Sound of Morocco Regia: Giuliana Gamba - Soggetto e sceneggiatura: Giuliana Gamba, Carmine Amoroso Montaggio: Raimondo Aiello, Annalisa Forgione, Joel Jacovella - Fotografia: Paolo Ferrari, Alberto Iannuzzi, Ugo Menegatti - Musica: Nour Eddine Fatty, Zri Zrat Music & Event - Interpreti: Nour Eddine Fatty, Abdellah Ed-Douch, Abdenbi El Gadari, Rimchi Youness, Tarek Otfi, Omar Sayed Produzione: Top Film Srl, Cinecittà Luce Spa. Italia, 2009, HD col., 76' Le passioni, i rimpianti, i paesaggi e la memoria di un popolo da troppo tempo tenuto ai margini del mondo e che esprime la sua vera anima attraverso la musica. Il film-documentario è un’immersione nel cuore di Oriente-Occidente. Nell’utopia del metissage che è radice di una cultura squisita, avanzata, temuta dagli integralismi di tutte le parti. Il film conduce lo spettatore dalle scogliere di Tangeri in un viaggio di scoperta musicale, ma anche culturale e geografica, all’interno del Marocco, alla volta di Essaouira, passando per Zri Zrat, Ouazzane, Meknes, Casablanca: città diverse con una propria identità, una propria storia, un sound esclusivo. Un viaggio alla scoperta delle tradizioni musicali, dalla musica Jagiuka ai canti tradizionali spirituali, alle sonorità tipiche della Gnawa, la musica degli schiavi. Il Marocco continua a essere un luogo magico, paese dai forti contrasti che si estende fino ai confini occidentali del “mondo antico”, e che è realmente un mosaico di popoli e culture. Tre artisti marocchini che oggi vivono e lavorano in tre diversi paesi europei: Sapho in Francia, Salah Edin in Olanda e Nour Eddine in Italia ci fanno da guida in questo viaggio. Con un forte senso del cinema, il film segue passo passo le loro esibizioni - ma anche il loro privato - in un road movie alla ricerca di se stessi e delle loro radici musicali. Lo spettatore è invitato anche ad immergersi in un percorso alla scoperta delle varie realtà musicali di un paese che, anche nelle sue sonorità, esprime la grande trasformazione che sta vivendo. Abdellah Ed-Douch, giovane, poverissimo berbero, dalla bidonville in cui vive, canta il sentimento struggente che lo lega alla sua terra, in una melodia che parla direttamente al cuore; i rappers di Casablanca con il loro slang marocchino, sparano contro l’occidente che li aggredisce e li vuole fagocitare e globalizzare; Omar Sayed, del gruppo rock Nass El Ghiwane - definiti da Martin Scorsese “i Rolling Stones dell’Africa” - è il primo che ha cantato l’orgoglio musulmano e l’unicità dell’anima e della cultura dell’Islam. L’ultima tappa del viaggio è il Festival di Essaouira: luogo da cui partivano i carichi di schiavi che, come unico patrimonio, portavano nelle Americhe il ritmo della musica Gnawa. Ogni passaggio tra i vari mondi musicali non rappresenta una frattura tra passato e presente, o tra un modo di intendere la vita e un altro, mette, piuttosto, in luce l’estrema coesione che esiste tra le diverse componenti musicali marocchine. Note di regia Sound of Morocco, è stato per me una sfida, tanto impegnativa quanto appassionante, durata un anno e mezzo. È stata anche una grande esperienza e direi un privilegio entrare in una cultura così diversa per religione e storia e raccontarla attraverso la musica, che ne è l’espressione più profonda e autentica. Ho cercato di essere come un granello di sabbia nel deserto, per non alterare la spontaneità dei loro gesti e dei loro suoni. In Marocco dicono che il mondo può essere visto da mille sguardi ed io ho cercato di vedere il nostro mondo dal loro punto di vista. Il film si apre sulla scogliera di Tangeri, a pochi chilometri da Gibilterra dove finisce e incomincia l’Africa e si dischiude il confine tra due mondi: il nostro e un altro, enigmatico e familiare al tempo stesso. In questo viaggio nella variegata espressione musicale mi ha condotto NOUR EDDINE, musicista marocchino che vive in Italia da venti anni. Mi ha portato a Zri Zrat, villaggio nel Rif in cui è nato, dove è rimasto intatto un modo di vivere antico. Ho incontrato ABDELLAH, giovane berbero che compone e canta canzoni melodiche piene di nostalgia. Il saggio OMAR SAYED dello storico gruppo dei NASS EL GHIWANE, che per primi hanno rivendicato l’orgoglio delle loro radici. I rappers di Casablanca, il Festival di Essaouira di musica Gnawa, il ritmo dei neri che venivano portati come schiavi nelle Americhe. La ricchezza e la varietà della musica marocchina è straordinaria: mantiene tutta la forza e la magia della tradizione, ma contemporaneamente ha l’energia e la vitalità di un popolo giovane che vive una grande trasformazione, con la consapevolezza e l’orgoglio di mantenere un forte legame con radici che affondano nella storia pre-islamica. Sound of Morocco racconta il patrimonio millenario di una cultura orale che ha percorso intatta i secoli, forse i millenni, e che ancora conserva tutta la sua forza prorompente. Oggi viviamo in un mondo globalizzato, percorso da fortissime spinte migratorie e ci troviamo a convivere con persone di cui, spesso, non conosciamo nulla. Mi piacerebbe che il mio film fosse un piccolo contributo alla comprensione di un popolo. Ricordando che la musica è un linguaggio universale ed è sempre un messaggio di pace. Giuliana Gamba Giuliana Gamba Si è laureata in Storia del Cinema, Università di Firenze. Nel 1984 esordisce alla regia con il film Profumo cui segue nel 1986 La cintura tratto dalla omonima piece di Alberto Moravia. Nel 1989-90 realizza per RAI 3 sei puntate dal titolo Reper Story, di cui è ideatrice e sceneggiatrice. Si tratta di un nuovo genere di narrazione, che intreccia storie personali e private con la grande storia della trasformazione dell’Italia dal Dopoguerra a oggi. Nel 1992 realizza il film documentario Oltre il silenzio sulla realtà religiosa femminile di oggi e nel 1994 il film TV Una farfalla nel cuore con Claudia Pandolfi; è autrice anche del soggetto e della sceneggiatura che si avvale del lavoro di ricerca e documentazione del precedente documentario. Tradimenti in riviera è una docu-fiction del 1995 che offre uno scorcio dei costumi estivi della costa romagnola con i più vari e stravaganti personaggi. Per Rai 1, nel 1998, firma la miniserie Qualcuno da amare, con Veronica Pivetti. Nel 1999 realizza un documentario su Jannis Kounellis, installazione e performance a Berlino subito dopo la caduta del Muro e nel 2000 un secondo documentario su Jannis Kounellis, installazione e mostra ad Amsterdam e a Mosca. Dal 2001 fa parte della Fondazione Cinema del Presente, gruppo di 30 registi italiani che hanno realizzato documentari su Genova 2001, G8, Carlo Giuliani, Lettere dalla Palestina, Porto Allegre, tra gli altri. Nel 2003 gira il documentario sulla realtà del Kurdistan dal titolo In Kurdistan è difficile, con commento di Lidia Ravera, Evento Speciale alla Mostra del Cinema di Venezia. Del 2004 è il documentario sulla vita e opera di Pino Pascali. Ancora per Rai 1 realizza la miniserie Ma chi l’avrebbe mai detto… (2006). Nel 2008 è produttrice Cover Boy, di Carmine Amoroso. Fa parte, in qualità di socio fondatore, delle Giornate degli Autori, sezione della Mostra del Cinema di Venezia.