Epifania del Signore
Antifona d'ingresso
È venuto il Signore nostro re:
nelle sue mani è il regno, la potenza
e la gloria.(cf. Ml 3,1; 1Cr 19,12)
Colletta
O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella,
hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio,
conduci benigno anche noi,
che già ti abbiamo conosciuto per la fede,
a contemplare la grandezza della tua gloria.
PRIMA LETTURA (Is 60,1-6)
La gloria del Signore brilla sopra di te.
Dal libro del profeta Isaìa
Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di te.
Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra,
nebbia fitta avvolge i popoli;
ma su di te risplende il Signore,
la sua gloria appare su di te.
Cammineranno le genti alla tua luce,
i re allo splendore del tuo sorgere.
Alza gli occhi intorno e guarda:
tutti costoro si sono radunati, vengono a te.
I tuoi figli vengono da lontano,
le tue figlie sono portate in braccio.
Allora guarderai e sarai raggiante,
palpiterà e si dilaterà il tuo cuore,
perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te,
verrà a te la ricchezza delle genti.
Uno stuolo di cammelli ti invaderà,
dromedari di Màdian e di Efa,
tutti verranno da Saba, portando oro e incenso
e proclamando le glorie del Signore.
SALMO RESPONSORIALE (Sal 71)
Rit: Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.
O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto. Rit:
Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
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dal fiume sino ai confini della terra. Rit:
I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti. Rit:
Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri. Rit:
SECONDA LETTURA (Ef 3,2-3a.5-6)
Ora è stato rivelato che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro
favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero.
Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai
suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a
condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa
per mezzo del Vangelo.
Canto al Vangelo (Mt 2,2)
Alleluia, alleluia.
Abbiamo visto la sua stella in oriente
e siamo venuti per adorare il Signore.
Alleluia.
VANGELO (Mt 2,1-12)
Siamo venuti dall’oriente per adorare il re.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a
Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua
stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta
Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo
in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per
mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di
Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era
apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino
e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse
e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia
grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo
adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno
di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
ANNUNZIO DEL GIORNO DELLA PASQUA
Dopo la proclamazione del Vangelo, il diacono o il sacerdote o un altro ministro idoneo può dare
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l’annunzio del giorno della Pasqua.
Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino
al suo ritorno.
Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.
Centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà
nella domenica di Pasqua il …. .
In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel
quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.
Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi:
Le Ceneri, inizio della Quaresima, il …. .
L’Ascensione del Signore, il …. .
La Pentecoste, il …. .
La prima domenica di Avvento, il …. .
Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli apostoli, dei santi e nella commemorazione dei
fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.
A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei
secoli.
Amen.
Preghiera sulle offerte
Guarda, o Padre, i doni della tua Chiesa,
che ti offre non oro, incenso e mirra,
ma colui che in questi santi doni
è significato, immolato e ricevuto:
Gesù Cristo nostro Signore.
PREFAZIO DELL’EPIFANIA
Cristo luce di tutti i popoli
E' veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno.
[Oggi] in Cristo luce del mondo
tu hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza
e in lui apparso nella nostra carne mortale
ci hai rinnovati con la gloria dell’immortalità divina.
E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli,
ai Troni e alle Dominazioni
e alla moltitudine dei Cori celesti,
cantiamo con voce incessante
l’inno della tua gloria: Santo...
Antifona di comunione
Noi abbiamo visto la sua stella in oriente
e siamo venuti con doni per adorare il Signore. (cf. Mt 2,2)
Preghiera dopo la comunione
La tua luce, o Dio, ci accompagni sempre e in ogni luogo,
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perché contempliamo con purezza di fede
e gustiamo con fervente amore il mistero
di cui ci hai fatto partecipi.
Lectio Divina
Colletta
O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato alle genti il tuo unico
Figlio, conduci benigno anche noi, che già lo abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la
grandezza della tua gloria. Amen.
La preghiera Colletta dell’odierna Solennità ci offre una sintesi mirabile del mistero
celebrato e ci spalanca l’orizzonte terreno ed eterno verso cui va tutta la storia umana: contemplare
la grandezza della gloria di Dio. A Natale, la lettera agli Ebrei 1,1-3 ci aveva così presentato
l’Incarnazione del Verbo in Gesù di Nazaret: “Dio che aveva già parlato nei tempi antichi molte
volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi
per mezzo del Figlio…che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza…”. Siamo
invitati, dunque, a scorgere nella storia le tracce della divinità del Figlio di Dio: nell’umanità del
Bambino di Betlemme, perché Dio ha scelto di parlarci così, d’incontrarci in ciò che è nostro più di
ogni altra cosa: la nostra carne. “Cardo salutis caro” - affermava Tertulliano – “la carne è il
cardine della salvezza”.
v. 1: “Gesù nacque a Betlemme…alcuni Magi giunsero a Gerusalemme…per adorarlo”
Il brano di Mt2,1-12 si snoda tra due centri geografici e spirituali: Betlemme e Gerusalemme.
Gerusalemme: la città santa per eccellenza, tradizionalmente luogo dell’incontro con Dio,
mèta di pellegrinaggio per ogni pio israelita, sede del re Erode e delle autorità giudaiche (capi dei
sacerdoti e scribi);
Betlemme: piccola frazione in terra di Giudea.
I Magi, partiti dall’Oriente, si recano a Gerusalemme e lì ricevono, nelle parole della Scrittura, le
indicazioni profetiche sul luogo della nascita del Messia tanto atteso da Israele.
Sembra quasi che le autorità giudaiche le pronuncino senza consapevolezza della loro
portata: Dove nasce il Cristo? – chiedono i Magi – A Betlemme di Giudea – rispondono sommi
sacerdoti e scribi – perché così è scritto per mezzo del profeta: e tu, Betlemme, terra di Giuda, in
nessun modo sei la più piccola tra i principati di Giuda; da te infatti uscirà un capo, che pascolerà
il mio popolo, Israele”.
E’ il rimando alla profezia di Michea5,1 che annunciava l’avvento di un Re-Messia, la cui
nascita avrebbe inaugurato un’era nuova di gloria e di pace. Matteo integra tale visione profetica
con un’espressione di 2 Sam5,2: “un capo che pascolerà il mio popolo, Israele”. In tal modo,
l’origine betlemmita di Gesù diventa una conferma della sua dignità messianica, secondo la linea di
Davide, originario di Betlemme e, in assoluto, il re-pastore, prediletto da Dio e dal popolo.
Nel turbamento di Erode e di tutta Gerusalemme si può già intravedere un anticipo del
rifiuto della sua regalità che Gesù riceverà proprio a Gerusalemme e che lo condurrà alla condanna
e alla Croce: “Volete che vi rilasci il vostro re?...Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare”
(Gv19,15). “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a
te…non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata” (Lc13,34; 19,44)
vv. 1-11: ‘epifania’ (manifestazione) progressiva di Gesù
Nei primi 11 versetti del cap.2 di Mt si nota uno svelamento progressivo dell’identità con
cui Gesù è annunciato e riconosciuto. Si tratta di espressioni poste certamente da Mt non in modo
casuale, ma programmatico; ripercorriamole.
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v. 1
Gesù: già nel cap.1,20-21 Matteo si era soffermato su questo nome e, soprattutto, sul
suo significato: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa,
perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo
chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Matteo sottolinea la divinoumanità del Verbo, nato nella carne da Maria, generato dallo Spirito Santo, portatore della salvezza.
v. 2
Il re dei Giudei: espressione che scalza sin dall’inizio del Vangelo di Mt la
‘sovranità’ dei “grandi” di questo mondo, posti dinanzi alla realtà di Colui da cui deriva ogni
autorità e a cui ogni autorità non può che essere ‘seconda’. Erode è costretto a confrontarsi con la
regalità di Gesù; in Mt27,11 toccherà a Pilato: sei tu il re dei Giudei? L’iscrizione sulla Croce, con
la motivazione della condanna, dirà: Questi è Gesù, il re dei Giudei (Mt27,37). Il profeta l’aveva
annunziato: “Dite alla figlia di Sion: ecco, il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina, con un
puledro figlio di bestia da soma” (Zc9,9); distanza abissale tra la meschinità di Erode, che cerca di
utilizzare il suo potere con i Magi, ricorrendo all’inganno e alla manipolazione e l’alta dignità di
Gesù Crocifisso, che rimette la sua potenza nelle mani di Colui che è ‘più grande di tutti’: il Padre.
v. 4
Il Messia: liberatore e salvatore, il prescelto da Dio, l’Unto, Colui nel quale Dio
avrebbe riposto le sue compiacenze e realizzato le sue promesse di redenzione di tutto Israele dal
dominio soggiogante dei nemici, per realizzare il trionfo anche storico dell’Unico Dio.
v. 6 Un capo, che pascerà: un Pastore, dunque, un novello Davide, un nuovo Mosè,
com’è visto Gesù nel Vangelo di Mt, che conduce e si prende cura d’Israele, esercitando la giustizia
con la misericordia.
v.9.11 Il Bambino: paradossalmente, è lui l’apice di tutte le precedenti rivelazioni, lui il
Volto sconcertante con cui Dio si rende presente nel mondo e in mezzo al suo popolo! Le fattezze,
la fragilità, i bisogni essenziali di un neonato possono veicolare la regalità, l’onnipotenza, il
‘totalmente Altro’ della divinità di Dio, a cui rivolgere la propria adorazione?
vv. 2.11: “siamo venuti per adorarlo … e prostratisi lo adorarono”
Sono questi due versetti, probabilmente, il leit motiv, il cuore dell’intera pericope. I Magi si
sono messi in cammino spinti solo da un desiderio ardente: incontrare il Cristo e adorarlo, cioè,
riconoscerne pubblicamente la signoria.
L’incontro con il Salvatore: è questo l’evento che qualifica e compie ogni profondo e vero
anelito al “di più”, presente da sempre nel cuore dell’uomo. Ciò che muove l’uomo nella sua
infaticabile ricerca della Verità, simboleggiata nel viaggio coraggioso dei Magi, è un grido interiore
mai estinto: Dov’è il re dei Giudei che è nato? (Mt2,2), la sete bruciante del Volto di Dio: di te ha
detto il mio cuore: cercate il suo Volto. Il tuo Volto io cerco, Signore, non nascondermi il tuo Volto
(Sl26,8-9).
Dio, per primo, si era avviato alla ricerca dell’uomo smarrito a causa del peccato: Adamo,
dove sei? (Gn3,9). Il Padre ‘cerca adoratori in spirito e verità’ (cfr. Gv4,23), dirà Gesù alla
samaritana, assetata d’Amore vero che, in quel viandante stanco e ‘assetato’ al pozzo di Sicar,
aveva visto più di uno che le aveva detto la sua ‘verità’: che sia lui il Messia? (Gv4,29).
I Magi: cosa videro in quel Bambino?...mistero della fede!...e prostratisi lo adorarono.
vv. 2.8-10: la stella
Secondo un’opinione molto diffusa nel mondo antico, ogni uomo ha la propria stella, che
sorge con la sua nascita e scompare con la sua morte; lo dice anche un proverbio: ‘quel bambino è
nato sotto una buona/cattiva stella’.
Tuttavia, qui, con molta probabilità si vuole alludere alla predizione di Balaam, un veggente
pagano convocato dal re Balak, re di Moab, per maledire Israele (Num22). Dio, invece, indusse
Balaam a benedire Israele, ed egli espose così il suo oracolo: “…io lo vedo, ma non ora; io lo
contemplo, ma non in vicinanza: una stella sorge in Giacobbe, uno scettro si leva in Israele”
(Num24,17).
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Nel giudaismo del tempo di Gesù, l’immagine della stella fu applicata al Messia atteso e,
nella sua simbologia, assimilata alla figura del “re”.
Nel cammino da Gerusalemme a Betlemme la stella è per i Magi guida nella notte; evoca il
racconto leggendario della colonna di fuoco con cui Dio condusse di notte il popolo ebraico fuori
dall’Egitto (Es13,21). Di fatto, i Magi si sono fidati della Parola profetica su Betlemme, a differenza
dei sommi sacerdoti e degli scribi che, pure, si vantano di ‘scrutare le Scritture’, ma non ascoltano
lo Spirito che le abita.
I Magi, invece, hanno riposto tutta la loro certezza nella Scrittura, ed è stata la loro
accoglienza aperta e disarmata a condurli al Bambino.
Possiamo sentire risuonare a proposito, l’esperienza simile di Pietro nel testimoniare l’incontro con
Gesù sul monte Tabor: “Non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo
fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati
testimoni oculari della sua grandezza…e così abbiamo conferma migliore della parola dei profeti,
alla quale fate bene a volgere l’attenzione, come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché
non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei nostri cuori” (2Pt1,16.19). E’ come se Dio
stesso avesse prevenuti e guidati i Magi, suscitando in loro una fede stupita, esplosa poi in una
grandissima gioia quando la stella si è fermata sulla casa dove “trovarono il Bambino e Maria, sua
madre”.
vv. 11-12: i doni e la strada
L’omaggio di adorazione da parte dei Magi è segnato dall’offerta di alcuni doni, provenienti
dai loro territori di origine: Persia, Babilonia, Arabia, nonché dal significato allegorico che li
accompagna: nell’oro la sovranità del Re, nell’incenso la divinità del Messia e nella mirra la
passione del Servo sofferente (cfr. Ireneo di Lione). Intorno al VI secolo, i tre Magi furono
identificati con i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, considerati ‘santi’, e le loro reliquie
contese nelle alterne vicende storiche tra Milano e Colonia.
Tuttavia, al di là dell’identità storica dei Magi, della loro origine, della realtà fisicoastronomica della stella o di altri interrogativi, ciò che è preponderante nel brano odierno di Mt è
l’adorazione resa dai pagani a Gesù.
E’ questa la bella notizia che raggiunge oggi tutti gli uomini: nessuno è escluso dall’incontro
con Gesù, se mantiene il cuore e la mente aperti a ‘scrutare i segni dei tempi’, perché i ‘semi del
Verbo’ sono sparsi nell’intero universo e in tutti gli eventi della storia.
L’epifania di Dio in Gesù di Nazaret non è rivelazione gloriosa di un Dio irraggiungibile
nella sua statica e fredda divinità, ma è possibilità offerta a chiunque di sperimentare un incontro
che cambia la vita con il Dio - con – noi, che non disdegna di offrirsi all’umanità sotto le spoglie di
un inerme Bambino. “Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero
ritorno al loro paese”. E la strada si riapre su percorsi inediti, su terreni non ancora battuti: nel
testo, per sventare i progetti omicidi di Erode, nella nostra vita vissuta, per dare concretezza di
novità ai prodigi compiuti da Dio.
Appendice
Epifania
Il termine greco epipháneia (manifestazione, rivelazione), è riferito all’autonotificazione,
cioè, all’entrata potente nella notorietà che accompagnava l’arrivo di un re o di un imperatore. Lo
stesso termine, però, serviva anche per indicare l’apparizione di una divinità o un suo intervento
prodigioso. Nell’esperienza cristiana, il termine si riferisce alla venuta del Signore alla fine della
storia, nella manifestazione definitiva della sua potenza e gloria. Non di meno, i cristiani utilizzano
la parola epifania per la manifestazione storica e terrena del loro salvatore Gesù Cristo. Non
l’intelletto, ma solo la fede è in grado di vedere lo splendore della potenza di Dio in Gesù, perché
non è possibile capire la rivelazione di Dio senza la fede. La comunità primitiva supplica il Signore
invisibile, ma operante, a volersi manifestare (1Cor16,22; Ap22,20): si tratta di un intervento
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soccorritore e di una crescente fede nella sua presenza. La rivelazione, in tal senso, pone l’accento
sul carattere di rapporto personale che Dio instaura con colui a cui si rivela e nel quale suscita una
salutare tensione verso l’incontro che sta per accadere.
La stella si fermò sopra il luogo dove si trovava il Bambino. Al solo vedere la stella, i Magi
provarono un’immensa gioia. Accogliamo anche noi nel nostro cuore quella grande gioia. La stessa
gioia annunziano gli angeli ai pastori.
Adoriamolo insieme ai Magi, diamogli gloria coi pastori, esultiamo con gli angeli, “perché
oggi ci è nato un salvatore che è il Cristo Signore” (Lc2,11). “Dio, il Signore è nostra luce”
(Sl118,27): non nella forma di Dio, per non atterrire la nostra debolezza, ma nella forma di servo,
per portare la libertà a che giaceva nella schiavitù. Chi ha l’animo così insensibile, così ingrato, da
non sentire la gioia di esprimere con doni la propria esultanza?
E’ festa per tutto il creato: il cielo è dato alla terra…Le stelle si affacciano dal cielo, i Magi
lasciano il loro paese, la terra è tutta raccolta in una grotta. Non ci sia nessuno che non porti
qualcosa, nessuno che non sia grato. Celebriamo la salvezza del mondo, il natale del genere
umano…Unisciti a coloro che accolsero festanti il Signore…
La potenza divina, infatti, come raggio attraverso un cristallo splendeva in quel corpo
umano, rifulgendo dinanzi agli occhi puri del loro cuore.
Potessimo anche noi trovarci con loro a contemplare con sguardo puro, come riflessa in uno
specchio, la gloria del Signore, per essere trasformati anche noi di gloria in gloria, per grazia e
bontà del nostro Signore Gesù Cristo. A lui la gloria e la sovranità nei secoli dei secoli. Amen.
(dalle “Omelie” di San Basilio Magno, vescovo)
La parola del Magistero
Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera
dunque ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr.Mc16,15), illuminare tutti gli
uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa.
E siccome la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo
strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano, continuando il tema dei
precedenti Concili, intende con maggiore chiarezza illustrare ai suoi fedeli e al mondo intero la
propria natura e la propria missione universale.
Le presenti condizioni del mondo rendono più urgente questo dovere della Chiesa, affinché
tutti gli uomini, oggi più strettamente congiunti da vari vincoli sociali, tecnici e culturali possano
anche conseguire la piena unità in Cristo. (Concilio Vaticano II, Lumen gentium,1)
Questa festa dell’Epifania è una festa molto antica, che ha la sua origine nell’Oriente
cristiano e mette in risalto il mistero della manifestazione di Gesù Cristo a tutte le genti,
rappresentate dai Magi che vennero ad adorare il Re dei Giudei appena nato a Betlemme, come
narra il Vangelo di san Matteo (cfr 2,1-12). Quella “luce nuova” che si è accesa nella notte di Natale
(cfr Prefazio di Natale I), oggi incomincia a risplendere sul mondo, come suggerisce l’immagine
della stella, un segno celeste che attirò l’attenzione dei Magi e li guidò nel loro viaggio verso la
Giudea.
Tutto il periodo del Natale e dell’Epifania è caratterizzato dal tema della luce, legato anche
al fatto che, nell’emisfero nord, dopo il solstizio d’inverno il giorno riprende ad allungarsi rispetto
alla notte. Ma, al di là della loro posizione geografica, per tutti i popoli vale la parola di Cristo: “Io
sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv
8,12). Gesù è il sole apparso all’orizzonte dell’umanità per illuminare l’esistenza personale di
ognuno di noi e per guidarci tutti insieme verso la meta del nostro pellegrinaggio, verso la terra
della libertà e della pace, in cui vivremo per sempre in piena comunione con Dio e tra di noi.
L’annuncio di questo mistero di salvezza è stato affidato da Cristo alla sua Chiesa. “Esso –
scrive san Paolo – è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le
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genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad
essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo” (Ef 3,5-6). L’invito che il profeta
Isaia rivolgeva alla città santa Gerusalemme, si può applicare alla Chiesa: “Alzati, rivestiti di luce,
perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la
terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te” (Is
60,1-2). E’ così, come dice il Profeta: il mondo, con tutte le sue risorse, non è in grado di dare
all’umanità la luce per orientare il suo cammino. Lo riscontriamo anche ai nostri giorni: la civiltà
occidentale sembra avere smarrito l’orientamento, naviga a vista. Ma la Chiesa, grazie alla Parola di
Dio, vede attraverso queste nebbie. Non possiede soluzioni tecniche, ma tiene lo sguardo rivolto
alla meta, e offre la luce del Vangelo a tutti gli uomini di buona volontà, di qualunque nazione e
cultura. (Papa Benedetto XVI, Angelus 6 gennaio 2012)
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