LE CONSEGUENZE MACROECONOMICHE RELATIVE ALL’INTRODUZIONE DELL’IMPOSTA SUL PATRIMONIO. 1. OSSERVAZIONI TECNICO-FISCALE. Il settore tecnico-economico della Pubblica Amministrazione è stato spesso poco lucido nei contenuti fiscali, pertanto le imposte e le tasse italiane sono sempre state crescenti in pressione in fiscale toccando i massimi in Europa e nel mondo, ma da qualche tempo il governo ha deciso di attenuare la tassazione attraverso una serie di provvedimenti discutibili ma che hanno portato alla diminuzione della tassazione di circa un punto percentuale. Oggi ci sono in Italia circa 304 tipologie di imposte e tasse e si sta discutendo di una equa imposizione patrimoniale, pertanto riteniamo logico riportare una accurata analisi sull’argomento del Prof. Joseph E. Stiglitz (*) premio Nobel per l’economia nell’anno 2001, che ha curato soprattutto i rapporti tra l’informazione e l’analisi economica. La tassazione del reddito da interessi è sempre stata in contraddizione con l’imposizione sui consumi in quanto tassare solamente i consumi equivale ad esentare gli interessi. L’imposizione sul consumo in periodi successivi dovrebbe presentare aliquote più o meno alte a seconda dell’elasticità relativa della domanda per il consumo in periodi successivi rispetto al consumo in periodi precedenti. L’analisi di Stiglitz ha evidenziato un quadro di orientamento delle tematiche relative all’equità ed all’efficienza attraverso la dimostrazione che l’imposta sul consumo è “ Pareto-efficiente “ nel caso di separazione temporale tra consumo e lavoro. Il Prof. Stiglitz ha presentato un primo modello a generazioni sovrapposte nel quale sono emersi tre risultati: a. Presupposto che vi sia la stabilità dei salari relativi ai lavoratori qualificati e non qualificati, allora sono validi i risultati ottenuti in equilibrio parziale con le funzioni di utilità separabili e l’efficienza paretiana richiederà l’imposta sui consumi. b. Nel caso che i salari relativi ai lavoratori qualificati e non qualificati variano in rapporto al livello di accumulazione del capitale, allora il governo dovrà proporre l’imposta sul reddito da interessi. In presenza degli effetti di equilibrio generale, il governo dovrà imporre un’aliquota marginale negativa sulle persone fisiche maggiormente produttive. In questo caso infatti se l’aumento del livello del capitale produce l’aumento del reddito delle persone più capaci rispetto a quello delle meno capaci, il governo potrebbe allora decrementare l’accumulazione di capitale attraverso il ricorso all’imposizione patrimoniale. c. Nel caso in cui il governo non ha il controllo completo del livello di capitale attraverso la programmazione del debito o con politiche di sicurezza sociale, allora dovrà fare ricorso alla politica fiscale mediante misure di sostegno al reddito da interessi allo scopo di incoraggiare il risparmio. Il secondo modello proposto da Stiglitz è relativo agli individui a vita infinita. In questo particolare contesto l’esame ha fornito questi risultati: Nel caso di identità tra individui è certamente ragionevole intervenire ai fini dell’applicazione di un’imposta uniforme per un importo unico e prestabilito; ma l’analisi ha evidenziato anche il fatto che non si dovrebbe introdurre un’imposta sul reddito da interessi. Tuttavia riteniamo che tale risultato non sia più valido non appena l’imposizione produce effetti di equilibrio generale, in questo caso il governo non è capace a controbilanciare le variazioni dei salari derivate dalla politica fiscale. L’esecutivo prenderà allora in considerazione un’imposta oppure un contributo sul reddito da interessi . (*) Joseph E. Stiglitz: Informazione, economia pubblica e macroeconomia. Editrice Il Mulino 2002. Alcuni anni fa abbiamo fatto le nostre analisi tenendo conto che il mercato finanziario fosse perfetto, cioè che tutti gli investitori ritraessero il medesimo rendimento. Oggi esistono alcune prove che dimostrano il contrario e cioè che sono state individuate molte informazioni imperfette relative al ruolo del “ buon investitore “. Pertanto nel contesto di un mercato finanziario imperfetto, le persone fisiche sono contraddistinte dalla produttività lavorativa e da quella finanziaria. I meccanismi autoselettivi sono utili in questo caso per evidenziare nel contesto nazionale i lavoratori e gli investitori più produttivi; ipotizziamo allora che le persone fisiche differiscano solo in base alla produttività negli investimenti, in questo caso l’esecutivo applicherà in pratica un’imposta sul reddito da interessi solo sugli investitori meno capaci. Nel modello del ciclo vitale detto life cycle model , si presume che tutte le persone fisiche non sono preoccupate dei propri figli, mentre nel modello degli individui a vita perenne si presuppone una funzione di utilità dinastica e pertanto possiamo ipotizzare che l’utilità della generazione t sia: Ut = U ( Ct , Lt ) + aUt+1 dove a è il peso relativo all’utilità dei figli. Si procede successivamente a sostituire ed allora verrà evidenziata la funzione di utilità relativa alla generazione attuale : Ut = St at U(Ct+t , Lt + t ) Secondo questa interpretazione i soli risparmi che sono evidenziati sono i lasciti e pertanto da questo deriva che l’imposta sui risparmi equivale ad un’imposta sui lasciti, le donazioni e le successioni. L’analisi dell’imposta Pareto-efficiente risulta scarsamente influenzata dall’introduzione delle interdipendenze di utilità in quanto vengono mantenuti fissi i livelli di utilità di ciascun tipo di persona fisica. Mantenendo fissa l’utilità delle future generazioni equivale alla massimizzazione dell’utilità che l’individuo specifico rileva dal consumo diretto e questo corrisponde al problema appena risolto. L’aspettativa dell’imposizione di un’imposta di successione è in relazione diretta alla funzione del benessere sociale. Infatti se l’utilità di ciascuna generazione entra a far parte della funzione del benessere sociale avremo che l’utilità complessiva della generazione futura sarà ponderata mediante un fattore “ delta “. Infatti l’elargizione aumenta l’utilità sia di chi dà sia di chi riceve, questa è doppiamente benefica alla funzione del benessere sociale e pertanto l’esecutivo potrà metterla in pratica mediante un contributo sui lasciti. 2. L’ORGANIZZAZIONE FISCALE. I problemi intertemporali analizzati presuppongono che il governo sia impegnato nel tempo al rispetto di una definita struttura fiscale, pertanto sarà capace di identificare quelle persone fisiche che hanno una maggior capacità di azione in modo da poter applicare in un secondo tempo un’imposta fissa uniformemente prestabilita per questi individui. La struttura fiscale esaminata è caratterizzata da tre fasi: a. presenza di un equilibrio di pooling , cioè tutti le persone fisiche sono trattate fiscalmente secondo identiche modalità. b. successivamente si ha un periodo nel quale si verifica la differenziazione ed allora l’imposizione diventa distorsiva. c. nella terza fase il governo esigerà un’imposta con importo prefissato. In definitiva le persone fisiche sanno che in futuro vi sarà un’imposta fissa diventa difficile indurre le persone più capaci a rivelarsi attraverso le proprie azioni, effettivamente la distorsione diventa più ampia nel periodo nel periodo in cui si realizza l’identificazione. In epoca precedente al 1980 la struttura fiscale ottimale era improntata sulla modulistica relativa ad economie competitive o neoclassiche. Pigou aveva esposto che l’imposizione fosse utilizzabile per la correzione delle distorsioni originate dal mercato. L’imposta ottimale poteva quindi differenziarsi in notevole misura a seconda che l’economia fosse caratterizzata da monopoli, da esternalità oppure da altre imperfezioni. L’imposizione ottimale è collegata alle conseguenze delle interdipendenze della domanda e Stiglitz offre un esempio di come affrontare questo caso in concreto. Le economie nelle quali esistono problemi di azzardo morale, cioè in cui i fondi accantonati a scopo assicurativo incidono sulla probabilità del verificarsi dell’evento contro il quale si è assicurati, sono quasi sempre “ Pareto-inefficienti vincolate. Pertanto esistono sempre, in queste economie, una tipologia di imposte e di contributi che possono migliorare la comune situazione fiscale. In presenza invece di regimi monopolistici possiamo esprimere che l’imposizione ottimale viene suddivisa in due parti: - I termini standards. I termini correttivi delle distorsioni del monopolio. Nelle economie sottosviluppate è più difficile controllare il numero delle transazioni e pertanto resta difficile il compito di identificare l’insieme degli strumenti fiscali ammissibili. Sono pochi i paesi sottosviluppati, L.D.C., che presentano un’imposta sul reddito effettiva ed operante e nel settore rurale l’imposizione sul reddito è virtualmente impossibile. Di conseguenza l’analisi delle strutture fiscali in questi paesi è contraddistinta da: - l’insieme della tipologia relativa agli strumenti fiscali. esistenza di particolari distorsioni come la presenza di differenze rilevanti salariali rispetto all’equilibrio di mercato. Stiglitz ha esaminato inoltre la struttura delle imposte e dei prezzi ottimali affrontando ipotesi diverse riguardo alla struttura dell’economia dei paesi meno sviluppati e conseguentemente ha tentato di risolvere attraverso miglioramenti paretiani in modo da produrre aumenti nel benessere sociale. Nel recente passato è stato affrontato il tema relativo al disegno della struttura fiscale attraverso il dettaglio dei limiti informativi del governo, inoltre è stata analizzata la valutazione su che cosa la teoria economica potesse sostenere riguardo a tale disegno senza imporre giudizi sul benessere, in pratica si è cercato di identificare le strutture fiscali Pareto-efficienti. L’individuazione delle imposte non ammissibili si è dimostrata un elemento fondamentale allo scopo della determinazione delle aliquote per tutte le restanti imposte ammissibili. Inoltre alcuni studiosi come Ramsey, il quale ipotizzava che non ci fossero imposte sui profitti, mentre Diamond e Mirrlees ipotizzavano che non ci fosse alcun profitto, ma nessuna di queste ipotesi sembra applicabile alla maggior parte dei paesi in quanto le analisi presuppongono l’assenza di imposte sul reddito. Nonostante non convincano le ipotesi tradizionali contrarie all’imposizione sulle merci e sul reddito da interessi, la teoria dell’autoselezione dimostra che la natura dell’imposizione sulle merci dovrebbe dipendere solo dalle modalità in cui la quantità di tempo libero influisce sul tasso marginale di sostituzione tra le due merci e che pertanto nel caso centrale della separabilità non dovrebbe comportare alcuna imposizione sulle merci. Questa analisi ha dimostrato che i risultati qualitativi ottenuti a loro volta dipendono per gran parte dalla precisione delle ipotesi sulla tipologia delle imposte ammissibili. Questa teoria non può dimostrare molto invece a proposito degli elementi che definiscono la tipologia delle imposte ammissibili. Le strutture ottimali delle imposte sul consumo non sono generalmente lineari e presentano aspetti relativi a problemi amministrativi collegati al sistema fiscale. Alcuni calcoli numerici presentano l’indicazione secondo la quale i vantaggi complessivi ai fini del benessere derivanti dall’imposizione ottimale risultano abbastanza scarsi e la struttura fiscale perfetta è quasi lineare ; questa indicazione rende razionale la concentrazione dell’attenzione sulle strutture fiscali lineari. Di conseguenza le strutture non lineari Pareto-efficienti presentano alcune qualità che possono renderle non accettabili dal punto di vista politico, in quanto l’aliquota marginale su tutte le persone fisiche aventi un alto reddito è negativa, con eccezione del caso limite nel quale l’elasticità di sostituzione tra i lavoratori con diverse qualifiche sia infinita poiché in questo caso l’aliquota marginale sulle persone fisiche a più alto reddito dovrebbe essere zero. Gli effetti che incentivano l’imposizione hanno dimostrato alcune risolutive intuizioni in quanto hanno proposto l’identificazione di parametri che determinano l’ampiezza delle perdite lorde che corrispondono ad ogni sistema fiscale. Le ricerche hanno esposto che i “ trade-offs “ presenti nel quadro della struttura fiscale sono stati centralizzati nei dibattiti politici. Le proposte per l’istituzione delle imposte sul reddito negative aumentano in modo specifico le aliquote marginali per alcune persone fisiche mentre producono l’effetto riduttivo per altre; di conseguenza una valutazione di queste proposte richiede un nuovo equilibrio tra gli effetti di efficienza e quelli di equità sulle diverse tipologie di persone. I temi principali della politica non tengono conto di questi modelli e la diversità fra di loro potrebbe offrire indicazioni in futuro. Ad esempio gli argomenti relativi alla soluzione di problemi amministrativi che sono collegati ai problemi di informazione del controllo ed alla valutazione della remunerazione del capitale. L’analisi evidenziata finora sugli effetti di equilibrio generale dell’imposizione rispecchia in modo parziale la tesi secondo la quale incoraggiare il risparmio e l’investimento aumenta la crescita e quindi il benessere sociale o welfare per tutti. L’analisi fin qui evidenziata dimostra che alcuni precisi vantaggi derivano dall’imposizione di aliquote fiscali differenziate sulle diverse tipologie di persone fisiche aventi diverse caratteristiche di offerta di lavoro; complessivamente però gli aspetti comuni dell’imparzialità o equità non sembrano corrispondere a questi risultati prodotti dal calcolo utilitarista. La scelta ai fini dell’impostazione della struttura fiscale Pareto-efficiente alternativa diventa fondamentale alla presenza dell’aspetto utilitaristico. Infine riteniamo che sia equilibrata l’ipotesi che è stata scelta e presentata in questa ricerca e cioè che le persone fisiche differiscano in produttività sul mercato, pertanto a conclusione l’analisi della struttura fiscale ottimale riguardo all’imposizione patrimoniale ha incrementato il proprio grado di affidabilità relativa per la maggior parte dei paesi. 29.10.2005. Roberto Simonazzi con il contributo di Chiara Simonazzi..