1. INTRODUZIONE
L’AIDS è la sindrome da immunodeficienza acquisita causata dal virus dell’HIV. L’HIV,
uccidendo progressivamente le cellule del sistema immunitario, mina le capacità dell’organismo di
difendersi da infezioni e tumori definite per questo infezioni opportunistiche. In particolare, durante
l’infezione, i CD4+, cellule immunitarie di importanza cruciale, vengono inattivate e uccise (si parla
di AIDS quando queste ultime scendono al di sotto di 200/mm3).
L’HIV appartiene ad una classe di virus definiti “RETROVIRUS” nei quali la molecola
portatrice dell’informazione genetica non è il DNA ma L’RNA. Come tutti i virus, l’HIV può
riprodursi solo all’interno della cellula, gestendo i meccanismi cellulari di riproduzione. Tuttavia
solo l’HIV e altri retrovirus, una volta all’interno della cellula, utilizzano un enzima chiamato
transcrittasi inversa per poter convertire il proprio RNA in DNA, che viene poi incorporato nel
genoma della cellula ospite.
1.1 CICLO REPLICATIVO DEL VIRUS HIV
L’HIV,
come tutti i virus è incapace di replicarsi autonomamente in quanto necessita
dell’apparato metabolico di una cellula; il ciclo replicativo dell’HIV viene solitamente suddiviso in
varie fasi:

ADESIONE : per poter penetrare nella cellula l’HIV deve prima di tutto legarsi ad essa;
il virus si può legare a cellule che abbiano sulla loro superficie uno specifico recettore,
denominato CD4, al quale aderisce tramite una specifica porzione dell’envelope, costituita
da due glicoproteine: la gp120, più esterna e la gp41, situata più internamente. Il primo
legame avviene quindi tra la gp120 e il recettore CD4; è necessario però anche un secondo
legame, che avviene tra la gp120 ed un corecettore presente sulla superficie della cellula
(il principale di questi corecettori è stato denominato CCR5).

FUSIONE : una volta avvenuto anche questo secondo legame col corecettore, la gp120
subisce una variazione della propria struttura e una modifica della posizione, permettendo
così l’esposizione della gp41 la quale, interagendo con la membrana cellulare, induce la
fusione dell’involucro virale con il doppio strato fosfolipidico della membrana
citoplasmatica.
1

UNCOATING: una volta penetrato nella cellula il core perde il proprio rivestimento
proteico in un processo chiamato uncoating (svestimento); in questo modo si libera la
parte centrale del virus che contiene il genoma ad RNA e gli enzimi virali.

TRASCRIZIONE INVERSA: la fase di retrotrascrizione avviene ad opera dell’enzima
trascrittasi inversa (RT) e consiste nella sintesi di una prima catena di DNA
complementare ad una delle due catene di RNA virale. La seconda elica di DNA viene
trascritta sullo stampo di DNA neoprodotto soltanto dopo l’azione della porzione RNasica
dell’RT: la RNasiH, che scinde parzialmente lo stampo originale di RNA. Al termine della
retrotrascrizione, il genoma virale è costituito da una duplice catena di DNA lineare,
replica dell’originale genoma ad RNA, associata probabilmente alla proteina di matrice,
alla proteina Vpr e all’integrasi: questo complesso ribonucleoproteico prende il nome di
complesso di preintegrazione.

TRASPORTO E INTEGRAZIONE: il complesso migra così dal citoplasma al nucleo
dove il DNA virale viene integrato nel genoma della cellula ospite ad opera dell’enzima
integrasi. In seguito il provirus può rimanere confinato per un periodo molto lungo con
scarsa produzione di proteine virali o virioni, di conseguenza l’infezione si mantiene
latente.

TRASCRIZIONE: il DNA integrato, una volta attivato, utilizza le strutture ed i sistemi
enzimatici di derivazione cellulare per la trascrizione dell’RNA messaggero e la
produzione di proteine strutturali e nuove catene di RNA che andranno a costituire il
genoma delle nuove particelle virali.

SINTESI: i componenti virali neosintetizzati vengono trasportati verso la superficie della
cellula ospite dove vengono assemblati. Subito dopo la loro “costruzione”, le proteine
virali non sono ancora in grado di funzionare adeguatamente; è necessario l’intervento di
un altro enzima, la Proteasi, il quale agisce modificando la struttura delle proteine in modo
da renderli completamente funzionanti.
2

GEMMAZIONE: le proteine virali rivestite della membrana cellulare (“coating”)
possono essere rilasciate attraverso una lenta gemmazione che non comporta il
danneggiamento della cellula ospite. [1]
Ciclo replicativo di HIV
LINFOCITI T
HELPER, Mø, DC
(cellule CD4+)
1.Legame
Legame
1.
8.
8.Gemmazione
Gemmazione
2.Fusione
Fusione
2.
7.
7.Sintesi
Sintesi
3.Uncoating
Uncoating
3.
4.RT
RT
4.
5.Trasporto
Trasportonucleare
nucleareee
5.
integrazione
integrazione
6.
6.Trascrizione
Trascrizione
Figura 1. Ciclo di replicazione dell’HIV
1.2 ATTUALI STRATEGIE TERAPEUTICHE
Tra le varie fasi del ciclo vitale del virus, quelle che attualmente risultano essere bersaglio di
farmaci sono: l’attacco/fusione dell’HIV alla membrana della cellula ospite, trascrizione (per
inibizione selettiva dell’enzima chiave “trascrittasi inversa”) e sintesi delle componenti virali
neoformati (per inibizione dell’enzima proteasi).
3
C’è una chiara necessità medica di agenti antiretrovirali con nuovi meccanismi d’azione per trattare i
pazienti infettati con il virus dell’HIV che hanno poche o nessuna rimanenti opzioni di trattamento a
loro disposizione a causa di infezioni da HIV resistenti alle attuali classi di farmaci antiretrovirali.
Gli inibitori dell’enzima Integrasi rappresentano un importante progresso nella ricerca sull’AIDS,
mostrando potenti effetti antiretrovirali in studi clinici avanzati. Tuttavia, nonostante i decennali
studi in questo campo varie questioni sulle interazioni Enzima-Inibitore sono rimaste senza risposta
quali: l’attacco al sito, possibili interazioni con ioni metallici e DNA virale, amminoacidi coinvolti
nel legame, farmaco resistenza, conformazioni assunte dall’inibitore nel complesso con l’enzima [2].
La determinazione di tali problemi è fondamentale data l’importanza dell’enzima per l’inserimento
di DNA provirale nel genoma della cellula ospite con conseguente retrovirale latenza e persistenza
durante la terapia.
4
2. INTEGRASI
2.1 STRUTTURA E DOMINI FUNZIONALI
L’integrasi dell’HIV è una proteina del peso di 32 KDa appartenente ad una famiglia di
polinucleotidil DNA esterasi-transferasi di cui fanno parte transposasi ed RNAasi, coinvolti nel
meccanismo di taglio o trasferimento di materiale genetico. Sono proteine simili nella loro struttura
3D, presentano un core catalitico caratterizzato da una tripletta aminoacidica specifica, in legame di
coordinazione con ioni bivalenti [3,4].
L’integrasi è costituita da tre domini strutturali: il dominio ammino-terminale (NTD) stabilizzato
da Zn2+, il core catalitico (CCD) caratterizzato dai residui Asp64, Asp116 e Glu152 ed il dominio
carbossi-terminale (CTD). La figura 2 mostra le strutture di CCD in associazione con CTD (a) e di
NTD con CCD (b).
Figura 2. Struttura cristallina dimerica della HIV integrasi; a e b :prospettive laterali che mostrano la triade catalitica
acida in rosso nel dominio catalitico dell’integrasi. Le due subunità del dimero sono mostrate in giallo e verde.
In figura 3 vediamo la prospettiva frontale delle stesse strutture (dopo una rotazione antioraria di
90° rispettivamente dei riquadri a e b ). La combinazione delle strutture (a con b; c con d) indica il
posizionamento di ogni NTD nella cavità tra il CCD ed il CTD nel dimero dell’integrasi intero[5].
La struttura funzionale dell’integrasi è probabilmente tetramerica e perciò coinvolgerebbe un’altra
interfaccia dimerica.
5
Figura 3. Struttura cristallina dimerica della HIV integrasi; c e d: prospettive frontali delle strutture
Il CCD, che comprende i residui 50-212 organizzati in cinque β-sheet intrecciati a regioni di αeliche (figura 4), forma un dimero in tutte le strutture esaminate ed è strutturalmente simile a quello
delle altre integrasi retrovirali (MLV e Avian Sarcoma Virus), alla Tn5 transposasi ed RNAasi [6].
Figura 4. Rappresentazione del dominio catalitico in forma dimerica (codice PDB:1ITG)
6
Questa famiglia di enzimi che processano il DNA contiene una tripletta di amminoacidi
caratteristica (motivo DDE) formata, nell’integrasi dell’HIV, dalla triade catalitica D64 (aspartato
64), D116 (aspartato 116) e E152 (glutammato 152). Questi residui sono altamente conservati in tutte
le integrasi e le retrotransposasi. La mutazione anche di uno solo di questi tre amminoacidi annulla
l’attività enzimatica e la replicazione virale. I due residui D64 e D116 formano un complesso di
coordinazione con uno ione bivalente (Mn2+ o Mg2+). Poiché nella struttura cristallina dell’integrasi
di ASV è stato osservato un altro metallo bivalente [7] e poiché nella struttura delle altre
polinucleotidil transferasi sono presenti due cationi, è stato proposto che possa essere coordinato un
secondo metallo (Mn2+ o Mg2+) a livello dei residui D116 ed E152, quando l’integrasi lega il suo
DNA substrato [8]. E’ quindi probabile che i metalli coordinino sia l’integrasi che lo scheletro del
DNA substrato durante il processo di integrazione. Sebbene il CCD contenga il sito catalitico, in
assenza dei domini NTD e CTD, esso non riesce a catalizzare la reazione di integrazione in tutte le
sue fasi [9]
Il dominio NTD consiste in un ammasso di tre α-eliche e comprende i residui 1-50. Il legame di un
atomo di Zn2+ sembra indispensabile alla stabilizzazione della struttura del dominio NTD ed è
necessario all’attività integrasica. Singole mutazioni a carico di questi amminoacidi riducono
l’attività enzimatica dell’integrasi [10].
Il dominio CTD che comprende i residui 212-288 lega il DNA in modo non specifico [11].
Sebbene la struttura di ciascun dominio sia stata ben determinata, la struttura tridimensionale
dell’integrasi non è tuttora disponibile. Studi dimostrano che un oligomero, probabilmente un
tetrametro dell’integrasi, è indispensabile per una completa reazione di integrazione, mentre gli altri
due siti attivi fungono da supporto strutturale per il tetramero. In particolare la struttura del core
catalitico e del dominio N-terminale formano un dimero di dimeri che rappresenta un modello
dell’arrangiamento tetramerico dell’integrasi (figura 5) [5,12].
7
Figura 5: il tetrametro ABCD (codice PDB: 1K6Y)
2.2 MECCANISMO D’AZIONE DELL’INTEGRASI
Il processo di integrazione dell’HIV all’interno della cellula ospite mediato dall’integrasi,
comprende una serie di eventi molecolari. L’enzima transcrittasi inversa converte l’RNA virale in
una doppia elica lineare di DNA con specifiche sequenze LTR (Long Terminal Repeat) alle estremità
terminali; queste ultime costituiscono il substrato per l’integrasi dell’HIV.
L’enzima integrasi scinde due nucleotidi (GT) dall’estremità 3′-terminale del DNA virale
all’interno della sequenza LTR che contiene il motivo CA altamente conservato e produce degli
idrossili 3′ reattivi ad entrambe le estremità del DNA virale. Questa fase è denominata 3 ′-processing,
avviene nel citoplasma dove l’integrasi rimane associata al DNA virale formando il complesso di
preintegrazione (PIC). Il complesso viene poi traslocato attraverso la membrana nucleare per
accedere al DNA della cellula ospite mediante un meccanismo ATP dipendente che consiste in un
trasporto attivo attraverso i pori nucleari.
Nel nucleo ha inizio la seconda fase della reazione chiamata “strand-transfer” in cui l’integrasi
catalizza l’associazione tra DNA virale e DNA della cellula ospite. Dal punto di vista chimico
avviene un attacco nucleofilo del gruppo 3′-OH terminale, formatosi nel 3′-processing, con
concomitante transesterificazione del gruppo 5′-fosfato del DNA cellulare. Infine il processo di
integrazione è completato dalla rimozione di un dinucleotide all’estremità 5 ′-terminale del DNA
virale e dal legame all’estremità 3′ del DNA cellulare: questa fase è chiamata 5′-processing (figura 6)
[13].
8
Figura 6: rappresentazione schematica del meccanismo d’azione dell’integrasi
9
3: INIBITORI DELL’INTEGRASI
Gli inibitori dell’integrasi possono essere suddivisi in due classi : inibitori del 3′-processing (3′ P)e
inibitori dello strand transfer (INSTI). Studi di docking supportati da evidenze biochimiche
dimostrano che i 3′ P inibitori sono selettivi per il sito di legame dell’enzima al DNA virale, gli
INSTI occupano interamente la posizione del DNA all’interno dell’enzima [14,15]. Gli inibitori
dell’integrasi, in studi clinici, appartengono al gruppo INSTI: tra questi l’ELVITEGRAVIR (GS9137) è in fase II di sperimentazione, mentre il RALTEGRAVIR (MK-0518) ha avuto gia
l’approvazione dalla FDA all’immissione in commercio.
Chimicamente essi presentano β-idrossi carbonili essenziali per l’interazione con gli ioni metallici
e gli aminoacidi D64, D116 e E152 del sito catalitico.
Lo studio degli inibitori dell’integrasi non è stato molto semplice in quanto non è nota la struttura
cristallina dell’enzima e la natura non specifica del legame con il DNA sia virale che dell’ospite (che
forse includeva ulteriori amminoacidi rispetto ai tre D64, D116, E152 del sito catalitico), rappresenta
una sfida ancora maggiore per giungere alla struttura di un complesso.
Per fare una mappatura del sito di legame del DNA virale all’interno del sito catalitico
dell’integrasi
lavori precedenti hanno usato la struttura cristallina
del primo inibitore co-
cristallizzato dell’enzima, 5-CITEP (1-(5-cloroindol-3-il)-3-idrossi-3-(2H-tetrazol-5-il)-propenone)
(composto 1 in figura 7) in complesso con CCD-HIV integrasi descritta da Goldgur e collaboratori
[16], e la struttura della Tn5 transposasi (enzima analogo) complessata con il DNA [17].
1
N
HO
O
3
N
Cl
5
1
3
2
NH
N
3
4
N
H
1
Figura 7: struttura del 5-CITEP: composto 1
10
Intanto la sovrapposizione strutturale dei due enzimi, integrasi e transposasi, vede coinvolti 75
amminoacidi compresi quelli della cavità catalitica e la distanza quadratica media dei tre aminoacidi
del core catalitico ( IN: D64, D116 e E152; transposasi: D97, D188 e E326) è di 0,17 Å per entrambi
gli enzimi (figura 8)
Figura 8: pannello A: sovrapposizione strutturale del core catalitico HIV- IN ( in giallo) con Tn5 transposasi
in complesso col DNA (enzima transposasi in verde; DNA in viola). Le triadi catalitiche di IN e Tn5 sono
rispettivamente in rosso e nero.
Quando la Tn5 transposasi in complesso con il DNA è stata sovrapposta alla struttura del core
catalitico dell’integrasi è stato osservato un contatto tra la K159 e il fosfato all’estremità 3′-terminale
del nucleotide. Simili contatti sono stati osservati con il fosfato a livello del 3′-processing sito
dell’HIV-DNA [18]; questo supporta l’ipotesi che la porzione 3′ terminale del DNA nella transposasi
e il DNA-HIV 3′ processato occupano simili posizioni nel sito attivo dei due enzimi.
Questa ipotesi è stata supportata dalla ulteriore sovrapposizione del complesso integrasi -composto
1 che vede il contatto dell’anello tetrazolo del composto 1, che come inibitore mima appunto la
porzione 3′ terminale del DNA virale, con la K159.
Successivamente studi di cross-linking hanno rivelato un ulteriore contatto da parte del composto
1, come anche della porzione 5′-terminale del DNA, con la Q148 (Figura 9).
11
Figura 9: sovrapposizione del complesso Tn5-DNA con HIV-Integrasi in complesso col 5-CITEP (in giallo)
L’analisi della struttura di CCD-HIV integrasi studiata da Maignan e collaboratori [19] ha messo
in evidenza una ben organizzata triade catalitica e la presenza tra gli amminoacidi D64 e D116 di
ioni metallici; è stato possibile ancora rilevare una ulteriore interazione del composto 1 con un altro
residuo, la Y143 all’interno del loop flessibile (figura 10) [20].
Figura 10: INTERAZIONE TRA L’INIBITORE 5-CITEP E I RESIDUI DELL’HIV INTEGRASI
DESTINATI ALL’INTERAZIONE CON IL DNA: in figura è possibile notare la presenza dei due ioni
metallici (in giallo) presenti nella cavità catalitica. I possibili legami ad idrogeno sono indicati con linee
tratteggiate.
12
Sulla base della struttura cristallina del complesso tra il composto 1 ed il sito attivo dell’integrasi,
sono stati realizzati modelli strutturali per l’interazione di vari inibitori attraverso studi di docking.
3.1 I DICHETOACIDI
I dichetoacidi (DKA) sono la prima classe di inibitori dell’integrasi dotati di effetto antiretrovirale
in vitro. La struttura generale dei DKA è molto simile a quella del composto 1: l’anello tetrazolico
del composto 1 infatti, è sostituito con un gruppo carbossilico nei DKA (figura 11).
Figura 11: (a) struttura del 5-CITEP (composto 1); (b) struttura dei DKA (composto 2)
Nonostante ciò, i due composti hanno diversa attività inibitoria; in presenza di Mg2+ il composto 2
inibisce prevalentemente la reazione di strand transfer, a differenza del composto 1 che blocca
prevalentemente la fase di 3′ processing [21].
Di questa classe di inibitori, il primo a mostrare gli effetti antiretrovirali in vitro è stato l’L731,988 (4-[1-[(4-fluorofenil) metil] pirrol 2-il] -2-idrossi-4-ossobut-3-enoico acido) [22].
OH
O
N
O
OH
F
Figura 12: struttura di L-731,988 (composto 3)
13
Il composto 3 presenta un’ottima ricognizione con l’enzima; è possibile infatti notare in figura 13,
l’inserimento del composto all’interno della cavità catalitica caratterizzata dagli amminoacidi D64,
D116 e E152 e l’interazione con gli ioni metallici posti tra D64 e D116. Notiamo ancora legami ad
idrogeno tra i gruppi carbossilici del composto e i residui N155 e T66.
In accordo con tali dati si è dimostrato che, mutazioni a carico di T66 e N155 comportano
resistenza ai dicheto acidi [22].
Gli esperimenti di docking sono stati condotti in presenza di Adenina (in arancio) che segna la
parte terminale del DNA virale 3′-processato, con la quale sono state valutate interazioni π-π con
l’anello pirrolico; questo per valutare la possibile azione inibitoria su un enzima legato al proprio
ligando.
Figura
13: gli ioni metallici sono presentati in giallo; gli amminoacidi responsabili della resistenza
farmacologica sono presentati in grigio. I legami ad idrogeno sono tratteggiati in bianco, i legami di
coordinazione con i metalli, tratteggiati in giallo.
14
L’analogo dicheto acido tra i primi INSTI ad entrare in studi clinici è S-1360 (1-[5[(4fluorofenil)metil] furan-2-il]3-idrossi-3-(2H-1,2,4 triazol-3-il)prop-2-en-1-one) [3,14].
F
O
N
NH
N
O
OH
Figura 14: struttura di S-1360 (composto 4)
Diversamente dal composto 3, i gruppi funzionali del composto 4 mostrano preferenza per il
metallo tra D64 e E152, come si può vedere in figura 15. Notiamo interazioni π-π tra l’adenina in
arancio e l’anello furanico; legami ad idrogeno tra T66 ed il gruppo carbossilico e T66 e l’azoto del
ciclo pirrolico, mutazioni a carico di tale amminoacido, sono causa di resistenza [23].
Figura 15: gli ioni metallici sono presentati in giallo; gli amminoacidi responsabili della resistenza
farmacologia sono presentati in grigio. I legami ad idrogeno sono tratteggiati in bianco, i legami di
coordinazione con i metalli, tratteggiati in giallo.
15
3.2 NAFTIRIDINE CARBOSSIAMIDI
Una importante classe di INSTI sono le 8-idrossi-1,6, naftiridine carbossiamidi.
L 870,812 e L870,810 sono i primi INSTI a produrre i primi effetti antiretrovirali nelle scimmie e
negli esseri umani [3].
N
N
O
O
F
N
H
N
N
O
OH
Figura 16: struttura del composto L-870,812 CIS (composto 5)
O
S
O
F
N
N
H
N
N
O
OH
Figura 17: struttura del composto L-870,810 (composto 6)
Entrambi i composti si inseriscono perfettamente nella tasca catalitica. Gli ioni metallici coinvolti
nell’interazione sono quelli posti tra gli amminoacidi D64 e D116. Il composto 5, come si può vedere
dalla figura 18, crea legami ad idrogeno con N155 tanto che mutazioni a carico di tale amminoacido
determinano resistenza [24]. In tale composto è possibile una rotazione del gruppo carbossiamidico
16
(notato infatti nel complesso con l’enzima), ma l’ottimale interazione si ha con la conformazione cis
[25].
Figura 18: rappresentazione dell’interazione tra l’enzima Integrasi e composto 5
Con il composto 6, in figura 19, è possibile valutare l’analoga interazione con N155 e interazioni
di Van-der-Waals tra la porzione solfonammidica e l’amminoacido F121 la cui mutazione è la
principale causa di resistenza [26]. Interazioni di Van-der-Waals sono ancora possibili tra N155 e
E92, interazioni forse non secondarie vista la possibilità di resistenza indotta dalla mutazioni di
questi amminoacidi [26].
Figura 19: rappresentazione dell’interazione tra l’enzima Integrasi e composto 6
17
3.3 ELVITEGRAVIR
Un nuovo modello farmacoforico descritto da alcuni ricercatori giapponesi è mostrato
dall’ELVITEGRAVIR
(GS-9137),
un
6-[(3
cloro-2-fluorofenil)metil]-1-[(2S)-1-idrossi-3-
metilbutan-2-il]-7-metossi-4-ossochinolina-3-acido carbossilico in fase II di sperimentazione clinica
( composto 7 in figura 20) [27, 28].
OH
O
N
O
Cl
F
O
OH
Figura 20: struttura di ELVITEGRAVIR (composto 7)
Il miglior docking pone il gruppo carbossilico nella giusta posizione per l’interazione con il
metallo tra D64 e E152 e il gruppo idrossilico dell’isobutile, per l’interazione con l’altro metallo. E’
possibile notare come il sostituente isobutile è orientato verso E92 con il quale sono possibili legami
ad idrogeno (figura 21). Mutazioni a carico di E92 sono causa di resistenza [29].
Figura 21: rappresentazione dell’interazione tra enzima Integrasi e il composto 7
18
3.4 DIIDROSSI PIRIMIDINE CARBOSSIAMIDI
Le diidrossipirimidine carbossiamidi sono una nuova e selettiva classe di inibitori dell’integrasi.
Di queste fa parte il RALTEGRAVIR /MK-0518 [30] (composto 8 in figura 22) che la FDA ha
autorizzato all’immissione in commercio con il nome commerciale “ISENTRESS”. Si somministra
per os alla dose di 400 mg due volte al dì e non presenta particolari controindicazioni. Gli eventi
avversi più rilevanti sono: diarrea, nausea e cefalea e studi preclinici indicano che
non è
metabolizzato dal citocromo P 450.
Raltegravir in combinazione con altri agenti retrovirali è indicato per il trattamento di pazienti
adulti già trattati per infezioni HIV e che hanno sviluppato una resistenza ai vari agenti antivirali
usati.
F
N
H
N
O
O
NH
N
N
N
O
O
OH
Figura 22: struttura di RALTEGRAVIR (composto 8)
Il composto si inserisce nella tasca catalitica. La figura 23 indica la posizione dei metalli (sfere
nere). Da studi di resistenza si è potuto valutare come mutazioni a carico di N155, Q148 e Y143
riducono l’attività inibitoria del complesso.
Figura 23: rappresentazione dell’interazione tra Raltegravir e gli ioni metallici (sfere nere)
19
3.4.1 SAR: CARBOSSAMIDI
I primi studi di SAR delle carbossiamidi sono riportati in tabella 1. La sostituzione del gruppo
benzilico con un metil-cicloesano aboliscono completamente l’attività, sottolineando l’importanza
della porzione aromatica in questa parte della molecola. Variazioni della distanza tra l’amide e il
benzile producono i seguenti risultati: l’aggiunta di un metilene porta a guadagnare in potenza,
mentre l’accorciarsi della distanza produce indebolimento dell’attività.
Tabella 1: La tabella riporta i valori di IC50 (50% inhibitory concentration) relativi alle iniziali sostituzioni
nella posizione R
Sforzi puntati a sostituire il fenile con un eterociclo sono riportati in tabella 2. I componenti polari
eterocicli erano completamente inattivi.
Tabella 2: Valori di IC50 relativi alle sostituzioni con componenti polari eterocicli nella posizione R2
20
Per investigare sullo spazio disponibile della porzione aromatica “benzilamide” sono stati usati
una grande varietà di sostituenti.
Sostituenti nelle posizioni orto e meta generalmente sono stati tollerati, ma non hanno condotto a
miglioramenti significativi.
Più studiate sono state le sostituzioni in para, dove gruppi ingombranti scemavano completamente
l’attività inibitoria. Gli alogeni, invece, ne potenziavano l’attività [31].
Tabella 3: Valori di IC50 relativi alle sostituzioni nella posizione R3
21
4: BIBLIOGRAFIA
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