GLI STRANIERI IN ITALIA E LE LOTTE PER IL PREDOMINIO TRA FRANCIA E SPAGNA CARLO VIII e la discesa in Italia Carlo VIII di Francia scende in Italia con un folto esercito ed una batteria di cannoni per conquistare il regno di Napoli di Ferdinando I. Entrato in Italia ottiene il beneplacito di Bianca Savoia in Piemonte, Ludovico il Moro (Sforza) del ducato di Milano del Pontefice Alessandro VI Borgia e l’appoggio di Piero Dè Medici (figlio di Lorenzo il Magnifico) che per atto di sottomissione gli tributa la città di Sarzana, diverse fortezze e 200.000 fiorini, gesti che suscitano il malcontento popolare e portano alla cacciata dei Medici e alla repubblica. Carlo VIII raggiunge il regno di Napoli e lo conquista senza colpo ferire. Ferdinando I è costretto alla fuga. La facilità con la quale Carlo VIII conquista Napoli e la paura della sua supremazia sulla penisola porta alla formazione di una Lega Antifrancese (1495) alla quale partecipa il pontefice Alessandro VI, Venezia, Ludovico il Moro (Milano) e anche due regnanti stranieri : Ferdinando Il Cattolico re di Spagna e L’imperatore Massimiliano I d’Asburgo. Carlo VIII ripiega in Francia dopo aver subito una dura sconfitta a Fornovo, nel regno di Napoli viene posto al potere Ferdinando II d’Aragona La conseguenza più palese delle vicende causate dalla discesa di Carlo VIII in Italia fu la proclamazione della repubblica fiorentina, soprattutto grazie alla predicazione di Gerolamo Savonarola. Anche dopo la scomunica di quest’ultimo e la sua messa al rogo, Firenze continua ad essere repubblica ancora per oltre un decennio (1512). LUIGI XII e i contrasti con la Spagna Luigi XII successore di Carlo VIII continua la politica espansionistica del predecessore vantando diritti oltre che sul regno di Napoli, anche sul ducato di Milano come discendente di Valentina Visconti. Luigi XII prima di scendere in Italia si spiana la strada politicamente : si accorda con il pontefice Alessandro VI Borgia concedendo il ducato di Valentinois al figlio Cesare Borgia e promette alla repubblica di Venezia le città di Cremona e Ghiara D’Adda. Una volta varcato il confine si impadronisce del ducato di Milano (1499), Ludovico il Moro è costretto alla fuga, me torna l’anno dopo al seguito di 8000 svizzeri, ma invano poiché viene catturato e morirà esule di Francia. Il suo improvvisato esercito svizzero strapperà a Milano le città di Lugano e Bellinzona aggregandole alla confederazione svizzera (Canton Ticino). La conquista di Milano era la base per la conquista successiva del regno di Napoli, ma la difficoltà stava anche nel fatto che Federico III d’Aragona Re di Napoli era imparentato con Ferdinando il Cattolico re di Spagna, anch’egli interessato alla conquista del regno di Napoli. Luigi XII si accorda con la Spagna e una volta attaccato il regno di Napoli, La Spagna sbarca in calabria fingendo di dare aiuto a Federico III, mentre insieme conquistano il regno. Col crollo degli Aragonesi, Francia e Spagna avrebbero dovuto dividersi il regno di Napoli, ma così non avvenne. Tra i due sorsero dei disaccordi che portarono ad una guerra di tre anni che sconvolse il Napoletano. E’ in questo periodo che si colloca la “disfida di barletta”. Infine con le vittorie di Cerignola e di Garigliano la spagna ha definitivamente il sopravvento e costringe i francesi alla resa. Con il “trattato di Lione” (1504), la Francia riconosce il dominio spagnolo nell’italia meridionale e la spagna riconosce alla francia il ducato di Milano. Dallo squilibrio politico causato dalla discesa dei francesi e degli spagnoli nella penisola, trasse profitto l’ambiziosa impresa di Cesare Borgia, figlio del pontefice Alessandro VI di costituire un nuovo principato nell’italia centrale (Romagna e Marche). Appoggiato dal padre e dalla Francia che gli aveva ceduto il ducato di Valentinois, si impadronì di diverse città e territori (urbino, imola, forlì, cesena, perugia, rimini, Faenza, etc.) suscitando l’ammirazione del Macchiavelli che ne trasse ispirazione per il suo “Principe”. Con la morte di Alessandro VI finisce la fortuna di Cesare Borgia che costretto a rendere i territori occupati dal successore pontefice Giulio II, si rifugiò per un periodo a Napoli, poi arrestato e deportato in spagna vi morì poco dopo. GIULIO II e la sua azione politica. La politica del nuovo pontefice Giulio II fù prima di tutto la restaurazione dello stato della chiesa. Egli stesso vestì l’armatura per capeggiare le fortunate battaglie che conquistarono Perugia ai baglioni e Modena ai Bentivoglio. Tra tutti gli staterelli italiani, quello che aveva tratto maggior profitto dalle invasioni francesi e spagnole era la repubblica di Venezia che , annessi ulteriori territori con la caduta del duca di Valentinois, al periodo aveva raggiunto la sua massima potenza ed espansione. L’espansione di Venezia preoccupava un po’ tutti, dal pontefice Giulio II, ai duchi di Mantova e Ferrara, al re di francia Luigi XII, alla spagna di Ferdinando il cattolico e all’imperatore asburgico Massimiliano I. Venne quindi a formarsi una lega antiveneziana : la lega di Cambrai (1508). I folti eserciti francesi sconfissero Venezia duramente ad Agnadello facendole perdere gran parte dei suoi possedimenti. Dopo la sconfitta di Diu, l’anno successivo, Venezia sembrò proprio sul punto di soccombere. A questo punto, grazie anche all’abile diplomazia veneziana, il pontefice Giulio II, accortosi dell’importante posizione che Venezia aveva per il contenimento dell’espansione francese e preoccupata della possibile egemonia di quest’ultima sulla penisola, istituisce una lega antifrancese : la Lega Santa (1511). Il pretesto fù il fatto che i francesi proteggevano il duca di ferrara Alfonso I D’Este, ribelle alla Santa Sede. La Lega Santa al grido di “Fuori gli stranieri dall’Italia”, vedeva uniti oltre al Papa, Venezia, Ferdinando il Cattolico, Enrico VIII e gli svizzeri. La guerra ebbe risultati alterni : in principio venne conquistata la fortezza di Mirandola del duca di ferrara (1511) , L’anno successivo i francesi, anche grazie al capace giovane generale Gastone di Foix riconquistarono la fortezza di Mirandola e Bologna, sconfiggendo la Lega Santa a Ravenna. Con la morte del generale Di Foix la francia che aveva comunque subito molte perdite richiama in patria le truppe a abbandona il Ducato di Milano che viene assegnato a Massimiliano Sforza sotto una sorta ai protettorato svizzero. Della disfatta francese si avvantaggio particolarmente Giulio II che si riprese Reggio, Parma, Piacenza e Modena. La sconfitta della Francia ebbe delle forti ripercussioni sulla Firenze filofrancese, dove venne ripristinata la signorìa dei Medici e decadde la repubblica (1512). L’anno dopo moriva Giulio II e gli succedeva Leone X dè Medici con il quale giunse al suo massimo splendore il periodo dell’umanesimo e del rinascimento. FRANCESCO I e la riconquista del ducato di Milano In Francia nel 1515 alla morte di Luigi XII gli succede Francesco I il quale , stretta un’alleanza con Venezia ritentò di conquistare il ducato di Milano. Si formò una lega antifrancese , ma nella decisiva battaglia di Marignano (1515) Francesco I ha la meglio sull’esercito degli svizzeri di Massimiliano Sforza e la francia occupa il ducato di Milano. A seguito di tale situazione seguì il trattato di Bologna con il quale Leone X restituisce a Francesco I le città di Parma e Piacenze e in compenso la Francia riconosce a Firenze la signoria dei Medici mentre a Lorenzo Dè Medici viene assegnato il ducato di Urbino. Una anno dopo la pace di Noyon con Carlo D’Asburgo (il futuro imperatore Carlo V che era succeduto a Ferdinando il Cattolico) vedeva riconosciuto il predominio spagnolo nell’Italia Meridionale e riconosceva a Francesco I il Ducato di Milano. LOTTE per il predominio tra Francia e Spagna Nel 1516, morto Ferdinando il Cattolico, Carlo D’Asburgo gli era succeduto al trono di Spagna ereditando tutti i domini spagnoli e in italia e nelle colonie americane. Tre anni dopo con la morte del nonno : L’imperatore Massimiliano D’Arburgo, Carlo eredita anche la corona e i possessi austriaci e con votazione dei principi elettori assume il titolo imperiale con il nome di Carlo V venendo quindi a dominare anche tutti gli stati della germania. La formazione di questo mastodontico impero mise in allarme il re di francia Francesco I che avvertiva il pericolo dell’accerchiamento e che quindi decise di opporsi con tutte le sue forze al suo potente avversario : iniziarono quindi le grandi guerre tra Francesco I e Carlo V per l’egemonia dell’europa. GUERRA tra Francesco I e Carlo V Nonostante la francia fosse un regno dall’invidiabile compattezza politica e Francesco I fosse un abile re, di fronte alle smisurate ricchezze dell’impero di Carlo V, alla sua vastità territoriale e alla preponderanza militare, la Francia si trovava in netta inferiorità rispetto alla rivale. E’ per questo che Francesco I dovette ricorrere ad una politica audace e spregiudicata, fatta di alleanze con i Turchi e con i protestanti, di attacchi improvvisi con l’intento di cogliere l’avversario alla sprovvista. Prima fase: La prima fase della guerra (1521-1526) risultò favorevole a Carlo V. Tra gli avvenimenti principali della prima fase della guerra abbiamo il tentativo vano di Francesco I di occupare il regno di Navarra sfruttando come occasione l’insurrezione dei Comuneros , insurrezione popolare castigliana a sfondo autonomistico. L’invasione e la conquista da parte di Carlo V del ducato di Milano, da sempre strategicamente importante in quanto con Genova congiungeva i suoi possessi germanici con il mediterraneo agevolando le comunicazioni con la Spagna e quindi la sconfitta dei francesi alla Bicocca, mentre Venezia rompeva l’alleanza con la Francia e si accostava a Carlo V. Il tentativo di Francesco I di riconquistare Milano fallisce miseramente nella battaglia di Pavia dove viene anche fatto prigioniero. Nel 1526 con la pace di Madrid Francesco I è costretto ad umiliarsi riconoscendo la cessione del Ducato di Milano, che era tornato sotto Francesco Sforza ma in realtà era sotto gli spagnoli, rinunciando ad ogni diritto su Napoli e lasciando come ostaggi nelle mani di Carlo V i suoi due figli maggiori. Con la pace di Madrid possiamo far concludere la prima fase del conflitto. Francesco I una volta liberato. Per prima cosa, dopo aver denunciato l’umiliante trattato di Madrid, promuove la formazione di una lega contro Carlo V : la lega di Cognac, ottenendo l’adesione del nuovo papa ClementeVII de Medici, di Venezia, del duca di Milano Francesco Maria Sforza oltre a Enrico VIII D’inghilterra quest’ultimo passato per ragioni di equilibrio contro Carlo V. Seconda fase: La seconda fase possiamo farla coincidere con l’azione intrapresa da Francesco I che rompe le ostilità approfittando delle difficoltà che l’imperatore Carlo V incontrava sul fronte ungherese a causa dell’invasione turca (vittoria di mohacs del sultano Solimano II nel 1526). L’avvenimento principale di questa seconda fase della guerra è la discesa dei lanzichenecchi in italia e il sacco di Roma con il quale Carlo V riusci a vendicarsi del Papa Clemente VII. Nel 1527 nn esercito di oltre 14.000 soldati tedeschi di religione luterana, insieme all’esercito del connestabile di borbone passato da qualche anno dalla parte dell’imperatore dilagarono per l’italia causando distruzioni e scelleratezze senza ritegno fino ad arrivare al sacco di roma che costrinse il papa Clemente VII a firmare il trattato di Barcellona (1529). Con il trattato di Barcellona il pontefice si impegnava a incoronare solennemente l’imperatore il quale si impegnava a ripristinare la signoria dei Medici a Firenze che approfittando della debole condizione del papato aveva ripristinato il reggimento repubblicano. Nel contempo Carlo V anche preoccupato per l’avanzata Turca e gli effetti della riforma luternana accondiscende alla pace di Cambrai con la quale il re di francia riconferma la sua rinuncia a Milano e Napoli. Anche la seconda fase della guerra si concluse quindi in modo favorevole a Carlo V che dominava praticamente tutti gli stati Italiani e convocato il congresso di Bologna (1529-1530) viene incoronato dal papa Clemente VII Re D’Italia e Imperatore. Come stabilito dagli accordi con il pontefice, nonostante le forti resistenze dei cittadini di Firenze Carlo V con il suo esercito imperiale ristabili al potere i Medici e insignì Alessandro De Medici con il titolo di Duca. Terza fase: La terza fase della guerra vede il conflitto assumere proporzioni maggiori. Anche questa volta il primo a rompere le ostilità fa Francesco I di Francia, che seppur sovrano cattolico non si fece scrupoli a stipulare un regolare trattato con il sultano turco Solimano II e a portare aiuto ai protestanti tedeschi ribelli all’imperatore. Tra gli avvenimenti principali di questa terza parte della guerra abbiamo la conquista del Piemonte, dove era duca Carlo III di Savoia da parte della francia di Francesco I che voleva controbilanciare il passaggio alla spagna del ducato di Milano e tutta una serie di scontri tra francia e impero asburgico soprattutto nei momenti in cui quest’ultimo si trovava in difficoltà con l’avanzata dei turchi in ungheria con il consolidarsi della riforma protestante e con le scorrerie subite per opera dei pirati barbareschi nelle coste africane. Grazie alla mediazione del pontefice Paolo III che per i suoi meriti di mediatore vede l’assegnazione del ducato di Parma e Piacenza al figlio Pier Luigi Farnese, Francesco I e Carlo V giungono alla tregua di Nizza. La ripresa delle ostilità avvenne sempre da parte di Francesco I che dopo aver riportato una vittoria a Ceresole d’Alba, viene duramente sconfitto a Chateau Thierry e costretto a firmare la pace di Crepy con la quale conservava il Piermonte ma rinunciava ad ogni pretesa in Italia che rimase assoggettata al dominio spagnolo. Con la pace di Crepy (1544) si conclude e a favore di Carlo V quello che può essere considerato il terzo periodo del conflitto con la Francia. Tre anni dopo muore Francesco I e gli succede il figlio Enrico II. Con la morte di Francesco I non poteva certamente finire anche il conflitto tra Francia e Spagna che non era dettato da rivalità personali, ma da una politica internazionale ragion per cui la politica di Enrico II non si discostò da quella operata dal padre. Su vari fronti continuò la battaglia contro l’Impero stringendo accordi con i protestanti della Germania e ottenendone il controllo di diverse fortezze che gli servivano come basi per un attacco in Lorena. In Italia continuò con l’occupazione in Piemonte e fornì aiuti alla repubblica di Siena nella difesa dalle mire annessionistiche del duca Cosimo I de Medici che si avvaleva degli aiuti imperiali. Anche in questa fase della guerra, Carlo V ottenne numerosi successi e anche Siena, nonostante gli aiuti di Enrico II cadde e ritornò in mani medicee. Stanco e logorato dalla continue fatiche del regno , Carlo V desidera quindi la pace coi propri avversari e stipula della Pace di Augusta (1555) con i protestanti e la tregua di Vaucelles con la Francia (1556), Nello stesso anno abdicava e si ritirava nel convento di San Giusto dove rimase fino alla morte (1558). Con la sua abdicazione Carlo V divide i suoi domini consegnando al fratello Ferdinando I i possedimenti austriaci, con la Boemia e l’Ungheria e la corona Imperiale, a al figlio Filippo II toccava la Spagna, i paesi bassi, i possedimenti Italiani e le colonie americane. Tale separazione segnò il tramonto del sogno di un impero universale a tutto vantaggio per la Francia. Ma la potenza della casa D’Asburgo, per quanto divisa nei rami di Spagna e Austria costituiva comunque ancora una minaccia per la Francia. Enrico II quindi, appoggiandosi al pontefice Paolo IV che non vedeva di buon grado gli spagnoli riprese la guerra con Filippo II (1556). Ultima fase: Anche quest’ultima fase della guerra si rivelò favorevole agli spagnoli che riportarono una grande vittoria per opera di Emanuele Filiberto di Savoia nella battaglia di San Quintino (1557). Due anni più tardi le lunghe e sanguinose guerre tra Francia e Spagna ebbero termine con l’importante pace di Cateau Cambresis (1559) con la quale la Francia dovette riconoscere la supremazia spagnola e rinunciare alle sue aspirazioni in Italia, manteneva alcune fortezze di germania che garantivano le sue frontiere sul reno e otteneva anche la restituzione da parte dell’Inghilterra dopo oltre un secolo della città di Calais. Cateau Cambresis poteva considerarsi veramente un grande risultato per la francia che aveva rischiato ripetutamente la disfatta di fronte all’enorme strapotere avversario. Per quanto riguarda l’Italia, in Piemonte fatta eccezione per il marchesato di Saluzzo che rimaneva alla Francia, tornavano i duchi di Savoia, mentre la Spagna esercitava una vera e propria egemonia politica e militare su tutta l’Italia : Milano, Napoli, la Sicilia, la Sardegna. Finite le grandi guerre molti stati europei si trovavano di fronte ad una grave crisi finanziaria. RIFORMA E CONTRORIFORMA Cause della riforma: La riforma protestante che si sviluppo nella prima metà del secolo XVI fù un grande movimento di secessione religiosa. Questo importante evento trova la sua spiegazione storica in una complessa serie di eventi di vario ordine : per prima cosa è stato determinante il grado di decadenza della moralità della chiesa e dei suoi rappresentanti, lo scandaloso nepotismo di molti pontefici, l’esigenza di una maggiore purezza di costumi e un ritorno al messaggio originale degli evangelisti. Non è possibile però trascurare alcuni fattori altrettanto importanti per la diffusione della riforma protestante come lo sviluppo della cultura dello spirito critico che favoriva tendenze e correnti contrarie al dogmatismo cattolico, il nuovo sentimento politico di nazionalità fattosi più vivo in germania tra il XV e il XVI secolo che porta alla lotta contro la chiesa e l’impero cattolico, gli interessi economici che spingevano a sottrarsi alle forti pressioni fiscali e combattere le situazioni di privilegio e le enormi ricchezze della Chiesa (benefici, decime, elemosine, indulgenze). Precursori: I più importanti precursori della riforma sono : Giovanni Wycleff (1324-1384) impegnato in una decisa polemica contro l’assolutismo della chiesa preannunciando alcuni principi luterani come il concetto della predestinazione, insegnamento della bibbia come unica fonte di salvezza, condanna della gerarchia ecclesiastica. Giovanni Huss (1369-1415) e il suo discepolo di Gerolamo da Praga che ripresero le idee di Wycleff contro il potere temporale della chiesa e a favore dell’emancipazione dell’egemonia germanica. Erasmo da Rotterdam fu il maggiore esponente di quella corrente di “umanesimo cristiano”, contemporaneo di Lutero e grande esempio di spirito critico contro le deficienze morali del clero : ignoranza, superficialità, corruzione, spirito di intolleranza. La polemica di Erasmo non giunse mai allo scontro aperto con la Chiesa e il suo insegnamento più vivo consistette nell’invito alla lettura libera e diretta delle sacre scritture e in un forte richiamo ai valori più intimi della religiosità e del cristianesimo nella sua primitiva purezza. Martin Lutero: Studiò legge all’università e in seguito ad una profonda crisi religiosa entrò nell’ordine degli Agostiniani e divenne professore universitario di teologia. Dopo un viaggio a Roma, egli rimase fortemente colpito dalla decadenza morale della curia romana e il suo malcontento raggiunse il culmine quando il pontefice Leone X autorizzò la cosiddetta vendita delle indulgenze che assunse l’aspetto di un’operazione bancaria cui era interessata anche la famosa banca Fugger. Lutero allora espresse la sua disapprovazione morale affiggendo sulla porta della cattedrale di Wittemberg le sue 95 tesi contro le indulgenze (1517). Dopo vani tentativi di mediazione il papa Leone X lanciò contro Lutero la bolla di scomunica che questi, ormai in aperta ribellione, bruciò sulla piazza di Wittemberg. Intorno a Lutero si promuoveva un movimento spirituale al quale partecipava la parte più viva della cultura tedesca e si creava un movimento rivoluzionario in sempre più vaste zone della Germania. Carlo V, preoccupato per la pericolosa piega degli avvenimenti si mise d’accordo col papa e invitò Lutero alla Dieta di Worms per un nuovo tentativo di conciliazione. Ma Lutero rimase fermo nelle sue posizioni e colpito dal bando imperiale si ritirò sotto la protezione di Federico di Sassonia nel castello di Wartburg dove lavorò sulla famosa traduzione della Bibbia in lingua tedesca per renderla accessibile a tutti gli strati della popolazione. Uscito poi dal castello di Wartburg si dedicò all’elaborazione dottrinale, al potenziamento organizzativo e alla diffusione del movimento riformatore fino a che non morì nel 1546. La dottrina luterana: Lutero espose in numerosi scritti la sua dottrina. Uno dei suoi principi basilari è la giustificazione e salvezza per mezzo della sola fede e non per mezzo delle opere. Per Lutero l’uomo, corrotto dal peccato, è privo di libero arbitrio ed’è sottoposto alla legge della “predestinazione divina”. Ci si può rendere degni della salvezza, non per mezzo delle opere e delle pratiche religione, ma , secondo un interpretazione di un noto passo di San Paolo “soltanto con la fede nella grazia divina”. Un altro principio fondamentale delle tesi luterane è l’affermazione che “’l’unica fonte della verità cristiana sono le sacre scritture, non la Chiesa”. Lutero ribadisce il principio del “libero esame” per cui ogni cristiano ha il diritto di interpretare direttamente, quindi senza l’elaborazione dottrinale della Chiesa, le sacre scritture che devono costituire per il credente l’unica fonte di fede. Viene così esclusa la presenza di intermediari tra l’uomo e Dio e con ciò si nega ogni distinzione tra clero e laicato, secondo la dottrina del “Sacerdozio universale” con la conseguente abolizione della gerarchia ecclesiastica. Aspetti sociali ed economici. Il movimento ebbe presto delle ripercussioni di carattere sociale. Gli enormi interessi economici e le sempre più frequenti ingiustizie sociali provocarono un diffuso fermento rivoluzionario che trovò la sua espressione nel moto degli anabattisti : sostenitori estremisti della dottrina luterana. Tra i movimenti rivoltosi possiamo ricordare la ribellione della piccola nobiltà o dei cavalieri che vollero negare il principio dell’autorità costituita aspirando all’incameramento e alla divisione dei beni ecclesiastici, ma furono sconfitti e dispersi. Poco dopo ci fu la rivolta dei contadini che aspirando ad un miglioramento delle loro condizioni di vita avanzarono delle rivendicazioni sociali, ma anche questa rivolta fallì e si concluse con la dispersione e lo sterminio degli insorti. Lo stesso Lutero preoccupato tenne le distanze da questi disordini rivoluzionari e pose la sua Chiesa sotto la protezione dei principi e delle autorità. Lotta politica contro l’impero. Il movimento religioso assunse ben presto il carattere di una spiccata lotta contro l’impero cattolico di Carlo V, allora impegnato nella sanguinosa guerra contro la francia, ma dopo la pace di Cambrai potè intervenire energicamente. Convocata la dieta di Spira condannò la dottrina Luterana e diffidò i principi dall’aderire alla dottrina. Ci fu però una forte minoranza che protestò contro questa imposizione ( di cui il nome protestanti) e non si sottomise neppure nella successiva Dieta di Augusta. In questa occasione, dopo la “confessione augustana”, esposizione moderata della nuova dottrina, i protestanti si organizzarono con la Lega di Smalcalda. Dopo una relativa tregua Carlo V sconfisse gravemente la Lega di Smalcalda, ma non riuscì a fiaccarne lo spirito. La lotta durò ancora diversi anni, dove vediamo i luterano alleati con la Francia contro Carlo V finchè con la Pace di Augusta si decise di concedere la “libertà religiosa ai protestanti”. La Pace di Augusta, tuttavia conteneva delle clausole che limitavano la libertà religiosa da essa affermata. Tali clausole erano la “Reservatum Ecclesiasticum” cioè l’obbligo per ciascun ecclesiastico convertito al Luteranesimo di di rinunciare ai propri benefici cedendoli alla Chiesa cattolica e il principio del “Cuius regio eius religio” che obbligava i sudditi ad abbracciare la religione del proprio regnante. Diffusione del protestantesimo e il calvinismo La riforma protestante si diffuse presto in tutti gli stati dell’europa settentrionale (Danimarca, Svezia, Norvegia, Prussica, Finaldia) e soprattutto in Francia, in Inghilterra e in Svizzera. Nella Svizzera la riforma trovò un grande promotore in Ulrico Zwingli che accolse le teorie Luterane con particolare attenzione al principio di predestinazione. Zwinglin diffuse le idee riformistiche a Zurigo e nei cantoni tedeschi, ma trovò una lega di cantoni cattolici che lo sconfissero e trovò la morte nella battaglia di Kappel. Tuttavia non si arrestò il moto della riforma protestante in svizzera. La predicazione di giovanni calvino ebbe un’eco profonda e risultato duraturi. Nato in francia ma stabilitosi a Ginevra accolse in più punti la dottrina di Lutero e diede opera alla sua riforma. Lo spirito calvinista è caratterizzato da una forte intolleranza (condanne al rogo per eresie) e una ferrea intransigenza nell’imposizione degli austeri e persino ascettici costumi di vita. Al centro della dottrina calvinista vi è il principio di predestinazione da lui portato alle più rigorose conseguenze : la salvezza dell’uomo o la sua dannazione dipendono dalla grazia divina liberamente elargita o negata da Dio; l’uomo d’altronde non deve attendere fatalisticamente il giudizio di Dio, ma deve adoperarsi per seguire la sua vocazione ed essere degno della sua grazia. La grande novità del calvinismo rispetto al Luteranesimo è la sua base democratica che vede il popolo eleggere i propri capi spirituali e anche la rivalutazione del lavoro e di ogni attività umana come adempimento di una missione. Proprio quest’ultimo punto ebbe grande presa per lo sviluppo dello spirito capitalistico della borghesia del tempo. Concludendo possiamo dire che la Riforma, pur con i suoi aspetti negativi fu un grandioso moto di rinnovamento religioso, sociale, politico e fece valere alcuni principi morali e spirituali che restano tra le componenti essenziali della civiltà moderna. In Inghilterra fu lo stesso Enrico VIII Tudor a promuovere la Riforma, spinto da ragioni di carattere privato e da interessi economici : da un lato non ottenne il permesso dal pontefice di divorziare dalla legittima moglie Caterina D’Aragona per sposare Anna Bolena dall’altro aveva la necessità di incamerare i beni della Chiesa. Enrico VIII ruppe quindi ogni rapporto con la Chiesa e fece approvare del parlamento il cosiddetto “Atto di Supremazia” proclamandosi unico e supremo capo della Chiesa nazionale inglese. Non si tratto però di una vera e propria riforma, ma piuttosto di uno scisma : rimasero inalterati i dogmi e le cerimonie sacre, non fu modificata la gerarchia ecclesiastica, ma venne sottomessa allo Stato e i vescovi furono nominati dal sovrano invece che dal Papa. Enrico VIII esercitò un potere assolutistico e perseguitò con particolare violenza i cattolici con la soppressione dei conventi e la confisca dei beni. Famosa è la condanna a morte di Tommaso Moro e del cardinale Fisher. Non furono risparmiati nemmeno coloro che avevano tendenze verso la riforma luterana. Dopo la morte di Enrico VIII, la chiesa Anglicana fù maggiormente influenzata dalle dottrine protestanti mentre via via si stavano diffondendo i Puritani, come era chiamati i seguaci delle idee di Calvino. In Italia lo sviluppo della Riforma non trovò un terreno favorevole per via di diversi motivi. In primo luogo la presenza del Papato era motivo di forza e ricchezza anche per i regnanti vicini, l’influenza del dominio spagnolo era ostile ad ogni tendenza di rinnovamento, il popolo era attaccato tradizionalmente alla fede cattolica. Eccezioni a questa tendenza vi furono per un certo periodo nelle corti di Napoli, Lucca e soprattutto Ferrara dove la duchessa Renata di Francia aveva ospitato lo stesso Calvino. Tra le personalità riformatrici di spicco vi è Fausto Socini con la sua teoria antitrinitaria e l’interpretazione razionalistica del cristianesimo. La controriforma Cattolica La controriforma fu un grande moto rinnovatore della Chiesa cattolica come reazione alla riforma protestante. L’esigenza di un rinnovamento “in capite et in membris” era già viva da tempo e richieste in tal senso erano affiorate anche nei concili di Costanza e Basilea. Una riforma morale che liberasse la chiesa da scandali ed abusi era stata invocata anche da Gerolamo Savonarola con la sua predicazione in Firenze. Gli stessi Papi del rinascimento ne avevano avvertito la necessità e toccò infine a Paolo III Farnese preoccupato dei progressi del protestantesimo di affrontare in concreto il problema della Riforma della Chiesa convocando nel 1542 il famoso Concilio di Trento apertosi ufficialmente tre anni dopo. Concilio di Trento (1545-1563) Si propose di risolvere i tre gravi problemi che allora interessavano la cristianità : il problema dell’unità (conciliazione tra cattolici e protestanti), il problema della fede (definizione dei dogmi), il problema della riforma (rinnovamento morale e disciplinare della chiesa). Per quanto concerne l’unità, il problema non fu risolto, nessuna delle due parte fece niente perché ciò avvenisse, i protestanti neppure presenziarono. Riguardo la fede, nel concilio di Trento, la Chiesa ribadisce le sue posizioni a 360 gradi. Definisce con intransigenza i dogmi della dottrina cattolica, riconferma tutti e sette i sacramenti e oppone alla dottrina luterana della “salvezza per sola fede” l’importanza della opere senza le quali non si può aspirare alla salvezza. Inoltre contro il principio luterano della “libera interpretazione dei testi sacri” contrappone il principio della “tradizione esegetica” ovvero il principio secondo il quale la Chiesa con i suoi Padri e Dottori era l’unica a poter interpretare correttamente gli scritti sacri. Riguardo il problema della riforma, che venne affrontata non senza vivaci discussioni, i Concilio si preoccupò di stabilire dei provvedimenti di vario ordine e tipo : per la “rigenerazione dei costumi” tra i quali l’obbligo del celibato per gli ecclesiastici, la limitazione dei benefici, l’obbligo della visita pastorale per i vescovi e l’obbligo di residenza dei parroci nella diocesi, per la “preparazione culturale del clero” con l’istituzione di collegi ecclesiastici e seminari diocesani, e per la “sistemazione disciplinare” con il giuramento di fedeltà al Papa e l’affermazione del principio dell’assolutismo papale. Nello stesso anno Paolo III per combattere le eresie aveva istituito il Tribunale dell’Inquisizione (1542), con una sede a Roma per i casi più gravi : la Congregazione del Sant’Uffizio. Paolo IV istituirà l’indice dei libri proibiti e qualche anno dopo Paolo V istituì la Congregazione dell’indice che operò una severa censura sui libri con contenuti ritenuti contrari alla Chiesa. Al termine del concilio, le dottrine nel loro complesso vennero esposte nella “Professione di Fede Tridentina” redatta dal pontefice Paolo IV. Il concilio di Trento aveva quindi operato un grande rinnovamento interno della Chiesa che se da un lato aveva ancora maggiormente segnato un distacco dai protestanti, dall’altro aveva rinsaldato l’organizzazione della Chiesa e fu motivo di quel rifiorire della cultura e delle attività religiosa per la quale ricordiamo gli studi teologici del cardinale Roberto Bellarmino e l’intensa opera pastorale di San Carlo Borromeo. I nuovi ordini religiosi e la compagnia di Gesù (Gesuiti) L’opera di risanamento definita dal Concilio di Trento trova la sua forza operante nell’azione che animò i nuovi ordini religiosi tra i quali sono da ricordare : I Teatini e i Cappuccini entrambi dediti nell’opera dell’apostolato religioso e alla predicazione in mezzo al popolo, i Barnabiti i Filippini e gli Scolopi dediti all’istruzione dei giovani e dei fanciulli, i fatebenefratelli e le suore della carità dediti all’assistenza degli infermi. Ma l’ordine che più di ogni altro contribuì all’opera della Controriforma fu senza dubbio la Compagnia di Gesù o Gesuiti fondata dal nobile spagnolo Sant’Ignazio di Lodola e approvata dal pontefice Paolo III. La compagnia di Gesù, come nei propositi del suo fondatore, non era un ordine ascettico e contemplativo, ma pratico, attivo ed educativo, destinato a convertire gli infedeli e a combattere la riforma protestante con la ferma difesa dell’autorità papale. Al capo dell’ordine ci fu un generale, eletto a vita e con poteri illimitati. I singoli membri, oltre ai tre voti monastici di obbedienza, povertà e castità si impegnavano in un quarto voto di cieca ed assoluta obbedienza alla volontà dei superiori e del Papa dal quali dovevano lasciarsi reggere come se fossero stati un corpo morto “perinde ac cadaver”. Il nuovo ordine venne quindi adottato attivamente nelle seguenti attività : predicazione ed opere missionarie nelle nuove terre : indie, america, estremo oriente, ma anche predicazione nei vari stati europei dove arrestarono l’avanzata protestante e diffusero il cattolicesimo. Istruzione ed educazione delle classi più abbienti ed elevate, non escluse le famiglie dei regnanti presso le quali i Gesuiti ebbero spesso l’uffizio di confessori e consiglieri spirituali con innegabile influenza sul campo morale e politico. L’IMPERO E LA GUERRA DEI TRENT’ANNI La Casa D’Asburgo, pur divisa nei due rami di Spagna e d’Austria assumerà ancora per molto tempo un ruolo di primo piano nella storia europea, ma l’impero germanico passato da Carlo V al fratello Ferdinando I si trovò profondamente diviso e agitato dalle guerre religiose tra protestanti (Germania settentrionale) e cattolici (Baviera e Austria). La Pace di Augusta, come abbiamo visto conteneva delle clausole fortemente restrittive della libertà religiosa e poteva essere considerata più un compromesso che una pace definitiva. L’impero cattolico degli Asburgo rafforzava sempre più il suo assolutismo sia politico che religioso mentre i principi tedeschi volevano una più completa libertà religiosa e una maggiore autonomia dall’autorità imperiale. La situazione si aggravò con l’imperatore Rodolfo II il cui atteggiamento intollerante e minaccioso che spinse i principi protestanti ad associarsi nell’ Unione Evangelica con a capo Federico V del Palatinato . L’anno seguente i principi cattolici con a capo il duca Massimiliano di Baviera, costituirono la Lega Cattolica. Pochi anni dopo scoppiò la Guerra dei Trent’Anni.