Diritto Tributario
Parte generale
1.1 Oggetto del diritto e rapporto con gli altri rami dell’ordinamento
L’ordinamento giuridico si suddivide in due grandi aree:
Privato: comprende oggi i rami del diritto commerciale, diritto del lavoro, contrattuale, industriale.
Pubblico: a sua volta costituito da due grandi branche, costituzionale ed amministrativo(insieme
delle norme concernente gli organi della pubblica amministrazione, le funzioni e le attività, nonché i
beni ed i mezzi finanziari di cui la medesima dispone per adempiere i propri compiti istituzionali).
Il diritto tributario, si colloca nell’ambito del diritto finanziario, a sua volta discendente del pubblico
amministrativo.
L’oggetto del diritto tributario, lo si può identificare nel complesso di norme che regolano
l’imposizione e la riscossione dei tributi e quindi recanti la disciplina del rapporto che si instaura tra
il soggetto attivo (impositore) e soggetto passivo (contribuente) della relativa prestazione
obbligatoria. A differenza del diritto finanziario, non abbraccia l’intero ambito dell’attività
finanziaria, ma solo la parte attinente alle entrate e nella fattispecie solo delle entrate di tipo
tributario.
Il diritto tributario è una parte del diritto pubblico fortemente influenzata da quello costituzionale;
oltre che utilizzare i precetti pubblici costituzionale ed amministrativi, esso si abbevera anche a
principi di diritto privato (possesso, proprietà, contratti, fallimenti, società ecc...). è una disciplina
piuttosto recente, anche se i tributi hanno origine antichissima (nilometro in Egitto, strumenti fiscali
in Persia ed Europa medievale). L’interpretazione in sede tributaria è influenzata dai rami del
diritto, quindi il risultato è derivante dal ramo di appartenenza (ad esempio il concetto di usufrutto
deriva dal c.c. e pertanto sarà necessario fare ad esso riferimento), a meno che il legislatore non
abbia emanato una norma speciale.
Dir. Commerciale, Contrattuale, Lavoro, Industriale...
PRIVATO
DIRITTO
AMMINISTRATIVO
PUBBLICO
COSTITUZIONALE
FINANZIARIO
TRIBUTARIO
1
1.2 Rapporti con la scienza delle finanze
La scienza delle finanze è una disciplina non giuridica che si occupa della corrispondenza
qualitativa e quantitativa tra entrate e spese, nonché delle conseguenze che esse hanno sul piano
economico. Il diritto tributario ha invece ad oggetto il rapporto giuridico obbligatorio.
1.3 Inquadramento costituzionale
L’aspetto costituzionale è particolarmente rilevante, in quanto gli art. 23-53 cost. trattano
direttamente della materia; tuttavia ci sono altri articoli che vale la pena considerare in quanto la
riguardano indirettamente e ci consentono di approfondire l’interpretazione.

Art. 2 cost. La solidarietà economica; è il principio al quale si ispirano le imposte. Quindi se
il tributo fosse l’adempimento di un onere importante ma senza risultati rilevanti per la
collettività, esso è da ritenersi incostituzionale.

Art. 3 cost. Pari dignità sociale ed eguaglianza davanti alla legge; qualunque tributo che
colpisce le differenze sociali e da ritenersi illegittimo.

Art. 11 cost. Si consente all’Italia di limitare l’autonomia in situazione di parità con altri
stati per favorire la pace tra stati. Questa norma consente di sovraordinare la legge europea.

Art. 41 cost. Libertà di iniziativa economica; lo strumento fiscale è tuttavia necessario per
indirizzare l’economia e ridurre lo strapotere di alcuni a favore di altri.

Art. 75 cost. Non è ammesso referendum abrogativo per le norme tributarie.

Art. 81 cost. Non sono previsti nuovi tributi o spese in sede di approvazione del bilancio
(parzialmente aggirata); è una remora alla indiscriminata proliferazione di spese, alla quale
viene a porsi per l’appunto come ostacolo la impossibilità di ricorrere per la loro copertura a
misure di inasprimento fiscale in sede di discussione del bilancio statale.
2
Art. 23 cost. “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base
alla legge”
A noi interessa solo l’aspetto delle prestazioni patrimoniali, anche se in alcuni casi di coattività sono
possibili prestazioni di tipo personale.
L’essenza è che a nessuno può essere chiesto di pagare (aspetto patrimoniale) se non vi è una legge
che lo impone; in tale contesto la riserva di legge fu concepita come strumento per riequilibrare
l’assetto dei poteri politici e finalizzato in specie alla garanzia dell’integrità patrimoniale dei singoli
nei confronti dell’arbitrio del sovrano, e nel nostro caso visto che la sovranità spetta al popolo, esso
la esercita mediante il parlamento formato dai suoi rappresentanti (sovra ordinazione del parlamento
rispetto al governo)
Prestazione: oggetto di una qualsivoglia obbligazione; sono escluse dal principio della riserva di
legge a) le sanzioni penali a contenuto pecuniario, nonché quelle amministrative afflittive, b)
prestazioni a contenuto negativo, limitazioni alla iniziativa economica privata, c) espropriazioni per
pubblica utilità.
Imposizione (coattività): sussiste tutte le volte che la fonte e la disciplina della prestazione risalgono
ad un atto autoritativo al quale la volontà del soggetto era estranea.
Applicabilità.
Tuttavia la norma dell’art.23 non è applicabile alle leggi comunitarie che sono emanazione di un
autonoma fonte di produzione; inoltre la riserva non può essere intesa come riferibile alla legge
fonte regionale, in quanto altrimenti si escluderebbe la potestà regionale in materia tributaria che
altre norme costituzionali attribuiscono. Al livello comunale e provinciale, visto che non esistono
fonti denominate leggi, la riserva cessa di operare e ad essa subentra per l’appunto il principio di
competenza.
Natura (relativa) della riserva di legge.
La riserva dell’art.23 non è assoluta bensì relativa: da tale caratteristica discende che la legge deve
provvedere alla disciplina diretta soltanto degli elementi essenziali della fattispecie che concorrono
ad identificare la prestazione, potendo rimettere invece a fonti diverse e subordinate (provvedimenti
ministeriali, governativi), promananti dall’esecutivo o da organi locali, gli elementi non essenziali
di quest’ultima. Gli elementi essenziali sono il soggetto passivo, il presupposto, e la base
imponibile, mentre sono suscettibili di integrazione la disciplina dell’aliquota e la procedura di
accertamento.
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A tale riserva di legge soggiacciono soltanto le norme impositive in senso stretto, mentre ne restano
escluse a) norme a vantaggio del contribuente (agevolazioni, esenzioni e simili) e b) norme in tema
di accertamento e riscossione.
Discrezionalità.
Nel rapporto giuridico si possono intravedere tre momenti
1. sostanziale: soggetti, elementi, quantità dell’imposizione.
2. procedurale: metodologie con le quali la pubblica amministrazione regola i rapporti. Sono i
controlli di accertamento da parte della pubblica amministrazione, ed i controlli di
autoaccertamento del soggetto passivo per permettere il controllo della p.a.
3. processuale: in caso di controversie tra soggetto passivo ed amministrazione tributaria, si
può accedere al processo tributario, utilizzando norme di diritto processuale e non
necessariamente tributario.
La conseguenza della riserva di legge sui tre momenti, è che in tutti e tre i casi, non si può fare
niente di più di quanto disciplinato dalla legge, e nessuno dei due soggetti può tuttavia rinunciare a
ciò che da essa è imposto.
Il fatto che la valutazione sia rimessa alla legge e non alla p.a. significa che non ci può essere
discrezionalità decisionale da parte della pubblica amministrazione; l’espropriazione è un tipico
esempio di potere discrezionale.
Si deve tuttavia sottolineare la presenza di tue tipologie discrezionali: 1) tecnica, non prevede la
comparazione tra le alternative, ma si sceglie lo strumento idoneo ad applicare la legge (infatti nel
diritto tributario si può fare solo scelte di carattere tecnico procedurale) 2) amministrativa, la quale
passa attraverso la valutazione di alternative per la scelta della migliore per realizzare i fini.
Nel caso dello spostamento della sede legale, abbiamo il primo ed unico caso di discrezionalità
amministrativa all’interno del diritto tributario: è riconosciuta la possibilità di spostare la sede
legale - domicilio fiscale, ma se la p.a. riconosce che tale operazione ha solamente natura “di
facciata”, allora può considerarla impropria e decidere di spostarla dove c’è la vera attività di
impresa. Alcune imprese di significative dimensioni ad esempio sono solite spostare la propria sede
legale nella città di Milano, poiché essendovi registrate numerose imprese di tali dimensioni, esse
hanno l’impressione di sentirsi più al riparo da eventuali controlli.
Natura dichiarativa.
Dal momento che la legge prevede tutto, la p.a. ha un rapporto di natura dichiarativa e non
costitutiva. Dichiara un rapporto, ma non lo costituisce; non è un negozio giuridico, bensì si
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dichiara un rapporto già presente in virtù di legge. Le norme costituzionali di valore precettivo si
possono evocare non solo in corte costituzionale, bensì anche in sede ordinaria (l’art. 23 è
precettivo) Quelle regolative invece devono essere discusse in sede di corte costituzionale.
Art. 53 cost. comma 1° “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della
loro capacità contributiva”
È conveniente operare una analisi dei tre concetti fondamentali che si riscontrano all’interno del
primo comma;
1. Tutti: il principio di uguaglianza e generalità espresso dall’art.3 cost. fa si che qualunque
norma di carattere tributario che porta alla differenziazione dei membri della comunità è da
considerarsi illegittima.
2. Spese: qualunque norma di carattere tributario deve essere finalizzata al sostentamento
delle spese (no investimenti).
3. Capacità contributiva: permea tutto il sistema tributario e può portare ad interpretazioni
contrastanti. Per la misurazione di tale capacità è fondamentale che si faccia riferimento ad
un concetto economico (quindi non è importante la conoscenza di caratteristiche fisiche,
politiche, religiose ecc... per determinarla).
Capacità contributiva
È inteso quale criterio di ripartizione delle pubbliche spese, ed esprimerebbe una diversa situazione
di taluni consociati rispetto agli altri, idonea a giustificare razionalmente una loro maggiore
partecipazione alle spese medesime. Tale situazione viene osservata attraverso le manifestazioni di
ricchezza del contribuente, presupposto indefettibile al quale deve risultare collegato il prelievo e
conseguentemente, il limite oltre che il parametro necessario del medesimo.
Negli anni 70’ il tributo IRPEF veniva meno a questa norma in quanto faceva differenza tra
caratteristiche di natura familiare e non specificamente economiche. L’INVIM colpiva l’immobile
al momento del trasferimento, tassando il plusvalore ottenuto dalla rivalutazione del bene
(illegittimo in quanto essa non è una capacità economica, ma una rivalutazione conseguenza
dell’inflazione). La capacità contributiva deve attenersi a quattro caratteristiche fondamentali:
1. Limite minimo: le risorse economiche che non rivelano attitudine alla contribuzione, per
ciò che le medesime non sono destinabili all’adempimento della prestazione impositiva
siccome indispensabili per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali del soggetto
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passivo, non possono essere assoggettate ad imposizione. Il c.d. minimo vitale (esempio
non sono tassabili redditi inferiori ai 12.000 euri)
2. Limite massimo: il tributo inoltre non deve giungere a spogliare del tutto o quasi il
contribuente della forza economica colpita, evitando così la demotivazione a produrre
ricchezza.
3. Attualità: induce ad escludere che l’imposizione tributaria possa legittimamente colpire
situazioni le quali sebbene economicamente valutabili, non siano tuttavia più in grado, a
causa della loro collocazione temporale remota rispetto al momento genetico della
prestazione tributaria di assicurare al soggetto passivo le risorse con le quali adempiere
l’obbligazione posta a suo carico (non retroattività delle norme impositive). Analoga
considerazione deve essere fatta contro la possibilità di una riscossione eccessivamente
anticipata.
4. Effettività: la capacità deve risultare da una cosa reale e rappresentare un vero
arricchimento economico.
Art. 53 cost. comma 2° “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”
Tale principio ribadisce ed accentua l’impronta solidaristica cui risulta ispirato il dovere di
concorrere alle spese pubbliche. Mentre il criterio proporzionale prevede il variare
dell’imposizione al variare della base imponibile, quello di progressività prevede che si aumentino
le aliquote all’aumentare della base imponibile. (il concetto è connesso al principio economico di
utilità marginale decrescente). Le aliquote sono da considerarsi a scaglioni, ovvero fino ad un certo
ammontare si applica un aliquota, la parte eccedente va nell’aliquota superiore. Non tutti i tributi
devono essere progressivi (vedi l’IVA che anche se ammette più aliquote per le diverse categorie
merceologiche ha natura proporzionale), l’importante è che lo sia il sistema complessivo.
Legge 27/07/2000 n° 212 Statuto dei diritti del contribuente
Contiene tre categorie di disposizioni: 1)Norme che pongono limitazioni al futuro legislatore
2)Obblighi che fanno capo all’amministrazione finanziaria 3)Diritti e garanzie che vengono
riconosciuti al contribuente.
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Mentre l’esame della seconda e terza categoria sono effettuata in sede di specifici argomenti, in
questa sede conviene soffermarsi sulla prima.
1. Art.1 comma 1. Qualifica le disposizioni di questa legge, da un lato come attuative degli
art. 3-23-53-97 della costituzione e dall’altro come principi generali dell’ordinamento
tributario. Visto che tali norme contenute in una legge ordinaria, pongono limitazioni e
vincoli per il futuro legislatore, è utile analizzare il valore che la dottrina gli riconosce; la
maggioranza appare schierata per una tesi svalutativa, visto che la legge ordinaria non può
essere annoverata tra quelle di attuazione costituzionale e quindi produttiva di norme
interposte, sia perché la dottrina è contraria all’utilizzo di leggi ordinarie rinforzate.
Tuttavia non è possibile escludere che le disposizioni di cui ci stiamo occupando siano
prive di qualsiasi rilevanza giuridica. Quindi la legge ordinaria posteriore che deroga alla
disciplina posta dallo statuto non è priva di effetti, ma si presta ad essere censurata dal
punto di vista della sua conformità ai precetti costituzionali richiamati dal primo comma del
citato art. 1. Tutto questo è oggetto del principio di fissità, in forza del quale le disposizioni
della legge 212 possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi
speciali (solo una esplicita disposizione, collocata nel contesto di una nuova legge generale
può rimodulare il tutto, attingendo ad una visione globale della concreta attuazione del
fenomeno impositivo).
2. Art.1 comma 2. Prevede che l’adozione di norme interpretative in materia tributaria può
essere disposta solo in casi eccezionali e con legge ordinaria qualificando come tali le
disposizioni di interpretazione autentica. Le disposizioni di interpretazione autentica, hanno
però effetto solo sul futuro e non possono essere applicate retroattivamente.
3. Art.2. Le leggi che contengono materia tributaria, devono riportarne indicazione nel titolo e
le leggi a carattere tributario, non possono essere riportate all’interno di norme a carattere
generale.
4. Art.3. Reca al suo interno ben quattro prescrizioni: a) Le disposizioni tributarie non hanno
effetto retroattivo, b) Le modifiche introdotte ai tributi periodici si applicano solo a partire
dal periodo di imposta successivo a quello della data di entrata in vigore delle disposizioni,
c) Le leggi tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti con
scadenza anteriore al 60 giorno dall’entrata in vigore d) Prescrizione e decadenza per gli
accertamenti non possono essere prorogati.
5. Art. 4. Con decreto legge non si possono istituire nuovi tributi, ne prevedere l’applicazione
di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti. Ciò sul presupposto che si tratta di fonti
normative poste in essere sotto il controllo successivo (potere i conversione dei decreti
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legge) o preventivo (attraverso l’attribuzione per i decreti legislativi della delega) da parte
del parlamento. Molti pareri negativi sono stati espressi sull’ammissibilità degli atti
legislativi, ed in particolare per i decreti legge; le suddette perplessità sono state motivate
con il fatto che i medesimi entrano in vigore e sono subito applicabili fino alla data della
loro (possibile) mancata riconversione, lasciando così scoperto dalla garanzia
dell’intervento della rappresentanza popolare qualunque settore (è qui chiaro il riferimento
alla riserva di legge istituita dall’art.23).
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2.1 Le fonti di produzione delle norme tributarie

L’esistenza della riserva relativa di legge, sancita dall’art.23 cost., fa si che le principali
fonti di produzione delle norme tributarie siano costituite da leggi ordinarie, nonché dagli
atti normativi promananti dal governo. Con riguardo a tali ultimi atti, vengono in
considerazione in primo luogo i decreti legge, i quali prevedono che il governo possa
adottarli sotto la sua responsabilità in casi straordinari e d’urgenza con l’obbligo di
presentarli alle camere per la conversione; ha come requisito principale la necessità e
l’urgenza, e qualora non venga convertito se ne perdono gli effetti prodotti. Il legislatore
tributario si è spinto ancora oltre, giacché ha posto con l’art. 4 dello statuto dei contribuenti,
limiti all’utilizzo di tale strumento per l’istituzione di nuovi tributi. Passando ai decreti
legislativi, il governo li può emanare su delega delle camere, purché detta delega contenga i
principi ed i criteri direttivi; la corte costituzionale deve poi decidere se è stata rispettata la
delega, pena l’incostituzionalità.

L’altra categoria di fonti di produzione delle norme tributarie è costituita dai regolamenti,
nei limiti consentiti dalla riserva di legge di cui all’art.23 cost. Proprio per questo in materia
tributaria possono sopravvivere solo se vi è una norma primaria (legge) che li prevede.
Come nel decreto legislativo, esso deve rispettare i principi previsti nella legge di
riferimento). Essi vengono utilizzati per disciplinare a) esecuzione di leggi e decreti
legislativi (regolamenti esecutivi) b) l’attuazione e l’integrazione delle leggi e dei decreti
legislativi recanti norme di principio (regolamenti attuativi o integrativi) c) le materie a cui
manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge (regolamenti autonomi
ed indipendenti). Vengono inoltre riconosciuti i c.d. regolamenti delegati sia pure
limitatamente alle materie non coperte dalla riserva assoluta di legge, subordinandoli
all’emanazione di una specifica legge di autorizzazione che determini le norme generali
regolatrici della materia. Si possono citare come esempi di regolamenti esecutivi i decreti
con i quali vengono approvati i modelli delle dichiarazioni d’imposta (oggi modelli
informatici), oppure come regolamenti integrativi o attuativi quelli con i quali si provvede a
completare la prestazione impositiva (fissazione dell’aliquota fra il minimo ed il massimo,
adeguamento degli scaglioni delle aliquote).

A partire dal 2001, con l’introduzione della legge costituzionale n°3/2001 volta alla
modifica del titolo V della costituzione, sono state introdotte le norme che istituiscono il
federalismo fiscale, creando così fonti di produzione regionali, provinciali e comunali.
Si riconosce in capo a tali enti la possibilità di istituire tributi propri, salvo i limiti
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consistenti il rispetto della costituzione le disposizioni statali e regionali in materia di
coordinamento della finanza pubblica.

Le fonti comunitarie sono importanti perché nell’orientamento giurisprudenziale della
corte costituzionale (che ne valuta la legittimità) è ormai pacifico che esse abbiano una
valenza superiore rispetto a quella interna (la nuova articolazione sarà quindi così
organizzata: tribunale, corte d’appello, cassazione, corte di giustizia della comunità
europea). Si suddividono in primarie (trattati) e derivate (regolamenti e direttive). Le fonti
primarie sono rappresentate dai trattati che hanno permesso la costituzione della comunità,
l’abbattimento delle frontiere, l’entrata di nuovi paesi ecc... Quanto al diritto derivato, sia i
regolamenti, che le direttive sono operanti direttamente nel nostro ordinamento, senza il
bisogno di una legge statale di recepimento. Infatti mentre i regolamenti hanno azione
diretta e non necessitano di approvazione della corte costituzionale, le direttive solitamente
rappresentano una indicazione di risultato da raggiungere entro un termine perentorio la cui
attuazione è prevista attraverso l’emanazione di apposite misure legislative interne; tuttavia
qualora esse siano scadute (ovvero sia trascorso il termine per il loro recepimento) e siano
caratterizzate da sufficiente determinatezza (ovvero che siano sufficientemente articolate da
adattarsi) possono trovare applicazione diretta anche se non c’è stata una norma di
recepimento.

Infine, le circolari sono da ritenersi una fonte apparente, in quanto rappresentano
interpretazioni svolte da un organo amministrativo destinati a produrre effetti soltanto nei
confronti di organi sotto ordinati, ma che non hanno nessun rilievo di natura giuridica e
quindi non vincolanti nei confronti di consociati e giudici. Esse sono degli strumenti di
propagazione e diffusione di disposizioni promanati da un organo della pubblica
amministrazione ed indirizzati ad altri organi periferici nell’ambito di un rapporto di
supremazia gerarchica. Nel diritto tributario, è innegabile l’ampia diffusione di circolari
interpretative, la cui rilevanza è andata sempre più accrescendosi a causa della caotica
proliferazione di norme spesso mal coordinate e di non facile intendimento; la preventiva
emanazione di questi atti finisce per condizionare in modo inevitabile professionisti e
manager, che qualora ignorassero i loro contenuti potrebbero avere delle difficoltà in sede
di accertamento, con danni nei confronti di aziende e privati cittadini i quali non
esiterebbero ad effettuare azione di responsabilità nei loro confronti.
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2.2 Appendice:le norme tributarie dell’ordinamento comunitario
Alcune disposizioni dell’ordinamento comunitario, concernono specificamente la materia fiscale e
sono contenute nel trattato istitutivo della comunità europea, mentre altre sono state emanate dagli
organi della comunità a cui è riconosciuta la potestà di disciplinare tramite atti di diversa natura; in
questa sede tratteremo solo i principi del trattato.
Tutta la disciplina trae origine dall’art.14 del suddetto trattato nel quale si afferma che “la
comunità europea adotta delle misure destinate alla restaurazione di un mercato interno”
intendendosi per mercato interno “uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la
libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”. La costituzione di tale
mercato unico, richiede la realizzazione di un sufficiente grado di omogeneità delle discipline
fiscali che attengono a queste vicende economiche.
Alla realizzazione di questa uniformità di disciplina sono rivolti innanzitutto gli art.25-26 del
trattato, il primo dei quali vieta l’istituzione dei dazi doganali, mentre il secondo dispone che per le
merci provenienti dall’estero, si deve adottare una tariffa doganale comune.
Sempre con riguardo ai divieti gli art. 90-91-92 affermano l’illegittimità di ogni discriminazione
tra prodotti nazionali e prodotti degli stati membri attraverso l’applicazione di diverse imposizioni
interne.
Inoltre il trattato prevede all’art 87 l’incompatibilità degli aiuti di stato con il mercato comune,
nella misura in cui essi minaccino di falsare la concorrenza.
Tramite un interpretazione dinamica dei principi di libera circolazione dei lavoratori (art.39) e
libertà di stabilimento (art.43), si è giunti a ritenere in contrasto con i principi comunitari quelle
legislazioni nazionali che non riconoscono al lavoratore comunitario non residente un trattamento
impositivo analogo a quello applicabile ai lavoratori residenti, ed è stata censurata, siccome
contraria alla tutela della libertà di stabilimento, qualsiasi discriminazione fiscale operata
dall’ordinamento dello stato membro riservando ai fini delle imposte sui redditi, un trattamento
deteriore alle succursali o filiali delle società di altri stati membri rispetto a quello vigente per le
società residenti.
Gli ordinamenti nazionali devono essere organici ed armonici tra loro. Attualmente il meccanismo
di armonizzazione è fermo alla sola imposizione indiretta (IVA), anche se nulla impedisce in futuro
di operare anche in materia di imposizione diretta. Infatti, l’art. 93 circoscrive il meccanismo
delineato alla sola impostazione indiretta, principalmente con l’imposta sulla cifra d’affari (IVA),
ma ciò non impedisce di convergere anche su imposte di tipo diretto giacché il successivo art.94
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consente di adottare direttive volte al riavvicinamento delle disposizioni degli stati membri che
abbiano un incidenza diretta.
In conclusione è bene ricordare che per quanto riguarda le deliberazioni in tema di imposte da
adottare su proposta della commissione e previa consultazione del parlamento europeo, è richiesta
l’unanimità, sicché è sufficiente il disaccordo di uno solo degli stati membri per paralizzare
qualsiasi decisione in proposito.
2.3 L’interpretazione delle norme tributarie
Visto che le fonti del diritto tributario sono le medesime di quello privato, anche le vie
interpretative sono simili. Vista la difficoltà tipica delle materie giuridiche nel trovare soluzioni
concordi, l’interpretazione delle norme tributarie deve passare attraverso un processo che tenga
conto delle molteplici vie che portano a definizioni univoche.
In passato l’interpretazione doveva essere o pro fisco o contro fisco nel caso di pluralità
interpretative; tuttavia secondo l’art.23 della costituzione, deve essere la legge lo spartiacque
interpretativo, e proprio per questo essendo la legge uguale per tutti non è accettabile che si
favorisca una parte o un altra. Le teorie interpretative sono:
Criteri legali:

Letterale e logico funzionale: sono i criteri legali stabiliti dall’art.12 delle disposizioni
preliminari del codice civile. Secondo il criterio letterale, il senso da attribuire alle norme
giuridiche è quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione
di esse, mentre secondo quello logico funzionale il senso da attribuire è quello
dell’intenzione del legislatore.
Criteri ausiliari:

Sistematico: è un criterio ausiliare che analizza l’insieme delle norme che disciplinano la
materia, e mira all’armonizzazione della singola disposizione nel complessivo tessuto
legislativo in cui questa si cala. Nel tributario, non è raro imbattersi in situazioni in cui si
deve cercare di coniugare l’esistenza di più tributi. Anche se non si è costretti a ricorrere
all’interpretazione sistematica, non bisogna mai fermarsi all’interpretazione di un singolo
articolo ma è buona regola analizzare approfonditamente la disciplina nel suo complesso
per evitare di incorrere in errori (anche perché l’errore in ambito tributario costa caro).
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
Evolutivo: è il secondo dei criteri ausiliari, ed è volto ad adeguare la portata della norma ai
mutamenti intervenuti tanto nella realtà sociale ed economica quanto nell’ordinamento
giuridico (non trattato a lezione).

Conservazione: occorre dare preferenza al significato che assicura alla norma la possibilità
di sopravvivere e di continuare a produrre gli effetti suoi propri (non trattato a lezione).
Criteri viventi:

Dottrinale: l’interpretazione viene effettuata seguendo o un articolo o una pubblicazione.
Ovviamente lo spessore dell’autore è molto rilevante sulla considerazione che se ne può
avere al riguardo di tale interpretazione.

Giurisprudenziale: la dottrina è spesso convincente, tuttavia non offre certezze. Per questo,
il precedente giurisprudenziale è un metodo rilevante per capire l’interpretazione, tuttavia
bisogna sottolineare il fatto che ogni giudice è autonomo e non ha l’obbligo di seguire i
precedenti. In questi casi è bene tener presente la gerarchia del giudizio, poiché una sentenza
della corte provinciale sarà meno rilevante di una sentenza regionale, la quale a sua volta
vedrà ridurre la propria portata di fronte a sentenze della corte costituzionale. Ma anche in
casi di particolare rilevanza si dovrà limitare la portata interpretativa, poiché nel momento in
cui avviene un cambio del giudice della corte di giustizia, o della corte di cassazione le
sentenze precedenti non saranno più indicative di una linea ideologica.
Le difficoltà interpretative sono particolarmente rilevanti quando si contrastano giurisprudenza,
dottrina, ed indicazioni contenute nelle circolari.
Altri:

Interpretazione autentica: è quella data dal legislatore ed è l’unica che offre certezze.
Anche se particolarmente chiara, porta con se problemi di incostituzionalità; infatti
secondo l’art.1 comma secondo dello statuto dei diritti del contribuente essa non può
essere fatta sul passato ma solo con valenza futura.

Interpretazione per analogia: viene impiegata quando un giudice applica ad una
fattispecie non disciplinata dalla legge, un’altra disciplina appartenente a casi simili. Il
giudice deve sempre giudicare e per questo quando non c’è materiale (norma) allora si
procede all’integrazione. In materia tributaria, non può essere applicata per quanto
riguarda gli elementi sostanziali (soggetto passivo, base imponibile, presupposto, ed
aliquota), ma non si pone dubbio della sua applicabilità agli ambiti processuali e
dell’accertamento.
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2.4 Efficacia nel tempo e nello spazio.
La legge tributaria nel tempo si comporta come quella civile, ovvero può decadere solo in due
occasioni:
1. Nuova legge che la sostituisce: interviene il legislatore in maniera espressa (quando la
precedente viene abrogata in favore della nuova) o in maniera tacita (quando non si esprime
l’abrogazione ma si crea una incompatibilità del nuovo regime con il vecchio). Questa
vicenda è scandita dal principio fissato dall’art.11 delle preleggi, secondo il quale la legge
non dispone che per il futuro e non ha quindi effetto retroattivo. Come già rilevato, la
dottrina con l’avallo della giurisprudenza della corte costituzionale, aveva tuttavia
individuato al riguardo un limite concernente specificatamente le norme impositive,
ritenendo che la retrodatazione degli effetti o la rilevanza retroattiva del fatto non potesse,
pena la violazione dell’art.53 cost. spingersi fino al punto di spezzare il nesso che deve
intercorrere fra imposizione e capacità contributiva. Riguardo alla modalità di abrogazione
espressa, lo statuto del contribuente (che rappresenta una legge ordinaria) prevede solo tale
maniera; ma il fatto che lo statuto sia legge ordinaria significa che essa nulla può impedire, e
quindi si possono sempre riscontrare casi di abrogazioni tacite (particolarmente insidiose in
sede di interpretazione).
2. Illegittimità costituzionale: la cessazione dell’efficacia di una norma, oltre che dalla sua
abrogazione, può dipendere anche dalla declaratoria della sua illegittimità ad opera di una
sentenza della Corte Costituzionale.
Nel diritto tributario, il problema dell’efficacia della legge nello spazio, è tradizionalmente risolto
facendo riferimento al principio di territorialità: le norme tributarie sono valide su tutto il territorio
nazionale tranne il comune di Livigno, alcune zone del lago di Lugano, ed è applicata ad alcune
parti della Svizzera italiana. In alcuni casi la norma fa riferimento ad episodi accaduti al di fuori del
territorio italiano: è questo il caso della successione di beni immobili presenti all’estero, i quali in
caso di successione dovranno essere sottoposti alla disciplina della nazione dove ha cittadinanza il
soggetto titolare dei diritti. L’aspetto della territorialità porta a delle conseguenze diverse in base al
tipo di presupposto:
1. Prestazioni di servizio: la territorialità si individua in base alla nazionalità di colui che
presta il servizio.
2. Cessioni di beni: si deve guardare a dove si trova il bene (vale sia per l’imposta sul valore
aggiunto che per i tributi diretti).
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In alcuni casi, come le triangolazioni tra più paesi, è particolarmente difficile stabilire la
territorialità.
2.5 Natura dichiarativa della disciplina.
L’accertamento, è un complesso di attività mediante le quali ottenere gli elementi di base del
rapporto giuridico tributario; tale insieme è costituito dal controllo dell’agenzia delle entrate, della
guardia di finanza, i verbali di autoaccertamento come la fattura o la dichiarazione dei redditi ecc...
La dottrina è solita distinguere le imposte in due categorie,
1. Tributi con accertamento: si caratterizzano per il fatto che l’adempimento della prestazione
obbligatoria a seguito del verificarsi in concreto dell’astratta fattispecie prevista dalla norma
impositiva, si riconnette alla necessaria esplicazione di una fase definita di accertamento
dove confluiscono atti posti in essere vuoi dal contribuente, vuoi dall’amministrazione
finanziaria.
2. Tributi senza accertamento:. Nella seconda categoria invece la fase suddetta non sussiste,
giacché il concretarsi della fattispecie imponibile determina esclusivamente la necessità di
eseguire la prestazione impositiva da parte del soggetto passivo, salvo il successivo
controllo del suo esatto adempimento ad opera dei competenti uffici finanziari; la disciplina
recente è tuttavia concorde nel ritenere che tutti i tributi hanno necessità insopprimibile di
accertamento.
La natura dell’accertamento può essere considerata dichiarativa o costitutiva se si pensa che
l’accertamento permetta di prendere atto di ciò che è costituito dalla legge (natura dichiarativa) o
che l’accertamento faccia nascere il rapporto giuridico tributario (natura costitutiva), ovvero se si
ritiene che il rapporto nasca nel momento in cui si verificano i fatti astrattamente previsti dalla legge
o nel momento in cui avviene la dichiarazione.

Le tesi a favore della teoria dichiarativa sostengono che l’art.23 cost. sia la prova del
fatto che la legge costituisca il rapporto e che quindi l’accertamento abbia
meramente finalità dichiarativa. Inoltre si aggiunge a corroborare questa tesi il fatto
che nel rapporto giuridico tributario ci sono solo diritti soggettivi (e come sappiamo i
diritti soggettivi sono conseguenza esclusiva della legge).

I costitutivisti sostengono che se avessero ragione i dichiarativisti, allora una volta
sorto un rapporto obbligatorio, il relativo adempimento deve poter avvenire in
15
qualsiasi momento; la tesi è confutata in quanto ciò non può accadere nel nostro
caso, dal momento che l’obbligazione tributaria può essere adempiuta solo ed
esclusivamente dopo la realizzazione di alcuni atti dell’amministrazione finanziaria.
Inoltre, secondo loro se l’obbligazione avesse la sua fonte diretta ed esclusiva nella
norma impositiva, venendo a giuridica esistenza al semplice verificarsi della
fattispecie imponibile individuata dalla stessa, da tale momento il contribuente
dovrebbe essere tutelato giurisdizionalmente in caso di accertamento; anche in
questo caso si può confutare la tesi poiché la tutela si rende praticabile solo dopo
l’attivazione del competente organo di tale amministrazione mediante l’emanazione
di
atti
impositivi
(si può
ricorrere
al
giudice
solo
dopo
l’intervento
dell’amministrazione finanziaria).
A conclusione, si deve riscontrare che la cessione di un bene sul territorio, da luogo alla
costituzione dell’IVA nel momento in cui si verifica il presupposto astrattamente previsto; tuttavia
ci sono degli aspetti dichiarativisti in quanto fino a che non viene emessa la fattura è difficilmente
riscontrabile.
16
3.1 Le entrate tributarie
Le entrate tributarie, sono una delle varie tipologie di entrate dello stato per fare fronte alle spese.
Secondo l’art. 23-53 cost. le entrate tributarie, non possono essere utilizzate per scopi diversi a
quello di copertura delle spese (no investimenti). In particolare si suole distinguere tra entrate
derivanti da:
1. Utilizzazione (sfruttamento e vendita) dei beni patrimoniali.
2. Svolgimento di attività economiche.
3. Partecipazione al capitale di determinati organismi.
4. Acquisizione di somme derivanti da titoli sanzionatori.
5. Riscossione dei tributi.
I titoli di stato non possono essere ritenuti entrate visto la loro natura transitoria di prestito.
3.2 Classificazioni.
La dottrina ha proposto una pluralità di classificazioni delle entrate:

Entrate di diritto privato e pubblico: le prime (contrattuali) sono derivanti dalla locazione,
vendita, trasformazione dei beni patrimoniali. Le seconde sono scaturenti dalla percezione
dei tributi e sanzioni pecuniarie e derivano dalla necessità di coprire le spese.

Entrate a titolo originario e derivato: le prime si connettono allo sfruttamento del
patrimonio fondiario. Le seconde comprendono tutte le altre.

Entrate commutative e contributive: in funzione dell’esistenza o meno di un rapporto di
scambio di utilità economiche tra stato e soggetto gravato dalla prestazione.
La terza ipotesi sembra avere particolare rilevanza; infatti nei rapporti tra privati cittadini opera il
principio di corrispettività, alla stregua del quale nessuno può in mancanza del proprio consenso,
subire un decremento patrimoniale, e quindi essere tenuto ad una prestazione senza che vi si
accompagni una controprestazione in grado di ristabilire l’equilibrio economico. Nel caso di stato e
singoli cittadini, tale principio non può operare.
Tipologia di entrate
1. Imposte: (prestazione contributiva) per determinare tale fattispecie, è necessario operare
una preliminare classificazione. I servizi possono essere 1) divisibili (utilizzabili
individualmente dai consociati come l’istruzione, i trasporti ecc...) 2) indivisibili
(usufruibili collettivamente come la difesa, la viabilità ecc...). All’onere derivante
17
dall’erogazione dei servizi divisibili si può far fronte facendo pagare a ciascuno dei singoli
utenti una parte del relativo costo e quindi una tassa. Tuttavia, tale mezzo non è applicabile
per i servizi indivisibili, per il cui finanziamento si utilizzano le imposte. La complessità
della società odierna ha reso superato l’assunto in virtù del quale l’imposta serve solo a
fronteggiare i servizi indivisibili, dal momento che parte viene destinata alla copertura di
servizi divisibili particolarmente onerosi (sanità). Oggi ciò che accomuna imposte e tasse, è
la capacità contributiva (art.53 cost.) in virtù della quale si può imporre un obbligazione nei
confronti dello stato.
2. Tassa: (prestazione corrispettiva) si distingue dall’imposta per il fatto che mentre questa si
collega a fatti che sono indici di capacità contributiva, la tassa viene percepita dallo stato in
occasione dell’espletamento di una attività concernente in modo specifico il soggetto
obbligato al suo pagamento.
3. Monopoli: si parla di monopoli ogni qual volta che un soggetto è l’unico a svolgere una
certa attività economica, oppure quando per effetto di una norma di legge, si vieta ai privati
di svolgere una certa attività economica. All’interno di questa ultima ipotesi si suole
distinguere fra monopoli di diritto (introdotti per fini di utilità generale concernenti beni e
soprattutto servizi che il legislatore reputa di particolare interesse pubblico come ad
esempio le ferrovie) e monopoli fiscali (rispondono ad una esigenza di procurare un entrata
tributaria fissando un prezzo nettamente superiore a quello normale di mercato come ad
esempio le sigarette). L’art. 43 cost. in sede di disciplina dei limiti apponibili all’iniziativa
economica privata, (la cui libertà è garantita dall’art. 41 cost.), ammette l’istituzione di
riserve monopolistiche a favore dello stato soltanto per fini di utilità generale e comunque
in ipotesi tassative.
4. Contributi: sono retaggio del passato, e costituiscono un modo per finanziare un intervento
specifico (urbanizzazione, bonifiche) ed è previsto per chi si avvantaggia dell’intervento in
questione.
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4.1 Elementi costitutivi del rapporto giuridico tributario
Il rapporto giuridico tributario è la struttura che assume il tributo nel momento in cui si applica: è
formato dagli elementi soggetto attivo e passivo, presupposto oggettivo, base imponibile, aliquota.
Il rapporto giuridico, è un complesso formato da tante parti (accertamento, contenzioso, soggetti,
base imponibile, ecc...) ma ha natura di unicità. Il rapporto giuridico è caratterizzato da un coacervo
di diritti che fanno capo ai soggetti del rapporto, e i doveri come i diritti spettano ad entrambe le
parti (attive o passive). Nel controllo il soggetto passivo ha dei diritti così come quello attivo ha
degli obblighi. Nel rapporto giuridico tributario quello che sicuramente rappresenta l’obbligo più
importante è l’adempimento dell’obbligazione.
L’adempimento dell’obbligazione può avvenire in moneta oppure come vuole la prassi recente, si
può effettuare la compensazione (la quale ha risolto molti problemi come la gestione degli acconti
IVA) nonché la possibilità di effettuare la cessione del credito tributario ad altri soggetti (anche
questo ha risolto molti problemi di liquidazione fallimentare).
Si suole distinguere fra le fattispecie di esenzione e esclusione: quando ricorrono motivi che
riportano a queste fattispecie non si ha luogo al pagamento del tributo.

Esclusione: esprimono la scelta concretamente e complessivamente operata dal legislatore in
via di esatta individuazione dei fatti ritenuti manifestazione della specifica capacità
contributiva che il medesimo vuole colpire con un determinato tributo, ovvero quando il
legislatore definisce il presupposto oggettivo per cui certe fattispecie non sono più soggette
all’imposta. In questo caso non scatta il r.g.t.

Esenzione: a differenza della precedente, si ha quando una fattispecie rientrerebbe nel
presupposto, ma viene esentata per motivi economici, politici, sociali. Il r.g.t. scatta ma
l’imposta è pari a zero. Dal momento che tutte le esenzioni violano l’art. 53 sul tema
dell’uguaglianza e della generalità, viene allora da chiedersi perché tale fattispecie non
venga costituzionalmente censurata. La motivazione deriva dal fatto che manca la possibilità
giuridica di adire, in quanto non ci sono interessi di parte; ad esempio nel caso
dell’esenzione fiscale del comune di Livigno, il comune stesso non ha interesse a vedersi
innalzate le imposte, ed allo stesso tempo altri comuni non possono agire perché non vedono
lesi i loro diritti.
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4.2 Presupposto oggettivo
Rappresenta il nucleo principale della fattispecie impositiva, ovvero ciò che è l’oggetto del
rapporto: “Il presupposto è l’atto, fatto, negozio giuridico al manifestarsi del quale la legge
d’imposta fa nascere il rapporto”. Ad esempio il presupposto dell’IRPEF è rappresentato dal
possesso di un reddito, quello dell’IVA la cessione di beni/prestazioni di servizio, l’imposta di
registro nasce con la compravendita, stipula di un contratto ecc.... Un esempio contrario può essere
rappresentato dal rimborso del danno psicologico, il quale non è accettato come reddito in quanto fa
seguito ad un ripristino di danno subito. Si riscontra sovente che il verificarsi del presupposto
determina l’insorgenza di una serie di obblighi formali e strumentali, pur in mancanza della base
imponibile e quindi di una compiuta realizzazione della fattispecie impositiva, al fine di consentire
ai competenti uffici finanziari di procedere all’espletamento dell’attività di controllo.
Da un punto di vista tecnico, il presupposto e la sua determinazione sono competenza della scienza
delle finanze, in quanto tale oggetto necessita di analisi economiche prima che giuridiche.
4.3 Base imponibile
Costituisce il parametro di commisurazione del tributo così come individuato e delimitato dalla
situazione che configura e realizza il presupposto del tributo medesimo. I criteri di quantificazione
sono:

Prezzo pattuito: quando il legislatore ha stabilito come criterio il prezzo pattuito, il soggetto
passivo è favorito in quanto quello documentato è prezzo effettivo, e lo stato difficilmente
riesce a provare che sia stato alterato il prezzo.

Valore reale: viceversa secondo il valore reale il soggetto passivo non è mai tranquillo,
mentre lo stato può in qualsiasi momento rettificare il valore espresso a quello di mercato
senza il bisogno di prove dell’aggiramento della norma (assegni, atti, ecc...)
4.4 Soggetti
Tutti gli elementi della fattispecie impositiva (presupposto, base imponibile, soggetto attivo e
passivo, aliquota) necessitano di un’attività individuale di identificazione da parte del soggetto
passivo denominata autoaccertamento, nonché da una attività di controllo da parte del soggetto
passivo (ovvero dell’amministrazione finanziaria) definita accertamento. Qualora l’attività
20
accertativa dia esiti negativi, si procede alla irrogazione di sanzioni; il soggetto passivo può allora
avere tutela giuridica in sede di contenzioso, oppure può utilizzare strumenti deflativi volti alla
conciliazione. Ma vediamo in maggiore dettaglio i soggetti che intervengono in questo processo.
4.4.1 Soggetto attivo
Il soggetto attivo d’imposta ovvero il creditore della prestazione è “Titolare del potere di controllo e
riscossione, anche se poi non necessariamente trattiene la disponibilità del tributo”. A chi va poi il
tributo a noi non interessa in quanto è un processo successivo di distribuzione.
Dovendosi ravvisare il fondamento della potestà di istituire i tributi nella sovranità originaria o
derivata, diventa inevitabile che il soggetto attivo di imposta si identifichi di regola nello stato o
nell’ente pubblico esponenziale dell’ordinamento collegato con quello statuale. Tuttavia, come già
ricordato, l’ente impositore creditore d’imposta, non sempre è l’integrale ed esclusivo beneficiario
del gettito finanziario: in altri termini, il beneficiario del tributo (stato, regioni, enti locali, comunità
europea) rimane estraneo al rapporto d’imposta, divenendo semplicemente titolare di una pretesa
creditoria nei confronti dell’ente impositore (amministrazione finanziaria). I tratti peculiari del
credito d’imposta, in particolare il suo diretto collegamento con la sovranità e la sua conseguente
natura pubblicistica, ne comportano il carattere strettamente personale; ne discende, salva diversa
disposizione della legge tributaria, che il credito stesso (stato/amministrazione finanziaria) non è
suscettibile di cessione, e che neppure possono essere trasferiti a terzi, in mancanza di analoga
esplicita previsione legislativa, i poteri di cui è titolare l’ente impositore (creditore del tributo) in
tema di accertamento e riscossione. Le deroghe alla incedibilità sono sempre state molto rare,
mentre più frequenti sono viceversa i casi in cui, ferma la titolarità del credito in capo all’ente
impositore, l’attuazione del rapporto obbligatorio, viene affidata in parte a soggetti diversi. Il più
delle volte, il coinvolgimento del terzo nella fase predetta concerne il solo momento della
riscossione, attraverso il sistema di concessionari imperniato sull’iscrizione a ruolo.
Appendice sub 4.4.1 : l’organizzazione dell’amministrazione finanziaria

Assetto tradizionale: era incardinato intorno al ruolo centrale del Ministero dell’Economia
e delle Finanze, composto da un ministro, due vice ministri, più vari sottosegretari con
delega (bilancio, finanze ecc...); tale organo svolge sia una funzione economica (ovvero
come dirigere l’economia) sia una funzione finanziaria (come provocare le entrate). In
particolare l’organizzazione amministrativa finanziaria, constava di una 1) struttura centrale
ripartita in dieci Direzioni Generali con competenze distinte per materia (imposte dirette,
21
indirette, IVA, registro ecc...) e di una struttura periferica a sua volta articolata su base
regionale e provinciale. Al livello 2) regionale si trovavano a) Ispettori Compartimentali,
con funzione di direzione e coordinamento degli uffici periferici e b) Intendenze di Finanza
cui era riconosciuta funzione di indirizzo e vigilanza (tali organi hanno rappresentato per
molto tempo un anomalia, in quanto essi avevano il potere di irrogare sanzioni anche a
carattere penale, cosa che non è mai prevista per gli organi amministrativi). Infine al livello
3) provinciale si trovavano gli Uffici Periferici distinti per le varie materie tributarie trattate
(imposte dirette, IVA, imposta di registro, ecc..)

Assetto post riforma 1991: la riforma ha portato ad una riorganizzazione degli uffici
centrali e periferici, diretta a perseguire l’unificazione dei vari organi in ragione delle
funzioni e non delle materie. La struttura risulta quindi così sintetizzabile: 1) la struttura
centrale risultava articolata in tre soli dipartimenti (entrate, dogane e territorio), 2) a livello
regionale le funzioni dei precedenti organi erano devolute alle direzioni regionali delle
entrate, alle direzioni compartimentali del territorio ed alle direzioni compartimentali delle
dogane; infine 3) a livello provinciale venivano istituiti gli uffici unici delle entrate nelle
quali confluivano le attribuzioni in materia di accertamento e le funzioni operative
precedentemente svolte dai vari uffici periferici.

Assetto odierno: quanto ai dati normativi attualmente vigenti, sono previsti il trasferimento
delle funzioni originariamente di competenza dei dipartimenti a favore di agenzie costituite
nella forma di ente pubblico non economico. Le agenzie istituite sono quattro di cui una
(Agenzia delle entrate) è dedicata alla cura specifica delle attività amministrative di carattere
tipicamente tributario e si articola a sua volta in una direzione generale delle agenzie,
direzione regionale delle entrate, ed uffici periferici.
All’Agenzia delle entrate, è assegnata la competenza esclusiva di 1) attuare le principali imposte
erariali, 2) informazione preventiva ai contribuenti, 3) coordinazione della azione degli uffici, 4)
riscossione delle entrate tributarie, 5) gestione dei rimborsi, 6) individuazione del contribuente, 7)
contraddittorio con il contribuente ed emanazione dell’avviso di accertamento, 8) accertamento, 9)
conciliazione, 10) irrogazione di sanzioni. Tra direzione generale delle agenzie e ministero non c’è
un rapporto diretto, ma solo contrattuale, anche se dal momento che il suo direttore viene da esso
nominato, appare evidente che da esso dipende. L’agenzia ha una serie di compiti delicati di
indirizzo, accertamento, emanazioni di circolari interpretative (le quali come già ricordato non sono
fonti di produzione ma disattenderle comporta sicuramente la contestazione); giova ricordare che
oltre alle circolari, hanno valore anche i comunicati stampa, le dichiarazioni ed i convegni. La
direzione regionale delle entrate coordina i vari uffici periferici della regione di appartenenza,
22
svolge attività di controllo sia generico che diretto, inoltre il direttore dell’agenzia regionale è
l’unico assieme alla guardia di finanza che può autorizzare il controllo presso gli istituti di credito.
Sotto ci sono gli uffici periferici dell’Agenzia delle entrate, dislocati sul territorio in base alla
densità dei soggetti passivi, ed hanno competenza piena senza distinzione di materia. Quando negli
anni precedenti alla riforma c’era un ufficio per ogni tipologia di tributo il servizio offerto aveva
una natura più specialistica, ma portava anche a difficoltà di coordinamento tra uffici; tale conflitto
non derivava solo dalla disorganizzazione, ma soprattutto dalla differenza di materia trattata.
Da gennaio, le agenzie locali e la competenza rimarranno, ma saranno private della capacità di
accertamento (controllo), la quale verrà devoluta ad un nuovo organo intermedio tra agenzie locali e
direzione regionale con rilevanza provinciale.
Oggi il potere accertativo come atto finale che modifica la posizione del soggetto passivo spetta alle
agenzie locali (non lo possono fare la direzione generale, ne il ministero, ne la guardia di finanza);
tutti gli organi possono effettuare controlli e verbalizzare l’atteggiamento illegittimo, ma solo
l’agenzia locale può modificare la posizione del soggetto passivo.
Appendice sub 4.1.1: Il concessionario di riscossione.
La riscossione non è necessariamente il momento finale del rapporto giuridico tributario (infatti può
succedere che non si paghi in virtù della compensazione, della mancanza di reddito, oppure per la
confusione tra patrimonio del debitore e del creditore); tuttavia qualora è previsto il pagamento e il
debitore non adempie spontaneamente, la riscossione verrà affidata al concessionario, il quale si
incarica del recupero del credito anche in maniera coattiva. L’indagine va compiuta tenendo distinti
i tributi diretti da quelli indiretti, poiché la disciplina si atteggia diversamente in relazione ai primi
ed ai secondi.
Qualche cenno merita il processo evolutivo:

Tributi diretti: come abbiamo già avuto modo di rilevare, tali tributi, sono in grado di
fornire all’ente medesimo il flusso costante di entrate con le quali fare fronte alle spese
correnti. Di qui la necessità di garantire la non interruzione del gettito, alla quale necessità si
è ritenuto di fare fronte per lungo tempo con il ricorso agli esattori. Più precisamente il
sistema esattoriale risulta imperniato su 1) iscrizione periodica in apposito atto denominato
ruolo delle somme dovute dai debitori, 2) consegna del ruolo all’esattore (privato) con il
compito di provvedere alla riscossione, 3) sull’obbligo di anticipazione da parte dell’esattore
dei crediti in forza alla regola del riscosso/non riscosso (in genere si provvedeva all’anticipo
del 90% anche se poi spesso si riusciva ad ottenere solo il 60%), 4) sul rimborso, da parte
dell’ente impositore all’esattore delle quote risultate alla fine inesigibili. Tale sistema non
23
era però privo di inconvenienti: 1) esso comportava un costo consistente nel compenso
definito aggio destinato all’esattore, 2) la formazione del ruolo avveniva a distanza notevole
di tempo dal verificarsi del presupposto impositivo, (con danno a carico della finanza che
subiva un ritardo nella percezione dei tributi, quanto dello stesso contribuente chiamato a
pagare allorché poteva essersi ormai dispersa o attenuata la forza economica alla base della
capacità contributiva) 3) si profilava una disparità di trattamento tra i contribuenti che
pagavano in base al ruolo (quindi con un notevole ritardo rispetto alla manifestazione del
presupposto) e coloro che subivano il prelievo per il tramite della ritenuta alla fonte.
Tuttavia, l’aumento dei versamenti diretti all’atto della dichiarazione, il moltiplicarsi delle
ipotesi di ritenute alla fonte, ed il sistema degli acconti, hanno ridotto il campo di azione del
ruolo, il quale ha finito per assumere carattere residuale rispetto al versamento diretto.

Tributi indiretti: per quanto concerne questa fattispecie, il sistema esattoriale prevedeva
che i compiti della riscossione e quelli consequenziali della contabilizzazione e del
versamento erano affidati ai servizi autonomi di cassa dipendenti dal dipartimento delle
entrate e da quello del territorio. Siffatto sistema prevedeva una serie di inconvenienti: da un
lato sottraeva agli uffici finanziari periferici personale che avrebbe potuto essere utilizzato
diversamente, dall’altro comportava costi rilevanti, inoltre costituiva un meccanismo assai
complesso.
Prima riforma: nel 1997 sono state effettuate le prime modifiche; il legislatore si è mosso
nell’ordine di idee di un recupero del ruolo dell’amministrazione finanziaria quale destinatario
immediato dell’adempimento spontaneo, sia pure attraverso l’ausilio di una rete di determinati
soggetti incaricati della riscossione (banche, poste) nella volontà di ridurre l’influenza dei
concessionari, trasformandoli da polmoni finanziari che garantiscono l’acquisizione anticipata del
gettito fiscale, in operatore specializzato nel recupero crediti. Sennonché, sotto la spinta della
necessità di non creare crisi occupazionali si è provveduto a mantenere in vita i concessionari in
sede di riscossione spontanea ponendolo sullo stesso piano degli altri ausiliari. Per l’appunto in tale
contesto si collocano l’abolizione dell’obbligo posto a carico dei concessionari del riscosso/non
riscosso e della distinzione dei compensi da riscossioni su pagamenti spontanei o coattivi.
Seconda riforma: a partire dal 2005 si è affidata a Equitalia s.p.a. la concessione delle riscossioni; è
stato stabilito che quest’ultima società addivenga all’acquisto delle società finora concessionarie del
servizio della riscossione, le quali continueranno ad operare come agenti della riscossione sotto il
controllo dell’agenzia delle entrate.
24
Il ruolo è un elenco dei crediti da riscuotere redatto dagli uffici periferici e vidimato dal funzionario
regionale che lo rende così esecutivo; successivamente tale atto che assume forma di mandato viene
trasmesso al concessionario con tutte le motivazioni della riscossione. Il ruolo è un titolo valido per
la riscossione e non necessita dell’autorizzazione di un processo; quindi ha il pari di una cambiale e
la notifica del pagamento se è effettuata sulla base del ruolo non può essere impugnata. Il contrario
del ruolo è lo sgravio, ovvero quella procedura attraverso la quale il soggetto attivo elimina il titolo
della riscossione. Se non c’è adempimento spontaneo si passa al pignoramento/ipoteca; se nel
passato questa misura cautelativa avveniva molto tempo dopo, oggi avvengono immediatamente
quando non si procede al pagamento della cartella esattoriale.
L’ordinamento attuale prevede che ci sia una iscrizione provvisoria al ruolo (pagamento immediato
di mezza richiesta) il quale comporta che il soggetto passivo si trovi a pagare una parte anche prima
dell’impugnazione della cartella in sede giudiziaria.
Si può chiedere la sospensione cautelare che ordini la sospensione degli atti esecutivi di
pignoramento/ipoteca. La commissione li accetta se sussiste :
1. Fumus boni juris: apparente fondatezza della richiesta (ovvero se esiste anche la minima
possibilità che il soggetto passivo possa avere ragione).
2. Periculum in mora: Se l’atto esecutivo può comportare grave danno o perdita.
4.4.2 Soggetto passivo
I soggetti passivi del tributo devono ritenersi coloro che sono tenuti ad effettuare la prestazione a
titolo di capacità contributiva nei confronti del soggetto attivo creditore d’imposta, e nei cui riguardi
il secondo può agire, se del caso in via coattiva, per la realizzazione della sua pretesa. Al soggetto
passivo fanno carico obblighi di natura

Sostanziale (pagamento del debito tributario)

Formale (attività di autoaccertamento)
Si deve tuttavia prendere atto che nell’ambito del diritto tributario vengono in considerazione
ulteriori categorie di soggetti, variamente denominati e pur essi coinvolti nell’adempimento della
prestazione impositiva:
1. sostituti d’imposta
2. responsabili d’imposta
3. solidali d’imposta
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Il legislatore si trova spesso ad essere vincolato nella identificazione di coloro cui imputare la
prestazione d’imposta; a volte il problema è da escludere, come ad esempio il caso delle imposte
che colpiscono il possesso di un reddito o di un patrimonio; altre volte, viceversa, l’oggetto
imponibile è tale per cui la capacità contributiva è riferibile ad una pluralità di soggetti. In tale caso
il legislatore può attribuire la soggettività passiva a tutti o soltanto alcuni di costoro; è il caso
dell’imposta di registro in ordine alla quale la regola accolta è quella per cui soggetti passivi sono
tutte le parti dell’atto per cui si realizza il presupposto.
Appendice sub 4.4.2: la traslazione dell’onere impositivo.
I soggetti passivi del tributo vengono definiti anche contribuenti di diritto per distinguerli dai così
detti contribuenti di fatto: vale a dire da coloro sui quali l’onere finanziario, in cui si traduce la
prestazione impositiva, viene ad essere riversato dal soggetto tenuto per legge ad effettuarla e che
pertanto sono gravati in via definitiva da detto onere (traslazione d’imposta). Nella maggioranza dei
casi il legislatore tributario si disinteressa completamente della vicenda, la quale viene a dipendere
o dal gioco delle regole di mercato oppure dallo specifico assetto negoziale impresso al riguardo
dalle parti del rapporto dal quale scaturisce o al quale si collega il prelievo tributario.

Prima ipotesi: si verifica tutte le volte che il contribuente di diritto riesce ad inglobare nella
prestazione gravante sul secondo una quota corrispondente, in tutto o in parte, all’entità
della prestazione impositiva al cui adempimento è per legge tenuto (fenomeno della
traslazione occulta).

Seconda ipotesi: ricorre allorché il contribuente di diritto convenga con il contribuente di
fatto che quest’ultimo si accolli l’onere economico della prestazione tributaria su di lui
facente carico, con l’obbligo conseguente di rimborsargli le somme dovute a tale titolo
(traslazione pattizia)
L’IVA indetraibile è un esempio di traslazione occulta nel quale anche se gli ultimi livelli possono
beneficiare della detrazione, il primo no; ma allora questo lo riverbera sul prezzo di vendita.
Appendice sub 4.4.2: il sostituto d’imposta.
Il sostituto d’imposta è il più importante tra i soggetti che concorrono al pagamento del debito
tributario, sia per la casistica che per il gettito effettivo. È colui che in forza di disposizioni di legge
deve provvedere per nome e per conto del sostituito a versare il contributo. La sostituzione
tributaria trova il suo campo di applicazione esclusivamente nel settore delle imposte dirette ed in
particolare delle imposte sui redditi; infatti si è rilevato come le resistenze psicologiche al
26
versamento attraverso il sostituto siano inferiori. Ad esempio il datore di lavoro paga le tasse per
conto del dipendente effettuando la ritenuta direttamente sullo stipendio; tale meccanismo vige
anche nel lavoro autonomo, nel quale è il professionista ad agire da sostituto.
La ritenuta, può essere a titolo di:

Acconto: il rapporto giuridico inerente il sostituito, non si esaurisce con la ritenuta, in
quanto poi dovrà portare la propria dichiarazione. Sono le ritenute effettuate dai soggetti sui
compensi e le altre somme che costituiscono reddito di lavoro dipendente per i percipienti e
sui compensi erogati a soggetti residenti per prestazioni di lavoro autonomo.

Imposta: il rapporto si esaurisce con la ritenuta. Vanno ricomprese alcune delle ritenute
effettuate dalle società ed enti che hanno emesso obbligazioni e titoli similari sugli interessi
e su altri interessi corrisposti ai possessori dei titoli stessi.
Le ritenute alla fonte a titolo di acconto sono soggette al seguente meccanismo: il sostituto, di
regola all’atto del pagamento della somma costituente reddito per il sostituito, opera la ritenuta cui
è obbligato per legge, provvedendo a versarne l’importo all’ente impositore.
A sua volta il sostituito, non solo deve registrare il reddito in questione nelle proprie scritture (in
caso di dipendenti da lavoro autonomo), deve comprendere lo stesso nella dichiarazione tributaria
annuale.
Pertanto il sostituito, nel procedere all’autoliquidazione dell’imposta dovuta sulla base della
propria dichiarazione, non può non tener conto dei redditi sottoposti a ritenuta con questa
alternativa: se egli ha regolarmente subito la ritenuta, ne scomputa l’ammontare dall’imposta che è
tenuto a corrispondere in base al dichiarato, avvalendosi del certificato che il sostituto deve
rilasciargli, in modo tale che egli non venga a sopportare due volte l’onere impositivo; in tale modo
può configurarsi o un residuo di debito o di credito o nessun dei due. Se viceversa la ritenuta non
viene effettuata dal sostituto, il sostituito non può scomputarne l’importo in sede di dichiarazione
annuale, e quindi deve corrispondere integralmente l’imposta sui propri redditi, ivi compresi quelli
per i quali è prevista la ritenuta non effettuata.
Non è comunque possibile considerare il sostituito estraniato completamente dal rapporto
impositivo; il medesimo resta obbligato al pagamento del tributo sia quando non abbia subito la
ritenuta, sia quando la ritenuta non copra del tutto il debito d’imposta; il problema è
particolarmente sentito per quanto riguarda le società fallite, infatti da quattro/cinque anni a questa
parte sono stati molti i sostituiti chiamati a pagare. La ritenuta del 20% sul lordo effettuata dai
professionisti, è un esempio ritenuta a titolo di acconto. Per i dipendenti, il calcolo viene effettuato
27
dal consulente in maniera esatta sull’annuale; se non ha altri redditi diventa definitiva, altrimenti
anche questa è di acconto.
Quando la ritenuta è stabilita a titolo d’imposta, il reddituario sostituito è esonerato
dall’adempimento degli obblighi strumentali che fanno capo al contribuente soggetto passivo
d’imposta. Se il sostituito ha subito la ritenuta, egli non può essere compulsato
dall’amministrazione finanziaria: la situazione è analoga a quella che ricorre nella ritenuta a titolo
di acconto poiché se così non fosse, il sostituito finirebbe col rimanere esposto a subire il prelievo
una seconda volta. Qualora invece la ritenuta sia stata omessa, il reddituario sostituito risponde
dell’adempimento dell’obbligazione d’imposta in via solidale con il sostituto.
La capacità contributiva del sostituto è data dalla capacità di disporre della ricchezza generata dal
sostituito; l’omesso versamento, è sanzionato ma non è considerato appropriazione indebita (infatti
non è che il sostituto si appropri poiché i soldi sono in sua disponibilità).
Gli obblighi del sostituto sono in primo luogo tanto gli obblighi contabili quanto quelli aventi ad
oggetto la presentazione di apposita dichiarazione, preordinati ad agevolare l’accertamento del
tributo.
I diritti del sostituito in particolare fanno riferimento al beneficiare della ritenuta effettuata dal
sostituto attraverso la ritenuta di una parte della somma a lui dovuta.
Appendice sub 4.4.2: il responsabile d’imposta
Il responsabile è “colui il quale è tenuto al pagamento del tributo insieme con altri, per fatti e
situazioni esclusivamente riferibili a questi, nei confronti dei quali ha diritto di rivalersi”. Rispetto
alla figura del sostituto, ha in comune l’estraneità al fatto indice di capacità contributiva, ma si
differenzia perché esso è tenuto a pagare il tributo non in luogo del contribuente, bensì in aggiunta
al medesimo. La figura del responsabile, ricorre tutte le volte in cui la legge allo scopo di meglio
assicurare il soddisfacimento della pretesa erariale, chiama a rispondere dell’adempimento del
tributo, in una con il soggetto passivo dell’imposta, altri soggetti ai quali non è riferibile la
fattispecie imponibile e che diventano pertanto titolari di una propria autonoma obbligazione nei
confronti della finanza: è il caso ad esempio del notaio che deve versare il tributo di registro al
deposito dell’atto.
Il responsabile, non essendo a lui riferibile la manifestazione di capacità contributiva colpita dal
tributo, non è suscettibile di assumere la veste di titolare di un’obbligazione, pena
l’incostituzionalità della norma da cui scaturisce; quindi il responsabile è dunque titolare di un
obbligazione il cui titolo è da ravvisare non nella capacità contributiva, bensì in una forma di
garanzia circa il puntuale ed esatto adempimento della prestazione impositiva. Facendo un passo
28
indietro è utile a questo proposito ricordare che il sostituto d’imposta trae la propria capacità
contributiva nella disponibilità della ricchezza del sostituto; per il responsabile invece la
manifestazione della capacità contributiva è derivante dal diritto di avere un compenso (il notaio si
può rifiutare di registrare l’atto se il cliente non da le idonee garanzie di pagamento).
Appendice sub 4.4.2: il solidale d’imposta
La solidarietà passiva è strutturalmente simile al responsabile d’imposta, ma si differenzia in
quanto vede più soggetti chiamati ad adempiere; ricorre quando “più debitori sono tutti obbligati
per la medesima prestazione in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la
totalità e l’adempimento dell’uno libera gli altri”. Nella fattispecie della compravendita, sia il
compratore che il venditore sono solidali; prassi vuole che il tributo di registro sia a carico
dell’acquirente, ma c’è solidarietà qualora esso non provveda all’adempimento.
Facendo riferimento alla classificazione di imposta precedentemente vista (principale – suppletiva
– complementare) è possibile notare una differenza sostanziale tra il responsabile, il quale è
coinvolto solo ed esclusivamente nell’adempimento dell’imposta principale, ed il solidale che
invece chiama a rispondere tutti i soggetti coinvolti in ogni caso.
La solidarietà è una situazione di difficile interpretazione; nel caso ad esempio di compravendita di
azienda si deve effettuare un’attenta operazione di dew diligence (ricognizione della situazione
aziendale) volta ad individuare eventuali differenze di valore tra l’atto d’acquisto ed il valore
contabile, o eventuali situazioni contributive irrisolte. Infatti per i tributi pregressi il compratore
può richiedere un certificato dell’amministrazione finanziaria che attesta l’assenza di pendenze,
mentre invece nel caso di differenza di valore dichiarato, il compratore può essere chiamato ad
adempiere al posto del venditore qualora esso si sia dileguato. Eventuali esecutività sui beni
aziendali (ipoteca) invece non possono essere garantiti in sede di acquisizione.
Per quanto riguarda la parte processuale tutti i solidali devono ricevere l’avviso d’accertamento;
fino a qualche anno fa invece vigeva la supersolidarietà, la quale prevedeva che l’amministrazione
finanziaria potesse comunicare ad uno solo dei solidali perché tutti fossero investiti dal R.G.T.
(quindi era tenuto a rispondere anche chi non ne era venuto a conoscenza).
Appendice sub 4.4.2: la capacità giuridica.
La capacità giuridica “conferisce al soggetto dalla quale è investita, la titolarità dei diritti”. Essa
non è coincidente con quella civile, in quanto ci sono molti soggetti con capacità giuridica
tributaria ma non civile; pertanto appare chiaro come i soggetti che dispongono della capacità
giuridica tributaria siano più numerosi di quelli con capacità giuridica civile.
29
Appendice sub 4.4.2: la capacità di agire.
Per quanto riguarda la capacità di agire invece la trattazione è uguale a quella civile; infatti essa
rappresenta la “capacità del soggetto di esercitare le posizioni giuridiche soggettive di cui egli sia
titolare”. Come nella capacità civile d’agire sono rinvenibili situazioni in cui colui che ha la
capacità giuridica è tuttavia privo della capacità d’agire o la possiede in misura limitata, cosicché
soccorre l’intervento sostitutivo di un rappresentante legale. Ci riferiamo in particolare al minore
ed all’interdetto, rappresentati nel compimento di tutti gli atti giudiziari inerenti la loro sfera
soggettiva dal genitore o dal tutore; al minore emancipato ed all’inabilitato, che limitatamente agli
atti straordinari necessitano dell’assistenza del curatore.
Diversa è la situazione del fallito, essendo la dottrina orientata a ritenere che il curatore
fallimentare non possa considerarsi in realtà il rappresentante legale del soggetto sottoposto a
siffatta procedura, in quanto il patrimonio è gestito dal curatore in sede processuale, ma la parte
penale viene svolta dalla stesa persona tramite gli avvocati. Se vi è un inerzia da parte del curatore
che procura deficienze, il soggetto passivo può ricorrere per chiedere i danni; infatti se l’azienda
ritorna in bonis dopo l’avvio della procedura e si trova in difficoltà tributarie dovute alla
negligenza del curatore, il soggetto passivo può rivalersi contro il curatore.
Appendice sub 4.4.2: il domicilio fiscale.
Mentre in passato c’erano difficoltà nell’individuazione, oggi questa operazione è molto semplice.

Persone fisiche: 1) quelle residenti in Italia hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui
anagrafe sono iscritte 2) i non residenti hanno il domicilio fiscale nel comune in cui hanno
prodotto il reddito tassabile 3) i cittadini italiani residenti all’estero hanno il domicilio
fiscale nel comune di ultima residenza nello stato.

Persone giuridiche: hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si trova la sede legale o
amministrativa; qualora non siano riscontrabili nessuna delle due allora si cerca di
individuare una sede secondaria o una stabile organizzazione.
30
5.1 La dichiarazione: effetti e natura
Ci si è domandati se la dichiarazione sia un negozio o una mera dichiarazione di scienza; e la
risposta al quesito, ad opera della dottrina e della giurisprudenza prevalenti, è stata a favore della
seconda. Il linguaggio giuridico sostiene che le dichiarazioni di scienza sono atti attraverso i quali
il soggetto dichiara di avere conoscenza di un fatto giuridico (così ad esempio, la dichiarazione con
la quale il creditore dichiara di aver ricevuto il pagamento del proprio credito; così allo stesso
modo la confessione, che è la dichiarazione di fatti a se sfavorevoli e favorevoli ad altri). L’effetto
delle dichiarazioni di scienza non è come per le dichiarazioni di volontà (es. contratti), di costituire
o modificare o estinguere rapporti giuridici, ma è di provare l’esistenza di fatti giuridici.
Se ci si muove nell’ordine di idee della tesi costitutiva, rinnegando peraltro la fonte legale di detta
obbligazione, non è poi azzardato avanzare l’ipotesi che a tale atto sia rapportabile la nascita
dell’obbligazione medesima, per la parte corrispondente agli imponibili medesimi, assumendo così
sotto questo aspetto valenza negoziale.
È altrettanto evidente viceversa che quando si sposi, come abbiamo fatto noi, l’opposta tesi
dichiarativa, l’esclusione di siffatta valenza a favore di quella riguardante la dichiarazione di
scienza è evidente; infatti il regime e la produzione dell’effetto rappresentato dal rapporto
obbligatorio, sono direttamente rapportabili alla norma impositiva.
Posto che la dichiarazione tributaria si risolve in una semplice dichiarazione di scienza, allora è
senz’altro astrattamente possibile che l’atto medesimo assurga al rango di confessione
(stragiudiziale) qualora in esso siano riversate ammissioni in fatto del contribuente-dichiarante a lui
sfavorevoli. D’altra parte, allorché si parla di dichiarazione di scienza, si dice ciò che la
dichiarazione tributaria non è (non è infatti atto di volontà negoziale).
Orbene la dichiarazione contiene :

La determinazione della base imponibile ad opera del contribuente

La verifica circa il modo di essere degli elementi che rilevano ai fini della fattispecie
costitutiva della fattispecie tributaria, relativamente ai tributi in ordine ai quali sussiste un
intimo collegamento fra presupposto e base imponibile.

In taluni casi la liquidazione dell’imposta dovuta sulla base dell’imponibile dichiarato dal
soggetto passivo, tenuto conto delle deduzioni e delle detrazioni accordate dal legislatore.
Ecco dunque evidenziarsi altrettanti e corrispondenti effetti che la dichiarazione del contribuente
concorre a produrre e cioè, rispettivamente la fissazione della base imponibile, del regime del
rapporto obbligatorio d’imposta e dell’ammontare del tributo dovuto.
31
Si può affermare che, alla stregua di quanto detto, questo non è un atto negoziale, bensì un mero
atto giuridico, cioè per l’appunto atto costitutivo non degli effetti, ma bensì della relativa fattispecie
legale.
Sappiamo altresì che la dichiarazione a volte reca l’indicazione di elementi e circostanze di fatto,
considerate dalla legge notizie utili per l’amministrazione finanziaria ai fini della sua attività di
controllo; trattasi quindi di mere dichiarazioni di scienza o verità che, come tali, nel mentre sono
improduttive di effetti sostanziali, possono al più e se del caso rilevare in ambito processuale quali
confessioni stragiudiziali, al pari del resto di tutte le altre ammissioni in fatto sfavorevoli al
contribuente da lui inserite in dichiarazione
5.2 La modifica della dichiarazione
Converrà in questa sede distinguere tra limiti interni e limiti esterni che possono frapporsi ai c.d.
errori in fatto o in diritto dai quali sia affetta la dichiarazione medesima: si intende per limiti
esterni quelli che scaturiscono dalla previsione di specifiche norme sostanziali e processuali,
mentre per limiti interni quelli discendenti dall’efficacia e dalla natura dell’atto.
Orbene nessun limite interno incontra il contribuente allorché intenda modificare le valutazioni e
qualificazioni giuridiche; se è vero che siamo in presenza di meri atti giuridici, come tali costitutivi
di fattispecie giuridiche e non di effetti, ne consegue che nessun vincolo può discenderne quanto al
regime in diritto della fattispecie medesima.
Viceversa sussistono i limiti che abbiamo definiti esterni e che attengono all’osservanza dei termini
di decadenza per l’esercizio di diritto al rimborso delle somme pagate in più del dovuto; vanno
altresì annoverati fra i limiti in questione, quelli afferenti la disciplina dell’IVA, alla stregua della
quale il contribuente perde il diritto alle detrazioni non esercitate entro il termine stabilito dalla
legge.
Più complesso ed articolato risulta il discorso in ordine alla rettifica della dichiarazione con
riguardo agli elementi e circostanze di fatto omessi o a quelli indicati in modo non corrispondente
alla realtà. Invero, e rispetto ai limiti interni, siamo propensi ad escludere la sussistenza quanto al
primo caso (elementi o circostanze omesse) facendo nuovamente leva sulla qualificazione dell’atto
di cui trattasi in termini di mero atto giuridico. Passando ai limiti esterni il legislatore tributario è
sempre più frequentemente intervenuto per dettare norme le quali individuano nella dichiarazione
la sede esclusiva dove addurre ed in certi casi addirittura comprovare, a pena di inammissibilità,
situazioni di fatto ridondanti a favore del contribuente sotto il profilo della determinazione
32
dell’imponibile; siffatte norme andrebbero intese, come esplicitazione di un più generale principio
comportante un divieto assoluto per il contribuente di addurre a proprio favore fatti ulteriori
rispetto a quelli ricompresi nella dichiarazione, una volta scaduto il termine per la sua
presentazione. Per quanto riguarda l’ipotesi della difformità delle circostanze ed elementi di fatto
dichiarati rispetto al reale, non si può trascurare che ci si trova il più delle volte ad ammissioni
sfavorevoli al dichiarante; si ritiene che l’indisponibilità non sussista per il contribuente, talché le
sue confessioni, in applicazione dei principi di autoresponsabilità del dichiarante e di affidamento
del terzo destinatario (della dichiarazione confessoria), sono soggette soltanto alla revoca nei limiti
di cui all’art.2732 c.c. e cioè soltanto se la divergenza fra il fatto
e la realtà effettiva sia
inconsapevole in quanto dovuta ad errore di fatto o violenza.
Il quadro delineato non può ritenersi superato alla luce del d.p.r. 322/1998 il quale stabilisce che
“le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di
imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano
determinato l’indicazione di un maggior reddito o comunque di un maggior debito d’imposta o di
un minor credito mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la
presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo”. Detta disposizione si
ricollega alla facoltà di emettere nell’ulteriore e circoscritto termine ivi previsto una nuova
dichiarazione, integrativa o sostitutiva di quella presentata in precedenza nel termine stabilito a
regime alla quale vengono riconosciute validità ed efficacia.
33
6.1 I controlli: criteri e modalità
Parlando
di
controlli,
intendiamo
riferirci
all’attività
posta
in
essere
dagli
organi
dell’amministrazione finanziaria consistente nella verifica circa l’esatto adempimento degli
obblighi (formali e strumentali) e delle obbligazioni (d’imposta, tributarie, accessorie e connesse)
gravanti sui contribuenti o sui terzi; ciò al fine di assicurare il concreto ed effettivo
soddisfacimento dell’interesse pubblico sia all’attuazione del prelievo, che alla repressione dei
comportamenti illeciti eventualmente consumati (con la conseguente irrogazione delle sanzioni
amministrative e penali).
6.2 Soggetti e strumenti
Titolari della potestà di controllo sono:

Uffici ed organi territorialmente competenti preposti all’accertamento delle imposte

Guardia di finanza, la quale coopera con gli uffici delle agenzie per l’acquisizione ed il
reperimento degli elementi utili ai fini dell’accertamento e per la repressione delle
violazioni, procedendo di propria iniziativa o su richiesta degli uffici

Altri soggetti che variamente cooperano con i primi acquisendo dati, segnalando situazioni
rilevanti ai fini dell’accertamento (si pensi all’anagrafe tributaria, ai comuni, agli istituti di
credito, postali ed alle altre autorità competenti degli altri stati membri della U.E.).
Per quanto riguarda gli strumenti di indagine a disposizione della pubblica amministrazione, essi
sono classificati in base a criteri di incisività:

Questionari: sono strumenti di modesta incisività, e possono essere indirizzati sia al
soggetto passivo che ad altri soggetti terzi per effettuare un controllo incrociato (un
esempio di controllo incrociato può essere la richiesta sia ad un ristoratore che ai clienti
della spesa concordata per un banchetto). Nei questionari, può ad esempio essere richiesta
l’indicazione della suddivisione degli ammortamenti, l’incidenza delle spese di
rappresentanza sul totale delle spese pubblicitarie ecc... I soggetti terzi che pur obbligati,
non adempiono alla stesura del questionario, sono soggetti a sanzioni come il soggetto
passivo.

Convocazione per interrogatorio: è uno strumento notevolmente più incisivo, e può
anche in questo caso coinvolgere sia il soggetto passivo che eventuali soggetti terzi.
34

Richiesta di documentazione: le documentazioni richieste hanno natura contabile, e
possono essere richieste oltre che al soggetto passivo e terzi, anche agli enti pubblici.

Accesso istruzione verifica: è lo strumento principe anche se dispendiosi in termini di
risorse. Esso è disciplinato sia nella legge IVA che nello statuto dei diritti del contribuente
(vedi appendice).

Controlli finanziari: sono principalmente costituiti dai controlli bancari, ma si estendono
anche ad altri soggetti come le società di leasing, le finanziarie ecc...
Il materiale probatorio acquisito in maniera illegittima (ad esempio senza le necessarie
autorizzazioni in caso di accesso istruzione verifica), non può essere utilizzato in sede processuale;
tale principio trova conferma anche nel caso in cui il soggetto leso dall’esercizio non conforme a
legge dei poteri istruttori, sia un soggetto terzo rispetto al rapporto d’imposta. Quando invece si ha
l’autorizzazione e si scoprono documentazioni riguardanti altri casi , allora tali documenti possono
essere utilizzati in altri processi.
Appendice sub 6.2.1: l’accesso istruzione verifica
L’accesso consiste nell’ingresso e permanenza, anche contro la volontà dell’interessato, in locali ed
ambienti; l’ispezione ha ad oggetto le scritture contabili e tutta la documentazione rilevante ai fini
impositivi allo scopo di controllare la regolarità formale e la veridicità del contenuto; la verifica
designa invece il controllo concernente entità, consistenza e qualità degli elementi utilizzati nella
attività economica (personale, macchinari, magazzino ecc...).
1) Per accedere nei locali adibiti esclusivamente ad attività di lavoro, è sufficiente che i
funzionari dell’Amm. Fin. siano muniti di apposita autorizzazione rilasciata dal capo
dell’ufficio da cui dipendono (Direttore regionale dell’ufficio delle entrate o capo di
sezione della G.D.F.).
2) Quando invece i locali predetti sono destinati promiscuamente anche ad abitazione, è
necessaria altresì l’autorizzazione del P.M.
3) Nel caso di accesso nei locali destinati all’esercizio di professioni, esso deve essere
eseguito in presenza del titolare dello studio o di un suo delegato.
4) Per l’accesso nell’abitazione privata, esso può essere effettuato solo su
autorizzazione del P.M. in caso di gravi indizi.
Occorre in ogni caso l’autorizzazione del procuratore della repubblica quando l’attività di ricerca
comporta la necessità di effettuare perquisizione personali o l’apertura coattiva di plichi sigillati,
borse, casseforti, ripostigli e simili, o quando essa si estrinseca nell’esame di documenti
relativamente ai quali viene eccepito il segreto professionale.
35
Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale di constatazione (PVC) dal quale debbono
risultare la descrizione analitica delle operazioni compiute, nonché l’esposizione dei rilievi
effettuati e l’individuazione delle sanzioni applicabili. I verbali devono essere sottoscritti dal
contribuente o in caso contrario, riportare il motivo della mancata sottoscrizione da parte di esso. Il
PVC ha solo funzione di constatare, ma non fa nascere ne obbligazioni, ne sanzioni; esse infatti
saranno eventualmente rilevate dall’accertamento. Il PVC per un certo periodo è stato
particolarmente importante, in quanto esso era il fondamento di una eventuale conciliazione
preventiva; tuttavia ha gradualmente perso di importanza. Ad oggi la funzione più rilevante, è
rappresentata dal fatto che esso rappresenta la data di avvio per la decorrenza del termine di 60 gg.
entro il quale presentare le memorie difensive all’agenzia delle entrate.
La disciplina è stata integrata dalla legge 212/2000 (statuto dei diritti del contribuente), la quale
stabilisce che:

Tutte le operazioni di accesso istruzione verifica devono essere effettuate durante l’orario di
apertura, e su richiesta possono essere spostate al di fuori dei locali di esercizio.

Il contribuente ha diritto di essere informato circa le motivazioni dell’ispezione, inoltre ha
diritto ad essere assistito da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di
giustizia tributaria.

La permanenza non può superare i 30 giorni lavorativi

Dopo il rilascio del PVC, il contribuente può comunicare entro 60 gg. osservazioni e
richieste che sono valutate da uffici impositori (memorie difensive).
Appendice sub 6.2.1: i controlli finanziari.
In Italia il segreto bancario è soltanto apparente, in quanto a partire dagli anni 70’ sono state varate
una serie di norme che ne hanno ridotto la portata. In particolare l’Amm. Fin. o la G.d.f. potevano
accedere ai controlli quando 1) il soggetto passivo avesse indice di rilevante illiceità fiscale, 2)
l’organo preposto al controllo detenesse l’autorizzazione di un organo esterno.
In seguito sono state introdotte norme ancora più favorevoli agli organi di controllo, i quali ad oggi
necessitano solo dell’autorizzazione del direttore regionale delle entrate o alternativamente del
comando della G.d.f. per effettuare il controllo. Inoltre per ottenere tale autorizzazione, non è
necessario alcun requisito prodromico; questo significa che la possibilità di eseguire controlli
finanziari sottostà soltanto a valutazioni interne. In buona sostanza si tratta quindi di un mero atto
di discrezionalità amministrativa, che lascia il soggetto passivo privo di qualsiasi strumento di
contrasto. Il controllo bancario è estremamente premiante, in quanto palesa in maniera evidente il
36
comportamento illecito. I rapporti bancari fuori conto (ovvero quelli che non passano sul conto
corrente), fino a pochi anni fa non erano ancora stati posti sotto controllo; tuttavia le riforme più
recenti li hanno sottoposti a verifica (basti pensare agli assegni bancari ad incasso diretto).
Per agevolare le funzioni di controllo è stata creata una anagrafe fiscale la quale riporta tutti i
rapporti che intervengono tra i cittadini/imprese attraverso i Codici Fiscali e le varie Banche.
La disciplina è basata sul meccanismo delle presunzioni; infatti è previsto che tutte le operazioni di
versamento effettuate dal soggetto passivo e delle quali lo stesso non è capace di porre
giustificazione sono da considerarsi in nero. Questa presunzione negativa è da ritenersi accettabile;
tuttavia esiste un altra fattispecie presuntiva di carattere positivo la quale risulta meno
comprensibile, ovvero le operazioni di prelevamento. Quindi sia operazioni in entrata che in uscita
delle quali il soggetto passivo non è in grado di fornire adeguate giustificazioni sono da ritenersi in
nero. L’applicazione di questa norma può essere estesa anche ai conti correnti intestati al coniuge
ed ai parenti più stretti del titolare d’impresa.
6.3 Esiti del controllo.
A seguito del controllo possono rilevarsi due possibilità: può darsi che l’Amm. Fin. constati il
puntuale e fedele adempimento degli obblighi e delle obbligazioni ad opera dei soggetti sui quali
incombono. In questi casi è naturale che la procedura di accertamento si arresti ed in specie non
segua l’emanazione di alcun atto da parte dell’amministrazione finanziaria volto al recupero
dell’imposta/erogazione di sanzioni.
Per contro, quando si rileva che la situazione sia del tutto o in parte diversa da quella sopra
ipotizzata, diventa inevitabile l’emanazione di uno o più dei seguenti atti:
1) Avviso di accertamento.
2) Avviso di liquidazione d’imposta.
3) Atto di contestazione dell’illecito amministrativo.
4) Atto di riscossione (anche coattiva) delle somme dovute.
37
7.1 L’accertamento.
Il d.p.r. 600/1973 (cui si farà d’ora in avanti implicito riferimento), prevede la notifica di avvisi,
sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato da lui delegato, al fine di portare a conoscenza
dei contribuenti l’accertamento in rettifica della dichiarazione presentata e l’accertamento d’ufficio
posto in essere allorquando la dichiarazione sia stata indebitamente omessa o sia nulla. L’avviso di
accertamento deve recare l’indicazione dell’imponibile e degli importi accertati, delle aliquote
applicate e delle imposte liquidate; inoltre deve essere motivato in relazione ai presupposti ed alle
ragioni giuridiche che lo hanno determinato. L’avviso di accertamento è affetto da nullità qualora
manchino la sottoscrizione, le indicazioni e la motivazione di cui sopra.
7.2 Reiterazione del potere accertativo
La rettifica avviene allorquando il reddito complessivo dichiarato risulta inferiore a quello effettivo
o non sussistono o non spettano, in tutto o in parte le deduzioni dal reddito o le detrazioni di
imposta indicate nella dichiarazione.
L’avviso di accertamento costituisce lo strumento necessario onde addivenire alla rettifica, tanto
dell’imponibile quanto dell’imposta come determinati in seno alla dichiarazione; questo assetto,
esprime il principio generale della unicità del potere accertativo; la ratio di tale principio è da
ritrovarsi nella lesione della facoltà di difesa (ovvero il fatto di dover sostenere più volte in costi e
disagi derivanti dal manifestarsi di più atti). Tuttavia, tale principio è stato scardinato in parte ad
opera di successive disposizioni, secondo le quali l’atto accertativo può venire reiterato quando
ricorrono i principi sanciti dagli art. 36 bis/ter, 41 bis, 43, ovvero in sede di verifica cartolare, di
accertamento parziale o di accertamento integrativo/modificativo da parte dell’amministrazione
finanziaria.
7.2.1 Il controllo cartolare della dichiarazione

L’art. 36/bis del d.p.r. 600/1973 stabilisce che l’amministrazione finanziaria, entro l’inizio
del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo, provvede a
correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nonché a ridurre sia le
detrazioni d’imposta che le deduzioni dal reddito.

L’art. 36/ter sempre del d.p.r. statuisce che gli uffici periferici dell’amministrazione
finanziaria procedono entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di
38
presentazione, al controllo formale delle dichiarazioni. In questa sede l’Amm. Fin. può
richiedere ai contribuenti documentazioni relative ai valori riportati in dichiarazione allo
scopo di escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute di acconto non risultanti
dalle dichiarazioni dei sostituti di imposta, e delle detrazioni non spettanti.
Esiste un altro fatto collegato al controllo cartolare; l’art. 36 bis/ter costituiscono eccezione alla
regola generale in quanto, la notifica della cartella di pagamento costituisce un atto in base al quale
si richiede il pagamento e si istituisce l’accertamento. Quindi nel momento in cui arriva una cartella
di pagamento, è omessa la necessità di costituire l’accertamento; si può quindi iscrivere a ruolo
senza passare dalle fasi di controllo e contestazione.
7.2.2 L’accertamento parziale.
L’accertamento parziale è una ulteriore ipotesi di reiterazione dell’accertamento, e può essere fatto
solo nei casi particolari previsti dall’art. 41 bis sempre del d.p.r. 600/1973:

Accesso - ispezione – verifica

Segnalazione delle direzioni centrali e regionali

Segnalazioni della G.d.f.

Segnalazioni di altri enti pubblici
I competenti uffici dell’agenzia delle entrate, qualora emergono elementi che consentono di
stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parziale
dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, o l’esistenza di
deduzioni, esenzioni ed agevolazioni non spettanti, possono limitarsi ad accertare il reddito o il
maggior reddito imponibili.
7.2.3 L’accertamento integrativo e modificativo.
Secondo l’art. 43, l’avviso di accertamento già notificato al contribuente può (entro i termini
decadenziali indicati) essere integrato o modificato in aumento, purché il nuovo avviso sia fondato
sulla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Il requisito della novità deve essere così
interpretato: si deve considerare nuovo ogni elemento che la normale diligenza avrebbe potuto
ignorare.
39
7.3 L’accertamento in rettifica: metodo analitico, sintetico, induttivo.

Accertamento analitico: si caratterizza per il suo riferimento ai singoli specifici redditi delle
diverse categorie, ciascuno come individuato dalla relativa fonte di produzione.

Accertamento sintetico: ha ad oggetto la determinazione del reddito complessivo delle
persone fisiche, senza passare per la previa identificazione delle singole e specifiche fonti
produttive. La rettifica avviene così in modo indiretto tramite il redditometro; esso è uno
strumento che permette di ricostruire la capacità contributiva in base al possesso di
determinati elementi. Come si può giustificare un certo tenore di vita quando si ha un basso
reddito? Attraverso la dimostrazione della presenza di ritenute d’imposta.

Accertamento induttivo: si applica solamente al reddito di lavoro autonomo e di impresa.
Per utilizzare questo metodo devono ricorrere certe determinate circostanze dichiarate dal
legislatore, ovvero comportamenti non corretti da parte del soggetto passivo sia formalmente
che sostanzialmente; l’induttività sarà ancora più legittima quanto più l’inadempimento è
grave. Tale metodologia permette di risparmiare sulle ingenti risorse necessarie per
l’effettuazione dei controlli analitici (la cui percentuale si aggirava attorno al 4-5%). Il
sistema degli studi di settore è stato basato su criteri statistico - matematici, i quali legano
l’imponibile a determinati indici (dimensioni dell’impresa, n° dipendenti, spese, magazzino,
ecc…). Gli accertamenti basati sugli studi di settore sono effettuati nei confronti dei
contribuenti i quali abbiano dichiarato un ammontare dei ricavi o compensi inferiore a
quello determinabile sulla scorta degli studi stessi. L'accertamento induttivo può essere
avviato quando si è in caso di grave errore formale o quando si è sotto fatturato 10.000 senza
il ricorso ad un errore formale.
7.4 L’accertamento d’ufficio.
Viene posto in essere dalla finanza nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di nullità
della stessa; l’ufficio determina il reddito complessivo del contribuente sulla base dei dati o delle
notizie raccolti o venuti a sua conoscenza, con la facoltà di avvalersi anche di presunzioni.
40
7.5 Presupposti, requisiti e vizi dell’avviso di accertamento
Costituisce presupposto generico dell’avviso di accertamento, la competenza dell’organo
dell’Amm. Fin. dal quale esso promana, ovvero la cessione del potere accertativo all’ufficio nella
cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione.
Non è invece annoverabile fra i presupposti dell’atto in questione, il rispetto dei termini perentori
entro i quali devono essere presentati gli avvisi di accertamento (invero la mancata osservanza di
tali termini assurge a causa di estinzione della pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria).
Per quanto riguarda invece i presupposti specifici, tali possono essere le situazioni alle quali è
collegata la facoltà di procedere all’accertamento extracontabile, integrativo o modificativo ed
infine agli accertamenti parziali.
Passando ai requisiti dell’avviso di accertamento, particolare rilevanza assume quello costituito
dalla motivazione (vedi appendice successiva).
Per quanto riguarda i vizi, nell’ipotesi di mancanza della sottoscrizione, delle indicazioni e delle
motivazioni prescritte vi si collega la sanzione di nullità.
Appendice sub 7.5: l’obbligo di motivazione
La motivazione dell’avviso di accertamento è l’indicazione delle ragioni in fatto ed in diritto poste a
fondamento dell’atto medesimo. La motivazione viene riferita non solo alla determinazione dei
singoli redditi delle varie categorie ed al mancato riconoscimento delle deduzioni/detrazioni, ma
anche ed ancor prima, alla individuazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo
hanno determinato, nonché alla specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il
ricorso a metodi induttivi e sintetici
L’esplicazione della motivazione risponde a esigenze di natura

Sostanziale: in uno stato di diritto democratico si deve sempre tenere conto delle esigenze
dei cittadini e dei loro diritti.

Processuale: connesso al diritto di difesa. Un soggetto può difendersi quando conosce le
ragioni in base alle quali si è modificata la sua posizione.
Si disserta in dottrina sulla differenza tra motivazione e prova: la motivazione è l'indicazione delle
ragioni per le quali si procede alla rettifica, mentre la prova è l'esistenza degli elementi che
convincano della motivazione. Tuttavia tale questione deve ritenersi irrilevante, in quanto si nota
come i due concetti siano strettamente legati
41
Se l'Amm. Fin. presenta una accertamento senza motivazioni, allora il contribuente è autorizzato ad
avviare il contenzioso: sorge spontaneo chiedersi se può l'Amm. fornire spiegazioni a suffragio
della sua tesi e portare nuovi elementi. La risposta è no perché altrimenti si viola il diritto alla
difesa.
La motivazione può essere singola, duplice o triplice
1. La prima motivazione riguarda i presupposti specifici; ad esempio il perché si passa da un
metodo analitico ad induttivo (contabilità errata o incompleta, mancanza di alcuni libri
sociali ecc.....).
2. La seconda motivazione è il collegamento tra quanto dichiarato e quanto accertato (se la
contabilità è corretta ma ci sono errori nella quantificazione, l'Amm. Fin. dovrà motivare
tanto più il quantum quanto meno??).
3. Infine la terza motivazione riguarda la quantificazione della gravità del fatto per poter
sanzionare più del minimo.
Quando si effettua un ricorso, bisogna tenere in particolare attenzione la redazione della prima parte
dell’atto in questione dove si elenca la mancanza di precisione o l’inadeguatezza della motivazione.
Il problema della motivazione per relationem, viene risolto prescrivendo che se la motivazione fa
riferimento ad atti non conosciuti o ricevuti dal contribuente, questi devono essere allegati all’atto
che li richiama a meno che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. Anche quando
l’accertamento costituisce il proseguo naturale del PVC, le motivazioni in esso riportate possono
essere trascritte come motivazioni di accertamento, ma si deve allegare tale atto alla notifica; se non
viene allegato dall'Amm. Fin. si può ricorrere.
Anche il dubbio se l’avviso di accertamento debba altresì recare l’indicazione delle prove sulle
quali fa leva la pretesa impositiva, viene risolto ritenendo che l’emanazione dell’atto giuridico deve
essere corroborata da supporti dimostrativi raccolti nel corso dell’espletamento dell’attività
istruttoria.
All’avviso di accertamento, deve essere allegato il calcolo delle imposte; inoltre elemento
essenziale la cui assenza può portare alla nullità dell’atto, è la firma di sottoscrizione da parte del
direttore dell’agenzia delle entrate competente o del suo delegato.
Attenzione ai termini entro i quali è ritenuta valida la notifica di accertamento: 4 anni se la
dichiarazione è stata presentata, 5 se non è stata presentata. Ogni tanto questi termini vengono
prorogati per condono (anche per chi non ne beneficia).
42
7.6 Strumenti deflativi (da completare)
Autotutela amministrativa: l'Amm. può rimuovere d’ufficio qualsiasi atto da essa emanato se
ritenuto illegittimo, purché si comunichi al destinatario mediante provvedimento motivato.
Ravvedimento operoso: se indico all'Amm. Fin. errori commessi prima che arrivi l'avviso e entro
certi termini allora si possono ridurre le sanzioni.
Accertamento con adesione: l’ufficio delle entrate competente può permettere l’accesso a tale
strumento il quale consente di ridurre le sanzioni per le violazioni concernenti il periodo d’imposta;
il problema connesso è l'indisponibilità dell'obbligazione tributaria.
Conciliazione: simile all'adesione, si può fare dal momento in cui è stato presentato il ricorso.......
costa da ¼ ad 1/3 del minimo previsto dalla legge.
43
8.1 Le sanzioni (da completare)
Stato ordinamento
“Un popolo organizzato sopra un territorio sotto una potestà d’imperio originaria per il
raggiungimento di fini essenziali”
Mantenimento dell’ordine pubblico
Salute pubblica
Ecc...
Per il raggiungimento dei fini sono necessarie le entrate
Rendite dai possedimenti
Insufficienti
Entrate tributarie
Tipica espressione della sovranità dello stato
Potestà tributaria
Potere di istituire i tributi
Art.23-53 cost.
L’art.53 stabilisce i principi essenziali, e parla di sistema tributario in quanto prevede la possibilità
di istituire più tributi.
L’art.23 rappresenta la legge istitutiva del tributo, atta ad instaurare il rapporto giuridico tributario
(R.G.T.)
Le leggi in virtù delle quali è possibile istituire il rapporto obbligatorio sono:
 Legge formale (ordinaria).
 Decreti delegati o legislativi (devono rispettare i principi ed i criteri direttivi dati dal
parlamento al governo pena la illegittimità).
 Decreti legge (non necessitano di delega ed è necessario che sia convertito in legge entro 60
gg. a meno di rinnovo continuo).
44

Regolamenti o direttive comunitarie.
Legge istitutiva del tributo
Istituzione del rapporto giuridico tributario (R.G.T.)
Stato ente (amministrazione
finanziaria) o stato comunità
Soggetto passivo
Titolari del diritto al tributo
Titolare della capacità contributiva
Creditore
Debitore
Contenuto (obbligazione)
- Obbligazione sostanziale (pagamento del tributo)
- Obbligazione formale (dichiarazione dei redditi,
scontrino, ecc....)
Il processo formale di istituzione del rapporto passa attraverso varie fasi:
1) Accertamento o autoaccertamento: base
insopprimibile del r.g.t., è volto alla determinazione
della base imponibile, per rendere certo, liquido ed
esigibile il debito tributario (la dichiarazione dei
redditi, lo scontrino, la fattura ecc... sono esempi di
autoaccertamento)
2)Adempimento (pagamento del
tributo ed osservanza degli
obblighi formali)
3)Pagamento
4)Riscossione
2) Inadempimento (violazione del
precetto che il legislatore da al soggetto
passivo) Art. 624 codice penale
(chiunque si impossessa della cosa
mobile.... commette furto ed è punibile
con la reclusione o la multa)
3) Illecito giuridico tributario (sottrazione
parziale o totale della base imponibile
all’accertamento)
5) Estinzione del r.g.t.
4) Irrogazione di sanzioni.
45
8.2 Classificazione degli illeciti tributari
L’unico criterio per la distinzione degli illeciti è basata su criteri estrinseci e quindi nomen iures
della sanzione
Illeciti
Reati
Non reati
Delitti
Contravvenzioni
Amministrativi
Civili
Pena: reclusione
e multa, previsti
dalla legge
94/2000
Pena: arresto ed
ammenda (anche
se in materia
tributaria, non
sono previsti
reati da
contravvenzione)
Pena: sanzione
pecuniaria
(previsto anche
un
risarcimento
del danno)
Pena:
risarcimento
del danno
(secondo l’art.
2043-12181224 del c.c.)
Risarcimento del danno
Art. 2043
“qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui il quale ha
commesso il fatto a risarcire il danno”
Responsabilità del debitore
Art. 1218
“il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del danno se
non prova che l’inadempimento o il ritardo, è stato determinato da impossibilità della prestazione
derivante da cause a lui non imputabili”
Interessi
Art. 1224
“nelle obbligazioni che hanno ad oggetto somme di denaro sono dovuti dal giorno della mora gli
interessi legali”
8.3 Evasione tributaria
L’evasione avviene quando si sottrae in parte o del tutto la base tributaria dall’accertamento. Le
cause principali dell’evasione sono l’economia sommersa (lavoro nero) e la pressione fiscale
elevata:
Pressione fiscale = IMPOSTE / REDDITO
= (IMPOSTE ERARIALI + IMPOSTE LOCALI + CONTRIBUTI VARI) / REDDITO
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Imposte erariali = IMPOSTE SUI REDDITI (irpef) + IMPOSTE SUI CONSUMI (iva)
Il rapporto imposte su reddito che identifica il carico complessivo della pressione fiscale, è
strettamente legato al rapporto:
DEBITO PUBBLICO / PIL
Per diminuire il debito pubblico o si aumentano le imposte o si diminuiscono le spese.
L’evasione fiscale, avviene quando non c’è corrispondenza tra la pressione ed il servizio reso.
8.4 Il reato
La fattispecie del reato viene disciplinata dall’art.39 del codice penale, il quale stabilisce le
caratteristiche del reato in termini di identificazione dell’illecito, norme da applicare, competenza
del giudice e procedure. Gli elementi che compongono il reato sono oggettivi e soggettivi e a loro
volta costituiti da una componente naturalistica ed una normativa. Vediamo ora l’articolazione di
questi elementi:
Elementi del reato
Elemento oggettivo
Componente
normativa:
elenco dei
comportamenti
antigiuridici.
Componente
naturalistica:
avvenimento di
un fatto.
Quando le componenti
si incontrano (ovvero
quando il fatto è
antigiuridico) si verifica
il presupposto oggettivo.
Elemento soggettivo
Componente
normativa:
volontà
colpevole.
Componente
naturalistica:
volontà.
Quando le componenti
si incontrano (ovvero
quando la volontà è
colpevole) si verifica il
presupposto soggettivo.
1. Il fatto può essere un’azione o un’omissione (ovvero quando non si fa un’azione imposta
come obbligatoria) che causano un evento dannoso o pericoloso. Secondo l’art.40 del codice
penale, occorre sempre un rapporto di causalità che lega il fatto all’evento; tale rapporto può
essere interpretato secondo due teorie, 1) La conditio sine quae non (ovvero quando cade il
soffitto di un ospedale che uccide il ricoverato che era li per colpa di qualcun altro, può
essere fatta risalire a costui la colpa della morte) 2) Un’interpretazione più stretta che
collega direttamente il fatto a chi lo ha commesso.
2. L’antigiuridicità, è la qualificazione dell’intero fatto in tutti i suoi elementi. L’art.52 del
codice penale afferma che non è punibile chi ha commesso il fatto per difesa dal pericolo
ingiusto ed attuale, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. Le cause di esclusione
47
da antigiuridicità sono: 1) il consenso dell’avente diritto, 2) l’esercizio di un diritto o
l’adempimento di un dovere, 3) la legittima difesa 4) l’uso legittimo delle armi 5) lo stato di
necessità. Proprio al riguardo di questo ultimo punto l’art.54 del codice penale prevede che
non è punibile chi è stato costretto a commettere atti antigiuridici per salvare se stesso o altri
da una situazione contingente (è il caso di chi si rifiuta di salvare qualcuno per non mettere
in pericolo la sua vita e quella degli altri).
3. La volontà è la facoltà di chi agisce di tendere alla realizzazione di un fine. I presupposti
sono la capacità giuridica (art.1 c.c.) e la capacità penale (ovvero il presupposto di intendere
e volere). La capacità giuridica si acquisisce alla nascita secondo l’art.1, mentre quella
penale non è propria di tutti, in quanto nessuno può essere punito se il fatto non è derivante
dalla propria coscienza e volontà (art.42 c. penale). La capacità di intendere, è rappresentata
dalla capacità di valutare adeguatamente il valore sociale dell’atto che si compie (art.85
codice penale), mentre quella di volere, è rappresentata dalla capacità di dirigersi verso la
realizzazione di un fine. Secondo l’art.97 del codice penale, non è imputabile chi è: 1)
infermo mentale 2) minorenne 3) sotto effetto di sostanze che alterano il sistema percettivo
4) oggetto di caso fortuito (caso di chi investe un bambino che attraversa la strada
all’improvviso) 5) costretto da causa di forza maggiore.
4. La volontà colpevole è l’elemento psicologico che porta al carattere antidoveroso della
volontà. Il nesso psicologico, è disciplinato dagli articoli 42-43 del codice penale. La
volontà colpevole porta al dolo ovvero la coscienza e la volontà di recare danno ad altri; il
dolo può essere generico o specifico. Il dolo specifico è finalizzato alla produzione di
determinati effetti, infatti tutti i delitti tributari sono specifici, ovvero finalizzati all’evasione
(ad esempio un bilancio falso finalizzato all’ottenimento di finanziamenti bancari, non è
finalizzato all’evasione e quindi non per questo punibile).
48
Diritto tributario
Parte speciale
1.1 Introduzione
La riforma tributaria venne realizzata all’inizio degli anni settanta, ed il suo perno normativo può
essere individuato nella legge delega n° 825/1971. Nel 1972 con i decreti dal 633 al 651 si
provvedeva a disciplinare le imposte indirette sugli affari e si introduceva l’IVA; l’anno successivo
con i decreti dal 597 al 606 veniva riorganizzato complessivamente il settore delle imposte dirette.
Quindi la situazione che si delineava prevedeva:

IRPEF: imposta unica a base personale, dotata di aliquote progressive.

IRPEG (abrogata): imposizione relativa alle società ed agli enti collettivi. Colpiva tutti i
soggetti diversi dalle persone fisiche, con la sola eccezione della società di persone,
riferendosi pertanto non solo alle società ed agli enti tassabili in base al bilancio, ma anche
alle associazioni non riconosciute, agli enti morali ed in genere alle organizzazioni collettive
ancorché sfornite di personalità giuridica. Tuttavia lasciava irrisolto il problema della doppia
imposizione, in quanto il reddito veniva tassato dapprima in capo alla società che lo aveva
prodotto e poi in capo ai soci stessi; per ovviarvi, con la legge 904/1977 si introdusse il
credito di imposta sui dividendi distribuiti ai soci.

ILOR (abrogata): imposta a struttura reale e proporzionale che riguardava i redditi derivanti
da una fonte di capitale; si configurava come una sovrattassa addizionale all’imposta
personale anche se i due tributi si configuravano come autonomi in ragione della diversa
fattispecie impositiva.

IVA: introdotta con d.p.r. 633/1972 conformemente al principio della libera concorrenza sul
mercato unico europeo, fu ispirato al principio della neutralità degli scambi tra soggetti
passivi.

INVIM (abrogata): imposta indiretta sui trasferimenti il cui presupposto si identificava
nell’utilizzazione di un bene immobile e la cui base imponibile era rappresentato
dall’incremento di valore di esso.
La riforma dei primi anni 70 ha prodotto una accelerazione dei così detti obblighi strumentali o
preliminari all’attuazione del rapporto d’imposta; in tale contesto si diffuse un senso di disagio ed
avversione da parte della piccola imprenditoria nei confronti di un sistema che appariva iniquo. Per
49
questo il legislatore fiscale cominciò ad orientarsi nei loro confronti a criteri di predeterminazione
normativa del risultato economico, sviluppando a partire dalla metà degli anni novanta gli

Studi di settore per le aree reddituali a lavoro autonomo. Tale sistema si fonda su un
semplice meccanismo presuntivo: sulla premessa di una determinata combinazione di fattori
produttivi e sulla base di un criterio comparativo e statistico, si presume la produzione di un
determinato risultato economico
A seguito dell’entrata in Europa, nel 2004 si è sentita l’esigenza di operare una riforma che
adeguasse il sistema tributario italiano a quello delle altre nazioni europee; con la riforma Tremonti
è stata abolita l’imposta sulle persone giuridiche IRPEG, a favore dell’imposta sulle società IRES,
mentre invece l’IRPEF (ovvero l’imposta sulle persone fisiche) è rimasta invariata. Le tasse sono
pagate su di una base imponibile su delega al contribuente; tale sistema prevede però la presenza di
qualcuno che controlla. Tendenzialmente l’adesione al tributo è direttamente proporzionale a quanto
è la presenza del controllo. Sino dalla loro istituzione i tributi erano caratterizzati dall’imposizione
dietro controllo; infatti il fisco, nella persona dell’esattore, si recava al domicilio del contribuente
passando in rassegna i componenti del nucleo familiare, la produttività, la quantità di terreno e tutti
gli elementi che venivano a costituire la “base imponibile” del rapporto tributario. Altra forma
molto frequente di imposizione era costituita dalle imposte doganali.
Oggi la tassazione è delegata, ed il controllo è effettuato su campione; così gli elementi non in
regola vengono sottoposti a sanzione (infatti si suole denominare tale sistema di “impostazione
sanzionatoria”). I contribuenti
autodichiarano, autoliquidano, ed in alcuni casi addirittura si
autosanzionano (basti pensare ai vari condoni).
Secondo l’art.53 cost. la capacità contributiva è data da:
1. Reddito: (IRES IRPEF IRAP).
2. Patrimonio: oggi ormai marginale (ICI).
Il sistema tributario è principalmente impostato su criteri impositivi reddituali, in quanto si ritiene
più giusta la tassazione su movimentazioni economiche visto che il contribuente è spesso più
reticente a pagare su somme patrimoniali, mentre appare più incline quando c’è percezione di
reddito.
Per quanto riguarda i tributi indiretti (IVA), si ritiene giusto che si paghi sui consumi in quanto
manifesta una parte della ricchezza e quindi non è patrimoniale. Tuttavia è un indice impreciso e
non è calcolato sul reddito di chi compra (infatti l’imposizione è sempre la stessa sia che si compri
una Ferrari o una Hyundai); quindi non è una imposta progressiva. Molti ritengono ingiusto questa
modalità impositiva in quanto tassa alla stessa maniera sia il reddito destinato alla sopravvivenza
che quello destinato a soddisfare bisogni superflui.
50
L’IRPEF è personale per eccellenza in quanto da un lato permette la progressività in base alla
situazione del contribuente, e dall’altro permette la deduzione di alcune spese personali.

L’IRES è totalmente inversa all’IRPEF; è nata nel 2004 per aggiornare il sistema alle
esigenze europee e deve essere applicata a quei soggetti che producono reddito per poi
ridistribuirlo, ovvero le società (enti di erogazione). Il principio ispiratore della nuova
disciplina è senz’altro identificabile nella esigenza di procedere ad una semplificazione dei
rapporti intersocietari, secondo modelli di snellezza procedurale di tipica matrice europea.
Ed invero il tratto caratterizzante può essere individuato nell’abbandono dell’ormai
trentennale istituto del credito d’imposta sui dividendi a favore di meccanismi di esenzione
della tassazione dei dividendi distribuiti ai soci. Quale corollario della nuova regola di
tassazione dei dividendi, è stato introdotto un criterio di esenzione per i capital gains
derivanti dalla cessione di partecipazioni societarie (secondo il metodo della partecipation
exemption). In tale logica, possono pertanto considerarsi come elementi strutturale del
nuovo sistema di imposizione del reddito delle società gli istituti del consolidato fiscale,
destinato ad accentuare gli elementi di neutralità del prelievo fiscale nei confronti delle
società appartenenti ad un medesimo gruppo.

L’IRAP, ovvero l’imposta regionale sulle attività produttive introdotta con D.Lgs. 446/1997
ha prodotto un effetto sostituzione portando alla soppressione di alcuni tributi quali l’ILOR
(imposta sul patrimonio netto delle imprese), l’ICIAP (tasse di concessione comunale), e
soprattutto i contributi per il S.S.N. Il tributo riguarda una manifestazione di capacità
contributiva diversa dal reddito, consistente nella creazione del valore aggiunto realizzato
sul territorio regionale
51
2.1 La disciplina dell’IVA
Negli anni 70 la comunità europea sentì il bisogno di introdurre un imposta proporzionale e
generalizzata sui consumi la quale pur mantenendo la caratteristica plurifase, in quanto applicata su
ciascun passaggio del ciclo produttivo - distributivo, risultasse non cumulativa; si trattava di
modellare un prelievo che consentisse agli operatori di non versare all’erario l’intero importo del
tributo applicato sul prezzo del bene o della prestazione, bensì solo la differenza tra esso e quanto a
loro volta detti operatori avevano già corrisposto al loro dante causa all’atto dell’acquisto del bene
(si vuole così colpire il solo valore aggiunto). L’introduzione è avvenuta con il d.p.r. 633/72 ed è
stata successivamente modificata dal d. legge 331/93 che comprende le normative riguardanti le
operazioni intracomunitarie. L’Iva in buona sostanza è un tributo neutrale nei confronti del soggetto
passivo, in quanto c’è un altro soggetto passivo (consumatore finale) non considerato dalla norma
sul quale si scarica l’imposizione; tutti i soggetti passivi che intervengono nello scambio anticipano
l’Iva all’erario, venendo rimborsati poi, in quanto chi paga è il consumatore finale.
Come si attua tale neutralità?
Attraverso le previsioni degli articoli 18 e 19 del d.p.r. 633/72:

Art. 18 Obbligo di rivalsa (è l’imposizione di gravare del tributo il prezzo del bene venduto)

Art. 19 Facoltà di detrazione (è l’opportunità di beneficiare della detrazione nel saldo con
l’erario).
Produttore
Grossista
Distributore
1.00+0.20=1.20
2.00+0.40=2.40
IVA
0.20 0.00
Versa 0.20 all’erario
IVA
0.40
0.20
Versa 0.20 all’erario
Cliente
5.00+1.00=6.00
IVA
1.00 0.40
Versa 0.60 all’erario
Erario = 0.20+0.20+0.60 = 1.00
L’erario incassa subito 0.20, inoltre si dilaziona tra più creditori il rischio di mancato incasso.
52
Prima di addentrarci nella materia specifica del decreto istitutivo dell’IVA è utile ricordare che in
tale sistema, le operazioni possono essere imponibili, non imponibili, esenti ed escluse.
1. operazioni imponibili: danno luogo al sorgere del debito d’imposta nonché di una
moltitudine di obblighi formali e strumentali.
2. operazioni esenti e non imponibili: vincolano all’assolvimento dei soli obblighi formali e
strumentali senza imporre il tributo
3. operazioni escluse: sono del tutto estranee al campo di applicazione del tributo e la cui
realizzazione non impone nemmeno l’adempimento degli obblighi formali
2.2 Elementi
Il d.p.r.633/72 disciplina la materia attraverso i suoi articoli:
Presupposto

Art. 1: Presupposto. L’IVA si caratterizza per la sua triplicità del presupposto, il quale deve
rispondere unitariamente a requisiti 1) Oggettivi, cessione di beni/prestazioni di servizi. 2)
Soggettivi, svolgimento di attività di impresa, arti o professioni. 3) Territoriali,
svolgimento dell’attività sul territorio nazionale.
Presupposto oggettivo (cessione di beni)

Art. 2 comma 1: Presupposto oggettivo I (cessione di beni) definisce le cessioni dei beni
come gli “atti a titolo oneroso che comportano il trasferimento della proprietà, ovvero la
costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere”. Si
caratterizza sotto il profilo oggettivo, per la presenza di due elementi: 1) un atto avente
effetti traslativi o costitutivi della proprietà o di altro diritto reale di godimento, 2)
l’onerosità dell’atto medesimo.

Art. 2 comma 2: Fattispecie assimilate alla cessione dei beni sono assimilati a) i passaggi
dal committente al commissionario o dal commissionario al committente, di beni venduti o
acquistati in esecuzione di contratti di commissione, b) le cessioni gratuite di beni ad
esclusione di quei beni la cui produzione o commercio non rientra nell’attività propria
d’impresa, se di costo non superiore a 25 euri, c) la destinazione di beni all’uso o consumo
personale o familiare. L’assoggettamento ad IVA delle cessioni gratuite, serve ad evitare che
sottraendo il bene dal circuito impositivo, tali operazioni possono determinare per il
53
soggetto che le effettua la possibilità di detrarre l’IVA a suo tempo assolta sugli acquisti
senza che a ciò faccia riscontro il riporto in avanti della stessa nel circuito produttivo.

Art. 2 comma 3: fattispecie escluse ne sono oggetto: a) le cessioni aventi ad oggetto
campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati effettuati per scopi
pubblicitari, b) le cessioni di denaro o crediti, c) le cessioni o i conferimenti in società o altri
enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni, aventi ad oggetto aziende o
rami d’aziende
Presupposto oggettivo (prestazione di servizi)

Art. 3 comma 1: Presupposto oggettivo II (prestazioni di servizi). Costituiscono
prestazioni di servizi, le “prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera,
appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito ed in genere
obbligazioni di fare, non fare e permettere, quale che ne sia la fonte”. Gli elementi
caratterizzanti sono fondamentalmente due: 1) la dipendenza della prestazione da obblighi di
fare, non fare o permettere, 2) l’onerosità della medesima.

Art. 3 comma 2: fattispecie assimilate alla prestazione di servizi. Sono assimilate le
concessioni di beni in locazione, affitto, o noleggio, la somministrazione di alimenti o
bevande, la cessione di contratti.

Art. 3 comma 3: fattispecie escluse.
Presupposto soggettivo

Art. 4: presupposto soggettivo I (esercizio di impresa). Per esercizio d’impresa si intende
“l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o
agricole di cui all’art. 2135 2195 c.c. anche se non organizzate in forma d’impresa, nonché
l’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa, dirette alla prestazione di servizi che
non rientrano nell’art. 2195 c.c.”. La nozione di imprenditore qui proposta si fonda su due
capisaldi: a) l’esercizio di attività oggettivamente considerate commerciali o agricole degli
art. 2135 2195 a prescindere che esse siano organizzate o meno in forma d’impresa, sino a
ricomprendervi i piccoli imprenditori, gli artigiani e gli ausiliari dell’imprenditore ancorché
privi di una struttura organizzativa, b) l’esercizio di attività che di per sé non presentano i
caratteri tipologici dell’attività commerciale, e in relazione alle quali diventa pertanto
indispensabile il requisito dell’organizzazione in forma d’impresa.

Art. 5: presupposto soggettivo II (esercizio di arti e professioni). Si intende “l’esercizio
per professione abituale ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da
54
parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza
personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle
attività stesse”. Anche qui la nozione è costituita su due requisiti: a) svolgimento di una
attività avente le caratteristiche del lavoro autonomo per professione abituale, b) referente
soggettivo cui tale espletamento è imputabile, individuandosi esso in persone fisiche, società
semplici ed associazioni professionali.
Presupposto territoriale

Art. 7: presupposto di territorialità. La disciplina si differenzia a seconda che si parli di
beni o servizi: per quanto riguarda i primi, l’operazione si ritiene effettuata nel luogo in cui
si trova il bene che ne costituisce l’oggetto. Mentre per i secondi la regola generale è quella
che fa riferimento al profilo soggettivo ed in particolare alla posizione del prestatore. Le
prestazioni si considerano effettuate sul territorio se il soggetto passivo è cittadino, nonché
da stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati all’estero; ad es. l’avvocato che
patrocina un cliente extracomunitario, ma eroga la prestazione nel tribunale italiano, è
soggetto alla disciplina italiana. In particolare per i servizi relativi a cespiti immobiliari, si
applica il principio del locus rei sitae, mentre quando si riferiscono a beni mobili, si rileva il
luogo di esecuzione della prestazione. Infine per quanto riguarda i trasporti, essi si
presumono effettuati nel territorio dello stato proporzionalmente alla percorrenza.

Art. 6: momento di effettuazione delle operazioni: per quanto riguarda i beni, la
disposizione individua, in via generale, il momento di effettuazione della operazione nella
stipula del relativo negozio, per la cessione avente ad oggetto i beni immobili, e nella
consegna o spedizione con riferimento a quelle relative ai beni mobili. Quanto alla
prestazione di servizi, il momento di effettuazione coincide con il pagamento del
corrispettivo, che come abbiamo visto è in ogni caso requisito indispensabile di questo tipo
di operazioni. Deroga a tale principio la fattispecie sottoposta a IVA a deducibilità differita:
allo scopo di impedire che l’endemico ritardo di determinati soggetti nell’adempimento dei
propri debiti costringa il soggetto passivo all’anticipo all’erario l’Iva non ancora riscossa, le
operazioni nelle quali spiccano lo stato o gli organi o gli enti pubblici ecc...., l’imposta
diviene esigibile al momento del pagamento del corrispettivo.
55
2.3 Operazioni internazionali
Dopo aver constatato quelli che sono i presupposti che si presentano alla base del rapporto giuridico
dell’IVA, vediamo le fattispecie di esclusione ed imponibilità, non prima però di aver analizzato le
operazioni di importazione e di acquisto intracomunitario:

Importazioni
Rientrano fra le operazioni imponibili le importazioni da chiunque effettuate, mentre sono escluse le
esportazioni (come vedremo in seguito gli esportatori abituali che dimostrino di avere una quota del
fatturato di almeno il 10% con l’estero, possono accedere all’acquisto senza IVA purché essi si
avvalgono della disciplina della lettera di intenti). L’Iva è quindi applicata sulle importazioni
all’atto dell’ingresso dei beni nel territorio dello stato.

Acquisti intracomunitari
La nozione di scambio intracomunitario viene definita come l’acquisto a titolo oneroso della
proprietà o di un diritto reale di godimento su beni spediti o trasportati nel territorio italiano da altro
stato membro, da parte del cedente o dall’acquirente o da terzi: quindi, l’integrazione della
fattispecie presuppone non solo il perfezionamento della vicenda giuridica del trasferimento del
diritto di proprietà o di altro diritto reale, ma anche il passaggio fisico del confine di stato.
Le cessioni di beni effettuate nei confronti di cessionari che non rivestono la qualifica di soggetti
passivi d’imposta sono sottoposte a tassazione nello stato membro di origine
Le cessioni di beni effettuate nei confronti dei soggetti passivi d’imposta, non sono considerate
imponibili per il cedente e sono sottoposte a tassazione nello stato membro di destinazione.
In altri termini, se il destinatario localizzato in altro stato membro non è soggetto passivo d’Iva il
circuito impositivo si conclude con l’applicazione del tributo da parte dell’ultimo anello della
catena distributiva situato nello stato cedente. Viceversa, nell’ipotesi in cui il destinatario sia a sua
volta un soggetto passivo, la catena impositiva subisce un interruzione nello stato di partenza, per
poi riprendere il suo corso in quello di destinazione (sospensione). In tale ipotesi è prevista una
serie di adempimenti formali
1. il cessionario riceve la fattura del cedente senza indicazione dell’Iva e la integra
esponendovi l’aliquota applicabile nel nostro stato in relazione alla tipologia del bene che ne
costituisce l’oggetto.
56
2. tale documento contabile viene poi annotato sia nel registro vendite che in quello degli
acquisti. Tale adempimento permette la tracciabilità dell’operazione senza che intervenga il
meccanismo impositivo.
Quindi tali operazioni sono assimilate alle esportazioni da un punto di vista sostanziale, ma
formalmente no in quanto cambiano le operazioni di registrazione.
2.4 Le fattispecie di esclusione ed esenzione

Esclusione: un’operazione può essere esclusa per mancanza di presupposto, qualora venga
meno il presupposto oggettivo (art. 2/3), soggettivo (art. 4/5), oppure territoriale (art. 7). A
parte queste esclusioni naturali, ci sono delle esclusioni per così dire forzose, atte ad
agevolare determinate situazioni sociali o indirizzare l’attività economica (ad es.
l’esclusione dell’Iva nei messaggi telefonici a fini di beneficenza).

Art. 15: esclusioni forzate. Operazioni virtualmente soggette ad Iva ma volontariamente
escluse; quando si esclude non scatta la procedura di autoaccertamento.

Imponibilità: Si applicano tutte le norme del d.p.r. 633/1972

Art. 10: Esenzione: si applicano tutti gli obblighi formali (fatturazione, registrazione,
dichiarazione ecc...) tranne che l’aliquota, e sono disciplinate a favore del cliente finale.
Sono esenti da imposta sul valore aggiunto, a) locazioni ed affitti, b) cessione di fabbricati,
c) prestazioni sanitarie. In specie l’esenzione si traduce nell’impossibilità per il cedente o il
prestatore di addebitare in via di rivalsa il tributo sul cessionario del bene o del servizio, e
correlativamente nell’indetraibilità totale o parziale dell’imposta assolta a monte dal cedente
o prestatore medesimo; in merito l’art. 19 aggiunge che non è detraibile l’imposta assolta
sull’acquisto di beni o servizi afferenti ad operazioni esenti, mentre quando non è possibile
identificare i beni ed i servizi che specificamente afferiscono alle operazioni esenti, la
detraibilità è ridotta in misura forfetaria sulla base della pro rata calcolata secondo le
prescrizioni dell’art. 19 bis. L’esenzione in astratto dovrebbe assolvere all’esigenza di
agevolare il consumatore finale nell’acquisto di beni o servizi che sono ritenuti di primario
interesse; essa blocca il naturale svolgimento del meccanismo applicativo del tributo, talché
non è il destinatario ultimo del bene o del servizio il soggetto sul quale grava l’onere
economico del tributo: questo infatti sarà fatto pesare sul precedente anello della catena
distributiva, ossia l’imprenditore o l’esercente.
57

Art. 8-8bis-9: fattispecie non imponibili. Si tratta di operazioni alle quali si applica un
regime diverso sia dalle operazioni imponibili sia da quelle fuori campo. Nella fattispecie
l’art 8 enuclea le cessioni all’esportazione (ossia quelle operazioni destinate ad immettere il
bene al consumo finale in un altro stato) come “cessioni anche tramite commissionari
residenti eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori dal territorio comunitario,
oppure a cura o per conto dei cessionari a condizione che questi ultimi non siano residenti e
l’invio avvenga entro novanta giorni dalla consegna, oppure le cessioni fatte ad un soggetto
che intenda esportarli o destinarli a cessioni intracomunitarie”. A tale fattispecie, è possibile
non applicare l’imposta sull’acquisto in modo tale da evitare che gli esportatori abituali si
trovino in costante situazione di credito IVA, purché si sia in presenza di determinati
presupposti: anzitutto si deve verificare che i soggetti abbiano effettuato le cessioni
all’esportazione registrate nell’anno precedente per corrispettivi superiori al 10%, dopodiché
devono presentare al loro cedente apposita dichiarazione (la c.d. lettera d’intenti), attestante
l’intenzione di avvalersi della suddetta facoltà; infine gli acquisti senza applicazione del
tributo sono consentiti entro un determinato plafond.

Art. 13: base imponibile. È costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti
al cedente o al prestatore in base al relativo contratto ed è onnicomprensiva degli oneri e
spese inerenti all’esecuzione del negozio; in linea di principio, la base imponibile è costituita
dal corrispettivo pattuito dalle parti. Il legislatore tributario per evitare che si pattuisca un
corrispettivo lordo inferiore, e che conseguentemente si commetta un illecito, ha introdotto
la valutazione al c.d. prezzo normale, ovvero tenendo conto del prezzo normale di mercato.
58
3.1 La disciplina dell’Imposta sul reddito
L’imposta sul reddito, fu introdotta per la prima volta in Inghilterra nel 1799 per sopperire al
fabbisogno economico creato dalle guerre napoleoniche. Il presupposto di questo tributo, misura in
termini esclusivamente monetari la diversa posizione di ciascuno all’interno della collettività di
riferimento. L’imposta sul reddito presentava alcuni pregi che la fecero preferire a quella
patrimoniale: anzitutto perché la sua determinazione avviene in modo assai più diretto ed
immediato rispetto a quella del patrimonio, tuttavia i principali vantaggi sono di ordine politico.
Infatti mentre i margini di tollerabilità di un imposta patrimoniale sono piuttosto bassi (2-3%), per
l’imposta di reddito le aliquote non solo possono essere più elevate, ma anche la banda di
oscillazione fra l’aliquota minima e quella massima è più larga; si consentono quindi spazi di
manovra molto più ampi. Queste caratteristiche che hanno condotto ad individuare l’imposta sul
reddito come il tributo diretto per eccellenza, sono le cause del successo del tributo che introdotto
da Peel nel 1842, si diffuse gradualmente in tutta Europa. Risale però, alla riforma di Addington del
1803 la scelta di determinare il reddito su base schedulare (cioè suddividendolo in diverse categorie,
ciascuna individuata in ragione di uno specifico modo di produzione del reddito). L’esempio più
noto è quello dei redditi fondiari, determinati su base catastale, cioè forfetariamente , la dove i
redditi di altre categorie sono determinati su base effettiva.
In Italia, all’epoca dell’unità, le esigenze politiche frenarono l’introduzione di una imposta unica ed
indussero a costruire un sistema basato su due imposte: quella fondiaria e quella di ricchezza
mobile. Solo nel 1923 fu compiuto un parziale passo in avanti, introducendo l’imposta
complementare sul reddito, la cui applicazione presupponeva la considerazione unitaria
dell’insieme dei redditi tassabili: fino al 1973, infatti il sistema rimase caratterizzato dalla
coesistenza di più imposte autonome e dell’imposta complementare. Con questa riforma si prevede
infatti l’introduzione di un imposta sul reddito delle persone fisiche ispirata ai principi del “carattere
personale e progressivo dell’imposta”, dell’“applicazione dell’imposta al reddito complessivo netto
delle persone fisiche comunque conseguito”, del “concorso alla formazione del reddito complessivo
di tutti i redditi del soggetto”
59
3.2 La struttura
3.2.1 Unicità o duplicità dell’imposta
L’intenzione del legislatore è stata quella di creare due imposte distinte: l’IRPEF avente ad oggetto
l’imposizione del reddito delle persone fisiche, e l’IRPEG riguardante i redditi conseguiti da tutti i
soggetti diversi dalle persone fisiche. Nonostante l’unicità del presupposto (reddito), era pacifico
che l’IRPEG costituisse un tributo autonomo rispetto all’IRPEF. La riforma del 2004 non ha
apparentemente modificato tale stato di cose introducendo l’IRES per i soggetti diversi dalle
persone fisiche. Il problema della duplicità o unicità dell’imposta presenta un carattere
squisitamente teorico, che però lascia impregiudicata la soluzione del problema; tuttavia possono
dirsi sussistenti validi motivi per una trattazione unitaria dei profili comuni salvo poi rimandare alla
trattazione specifica per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
3.2.2 Il presupposto: la nozione di reddito
Come già detto il presupposto è unitario, e secondo l’art. 72 TUIR “il presupposto dell’imposta è il
possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’art. 6”. Questo
articolo individua sei categorie reddituali:
1. Redditi fondiari
2. Redditi di capitale
3. Redditi di lavoro dipendente
4. Redditi da lavoro autonomo
5. Redditi d’impresa
6. Redditi diversi
La definizione di reddito è completata dalla disposizione contenuta nel secondo comma dell’art. 6 ai
sensi del quale i proventi ottenuti in sostituzione dei redditi, anche per effetto della cessione di
relativi crediti, e le indennità conseguite a titolo di risarcimento danni consistenti nella perdita di
redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della
stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. Gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di
pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali
interessi sono maturati
60
Sub 3.2.2 Segue da il presupposto: la tassazione dei redditi da attività illecita
Il comma 4 dell’art 14 della legge 537/1993 afferma che nelle categorie di reddito di cui all’art. 6
devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività
costituenti illecito civile, penale o amministrativo, se non già sottoposti a sequestro o confisca
penale. In questo modo viene affermata la generale tassabilità dei proventi da attività illecita,
sempre che i proventi stessi fossero riconducibili ad una delle categorie di cui all’art. 6 (sulla scorta
di tale disposizione poteva escludersi la tassabilità dei proventi da furto, mentre dovevano ritenersi
imponibili i ricavi derivanti dall’esercizio dell’usura). Problemi maggiori sono posti però dall’art.36
del D.lg. 223/2006 il quale pur qualificandosi come norma interpretativa, contraddice le
disposizioni precedenti, affermando che i proventi illeciti, (qualora non siano qualificabili come
categorie di reddito) devono comunque essere considerati come redditi diversi, stabilendo così che
l’illecito costituisce in ogni caso e di per se una fonte di reddito tassabile.
3.2.3 Il collegamento soggettivo
Il TUIR individua come elemento di collegamento soggettivo il possesso di un “reddito”. Maggiore
consenso sembra oggi incontrare la tesi secondo la quale il possesso deve essere riferito non al
reddito ma alla relativa fonte di produzione. Secondo questa accezione, il possesso del reddito
andrebbe attribuito a chi ha la titolarità della fonte dalla quale deriva l’incremento patrimoniale. La
dissociazione fra titolarità della fonte ed imputabilità del reddito si verifica nei casi: del fondo
patrimoniale (nel quale i redditi dei beni sono distribuiti per metà ai coniugi anche se uno ne ha
mantenuto la proprietà), dell’impresa familiare, delle comunioni convenzionali, ecc..
Sub 3.2.3 Segue da il collegamento soggettivo: i redditi prodotti in forma associata e da impresa
familiare
La tassazione dei redditi prodotti per il tramite delle società di persone avviene secondo il così detto
modulo della trasparenza; esso consiste nell’imputare a ciascuna delle persone fisiche partecipanti a
tali entità il reddito e, correlativamente le perdite, le ritenute ed i crediti d’imposta come se, per
l’appunto la società non avesse consistenza ai fini fiscali. Il modulo della trasparenza è applicabile
sia pure su base opzionale, anche alle società a responsabilità limitata a ristretta base azionaria.
Nell’ambito della generale disciplina dei redditi prodotti in forma associata il legislatore ha anche
inserito l’impresa familiare di cui all’art.23 bis del c.c.
61
Sub 3.2.3 Segue da il collegamento soggettivo: altri redditi tassabili per cassa
Un ipotesi in cui l’imputazione del reddito ad un soggetto diverso dal titolare della fonte è costituita
dalla previsione dell’art. 7 TUIR il quale, in relazione ai redditi imputabili al periodo d’imposta nel
quale avviene la percezione, dispone che in caso di morte del titolare, prima della percezione ma
dopo la relativa maturazione, i redditi stessi siano tassati in capo agli eredi o legatari. La
spiegazione di questa deroga è semplice, essendo il regime descritto finalizzato a rendere comunque
imponibili le somme in questione evitando il salto d’imposta che altrimenti si verificherebbe.
3.2.4 I soggetti passivi: le persone fisiche (IRPEF)
La soggettività passiva ai fini delle imposte si acquista insieme alla capacità giuridica ed è
indipendente dalla capacità di agire. Tuttavia i redditi dei beni che sono soggetti all’usufrutto legale
dei genitori esercenti la patria potestà sono imputati a ciascuno di essi per metà del loro ammontare
netto
3.2.4 I soggetti passivi: gli altri soggetti

L’art. 5 del TUIR stabilisce che i redditi delle società semplici, in nome collettivo ed in
accomandita semplice residenti nel territorio dello stato sono imputati a ciascun socio,
indipendentemente dalla percezione e proporzionalmente alla sua quota di partecipazione
agli utili.

L’art. 74 invece dispone che gli organi e le amministrazioni dello stato, compresi quelli ad
ordinamento autonomo non sono soggetti all’imposta. Viene così esclusa la soggettività
passiva delle società di persone e degli enti esponenziali di una comunità territoriale

L’art. 73 menziona specificatamente al primo comma, alcune tipologie che sono
sicuramente ricomprese fra i soggetti passivi: s.p.a. s.a.p.a. s.r.l. s.c.a.r.l., nonché società
europee e società cooperative europee residenti nel territorio dello stato: enti pubblici e
privati diversi dalle società che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di
attività commerciali: degli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché dei trust
residenti nel territorio dello stato che hanno o non hanno per oggetto esclusivo o principale
l’esercizio di attività commerciali.
In particolare, l’art. 73 distingue i soggetti IRES in base al tipo, all’attività ed alla residenza.
1. il primo criterio riguarda gli enti, residenti nel territorio dello stato, costituiti secondo
il tipo delle società di capitali, delle società cooperative e delle società di mutua
assicurazione
62
2. il secondo criterio è applicato invece a tutti gli altri residenti, e si fonda sull’oggetto
principale od esclusivo degli stessi; ove tale oggetto consista nell’esercizio di attività
commerciali, l’ente sarà considerato commerciale ai fini della determinazione della
base imponibile; ove invece l’oggetto principale od esclusivo non consista
nell’esercizio di attività commerciali, troverà applicazione comunque la disciplina
degli enti non commerciali. Occorre stabilire quale sia l’oggetto principale per
verificarne il carattere commerciale o meno: l’oggetto è costituito dalle attività che
l’ente svolge al fine del raggiungimento degli scopi assegnati. Si considereranno
allora commerciali le attività indicate nell’articolo 2195 c.c., le attività di prestazione
di servizi diverse da quelle indicate nell’art. 2195 c.c., purché organizzate in forma
di imprese.
3. il terzo criterio si fonda sulla residenza del soggetto e comporta la riferibilità, ai
soggetti che non risultino residenti nel territorio dello stato, delle specifiche regole
previste. La nozione di residenza ai fini IRPEF è differente da quella IRES: nei
confronti dei soggetti residenti, l’imposta si applica su tutti i redditi posseduti,
indipendentemente dal luogo di produzione degli stessi, mentre per i non residenti,
concorrono alla formazione dell’imponibile i soli redditi prodotti nel territorio dello
stato.
Sub 3.2.4 Segue: la nozione di residenza fiscale
La nozione di soggetto residente non può essere identica per le persone fisiche e per gli altri
soggetti.
Per le persone fisiche, la norma riportata nell’art.2 TUIR considera residenti le persone che per la
maggior parte del periodo d’imposta: a)sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente
b)hanno nel territorio dello stato il domicilio c)sono residenti in Italia ai sensi del c.c. . Il primo
criterio (di tipo formale) consiste nella iscrizione anagrafica, mentre gli altri due (domicilio e
residenza) sono da utilizzare in carenza del primo. La residenza coincide con il luogo nel quale
stabilmente si dimora, mentre il domicilio si identifica con il luogo in cui la persona ha stabilito la
sede principale dei suoi affari ed interessi. Il successivo comma 2 reca una presunzione di residenza
fiscale in Italia per i cittadini cancellati dall’anagrafe ed emigrati in paradisi fiscali, addossando su
quest’ultimi l’onere probatorio che detto trasferimento non sia solo simulato.
63
Per i soggetti diversi, vengono considerati residenti coloro i quali per la maggior parte del periodo
d’imposta, hanno nel territorio dello stato la sede legale, ovvero la sede amministrativa, ovvero
l’oggetto principale.
3.3 La determinazione della base imponibile
3.3.1 Il periodo d’imposta e la determinazione del tributo dovuto.
Poiché il reddito consiste in un aumento del patrimonio, esso deve essere necessariamente riferito
ad un arco temporale predeterminato, rispetto al quale misurarne l’entità; tale periodo è fissato per
le persone fisiche nell’anno solare, e per gli altri soggetti passivi, dall’esercizio o periodo di
gestione stabilito dalla legge o dall’atto costitutivo.
Individuato il periodo d’imposta, occorre collocare le manifestazioni reddituali in ciascun periodo
ovvero, più propriamente imputare a periodo i redditi. Le regole di imputazione possono essere
distinte in due classi: per competenza e per cassa. In base al primo principio, il reddito è imputato al
periodo in cui si realizza la fattispecie costitutiva, mentre per il secondo criterio, il reddito è
imputato al periodo in cui è adempiuta la prestazione oggetto del diritto. Si deve rilevare che
l’autonomia dei singoli periodi d’imposta è in concreto derogata da altre disposizioni come:

la possibilità di riportare le perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali e quelle
derivanti dalla partecipazione a s.n.c. e s.a.s. in diminuzione dei relativi redditi conseguiti
nei periodi di imposta successivi, ma non oltre il quinto.

La facoltà di detrarre l’eccedenza di imposta versata nei periodi precedenti
3.3.2 Regole generali per la determinazione della base imponibile e dell’imposta.

La prima fase è quella della determinazione del reddito complessivo lordo costituito dalla
somma algebrica dei redditi e delle perdite del periodo

Dal reddito complessivo si deducono gli oneri deducibili e le eventuali perdite riportabili a
nuovo dai periodi di imposta precedenti, ottenendo così la base imponibile.

Alla base imponibile vengono quindi applicate le aliquote di imposta per determinare
l’imposta lorda.

Dall’imposta lorda si passa all’individuazione dell’imposta netta tramite la sottrazione
delle detrazioni.
64

Infine si procede alla quantificazione dell’imposta dovuta mediante lo scomputo delle
ritenute e dei crediti d’imposta.
3.3.3 La determinazione del reddito complessivo
Il reddito complessivo, si individua sommando le singole categorie che concorrono a formarlo;
sono in ogni caso esclusi

I redditi esenti dall’imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad
imposta sostitutiva.

Gli assegni periodici destinati al mantenimento dei figli

Gli assegni familiari e l’assegno per il nucleo familiare

La maggiorazione sociale dei trattamenti pensionistici
3.3.4 La deduzione delle perdite
Il principio della deduzione delle perdite ha incontrato una serie di successive limitazioni; le
regole vigenti infatti sembrano affrontare il tema delle perdite come se la loro inclusione nella base
imponibile costituisse un’agevolazione, un eccezione ai principi da introdurre con circospezione. Le
principali limitazioni discendono dal fatto che:
1. per le persone fisiche e gli enti non commerciali, le perdite derivanti da attività di lavoro
autonomo e di impresa, nonché quelle derivanti dalla partecipazioni in società di persone,
possono essere compensate solo con redditi della stessa natura e per l’eccedenza, essere
utilizzate nei periodi d’imposta successivi ma non oltre il quinto.
2. per le società e gli enti commerciali, vige comunque la regola della limitazione ad un solo
quinquennio del termine entro il quale le perdite sono riportabili; questo limite non si
applica alle perdite realizzate nei primi tre esercizi successivi alla costituzione, le quali
possono essere riportate in avanti senza limiti di tempo.
3. le perdite cessano di essere suscettibili di venire computate in diminuzione del reddito
qualora, successivamente al loro conseguimento, la società subisca trasformazioni incidenti
sulla struttura partecipativa (cioè sull’identità della maggioranza dei soci).
3.3.5 Il reddito complessivo netto: lo scomputo degli oneri deducibili
Dal reddito complessivo lordo, vengono poi sottratti gli oneri deducibili indicati nell’art.10. Tali
oneri comprendono alcune spese sostenute dal soggetto passivo al fine di soddisfare esigenze
primarie proprie del contribuente medesimo e dei suoi familiari. Ne sono un esempio:

spese mediche
65

contributi ad associazioni religiose

oneri gravanti sul reddito degli immobili

assegni corrisposti per il mantenimento della famiglia.
Spostando l’attenzione sul meccanismo di operatività degli oneri in questione, emerge che essi
giacché consistono nell’abbattimento di un determinato importo della base imponibile, si risolvono
in un vantaggio tanto più elevato quanto maggiore è il reddito complessivo del soggetto. In buona
sostanza, mentre le detrazioni di imposta arrecano un beneficio identico per tutti i contribuenti, gli
oneri deducibili apportano un vantaggio più consistente ai titolari di redditi più alti. Per questo il
legislatore ha trasformato una parte di essi in oneri detraibili, stabilendo che una quota dell’onere
pari al 19% sia detraibile dall’imposta dovuta.
3.3.6 La determinazione dell’imposta lorda e di quella netta
Una volta determinato l’imponibile netto, occorre quantificare la relativa imposta: ai sensi
dell’art.11, per le persone fisiche si applicano aliquote progressive per scaglioni:
1. fino a 15.000 euro 23%
2. oltre 15.000 e fino a 28.000 euro 27%
3. oltre 28.000 e fino a 55.000 euro 38%
4. oltre 55.000 e fino a 75.000 euro 41%
5. oltre 75.000 euro 43%
Per i soggetti diversi dalle persone fisiche, l’art.77 prevede invece un'unica aliquota proporzionale
del 27.5%.
Le detrazioni sono disciplinate in due grandi categorie: soggettive ed oggettive:

alle detrazioni soggettive appartengono quelle contemplate dagli articoli 12-15-16 e
sono riferibili alle spese sostenute per familiari a carico e per la locazione
dell’abitazione principale

le detrazioni oggettive previste dall’art. 13 spettano invece a determinate categorie di
reddito e sono finalizzate a mitigare il prelievo su redditi di ammontare ridotto
(anche se sono state eliminate quelle che tendevano a neutralizzare tout court il
prelievo sulle fasce di reddito più basse, corrispondenti al c.d. minimo vitale)
66
3.3.7 Dall’imposta netta a quella effettivamente dovuta: la detrazione dei crediti d’imposta delle
ritenute e degli acconti.
La denominazione di credito d’imposta è utilizzata per designare gli abbattimenti dell’imposta netta
finalizzati a tener conto dell’incidenza di altre imposte sul reddito imponibile in relazione al quale
l’imposta è stata liquidata, ed è finalizzato a impedire o attenuare i fenomeni di doppia imposizione.
3.3.8 I redditi soggetti a tassazione separata
Esistono tuttavia alcune tipologie di redditi che sebbene erogati in un'unica soluzione e tassabili
secondo il principio di cassa, si collegano ad attività svolte in un lungo periodo di tempo: tipico è il
caso della indennità di fine rapporto. Tassare tali redditi secondo le regole ordinarie significherebbe
farli concorrere ad un prelievo assai più oneroso di quello che avrebbero sopportato se erogati in
corrispondenza della loro maturazione. Il legislatore ha stabilito che siffatti proventi siano
estrapolati dal coacervo degli altri redditi di periodo e sottoposti a contribuzione con una aliquota
proporzionale determinata nel modo che in seguito illustreremo. Attualmente l’imposta si applica
separatamente a fattispecie tassativamente individuate, costituite da trattamenti di fine rapporto
inerenti al lavoro dipendente, dalle indennità relative alla cessazione di collaborazioni coordinate e
continuative o di rapporti di agenzia delle persone fisiche o delle funzioni notarili, ovvero ancora
dalle indennità percepite al termine dell’attività di sportivi professionisti.
Allo stesso regime sono sottoposti alcuni plusvalori, come ad esempio quelli realizzati mediante la
cessione a titolo oneroso di aziende possedute da più di cinque anni, come quelli conseguiti
successivamente alla liquidazione di imprese commerciali, nonché le plusvalenze realizzate a
seguito della cessione dei terreni edificabili. L’applicazione della tassazione separata dovrebbe
normalmente risolversi in un beneficio per il soggetto, attenuando l’effetto della progressività.
3.4 Le categorie di reddito
3.4.1 I redditi fondiari
In questo medio sistema sono ricompresi i proventi derivanti da terreni o fabbricati situati nel
territorio dello stato che sono o devono essere iscritti al catasto. I redditi fondiari si distinguono in
tre sub-sistemi: reddito dominicale, reddito da fabbricati (forme di produzione del reddito collegate
alla messa a reddito di un cespite), e reddito agrario (avente ad oggetto la realizzazione di un attività
stabilmente funzionale allo sfruttamento della potenzialità produttiva del fondo agricolo). Il
presupposto per la tassazione è considerato il possesso dell’immobile in base a proprietà, usufrutto,
67
enfiteusi o altro diritto reale; i redditi fondiari sono determinati indipendentemente dalla relativa
percezione per il solo fatto della titolarità di un diritto reale che attribuisce il possesso del bene
immobile (principio di competenza).
Sub 3.4.1 i redditi dominicali
Il reddito dominicale è costituito dalla parte dominicale del reddito medio ordinario riferibile al
terreno attraverso l’esercizio delle attività agricole (art.27). Si tratta in sostanza della parte di rendita
catastale che va attribuita al possessore del terreno quale remunerazione figurativa della titolarità
del fattore di produzione essenziale per lo svolgimento dell’attività agraria. La rendita catastale è
determinata mediante l’applicazione di tariffe d’estimo determinate per ciascuna unità colturale in
dipendenza delle qualità e classe di terreno. Non si considerano produttivi di reddito dominicale i
terreni che costituiscono pertinenze di fabbricati urbani, i terreni dati in affitto per usi non agricoli
ed i terreni che costituiscono beni d’impresa.
Sub 3.4.1 i redditi agrari
Il reddito agrario costituisce il reddito medio ordinario dei terreni, determinato su base catastale,
imputabile al capitale di esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nel limite della
potenzialità del terreno, nell’esercizio delle attività agricole; vale ad esprimere la riferibilità del
reddito all’impresa agricola. Accanto alla regola qualificatoria generale è formulato un elenco
specifico di fattispecie da classificare come attività agricole: coltivazione del fondo e silvicoltura,
coltivazione di vegetali svolte tramite strutture fisse o mobili, purché insistano su di una superficie
adibita alla produzione, allevamento di animali, alienazione, manipolazione e trasformazione dei
prodotti agricoli e zootecnici
Sub 3.4.1 i redditi dei fabbricati
Il reddito dei fabbricati è costituito dal reddito medio ordinario ritraibile da ciascuna unità
immobiliare urbana determinate secondo le tariffe d’estimo: nella categoria vengono inclusi i
fabbricati, le altre costruzioni stabili e le relative pertinenze che sono suscettibili di produrre reddito
autonomo. Pertanto non è richiesta la effettiva produzione di un reddito, bensì la potenzialità
produttiva: tuttavia sono escluse dalla determinazione catastale gli immobili concessi in locazione.
Rientra nei redditi da fabbricati anche il reddito espresso dall’abitazione principale del contribuente,
che però viene poi dedotto dal reddito complessivo attraverso il meccanismo delle deduzioni. Sono
espressamente previste esclusioni per gli immobili destinati esclusivamente all’esercizio di culto,
68
unità immobiliari sottoposte a restauro, annessi agricoli, immobili strumentali all’esercizio di
attività imprenditoriale. È inoltre previsto che la rendita catastale riguardante le seconde case sia
aumentata di un terzo, ed è ammessa la deduzione dei costi di manutenzione purché rientranti nel
limite annuale del 15% dell’ammontare annuo dei canoni di locazione.
3.4.2 I redditi di capitale
Il primo connotato delle varie tipologie di proventi classificati come redditi di capitale è
ravvisabile in un elemento di ordine negativo, e cioè nella mancata riferibilità degli stessi alla
categoria dei redditi d’impresa. Sembra idoneo individuare tre insiemi normativi e cioè:
1. interessi e proventi da finanziamenti
2. dividendi e utili derivanti da rapporti partecipativi
3. altri proventi derivanti da atti di gestione del capitale
Il criterio di determinazione della base imponibile si fonda sulla duplice regola dell’assunzione dei
proventi al lordo (il quale comporta che gli eventuali costi sostenuti dal percettore al fine di
produrre il reddito di capitale non abbiano alcuna rilevanza fiscale) e dall’adozione del criterio di
imputazione temporale per cassa.
Sub gli interessi
Sono ivi compresi gli interessi e gli altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti corrente; sono
inoltre menzionati gli interessi e gli altri proventi da obbligazioni e titoli similari, degli altri titoli
diversi, nonché dei certificati di massa
Sub gli utili ed i proventi da partecipazione in società o enti
Sono considerati i proventi che derivano dalla partecipazione in società o enti, ovvero le tipologie di
redditi a queste assimilabili; è rappresentato dai dividendi e dagli utili derivanti dalla partecipazione
al capitale o al patrimonio delle società di capitali ovvero di enti commerciali o non commerciali
purché assoggettati ad IRES. Il trattamento fiscale degli utili stabilisce che essi concorrono a
formare il reddito imponibile in misura del 40% se la partecipazione è qualificata mentre in misura
del 100% se la partecipazione è non qualificata (soggetta ad una ritenuta alla fonte del 12.5%) (per
maggiori dettagli vedi slide allegate).
Sub gli altri redditi di capitale
Sono da includere le rendite perpetue e le prestazioni annue perpetue, nonché le prestazioni di
fedejussione o altra garanzia.
69
3.4.3 I redditi da lavoro dipendente
I redditi da lavoro dipendente, sono rappresentati dai proventi derivanti dal lavoro prestato alle
dipendenze e sotto la direzione di altri, comprese le prestazioni a domicilio e le collaborazioni
coordinate e continuative. Inoltre sono compresi sia gli interessi derivanti dalla rivalutazione dei
crediti di lavoro, che le pensioni.
I redditi assimilati che si aggiungono a quelli sopramenzionati, sono riconducibili a tre gruppi
omogenei: le rendite vitalizie e a tempo determinato costituite con contratti di assicurazione vita, le
prestazioni pensionistiche complementari e gli assegni periodici.
La regola generale in tema di determinazione del reddito di lavoro dipendente è rappresentata da
ogni somma o valore in natura percepiti nel periodo d’imposta in relazione al rapporto di lavoro
(principio di cassa). Per i compensi in natura (i c.d. fringe benefits) inclusi anche i beni ceduti ed i
servizi prestati a favore del coniuge o dei familiari del dipendente, si applica il criterio del valore
normale: se tale valore è inferiore a 258 euro essi non concorrono a formare il reddito imponibile. Il
reddito prodotto all’estero in via continuativa del lavoratore residente in Italia (a condizione che il
soggiorno nello stato estero sia superiore ai 183 giorni) è stabilito in base a criteri forfetari stabiliti
con decreto del ministero. Per i redditi assimilati al lavoro dipendente sono applicabili le medesime
regole previste per la determinazione della base imponibile dei redditi da lavoro dipendente.
3.4.4 I redditi da lavoro autonomo
I redditi da lavoro autonomo derivano dall’esercizio di arti o professioni, e più precisamente dallo
svolgimento per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse
dalle attività d’impresa. I connotati tipizzanti delle professioni liberali e delle attività artistiche
possono individuarsi nell’autonomia decisionale ed organizzativa, oltre che nella tendenziale
personalità ed originalità della prestazione; si tratta di caratteri agevolmente riscontrabili nelle
tipiche forme di manifestazione artistica e nelle professioni liberali
per le quali è prevista
l’iscrizione ad un albo professionale di tipo pubblicistico. Quanto all’esercizio in forma associata e
collettiva dell’attività professionale od artistica, i relativi proventi vengono pur sempre qualificati
come reddito di lavoro autonomo, applicando il principio della trasparenza come per le società
semplici. Accanto alla categoria propria dei redditi di lavoro autonomo è contemplata una sub
categoria di prestazioni assimilate: proventi da sfruttamento delle opere dell’ingegno, utili derivanti
da contratti di associazione quando l’apporto è costituito unicamente dalla prestazione di lavoro,
cariche di amministratore, sindaco e revisore di società, collaborazioni a giornali e riviste,
partecipazione a collegi e commissioni ecc…
70
Viene determinato mediante la contrapposizione tra i compensi percepiti e le spese sostenute
nell’esercizio dell’attività, e l’imputazione avviene prevalentemente secondo il principio di cassa; le
componenti positive sono composte dai corrispettivi incassati a seguito dello svolgimento
dell’attività professionale, nonché delle plusvalenze e minusvalenze generate dalla cessione a titolo
oneroso di beni strumentali all’esercizio dell’arte o della professione; per quanto riguarda invece le
componenti negative del reddito, è stabilito che le spese sostenute debbano presentare una relazione
di inerenza con l’attività artistica o professionale e ne consegue che le spese riconducibili alla sfera
privata o familiare del lavoratore autonomo non sono computabili in diminuzione del reddito, tranne
che per i costi dei beni e servizi adibiti promiscuamente all’uso professionale e personale che sono
invece deducibili nella misura del 50%.
Per quanto riguarda invece i redditi assimilati, la loro valutazione viene effettuata per lo più in base
ad una predeterminazione normativa dei costi occorrenti per la produzione di reddito, secondo una
valutazione forfetaria.
3.4.5 I redditi diversi
La residualità è il criterio tassonomico utilizzato nella individuazione di queste fattispecie
imponibili. Le singole fattispecie sono rappresentate da :

Plusvalenze realizzate da edificazione di terreni o loro lottizzazione e dalla successiva
vendita anche parziale dei terreni e degli edifici.

Redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente (concessione di terreni per usi
non agricoli).

Redditi di immobili situati all’estero

Vincite e premi

Redditi derivanti da usufrutto e sublocazione di beni immobili o dall’affitto/concessione
d’uso di beni mobili.

Corrispettivi dell’affitto e utilizzo d’azienda

Redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente

Indennità sportive.
3.4.6 I redditi d’impresa
L’individuazione dei redditi d’impresa si basa su due criteri:

Criterio soggettivo (formale): i redditi delle società commerciali, sia di persone (s.n.c. e
s.a.s.), sia di capitali (s.r.l. s.p.a. e s.a.p.a.), da qualunque fonte provengono, sono
71
considerati redditi d’impresa. Ciò significa che, per i suddetti soggetti, non occorre
effettuare alcuna indagine per stabilire la natura dei loro redditi.

Criterio oggettivo (sostanziale): i redditi delle persone fisiche, enti non societari, società di
fatto, sono redditi d’impresa se derivano dall’esercizio di imprese commerciali. È quindi
necessario individuare quando si ha esercizio di impresa commerciale.
Secondo il comma 1 dell’art. 55 del TUIR il reddito di impresa è quello che deriva dall’esercizio
di imprese commerciali; per esercizio di imprese commerciali, deve intendersi l’esercizio per
professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 c.c. e delle attività
indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32 TUIR che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se
non organizzate in forma di impresa.
Ai sensi dell’art. 2195 del codice civile sono soggetti all’obbligo di iscrizione nel registro delle
imprese:

attività industriali dirette alla produzione di beni o servizi

attività intermediarie nella circolazione dei beni

attività di trasporto per terra acqua ed aria

attività bancarie ed assicurative

altre attività ausiliarie delle precedenti
Ai sensi dell’art. 32 comma 2 lettere b) e c) del TUIR sono da considerarsi attività di impresa le
attività agricole quali:

b) l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno ¼ dal terreno e le attività
dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse e mobili anche
provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio del terreno su cui la
produzione stessa insiste

c) le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione
e valorizzazione , ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla
coltivazione del fondo e del bosco o dall’allevamento di animali, con riferimento a beni
individuati su riferimento del Ministro delle politiche agricole e forestali.
Sono inoltre considerati redditi d’impresa ai sensi del comma due dell’art. 55 TUIR

i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma di impresa dirette alla
prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 c.c.

i redditi derivanti dall’attività di sfruttamento delle miniere, cave, torbiere, saline, laghi,
stagni ed altre acque interne
72

i redditi dei terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui all’art.
32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle s.n.c. e
s.a.s., nonché alle stabili
organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa
Sub 3.4.6: la determinazione dei redditi d’impresa
Il reddito di impresa viene determinato secondo le norme contenute nel titolo II del TUIR, le quali
riguardano la disciplina dell’IRES; tali norme si applicano anche alle imprese individuali ed alle
società di persone.
Art. 83 TUIR Il reddito d’impresa viene determinato apportando all’utile o alla perdita risultante
dal conto economico relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta le variazioni in aumento o
in diminuzione operate in seguito alle applicazioni delle disposizioni fiscali. Il conto economico ex
art. 2425 c.c. riveste un ruolo centrale nella determinazione del reddito d’impresa: esso costituisce
quindi il punto di partenza dal quale determinare IRPEF ed IRES. Le variazioni invece sono la
conseguenza dell’applicazione delle regole poste dal TUIR con riferimento a:

Elementi attivi: Ricavi, plusvalenze patrimoniali, sopravvenienze attive, dividendi ed
interessi attivi, rimanenze finali.

Elementi passivi: spese per prestazioni di lavoro, interessi passivi, oneri fiscali contributivi e
di utilità sociale, minusvalenze sopravvenienze passive e perdite, ammortamenti,
accantonamenti, spese pluriennali.
Nell’utilizzo delle componenti del reddito d’impresa si deve tenere presente dei seguenti principi:
1. Principio di competenza: consiste in prima approssimazione ed in contrapposizione
al principio di cassa, nel prendere in considerazione ai fini impositivi non il periodo
in cui il ricavo è percepito o il costo assolto, bensì quello nel quale giuridicamente
sorge il diritto all’acquisizione del provento o l’obbligo al sostenimento dell’onere.
Eccezioni a tale principio devono ritenersi i compensi dovuti agli amministratori, gli
oneri fiscali e contributivi e le erogazioni liberali
2. Principio di inerenza: le spese e gli altri componenti negativi diversi sono deducibili
se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri
proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto
esclusi.
3. Principio della certezza della determinabilità oggettiva: nella quantificazione
dell’ammontare del costo e del ricavo
73
4. Principio dell’imputazione a conto economico: le spese e gli altri componenti
negativi di reddito non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non
risultano imputati a conto economico relativo all’esercizio di competenza
Non concorrono alla determinazione dell’utile netto i proventi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo
d’imposta, nonché i proventi ed i costi relativi agli immobili che non costituiscono beni strumentali
per l’esercizio d’impresa.
74
4.1 La disciplina dell’Imposta sul reddito delle società
L’imposta sul reddito delle società grava sui soggetti passivi indicati nell’art.73 TUIR:

Le s.p.a. , s.a.p.a. , s.r.l. residenti nel territorio dello stato.

Gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust residenti nel territorio dello
stato che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale

Gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust residenti nel territorio dello
stato che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale

Le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust con o senza personalità giuridica, non
residenti nel territorio dello stato.
Mentre sono escluse dall’ambito soggettivo di applicazione dell’IRES:

Società di persone ed assimilate
Presupposto dell’imposta indicato dall’art.72 TUIR è il possesso di redditi in denaro o in natura
rientranti nelle categorie dell’art.6 del medesimo testo; il presupposto è in analogia con quello
dell’IRPEF.
L’art.75 TUIR indica che l’imposta deve essere applicata al reddito complessivo netto conseguito
nel periodo di imposta.
Ai sensi dell’art.81 TUIR, il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali da qualsiasi
fonte provenga è considerato reddito di impresa ed è determinato secondo le relative disposizioni.
In specie, tali disposizioni sono indicate all’interno del sopraccitato art.83, per il quale il reddito
d’impresa è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico relativo
all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta le variazioni in aumento o in diminuzione operate in
seguito all’applicazione delle disposizioni fiscali. Tali variazioni sono la conseguenza
dell’applicazione delle regole poste dal TUIR con riferimento a: elementi attivi (ricavi, plusvalenze,
sopravvenienze attive, dividendi ed interessi attivi, rimanenze finali) ed elementi passivi (spese per
prestazioni di lavoro, interessi passivi, oneri fiscali, minusvalenze patrimoniali, ammortamenti,
accantonamenti, spese pluriennali).
75
Diritto tributario
Appendice sul contenzioso tributario
Dall’insieme delle verifiche effettuate sulla posizione tributaria del soggetto passivo,
l’amministrazione finanziaria giunge all’emissione dell’avviso di accertamento qualora la ricchezza
effettiva non coincida con quanto riportato all’interno dell’autoaccertamento. Nella motivazione
dell’avviso di accertamento si riportano gli elementi dell’attività istruttoria, e si può ripercorrere
attraverso tali elementi il ragionamento attuato dall’amministrazione finanziaria.
Successivamente al recepimento di tale avviso, il soggetto passivo può giungere a due conclusioni:
1. Pagare la sanzione
2. Ritenere sbagliata la valutazione e procedere alla contestazione.
Le controversie riguardano l’esistenza di un debito e la sua entità; afferiscono alla patologia del
rapporto (o ci si trova dinanzi ad un errore dell’amministrazione finanziaria o del contribuente).
Il sistema giudiziario vede al suo interno la presenza di numerose tipologie di giudici:

Giudice di pace: tratta di controversie tra cittadini o tra cittadini ed amministrazione
finanziaria, ma senza scendere nella trattazione penale.

Giudice civile: come sopra.

Giudice penale: tratta materie penali.

Giudice regionale: il T.A.R. tratta in materia di disparità tra amministrazione e cittadini.

Corte dei conti: verifica il dolo o colpa dei dipendenti pubblici nei confronti dello stato.

GIUDICE TRIBUTARIO
Il giudice tributario è un giudice straordinario e si identifica con la commissione tributaria, la quale
è composta di almeno tre soggetti che decidono a maggioranza.
Attraverso il ricorso si chiede di valutare se l’avviso di accertamento sia corretto o no: tale
documento deve avere le seguenti specificità.
1. Deve essere scritto e deve individuare il giudice (commissione tributaria provinciale) a cui
il soggetto passivo intende rivolgersi. Tale commissione deve essere della stessa provincia
dell’ufficio dell’amministrazione finanziaria dalla quale proviene l’avviso di accertamento;
le province di maggiori dimensioni hanno più sezioni all’interno della commissione.
Ciascun ufficio dell’Amm. Fin. può rivolgersi solo ai residenti del territorio sotto la sua
giurisdizione; se ciò non avviene si può contestare. La competenza territoriale infatti è un
parametro di legittimità del provvedimento; qualora ad esempio ad un residente del comune
di Firenze arrivi un avviso da un ufficio di Roma, egli può avviare la contestazione (infatti
76
tale ufficio ha superato la propria competenza territoriale), purché si rivolga alla
commissione tributaria della provincia di Roma. La mancanza o l’inesatta indicazione della
commissione adita comporta la inammissibilità del ricorso.
2. Identificazione del soggetto che fa il ricorso: si deve riportare il nome, cognome, luogo di
nascita e di residenza, data di nascita. Chi effettua il ricorso può essere sia una persona fisica
che giuridica, purché assistita da un professionista abilitato (dott. Commercialisti,
Ragionieri, Avvocati ecc…). L’assistenza ha una valenza sia tecnica che sostitutiva del
cliente durante il processo. Nel processo tributario è consentita comunque la difesa
personale purché la controversia non superi i 2.500 euri, anche se il giudice può comunque
obbligare il soggetto passivo a rivolgersi ad un professionista. La figura del professionista
che ha potere di rappresentanza deve essere indicata all’interno del ricorso.
3. Identificazione dell’agenzia che viene chiamata in causa (ovvero quella dalla quale proviene
l’avviso di accertamento).
4. Identificazione del provvedimento che si va ad impugnare (n° progressivo dell’atto e data di
emissione). La data di notifica è importante perché da la possibilità di verificare
immediatamente il termine di 60 gg. dalla notifica per effettuare il ricorso.
5. Specificazione delle ragioni per le quali si ritiene che l’avviso di accertamento sia illegittimo
(formulazione
delle
contestazioni).
Una
volta
redatto
non
si
può
aggiungere
successivamente altre cause di ricorso. Se si sfora il termine dei 60 gg. si può richiedere lo
stesso l’ammissione al ricorso se si dimostra di essere stati indotti in inganno.
Il ricorso è l’atto introduttivo del giudizio che porta alla emissione di un documento (sentenza) che
stabilisce chi dei due abbia ragione. La sottoscrizione (firma) è importante poiché attraverso di essa
il contribuente fa proprio quell’atto; per le persone giuridiche l’autore della sottoscrizione sarà colui
il quale è munito del potere di rappresentanza legale. Se manca la sottoscrizione il ricorso è nullo in
quanto può essere promosso solo ed elusivamente dal contribuente (o rappresentante).
La fase successiva è la notifica del ricorso, la quale si effettua attraverso la consegna materiale
all’ufficio che ha emesso l’atto che si vuole impugnare: si può effettuare attraverso

Consegna fisica, alla quale viene rilasciata ricevuta.

Spedizione a mezzo posta, attraverso la raccomandata con avviso di ricevimento

Ausilio dell’ufficiale giudiziario; in ogni tribunale c’è un ufficio notifiche atti e protesti al
quale ci si può rivolgere. L’ufficiale emette la relazione di notificazione.
77
Alla ricezione del ricorso, l’amministrazione finanziaria può:
1. Ignorare il ricorso: allora il giudice prende in considerazione una sola campana, ovvero
quella del soggetto passivo. Tuttavia può succedere che in sede giudiziaria il soggetto
passivo non vinca, in quanto il ricorso viene accolto con sfavore.
2. Accettare il ricorso: l’amministrazione finanziaria si accorge dell’errore ed annulla l’effetto
dell’avviso di accertamento. Qualora le somme siano state incassate dall’Amm. Fin. in
maniera indebita, essa dovrà restituirle quando viene accettato l’annullamento dell’avviso.
3. Costituzione in giudizio: l’amministrazione ritiene che il contribuente abbia torto.
Quando l’amministrazione finanziaria riceve il ricorso e si costituisce in giudizio, deve trasferire la
memoria difensiva al giudice tributario della commissione tributaria provinciale indicata dal ricorso.
Il contribuente per rendere edotta la commissione, deve fornire una notizia dell’esistenza del ricorso
attraverso la comunicazione di un plico contenente il ricorso stesso e la ricevuta che ne provi la
notifica all’Amm. Fin.
Avviso di accertamento
Ricorso
Notifica all’ufficio tributario
Deposito del ricorso presso la commissione tributaria provinciale
Il contribuente dichiara alla C.T.P. che il ricorso consegnato è uguale a quello notificato alla Amm.
Fin. Il termine per il deposito presso la C.T.P. del ricorso è di 30 gg. dall’atto di notifica all’Amm.
Fin. Se non si rispetta il termine, allora il ricorso è inammissibile ed il cliente può effettuare azione
di rivalsa nei confronti del rappresentante delegato.
Una volta depositato il ricorso alla Amm. Giudiziaria, ad esso viene applicato un numero
progressivo identificativo che prende il nome di numero di ruolo. Nel fascicolo si inserisce il ricorso
ed eventuali documenti probatori. La commissione tributaria provinciale assegna la pratica ad un
giudice.
L’ufficio che deve difendersi produce la sua memoria e la consegna al giudice relatore; il
contribuente può richiedere al C.T.P. la memoria dell’Amm. Fin.
Esiste un termine di 60 gg. dalla data di notifica all’Amm. Fin. perché questa possa costituirsi in
giudizio; molto spesso tale termine non viene rispettato in quanto l’Amm. Fin non incorre in
problemi di decadimento del proprio diritto.
78
Una volta che l’Amm. Fin. si è costituita in giudizio, si decide per la fissazione dell’udienza; il
giudice relatore prende la data che più lo aggrada ed attraverso la segreteria del C.T.P. comunica
l’avviso alle parti.
Il processo tributario è diverso dagli altri processi in quanto si svolge a porte chiuse in camera di
consiglio (le parti non sono presenti all’udienza a meno di richiesta scritta).
Una volta ottenuta la comunicazione si sa con certezza la data dell’unica udienza.
L’onere della prova (dimostrazione di aver ragione) spetta al soggetto attivo (resistente del giudizio
o convenuto) ovvero all’Amm. Fin. Le prove possono essere integrate fino a 20 giorni prima
dell’udienza; fino a 10 giorni prima dell’udienza è tuttavia possibile per il soggetto passivo
(ricorrente di giudizio o attore), formulare ulteriori argomentazioni a proprio favore per contrastare
la memoria difensiva dell’Amm. Fin.; infine 5 giorni prima dell’udienza c’è la possibilità per il
resistente di giudizio di effettuare la replica della replica. Questi termini sono perentori, ed una
volta scaduti non è più possibile accedere al loro beneficio. Tuttavia, qualora il processo si sviluppi
a porte aperte, questi termini non valgono più, in quanto durante lo svolgimento possono prendere
parola sia il difensore del contribuente sia il rappresentante dell’amministrazione finanziaria.
L’esito della deliberazione finale è la sentenza che deve essere composta da due parti:
1. il riassunto di tutto lo svolgimento del processo
2. motivazione della sentenza
La sentenza deve essere controllabile dai destinatari e dal livello di giudizio superiore. Onde evitare
che si emetta un giudizio arbitrario è necessario che si esponga la motivazione. Una volta compreso
il profilo di legittimità, i soggetti possono eventualmente decidere di impugnare la sentenza. Nella
sentenza c’è anche una terza parte detta dispositivo che ci segnale se si accoglie/respinge il ricorso.
La sentenza deve inoltre contenere la sottoscrizione (firma) da parte dei giudici; le firme però non
sono tre o più (a seconda del numero dei componenti della commissione), ma solo quella del
giudice relatore e del presidente della commissione.
In seguito la sentenza viene pubblicata con numero identificativo e data di nascita a partire dalla
quale la sentenza è efficace. Dalla data di pubblicazione posso decidere se prestare acquiescenza o
impugnarla entro il termine massimo di sei mesi.
Se si decide di impugnare la sentenza, il soggetto deve rivolgersi alla commissione regionale del
capoluogo di regione, presentando ricorso in appello con la richiesta di verificare se la decisione di
primo grado è regolare o no; il giudice tributario se ritiene il primo grado corretto, si limita a
respingere il ricorso.
Il processo di secondo grado si svolge come quello di primo ma:
79

Se il contribuente, in sede di processo di primo grado si vede respingere tutti i motivi di
ricorso, deve chiedere in secondo grado di verificare se le motivazioni apportate sono
regolari, purchè in sede di appello si ripropongano le medesime domande

Se la commissione dice che sono tutti respinti, in appello si può impugnare anche solo una
motivazione di ricorso; infatti le domande che proposte in primo grado e che l’appellante
non ripropone nell’appello si intendono rinunciate.
Per l’accesso al secondo grado, esiste un termine breve di 60 gg. che decorre dal momento in cui la
sentenza viene notificata; tuttavia tale termine viene rispettato di rado e si ricorre al termine lungo
dei sei mesi trascorsi i quali decade definitivamente la possibilità di ricorso in appello.
La commissione tributaria può rivedere la motivazione dell’avviso di accertamento e dichiararla
illegittima o carente.
Il secondo grado non può aggiungere elementi nuovi o prove a sfavore dei soggetti a meno che il
giudice non le ritenga necessarie ai fini della decisione. Si decide solo sulle argomentazioni
presentate in precedenza dalle parti e quindi il giudice d’appello deve valutare sulla base delle
stesse prove del primo grado, altrimenti interverrebbe un alterazione del parametro di riferimento.
Tuttavia se il contribuente si dimentica alcune prove in primo grado e dimostra di non avere potuto
produrle per cause ad esso non imputabili, la può fornire in secondo grado. In alcuni casi il giudice
d’appello può rinviare gli atti alla commissione provinciale affinché quest’ultima emetta una nuova
sentenza quando:

Il primo giudice abbia dichiarato la propria incompetenza che il giudice d’appello ritiene
sussistere

Il giudice d’appello riconosce che nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato
costituito o integrato

Il giudice d’appello riconosce che nel giudizio di primo grado il collegio giudicante non era
legittimamente composto

Il giudice d’appello riconosce che nel giudizio di primo grado è stato erroneamente
giudicato estinto il processo.

Manca la sottoscrizione della sentenza del giudice di primo grado.
Il giudizio di secondo grado, può essere sottoposto al giudizio superiore da parte della corte di
cassazione. Il giudice di cassazione può decidere solo per quanto riguarda la correttezza giuridica,
ma non può scendere in particolari tecnici tributari; compito della cassazione è infatti quello di
assicurare che ogni decisione di ogni tipo di giudice sia corretta interpretazione di legge. Nel nostro
ordinamento non c’è l’obbligo di continuare a giudicare come in passato (common law);
nell’ordinamento common law il non uniformarsi alle decisioni precedenti porta all’annullamento,
80
mentre nel civil law non è così. Quindi nel civil law non c’è certezza della sentenza, in quanto si
vuole salvaguardare il principio della conservazione della sovranità della legge.
L’art. 360 del codice di procedura civile prevede che dinanzi alla cassazione si possa contestare:

Materia non ammessa al giudice (non è ammesso che il giudice tributario sentenzi su una
multa inerente il codice stradale).

Illegittimità territoriale (il soggetto che ha perso può richiedere che si annulli questa
sentenza).

Utilizzo di disposizione di legge errata

Il non chiaro ragionamento del giudice in sede di motivazioni.
Per essere difesi in corte di cassazione è necessario rivolgersi ad avvocati speciali; nella fattispecie,
l’Amm. Fin. deve rivolgersi all’avvocatura dello stato.
Inoltre nell’udienza a porte aperte della corte di cassazione è prevista la presenza di un procuratore
generale che esprime la propria opinione; la soluzione adottata dalla cassazione può essere
conforme o difforme all’opinione del pubblico ministero.
Ci sono dei casi in cui dopo la sentenza della corte di cassazione che annulla il risultato di secondo
grado, si ritorni al primo grado; ci sono altri casi in cui la sentenza di cassazione prevede che il
secondo grado riveda la sua decisione per ottenere una pronuncia più esaustiva. Quando ci sono più
sezioni all’interno di una commissione tributaria, la nuova pronuncia viene affidata ad un'altra
sezione pena l’annullabilità.
Il processo tributario ha carattere impugnatorio: la legge 546/1992 elenca una serie di
provvedimenti che possono essere impugnati:
1. l’avviso di accertamento del tributo
2. l’avviso di liquidazione del tributo
3. il provvedimento che irroga le sanzioni
4. il ruolo e la cartella di pagamento
5. l’avviso di mora
6. l’iscrizione ad ipoteca ecc...
per effetto della estensione di competenza delle commissioni tributarie, l’elencazione sopra riportata
non assume carattere tassativo, potendo essere impugnato dinanzi ai giudici tributari ogni atto ad
essi assimilato.
81
Appunti extra
Il Controllo viene effettuato per scoprire l’evasione, e ad esso farà seguito l’eventuale denuncia
qualora ci si trovasse di fronte ad attività non lecite; l’operazione può vedere coinvolta
l’amministrazione finanziaria nella verifica di accertamento del tributo, e la guardia di finanza
nell’accertamento della violazione.
*Il processo tributario
Il processo tributario, trae le sue origini dalla analogia con quello civile; per questo a seguito della
riforma introdotta nel 2008 si sono avute delle importanti modifiche all’iter processuale. In primo
luogo per il ricorso in secondo grado ci sono due alternative: o si impugnano le sentenze nel
momento in cui il vincitore comunica al perdente con un termine di 60 g.g. o si può fare ricorso
entro sei mesi dal deposito in cancelleria (prima della riforma erano 12 mesi).
Per il terzo grado è previsto che il ricorso in cassazione non sia in contrasto con le sentenze
sostenute in passato dalla cassazione stessa (questo per non intasare la cassazione con ricorsi
inutili). Questo fatto porta però a delle conseguenze rilevanti in quanto qualora la cassazione
dovesse cambiare idea, essa non è acconsentita ad esprimersi, generando una situazione del tutto
simile alla giurisprudenza anglosassone common law, dove la sentenza assurge al ruolo di
precedente a cui attenersi. Ma il concetto di precedente in materia tributaria contrasta con i principi
esposti dall’art.23 il quale consente solo al parlamento di disciplinare in questa materia.
**Tributi (spiegato durante la lezione sul presupposto)
1. Principale: deriva dalla dichiarazione del soggetto passivo.
2. Complementare: se a seguito di un controllo, il dichiarato risulta errato, questo è il tributo
richiesto a seguito della correzione da parte dell’amministrazione finanziaria.
3. Suppletivo: applicato se a seguito del controllo, emerge che l’errore di determinazione non
dipende dal soggetto passivo ma da quello che controlla. Questa condizione era solita
quando in passato, il soggetto passivo si presentava all’ufficio dell’amministrazione
finanziaria per il calcolo del tributo di registro. Ovviamente il ricorso al tributo suppletivo
non da mai luogo a sanzioni in quanto l’errore è in capo all’amministrazione finanziaria.
***Organi atti al controllo (spiegato a margine della lezione sui soggetti attivi).
Il SECIT è un organo esterno all’amministrazione finanziaria il cui compito è quello di controllare
sia i soggetti passivi che quelli attivi. È composto da elementi della Guardia di Finanza, Magistrati,
Professionisti, Professori universitari per un totale di 50/60 super ispettori. Essendo un corpo
estraneo all’amministrazione finanziaria, è stato oggetto di molte perplessità soprattutto per il fatto
che la composizione (persone esperte ma poco propense a capire l’attività pratica) lo rendeva poco
efficace. Infatti con il tempo la sua importanza è gradualmente diminuita e ad oggi viene relegato
alla funzione di centro studi. Un caso importante che può essere considerato una sorta di esempio
della parziale incompetenza di questo organo è il così detto Leasing Back: vendere un immobile per
ottenere liquidità immediata e poi riprenderlo in locazione pagandolo in leasing, e stato a lungo
considerato da parte del SECIT una elusione, quando invece non vi erano gli estremi per
considerarlo tale.
L’altro organo dedito al controllo è la Guardia di Finanza, un istituto che si presenta anche in altre
realtà estere. Esso è destinato al controllo tributario, ma essendo un corpo armato svolge anche altre
funzioni di pubblica sicurezza come i carabinieri, la polizia ed i vigili (controllo stradale, contrasto
della criminalità organizzata nella quale è sempre più coinvolta per la natura sempre più complessa
di questo reato, nonché per la sicurezza pubblica, il contrabbando e il traffico di droga). Essa opera
in collaborazione con l’istituzioni civili ed opera solo ed esclusivamente come attività di controllo,
non potendo compiere atti amministrativi di accertamento. La GDF è caratterizzata da struttura
gerarchica come tutte le forze armate, ma ad oggi (anche se è già pronta una riforma) il comandante
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deve essere di provenienza esterna al corpo per limitarne la potenza: la struttura è provinciale e
regionale con relativi comandanti. L’attività è solo di controllo e porta alla emissione del P.V.C.
(processo verbale di contestazione) che viene inviato agli uffici competenti; queste agenzie, non
hanno l’obbligo di accettare questo documento, ma possono: 1) accettare in toto 2) accettare
parzialmente 3) rimettere (raramente). Anche i sottufficiali devono avere laurea breve che attesti
una buona preparazione in materia. Il comandante regionale ha un potere particolare: è l’unico
assieme al direttore regionale delle agenzie che può autorizzare accessi presso le banche.
****Le presunzioni
Qualsiasi cosa si trovi all’interno dei locali aziendali, si presume acquistato con fattura, o in nero
qualora non si trovi la fattura. Tutto ciò che è acquistato e corredato di fattura, ma non si trova più
nei locali, si considera venduto a nero (anche qualora sia stato spostato in un locale aziendale che
però non risulti registrato all’anagrafe tributaria).
*****L’investigazione tributaria
La procedura investigativa, ha subito delle modifiche nel 2000 a seguito dell’introduzione dello
statuto dei diritti del contribuente (legge 212), il quale formalizza dei principi che sono valenza
storica del rapporto tra cittadini ed Amm. Fin. ; la storica supremazia dell’Amm. Fin. in materia
investigativa è stata così riequilibrata a favore del contribuente. Tuttavia è necessario che anche il
contribuente faccia la propria parte collaborando e cooperando nell’attività.
L’art. 1 comma 1 dello statuto fa un rinvio agli art. 3 23 53 97 cost. stabilendo così che i principi
statutari sono attuativi di tali norme costituzionali; il legislatore quindi nel momento in cui legifera
deve tenere in conto dello statuto, pena la violazione di uno dei principi costituzionali sopra esposti.
La G.d.f. non svolge attività di accertamento, bensì di investigazione; tale attività si conclude con
l’emissione del P.V.C., documento ufficiale dal quale scaturiscono gli esiti dell’investigazione. È un
atto che “non fa male”, in quanto non costituisce obbligazione nei confronti del soggetto passivo;
obbligazione che scaturisce invece con l’emissione dell’avviso di accertamento. Quindi se il P.V.C.
non viene trasformato in avviso di accertamento da parte dell’Amm. Fin. al contribuente non
succede nulla; l’ufficio nel momento in cui usa il P.V.C. deve essere esso stesso ad autonomamente
motivare l’avviso di accertamento. Un semplice rinvio alle risultanze del P.V.C. senza però una
motivazione più precisa fa si che l’agenzia si spogli di un compito a lei riservato. Il P.V.C. non
risulta tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario, quindi qualora il contribuente non
ritenga che il P.V.C. riporti le reali risultanze dell’investigazione, deve attendere l’avviso di
accertamento per effettuare la contestazione; infatti la parte del P.V.C. dedicata alle
controdeduzioni non ha effetti in sede giudiziale.
Una facoltà importante che viene attribuita alla G.d.f. in sede di investigazione, è rappresentata
dalla possibilità di presumere che le movimentazioni sui conti correnti non documentate siano da
ritenersi operazioni effettuate in nero (ci troviamo di fronte ad un caso di inversione dell’onere
probatorio, ovvero spetta all’investigazione e non all’atto di accertamento provare l’illecito;
successivamente spetta al contribuente eccepire e provare il contrario). Non è escluso che il
contribuente si rifiuti di provare il contrario dinanzi alla G.d.f. , rimandando tale operazione
successivamente alla stesura del P.V.C.
Lo statuto ha ritenuto nell’art. 12 la necessità di fare decorrere 60 gg. dalla stesura del processo
verbale entro i quali il contribuente può apportare le proprie osservazioni e richieste prima della
notifica dell’avviso di accertamento. Questa norma viene spesso aggirata per non permettere la
prescrizione di talune situazioni; infatti poiché il 31/12 di tutti gli anni possono decadere i termini di
prescrizione di 1-2-5 anni, l’Amm. Fin è solita anticipare l’emissione di tale avviso per non vedersi
annullare i propri diritti nei confronti del contribuente.
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