COLLEGATO FISCALE (D.L. 30 settembre 2003 N. 269)
convertito con legge 24 novembre 2003 n. 326
CONDONO EDILIZIO
Notaio Giovanni Rizzi
LA NORMA (art. 32 D.L. 30 settembre 2003 n. 269)
Convertito con legge 24 novembre 2003 n. 326
SOMMARIO:
Il commento – 1. Premessa – 2. Disciplina applicabile – 3. Presupposti – 4.Tipologie di abuso
sanabili – 5. Opere abusive non sanabili – 6. Procedimento per sanatoria – 7. Oblazione –8. Oneri
concessori – 9. Silenzio assenso – 10. Sanzioni – 11. Incidenza sull’attività notarile –12. Il nuovo
condono e la contrattazione immobiliare
APPENDICE :
a) Circolari della Commissione Studi del Consiglio Nazionale del Notariato
b) Testo dell’art.32, con le modifiche operate a seguito della conversione in legge del D.L. 269
evidenziate in grassetto
IL COMMENTO
1. PREMESSA
Il decreto legge 30 settembre 2003 n. 269 (convertito con legge 24 novembre 2003 n. 326, di seguito
indicato per brevità D.L. 269/2003) all'art. 32 comma 1 stabilisce che "al fine di pervenire alla
regolarizzazione del settore è consentito, in conseguenza del condono di cui al presente articolo, il
rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria delle opere esistenti, non conformi alla disciplina
vigente"
Detto decreto pertanto "riapre" nuovamente i termini del condono edilizio. Infatti all'art. 32 comma 25
stabilisce che le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985 n. 47 e s.m.i. come
ulteriormente modificate dall'art. 39 legge 23 dicembre 1994 n. 724 e s.m.i., nonché dal presente
articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003….."
Si ricorda che mentre la legge 47/1985 limitava la possibilità della sanatoria edilizia alle opere abusive
eseguite sino al 1 ottobre 1983, l'art. 39 legge 724/1994, aveva disposto la riapertura dei termini, per cui la
sanatoria venne estesa alle opere abusive commesse sino a tutto il 31 dicembre 1993.
Con il nuovo D.L. 269/2003 (in vigore dal 2 ottobre 2003) sarà pertanto possibile sanare tutti gli abusi edilizi
commessi sino al 31 marzo 2003 (ovviamente anche quelli commessi prima del 1 ottobre 1983 o del 31
dicembre 1993 e per i quali non ci sia avvalsi delle precedenti sanatorie)
2. DISCIPLINA APPLICABILE
La disciplina applicabile al nuovo condono è quella dettata innanzi tutto dall'art. 32 commi 25 e sgg.
del D.L. 269/2003, e per quanto ivi non previsto dalla legge 28 febbraio 1985 n. 47 (Capi IV e V) e
dall'art. 39 legge 724/1994, così come previsto espressamente dall'art. 32 comma 28 D.L. 269/2003
oltre che dall’art. 32 comma 25 medesimo decreto, quale sopra riportato
Tali norme non richiamano espressamente l'art. 2 comma 58 legge 662/1996 che disciplina gli aspetti
formali da osservare ai fini della validità degli atti di trasferimento dei fabbricati per i quali sia in corso la
procedura di sanatoria, ma richiamando tali disposizioni espressamente sia l'art. 40 legge 47/1985 (norma
tuttora in vigore in quanto non abrogata dal D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 Testo Unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia) che l'art. 39 legge 724/1939, possiamo ritenere che anche
questa norma sia applicabile al nuovo condono, dovendosi ritenere quella dell'art. 2 comma 58 legge
662/1996 norma integrativa e strettamente connessa alle disposizioni degli artt. 40 legge 47/1985 e 39
legge 724/1994. Infatti l'art. 2 comma 58 legge 662/1996 da un lato va a modificare ed integrare la disciplina
dettata dall'art. 40 legge 47/1985 in relazione alle formalità da osservare per il trasferimento di fabbricati per
i quali sia in corso la procedura di sanatoria (possibilità riconosciuta proprio dal suddetto art. 40 legge
47/1985) e dall'altro richiama espressamente l'art. 39 legge 724/1994 per l'ipotesi di formazione del silenzioassenso. In sostanza quella dell'art. 2 comma 58 legge 662/1996 deve ritenersi la norma "a regime" in caso
di trasferimento di edificio condonato con "sanatoria non ancora definita" e ciò indipendentemente dal tipo di
condono (e quindi sia per il primo condono, che per il secondo condono, ovviamente per gli atti successivi al
1 gennaio 1997 data di entrata in vigore della legge 662/1996, che quindi per il terzo e nuovo condono)
Da segnalare che la disciplina dell'art. 32 D.L. 269/2003 è integrata da una serie di Tabelle (per la
misura ed il calcolo dell'oblazione e dell'anticipazione degli oneri concessori) e di prospetti (per le
tipologie di abuso, la procedura per la sanatoria, per il modello della domanda di sanatoria, per i dati
relativi al versamento) che si trovano allegati al suddetto D.L. 269/2003
Disciplina regionale:
Bisogna peraltro far presente che il D.L. 269/2003 all'art. 32 comma 2 fa "salve le competenze delle
autonomie locali sul governo del territorio" ed all'art. 32 comma 3 stabilisce che "le condizioni, i limiti
e le modalità di rilascio del predetto titolo abilitativo sono stabilite dal presente articolo e dalle norme
regionali" per cui la disciplina in materia potrebbe subire varie modifiche o integrazioni a livello
regionale In particolare spetta alle Regioni, secondo quanto espressamente disposto dal D.L.
269/2003:
- emanare, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del D.L. 269/2003, le norme per la definizione del
procedimento amministrativo relativo al rilascio del titolo abilitativo (art. 32 comma 33)
- emanare, sempre entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. 269/2003, la legge con la
quale debbono essere determinati possibilità, condizioni e modalità per l’ammissibilità a sanatoria
delle tipologie di abuso edilizio contrassegnate con i numeri 4, 5, 6 per edifici nelle aree non soggette
ai vincoli di cui all'art. 32 legge 47/1985 (art. 32 comma 26 lett. b)
- prevedere, eventualmente, sempre entro 60 giorni dalla entrata in vigore del D.L. 269/2003, un
incremento dell'oblazione fino al massimo del 10% (art. 32 comma 33)
- prevedere, eventualmente, sempre entro 60 giorni dalla entrata in vigore del D.L. 269/2003, un
incremento degli oneri di concessione fino al massimo del 100% (art. 32 comma 34)
E' anche da segnalare che non tutte le Regioni condividono la scelta del governo di riaprire nuovamente i
termini del condono edilizio. Anzi alcune Regioni non hanno esitato ad adire la Corte Costituzionale per
ottenere la pronuncia di incostituzionalità, per difetto di competenza, dell'art. 32 D.L. 269/2003
Alcune Regioni, inoltre, non solo hanno presentato ricorso alla Consulta, ma invocando la competenza
esclusiva in materia di gestione del territorio, a sensi del titolo V della Costituzione, hanno già avviato
procedure legislative volte ad escludere l'applicazione dell'intera normativa in materia di condono edilizio
(leggi, queste ultime, che molto probabilmente il Governo, a sua volta impugnerà innanzi alla Corte
Costituzionale)
Altre Regioni pur non disconoscendo l'intera disciplina sul condono intendono limitare gli effetti della
sanatoria ovvero disincentivare il ricorso alla sanatoria usufruendo anche degli strumenti offerti dallo stesso
art. 32 D.L. 269/2003 (ad esempio incrementando sia l'oblazione che gli oneri concessori nella misura
massima consentita, ovvero limitando la sanatoria ai soli abusi comunque conformi agli strumenti
urbanistici)
Stante queste diverse posizioni assunte dalle varie Regioni la situazione che ne potrebbe derivare è
quantomeno inquietante; ci potremmo trovare con Regioni per le quali la disciplina del condono neppure si
applica e con le altre Regioni nelle quali potrebbero valere normative anche notevolmente differenti l'una
dall'altra, creando non poche difficoltà operative.
L'unico effetto sicuro che produrrà il nuovo condono edilizio, a prescindere dagli atteggiamenti che
saranno assunti dalle varie Regioni, riguarda l'estinzione dei procedimenti penali per abusi edilizi (la
materia penale, infatti, è di competenza esclusiva dello Stato). Per cui se in una Regione "anti-condono",
nel caso di pronuncia della Consulta a suo favore, l'istanza potrebbe non conseguire gli esiti sperati sotto il
profilo amministrativo (anzi sotto questo profilo potrebbe produrre gli effetti contrari di una auto-denuncia)
potrà invece conseguire l'effetto di estinguere il reato penale connesso all'abuso edilizio (salvo sempre un
giudizio negativo della Consulta in relazione al ricorso allo strumento del decreto legge in una materia come
il condono edilizio che non sembra presentare i caratteri di necessità ed urgenza di cui all'art. 77 della
Costituzione)
3. PRESUPPOSTI
Quattro sono i presupposti per la presentazione dell'istanza di sanatoria:
1. Presupposto di carattere "oggettivo" (art. 31 primo comma legge 47/1985):
Riguarda le tipologie di abuso per le quali può essere richiesta la sanatoria; sotto questo profilo sono
oggetto di sanatoria le opere eseguite:
a) senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire (a seconda dell'epoca in cui
sono state commesse) così come prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in
difformità dalle stesse; la difformità che legittima il ricorso alla sanatoria può essere totale o soltanto
parziale, fermo restando che solo la totale difformità oltre all'assenza della licenza o della
concessione (e non anche della autorizzazione) rendono l'edificio incommerciabile e nullo quindi il
relativo atto di trasferimento.
b) in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione annullata, decaduta o comunque
divenuta inefficace, ovvero nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento o di
declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa.
Possono essere sanate anche opere abusive si sensi dei precedenti punti a) e b) eseguite in
contrasto alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (in questo
senso vedasi l'"Allegato 1" nonché la "Tabella C" allegati al D.L. 269/2003 sub "Tipologia 1"); ed è
proprio la possibilità di sanare abusi in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici che
differenzia queste fattispecie di sanatoria "cd. straordinaria" dalla fattispecie di sanatoria "a regime"
(ovvero l'accertamento di conformità") già disciplinata dall'art. 13 legge 47/1985 ed ora disciplinata
dall'art. 36 del T.U.
2. Presupposto di carattere "volumetrico" (art. 32 comma 25 D.L. 269/2003):
Riguarda i limiti massimi in termini di "volumetria" oltre i quali le opere abusive risultano insanabili;
sotto questo profilo possono essere sanate le opere abusive che:
a) comportano un ampliamento del manufatto non superiore al 30% della volumetria assentita o in
alternativa non superiore a 750 mc. (e ciò indipendentemente dalla destinazione d'uso del fabbricato)
b) comportano una nuova costruzione non superiore a 750 mc per ogni singola richiesta di titolo
abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i
3.000 metri cubi (e ciò peraltro limitatamente alle sole costruzioni residenziali); in questo caso se il
medesimo edificio (residenziale di nuova costruzione) sia stato costruito in assenza di concessione o
in totale difformità dalla stessa, ma comprenda più unità immobiliari, funzionalmente autonome,
potranno essere presentate più istanze di sanatoria, una per ciascuna unità immobiliare, purché:
- ciascuna unità non superi i 750 mc
- l'edificio nel suo complesso non superi i 3000 mc
3. Presupposto di carattere "temporale" (art. 32 comma 25 D.L. 269/2003):
Riguarda il termine entro il quale debbono essere state completate le opere abusive per poter
accedere alla sanatoria; sotto questo profilo possono essere sanate le opere abusive che risultino
ultimate entro il 31 marzo 2003
Ma quando un'opera può considerarsi ultimata ai fini dell'applicazione di tale disposizione? Al
quesito risponde la disposizione dell'art. 31 secondo comma legge 47/1985 a norma della quale "si
intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero,
quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando
esse siano state completate funzionalmente"
Nel caso di lavori continuati anche dopo la data del 31 marzo 2003 la sanatoria potrà riguardare solo la
parte di edificio realizzata prima di tale data, semprechè abbia le caratteristiche sopra delineate
(costruzione al rustico completa di copertura ovvero completata funzionalmente). Le opere aggiuntive
realizzate dopo tale data saranno invece assoggettate alle sanzioni previste per gli abusi commessi. Se le
opere realizzate dopo il 31 marzo 2003 invece costituiscono la parte più rilevante della costruzione, tale da
caratterizzarla sotto il profilo tipologico e strutturale l’edificio dovrà essere considerato “totalmente realizzato
dopo la suddetta data di riferimento”
4. Presupposto di carattere "soggettivo" (art. 31 comma primo e comma terzo legge 47/1985):
Riguarda i soggetti cui spetta la legittimazione a presentare la istanza di sanatoria; in particolare
sono legittimati a chiedere la sanatoria:
- i proprietari delle opere abusive (art. 31 primo comma legge 47/1985); in caso di comproprietà la
domanda può essere presentata da ciascun comproprietario; in caso di condominio, qualora l’abuso
riguardi parti comuni, la domanda può essere presentata da ciascun condomino ovvero
dall’amministratore di condominio
- coloro che hanno titolo per richiedere il rilascio del provvedimento abilitativo in relazione al tipo di
intervento (abusivo) commesso (ad esempio il titolare di un diritto reale che “comporta la facoltà della
trasformazione edilizia del suolo” quale in primis il titolare del diritto di superficie, diritto che
attribuisce, per l’appunto, la facoltà di fare e mantenere al di sopra del suolo (o nel sottosuolo) un
edificio )
- ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria (ad esempio l'inquilino);
la legge non precisa di quale interesse deve essere portatore tale ulteriore soggetto legittimato a presentare
l’istanza di sanatoria: si esclude peraltro possa trattarsi di un “interesse diffuso”; deve trattarsi di un
interesse diretto, che discende dal particolare rapporto con l’opera abusiva ovvero col proprietario di questa;
in questo caso il richiedente la sanatoria avrà diritto di rivalsa per quanto pagato (a titolo di oblazione e di
contributo concessorio se dovuto) al fine di ottenere il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria nei confronti
del proprietario (art. 31 comma terzo legge 47/1985)
La titolarità del diritto o dell’interesse che legittima la presentazione della domanda di sanatoria deve
ovviamente sussistere al momento in cui viene presentata la domanda medesima.
4. TIPOLOGIE DI ABUSI SANABILI
La norma prevede sei tipologie di abuso alle quali collega, a seconda della gravità, diverse misure
dell'oblazione, il tutto secondo quanto previsto nell'apposito allegato (allegato I) e nell'apposita
Tabella (Tabella C - misure dell'oblazione)
Contrariamente a quanto in un primo tempo annunciato sono sanabili anche le opere eseguite in difformità
alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (Tipologia 1)
Per le tipologie di abusi minori (da 4 a 6) non riguardanti immobili soggetti a vincolo è prevista
l'emanazione di una legge regionale di attuazione entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del
D.L. 269/2003, con la quale siano determinate la possibilità, le condizioni e le modalità per
l’ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso (art. 32 comma 26)
5. OPERE ABUSIVE NON SANABILI
L'art. 32 comma 27 D.L. 269/2003 indica espressamente le opere abusive che non sono
suscettibili di sanatoria; si tratta:
a) di opere eseguite da proprietario o avente causa (o da terzi per suo conto) condannato con
sentenza definitiva per i delitti di cui ai seguenti articoli del codice penale:
- art. 416 bis (associazione di tipo mafioso)
- 648 bis (riciclaggio)
- 648 ter (impiego di denaro , beni o utilità di provenienza illecita) codice penale
Nel caso di sola imputazione e non di condanna definitiva è prevista la sospensione del
procedimento di sanatoria, con la conseguenza che non potrà essere conseguito il titolo abilitativo
edilizio in sanatoria solo qualora intervenga la sentenza definitiva di condanna per i delitti sopra
indicati (art. 32 comma 29) ;
Tale esclusione era stata espressamente introdotta anche per la sanatoria di cui all'art. 39 legge 724/1994
a seguito della modifica introdotta con l'art. 2 comma 37 legge 662/1996: al riguardo si possono confermare
tutte le perplessità che già in quell'occasione tale norma suscitò, motivate dal fatto che requisiti di carattere
soggettivo, spesso di non facile accertamento, potessero influire su un procedimento di sanatoria
riguardante degli edifici (si pensi alla difficoltà di verificare ed accertare se l'opera abusiva sia stata costruita
da un "terzo" per conto di un soggetto condannato per uno dei delitti di cui sopra)
b) di opere per le quali non sia possibile effettuare interventi per l'adeguamento antisismico,
rispetto alle categorie previste per i comuni secondo quanto indicato dalla ordinanza del Presidente
del Consiglio dei Ministri 20 marzo 2003, n. 3274, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 105 dell’8 maggio 2003;
c) di opere per le quali non sia data la disponibilità di concessione onerosa dell'area di proprietà
dello Stato o degli enti pubblici territoriali, con le modalità e condizioni di cui all’articolo 32 della legge
28 febbraio 1985, n. 47 ed al D.L. 269/2003
Da segnalare che diversa è la disciplina per il rilascio della disponibilità di concessione onerosa a seconda
che l'area sia di proprietà dello Stato o degli altri enti pubblici territoriali:
1) per le opere eseguite su aree di proprietà dello Stato o facenti parte del demanio statale, (ad
esclusione del demanio marittimo, lacuale e fluviale, nonché dei terreni gravati da diritti di uso civico) le
procedure e le modalità per la cessione a titolo oneroso di aree appartenenti al patrimonio disponibile
dello Stato ovvero per il riconoscimento a titolo oneroso del diritto a mantenere l'opera sulle aree
appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato, sono disciplinate dall'art. 32 D.L.
269/2003 commi da 14 a 20; in particolare l'art. 32 comma 14 subordina espressamente il rilascio del titolo
abilitativo edilizio in sanatoria al rilascio della disponibilità da parte dello Stato alla cessione o al
riconoscimento del diritto a mantenere l'opera sul suolo pubblico; da segnalare inoltre che vengono
prescritti termini precisi sia per la presentazione della domanda di acquisto o riconoscimento alla
competente Agenzia del demanio (che va presentata entro il 31 marzo 2004) che per la definizione da
parte della suddetta Agenzia del demanio della procedura di vendita delle aree appartenenti al patrimonio
disponibile dello Stato o di riconoscimento del diritto al mantenimento dell'opera (per un massimo di 20
anni) su aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato, procedura da chiudersi
entro il 31 dicembre 2006 (anche se non è prevista alcuna sanzione per l'inosservanza di questo ultimo
termine).
2) per le opere eseguite invece su aree di proprietà degli enti pubblici territoriali (diversi quindi dallo
Stato) le procedure per la disponibilità del suolo sono disciplinate dall'art. 32 legge 47/1985 (il cui testo è
stato modificato dall'art. 32 comma 43 del D.L. 269/2003); tale norma da un lato subordina il rilascio del
titolo abilitativo in sanatoria alla disponibilità dell’ente proprietario a concedere onerosamente, alle
condizioni previste dalle leggi statali o regionali vigenti, l’uso del suolo su cui insiste la costruzione, dall'altro
stabilisce che la disponibilità all’uso del suolo, anche se gravato di usi civici, viene espressa dagli enti
pubblici territoriali proprietari entro il termine di centottanta giorni dalla richiesta mentre l’atto di disponibilità,
regolato con convenzione di cessione del diritto di superficie per una durata massima di anni sessanta, è
stabilito dall’ente proprietario non oltre sei mesi dal versamento del corrispettivo da determinarsi dalla filiale
dell’Agenzia del demanio competente per territorio. Pertanto a differenza dello Stato per gli enti pubblici
territoriali (senza distinguere tra aree appartenenti al patrimonio disponibile ovvero al patrimonio
indisponibile o al demanio) è consentita solo la concessione in diritto di superficie (per altro per un massimo
di sessant'anni anziché di vent'anni) senza possibilità (se area appartenente al patrimonio disponibile) della
cessione in proprietà.
d) di opere realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti da leggi statali e regionali a tutela di
interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici nonché dei parchi
e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima dell'esecuzione di dette
opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e
alle prescrizioni degli strumenti urbanistici
Per il nuovo condono NON SONO MAI suscettibili di sanatoria le opere eseguite su immobili soggetti a
vincoli imposti da leggi statali e regionali a tutela di interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei
beni ambientali e paesistici nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali
qualora istituiti prima dell'esecuzione di dette opere; solo se tali vincoli fossero stati istituiti dopo
l'esecuzione delle opere sarebbe allora possibile la sanatoria, subordinatamente al rilascio del parere
favorevole da parte della amministrazione preposta alla tutela del vincolo stesso, a sensi della disposizione
dell'art. 32 comma 1 legge 47/1985 (nel testo modificato dal D.L. 269/2003, che prevede il silenzio-rifiuto
nel caso di mancata risposta entro 180 giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere)
e) degli abusi realizzati su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza
di legge e su beni culturali ovvero su beni dichiarati di interesse rilevante a sensi degli artt. 6 e 7
del decreto legislativo 490/1999
Per il nuovo condono NON SONO MAI suscettibili di sanatoria le opere eseguite su immobili che siano
stati dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o che siano soggetti a vincolo
culturale (ex decreto legislativo 490/1999) e ciò indipendentemente dall'epoca in cui sia stato adottato il
provvedimento di dichiarazione di monumento nazionale o sia stato istituito il vincolo; pertanto, nel caso di
vincoli a tutela di beni culturali (diversamente da quanto previsto per i vincoli ambientali e paesaggistici di
cui al precedente punto d) il divieto di sanatoria opera sia nel caso di vincolo istituito prima dell'esecuzione
delle opere abusive sia di vincolo istituito dopo la loro esecuzione; vi è quindi per il nuovo condono una
PRECLUSIONE ASSOLUTA alla sanatoria per gli abusi commessi su immobili soggetti al vincolo in materia
di beni culturali, contrariamente invece a quanto era previsto per il primo ed il secondo condono (per i quali
la sanatoria era consentita subordinatamente al parere favorevole della Soprintendenza competente)
f) gli abusi realizzati su aree boscate o su pascolo i cui soprassuoli siano stati interessati da incendi.
Agli effetti dell’esclusione dalla sanatoria è sufficiente l’acquisizione di elementi di prova, desumibili
anche dagli atti e dai registri del Ministero dell’Interno, che le aree interessate dall’abuso edilizio
siano state, nell’ultimo decennio, percorse da uno o più incendi boschivi;
Resta comunque fermo (salve eventuali modifiche che dovessero essere introdotte nella Finanziaria 2004
in discussione) quanto già previsto dalla legge 21 novembre 2000 n. 353, legge che prevede:
- il divieto di insediamento di costruzioni di qualunque tipo nelle zone in cui i soprassuoli boschivi siano stati
distrutti o danneggiati dal fuoco per i 10 anni successivi all'incendio (salvo che fosse già stata rilasciata la
concessione prime dell'incendio
- che In tali zone non sono consentite per almeno 15 anni dall’incendio destinazioni d’uso diverse da
quelle precedenti l’incendio stesso
- che tale vincolo deve essere richiamato, a pena di NULLITA’ negli atti di compravendita aventi per
oggetto aree rientranti in tali zone e stipulati nei 15 anni dalla data dell'incendio)
g) le opere realizzate nei porti e nelle aree appartenenti al demanio marittimo di preminente
interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato ed alle esigenze della
navigazione marittima, quali identificate ai sensi del secondo comma dell’articolo 59 del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
h) le opere indicate nell'art. 33 della legge 47/1985: infatti l'art. 32 comma 27 D.L. 269/2003 fa
espressamente salvo quanto previsto dal suddetto art. 33 legge 47/1985
Per l'art. 33 legge 47/1985 le opere abusive sono insuscettibili di sanatoria qualora siano in contrasto con
i seguenti vincoli, purchè comportanti inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle
opere stesse:
a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici,
artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici;
b) vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;
c) vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna;
d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree.
La presenza di questi vincoli non determina, pertanto, sempre ed in ogni caso la insanabilità delle opere
abusive, ma debbono concorrere anche le seguenti ulteriori condizioni:
- i vincoli in questione debbono comportare espressamente la inedificabilità
- i vincoli in questione debbono essere stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse
Da segnalare anche, che, l'art. 32 comma 27 D.L. 269/2003 fa espressamente salvo, oltre a quanto
previsto dall'art. 33 della legge 47/1985, anche quanto previsto dall'art. 32 della legge medesima (il
cui testo è stato peraltro profondamente modificato dal successivo art. 32 comma 43 del D.L.
269/2003)
Dell'art. 32 legge 47/1985 (nel testo modificato) oltre al primo ed al quinto comma, sopra più volte
richiamati, debbono essere presi in considerazione anche il secondo ed il terzo comma.
Il secondo comma in particolare stabilisce che sono suscettibili di sanatoria, le opere insistenti su aree
vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino:
a ) in difformità dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64 e successive modificazioni (Provvedimenti per le costruzioni con
particolari prescrizioni per le zone sismiche), e dal DPR 6 giugno 2001n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia) quando possano essere collaudate secondo il disposto del quarto comma
dell'art. 35 legge 47/1985
la disposizione va ovviamente coordinata con quella dell'art. 32 comma 27 sub b) del D.L. 269/2003 che
esclude la sanatoria per le opere per le quali non sia possibile effettuare interventi per l'adeguamento
antisismico e quale sopra illustrata
b) in contrasto con le norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad edifici pubblici od a spazi
pubblici, purché non in contrasto con le previsioni delle varianti di recupero di cui al capo III, ove esistenti;
c) in contrasto con le norme del D.M. 1° aprile 1968 pubblicato nella G.U. n. 96 del 13 aprile 1968 (Distanze
minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori dal perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19 legge 6
agosto 1967 n. 765),
e con gli articoli 16, 17 e 18 della legge 13 giugno 1991 n. 190 e successive modificazioni
sempre che le opere
stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico.
Il terzo comma invece stabilisce che "qualora non si verifichino le condizioni di cui alle precedenti lettere, si
applicano le disposizioni dell'art. 33" con conseguente insanabilità dell'opera abusiva.
(Delega al Governo per la revisione delle norme concernenti la disciplina della circolazione stradale),
6. PROCEDIMENTO PER LA SANATORIA
Il procedimento per la sanatoria è disciplinato dall'art. 32 commi 32 e 35 del D.L. 269/2003 e nell'
ALLEGATO 1 al medesimo D.L.; il procedimento prevede i seguenti adempimenti:
ENTRO il 31 marzo 2004:
La domanda di sanatoria va presentata al Comune nel cui territorio si trova l'opera abusiva e deve
essere compilata utilizzando l'apposito modello che si trova allegato al D.L. 269/2003
si ricorda che l'art. 39 legge 724/1994, relativamente all'ultimo condono, aveva escluso la necessità di
conformare la istanza di sanatoria ad un modello specifico, così come invece prescriveva la precedente
legge 47/1985; tutto ciò aveva creato non pochi problemi agli operatori, in presenza di domande compilate
in maniera non uniforme tra di loro. Il D.L. 269/2003 pertanto ritorna al "passato" prescrivendo l'obbligo di
uniformare la domanda ad apposito modello, peraltro diverso da quello elaborato per il condono del 1985
Alla domanda vanno allegati:
a) l'attestazione del versamento del 30% dell'oblazione. In caso di oblazione di importo fisso
l'oblazione va versata per l'intero. Comunque il versamento non può essere inferiore ad €. 1.700,00
qualora l'importo complessivo sia superiore a tale cifra ovvero dovrà essere fatto per l'intero se
l'importo complessivo sia inferiore a tale cifra;
b) l'attestazione del versamento del 30% dell'anticipazione degli oneri concessori. Comunque il
versamento non può essere inferiore ad €. 500,00 qualora l'importo complessivo sia superiore a tale
cifra ovvero dovrà essere fatto per l'intero se l'importo complessivo sia inferiore a tale cifra;
c) dichiarazione del richiedente resa ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, corredata dalla
documentazione fotografica, dalla quale risulti la descrizione delle opere da sanare e lo stato dei
lavori
d) qualora l'opera superi i 450 mc una perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato dell'opera e una
certificazione redatta da tecnico abilitato attestante l'idoneità statica delle opere eseguite
e) l'ulteriore documentazione eventualmente prescritta dalla legge regionale
da segnalare che entro 60 giorni dalla entrata in vigore del D.L. 269/2003 le Regioni debbono emanare
norme per la definizione del procedimento amministrativo relativo al rilascio del titolo abilitativo edilizio in
sanatoria
ENTRO il 30 giugno 2004: deve essere pagata la seconda rata sia dell'oblazione che
dell'anticipazione degli oneri di concessione (qualora ovviamente non siano state interamente pagati
in occasione della presentazione della domanda)
ENTRO il 30 settembre 2004:
a) deve essere pagata la terza rata sia dell'oblazione che dell'anticipazione degli oneri di
concessione (qualora ovviamente non siano state interamente pagati in occasione della
presentazione della domanda)
b) la domanda di sanatoria deve essere integrata con i seguenti documenti:
- con la denuncia in catasto dell'immobile oggetto di sanatoria e della documentazione relativa
all'attribuzione della rendita catastale;
- con la denuncia ai fini dell'imposta comunale degli immobili (I.C.I.)
- ove dovuto, con le denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (da notare
che questa tassa sta scomparendo in quasi tutti i Comuni sostituita dalla Tariffa) ed ai fini della tassa per
l'occupazione del suolo pubblico.
ENTRO il 31 dicembre 2006: deve essere versato l'importo definitivo degli oneri concessori
secondo le indicazioni fornite dalla Amministrazione Comunale con apposita deliberazione
Rilascio del titolo abilitativo
Competente a rilasciare il titolo abilitativo in sanatoria è il dirigente o il responsabile del
competente ufficio comunale, in conformità a quanto ora previsto dall'art. 13 D.P.R. 6 giugno 2001
n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) (che ha recepito
le modifiche introdotte in materia dalla cd. legge Bassanini n. 127/1997 che già aveva privato il
Sindaco di questa competenza in materia edilizia)
L'istruttoria dell'istanza in sanatoria è invece curata dallo Sportello Unico conformemente a quanto previsto
dall'art. 5 del T.U. suddetto. Spetterà pertanto a tale ufficio (ex art. 35 comma 15 legge 47/1985):
- verificare la completezza della documentazione, invitando, ove lo ritenga necessario, l'interessato a
produrre la ulteriore documentazione;
- determinare in via definitiva l'importo dell'oblazione e quindi verificare l'esattezza dell'oblazione versata dal
richiedente la sanatoria; ogni controversia relativa all'oblazione é devoluta alla competenza dei tribunali
amministrativi regionali
- calcolare l'importo esatto degli oneri concessori dovuti in relazione all'intervento eseguito notificando
quindi all'interessato quanto dovuto a titolo di conguaglio rispetto a quanto già versato a titolo di
anticipazione (il conguaglio va versato all'atto del ritiro della concessione a meno che non siano concesse
forme di rateizzazione in base anche alla legislazione regionale)
L'art. 35 comma 15 legge 47/1985 subordina il rilascio del titolo abilitativo di sanatoria all'integrale
corresponsione sia dell'oblazione che degli oneri concessori per gli importi definitivamente
determinati
Il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria è un atto dovuto nel senso che ai competenti uffici
comunali è sottratta ogni discrezionalità
L'eventuale diniego di sanatoria (possibile solo ove sia accertata la mancanza di una condizione di
legge) deve essere notificato al richiedente
L'art. 35 comma 19 legge 47/1985 stabilisce che a seguito del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria viene
altresì rilasciato il certificato di agibilità (ex art. 24 T.U.) anche in deroga ai requisiti fissati da norme
regolamentari, qualora le opere sanate non contrastino con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza
statica e di prevenzione degli incendi e degli infortuni.
7. OBLAZIONE
L'oblazione va calcolata in relazione alle sei diverse Tipologie di Abuso sulla base degli importi
previsti nella TABELLA C allegata al D.L. 269/2003, e che qui di seguito si riportano:
Tipologia 1. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle
norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
- per immobili non residenziali: €. 150,00 al mq.
- per immobili residenziali: €. 100,00 al mq.
Tipologia 2. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, ma conformi alle norme
urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore del presente
provvedimento;
- per immobili non residenziali: €. 100,00 al mq.
- per immobili residenziali: €. 80,00 al mq.
Tipologia 3. Opere di ristrutturazione edilizia come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. 6
giugno 2001, n. 380 realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
- per immobili non residenziali: €. 80,00 al mq.
- per immobili residenziali: €. 60,00 al mq.
Tipologia 4. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c)
del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, nelle zone
omogenee A di cui all’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n.1444;
E' prevista un'oblazione unica (determinata in misura forfetaria) pari ad €. 3.500,00
Tipologia 5. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c)
del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
E' prevista un'oblazione unica (determinata in misura forfetaria) pari ad €. 1.700,00
Tipologia 6. Opere di manutenzione straordinaria, come definite all’articolo 3, comma 1, lettera b) del
d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio; opere o
modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume.
E' prevista un'oblazione unica (determinata in misura forfetaria) pari ad €. 516,00
Si fa presente che:
- entro 60 giorni dalla entrata in vigore del D.L. 269/2003 le Regioni possono prevedere un
incremento dell'oblazione fino al massimo del 10% (art. 32 comma 33)
- decorso il termine di 36 mesi dalla data di avvenuto integrale pagamento dell'oblazione si
prescrive il diritto al conguaglio o al rimborso spettante (art. 32 comma 36)
Riduzioni dell'oblazione:
L'art. 32 comma 39 D.L. 269/2003 esclude espressamente l'applicabilità al nuovo condono della
riduzione dell'oblazione al fine di ovviare a situazioni di estremo disagio abitativo prevista dall'art. 39
legge 724/1994 stabilendo per l'appunto che "ai fini della determinazione dell'oblazione non si
applica quanto previsto dai commi 13, 14, 15 e 16 dell'art. 39 legge 724/1994"
pertanto col nuovo condono non si pongono neppure tutte quelle problematiche sorte sotto la vigenza
dell'art. 39 legge 724/1994 per il caso di alienazione degli edifici sanati usufruendo della riduzione per
ovviare a situazioni di estremo disagio abitativo; si ricorda che tale norma stabilisce che in caso di
alienazione entro i 10 anni dall’entrata in vigore della legge deve essere versata la differenza della
oblazione più gli interessi in misura legale e che la ricevuta del versamento deve inoltre essere allegata a
pena di nullità all’atto di trasferimento
Per effetto del richiamo alla legge 47/1985 (per quanto non espressamente previsto dall'art. 32 D.L.
269/2003) sarà invece possibile usufruire della riduzione dell'oblazione per edifici adibiti a prima
abitazione a sensi dell'art. 34 comma 3 e seguenti legge 47/1985 nonché di tutte le altre riduzioni per
edifici ad uso produttivo o comunque diverso da quello residenziale di cui al suddetto art. 34 comma
7 legge 47/1985.
Da segnalare che il mancato pagamento dell'oblazione nei termini di legge o la sua determinazione in forma
dolosamente inesatta, rende applicabili le sanzioni (amministrative ed eventualmente penali) previste per
l'abuso commesso (comprese quelle relative al divieto di erogazione di pubblici servizi) (art. 32 comma 37
D.L. 269/2003 - in tale norma si fa riferimento alle sanzioni richiamate dall'art. 40 legge 47/1985 mentre più
correttamente si sarebbero dovute richiamare le sanzioni di cui al capo II Titolo IV parte I D.P.R. 6 giugno
2001 n. 380 Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia)
8. ONERI CONCESSORI
La valida presentazione della domanda di sanatoria è subordinata al pagamento a favore del
Comune ove è ubicata l'opera abusiva da sanare di una anticipazione degli oneri concessori (art.
32 comma 32 D.L. 269/2003)
Calcolo dell'anticipazione degli oneri concessori
L'anticipazione degli oneri di concessione va calcolata in relazione al numero degli abitanti del
Comune ove si trova l'immobile da sanare, in conformità a quanto previsto nella TABELLA D allegata
al D.L. 269/2003:
Comuni sino a 10.000 abitanti:
nuove costruzioni e ampliamenti: ……………………………. €. 38,00/mq
ristrutturazioni e modifiche della destinazione d'uso: …….. €. 18,00/mq
Comuni da 10.001 a 100.000 abitanti:
nuove costruzioni e ampliamenti: ……………………………. €. 55,00/mq
ristrutturazioni e modifiche della destinazione d'uso: ….….. €. 27,00/mq
Comuni da 100.001 a 300.000 abitanti:
nuove costruzioni e ampliamenti: ……………………………. €. 71,00/mq
ristrutturazioni e modifiche della destinazione d'uso: ….….. €. 36,00/mq
Comuni oltre 300.001 abitanti:
nuove costruzioni e ampliamenti: ……………………………. €. 89,00/mq
ristrutturazioni e modifiche della destinazione d'uso: ….….. €. 45,00/mq
L'importo definitivo dell'onere concessorio (infatti quello calcolato in base alla tabella allegato D è
solo una ANTICIPAZIONE) va determinato secondo le indicazioni fornite dalla Amministrazione
Comunale con apposita deliberazione. (Allegato 1 al D.L. 269/2003)
Le Regioni possono prevedere un incremento degli oneri concessori fino al massimo del 100%
(art. 32 comma 34)
I Comuni possono procedere anche alla perimetrazione degli insediamenti abusivi, per cui gli
interessati possono procedere anche alla realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione con
diritto allo scomputo. (art. 32 comma 34)
Esclusione dell'obbligo di corresponsione degli oneri
Riteniamo che l'anticipazione degli oneri concessori NON sia dovuta, se la corresponsione degli
oneri non era prescritta al tempo in cui l'opera abusiva è stata realizzata ovvero non è prevista in
relazione al tipo di intervento realizzato, e ciò anche se l'art. 32 comma 32 d.l. 269/2003 stabilisce
che la domanda sanatoria deve essere presentata con "l'attestazione del pagamento degli oneri
concessori" senza prevedere eccezione alcuna
9. SILENZIO-ASSENSO
Al fine del consolidamento delle situazioni giuridiche connesse alla sanatoria, sia la legge 47/1985
(per il primo condono) che la legge 724/1994 (per il secondo condono) hanno previsto l'istituto del
"silenzio-assenso". Anche per il nuovo condono è previsto il silenzio assenso che trova la sua
disciplina nell'art. 32 comma 37 D.L. 269/2003.
Il silenzio assenso, per l'art. 32 comma 37 D.L. 269/2003, si forma:
se entro il 30 settembre 2004:
- si è provveduto al pagamento degli oneri di concessione
deve ritenersi necessario il pagamento della sola anticipazione visto che per il pagamento integrale è
previsto il diverso termine del 31 dicembre 2006
- sono stati presentati unitamente alla domanda di sanatoria anche TUTTI i prescritti allegati di cui
all'art. 32 comma 35 D.L. 269/2003
- è stata presentata la denuncia in catasto
- è stata presentata la denuncia I.C.I.
- sono state presentate, se dovute, le denuncie ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi
urbani (o Tariffa) ed ai fini della tassa per l'occupazione del suolo pubblico.
se entro i successivi 24 mesi (e quindi entro il 30 settembre 2006):
- non sono stati adottati dal Comune provvedimenti negativi
se nei termini di legge (1 rata: 31 marzo 2004 - 2 rata: 30 giugno 2004 - 3 rata: 30 settembre
2004):
- è stata versata l'intera oblazione e la stessa non è stata determinata in forma dolosamente inesatta
Stranamente l'art. 32 comma 37, primo periodo, non include espressamente il pagamento dell'oblazione, tra
le formalità da espletare entro il 30 settembre 2004 per la formazione del silenzio assenso (prevede invece
il pagamento degli oneri di concessione). Tuttavia, poiché il comma 37 stesso, nel secondo periodo,
assoggetta alle sanzioni di legge, le costruzioni abusive per le quali nei termini previsti non sia stata
interamente corrisposta l'oblazione dovuta (o la stessa sia stata determinata in forma dolosamente inesatta)
deve ritenersi anche il pagamento dell'oblazione nei termini e nelle misure di legge condizione essenziale
per il formarsi del silenzio-assenso
La sussistenza di tutte queste circostanze equivale pertanto a titolo abilitativo in sanatoria
Nel caso di opere soggette a vincoli (che comunque non rendano l'opera insuscettibile di sanatoria
a sensi dell'art. 32 comma 27 D.L. 269/2003) per la formazione del silenzio assenso è richiesto il
previo rilascio del parere favorevole da parte dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo.
Infatti, l'art. 32 comma primo della legge 47/1985 stabilisce "che il rilascio del titolo abilitativo in
sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte a vincolo è subordinato al parere favorevole delle
amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso".
A tal proposito, si segnala che l'art. 32 comma 43 D.L. 269/2003 ha modificato l'art. 32 legge 47/1985
suddetto.
Le principali modifiche riguardano:
- la previsione che per tutti i vincoli (e non solo per i cd. vincoli maggiori a tutela di beni culturali, falde
idriche, interessi idrogeologici, parchi, ecc. ecc. come in precedenza previsto) vale la regola che decorsi
180 giorni dalla data di ricevimento della richiesta del parere, qualora tale parere non venga formulato dalla
amministrazione preposta alla tutela del vincolo, si ha il silenzio-rifiuto, per cui all'interessato non resta che
impugnare tale silenzio-rifiuto (prima per i vincoli minori il silenzio protratto per 180 giorni equivaleva a
silenzio-assenso)
- la previsione che ai fini dell'acquisizione del parere il competente ufficio comunale convoca una
conferenza di servizi a sensi della legge 241/1991 e che il motivato dissenso espresso da una
amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, ivi inclusa la sovrintendenza
competente, alla tutela del patrimonio storico artistico o alla tutela della salute preclude il rilascio del titolo
abilitativo edilizio in sanatoria.
Con l'emendamento introdotto in sede di conversione dell'originario D.L. 269/2003, si è opportunamente
precisato che le suddette modifiche, concernenti l’applicazione delle leggi 47/1985 e 724/1994, non si
applicano alle domande già presentate ai sensi delle predette leggi.
Pertanto alle domande di sanatoria presentate a sensi delle leggi 47/1985 e 727/1994, non ancora definite
in quanto aventi per oggetto immobili assoggettati a vincolo, si applica la disciplina dell'art. 32 nel testo
vigente anteriormente all'entrata in vigore del D.L. 269/2003, che distingue tra vincoli "minori" per i quali il
mancato rilascio del parere entro 180 giorni dalla richiesta equivale a silenzio- assenso e vincoli "maggiori"
(a tutela di beni culturali, beni di interesse ambientale e paesaggistico, falde idriche, interessi idrogeologici,
parchi, ecc. ecc. ) per i quali il mancato rilascio del parere entro 180 giorni dalla richiesta equivale a
silenzio- rifiuto.
10. SANZIONI
Da segnalare che il D.L. 269/2003 inasprisce:
- le sanzioni per il caso di opere abusive su beni culturali, di interesse archeologico e dichiarati
monumenti nazionali (prevedendo la demolizione) (art. 32 comma 46)
- le sanzioni penali di carattere pecuniario (ammende) previste per il caso di abusi edilizi dall'art. 44
D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia) incrementandole del 100% (art. 32 comma 47)
11. INCIDENZA SULL'ATTIVITA' NOTARILE
10.1 Gli atti "morti causa"
L'art. 32 comma 49 del DL 269/2003, nel testo originario (successivamente soppresso in sede di
conversione), estendeva l'obbligo dell'osservanza delle formalità per la validità degli atti di
trasferimento di edifici prescritte dall'art. 46 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo Unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) anche agli atti morti causa.
Sulla base di questa disposizione la norma dell'46 T.U. doveva essere letta (a partire dal 2 ottobre 2003) nel
senso che gli atti tra vivi nonché mortis causa, sia in forma pubblica che privata aventi per oggetto
trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi ad edifici o loro parti
(esclusi gli atti costitutivi modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù) sono nulli e non
possono essere stipulati ove da essi non risultino gli estremi della concessione edilizia (per gli interventi
eseguiti dal 17 marzo 1985 al 29 giugno 2003) ovvero del permesso di costruire (per gli interventi eseguiti
dal 30 giugno 2003) (N.B.: l’art. 46 T.U. fa riferimento per le costruzioni eseguite dopo il 17 marzo 1985 al
solo permesso di costruire: tuttavia è chiaro che di permesso di costruire si potrà parlare solo per le
costruzioni assentite dopo l’entrata in vigore del T.U.; per le costruzioni assentite tra il 17 marzo 1985 ed il
29 giugno 2003 il titolo abilitante è invece la concessione edilizia)
La norma non poteva che lasciare perplessi circa la sua utilità pratica e la sua stessa effettiva
applicabilità, posto che nel nostro ordinamento "atti mortis causa" sono solo i testamenti, i quali
peraltro non hanno per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti
reali relativi ad edifici o loro parti ma bensì hanno per oggetto (secondo la definizione di Capozzi) “la
determinazione della sorte dei rapporti patrimoniali in dipendenza della morte del loro autore".
Sulla base della considerazione che se una norma "esiste la stessa va applicata" e che non appare
percorribile la considerazione che "trattandosi di norma irrazionale la stessa andrebbe disapplicata"
(in questo senso lo studio n. 4673/b approvato dalla Commissione Studi del Consiglio Nazionale del
Notariato in data 21 ottobre 2003, ma l'assunto è tutto da dimostrare) non sono mancati i tentativi di
chi, al fine di dare un qualche contenuto alla norma, ne ha dato un'interpretazione anche di carattere
"evolutivo".
Alcuni hanno proposto una lettura nel senso che con l'espressione "atti mortis causa" in realtà il
legislatore avesse voluto fare riferimento ai negozi acquisitivi dei beni ereditari, e cioè agli atti (tra
vivi) conseguenziali agli atti mortis causa (ad esempio pubblicazione di testamento, accettazione di
eredità, reintegro della legittima, ecc,.)
Altri hanno proposto una lettura nel senso che con l'espressione "atti mortis causa" in realtà il
legislatore avesse voluto fare riferimento alla divisione ereditaria, e ciò in relazione ad una sentenza
della Cassazione, nella quale la Corte ha ritenuto inapplicabile la normativa in oggetto alla divisione
ereditaria definendola per l'appunto "atto mortis causa"
Altri ancora hanno proposto una lettura nel senso che con l'espressione "atti morti causa" il
legislatore avesse voluto fare riferimento ai testamenti, ma non a tutti testamenti dovendosi al
riguardo distinguere tra le disposizioni meramente istitutive di erede e come tali non riferibili a beni e
diritti determinati e tutte le altre che invece ad essi fanno riferimento, in quanto disposizioni a titolo
particolare ovvero istitutive di erede ex re certa" con la conseguenza che nel divieto in questione
possono incappare soltanto "le disposizioni a titolo di legato o istitutive ex re certa ovvero contenenti
divisioni del testatore" (in questo senso lo studio n. 4673/b approvato dalla Commissione Studi del
Consiglio Nazionale del Notariato in data 21 ottobre 2003 sopra citato)
Più convincente invece è sembrata la tesi (successivamente confermata dalla soluzione adottata dal
legislatore in sede di conversione) di chi ha ritenuto da subito la norma "inapplicabile" in quanto
riferentesi ad una fattispecie (l'atto "mortis causa avente per oggetto trasferimento o costituzione o
scioglimento della comunione di diritti reali relativi ad edifici o loro parti) che non esiste nel nostro
ordinamento (il fatto che il testamento contenga disposizioni a titolo di legato o istitutive ex re certa
ovvero contenenti divisioni del testatore non è di per sé sufficiente a mutarne la natura di atto avente
per oggetto “la determinazione della sorte dei rapporti patrimoniali in dipendenza della morte del loro
autore")
Si era giustamente ritenuto che non spettava all'interprete, attraverso forzature interpretative, cercare
di dare a tutti i costi un contenuto ed un senso ad una disposizione priva di ogni significato. Non si
trattava soltanto di norma "irrazionale" da disapplicare ma di norma "obiettivamente inapplicabile".
E queste considerazioni sono quelle che hanno evidentemente convinto anche il legislatore a
rimediare alla "bestialità" che aveva commesso e che quindi era opportuno fare marcia indietro e
sopprimere il tanto criticato comma 49 dell'art 32 DL 269/2003; così in sede di conversione il
comma 49 è stato molto opportunamente eliminato facendo così venir meno tutte le
problematiche di carattere interpretativo ed operativo che ne erano conseguite.
10.2 Divieto di alienazione
"Le opere eseguite da terzi su aree appartenenti al patrimonio disponibile dello Stato per le quali è
stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria da parte dell’ente locale competente, sono
inalienabili per un periodo di cinque anni dalla data di perfezionamento delle procedure di vendita
delle aree sulle quali insistono le opere medesime" Così dispone l'art. 32 comma 19bis del Dl
269/2003 inserito in sede di conversione.
Il divieto di alienazione è previsto per cinque anni a decorrere peraltro dalla data di perfezionamento
della procedura di vendita e non dalla data di rilascio del titolo abilitativo in sanatoria
E la prima data potrebbe essere successiva alla seconda posto che a norma dell'art. 32 comma 14 il rilascio
del titolo abilitativo in sanatoria è subordinato al rilascio della sola "disponibilità" da parte dello Stato, tramite
la Agenzia del demanio, a cedere a titolo oneroso la proprietà dell'area appartenente al patrimonio
disponibile e non anche al perfezionamento della cessione stessa
Probabilmente scopo della norma (inserita in sede di conversione) è quello di evitare forme di
speculazione: la cessione dell'area e il titolo abilitativo si intendono concessi per sanare situazioni di
"uso diretto" di costruzioni realizzate abusivamente su aree di proprietà dello Stato e non certo per
favorirne la commercializzazione. Pertanto è stato inserito il divieto quinquennale di alienazione.
Tuttavia la norma non stabilisce quale sia la sanzione in caso di violazione di detto divieto. Peraltro
se si ritiene il divieto posto a tutela di interessi pubblici (evitare forme di speculazione) l'atto di
cessione in violazione del divieto stesso deve considerarsi nullo, in quanto contrario a norme
imperative, e ciò a sensi dell'art. 1418 c.c.
10.2 Clausole particolari
L'art. 32 comma 16 D.L. 269/2003, così come integrato e modificato in sede di conversione,
stabilisce che nel caso sia stata manifestata la disponibilità, da parte dello Stato, per il tramite della
filiale dell’Agenzia del demanio territorialmente competente, alla cessione dell’area appartenente al
patrimonio disponibile ovvero a riconoscere il diritto a mantenere l’opera sul suolo appartenente al
demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato, deve essere comunque ed in ogni caso assicurato
il libero accesso al mare, con il conseguente diritto pubblico di passaggio, e ciò anche mediante
specifiche clausole degli atti di vendita o dei provvedimenti di riconoscimento del diritto al
mantenimento dell’opera,
12. IL NUOVO CONDONO e LA CONTRATTAZIONE IMMOBILIARE
Se l'edificio è stato realizzato in assenza di concessione o licenza ovvero in totale difformità negli
atti di trasferimento tra vivi sarà necessario citare gli estremi del titolo abilitativo in sanatoria; In
questa prima fase di applicazione del D.L. 269/2003, in mancanza di un titolo abilitativo già rilasciato
ed in presenza invece di una procedura di sanatoria in corso, bisognerà citare (conformemente a
quanto prescritto dall'art. 2 comma 58 legge 662/1996 che riteniamo applicabile anche al nuovo
condono come sopra già precisato):
- gli estremi della domanda di sanatoria così come redatta sull'apposito modello (non è invece
necessaria l’allegazione)
- gli estremi del versamento dell’intera oblazione e dell'intera anticipazione dei contributi concessori
(ai fini del trasferimento, non è pertanto sufficiente il pagamento della prima o della seconda rata essendo
invece necessario il pagamento integrale)
- l’attestazione dell’avvenuta richiesta all’Autorità competente (che ora è lo stesso Comune cui è
stata presentata la domanda di sanatoria, tenuto a convocare una conferenza di servizi, a sensi
dell'art. 32 quarto comma legge 47/1985 nuova versione) dell’espressione del parere in caso di
fabbricati assoggettati ai vincoli di cui all’art. 32 legge 47 nel testo così come modificato dal D.L.
269/2003 "(sempreché si tratti di vincoli NON PRECLUSIVI della stessa possibilità di richiedere la sanatoria
come sopra già precisato).
Si rammenta peraltro che la presenza di un ABUSO EDILIZIO non determina di per sé stessa
l'incommerciabilità del bene; BISOGNA ACCERTARE di volta in volta il tipo e la gravità
dell'abuso e solo in presenza di un abuso "maggiore" (assenza di licenza o concessione o
totale difformità) si avrà l'incommerciabilità del bene;
In questo senso si è pronunciato anche il Ministero dei Lavori Pubblici con propria circolare 18
luglio 1995 (Capitolo 9 - paragrafo 9.1) ove si afferma che "occorre innanzitutto ribadire che
l'eventuale nullità degli atti di trasferimento è circoscritta soltanto agli immobili eseguiti in
assenza di concessione o in totale difformità di essa ….. mentre non sono oggetto ad alcun
limite alla commerciabilità gli abusi di minore gravità che restano assoggettati alle sanzioni di tipo
amministrativo o penale"
Sanatoria per silenzio assenso
Il provvedimento di sanatoria potrà formarsi anche per silenzio-assenso
In questo caso vi è la necessità di far risultare il silenzio-assenso nell’atto notarile: l’art. 2 comma
58 legge 662/96 lo prescrive a pena di nullità
Peraltro il problema per il nuovo condono si proporrà non prima del 30 settembre 2006 (data
prima della quale non può formarsi il silenzio assenso sulle domande del nuovo condono)
Si fa presente sin d'ora che l’art. 2 comma 58 legge 662/1996 suddetto stabilisce in particolare che
nell’atto notarile debbano essere indicati i seguenti elementi costitutivi del silenzio assenso:
- data della domanda
- estremi del versamento di tutte le somme dovute (oblazione e oneri concessori)
- dichiarazione dell’Autorità preposta alla tutela dei vincoli nei casi di fabbricati soggetti ai vincoli di
cui all’art. 32 legge 47/85 (sempreché si tratti di vincoli NON PRECLUSIVI della stessa possibilità di
richiedere la sanatoria come sopra già precisato).
- dichiarazione di parte che il Comune non ha provveduto ad emettere il provvedimento di sanatoria
nei termini stabiliti dalla legge
Riteniamo opportuno che nella dichiarazione da riportare in atto circa l’avvenuta formazione del
silenzio assenso gli elementi prescritti dalla legge siano integrati con gli altri elementi costitutivi
del silenzio assenso (ad esempio avvenuta presentazione della documentazione da allegare alla
domanda di sanatoria, della denuncia catastale, della denuncia I.C.I., delle denuncie, se dovute, ai
fini della T.A.R.S.U. e della T.O.S.A.P. )
Esclusioni:
Si rammenta che l'obbligo delle menzioni di carattere urbanistico, prescritte a pena di nullità dell'atto
di trasferimento, non riguarda:
a) i trasferimenti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali, nonché
a quelle derivanti da procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta
amministrativa.
b) i trasferimenti previsti dalla legge 560/1993 (Edilizia sovvenzionata) ed i trasferimenti di immobili
di proprietà di enti di assistenza e previdenza e delle amministrazioni comunali (art. 2 comma 59
legge 662/1996) nonché tutti i trasferimenti di alloggi di proprietà pubblica, disposti da leggi nazionali
o regionali (art. 7 comma 2° legge 136/1999), peraltro relativi ai soli immobili realizzati prima del 17
marzo 1985 (stante il richiamo al solo art. 40 legge 47/1985)
c) gli atti costitutivi modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù
Convalida:
Se la mancanza delle dichiarazioni da indicarsi non sia dipesa dalla insussistenza del titolo
abilitativo in sanatoria o dalla insussistenza della domanda di sanatoria al tempo in cui gli atti
medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti
mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione
omessa.
a cura di Giovanni Rizzi
CIRCOLARI COMMISSIONE STUDI CONSIGLIO NAZIONALE DEL
NOTARIATO
Studio n. 4673/a
Il terzo condono edilizio.
Considerazioni generali.
Approvato dalla Commissione studi il 21 ottobre 2003
Il decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, pubblicato nel Supplemento Ordinario della Gazzetta Ufficiale del 2
ottobre 2003, n. 229, ed entrato in vigore lo stesso giorno, ha aperto la strada a quello che dovrebbe essere
qualificato come "terzo condono".
Quest'ultimo trovasi interamente disciplinato nell'art. 32 del decreto legge, rubricato con l'espressione "Misure
per la semplificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l'incentivazione dell'attività di repressione
dell'abusivismo edilizio, nonché per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali".
Di questa norma meritano menzione i seguenti commi.
Commi dal 14 al 24. Mirano a far acquisire al soggetto che abbia realizzato una costruzione abusiva su aree
appartenenti al demanio o al patrimonio dello Stato la proprietà dell'area (nel caso di area non demaniale),
oppure il diritto di utilizzazione dell'area stessa (nel caso di area demaniale).
Comma 25 . La norma dà inizio al terzo condono stabilendo data dell'abuso (entro il 31 marzo 2003) e quantità
massima di costruzione condonabile (30% della volumetria esistente; 750 metri cubi del nuovo).
Comma 26 . Elenca le tipologie sanabili, richiamando anche l'allegato 1: trattasi di tipologie ricavate sulla base
degli interventi edilizi definiti dal testo unico sull'edilizia e secondo una progressione che è stata ritagliata
seguendo anche le indicazioni provenienti dalla tabella A allegata alla legge n. 47 del 1985.
Comma 27 . In aggiunta alla norma sui vincoli (art. 32 legge n. 47 del 1985) e alla norma sugli interventi
insanabili (art. 33 della legge n. 47 del 1985) elenca un'altra serie di fattispecie di interventi edilizi votati
all'insanabilità; nella sostanza, peraltro riproduce una normativa già esistente (vincoli idrogeologici, vincoli
paesaggistici, vincoli artistici e storici).
Comma 28. Riapre i termini previsti dalla precedente normativa sul condono, con disposizione che andrebbe
valutata attentamente.
Comma 32 . Prevede il termine di presentazione della domanda di condono (31 marzo 2004), con richiamo al
modello da utilizzare.
Comma 37. Disciplina per le nuove domande sostanzialmente il silenzio assenso, strumento alternativo del
provvedimento formale di sanatoria, con le seguenti differenziazioni rispetto al silenzio assenso disciplinato
dalla legge 47 del 1985 per il primo condono:
a) il termine di 24 mesi (rimasto identico) decorre non più dalla data di presentazione della domanda, bensì dal
30 settembre 2004;
b) non basta più l'accatastamento, ma occorre anche l'assoggettamento del bene condonato all'ICI e alla tassa
urbana di smaltimento dei rifiuti.
Comma 38. Si riferisce all'oblazione e al contributo concessorio autoliquidati, richiamandosi all'allegato 1.
Comma 39. Ritiene inapplicabile al terzo condono la normativa sull'abuso di necessità, contenuta nell'art. 39,
commi da 13 a 16 della legge 724 del 1994.
Comma 43. Ridisegna interamente l'art 32 della legge 47 de 1985 sui vincoli. In che modo? Apparentemente
sopprimendo il vecchio terzo comma dell'art. 32, quello afferente ai vincoli incidenti sulla commerciabilità:
vincoli artistici, vincoli ambientali, vincoli idrogeologici, vincoli da parco. Se ne vedrà in seguito l'esatta
portata.
Comma 49. Il comma così dispone: "All'art. 46 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comma 1, dopo le parole «atti
tra vivi» sono inserite le seguenti «, nonché mortis causa ». Trattasi di norma oltremodo criticabile, per tutta
una serie di argomentazioni che possono attingere al diritto costituzionale, ai principi generali che governano il
diritto successorio, infine ai criteri di massima che giustificano la commerciabilità di fabbricati abusivi.
********
Fin qui l'elenco delle disposizioni più rilevanti che scaturiscono dalla lettura dell'art. 32 del decreto legge n. 269
del 2003.
Di tutta questa tematica vanno evidenziati i seguenti argomenti di rilevante interesse notarile:
a) commercializzazione dei beni assoggettati al terzo condono, considerato che l'art. 32 del decreto legge n. 269
tace in merito;
b) cessione (o provvedimenti che legittimino l'utilizzabilità nell'ipotesi di beni demaniali) delle aree dello Stato
nelle quali sia stata realizzata una costruzione abusiva assoggettabile a condono;
c) silenzio assenso;
d) problema dei vincoli e sua incidenza sulla commerciabilità del bene abusivo assoggettato al terzo condono;
e) effetti dell'inclusione nell'art. 46 del testo unico sull'edilizia dell'espressione che fa riferimento anche agli atti
mortis causa .
Ognuno di questi problemi va particolarmente approfondito, riservando peraltro all'ultimo problema una
trattazione autonoma..
Problemi di commercializzazione dei fabbricati
L'art. 32 in esame tace in ordine alla commercializzazione delle costruzioni, cioè non prevede apposita norma
intesa a disciplinare la validità dell'atto carente di dichiarazioni che riportino strumenti abilitativi della
costruzione e che pertanto incidano sulla regolarità urbanistica del bene negoziato.
Soccorre peraltro il comma 25° dell'art. 32, il quale richiama genericamente le disposizioni della legge n. 47 del
1985 e successive modifiche e integrazioni. Ciò comporta la conseguenza che ai fini della validità dell'atto
anche per il terzo condono trovino applicazione le norme in vigore, che possono essere così riassunte:
1. la norma a regime per il notaio è ormai (per le costruzioni condonate) il comma 58° dell'art. 2 della legge
662 del 1996;
2. peraltro dell'art. 40 della legge 47 restano ferme tutte le disposizioni che non risultino modificate dalla legge
662, vale a dire:
- l'ambito della tipologia degli atti assoggettati alle formalità documentali del condono edilizio;
- l'indicazione degli estremi della concessione in sanatoria;
- la validità delle dichiarazioni di parte;
- l'ininfluenza, ai fini della commerciabilità, delle costruzioni iniziate anteriormente al '67;
- la confermabilità dell'atto nullo carente di documentazione effettivamente esistente al momento dell'atto.
Beni su aree demaniali
La sorte degli immobili realizzati su aree del demanio o appartenenti al patrimonio (indisponibile e disponibile
dello Stato) subisce oggi un notevole mutamento.
L'art. 14 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aveva riguardo alle o pere eseguite su suoli di proprietà dello
Stato o di enti pubblici. E prevedeva che qualora fosse accertata l'esecuzione di opere da parte di soggetti
diversi dalle amministrazioni statali, in assenza di concessione ad edificare, ovvero in totale o parziale
difformità dalla medesima, su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici, il sindaco
ordinava, dandone comunicazione all'ente proprietario del suolo, previa diffida non rinnovabile al responsabile
dell'abuso, la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi. La demolizione doveva essere eseguita a cura
del comune ed a spese dei responsabili dell'abuso.
Analoga disposizione è oggi contenuta nell'art. 35, commi 1 e 2 del testo unico dell'edilizia (D.P.R. 6 giugno
2001, n. 380)
Deve osservarsi peraltro, al di la dei profili di irregolarità urbanistica del bene, l'opera realizzata non poteva che
divenire di proprietà pubblica (dello Stato o di altro ente) ed era da escludersi una diversa destinazione che non
fosse quella della demolizione o del godimento da parte del soggetto divenutone titolare .
In virtù dei commi 14 e ss. dell'art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 è oggi possibile sanare le opere
eseguite da terzi su aree di proprietà dello Stato o appartenenti al demanio. Si noti come la disposizione attiene
- per ovvi motivi - ai soli terreni appartenenti allo Stato e non concerne più altri enti pubblici.
Pertanto per le opere realizzate su aree demaniali o appartenenti al patrimonio dello Stato, è possibile
conseguire il titolo abilitativo in sanatoria a condizione che lo Stato manifesti la disponibilità in tal senso.
Quanto ai beni realizzati su aree appartenenti al patrimonio dello Stato ciò avviene attraverso l'Agenzia
Demanio che deve comunicare la disponibilità a cedere a titolo oneroso l'area in questione, in modo tale da
consentire che anche la proprietà dell'opera venga ad afferire al privato che divenga proprietario del sedime.
Per le opere che invece siano realizzate su area demaniale, la disponibilità, espressa sempre per il tramite
dell'Agenzia del demanio, concerne non il trasferimento della proprietà del suolo, bensì l'insorgenza in capo al
privato della proprietà, verosimilmente superficiaria ("garantire onerosamente il mantenimento dell'opera"), del
fabbricato realizzato abusivamente, per un termine massimo di venti anni.
Il procedimento si instaura con la domanda volta ad ottenere la disponibilità da parte dell'Agenzia del Demanio,
territorialmente competente, che va presentata entro il 31 marzo 2004, corredata dell'attestazione del
pagamento all'erario della somma dovuta a titolo di indennità per l'occupazione pregressa delle aree,
determinata applicando i parametri di cui alla Tabella A allegata al decreto, per anno di occupazione, per un
periodo comunque non superiore alla prescrizione quinquennale.
A tale domanda deve essere allegata, in copia, la documentazione relativa all'illecito edilizio, cioè la domanda
di sanatoria, con l'attestazione del pagamento dell'oblazione e dell'anticipazione degli oneri concessori,
presentata al comune competente entro il 31 marzo 2004 nonché l'ulteriore documentazione prescritta dall'art.
35 (e cioè la dichiarazione del richiedente, con allegata documentazione fotografica, dalla quale risulti la
descrizione delle opere per le quali si chiede il titolo abilitativo edilizio in sanatoria e lo stato dei lavori
relativo; la perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato delle opere e una certificazione redatta da un tecnico
abilitato all'esercizio della professione attestante l'idoneità statica delle opere eseguite qualora l'opera abusiva
superi i 450 metri cubi; l'ulteriore documentazione eventualmente prescritta con norma regionale).
Entro il 30 settembre 2004 , deve essere allegata copia della denuncia in catasto dell'immobile e del relativo
frazionamento.
Entro il 31 dicembre 2004 deve essere espressa la disponibilità dello Stato per il tramite della Filiale
dell'Agenzia del Demanio territorialmente competente.
Se l'area è vincolata ai sensi dell'art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, la dichiarazione di disponibilità è
subordinata al parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela dei vincoli.
Esperita questa prima fase, ne segue una ulteriore che deve completarsi entro il 31 dicembre 2006 , con la
vendita dei terreni del patrimonio disponibile (ovvero la concessione del diritto di superficie ventennale per le
aree del demanio o del patrimonio indisponibile) data alla quale deve esser stato rilasciato il provvedimento
abilitativi in sanatoria, ovvero deve essersi formato il silenzio assenso (in tal caso è necessario, oltre che
presentare la documentazione relativa la rilascio del titolo in sanatoria, anche attestare l'integrale versamento
dell'oblazione).
Sul piano della commerciabilità di questi beni, nella fase che precede il perfezionamento delle procedure di
vendita, si pone il problema della ricevibilità degli atti, in quanto, sino alla formale attribuzione della proprietà
del suolo o del diritto di mantenere l'opera sul suolo dello Stato, la proprietà di tali opere è pubblica in virtù del
principio dell'accessione.
Ciò non vuol dire, tuttavia, che il regime del bene realizzato su area del demanio debba necessariamente essere
quello demaniale.
Secondo la giurisprudenza, infatti, l'accessione rientra tra i fatti di diritto comune produttivi dell'acquisto di
diritti reali che operano secondo le regole del diritto privato anche nei casi in cui si verifica con riferimento a
un bene appartenente a un ente pubblico. In tale caso, peraltro, a differenza delle pertinenze che seguono
sempre la condizione giuridica del bene a cui servono di complemento, l'accessione non comporta sempre e
necessariamente, ove abbia luogo rispetto a un bene demaniale, un analogo effetto relativamente alle cose che
vi accedono, le quali, ove non partecipino alla stessa funzione economica e alla stessa destinazione del bene
demaniale, non restano influenzate dalla natura e dalla particolare condizione giuridica di questo, ma vengono
acquistate dall'ente proprietario del bene demaniale ancorché come beni patrimoniali (Cass. 7 luglio 1979, n.
3092).
Ne deriva che in tal frangente il rischio è che si ponga in essere un atto di vendita di cosa altrui, il quale tuttavia
non è affetto da nullità - derivandovi l'obbligo per il venditore di procurarne l'acquisto al compratore - e che è
soggetto agli ordinari rimedi risarcitori (cfr. art. 1478).
La vicenda dà lo spunto per un ulteriore elemento di riflessione.
Sinora la disciplina urbanistica delle opere realizzate su aree pubbliche se poneva per il notaio il problema della
verifica della legittimazione delle parti a negoziare l'opera, tale indagine, tuttavia non si traduceva in un
correlato obbligo di documentazione a pena di invalidità.
Oggi, invece, l'espressa previsione di un procedimento volto a disciplinare la legittimità dell'opera in quanto
realizzata su area pubblica - procedimento che viene scandito in fasi temporali ed accompagnato da una serie di
provvedimenti dell'autorità amministrativa (dichiarazione di disponibilità; atto di vendita o di concessione del
diritto a mantenere l'opera) - fa sorgere l'interrogativo se tali aspetti siano destinati a riflettersi sul corredo
documentale dell'atto notarile.
Ora, sul piano delle formalità negoziali, la norma tace, non imponendo alcuna ulteriore menzione rispetto a
quelle previste in generale per la commerciabilità dei fabbricati in toto privati. Sotto questo profilo, le norme
che interessano (artt. 40 della legge 47 e 46 del testo unico, non che le disposizioni di cui alla legge 662) non
sono state affatto toccate, né è dato riscontrare ulteriori disposizioni sul punto. Pertanto la soluzione appare
negativa.
Ma se ciò vale sul piano delle formalità negoziali richieste dalla normativa edilizia, deve però rilevarsi come,
sul piano sostanziale, la circostanza che il titolo abilitativo in sanatoria rappresenta il presupposto per
conseguire una piena legittimazione all'utilizzo del suolo pubblico dovrebbe indurre il notaio ad una prudente
indagine in ordine allo stato del procedimento e ad una puntuale informazione delle parti sulla problematicità
della situazione giuridica del bene negoziato.
La disciplina delle opere realizzate su beni demaniali non è circoscritta tuttavia ai soli commi 14 24 del decreto,
ma è contenuta anche nel comma 5 dell'art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, così come novellato dal
comma 43 dell'art. 32 del decreto 269.
Il comma 5 dell'art. 32, che riproduce fedelmente il comma 6 della vecchia formulazione dell'art. 32, infatti,
dispone che "per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà dello Stato o di enti pubblici territoriali, in
assenza di un titolo che abiliti al godimento del suolo, il rilascio della concessione o dell'autorizzazione in
sanatoria è subordinato anche alla disponibilità dell'ente proprietario a concedere onerosamente, alle condizioni
previste dalle leggi statali o regionali vigenti, l'uso del suolo su cui insiste la costruzione. La disponibilità
all'uso del suolo, anche se gravato di usi civici, viene espressa dallo Stato o dagli enti pubblici territoriali
proprietari entro il termine di centottanta giorni dalla richiesta. La richiesta di disponibilità all'uso del suolo
deve essere limitata alla superficie occupata dalle costruzioni oggetto della sanatoria e alle pertinenze
strettamente necessarie, con un massimo di tre volte rispetto all'area coperta dal fabbricato. Salve le condizioni
previste da leggi regionali, il valore è stabilito dalla filiale dell'Agenzia del demanio competente per territorio
per gli immobili oggetto di sanatoria ai sensi della presente legge e dell'articolo 39 della legge 23 dicembre
1994, n. 724, con riguardo al valore del terreno come risultava all'epoca della costruzione aumentato
dell'importo corrispondente alla variazione del costo della vita così come definito dall'ISTAT al momento della
determinazione di detto valore. L'atto di disponibilità, regolato con convenzione di cessione del diritto di
superficie per una durata massima di anni sessanta, è stabilito dall'ente proprietario non oltre sei mesi dal
versamento dell'importo come sopra determinato".
La conferma di detta disposizione nella novellazione dell'art. 32 della legge 47, pone dubbi in ordine al
rispettivo ambito applicativo delle disposizioni sin qui esaminate.
Ora, tralasciando l'immediata ed evidente sensazione di un mancato coordinamento del legislatore, è possibile
individuare una differenza fra le norme in esame, quanto ai soggetti titolari delle aree sulle quali vengono
effettuati gli interventi edilizi: i commi 14 e ss., riferendosi ai soli terreni di proprietà dello Stato; l'art. 32 della
legge 47, considerando anche le aree di proprietà (oltre che dello Stato) di enti pubblici territoriali.
Ma ciò posto, per le opere su aree dello Stato siamo in presenza di due procedimenti di sanatoria
diametralmente opposti quanto all'iter e notevolmente divergenti circa i tempi di perfezionamento: il primo
presupponendo la sanatoria dell'abuso edilizio alla cessione del terreno o alla costituzione del diritto a
mantenere l'opera (con tempi notevolmente dilatati) il secondo facendo precedere la disponibilità all'uso
dell'area alla sanatoria dell'abuso edilizio.
Abuso di necessità
Con una espressa disposizione, il comma 39 dell'art. 32, il legislatore prevede l'inapplicabilità dei commi 13,
14, 15 e 16, dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, i quali disciplinano, nel secondo condono, la
riduzione dell'oblazione per abuso di necessità.
La disposizione contenuta nella citata legge prevedeva un'oblazione ridotta per favorire l'abitazione principale.
Contemporaneamente, peraltro, apposita norma (comma 15°) prevede che se l'immobile sanato sia trasferito,
con atto inter vivos a titolo oneroso, a terzi entro i dieci anni dalla data di entrata in vigore della legge n. 724
(legge entrata in vigore il 1° gennaio 1995), occorre versare la differenza tra l'oblazione ridotta e l'obla-zione
normalmente dovuta, sanzionando con la nullità la mancata allegazione all'atto della ricevuta di versamento
della somma dovuta per la differenza.
Questa norma non si applica al terzo condono, per il quale non trovano operatività né la riduzione
dell'oblazione per esigenze abitative, né la conseguente sanzione della nullità in caso di cessione del bene a
terzi entro il decennio.
Il silenzio assenso
Sul piano amministrativo
Il comma 37 dell'art. 32 prevede il silenzio assenso per le nuove domande, per la cui formazione è necessario:
che siano stati pagati gli oneri concessori;
che sia stata presentata la documentazione necessaria per l'instaurazione del procedimento di sanatoria, e cioè la
dichiarazione del richiedente resa ai sensi dell'art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15 e successive
modificazioni e integrazioni (evidente l'erroneo riferimento alla norma abrogata, oggi sostituita dal D.P.R. 28
dicembre 2000, n. 445), con allegata documentazione fotografica, dalla quale risulti la descrizione delle opere
per le quali si chiede il titolo abilitativo edilizio in sanatoria e lo stato dei lavori relativo, la perizia giurata sulle
dimensioni e sullo stato delle opere e una certificazione redatta da un tecnico abilitato all'esercizio della
professione attestante l'idoneità statica delle opere eseguite ove l'opera abusiva superi i 450 mc. e l'ulteriore
documentazione eventualmente prescritta con norma regionale;
il parere favorevole dell'autorità preposta ai vincoli
la presentazione della denuncia al catasto;
la presentazione della denuncia ai fini dell'imposta comunale degli immobili;
la presentazione delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per l'occupazione
del suolo pubblico entro il 30 settembre 2004, ove dovute;
il decorso del termine di ventiquattro mesi da tale data senza l'adozione di un provvedimento negativo del
comune.
In tal caso, l'avvenuto adempimento di dette incombenze e il decorso dei ventiquattro mesi "equivale a titolo
abilitativo edilizio in sanatoria".
La disposizione aggiunge che se nei termini previsti l'oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è
stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono
assoggettate alle sanzioni richiamate all'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e all'articolo 48 del
d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
L'ambito di applicazione della norma è dunque circoscritto alle sole "costruzioni" con ciò confermandosi che
l'intervento sanzionabile con l'ablazione è solo quello di nuova costruzione, con esclusione pertanto di quegli
interventi edilizi che si sostanziano in abusi minori, tali cioè da non importare la realizzazione di nuovi
manufatti. In tal modo sembra confermata la ricostruzione sin qui accolta della esclusiva incidenza degli abusi
primari sul piano e della commerciabilità e delle sanzioni amministrative più gravi.
Si tratta di una disposizione, peraltro, che a differenza di quanto si prevedeva nella precedente normativa sul
condono, riconduce sostanzialmente al mancato pagamento dell'oblazione nei termini (e cioè entro il 30
settembre 2004) la conseguenza di rendere applicabile la sanzione ablatoria e, in ultima analisi, di far perdere
effetto alla domanda.
Ciò porta ad inevitabili riflessi anche sulla commerciabilità del manufatto.
Infatti, sino al 30 settembre 2004, gli immobili oggetto della nuova sanatoria potranno esser commercializzati
menzionando, oltre che gli estremi della domanda, anche gli estremi del versamento dell'intera oblazione e del
contenuto concessorio (ai sensi dell'art. 2, comma 58 della legge 23 dicembre 1996, n. 662). Il bene oggetto di
domanda di sanatoria è dunque commerciabile a patto che sia stata preventivamente versata l'oblazione.
Tuttavia, qualora il versamento non sia effettuato entro il 30 settembre 2004 la domanda stessa, per quanto
sopra detto, perderà effetto e quindi il bene non sarà commerciabile, a meno che il Comune, nonostante il
tardivo versamento, non abbia rilasciato il provvedimento abilitativo in sanatoria.
In altre parole, chiusi i termini per il versamento dell'oblazione senza che ciò sia avvenuto, l'immobile abusivo
non sarà commerciabile salvo che vi sia un espresso provvedimento di sanatoria.
Sul piano della commerciabilità
Sul piano della commerciabilità, tuttavia, continua a trovare applicazione l'art. 2, comma 58, della legge 23
dicembre 1996, n. 662 - norma non modificata dal decreto legge 269 ed applicabile in forza del richiamo di cui
al comma 25 - il quale prescrive che verificatosi il silenzio assenso disciplinato dall'articolo 39, comma 4, della
legge 23 dicembre 1994, n. 724, negli atti devono essere indicati, a pena di nullità, gli elementi costitutivi dello
stesso e cioè: data della domanda, estremi del versamento di tutte le somme dovute, dichiarazione dell'autorità
preposta alla tutela dei vincoli, dichiarazione di parte che il comune non ha provveduto ad emettere
provvedimento di sanatoria.
Vincoli
Il precedente art. 32 della legge 47 de 1985, che disciplinava i vincoli era strutturato in modo da prevedere:
a) una norma che si potrebbe ritenere di carattere generale, per la quale se il parere sul vincolo non veniva
formulato entro 180 giorni, esso doveva ritenersi reso in senso favorevole (e quindi come una sorta di silenzio
assenso);
b) una norma che faceva eccezione alla predetta regola valevole per i vincoli ambientali e per opere non
comportanti aumento di superficie o di volume: il parere dopo i 120 gg. (non più entro 180 gg.) si intendeva
reso in senso favorevole. In questo modo tra norma generale e norma particolare la differenza era data dal tipo
di vincolo e dal termine minore per il calcolo del silenzio assenso;
c) altra e più intensa norma di eccezione alla regola, valevole per ogni tipo di opera e purché si trattasse di beni
sottoposti a vincolo artistico, oppure a vincolo ambientale, o a vincolo di parco o idrogeologico: in tal caso il
mancato parere oltre 180 giorni aveva valore non più di parere favorevole, bensì valore di silenzio rifiuto. In
questo modo per i vincoli predetti, fermo restando il termine di 180 giorni, non si aveva il silenzio assenso,
bensì il silenzio rifiuto (il quale non significava rifiuto nel merito, ma soltanto silenzio della pubblica
amministrazione, cui non poteva essere attribuito alcun contenuto né in senso positivo né in senso negativo).
La nuova norma muta radicalmente la regola: il mancato parere entro i 180 giorni non ha più valore di parere
favorevole, bensì valore di silenzio rifiuto. In questo modo la norma eccezionale prevista nella precedente
lettera c) , che sembrava comportare più rigore per i quattro tipi di vincolo suindicati, non ha più ragion
d'essere, perché analogo rigore è stato esteso a tutti i vincoli, nessuno escluso. Questo il motivo di fondo per cui
il terzo comma del precedente art. 32 non è stato più riprodotto nel testo riformato.
Se si esamina la restante parte dell'art. 32 riformato, ci si imbatte nel quarto comma, il quale richiama la norma,
contenuta nel testo unico sull'edilizia, la quale, in caso di vincoli, prevede lo strumento della c.d. conferenza di
servizi, come strumento ideato per sollecitare il rilascio del parere sui vincoli.
Questa norma, fra i tanti vincoli, menziona i seguenti: "tutela ambientale, paesaggistico territoriale, tutela del
patrimonio storico artistico e tutela della salute. Nel menzionare i predetti vincoli, la norma stabilisce che il
parere negativo su di essi "preclude il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria". Deve presumibilmente
ritenersi che questi vincoli siano i più rilevanti e comunque quelli incidenti in modo specifico sul procedimento
di sanatoria. Si pone pertanto il problema di accertare se, ai fini della commerciabilità, debbano essere ormai
valutati questi come vincoli rilevanti. Il problema si amplia perché questa norma più non prevede i vincoli da
parco e neppure i vincoli idrogeologici.
La risposta è di estrema linearità. Le norme che disciplinano l'incidenza dei vincoli sulla commerciabilità
attengono esclusivamente alla commercializzazione di un bene condonato e mai alla commercializzazione di un
bene realizzato in base a titolo abilitativo: infatti l'art. 46 del testo unico sull'edilizia, norma a regime, non
menziona i vincoli fra gli elementi da indicare in atto, bensì soltanto i due strumenti abilitativi ora previsti
(permesso di costruire, oppure la denuncia di inizio attività), sul presupposto che entrambi questi strumenti già
abbiano avuto, a monte, l'espressione di un parere favorevole sui vincoli, qualunque sia il vincolo esistente sul
bene.
Diverso discorso va fatto per il bene costruito abusivamente. Si ricorderà, peraltro, che per il primo condono
non si richiedeva, ai fini della commerciabilità, la dichiarazione attinente al parere sui vincoli.
Del parere sui vincoli si iniziò a tener conto con il secondo condono: soltanto ai fini amministrativi per effetto
della legge 724 del 1994; anche ai fini della validità dell'atto per effetto della legge n. 662 del 1996, ancorché
richiedendo dichiarazione limitata alla domanda di parere, senza alcun riferimento al parere già acquisito.
Il terzo condono non contiene norme sulla commerciabilità dei beni abusivi, ma si limita a richiamare la
precedente normativa, per cui deve affermarsi che, anche per il terzo condono, valga l'art. 2, comma 58° della
legge 662 del 1996, il quale, in tema di vincoli richiede: a) per le pratiche di condono in itinere , l'attestazione
dell'avvenuta richiesta di parere; b) per le pratiche di condono concluso per silenzio assenso, dichiarazione
dell'autorità preposta al vincolo.
Va in ogni caso precisato che la norma fa esclusivo riferimento ai seguenti vincoli, già disciplinati dall'art. 32,
3° comma della legge 47 prima versione: vincoli artistici, vincoli ambientali, vincoli idrogeologici, vincoli da
parco. Va notato che il richiamo contenuto nell'art. 2, comma 58° della legge n. 662 non è al terzo comma
dell'art. 32 vecchia versione, bensì ai vincoli ivi contenuti. Deve pertanto ragionevolmente ritenersi che le
quattro categorie di vincoli siano le stesse che debbono essere presi in considerazione ai fini della
commerciabilità del manufatto abusivo caratterizzato da vincoli e non sembra che abbia alcun rilievo la
circostanza che ormai il terzo comma dell'art. 32 riformato della legge 47 più non menzioni alcun vincolo.
In conclusione, il comma 58° predetto deve ritenersi tuttora pienamente imperante per il terzo condono, anche
in ordine alle dichiarazioni in atto necessarie allorquando il bene condonato sia caratterizzato da vincoli.
Conclusioni riassuntive sul raffronto tra i vari condoni
1. Norme applicabili
Queste le norme applicabili:
a) Primo condono: esclusivamente la legge 47 del 1985 la quale ha costituito la normativa base; ha
rappresentato un organico di disciplina coordinata; ha rappresentato la base per realizzare una interpretazione di
assieme per la soluzione di ogni problema.
b) Secondo condono:
- l a legge 724 del 1994, che condensa le norme sostanziali per il nuovo condono e coinvolge anche il vecchio
condono non concluso; la disciplina di questa legge si sviluppa: in ordine ai termini; in ordine alle procedure; in
ordine all'oblazione, che viene maggiorata rispetto alla legge 47; in ordine al contributo concessorio, che viene
per la prima volta imposto come elemento del procedimento di condono e non come elemento a sé stante.
In questa legge, peraltro, non esistono norme sulla documentazione necessaria per la validità dell'atto; donde la
necessità di trovare un raccordo tra legge 47 e legge 724, che ha imposto al notaio un continuo sforzo di
coordinamento tra le due leggi.
- la legge 662 del 1996, che completa le norme "sostanziali" e riscrive le norme "formali" sulla documentazione
per l'atto, tanto da far concludere in questo modo:
1. la norma a regime per il notaio è ormai (per le costruzioni condonate) il comma 58° dell'art. 2 della legge
662 del 1996;
2. peraltro dell'art. 40 della legge 47 restano ferme tutte le disposizioni che non risultino modificate dalla legge
662, vale a dire:
- l'ambito della tipologia degli atti assoggettati alle formalità documentali del condono edilizio;
- la validità delle dichiarazioni di parte;
- l'ininfluenza, ai fini della commerciabilità, delle costruzioni iniziate anteriormente al '67;
- la confermabilità dell'atto nullo carente di documentazione effettivamente esistente al momento dell'atto.
c) Terzo condono : il combinato disposto dell'art. 32 del decreto legge n. 269 del 2003, dell'art. 40 della legge
47 del 1985, della legge 724 del 1994 e della legge 662 del 1996.
2. Data dell'abuso
- 1° ottobre 1983 per il primo condono
- 31 dicembre 1993 per il secondo condono
- 31 marzo 2003 per il terzo condono.
3. Termine per la domanda
- 30 giugno 1987 per il primo condono
- 31 marzo 1995 per il secondo condono
- 31 marzo 2004 per il terzo condono.
4. Normativa di riferimento ai fini della commerciabilità
a) per i fabbricati ante '67 l'art. 40 della legge 47 del 1985;
b) per i fabbricati regolarmente assentiti: l'art. 46 del testo unico (come modificato dall'art. 32, comma 49° del
decreto legge n. 269 del 2003) o l'art. 40 della legge 47 del 1985 a seconda della loro vetustà;
c) per i fabbricati condonati: l'art. 40 della legge 47 del 1985 se si dispone della concessione in sanatoria; l'art.
2, comma 58° della legge 662, in tutti i casi a partire dal 1° gennaio 1997 (data di entrata in vigore della legge
662): a) per i fabbricati condonati, il cui condono è tuttora in itinere ; b) per i fabbricati condonati per il cui
condono si sia verificato il silenzio assenso.
UFFICIO STUDI
DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO
Studio n. 4673/b*
Terzo condono.
Atto mortis causa .
Approvato dalla Commissione studi il 21 ottobre 2003
L'art. 32, comma 49 del decreto legge n. 269 del 2003, ha inserito la tipologia degli atti mortis causa nella
categoria degli atti che debbono osservare, a pena di nullità, le prescrizioni previste dall'art. 46 del teso unico
sull'edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).
La norma è stata ritenuta priva di giustificazioni, ma esiste e quindi va applicata. Non sembra infatti
percorribile la considerazione che, trattandosi di norma per più aspetti irrazionale, essa andrebbe disapplicata.
A questo proposito si profilano tutta una serie di problemi:
a) Significato dell'espressione "atti mortis causa "
Il primo problema è quello dell'identificazione degli atti mortis causa . In essi vanno inclusi certamente il
testamento pubblico (art. 603 c.c.); il testamento segreto (art. 604 c.c.); il testamento olografo (art. 602 c.c.),
nonché i testamenti speciali (su nave, aeromobile, ecc.).
Vanno invece certamente qualificati atti tra vivi, ancorché destinati a produrre effetti sugli atti mortis causa , gli
atti seguenti: verbale di pubblicazione di testamento olografo (art. 620 c.c.), verbale di apertura e pubblicazione
di testamento segreto (art. 621 c.c.), verbale di ritiro di testamento olografo o segreto (art. 608 c.c.), verbale di
registrazione di testamento pubblico (art. 61, ultimo comma legge notarile).
b) Deve trattarsi di atti ad effetto reale?
Evidentemente l'espressione mortis causa va correlata con il resto della norma, perché la modifica legislativa si
innesta nel disposto dell'art. 46 del testo unico sull'edilizia, dando luogo alla compiuta seguente dizione: "gli
atti mortis causa , sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o
scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il
17 marzo 1985, sono nulli etc.".
E qui va fatta una netta precisazione. A stretto rigore le clausole testamentarie che determinano effetti reali
sono soltanto quelle di un legato di cosa determinata; invece la dicotomia disposizioni ad effetti reali e
disposizioni ad effetti obbligatori, riferita al testamento meramente istitutivo di erede non ha alcun senso:
l'erede è chiamato a subentrare nel complesso del patrimonio del de cuius , a patto che si verifichi la morte del
testatore e che la persona istituita accetti l'eredità.
L'istituzione di erede, per se stessa, non è indicativa di un trasferimento di beni, ancorché trattisi di beni
esistenti nel patrimonio del testatore al momento della confezione del testamento, perché non si è certi che, al
momento della morte, quei beni esisteranno ancora nella massa ereditaria. Si parla infatti di vocazione che
comprende l'indistinta e generica situazione patrimoniale del soggetto che viene a mancare, sia dal lato passivo
che dal lato attivo, come precisano i testi istituzionali in materia.
E poi, sfugge ad una valutazione specifica di effetto reale o di effetto obbligatorio una disposizione intesa ad
investire l'istituito erede del complesso patrimoniale del disponente, senza ulteriori specificazioni.
c) Data del testamento
Il decreto legge n. 269 è entrato in vigore il 2 ottobre 2003 e, come tutte le norme giuridiche, nel silenzio del
legislatore, esso è efficace a partire da quella data e quindi non opera per il passato.
Pertanto la norma sugli atti mortis causa trova applicazione esclusivamente per i testamenti la cui data di
confezione inizia a decorrere dal 2 ottobre 2003. Pertanto tutti i testamenti (sia olografi, che segreti, che
pubblici) che recano una data anteriore al 2 ottobre 2003 non sottostanno alla nuova norma.
d) A quali testamenti si applica la nuova disciplina?
Tenuto conto della particolare disciplina della successione testamentaria coinvolta dalla disposizione in esame
(ovviamente per la successione legittima non è applicabile la nuova norma) è più che mai essenziale avere ben
chiara la distinzione tra le disposizioni meramente istitutive di erede e come tali non riferibili a beni e diritti
determinati e tutte le altre che invece ad essi fanno riferimento, in quanto disposizioni a titolo particolare
ovvero istitutive di erede ex re certa .
Le prime, e quindi i testamenti che in esse si esauriscono, ovvero quelle inserite in testamenti che contengono
queste - e cioè disposizioni istitutive con determinazione della quota in astratto ed altre che invece facciano
riferimento a singoli beni - debbono ritenersi estranee all'ambito applicativo della norma così modificata per un
doppio ordine di motivi:
a) il primo, in termini generali, riguarda il fenomeno successorio in sé e cioè la sostituzione di un soggetto ad
un altro soggetto nella titolarità di un patrimonio ovvero di una quota dello stesso; è evidente cioè che la
successione mortis causa , tanto regolata dalla legge quanto dal testamento, non è vicenda consistente nel
trasferimento di uno o più diritti, ma per l'appunto mera sostituzione nella titolarità di un patrimonio,
prescindendosi dalla composizione del medesimo;
b) il secondo, attinente allo scarto esistente tra il momento della disposizione e quindi della formazione dell'atto
ed il momento dell'attribuzione. Tale scarto non consente di rendere determinabili i diritti che si intendono
trasferire (e ciò secondo una prospettiva che supera quanto prima affermato), visto che il patrimonio relitto è
evidentemente ben diverso da quello che può essere preso in considerazione al momento della formazione del
testamento.
Pertanto sono soltanto le disposizioni a titolo di legato, o istitutive ex re certa , ovvero contenenti divisioni del
testatore, che possono incappare nel divieto in questione.
e) Art. 46 testo unico sull'edilizia e condono edilizio
Il comma 49 dell'art. 32 del decreto legge n. 269 del 2003 modifica l'art. 46 del testo unico sull'edilizia, ma è
risaputo che quest'articolo non concerne immobili in via di condono, bensì immobili regolari urbanisticamente,
e quindi regolarmente dotati di titolo abilitativi anche sopravvenuto, ma caratterizzati dal fatto che la
costruzione di essi sia "iniziata dopo il 17 marzo 1985", come recita espressamente l'art. 46 predetto.
Infatti tutta la normativa del testo unico sull'edilizia era stata dettata lasciando inalterata la normativa sul
condono edilizio, sia del primo che del secondo condono, perché il testo unico costituiva una normativa a
regime, mentre la normativa sul condono edilizio costituiva una normativa ad esaurimento.
Per il terzo condono che accade? E' evidente che anche la normativa prevista per il terzo condono costituisce
una normativa ad esaurimento e quindi è evidente che per essa non debba applicarsi l'art. 46 del testo unico,
bensì l'art. 2, comma 58° della legge 662 del 1996, integrato dall'art. 40 della legge 47 del 1985. E ciò, si badi,
a prescindere dal fatto che trattisi di costruzione abusiva o condonata iniziata anteriormente al 17 marzo 1985,
oppure di costruzione abusiva o condonata iniziata posteriormente al 17 marzo 1985.
Evidentemente il legislatore non ha adeguatamente valutato l'indifferenza dell'art. 46 del testo unico
sull'edilizia nei confronti della tematica del condono edilizio; diversamente, per scrivere una norma valevole
per il terzo condono, non avrebbe modificato l'art. 46 del testo unico, bensì l'art. 2, comma 58° della legge 662
del 1996, o l'art. 40 della legge 47 del 1985.
Occorre pertanto concludere che la norma sia applicabile soltanto se sussista un doppio requisito: a) che si tratti
di costruzione iniziata successivamente al 17 marzo 1985; b) che si tratti di costruzione regolarmente assentita
con permesso di costruire (o con concessione edilizia), oppure con denuncia di inizio attività (DIA), ovvero di
concessione (o permesso di costruire) in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del testo unico sull'edilizia (accertamento
di conformità).
Ci si rende conto del fatto che tutte le precedenti puntualizzazioni complicano ulteriormente il comportamento
del testatore, contribuendo a condizionare quell'ampia libertà dispositiva che finora ha sempre caratterizzato
l'espressione della volontà testamentaria. Ma questo è uno degli aspetti devastanti della norma qui commentata.
f) Art. 46 testo unico sull'edilizia e forma testamentaria
Il testamento olografo è riferibile interamente al testatore e pertanto il notaio niente potrebbe fare nel momento
in cui la scheda testamentaria gli sia presentata per la pubblicazione, perché il verbale di pubblicazione è atto
tra vivi, ed infine perché l'art. 620 c.c. impone al notaio una trascrizione fedele della scheda testamentaria,
senza tener conto di imperfezioni di carattere formale o sostanziale, non lasciandogli spazio per eventuali
correzioni.
Altrettanto dicasi del testamento segreto, il cui testo non è conosciuto dal notaio nel momento in cui egli è
chiamato alle formalità disciplinate dall'art. 605 c.c.; e tenuto conto del fatto che, ai fini della pubblicazione, il
notaio deve applicare le stesse formalità previste per la pubblicazione del testamento olografo (art. 621 c.c.).
g) Sanatoria
Ci si chiede se, nell'ipotesi di testamento nullo per violazione dell'art 46 del testo unico sull'edilizia, trovi
applicazione lo strumento dell'atto di conferma, disciplinato dallo stesso articolo, quarto comma.
Il presupposto dell'atto di conferma è la nullità dell'atto soltanto per motivi formali (non avere indicato in atto
gli elementi necessari), non per motivi sostanziali (il fabbricato negoziato era regolare, oppure il procedimento
di condono era stato regolarmente instaurato); in tal caso il legislatore prevede la confermabilità dell'atto nullo,
ma sulla base di un duplice elemento: a) l'atto di conferma va stipulato nella stessa forma dell'atto precedente;
b) basta la conferma anche di una sola parte che abbia partecipato all'atto precedente.
Occorre soffermarsi su questo punto b) .
Non vi è alcun dubbio che l'unica parte in senso formale dell'atto mortis causa sia il testatore, per il quale è
ipotizzabile soltanto una eventuale conferma come integrazione del testamento.
Ma se il discorso dalla parte in senso formale viene spostato alla parte in senso sostanziale, cioè alla parte
destinataria degli effetti del testamento, non vi possono essere dubbi sul fatto che tutti i destinatari delle
disposizioni testamentarie possano essere qualificati parti in senso sostanziale del rapporto giuridico che si
instaura con la morte del disponente.
Certamente il discorso vale per l'erede, che sostituisce in toto la persona del defunto nel complesso dei rapporti
giuridici che facevano capo al disponente; ma analogo discorso vale anche per il legatario, qualificabile come
parte sostanziale della disposizione testamentaria che contempla il legato.
Appare cioè ragionevolmente corretto individuare la "parte "legittimata ad emettere l'atto di conferma, come
quella del "rapporto" più che del contratto.
In termini più generali ciò avviene tutte le volte in cui un effetto traslativo si verifichi a vantaggio di un
soggetto che non sia stato parte dell'atto o del contratto che lo determina (contratto a favore di terzi, pagamento
traslativo e trasferimenti unilaterali, etc.).
E va da sé che se gli eredi o i legatari sono più, appare sufficiente che l'atto di conferma sia posto in essere
anche da uno soltanto di essi.
Quanto alla forma, individuato il soggetto legittimato come quello che è parte del rapporto e non dell'atto, è
sufficiente che essa sia quella richiesta dalla legge ad substantiam per il trasferimento del diritto (art. 1350 c.c.)
nonché per la pubblicità.
UFFICIO STUDI
DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO
* si riproduce anche questo studio benchè lo stesso debba ritenersi superato a seguito della soppressione in sede di conversione del
comma 49 dell'art. 32 D.L. 269/2003
Articolo 32.
(Misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per
l’incentivazione dell’attività di repressione dell’abusivismo edilizio, nonchè
per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali)
1. Al fine di pervenire alla regolarizzazione del settore è consentito, in
conseguenza del condono di cui al presente articolo, il rilascio del titolo abilitativo
edilizio in sanatoria delle opere esistenti non conformi alla disciplina vigente.
2. La normativa è disposta nelle more dell’adeguamento della disciplina
regionale ai princìpi contenuti nel testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in conformità al titolo V della Costituzione come
modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e comunque fatte salve
le competenze delle autonomie locali sul governo del territorio.
3. Le condizioni, i limiti e le modalità del rilascio del predetto titolo abilitativo
sono stabilite dal presente articolo e dalle normative regionali.
4. Sono in ogni caso fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale
e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
5. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti fornisce, d’intesa con le regioni
interessate, il supporto alle amministrazioni comunali ai fini dell’applicazione della
presente normativa e per il coordinamento con le leggi 28 febbraio 1985, n. 47, e
successive modifiche e integrazioni, e con l’articolo 39 della legge 23 dicembre
1994, n. 724, e successive modifiche e integrazioni.
6. Al fine di concorrere alla partecipazione alla realizzazione delle politiche di
riqualificazione urbanistica dei nuclei interessati dall’abusivismo edilizio, attivate
dalle regioni ai sensi del comma 33 è destinata una somma di 10 milioni di euro per
l’anno 2004 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006. Con decreto
del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuati gli
interventi da ammettere a finanziamento.
7. Al comma 1 dell’articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è
aggiunta, in fine, la seguente lettera:
"c-bis) nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei mille abitanti siano
sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro
diciotto mesi dalla data di elezione degli organi. In questo caso, il decreto di
scioglimento del consiglio è adottato su proposta del Ministro dell’interno, di
concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. [Le disposizioni di cui alla
presente lettera si applicano anche nei confronti degli altri organi tenuti all’adozione
di strumenti urbanistici. (Soppresso)]"
8. All’articolo 141 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267, dopo il comma 2, è inserito il seguente:
“2-bis. Nell’ipotesi di cui alla lettera c-bis) del comma 1, trascorso il termine
entro il quale gli strumenti urbanistici devono essere adottati, la regione segnala al
prefetto gli enti inadempienti. Il prefetto invita gli enti che non abbiano provveduto ad
adempiere all’obbligo nel termine di quattro mesi. A tal fine gli enti locali possono
attivare gli interventi, anche sostitutivi, previsti dallo statuto secondo criteri di
neutralità, di sussidiarietà e di adeguatezza. Decorso infruttuosamente il termine di
quattro mesi, il prefetto inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio".
9. Per attivare un programma nazionale di interventi, anche con la
partecipazione di risorse private, rivolto alla riqualificazione di ambiti territoriali
caratterizzati da consistente degrado economico e sociale, con riguardo ai fenomeni
di abusivismo edilizio, da attuare anche attraverso il recupero delle risorse
ambientali e culturali, è destinata una somma di 20 milioni di euro per l’anno 2004 e
di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006. Con decreto del Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con i Ministri dell’Ambiente e della
tutela del territorio e per i beni e le attività culturali, da adottare entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto, d’intesa con la Conferenza
unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono
individuati gli ambiti di rilevanza e interesse nazionale oggetto di riqualificazione
urbanistica, ambientale e culturale, attribuendo priorità alle aree oggetto di
programmi di riqualificazione già approvati di cui al decreto del Ministro dei lavori
pubblici dell’8 ottobre 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 278 del 27 novembre 1998, e di cui all’articolo 120 del testo unico di cui
al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267. Su tali aree, il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con i soggetti pubblici interessati, predispone
un programma di interventi, anche in riferimento a quanto previsto dall’articolo 29,
comma 4, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come sostituito dal comma 42 del
presente articolo.
10. Per la realizzazione di un programma di interventi di messa in sicurezza del
territorio nazionale dal dissesto idrogeologico è destinata una somma di 20 milioni di
euro per l’anno 2004 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.
Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, da adottare entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, di intesa con la
Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281, sono individuate le aree comprese nel programma. Su tali aree, il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio, d’intesa con i soggetti pubblici interessati,
predispone un programma operativo di interventi e le relative modalità di attuazione.
11. Allo scopo di attuare un programma di interventi per il ripristino e la
riqualificazione delle aree e dei beni soggetti alle disposizioni del titolo II del decreto
legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, è destinata una somma di 10 milioni di euro per
l’anno 2004 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006. Con decreto
del Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministro dell’Ambiente e
della tutela del territorio, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, di intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tale somma è assegnata alla
soprintendenza per i beni architettonici e ambientali, per l’esecuzione di interventi di
ripristino e riqualificazione paesaggistica, dopo avere individuato, d’intesa con le
regioni, le aree vincolate da ricomprendere nel programma.
12. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto la Cassa
depositi e prestiti è autorizzata a mettere a disposizione l’importo massimo di 50
milioni di euro per la costituzione, presso la Cassa stessa, di un Fondo di rotazione,
denominato Fondo per le demolizioni delle opere abusive, per la concessione ai
comuni e ai soggetti titolari dei poteri di cui all’articolo 27, comma 2, del decreto del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, anche avvalendosi delle
modalità di cui all’articolo 2, comma 55, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e
all’articolo 41, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, di anticipazioni, senza interessi, sui costi relativi
agli interventi di demolizione delle opere abusive anche disposti dall’autorità
giudiziaria e per le spese giudiziarie, tecniche e amministrative connesse. Le
anticipazioni, comprensive della corrispondente quota delle spese di gestione del
Fondo, sono restituite al Fondo stesso in un periodo massimo di cinque anni,
secondo modalità e condizioni stabilite con decreto del Ministro dell’economia e
delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, utilizzando
le somme riscosse a carico degli esecutori degli abusi. In caso di mancato
pagamento spontaneo del credito, l’amministrazione comunale provvede alla
riscossione mediante ruolo ai sensi del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46.
Qualora le somme anticipate non siano rimborsate nei tempi e nelle modalità
stabilite, il Ministro dell’interno provvede al reintregro alla Cassa depositi e prestiti,
trattenendone le relative somme dai fondi del bilancio dello Stato da trasferire a
qualsiasi titolo ai comuni.
13. Le attività di monitoraggio e di raccolta delle informazioni relative al
fenomeno dell’abusivismo edilizio di competenza del Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti, fanno capo all’Osservatorio nazionale dell’abusivismo edilizio. Il
Ministero collabora con le regioni al fine di costituire un sistema informativo
nazionale necessario anche per la redazione della relazione al Parlamento di cui
all’articolo 9 del decreto-legge 23 aprile 1985, n. 146, convertito, con modificazioni,
dalla legge 21 giugno 1985, n. 298. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, d’intesa con il Ministro dell’interno, sono aggiornate le modalità di
redazione, trasmissione, archiviazione e restituzione delle informazioni contenute
nei rapporti di cui all’articolo 31, comma 7, del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Per le suddette attività è destinata una somma di
0,2 milioni di euro per l’anno 2004 e di 0,4 milioni di euro per ciascuno degli anni
2005 e 2006
14. Per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà dello Stato o facenti
parte del demanio statale, ad esclusione del demanio marittimo, lacuale e fluviale,
nonché dei terreni gravati da diritti di uso civico, il rilascio del titolo abilitativo edilizio
in sanatoria da parte dell’ente locale competente è subordinato al rilascio della
disponibilità da parte dello Stato proprietario, per il tramite dell’Agenzia del demanio,
rispettivamente, a cedere a titolo oneroso la proprietà dell’area appartenente al
patrimonio disponibile dello Stato su cui insiste l’opera ovvero a garantire
onerosamente il diritto al mantenimento dell’opera sul suolo appartenente al
demanio e al patrimonio indisponibile dello Stato.
15. La domanda del soggetto legittimato volta ad ottenere la disponibilità dello
Stato alla cessione dell’area appartenente al patrimonio disponibile ovvero il
riconoscimento al diritto al mantenimento dell’opera sul suolo appartenente al
demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato deve essere presentata, entro il 31
marzo 2004, alla filiale dell’Agenzia del demanio territorialmente competente,
corredata dell’attestazione del pagamento all’erario della somma dovuta a titolo di
indennità per l’occupazione pregressa delle aree, determinata applicando i
parametri di cui alla allegata Tabella A, per anno di occupazione, per un periodo
comunque non superiore alla prescrizione quinquennale. A tale domanda deve
essere allegata, in copia, la documentazione relativa all’illecito edilizio di cui ai
commi 32 e 35. Entro il 30 settembre 2004, inoltre, deve essere allegata copia della
denuncia in catasto dell’immobile e del relativo frazionamento.
16. La disponibilità alla cessione dell’area appartenente al patrimonio
disponibile ovvero a riconoscere il diritto a mantenere l’opera sul suolo appartenente
al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato viene espressa dalla filiale
dell’Agenzia del demanio territorialmente competente entro il 31 dicembre 2004.
Resta ferma la necessità di assicurare, anche mediante specifiche clausole degli atti
di vendita o dei provvedimenti di riconoscimento del diritto al mantenimento
dell’opera, il libero accesso al mare, con il conseguente diritto pubblico di
passaggio.
17. Nel caso di aree soggette ai vincoli di cui all’articolo 32 della legge 28
febbraio 1985, n. 47, la disponibilità alla cessione dell’area appartenente al
patrimonio disponibile ovvero a riconoscere il diritto a mantenere l’opera sul suolo
appartenente al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato è subordinata al
parere favorevole da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.
18. Le procedure di vendita delle aree appartenenti al patrimonio
disponibile dello Stato devono essere perfezionate entro il 31 dicembre 2006, a
cura della filiale dell’Agenzia del demanio territorialmente competente previa
presentazione da parte dell’interessato del titolo abilitativo edilizio in sanatoria
rilasciato dall’ente locale competente, ovvero della documentazione attestante la
presentazione della domanda, volta ad ottenere il rilascio del titolo edilizio in
sanatoria sulla quale è intervenuto il silenzio assenso con l’attestazione
dell’avvenuto pagamento della connessa oblazione, alle condizioni previste dal
presente articolo.
19. Il prezzo di acquisto delle aree appartenenti al patrimonio disponibile è
determinato applicando i parametri di cui alla Tabella B allegata al presente decreto
ed è corrisposto in due rate di pari importo scadenti, rispettivamente, il 30 giugno
2005 e il 31 dicembre 2005.
19-bis. Le opere eseguite da terzi su aree appartenenti al patrimonio
disponibile dello Stato, per le quali è stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in
sanatoria da parte dell’ente locale competente, sono inalienabili per un periodo di
cinque anni dalla data di perfezionamento delle procedure di vendita delle aree sulle
quali insistono le opere medesime.
20. Il provvedimento formale di riconoscimento del diritto al mantenimento
dell’opera sulle aree del demanio dello Stato e del patrimonio indisponibile è
rilasciato a cura della filiale dell’Agenzia del demanio territorialmente competente
entro il 31 dicembre 2006, previa presentazione della documentazione di cui al
comma 18. Il diritto è riconosciuto per una durata massima di anni venti, a fronte di
un canone commisurato ai valori di mercato.
21. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con
il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto, sono rideterminati i canoni annui di cui
all’articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni,
dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494.
22. Dal 1º gennaio 2004 i canoni per la concessione d’uso sono rideterminati
nella misura prevista dalle tabelle allegate al decreto del Ministro dei trasporti e della
navigazione 5 agosto 1998, n. 342, rivalutate del trecento per cento.
23. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 6 del citato decreto del Ministro di
cui al comma 22, relativo alla classificazione delle aree da parte delle regioni, in
base alla valenza turistica delle stesse.
24. Ai fini del miglioramento, della tutela e della valorizzazione delle aree
demaniali è autorizzata una spesa fino ad un importo massimo di 20 milioni di euro
per l’anno 2004 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.
L’Agenzia del demanio, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
e con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, il Ministro dei beni e delle
attività culturali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano predispone un programma di
interventi volti alla riqualificazione delle aree demaniali. Il programma è approvato
con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze.
25. Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47,
e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate
dall’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive
modificazioni e integrazioni, nonchè dal presente articolo, si applicano alle
opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano
comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della
volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento
superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni trovano altresì
applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a
nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola
richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova
costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi.
26. Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui
all’allegato 1:
a) numeri da 1 a 3, nell’ambito dell’intero territorio nazionale, fermo restando
quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonchè 4, 5 e 6
nell’ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all’articolo 32 della legge 28
febbraio 1985, n. 47;
b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui all’articolo 32
della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in attuazione di legge regionale, da emanarsi
entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con la
quale è determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l’ammissibilità a
sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio.
27. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28
febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di
sanatoria, qualora:
a) siano state eseguite dal proprietario o avente causa condannato con
sentenza definitiva, per i delitti di cui all’articolo 416-bis, 648-bis e 648-ter del codice
penale o da terzi per suo conto;
b) non sia possibile effettuare interventi per l’adeguamento antisismico,
rispetto alle categorie previste per i comuni secondo quanto indicato dalla ordinanza
del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 marzo 2003, n. 3274, pubblicata nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’8 maggio 2003;
c) non sia data la disponibilità di concessione onerosa dell’area di proprietà
dello Stato o degli enti pubblici territoriali, con le modalità e condizioni di cui
all’articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ed al presente decreto;
d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di
leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere,
dei beni ambientali e paesistici, nonchè dei parchi e delle aree protette nazionali,
regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in
assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme
urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
e) siano state realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con
provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente rilevante
ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;
f) fermo restando quanto previsto dalla legge 21 novembre 2000, n. 353, e
indipendentemente dall’approvazione del piano regionale di cui al comma 1
dell’articolo 3 della citata legge n. 353 del 2000, il comune subordina il rilascio del
titolo abilitativo edilizio in sanatoria alla verifica che le opere non insistano su aree
boscate o su pascolo i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco. Agli effetti
dell’esclusione dalla sanatoria è sufficiente l’acquisizione di elementi di prova,
desumibili anche dagli atti e dai registri del Ministero dell’interno, che le aree
interessate dall’abuso edilizio siano state, nell’ultimo decennio, percorse da uno o
più incendi boschivi;
g) siano state realizzate nei porti e nelle aree, appartenenti al demanio
marittimo, di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della
sicurezza dello Stato ed alle esigenze della navigazione marittima, quali identificate
ai sensi del secondo comma dell’articolo 59 del decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
28. I termini previsti dalle disposizioni sopra richiamate e decorrenti dalla data
di entrata in vigore dell’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e
successive modificazioni e integrazioni, ove non disposto diversamente, sono da
intendersi come riferiti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Per quanto
non previsto dal presente decreto si applicano, ove compatibili, le disposizioni di cui
alla legge 28 febbraio 1985, n. 47, e al predetto articolo 39.
29. Il procedimento di sanatoria degli abusi edilizi posti in essere dalla persona
imputata di uno dei delitti di cui agli articoli 416-bis, 648-bis e 648-ter del codice
penale, o da terzi per suo conto, è sospeso fino alla sentenza definitiva di non luogo
a procedere o di proscioglimento o di assoluzione. Non può essere conseguito il
titolo abilitativo edilizio in sanatoria degli abusi edilizi se interviene la sentenza
definitiva di condanna per i delitti sopra indicati. Fatti salvi gli accertamenti di ufficio
in ordine alle condanne riportate nel certificato generale del casellario giudiziale ad
opera del comune, il richiedente deve attestare, con dichiarazione sottoscritta nelle
forme di cui all'articolo 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di non avere carichi pendenti in relazione ai
delitti di cui agli articoli 416-bis, 648-bis e 648-ter del codice penale.
30. Qualora l’amministratore di beni immobili oggetto di sequestro o di confisca
ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, autorizzato dal giudice competente ad
alienare taluno di detti beni, può essere autorizzato, altresì, dal medesimo giudice,
sentito il pubblico ministero, a riattivare il procedimento di sanatoria sospeso. In tal
caso non opera nei confronti dell’amministratore o del terzo acquirente il divieto di
rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria di cui al comma 29.
31. Il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria non comporta
limitazione ai diritti dei terzi.
32. La domanda relativa alla definizione dell’illecito edilizio, con l’attestazione
del pagamento dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri concessori, è
presentata al comune competente, a pena di decadenza, entro il 31 marzo 2004,
unitamente alla dichiarazione di cui al modello allegato e alla documentazione di cui
al comma 35.
33. Le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, emanano norme per la definizione del procedimento amministrativo relativo
al rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria e possono prevederne, tra l’altro,
un incremento dell’oblazione fino al massimo del 10 per cento della misura
determinata nella tabella C allegata al presente decreto, ai fini dell’attivazione di
politiche di repressione degli abusi edilizi e per la promozione di interventi di
riqualificazione dei nuclei interessati da fenomeni di abusivismo edilizio, nonchè per
l’attuazione di quanto previsto dall’articolo 23 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
34. Ai fini dell’applicazione del presente articolo non si applica quanto previsto
dall’articolo 37, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Con legge regionale
gli oneri di concessione relativi alle opere abusive oggetto di sanatoria possono
essere incrementati fino al massimo del 100 per cento. Le amministrazioni comunali
perimetrano gli insediamenti abusivi entro i quali gli oneri concessori sono
determinati nella misura dei costi per la realizzazione delle opere di urbanizzazione
primaria e secondaria necessarie, nonchè per gli interventi di riqualificazione
igienico-sanitaria e ambientale attuati dagli enti locali. Coloro che in proprio o in
forme consortili, nell’ambito delle zone perimetrate, intendano eseguire in tutto o in
parte le opere di urbanizzazione primaria, nel rispetto dell’articolo 2, comma 5, della
legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni e integrazioni, secondo
le disposizioni tecniche dettate dagli uffici comunali, possono detrarre dall’importo
complessivo quanto già versato, a titolo di anticipazione degli oneri concessori, di
cui alla tabella D allegata al presente decreto. Con legge regionale, ai sensi
dell’articolo 29 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come modificato dal presente
articolo, sono disciplinate le relative modalità di attuazione.
35. La domanda di cui al comma 32 deve essere corredata dalla seguente
documentazione:
a) dichiarazione del richiedente resa ai sensi dell’articolo 47, comma 1, del
testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.
445, con allegata documentazione fotografica, dalla quale risulti la descrizione delle
opere per le quali si chiede il titolo abilitativo edilizio in sanatoria e lo stato dei lavori
relativo;
b) qualora l’opera abusiva supera i 450 metri cubi, da una perizia giurata
sulle dimensioni e sullo stato delle opere e una certificazione redatta da un tecnico
abilitato all’esercizio della professione attestante l’idoneità statica delle opere
eseguite;
c) ulteriore documentazione eventualmente prescritta con norma regionale.
36. La presentazione nei termini della domanda di definizione dell’illecito
edilizio, l’oblazione interamente corrisposta nonchè il decorso di trentasei mesi dalla
data da cui risulta il suddetto pagamento, producono gli effetti di cui all’articolo 38,
comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Trascorso il suddetto periodo di
trentasei mesi si prescrive il diritto al conguaglio o al rimborso spettante.
37. Il pagamento degli oneri di concessione, la presentazione della
documentazione di cui al comma 35, della denuncia in catasto, della denuncia ai fini
dell’imposta comunale degli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 504, nonchè, ove dovute, delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei
rifiuti solidi urbani e per l’occupazione del suolo pubblico, entro il 30 settembre 2004,
nonchè il decorso del termine di ventiquattro mesi da tale data senza l’adozione di
un provvedimento negativo del comune, equivalgono a titolo abilitativo edilizio in
sanatoria. Se nei termini previsti l’oblazione dovuta non è stata interamente
corrisposta o è stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni
realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate
all’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e all’articolo 48 del decreto del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
38. La misura dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri concessori, nonchè
le relative modalità di versamento, sono disciplinate nell’allegato 1 al presente
decreto.
39. Ai fini della determinazione dell’oblazione non si applica quanto
previsto dai commi 13, 14, 15 e 16 dell’articolo 39 della legge 23 dicembre
1994, n. 724.
40. Alla istruttoria della domanda di sanatoria si applicano i medesimi diritti e
oneri previsti per il rilascio dei titoli abilitativi edilizi, come disciplinati dalle
Amministrazioni comunali per le medesime fattispecie di opere edilizie. Ai fini della
istruttoria delle domande di sanatoria edilizia può essere determinato
dall’Amministrazione comunale un incremento dei predetti diritti e oneri fino ad un
massimo del 10 per cento da utilizzare con le modalità di cui all’articolo 2, comma
46, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Per l’attività istruttoria connessa al rilascio
delle concessioni in sanatoria i comuni possono utilizzare i diritti e oneri di cui al
precedente periodo, per progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro
ordinario.
41. Al fine di incentivare la definizione delle domande di sanatoria presentate ai
sensi del presente articolo, nonchè ai sensi del capo IV della legge 28 febbraio
1985, n. 47, e successive modificazioni, e dell’articolo 39 della legge 23 dicembre
1994, n. 724, e successive modificazioni, il 50 per cento delle somme riscosse a
titolo di conguaglio dell’oblazione, ai sensi dell’articolo 35, comma 14, della citata
legge n. 47 del 1985, e successive modificazioni, è devoluto al comune interessato.
Con decreto interdipartimentale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del
Ministero dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità di applicazione del
presente comma.
42. All’articolo 29 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, il comma 4 è sostituito
dal seguente:
"4. Le proposte di varianti di recupero urbanistico possono essere presentate
da parte di soggetti pubblici e privati, con allegato un piano di fattibilità tecnico,
economico, giuridico e amministrativo, finalizzato al finanziamento, alla
realizzazione e alla gestione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e per
il recupero urbanistico ed edilizio, volto al raggiungimento della sostenibilità
ambientale, economica e sociale, alla coesione degli abitanti dei nuclei edilizi inseriti
nelle varianti e alla rivitalizzazione delle aree interessate dall’abusivismo edilizio.".
43. L’articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, è sostituito dal
seguente:
"Articolo 32. – (Opere costruite su aree sottoposte a vincolo). – 1. Fatte salve
le fattispecie previste dall’articolo 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in
sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere
favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale
parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro centottanta giorni
dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il
silenzio-rifiuto. Il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la
violazione del vincolo. Il parere non è richiesto quando si tratti di violazioni
riguardanti l’altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non
eccedano il 2 per cento delle misure prescritte.
2. Sono suscettibili di sanatoria, alle condizioni sottoindicate, le opere insistenti
su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino:
a) in difformità dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e successive
modificazioni, e dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,
quando possano essere collaudate secondo il disposto del quarto comma
dell’articolo 35;
b) in contrasto con le norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad
edifici pubblici od a spazi pubblici, purchè non in contrasto con le previsioni delle
varianti di recupero di cui al capo III;
c) in contrasto con le norme del decreto ministeriale 1º aprile 1968, n. 1404,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, e con agli articoli 16, 17
e 18 della legge 13 giugno 1991, n. 190, e successive modificazioni, sempre che le
opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico.
3. Qualora non si verifichino le condizioni di cui al comma 2, si applicano le
disposizioni dell’articolo 33.
4. Ai fini dell’acquisizione del parere di cui al comma 1 si applica quanto
previsto dall’articolo 20, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380. Il motivato dissenso espresso da una amministrazione
preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, ivi inclusa la
soprintendenza competente, alla tutela del patrimonio storico artistico o alla tutela
della salute preclude il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria.
5. Per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà [dello Stato o (parole
soppresse)] di enti pubblici territoriali, in assenza di un titolo che abiliti al
godimento del suolo, il rilascio della concessione o dell’autorizzazione in sanatoria è
subordinato anche alla disponibilità dell’ente proprietario a concedere
onerosamente, alle condizioni previste dalle leggi statali o regionali vigenti, l’uso del
suolo su cui insiste la costruzione. La disponibilità all’uso del suolo, anche se
gravato di usi civici, viene espressa [dallo Stato o (parole soppresse)] dagli enti
pubblici territoriali proprietari entro il termine di centottanta giorni dalla richiesta. La
richiesta di disponibilità all’uso del suolo deve essere limitata alla superficie
occupata dalle costruzioni oggetto della sanatoria e alle pertinenze strettamente
necessarie, con un massimo di tre volte rispetto all’area coperta dal fabbricato.
Salve le condizioni previste da leggi regionali, il valore è stabilito dalla filiale
dell’Agenzia del demanio competente per territorio per gli immobili oggetto di
sanatoria ai sensi della presente legge e dell’articolo 39 della legge 23 dicembre
1994, n. 724, con riguardo al valore del terreno come risultava all’epoca della
costruzione aumentato dell’importo corrispondente alla variazione dell’indice Istat
dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, al momento della
determinazione di detto valore. L’atto di disponibilità, regolato con convenzione di
cessione del diritto di superficie per una durata massima di anni sessanta, è stabilito
dall’ente proprietario non oltre sei mesi dal versamento dell’importo come sopra
determinato.
6. Per le costruzioni che ricadono in aree comprese fra quelle di cui all’articolo
21 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, il rilascio della concessione o della
autorizzazione in sanatoria è subordinato alla acquisizione della proprietà dell’area
stessa previo versamento del prezzo, che è determinato dall’Agenzia del territorio in
rapporto al vantaggio derivante dall’incorporamento dell’area.
7. Per le opere non suscettibili di sanatoria ai sensi del presente articolo si
applicano le sanzioni previste dal decreto del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380".
43-bis. Le modifiche apportate con il presente articolo concernenti
l’applicazione delle leggi 28 febbraio 1985, n. 47, e 23 dicembre 1994 n. 724, non si
applicano alle domande già presentate ai sensi delle predette leggi.
44. All’articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, comma 2, dopo le parole: "l’inizio" sono inserite le seguenti: "o l’esecuzione".
45. All’articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, comma 2, dopo le parole: " 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni
e integrazioni" sono inserite le seguenti: ",nonchè in tutti i casi di difformità dalle
norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici".
46. All’articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Per le opere
abusivamente realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con
provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente
importante ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490,
o su beni di interesse archeologico, nonchè per le opere abusivamente realizzate su
immobili soggetti a vincolo o di inedificabilità assoluta in applicazione delle
disposizioni del titolo II del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il
Soprintendente, su richiesta della regione, del comune o delle altre autorità preposte
alla tutela, ovvero decorso il termine di 180 giorni dall’accertamento dell’illecito,
procede alla demolizione, anche avvalendosi delle modalità operative di cui ai
commi 55 e 56 dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662".
47. Le sanzioni pecuniarie di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono incrementate del cento per cento.
[48. All’articolo 45 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, comma 2, le parole: "terzo mese" sono sostituite dalle seguenti: "trenta
giorni".] Soppresso.
[49. All’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, comma 1, dopo le parole: "atti tra vivi" sono inserite le seguenti:", nonchè
mortis causa".] Soppresso.
49-bis. All’articolo 54, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e
successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Tali spese,
limitatamente agli esercizi finanziari 2002 e 2003, sono reiscritte nella competenza
degli esercizi successivi a quello terminale, semprechè l’impegno formale venga
assunto entro il secondo esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione in
bilancio“.
49-ter. L’articolo 41 del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, è sostituito dal seguente:
–“Art. 41. – (Demolizione di opere abusive). – 1. Entro il mese di dicembre di ogni
anno il dirigente o il responsabile del servizio trasmette al prefetto l’elenco delle
opere non sanabili per le quali il responsabile dell’abuso non ha provveduto nel
termine previsto alla demolizione e al ripristino dei luoghi e indica lo stato dei
procedimenti relativi alla tutela del vincolo di cui al comma 6 dell’articolo 31. Nel
medesimo termine le amministrazioni statali e regionali preposte alla tutela
trasmettono al prefetto l’elenco delle demolizioni da eseguire. Gli elenchi
contengono, tra l’altro, il nominativo dei proprietari e dell’eventuale occupante
abusivo, gli estremi di identificazione catastale, il verbale di consistenza delle opere
abusive e l’eventuale titolo di occupazione dell’immobile.
2. Il prefetto, entro trenta giorni dalla ricezione degli elenchi di cui al comma 1,
provvede agli adempimenti conseguenti all’intervenuto trasferimento della titolarità
dei beni e delle aree interessate, notificando l’avvenuta acquisizione al proprietario e
al
responsabile
dell’abuso.
3. L’esecuzione della demolizione delle opere abusive, compresa la rimozione
delle macerie e gli interventi a tutela della pubblica incolumità, è disposta dal
prefetto. I relativi lavori sono affidati, anche a trattativa privata ove ne sussistano i
presupposti, ad imprese tecnicamente e finanziariamente idonee. Il prefetto può
anche avvalersi, per il tramite dei provveditorati alle opere pubbliche, delle strutture
tecnico-operative del Ministero della difesa, sulla base di apposita convenzione
stipulata d’intesa tra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministro della
difesa“.
49-quater. All’articolo 48 del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il
seguente comma: “3-ter. Al fine di consentire una più penetrante vigilanza
sull’attività edilizia, è fatto obbligo alle aziende erogatrici di servizi pubblici ed ai
funzionari cui sia imputabile la stipulazione dei relativi contratti di somministrazione
di comunicare al sindaco del comune ove è ubicato l’immobile le richieste di allaccio
ai pubblici servizi effettuate per gli immobili, con indicazione della concessione
edilizia ovvero della autorizzazione ovvero degli altri titoli abilitativi, ovvero della
istanza di concessione in sanatoria presentata, corredata dalla prova del pagamento
per intero delle somme dovute a titolo di oblazione. L’inosservanza di tale obbligo
comporta, per ciascuna violazione, la sanzione pecuniaria da euro 10.000 ad euro
50.000 nei confronti delle aziende erogatrici di servizi pubblici, nonché la sanzione
pecuniaria da euro 2.582 ad euro 7.746 nei confronti del funzionario della azienda
erogatrice cui sia imputabile la stipulazione dei contratti.
50. Agli oneri indicati ai commi 6, 9, 10, 11, 13 e 24, si provvede, nei limiti
stabiliti nei predetti commi, per gli anni 2004, 2005 e, quanto a 82 milioni di euro, per
l’anno 2006, mediante quota parte delle maggiori entrate derivanti dal presente
articolo. Tali somme sono versate, per ciascuno dei predetti anni, all’entrata del
bilancio dello Stato per essere riassegnate alle pertinenti unità previsionali di base,
anche di nuova istituzione, dei Ministeri interessati. Per la restante parte degli oneri
relativi all’anno 2006 si provvede con quota parte delle entrate recate dal presente
decreto. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con
propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.