DIOCESI DI COMO MINISTERO NUZIALE SCUOLA DIOCESANA 2014-2015 FORMAZIONE PASTORALE Primo tempo - Ain Karim, 23 agosto 2014 Relazione 6 Dentro la vocazione e la missione degli sposi Antonello e Milena Siracusa Un giorno, quando la nostra storia stava decollando, Milena ha scritto: “è troppo bello per non essere vero”. Il Sacramento del Matrimonio è così, c’è qualcosa di così bello che ti coinvolge e ti sorprende, che ti fa percepire una realtà, una presenza reale. 1 Premessa: chi deve parlare del Matrimonio In quest’ora insieme parleremo del Matrimonio cristiano, di ciò che lo rende speciale. Quello che diremo deve tantissimo a don Renzo Bonetti, un prete che è stato una figura fondamentale per la pastorale della famiglia in Italia e che ha inaugurato in modo sempre travolgente tutte e 4 le edizioni della Scuola per operatori di pastorale familiare (da cui è nata questa Scuola “Ministero Nuziale”). Per questo poi proponiamo alcuni suoi libri, per chi vuole approfondire. Una delle cose che diceva sempre don Renzo era: dovreste essere voi sposi a parlare del Matrimonio, perché continuate a farvelo spiegare dai preti? Continuate a rimanere sottosviluppati! Non è una rivendicazione sindacale contro i preti, è anzi una critica a noi, che abbiamo la fortuna di conoscere questo tesoro del Matrimonio vivendolo, nella sua vera realtà, ma invece di comunicarlo ad altri troviamo più comodo delegare al prete. Questa provocazione di don Renzo l’abbiamo ascoltata e applaudita appunto per 4 edizioni. Andava così bene, invece adesso, non si sa perché, si è deciso di metterla in pratica, di far parlare due sposi… e siccome la fortuna è cieca ma… eccoci qua. Naturalmente il problema è che proprio per gli sposi cristiani è imbarazzante parlare del matrimonio cristiano. Se ne parla un prete e dice un sacco di cose belle sul matrimonio uno dice “che bravo! Com’è generoso verso una vocazione che non è la sua”. Se invece ne parlano due sposi cristiani uno inizia a confrontare le parole che sente con quello che vede: le parole che diciamo ci “inchiodano” alle nostre mancanze; dobbiamo continuare a chiederci se e quanto viviamo davvero quello che stiamo dicendo. Facendo così, perciò ci riduciamo al silenzio, quindi conviene lasciar perdere la preoccupazione della figura che faremo e concentrarci su qualcos’altro: che abbiamo ricevuto qualcosa di bello, che ci fa commuovere per lo stupore e la gratitudine e che abbiamo il desiderio di scoprirlo e di viverlo sempre di più. Parliamo, allora, ma in gran parte rileggiamo ciò che don Renzo ci ha detto, che poi in fondo è ciò che la Chiesa ha pensato del matrimonio, soprattutto dal Concilio ad oggi, con un grande contributo di Giovanni Paolo II (e anche di Paolo VI), e tutto questo cerchiamo di farlo nostro, con qualche accento personale. Perché poi il punto è che il matrimonio è della Chiesa, è la Chiesa che ne deve parlare, con tutta la sua ricchezza di voci e di vocazioni, quello che vivono gli sposi dentro e quello che vedono gli altri da fuori sono cose fortemente collegate, che si illuminano a vicenda, come forse si capirà da quello che diremo. 1 di 8 Error! Use the Home tab to apply Titolo to the text that you want to appear here. 2 Sposi perché… Ci siamo sposati il 25 settembre 2004. Perché ci siamo sposati in Chiesa? Proviamo a ricordare quello che avevamo in mente: ci amiamo, incontrarci e amarci è la cosa più bella che è successa nella nostra vita e vogliamo che continui per sempre, vogliamo fare e affrontare insieme le cose della vita. Crediamo che il Signore sia intervenuto nella nostra storia, condividere la fede è una cosa che ci ha unito in modo particolare. Cristo è il punto di riferimento della nostra visione della vita, delle scelte che vogliamo fare. Anche del matrimonio, la fedeltà, l’indissolubilità, i figli… sono quello che vogliamo e crediamo che Dio può aiutarci a viverlo. Il Signore ci ha chiamati a stare insieme e il Signore ci aiuterà a stare insieme. Non è male, no? Motivazioni forti, motivazioni cristiane… non abbiamo mica detto “ci sposiamo in Chiesa perché la cerimonia è più bella”. Però non basta. Per fortuna siamo andati a Scuola, che era la prima edizione della Scuola per operatori di pastorale familiare, dal 2005 al 2007. Per noi è stato un privilegio poter riflettere sul nostro Matrimonio proprio all’inizio della vita insieme, poterla vivere da subito con una consapevolezza diversa… Allora subito, all’inizio, la relazione di Don Renzo, che ci ha aperto una prospettiva nuova. Come? Facendoci leggere il Catechismo della Chiesa cattolica. Allora anche noi leggiamo il famoso n. 1534 del Catechismo. Due altri sacramenti, l'Ordine e il Matrimonio, sono ordinati alla salvezza altrui. Se contribuiscono anche alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli altri. Essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all'edificazione del popolo di Dio (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1534) Facciamo qualche commento: 3 Vengono proposti insieme, Ordine e Matrimonio. E di entrambi si dice che sono Sacramenti per gli altri, per una missione, per l’edificazione del popolo di Dio. Questo ci sembra ovvio per quanto riguarda il prete: se diventa prete non è per se stesso, è per il bene della Chiesa, per mettersi al servizio degli altri. Il punto qui, forse un po’ meno ovvio, è che degli sposi si dovrebbe pensare e dire la stessa cosa. Pensare, dire, e poi anche vivere che il Sacramento del Matrimonio non è per gli sposi, perché vada tutto bene, ma è per servire gli altri, è per la Chiesa. Un’altra precisazione: “Se contribuiscono anche alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli altri”. Quindi l’obiettivo non è salvare se stessi, ma servire gli altri: la nostra salvezza personale è un “effetto secondario”, è una conseguenza del cercare il bene degli altri. In questa logica riconosciamo quella evangelica, proposta da Gesù ai discepoli. E questo vale tanto per il prete quanto per gli sposi: quindi sposarsi non è un modo più sicuro per essere “premiati” da Dio… è mettersi a servire, mettersi a disposizione del Regno di Dio che è vicino, e che ha bisogno di un sì per essere proprio qui, il sì che diciamo oggi, che ripete il sì che abbiamo detto quel giorno… Una missione che inizia dal vivere la propria identità Parliamo di Missione, di Servire, ma non dobbiamo equivocare: non si tratta semplicemente di “fare” qualcosa, prima di tutto si tratta di “vivere la propria identità”… è un po’ complicato, ma teniamo presente che si tratta di Sacramento. Dio ci fa essere qualcosa e questo qualcosa è un segno efficace perché altri incontrino il Signore. È come: il pane e il vino diventano il corpo e il sangue di Cristo e così ci fanno incontrare il Signore. Cerchiamo di approfondire per capire meglio. Qui ci aiuta un altro testo celebre, il n. 13 della Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II 2 di 8 Error! Use the Home tab to apply Titolo to the text that you want to appear here. Come ciascuno dei sette sacramenti, anche il matrimonio è un simbolo reale dell'evento della salvezza, ma a modo proprio. «Gli sposi vi partecipano in quanto sposi, in due, come coppia, a tal punto che l'effetto primo ed immediato del matrimonio (res et sacramentum) non è la grazia soprannaturale stessa, ma il legame coniugale cristiano, una comunione a due tipicamente cristiana perché rappresenta il mistero dell'Incarnazione del Cristo e il suo mistero di Alleanza […]». (Familiaris Consortio, 13) Anche qui commentiamo alcuni punti. Prima di tutto, lo specifico del matrimonio è che è l’unico Sacramento che riguarda non la singola persona, ma la relazione tra due persone. È la relazione che viene consacrata (nel Rito del Matrimonio il formulario per la preghiera dei fedeli dice “consapevoli del singolare dono di grazia e carità, per mezzo del quale Dio ha voluto rendere perfetto e consacrare l'amore dei nostri fratelli”). Si riceve la Grazia non ciascuno singolarmente, ma in due. È la relazione tra i due che viene abitata dallo Spirito santo. Leggiamo anche in Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio: Gli sposi partecipano all'amore cristiano in un modo originale e proprio, non come singole persone, ma assieme, in quanto formano una coppia. (CEI, Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio, 34). Si dice anche che è “simbolo reale dell’evento della salvezza”, reale vuol dire che non è solo una rappresentazione esterna, ma è veramente “collegato” con Gesù Cristo; non è un simbolo che ci fa pensare a Cristo, ma un simbolo che ci fa incontrare Cristo, nel quale Cristo agisce. Questa “comunione a due” nel matrimonio diventa simbolo reale di Cristo in un modo particolare o Secondo il brano di Familiaris Consortio 13 che abbiamo letto: rappresenta il mistero dell’incarnazione del Cristo e il suo mistero di Alleanza. o Secondo Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio: II vincolo che unisce l'uomo e la donna e li fa "una sola carne" (cf Gn 2,24) diventa in virtù del sacramento del Matrimonio segno e riproduzione di quel legame che unisce il Verbo di Dio alla carne umana da lui assunta e il Cristo Capo alla Chiesa suo Corpo nella forza dello Spirito. (CEI, Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio, 34). o E ancora prima nello stesso documento: L'amore coniugale dei battezzati è infatti immagine e ripresentazione dell'amore che Cristo ha per la sua Chiesa (CEI, Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio, 1). Questo è il punto decisivo: ripresenta l’amore di Cristo per la Chiesa. Leggiamo ora il seguito di Familiaris Consortio 13, che è una sintesi molto bella e ci dà ulteriori spunti: La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a Sé come suo corpo. Egli rivela la verità originaria del matrimonio, la verità del «principio» (cfr. Gen 2,24; Mt 19,5) e, liberando l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente. Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d'amore che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per la sua Sposa, la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell'umanità dell'uomo e della donna, fin dalla loro creazione (cfr. Ef 5,32s); il matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l'uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati. L'amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla Croce. (Familiaris Consortio, 13) 3 di 8 Error! Use the Home tab to apply Titolo to the text that you want to appear here. Quindi: 1. nel Matrimonio l’azione dello Spirito Santo rende gli sposi capaci di amarsi come Cristo ci ha amati (il passo biblico fondamentale è Ef 5, 25-33, che dice che nel matrimonio vediamo un mistero grande, quello dell’amore di Cristo per la Chiesa. Ci ritorneremo anche in altre relazioni); o Questo “come” non vuol dire semplicemente che imitiamo Cristo, vuol dire che attingiamo al suo amore per la Chiesa e ce lo doniamo l’un l’altro. o Dice ancora Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio, 34: Per questo la coppia cristiana non si sostiene soltanto per la naturale complementarità esistente tra uomo e donna, né si regge unicamente sulla volontà di comunione degli sposi; ma ha la sua originale sorgente in quel legame che indissolubilmente unisce il Salvatore alla sua Chiesa e la sua ultima matrice nel mistero della comunione trinitaria. o L’amore di Cristo genera e costruisce tra gli sposi una realtà di comunione, che è forse l’immagine umana più bella e più forte di quella comunione che c’è nella Trinità. o La genera e la costruisce non solamente nella celebrazione del Matrimonio, una volta per tutte. Si tratta, dice don Renzo, di un “Sacramento permanente”. Cristo non ci abbandona mai, continua a essere presente e giorno per giorno a costruire la nostra insieme, la nostra vita di comunione. Ci unisce oggi. 2. la conseguenza è che l’amore reciproco degli sposi manifesta, rende visibile, l’amore di Cristo per la Chiesa, tanto che altri possono essere toccati e coinvolti. o Dio è amore, una bella frase, ma dove si può vedere che Dio è amore? Negli sposi cristiani. Dove si può capire che cos’è la comunione a cui Dio ci invita? Se qualcosa può farcelo intuire tra le realtà del mondo forse è proprio la vita degli sposi cristiani. Da quello che abbiamo visto deriva che il primo compito degli sposi cristiani è quello di essere, cioè di accogliere il dono di questo amore e viverlo fino in fondo. Se devono annunciare l’amore di Dio con il loro amore, devono viverlo. Altrimenti, come dice Gesù nel Vangelo che abbiamo scelto per il nostro Matrimonio “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente” (Mt 5,13). Quindi la prima azione di evangelizzazione degli sposi è la qualità della vita di coppia. Diceva Don Renzo: “Che cosa posso fare per servire meglio la Chiesa? Un bacio in più a tua moglie / tuo marito, una chiacchierata in più, una pizza insieme in più, un fare l’amore di più, un perdono in più… Quando per l’attività pastorale si trascura la vita di coppia bisogna smettere! Se no si diventa commedianti.” Cioè si recita una parte invece di comunicare un’autentica esperienza di Dio. Attenzione: curare la vita di coppia non vuol dire che tutto deve essere perfetto e in armonia; non scompaiono le fatiche, le sofferenze, i litigi… Però c’è il “fuoco” della presenza di Cristo e allora anche i momenti difficili diventano occasione per crescere nell’unione, per amarsi di più. Diceva ancora Don Renzo “non è necessario che tutto sia tranquillo, non è la tranquillità l’ideale della vita di coppia; è tranquillo uno stagno, che però non dà acqua a nessuno…” Possiamo chiederci: Se uno guarda una coppia di sposi cristiani che cosa vede? La testimonianza di una “capacità di sopportare”? Oppure vede un’accoglienza, una fedeltà, una misericordia, una gratitudine… che sono una bella notizia? Tanto da poter dire che hanno il sapore di Dio? Che cosa vedono i figli nel matrimonio dei loro genitori cristiani? Vedono una felicità straordinaria che fa dire loro “lo desidero anch’io per la mia vita”? Questa, allora, è la realtà, la storia, che il Matrimonio cristiano dona agli sposi. Ma, come abbiamo detto, non per loro stessi, ma per una missione specifica nella Chiesa. 4 di 8 Error! Use the Home tab to apply Titolo to the text that you want to appear here. 4 La missione degli sposi nella Chiesa Qual è questa missione? È rendere presente questo amore, l’amore di Cristo che gli sposi sperimentano nel Matrimonio, renderlo presente nella vita della comunità cristiana, per far crescere la comunione. Il prete costruisce la Chiesa con il suo essere segno di Cristo-capo: ci ricorda che è Cristo che ci unisce, che ci rende fratelli. Comunione come riferimento comune a un centro. Ma gli sposi costruiscono la Chiesa intrecciando un tessuto di relazioni modellate dalle qualità dell’amore coniugale. Comunione come amore condiviso, che dà consistenza alla vita della comunità (e l’origine di questo amore è sempre Cristo!) Non solo per se stessi. Se nel Matrimonio cristiano c’è lo Spirito… sappiamo come funziona lo Spirito: non lascia tranquilli ma spinge ad uscire, a cercare, ad annunciare, ad amare. Difficile pensare che un prete si realizzi come prete pregando per conto suo. E allora una famiglia cristiana dovrebbe realizzarsi pregando o leggendo qualche brano di Vangelo in casa? Questo è bello, ma è solo un inizio: perché questa preghiera coinvolga altri, perché questa Parola sia annunciata ad altri, soprattutto con parole e gesti d’amore. Dice don Renzo: “Gesù non vi ha fatti lì solo per provvedere solo alla vostra casa, vi ha fatti per espandere l'amore, non vi ha fatti forno per farvi il pane a mezzogiorno, vi ha fatti forno per sfamare d'amore l'umanità e la società. E voi producete più amore di quello che consumate”. Così gli sposi, per il loro Sacramento, diventano soggetti che evangelizzano, soggetti di azione pastorale. Come? Facendo che cosa? Spesso l’associazione automatica è: collaborando in parrocchia. Coppie di sposi che seguono i percorsi per fidanzati. O che si occupano dell’iniziazione cristiana…. Tante volte l’elenco è finito qui, a volte non ci arriva neanche. O magari conosciamo qualche buon esempio dove ci sono altre attività da aggiungere. Ma il punto è che non può essere solo questo. Altrimenti il “Matrimonio per la missione” potrebbero viverlo solo quelli che hanno tempo e capacità per queste cose. Ma c’è molto di più: la prima missione a cui gli sposi sono chiamati è nella propria rete di relazioni. Si tratta delle persone che incontrano ogni giorno. I parenti, i vicini, i colleghi di lavoro, i genitori dei bambini che frequentano la stessa scuola dei nostri… Se vogliamo possiamo dire che è una missione da laici, però da vivere nel modo proprio degli sposi. Questo riguarda tutti gli sposi cristiani, perché non è un’attività in più, è la vita di ogni giorno. Attenzione a non creare false contrapposizioni: qualcuno magari dice “questi sposi impegnati in parrocchia… vogliono imitare i preti, mentre il loro compito è cercare di educare bene i loro figli e dare testimonianza dove lavorano…”. È una falsa alternativa, per due motivi: a) la vita della comunità ha bisogno di tutte le vocazioni, perciò certo che sono un bene le coppie che si occupano di gruppi di catechesi, che animano la liturgia, che si impegnano nella carità, che partecipano al Consiglio pastorale. b) al tempo stesso la missione di tutta la comunità cristiana non è fare una serie di attività per chi è già “dei nostri” ma quella di andare incontro a ogni persona. La Parrocchia missionaria, la parrocchia in uscita. E gli sposi, a modo loro, partecipano a questa missione. Concentrandoci ancora sugli sposi, teniamo presente, quindi: missione nella comunità cristiana, missione nella propria rete di relazioni; sapendo che non sono due cose separate. 5 di 8 Error! Use the Home tab to apply Titolo to the text that you want to appear here. 4.1 Missione nella comunità cristiana La comunione che c’è tra gli sposi cristiani ha dei tratti particolari, che devono in qualche modo essere trasmessi alla comunità, contagiarla, per generare comunione. Quindi gli sposi devono essere presenti nella comunità da sposi, con questi tratti specifici, perché questo è il dono che è loro affidato per la Chiesa. Per dire i tratti specifici della comunione degli sposi usiamo una chiave di lettura che ritrovate ancora in don Renzo Bonetti, in particolare nel libro Famiglia, sorgente di comunione. Sottolineiamo quindi cinque caratteristiche della comunione degli sposi: reciprocità; condivisione; corresponsabilità, compresenza. Reciprocità (nel libro di don Renzo trovate complementarietà, ma reciprocità è più adeguato, come vedremo più avanti nella Scuola): reciprocità dell’uomo e della donna nella coppia, diversi e fatti l’uno per l’altro, per aiutarsi l’un l’altro a diventare pienamente se stessi. Condivisione: nessuno più degli sposi condivide: il tempo e lo spazio; il corpo nella sua profonda intimità; debolezze, paure; speranze… Corresponsabilità: ognuno dei due sposi è pienamente corresponsabile della vita coniugale; non semplicemente delle cose da fare, dei compiti da svolgere; ma prima di tutto della coppia stessa, della sua crescita, del suo diventare quello che può essere… Compresenza: dove c’è uno c’è anche l’altro e quando non si è fisicamente insieme… quando pensa uno pensa con l’altro, quando parla uno dà voce anche all’altro, quando agisce lo fa a nome anche dell’altro… Fecondità: dare frutto, dare vita a persone, esperienze, prendersi cura, far crescere… Generare un figlio è una possibilità dentro una fecondità molto più grande. A noi è accaduto, mentre passava il tempo sperando che si accendesse la vita di un figlio, di trovarci a dare vita ad alcune esperienze nella nostra parrocchia; anche a dare vita ad alcune relazioni significative che durano nel tempo… Così devono essere presenti gli sposi nella comunità; è questo modo di amare e di essere in comunione che forse ha molto da dire alla vita della comunità, che può aiutarla a rinnovarsi. Prendiamo ad esempio la reciprocità: vocazioni diverse nella comunità che invece di essere in concorrenza imparano a essere una al servizio dell’altra, ad aiutarsi a crescere e a realizzarsi pienamente… La corresponsabilità è evidente, e poi se prendiamo ad una ad una queste caratteristiche non è difficile capire come possono rinnovare il nostro modo di essere Chiesa. 4.2 Missione nella rete di relazioni Sempre con le nostre caratteristiche di sposi, si tratta di metterci al servizio di Cristo che vuole incontrare e amare ogni uomo. Cristo ci affida le persone che incontriamo ogni giorno, quelle che incontriamo proprio noi; a volte magari siamo gli unici cristiani che incontrano e se noi non facciamo percepire loro il Vangelo, chi lo farà? Il Signore ci chiama a dare attenzione e ascolto a queste persone, ad accoglierle, a sostenerle, a condividere, ad invitare. Ad amare, con gesti semplici e concreti. Allora forse qualcuno intuirà che c’è dietro qualcosa di speciale, in qualcuno nascerà una domanda, “che cos’è che rende questa vostra relazione d’amore così bella per voi e anche per quelli che vi incontrano?…” Se cogliamo una domanda vera allora possiamo raccontare di come Gesù, con la sua presenza, ci dona un’esperienza straordinaria. Che non dipende da nostre particolari abilità, noi abbiamo solo accolto il suo amore, un amore che lui vuole donare a tutti… 6 di 8 Error! Use the Home tab to apply Titolo to the text that you want to appear here. 5 In cammino: fragilità e speranza Tutto questo è entusiasmante, ma naturalmente la vita ci presenta diversi ostacoli e tentazioni… Si corre, molto. In questa fase c’è Antonello che tra lavoro, studio, ecc. non è mai libero… Ci sono i bambini che crescono, hanno bisogno, sempre… La casa, bisogna fare da mangiare, bisogna pulire, bisogna fare lavatrici, stendere, stirare… Ci sono i soldi che non lasciano mai tranquilli, tra mutuo, bollette, rate… ce la faremo? ... C’è una vita quotidiana dove, diciamolo chiaramente, quello che si desidera sopra ogni cosa è una sera dove poter stare abbracciati sul divano a guardare la televisione… è un tantino sotto il livello di cui parlavamo prima, no? Riuscire a parlare insieme bene è un livello successivo, figuriamoci poi prendersi cura di altri… Cioè non è facile dialogare con il vicino quando ogni volta che esci di casa stai correndo perché sei in ritardo… Vorremmo riuscire a progettare il nostro cammino, ma spesso dobbiamo ripartire. Vogliamo fare di più, non ci riusciamo, ma non ci rassegniamo: perché, come dice don Renzo, mettere lo Spirito Santo in freezer non è una buona idea. Tuttavia, c’è anche altro. E c’è anche un Altro. Uno che trova ogni occasione possibile per venire fuori. Le persone ci hanno invitato a fare delle esperienze: e noi abbiamo detto di sì (diciamo che l’incoscienza ci aiuta…). Funziona così che anche se facciamo fatica a trovare il tempo per pregare, da qualche parte ci ritroviamo a pregare. Così ci ritroviamo ad un’Adorazione eucaristica, dove il semplice essere lì noi due di fronte a Lui dice tutto l’essenziale. E poi c’è la Messa della domenica, e anche se coi bambini spesso è un percorso a ostacoli qualcosa ci colpisce, un segno, una parola… E così anche ci siamo ritrovati a lavorare nella pastorale. È male, dice don Renzo, fare attività mentre si trascura la vita di coppia; ma per noi è vero anche che in queste attività, in queste esperienze, abbiamo trovato mille stimoli inattesi, di cui ci siamo ritrovati a parlare in macchina tornando a casa, che ci sono venuti in mente di fronte alla domanda di un amico, o di nostro figlio… C’è il confronto con un prete, che abbiamo sempre ricercato, e il dialogo con altre coppie… Per cui nei momenti peggiori in cui abbiamo meno tempo, ci viene in mente di invitare… E non riusciamo a dirci di no. E poi, se noi facciamo fatica ad aprirci per il nostro poco tempo o per il nostro poco coraggio, ci pensa la Chiesa ad aprirsi e ad aprirci: così funziona che cambia l’Iniziazione cristiana, e noi ci crediamo e ci mettiamo dentro anche se non abbiamo tempo: e dentro questo impegno ci troviamo a incontrare persone mai viste prima in Chiesa, con cui forse non avremmo mai parlato… E poi all’asilo ti fermi a parlare con altri genitori… e magari poi le cose si collegano. Sperimentiamo che, se la nostra missione è per la Chiesa, è anche la Chiesa che ci porta a vivere la missione. Di noi stessi diciamo che la cosa più bella che abbiamo è la speranza. Diverse volte nella vita abbiamo scoperto che nonostante le attese e le paure le cose arrivavano al momento opportuno. Sempre più abbiamo visto all’opera Dio, condurci su una strada, mettere tanti tasselli che formano un quadro sempre più grande e affascinante. È giusto allora dire che il senso del Matrimonio cristiano è l’ideale mentre le preoccupazioni e difficoltà della vita sono la dura realtà? Forse sono queste ultime ad essere una verità parziale, perché più profonda è la realtà della presenza di Cristo, che come lui sa continua ad essere presente e a prendersi cura del nostro amore. Ecco, allora, sicuramente abbiamo ancora tantissime cose da fare ed è un peccato non farle. Intanto abbiamo avuto la grazia di contemplare qualcosa: che ci ha fatto dire che “è troppo bello per non essere vero”. 7 di 8 Error! Use the Home tab to apply Titolo to the text that you want to appear here. 6 Una domanda in appendice: che cosa cambia sposarsi con il Sacramento del Matrimonio? È questo: Il fatto che la nostra relazione è diventata segno per far conoscere Cristo; che a noi due insieme ha affidato una missione, per la Chiesa, per gli uomini e le donne che incontriamo; che ha dato al nostro amore un dono speciale: più lo viviamo più attrae a Lui. Allora è chiaro che anche le coppie senza sacramento si possono amare tantissimo; e che possono vivere profondamente le ricchezze della vita di coppia e di famiglia. Non solo, proprio per la nostra missione noi possiamo vedere che Cristo, magari “in incognito”, si fa presente e agisce anche nella loro esperienza, perché dove c’è amore vero non possiamo dire che Cristo non c’entra; e il nostro compito non è quello di dire che queste coppie sono “in fuori gioco”, che non hanno niente da dire e da dare, ma è invece di dare valore a ciò che il Signore ha compiuto in loro, ed essere per loro un segno, perché i loro occhi vedano, perché riconoscano che è il Signore che fa ardere loro il cuore nel petto e decidano di seguirlo. C’è un pensiero che a volte prende le persone nei momenti in cui la Chiesa dice che non bisogna giudicare ed escludere, ma accogliere le persone e le situazioni. L’abbiamo sentito dire sul tema dei divorziati risposati, viene fuori anche parlando dei conviventi… è il pensiero: ma allora quelli “normali” non interessano più a nessuno? Quelli che si sono sposati in Chiesa, sono forse i più stupidi? Se neanche la Chiesa ormai dice che loro hanno fatto bene e gli altri hanno peccato… allora non conviene! (un po’ come dicono i discepoli a Gesù: se questa è la situazione… non conviene sposarsi – Mt 19,10… Oppure_ ma come, loro hanno lavorato un’ora soltanto e prendono lo stesso di noi che abbiamo sopportato la fatica e il caldo tutto il giorno…? Mt 20,1-16). Ecco naturalmente questa è una tentazione: dovremmo essere capaci di vedere che sposarci nel Signore ci fa vivere un’esperienza straordinaria, appassionante, per cui non ci sentiamo “bravi” ma “grati”… Che non si tratta di sopportare una fatica, ma di avere tra le mani qualcosa di così bello che dà senso anche alle fatiche, qualcosa per cui ne vale la pena. E per gli altri non desideriamo altro che possano vivere questa felicità, e ci mettiamo a disposizione, a servizio, non perché “regolarizzino la loro situazione”, ma perché possano incontrare il Signore; magari, se lo desidereranno, anche in quel modo speciale che è il Sacramento del Matrimonio. 7 Bibliografia Tutte le catechesi di don Renzo Bonetti su http://www.misterogrande.org/ R. BONETTI, Famiglia sorgente di comunione, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2004. R. BONETTI, Matrimonio sacramento per la missione, Città Nuova, Roma 2013. R. BONETTI, Il corpo dato per amore, Città Nuova, Roma 2011. 8 di 8