore una grande potenzialità. E responsabilità fare da capo cordata, da pioli fissi, stelle nel cielo, sicuro punto di riferimento. Attorno ad un prete santo, anche la comunità diventa lentamente santa! Così per te, che sei fidanzato, i figli saranno il tuo specchio. E alle religiose, dico di non abbassare mai la guardia. E se “l'eroismo non si impone, si può e si deve sempre proporlo”. Con la vita ed il sorriso. Umili e forti. Artefici di Pace Costruttori. Artefici, cioè operatori nell'arte della pace. Come certi artigiani che intessono le ceste di vimini o le mamme di Calabria che tessono i tappeti de “lu brazzatu” sui telai antichi. Colori apparentemente mescolati, mani svelte nel lanciare la navetta, colpi secchi, che risuonano sul vicolo assolato di Gerace. Ed il tappeto è costruito, in mirabile bellezza, oggi riscoperta. Così è del tuo stile di diventare artefice di pace. Alcuni consigli: apriti alla mondialità, studia i problemi mettendoti dalla parte dei perdenti e non dei ricchi. Sappi poi “globalizzare la solidarietà”, nello stile di quello che già abbiamo detto sul partenariato e la reciprocità. Lotta contro il razzismo e l'intransigenza. “Ho un dolore nel cuore, mi diceva una mamma di un paesino di Lecco, mio figlio è esemplare, ottimo in tutto, perfetto.. ma è diventato razzista, non sopporta i meridionali e gli immigrati!”. E me lo confessava con le lacrime agli occhi. E' come se una goccia di veleno avesse inquinato tutta la fontana! Impegnati per la risoluzione del debito estero, studia i problemi economici e culturali con vasto respiro, marcia per la pace, scendi sui binari se c'é bisogno. Impara una parola che ho anch'io riscoperta: l'indignazione. E' la difesa forte della dignità tua e del tuo prossimo. Fatta a fronte alta e con chiarezza. Risposte esigite dagli altri perché tu le hai sapute dare a suo tempo. Una verifica sul campo. Perché purtroppo noi passiamo rapidamente dall'indifferenza o rassegnazione passiva alla rabbia e alla collera. Entrambe sono negative. Gesù stesso, di fronte alla freddezza della gente nella sinagoga che non gioiva per la guarigione di un paralitico, “li guardò attorno tutti con indignazione”, racconta Marco (3,5). E chiudo il mio lungo dire.... con una leggenda, il racconto della "chiave d'oro", per indicare la strada della santità che è racchiusa nell'amore, rifiutando la logica dell'uccello dorato: “nemici perché impauriti, impauriti perché soli, soli perché egoisti". La santità è il colore delle cose, dunque. E' la gratitudine coltivata che si fa gratuità, ricevuta nell'Amore di Dio e restituita nell'amore al fratello. E' contemplazione che si fa preghiera, generosità, coerenza di vita, coraggio, scelte di pace, cammino in comunione. Santità è avere dei modelli precisi. Facile o difficile la strada alla santità? Dipende dal tuo cuore. Rendilo innamorato, leggero, allenato, cordiale, generoso ed intelligente. Nessuna vetta ti farà allora paura. Anzi, ti accorgerai che sei fatto per le vette, per il cielo, per l'eroismo. Come Maria, fragile ed umile ragazza della tua età. Ma con un cuore immenso, aperto come una vela al soffio dello Spinto Santo, tanto da essere la culla vivente del Figlio di Dio. Essa ti aiuti a parlare a Dio e a parlare di Dio. Ciao a tutti, vostro, + p. GianCarlo Maria BREGANTINI Vescovo di Locri-Gerace