Risoluzione n. 13/2010 Regione Piemonte - Settore Autonomie Locali Iscrizione Anagrafe cittadino comunitario. Trasferimento residenza in altro Comune Il Comune di (omissis) pone il caso di un cittadino comunitario, iscritto nell’anagrafe nell’anno 2005 e quindi prima dell’entrata in vigore del D.lgs. 6 febbraio 2007 n. 30, che presenti istanza di trasferimento di residenza in altro Comune italiano, chiedendo se il Comune di nuova destinazione, per procedere all’iscrizione, debba verificare il possesso dei requisiti previsti dal suddetto D.lgs. n. 30/2007 da parte del cittadino comunitario ed in caso affermativo se all’atto della presentazione dell’istanza. Nel caso specifico, al Comune istante è stata presentata domanda di iscrizione anagrafica da parte di un cittadino comunitario con figlio minore, iscritti in anagrafe di altro Comune italiano nell’anno 2005. L’ufficio anagrafe del Comune di (omissis) ha formalmente richiesto la dimostrazione dei requisiti previsti dal D.lgs. n. 30/2007, che il cittadino comunitario non è stato in grado di produrre. In occasione di un forum dei servizi demografici ha constatato che uffici anagrafe di altri Comuni, per la fattispecie in esame, non verificano il permanere dei requisiti, procedendo direttamente all’iscrizione con APR/4. Ritiene che una corretta valutazione si renda quindi opportuna e urgente, in quanto coinvolge minore che frequenta il primo anno della scuola primaria per cui, tra l’altro, è stato richiesto un intervento del Comune per contribuire a pagare la retta per il servizio mensa a causa delle difficoltà economiche in cui versa la sua famiglia. Il Comune chiede anche se nella situazione descritta – di “sospensione” della pratica di residenza il cittadino comunitario abbia titolo a ricevere sussidi o agevolazioni. Il diritto di libera circolazione e di soggiorno rientra nel lungo processo di integrazione europea e si collega all’istituto della cittadinanza dell’Unione, inteso come status che “costituisce un complemento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest’ultima” (art. 17 del Trattato di Amsterdam). La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, n. 38, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, è stata recepita nell’ordinamento italiano nel 2007. I principi espressi dalla Direttiva si possono sintetizzare nei punti seguenti, ove in alcuni casi sono riportate le testuali disposizioni: · la libertà di circolazione e di soggiorno è un diritto primario ed individuale per cittadini dell’Unione, salve le limitazioni e le condizioni previste dal Trattato e le disposizioni adottate in applicazione dello stesso; · la libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali del mercato interno; · è la cittadinanza dell’Unione – e non la condizione di lavoratore -subordinato od autonomo - a determinare il diritto di libera circolazione e di soggiorno; · il diritto di circolazione e di soggiorno del cittadino UE, per essere esercitato in condizioni di libertà e di dignità, comporta analogo diritto nei confronti dei familiari, indipendentemente dalla loro cittadinanza, e tale diritto deriva dal diritto all'integrità del nucleo familiare, che è intrinsecamente legato al diritto al rispetto della vita familiare, diritto fondamentale che rientra nelle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, il cui rispetto è garantito dal diritto comunitario e inserito nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; · “occorre tuttavia evitare che coloro che esercitano il loro diritto di soggiorno diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo iniziale di soggiorno”, di conseguenza, “il diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari per un periodo superiore a tre mesi dovrebbe essere subordinato a condizioni” e, pertanto, “il diritto di soggiorno viene meno quando l’interessato diventa un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante”; · ne deriva che dal ricorso al predetto sistema cautelare non scaturisce automaticamente l’adozione di una misura di allontanamento, la quale “non dovrebbe essere la conseguenza automatica del ricorso al sistema di assistenza sociale. Lo Stato membro ospitante dovrebbe esaminare se si tratta di difficoltà temporanee e tener conto della durata del soggiorno, della situazione personale e dell'ammontare dell'aiuto concesso prima di considerare il beneficiario un onere eccessivo per il proprio sistema di assistenza sociale e procedere all'allontanamento. In nessun caso una misura di allontanamento dovrebbe essere presa nei confronti di lavoratori subordinati, lavoratori autonomi o richiedenti lavoro, quali definiti dalla Corte di giustizia, eccetto che per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza; · nell’ottica di favorire la coesione sociale fra i cittadini dell’Europa Comunitaria, le limitazioni cessano con l’acquisizione del diritto al soggiorno permanente, dopo cinque anni di soggiorno regolare; · motivi “di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica” possono limitare il diritto di libera circolazione, ma il conseguente eventuale provvedimento di allontanamento dallo Stato ospitante per motivi d'ordine pubblico o di pubblica sicurezza poiché costituisce una misura che può nuocere gravemente alle persone che, essendosi avvalse dei diritti e delle libertà loro conferite dal Trattato, si siano effettivamente integrate nello Stato membro ospitante è necessario che sia correttamente ispirato al “al principio di proporzionalità, in considerazione del grado d'integrazione della persona interessata, della durata del soggiorno nello Stato membro ospitante, dell'età, delle condizioni di salute, della situazione familiare ed economica e dei legami col paese di origine” con la conseguenza che, “quanto più forte è l'integrazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari nello Stato membro ospitante, tanto più elevata dovrebbe essere la protezione contro l'allontanamento”. Lo Stato Italiano ha provveduto al recepimento della Direttiva 38/2004 con il decreto legislativo n. 30 del 6 febbraio 2007, recante per l’appunto "Attuazione della direttiva 2004/38/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29.4.2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri" ed entrato in vigore l’11 aprile 2007, ben oltre il termine fissato dal par. 1 dell’art. 40 (“gli Stati membri adottano e pubblicano entro il 30 aprile 2006 le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva”). Il Decreto Legislativo è stato successivamente modificato – principalmente per la parte attinente alle limitazioni (al diritto di ingresso e di soggiorno) ed all’allontanamento del cittadino dell’Unione – dal D.lgs. 28 febbraio 2008, n. 32. Destinatari delle disposizioni in esso contenute sono: · i cittadini dell'Unione aventi un autonomo diritto di soggiorno; · i familiari del cittadino dell'Unione aventi cittadinanza di uno Stato membro; · i familiari di un cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro; laddove per "familiare" s’intende: a) il coniuge; b) i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni; i discendenti diretti se sono a carico del cittadino europeo o del coniuge; c) gli ascendenti diretti a carico del cittadino europeo o del coniuge. I cittadini dei Paesi dell'Unione Europea od assimilati in forza di specifici accordi (ovvero Svizzera, Repubblica di San Marino, Norvegia, Islanda e Liechtenstein) e i loro familiari hanno diritto d'ingresso in Italia, ove possono soggiornare per un periodo non superiore a tre mesi, senza alcuna formalità. Dall'entrata in vigore del D.lgs 30/2007 non è più previsto il possesso di carta di soggiorno per i cittadini comunitari che intendano dimorare in un altro stato membro dell'Unione Europea. I cittadini appartenenti ai paesi dell'Unione Europea ( ed i cittadini stranieri assimilati sopra detti) per soggiorni superiori ai tre mesi, sono tenuti a richiedere l'iscrizione anagrafica, documentando il possesso dei nuovi requisiti previsti per il soggiorno. I familiari del cittadino comunitario, non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, hanno invece l'obbligo di richiedere il rilascio della carta di soggiorno presso la Questura competente. L'accoglimento della domanda di residenza resta subordinato all'esito positivo degli accertamenti sulla sussistenza effettiva del requisito della dimora abituale come definita dalla legislazione anagrafica. I requisiti si possono sintetizzare nelle tre casistiche principali indicate di seguito: · essere lavoratore subordinato o autonomo in Italia; · disporre, per se stesso ed i propri familiari, di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi in Italia; · essere un familiare (o partner di unione registrata) che accompagna un cittadino dell'Unione rispondente alle condizioni previste. Per la verifica del possesso di risorse economiche sufficienti per sé e per i propri familiari, occorre fare riferimento ai criteri indicati dall'art. 29 comma 3 lettera b del D.lgs 25.7.1998 n. 286 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come sostituito dal D.Lgs.3/10/2008,n.160, ancorché il suddetto Testo Unico non si applichi ai cittadini dell’Unione Europea (“se non in quanto si tratti di norme più favorevoli”). Il criterio prescrive un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale. L'assegno sociale, è una prestazione di assistenza sociale erogata dall’INPS e previsto dalla Legge 335/1995, che è soggetta a perequazione annua in base all'aumento del costo della vita. Il relativo l'importo annuo risulta fissato per il 2010 in 5.349,89 euro ( per il 2009 era stabilito in € 5.317,65). Per determinare le risorse necessarie per il soggiorno di eventuali familiari dovranno essere osservati i criteri previsti dal D.lgs 3.10.2008 n. 160 in materia di ricongiungimento familiare dei cittadini stranieri, ovvero per ogni familiare dovrà essere aggiunta la metà dell'importo dell'assegno sociale, mentre per il dichiarante con due o più figli a carico di età inferiore a 14 anni è richiesto il doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale. Nel calcolo sono computate le eventuali risorse L’importo dell’assegno sociale è rilevante sotto diversi profili nella normativa di accoglienza dei cittadini stranieri perché è il parametro utilizzato sia per l’autorizzazione all’ingresso per il ricongiungimento familiare (lo straniero che chiede di essere autorizzato a farsi raggiungere dalle categorie di familiari ammesse deve dimostrare di avere un reddito, pari almeno all’importo annuo dell’assegno sociale aumentato della sua metà per ogni persona da ricongiungere), sia per rilascio del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo, ottenibile dopo 5 anni di soggiorno regolare e subordinato al possesso di questo requisito di reddito minimo (art. 9 TU) ed infine per l’iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari, previa dimostrazione di disponibilità economiche minime pari all’importo annuo dell’assegno sociale (art. 9 comma 3 lettera b del D.Lgs. 6 febbraio 2007, n.30); La tabella dei redditi aggiornata al 2010 è la seguente, ove l’importo annuale è calcolato sulla base di tredici mensilità: Richiedente - 5.349,89 € annui - 411,53 € mensili 1 familiare - 8.024,585 € annui - 617,28 € mensili 2 familiari - 10.699,78 € annuali - 823,06 € mensili 3 familiari - 13.374,475 € annuali - 1.028,806 € mensili 4 familiari - 16.049,67 € annuali - 1.234,59 € mensili 2 o più minori di 14 anni - 10.699,78 € annuali - 823,06 € mensili 2 o più minori di 14 anni e un familiare - 13.374,475 € annuali - 1.028,806 € mensili Il soggiorno per motivi di lavoro può essere documentato: · in caso di lavoro subordinato: con contratto di lavoro contente dati identificativi INPS, INAIL, busta paga, oppure comunicazione di assunzione al C.I.P. (Centro per l'Impiego) ricevuta di denuncia INPS del rapporto di lavoro, preventiva comunicazione all' INAIL ecc. · in caso di lavoro autonomo: con certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, attestazione di attribuzione della partita IVA, iscrizione ad Albo Professionale ecc. · nell'ipotesi di soggiorno per motivi di studio o di formazione professionale, deve essere prodotta: la documentazione attestante l'iscrizione presso un istituto pubblico o privato riconosciuto; la titolarità di una polizza di assicurazione sanitaria che copra le spese sanitarie; la disponibilità di risorse economiche (nella misura sopra specificata); nell'ipotesi di soggiorno senza svolgere un'attività lavorativa o di studio o di formazione professionale, deve dimostrare: la disponibilità di risorse economiche sufficienti al soggiorno per sè e per i propri familiari nella misura sopra specificata; la titolarità di una polizza di assicurazione sanitaria che copra le spese sanitarie. Verificato il possesso dei requisiti sopra riportati, oltre che il requisito della dimora abituale, l'ufficio anagrafe rilascia al cittadino comunitario, una “attestazione di iscrizione anagrafica di cittadino dell'Unione Europea”. Il cittadino dell'Unione che abbia i requisiti per soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi gode del diritto alla parità di trattamento rispetto ai cittadini italiani, non solo in ambito lavorativo, ma in tutti gli ambiti, compresi quelli relativi alle diverse prestazioni sociali. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno. Il cittadino dell'Unione Europea che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per 5 anni nel territorio nazionale, ha diritto al soggiorno permanente. Il cittadino comunitario potrà quindi richiedere all'anagrafe del Comune di residenza il rilascio dell’“attestazione di soggiorno permanente per i cittadini dell'Unione Europea”. Per quanto riguarda invece i familiari del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, questi acquisiscono il diritto di soggiorno permanente, se hanno soggiornato legalmente e in via continuativa per 5 anni nel territorio nazionale, unitamente al cittadino UE. In tal caso i familiari potranno richiedere alla Questura la “carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione”. Non pregiudicano la continuità del soggiorno le assenze dall'Italia per periodi non superiori a complessivi 6 mesi l'anno, ovvero le assenze di durata superiore giustificate dall'assolvimento di obblighi militari, ovvero fino a 12 mesi consecutivi per motivi rilevanti quali la gravidanza e la maternità, la malattia grave, gli studi o la formazione professionale o il distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo. Lo stesso diritto è invece interrotto da un provvedimento di allontanamento della persona interessata. L'assenza dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi comporta la perdita del diritto. Per quanto attiene all’assistenza sanitaria il lavoratore comunitario ed i suoi familiari (ovvero coniuge, discendente proprio o del coniuge di età inferiore a 21 anni od a carico, l'ascendente in linea retta proprio o del coniuge a prescindere dal grado di parentela) hanno la copertura del Servizio Sanitario Nazionale. I comunitari con diritto di soggiorno per motivi diversi dal lavoro ed i loro familiari devono invece produrre assicurazione sanitaria di almeno 1 anno o pari almeno alla durata del corso di studi, se inferiore all'anno. Il Ministero dell’Interno è stato prodigo di istruzioni al riguardo, forse memore della raccomandazione contenuta nella Direttiva 38/2004: “I documenti giustificativi richiesti dalle autorità competenti ai fini del rilascio dell’attestato d’iscrizione o di una carta di soggiorno dovrebbero essere indicati in modo tassativo onde evitare che pratiche amministrative o interpretazioni divergenti costituiscano un indebito ostacolo all'esercizio del diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari”. In particolare: con la circolare n. 13 del 28 ottobre 2008, il Ministero dell’Interno ha stabilito i criteri in merito alle disponibilità di risorse economiche al fine dell’iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari; con la circolare n. 7 del 19 febbraio 2009, il Ministero ha specificato che, ai fini del riconoscimento del diritto di soggiorno dei cittadini comunitari, i parametri di riferimento delle risorse economiche sufficienti sono quelli dell’assegno sociale, come determinati annualmente dall’INPS; più recentemente la Circolare del Ministero dell’Interno n. 18 del 21 luglio 2009 rubricata “Direttiva n. 2004/38 CE, sul diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Pubblicazione delle linee guida della Commissione europea. Chiarimenti sulla copertura sanitaria richiesta ai fini del soggiorno del cittadino dell’Unione e sulla nozione di "risorse economiche sufficienti al soggiorno” contiene le seguenti nuove linee guida sulla iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari: < 1. La Commissione europea, in data 2 luglio 2009, ha adottato un documento esplicativo dei propri orientamenti interpretativi sugli aspetti maggiormente problematici della direttiva indicata in oggetto, recepita in Italia con il D. lgs. n. 30/2007 e successive modifiche e integrazioni. Il documento (cd. Linee guida) consiste nella Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio (COM (2009) 313 def.), dal titolo "Guida ad una migliore trasposizione e applicazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente all’interno del territorio degli Stati membri". Le linee guida trattano, nel complesso, gli aspetti relativi ai requisiti per l’esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari previsti dalla direttiva citata, alle restrizioni poste a tale diritto, legate a motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza, ai concetti di abuso e di frode. In considerazione dei chiarimenti contenuti nel testo, si rende necessario fornire nuove indicazioni sulle modalità di applicazione della disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 30/2007, sotto il profilo dell’accertamento dei requisiti relativi al possesso di risorse economiche sufficienti al soggiorno e alla copertura sanitaria (art. 9, c. 1, lett. b e c). 2. Con riguardo alla nozione di risorse economiche sufficienti al soggiorno, la Commissione europea si è espressa come segue: "La nozione di "risorse sufficienti" deve essere interpretata alla luce dell’obiettivo della direttiva che si prefigge di agevolare la libera circolazione fin tanto che i beneficiari del diritto di soggiorno non diventano un onere irragionevole per l’assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Il primo passo per stabilire se un cittadino dell’Unione (e i familiari che dallo stesso derivano il proprio diritto di soggiorno) dispone di risorse sufficienti potrebbe consistere nel verificare se soddisfa i criteri nazionali per la concessione del sussidio sociale minimo. I cittadini dell’Unione hanno risorse sufficienti se queste superano la soglia al di sotto della quale lo Stato membro ospitante concede il sussidio sociale minimo. Se questo criterio non è applicabile, si fa riferimento alla pensione sociale minima. L’articolo 8, paragrafo 4 vieta agli Stati membri di stabilire un importo fisso, direttamente o indirettamente equiparato alle "risorse sufficienti", al di sotto del quale il diritto di soggiorno può essere automaticamente rifiutato. Le autorità degli Stati membri devono tener conto della situazione personale di ogni cittadino interessato. Devono essere accettate le risorse elargite da terzi. Le autorità nazionali possono, se del caso, verificare l’esistenza, la legittimità, l’entità e la disponibilità delle risorse. Le risorse non devono necessariamente essere periodiche e possono essere in forma di capitale accumulato. La prova della disponibilità di risorse sufficienti non può essere soggetta a limitazioni". Alla luce delle indicazioni fornite dalla Commissione, si richiama l’attenzione sui seguenti criteri interpretativi della nozione di risorse economiche sufficienti al soggiorno, utili ai fini della corretta applicazione della disciplina recata dal d. 19s. n. 30/2007. In proposito, si evidenzia che la nozione di "risorse sufficienti" può essere riferita sia a risorse periodiche che a risorse sotto forma di capitale accumulato. Inoltre, tali risorse non devono necessariamente essere personali, ma possono anche essere elargite da terzi. Ove l’interessato non raggiunga l’importo minimo delle risorse, come previsto dall’art. 9, c. 3, lett. b) e c) del D.lgs. n. 30/2007, occorre effettuare una valutazione complessiva della situazione in cui egli versa, al fine di stabilire se un eventuale rifiuto dell’istanza d’iscrizione sia proporzionato rispetto all’obiettivo della direttiva, evidenziato nel primo periodo del testo sopra riportato. E’ consentita la verifica dell’ esistenza, della legittimità, dell’ entità e della disponibilità delle risorse, nei casi in cui si ritenga opportuno. 3. Sull’argomento della copertura sanitaria, la Commissione precisa quanto segue: "In linea di principio, è accettabile qualunque copertura assicurativa, privata o pubblica, contratta nello Stato membro ospitante o altrove, nella misura in cui offre una copertura completa e non crea un onere per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante. Nel tutelare le proprie finanze pubbliche e valutare al contempo se la copertura assicurativa è completa, lo Stato membro deve agire in conformità dei limiti imposti dal diritto comunitario e del principio di proporzionalità. La Carta di assistenza sanitaria europea offre una copertura totale se il cittadino dell’Unione non sposta la residenza, ai sensi del regolamento CEE 1408171, nello Stato membro ospitante e ha intenzione di tornare nel proprio Paese, come ad esempio gli studenti e i lavoratori distaccati". Nel periodo da ultimo citato, la Commissione tiene conto del fatto che sussistono casi in cui il soggiorno prolungato presso lo Stato ospitante non configura una situazione di dimora abituale in tale Stato, in quanto l’interessato mantiene il proprio centro d’interessi presso lo Stato di provenienza. In tali ipotesi di soggiorno temporaneo, che può riguardare ad esempio il soggiorno per motivi di studio, l’interessato potrà utilizzare la suddetta Carta di assistenza (Tessera Europea di Assicurazione Malattia o T.E.A.M.), rilasciatagli dal suo Paese, per ricevere tutte le cure considerate medicalmente necessarie in relazione alla durata del suo soggiorno temporaneo. Quindi, in base a quanto stabilito dalla Commissione europea, lo Stato ospitante deve consentire al cittadino dell’Unione, anche per soggiorni superiori a tre mesi, di non spostare la propria residenza, avvalendosi, in tali casi, della copertura sanitaria fornita dal sopraccitato documento (T.E.A.M.).Alla luce di tali indicazioni, d’intesa con il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, si informa che il documento sopraccitato (T.E.A.M.), in corso di validità, è idoneo a garantire la copertura sanitaria prevista dall’art. 9, c. 3, lettere b) e c) del D.Lgs n. 30/2007, ai fini del soggiorno dei cittadini dell’Unione che non intendono trasferirsi stabilmente in Italia, come ad esempio gli studenti e i lavoratori distaccati, e che pertanto non spostano la propria residenza in Italia. In tali ipotesi deve procedersi all’iscrizione degli interessati nello schedario della popolazione temporanea, disciplinato dall’art. 8 della legge n. 1228/1954 (legge anagrafica) e dall’art. 32, c. 1, del D.P.R. n. 223/1989 (regolamento anagrafico), dandone indicazione nell’attestazione rilasciata ai sensi dell’art. 9, c. 2, del d.lgs. n. 30/2007 e indicandone i motivi (es. studio, etc.). L’iscrizione in tale schedario - che esclude il rilascio di certificazioni anagrafiche – può essere effettuata anche per periodi di soggiorno superiori ad un anno, fermo restando l’obbligo di revisione annuale dello schedario, di cui all’art. 32, c. 4, del D.P.R. n. 223/1989. Considerato che la direttiva comunitaria stabilisce il termine di tre mesi di soggiorno a partire dal quale lo Stato ospitante può richiedere "l’iscrizione presso le autorità competenti" (art. 8 direttiva n. 2004/38 Ce), si ritiene che tale termine rilevi anche ai fini dell’iscrizione nell’indicato registro, a prescindere dal diverso termine (quattro mesi) previsto nel sopraccitato articolo 32 del regolamento anagrafico, quale condizione d’iscrizione nello schedario in argomento.> Tutto ciò premesso si ritiene che il Comune abbia posto in essere il corretto comportamento da tenersi da parte degli Uffici demografici nei confronti della domanda di iscrizione anagrafica dello straniero comunitario al primo soggiorno in Italia o, come nel caso in esame, residente (in altro Comune) da meno di 5 anni, consistente nella richiesta della documentazione attestante il possesso dei requisiti previsti dal D.lgs 6.2.2007 n. 30 per soggiorni superiori a tre mesi. Qualora lo straniero richiedente non risulti in grado di dimostrare il possesso di tutti o parte dei suddetti requisiti, come suggerisce la citata circolare 18/2009 occorre effettuare una valutazione complessiva della situazione in cui versa lo straniero, al fine di stabilire se un eventuale rifiuto dell’istanza d’iscrizione sia proporzionato rispetto all’obiettivo della direttiva 38/2004 di dare piena applicazione allo status di cittadino europeo ed al connesso diritto di libera circolazione e soggiorno nei Paesi membri. Tale attenzione si rende necessaria anche in considerazione del fatto che lo straniero sta “maturando”, col raggiungimento del quinquennio ,il diritto a richiedere l’attestazione di soggiorno permanente. Se il Comune, nel corso del procedimento di iscrizione, accerta la mancanza delle condizioni per il soggiorno superiore a tre mesi , è previsto che l’Ufficio Anagrafe adotti un provvedimento di rifiuto dell’iscrizione contro il quale è ammesso ricorso al Tribunale in composizione monocratica ai sensi dell’art. 8 del decreto legislativo n. 30/2007. L’art. 13 del D. lgs. n. 30 del 2007 subordina infatti il mantenimento del diritto al soggiorno dopo i primi tre mesi al mantenimento dei requisiti di lavoro, reddito e del legame familiare. Ne consegue che quando tali requisiti vengono meno il cittadino comunitario ed i suoi familiari potrebbero essere allontanati dal territorio italiano. Esistono, tuttavia, eccezioni a tale regola, stabilite dall’art. 7, 11 e 12 del medesimo decreto legislativo, per i lavoratori e i familiari dei cittadini comunitari: L’art. 7 del D. lgs. n. 30 del 2007 prevede che il cittadino dell'Unione, già lavoratore subordinato o autonomo sul territorio nazionale, conserva il diritto al soggiorno quando: e' temporaneamente inabile al lavoro a seguito di una malattia o di un infortunio; e' in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata dopo aver esercitato un'attività lavorativa per oltre un anno nel territorio nazionale ed e' iscritto presso il Centro per l'impiego, ovvero ha reso la dichiarazione che attesti l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa; e' in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno, ovvero si e' trovato in tale stato durante i primi dodici mesi di soggiorno nel territorio nazionale, e' iscritto presso il Centro per l'impiego ovvero ha reso la dichiarazione che attesti l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. In tale caso, l'interessato conserva la qualità di lavoratore subordinato per un periodo di un anno; segue un corso di formazione professionale Nel caso in cui il cittadino comunitario che si sia spostato con la sua famiglia in Italia decida di tornarsene nel suo Paese, ma i suoi familiari non ritengano di accompagnarlo. L’art. 11 stabilisce che tali familiari possono mantenere il loro diritto al soggiorno, se: hanno acquisito il diritto al soggiorno permanente, ovvero lavorano o hanno risorse sufficienti. Nel caso di decesso del cittadino comunitario che si sia spostato in Italia con la sua famiglia, sempre l’art. 11 stabilisce che i familiari possono mantenere il loro diritto al soggiorno, se: hanno risieduto in Italia almeno un anno prima del decesso del cittadino comunitario, ovvero hanno acquisito il diritto al soggiorno permanente, ovvero lavorano, ovvero hanno risorse sufficienti. Nel caso, infine, in cui il cittadino comunitario che si sia spostato in Italia con il proprio coniuge divorzi o ottenga l’annullamento del matrimonio, il coniuge non comunitario manterrà il diritto al soggiorno qualora: abbia acquisito il diritto al soggiorno permanente; ovvero lavori o abbia risorse sufficienti; il matrimonio e' durato almeno tre anni, di cui almeno un anno nel territorio nazionale, prima dell'inizio del procedimento di divorzio o annullamento; il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro ha ottenuto l'affidamento dei figli del cittadino dell'Unione in base ad accordo tra i coniugi o a decisione giudiziaria; il coniuge risulti parte offesa in procedimento penale, in corso o definito con sentenza di condanna, per reati contro la persona commessi nell'ambito familiare; il coniuge non avente la cittadinanza di uno Stato membro benefici di un diritto di visita al figlio minore, a condizione che l'organo giurisdizionale ha ritenuto che le visite devono obbligatoriamente essere effettuate nel territorio nazionale, e fino a quando sono considerate necessarie. Ad ogni modo, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, l’eventuale decisione di allontanamento del cittadino comunitario e/o del familiare di questi può essere presa soltanto a seguito di un giudizio di proporzionalità, in cui devono considerarsi l’inserimento del cittadino comunitario o del suo familiare in Italia, i legami residui con il Paese di origine o di provenienza, la temporaneità dello stato di difficoltà. Per contro l’eventuale agevolazione o sussidio economico da parte comunale va contestualizzato in un progetto personalizzato finalizzato al superamento del temporaneo stato di difficoltà, con l’obiettivo di consentire al cittadino comunitario ed ai suoi familiari un rapido ripristino dei requisiti abilitanti all’esercizio del diritto di soggiorno, che si presume siano stati comunque accertati, verificati e conservati nel corso del quadriennio decorso dalla prima iscrizione anagrafica.