CAPITOLO 8 La tettonica a placche Il volume del nostro pianeta è pari a 1,083 X 1023 m3, invece la massa è di 5,976 X 1024 kg. Il rapporto tra massa e il volume è la densità media che è uguale a 5,52 g/cm3. Questo risultato ci consente di arrivare ad una prima conclusione sull’interno della terra: le rocce che costituiscono la crosta hanno densità media di 3 g/cm mentre l’interno del pianeta deve essere formato da materiale a densità molto elevata per raggiungere il valore medio. Attraverso lo studio dei terremoti si è giunto a riconoscere che il nostro pianeta presenta una strutta a involucri concentrici di diversa natura e spessore: una sottile crosta che ricopre uno spesso mantello il quale a sua volta avvolge un grosso nucleo distinto in interno ed esterno. La crosta è la parte più esterna del pianeta, un involucro rigido e sottile. La sua composizione è molto eterogenea la sua densità varia a seconda delle rocce. La zona che separa la crosta terrestre dal mantello è detta Superficie di Moho. Il mantello rappresenta l’82% del volume della terra e si estende dalla Moho sino alla discontinuità sismica di Gutenberg. La pressione aumenta con la profondità e sale la densità dei materiali. Le rocce del mantello presentano notevole rigidità, ma i dati sismici hanno messo in evidenza che in una fascia tra 70 e i 150 km si trova la astenosfera in cui il materiale del mantello è parzialmente fuso. Per risalire alla natura delle rocce del mantello si è studiata la velocità di propagazione delle onde meccaniche. Da ciò si è capito che ci sono soprattutto rocce ultrabasiche, peridotiti, formate da olivina e pirosseni. Le lave di certi vulcani che si originano nella parte più alta del mantello sono di natura basaltica e contengono frammenti solidi di rocce chiamati xenoliti di natura peridotitica. Più in profondità il resto del mantello sembra ugualmente composto, cambiano solo i reticolati cristallini delle rocce che si adattano alla pressione. L’insieme della crosta e del mantello è detto litosfera. La discontinuità sismica di Gutenberg segna il passaggio al nucleo della Terra e comprende il 16 % del volume della Terra. Il materiale della parte più esterna del nucleo, fino alla superficie di Lehmann ha le caratteristiche di un fluido, mentre poi si passa ad un nucleo solido che rimane tale fino al centro della terra. Il nucleo è una lega metallica di ferro puro e un po’ di nichel con qualche elemento meno denso che può giustificare la densità indicata dai dati sismici. Il flusso termico terrestre, cioè la quantità di calore emessa nell’unità di tempo per ogni unità di superficie, è molto basso 0,06 W per m2. Il flusso termico è il più imponente tra i fenomeni terrestri poiché la quantità di energia che viene liberata per tale via in un anno è 50 volte maggiore dell’energia liberata da tutti i terremoti. La terra è un gigantesco motore termico, l’origine del calore che lo mantiene attivo deriva dagli isotopi radioattivi, l’energia cinetica emessa dagli isotopi radioattivi si trasforma in calore e tra i materiali che costituiscono l’interno del pianeta sono presenti i vari isotopi. Esistono sulla superficie terrestre zone con flusso termico molto più elevato. Tali situazioni sono dovute all’esistenza di correnti convettive del mantello, cioè spostamenti di materiale più caldo che risale verso l’alto dove si libera e fa aumentare il flusso termico locale. Ci sono giganteschi rimescolamenti di rocce nella crosta; questo fatto è dovuto ad una disomogeneità termica del mantello e della crosta dovuta ad una distribuzione non omogenea degli elementi radioattivi. La terra possiede un campo magnetico, la linea che congiunge polo nord magnetico e polo sud magnetico è scostata di 11° rispetto alla linea che congiunge polo nord e polo sud. Il campo geomagnetico non è perfettamente dipolare, ma presenta alcuni scostamenti. Come ipotesi sull’origine del campo geomagnetico è esclusa la teoria del magnete permanente presente all’interno della terra, perché i materiali magnetici perdono il loro magnetismo al di sopra di una temperatura detta punto di Curie che è di solo 500° (molto bassa rispetto a quella dell’interno della terra). Una nuova ipotesi prevede la presenza di materiale conduttore di elettricità in movimento entro la terra: questo potrebbe essere individuato nel nucleo esterno di ferro fuso il quale è un buon conduttore che si può immaginare agitato dai moti convettivi: questa teoria è detta dinamo ad auto eccitazione. La conoscenza del campo geomagnetico ha portato alla scoperta del paleomagnetismo che consente lo studio del campo magnetico terrestre del passato. Molte rocce conservano una magnetizzazione propria indotta dal campo esistente al momento della loro formazione. Questo fenomeno si verifica quando la lava si raffredda e al suo interno si formano cristalli di minerali alcuni dei quali come la magnetite sono particolari sensibili alla presenza del campo che esiste al momento della loro formazione. Tali minerali vengono magnetizzati e diventano minuscole calamite permanenti con il loro piccolo campo orientato come quello terrestre che lo ha prodotto. Se la lava non viene nuovamente fusa, la sua magnetizzazione rimane inalterata per milioni di anni e continua da indicare la direzione del polo magnetico al momento della sua solidificazione. Si è scoperto che il campo esiste da 3,5 miliardi di anni. La direzione della magnetizzazione conservata in rocce è in genere diversa da quella del campo geomagnetico attuale; anzi, tale direzione cambia a seconda dell’età della roccia analizzata, come se il polo nord magnetico avesse occupato posizioni differenti nel tempo. Questa ipotesi si scontra con un'altra costatazione: per una stessa età rocce di continenti diversi indicano una diversa posizione del polo magnetico. Non sono stati i poli magnetici a spostarsi, ma i © Federico Ferranti S.T.A. www.quintof.com continenti a muoversi, scivolando e ruotando lentamente sulla superficie terrestre, mentre i poli sono rimasti sempre all’incirca nella posizione attuale rispetto all’asse di rotazione della terra. Le rocce hanno cambiato posizione e orientamento nel tempo e con esse si è spostato quando era presenta il loro campo magnetico fossile. In molte rocce di età recente la direzione di magnetizzazione risulta esattamente opposta a quella del campo geomagnetico attuale, come se al momento della formazione delle rocce il polo nord fosse al posto del polo sud. Il fenomeno rivela ripetute inversioni di polarità. La conclusione è che il campo magnetico terrestre è passato alternativamente da normale a inverso. Si è potuta costruire una scala stratigrafica paleo magnetica che ricostruisce la successione dei periodo a polarità magnetica o inversa. Esistono 2 tipi di crosta, quella oceanica ricoperta dagli oceani e quella continentale che corrisponde ai continenti e allora loro prosecuzione sotto il livello del mare. I due tipi di crosta sono diversi tra loro per due vari aspetti: Spessore: la crosta continentale ha spessore medio di 35 km tranne in corrispondenza delle catene montuose dove arriva 65 km. La crosta oceanica è spessa 6 km. Quote medie della superficie terrestre: il livello medio della crosta continentale è di 4000 m maggiore di quello della crosta oceanica. Inoltre la crosta continentale risulta più affondata nel mantello rispetto a quella oceanica. Età delle rocce: nella crosta continentale compaiono rocce di ogni età mentre le rocce dei fondali oceanici non sono più antiche di 190 milioni di anni. Natura delle rocce: la crosta oceanica mostra una struttura a strati regolare: sotto uno strato di sedimenti poco litificati abbiamo i basalti e poi i gabbri. La crosta continentale presenta in superficie rocce sedimentarie magmatiche e metamorfiche e in profondità troviamo grano diorite, diorite e più sotto granuliti a granati. Sulla crosta continentale si verifica il processo di orogenesi ossia della formazione delle catene montuose; quando uan fascia di crosta ha subito un’orogenesi diventa stabile: abbiamo due tipi di aree di crosta continentale: Aree cratoniche o cratoni: sono le parti più antiche sono pianure fatte di rocce metamorfiche e ignee (scudi) ricoperte da rocce sedimentarie recenti (tavolati). Fasce orogeniche o orogeni: sono quelle in cui l’orogenesi si è formata in tempi meno antichi. La crosta terrestre galleggia sul mantello a causa della sua minore densità media. La tendenza della crosta a raggiungere una posizione di equilibrio attraverso il fenomeno del galleggiamento è chiamata isostasia e aggiustamenti isostatici sono i movimenti verticali con cui la crosta reagisce ad ogni modifica di tale equilibrio. Quando si solleva una catena montuosa quel settore di crosta è aumentato di peso ed è sprofondato nel mantello. Però questa catena rimane più alta rispetto alla quota media della crosta continentale perché sotto di essa si è formato un grosso spesso fatto di materiale leggero. A mano a mano che l’erosione demolisce la catena sotto di essa lo spessore si riduce di volume. Quando la catena montuosa si sarà totalmente spianata, lo spessore sarà sparito. © Federico Ferranti S.T.A. www.quintof.com