DOMENICA XXXI ANNO B Omelia al Convegno “Fides vita” “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”: ecco la domanda posta al Signore da un dottore dell’antica legge che lo aveva ascoltato. C’erano allora due scuole di pensiero tra i cultori della Scrittura: l’una tendeva a moltiplicare gli elenchi delle cose da fare e delle cose da non fare per ogni momento della vita, l’altra invece andava alla ricerca dell’essenziale. Lo scriba che interroga Gesù apparteneva alla seconda scuola e vuole conoscere il pensiero di questo nuovo maestro di Nazaret: “Per te, che cosa veramente conta nella vita?”. Gesù nella risposta offre in fondo una lezione di metodo. Nella vita bisogna saper distinguere le cose importanti da quelle urgenti: ci sono cose importanti, ma non urgenti, nel senso che se non le fai, apparentemente non succede nulla. Viceversa, ci sono cose che sono urgenti, ma non importanti. Il rischio è quello di sacrificare sistematicamente le cose importanti, per correre dietro a quelle urgenti, che spesso sono secondarie. Come difenderci da questo rischio? Un aneddoto ci aiuta a capirlo. Un vecchio professore viene chiamato come esperto per parlare sulla pianificazione più efficace del proprio tempo ai quadri superiori di alcune grosse compagnie nordamericane. Decide di tentare un esperimento davanti a quel gruppo pronto a prendere appunti. In piedi tira fuori da sotto la cattedra un grande vaso vuoto di vetro, poi prende alcune pietre, grosse come palline da tennis, e le depone delicatamente nel vaso fino a riempirlo. Poi chiede: “Vi sembra che sia pieno?”. Tutti dissero: “Sì”. Allora si china e tira fuori da sotto il tavolo una scatola piena di breccia, che versa accuratamente sopra le pietre, agitando un poco il vaso perché la breccia possa infilarsi fino in fondo. “E’ pieno questa volta il vaso?”, domanda. Fatti prudenti gli ascoltatori cominciano a capire e rispondono: “Forse non ancora”. “Bene!” risponde il vecchio professore. Di nuovo si china e tira fuori da sotto un sacchetto di sabbia finissima, che con precauzione versa nel vaso. La sabbia riempie tutti gli spazi vuoti del vaso. Quindi chiede di nuovo: “E’ pieno ora?”. “No!”, rispondono tutti. Infatti il vecchio, come era prevedibile, prende la caraffa che sta sulla cattedra e versa l’acqua nel vaso fino all’orlo. Ed ecco la domanda: “Quale grande verità ci mostra il nostro esperimento?”. Il più audace risponde: “Anche quando la nostra agenda è completamente piena di impegni, con un poco di buona volontà si può sempre aggiungere qualche altra cosa da fare”. “No”, dice il professore. “L’esperimento dimostra che se non si mettono per primo le grosse pietre nel vaso, non si riuscirà mai a farvele entrare in seguito”. E chiede: “Quali sono per voi le grosse priorità della vita? La salute? La famiglia? Gli amici? Il lavoro? La cosa più importante è mettere prima queste grosse pietre nella vostra agenda”. (R. Cantalamessa, Dal Vangelo alla vita, p.256). Una parabola non evangelica, ma non priva di insegnamento. Alle grosse pietre menzionate dal professore bisogna aggiungerne due altre, che sono le più importanti, come ci ricorda il vangelo: amare Dio e amare il prossimo. Al centro della fede sta questo principio: ciò che conta più di tutto è “amare”. E’ certamente importante fare tante cose, è importante osservare i comandamenti, ma la prima cosa da fare è quella di amare: amare Dio e amare il prossimo. Con una novità ben richiamata dal Signore: le due parole riguardanti l’amore di Dio e l’amore del prossimo sono in realtà una parola sola, “amare”. Questa grande novità, fate attenzione, viene presentata da Dio con parole piene di tenerezza: “Ascolta Israele!”. Ascoltami, per favore, stammi a sentire per il tuo bene, io voglio la tua felicità, tu devi amare. E ricordati che “amare” è il desiderio di fare felice qualcuno, è la voglia di renderlo veramente contento, è l’impegno di pensare meno a te stesso, ma di donarti all’altro. Noi siamo esposti al rischio di non amare, siamo tentati cioè di idolatrare il nostro io o di idolatrare altre cose, rimanendo indifferenti verso gli altri, verso chi soffre. Occorre invece ascoltare il Signore, che vuole il tuo bene, vuole la tua vita riuscita. Però tenete bene in mente anche un’altra cosa: che “senza di me voi non potete fare nulla”. E’ lui il motore del nostro volere il bene, è lui il punto di partenza del nostro vivere, è lui la meta della nostra vita. E’ lui che genera il nostro amare, il tuo amore. Ha lasciato scritto un grande mistico del XIV secolo, Meister Eckhart: “Dio non fa altro che questo, tutto il giorno: sta sul lettuccio della partoriente e genera”. Immagine ardita e bellissima, commovente, per dirci che la vita, ogni nostra azione, il nostro respiro, tutto è dono divino. Il nostro amare è suo, è opera dello Spirito di amore, è dono di questo “Dito di Dio”, che è lo Spirito Santo. Ed anche la nostra preziosa autonomia, tanto esaltata specialmente in questo nostro tempo, la nostra libera personalità diventa nulla senza questo soffio di vita, mentre si fa vera e grande, se animata dallo Spirito di Cristo. “Senza di me non potete fare nulla”, mentre con me tutto potete fare, perché “a Dio tutto è possibile”. Emblematico rimane il noto esempio paradossale del vangelo: “Basta un poco di fede grande come un granello di senape per spostare le montagne”. Quale conclusione pratica raccogliere da questa riflessione? Tra le molte, accenno ad una sola, un atteggiamento poco di moda, ma necessario. Se ogni dono ricevuto domanda un grazie, in quanto dono, allora il bene che compiamo, l’amore che viviamo, l’amicizia che riceviamo, il perdono che ci viene accordato, sono dono, che domandano il “grazie”. La gratitudine nella vita è ancora una buona abitudine, dire “Grazie” è certamente frutto di virtù. Dire grazie con la parola, dire grazie con il cuore, sinceramente e umilmente, dire grazie con la vita. Tutta la nostra vita sia un rendimento di grazie: è anche il segreto per vivere felici. + Gervasio Gestori Vescovo