Il cammino d’iniziazione alla vita cristiana Al termine dell’anno catechistico, desidero condividere alcune impressioni e alcune riflessioni in merito all’iniziazione alla vita cristiana dei ragazzi e dei preadolescenti. La prima impressione è che in molti casi si identifichi la catechesi con l’iniziazione alla vita cristiana. In realtà la catechesi è solo un ingrediente della vita cristiana. Poi c’è l’educazione alla liturgia e alla vita fraterna nella carità di Gesù . E poi la preghiera personale con il relativo discernimento di quello che vivo alla luce della Parola-Presenza del Signore e la vita nella speranza cristiana che fa del nostro tempo vissuto un cammino verso il compimento eterno della bontà della vita . Tutti questi aspetti in sinergia e ben dosati introducono felicemente alla vita cristiana cioè vogliono suscitare la fede esplicita in Gesù Cristo con la relativa appartenenza al Corpo della Chiesa dove vive in pienezza il Signore risorto dai morti. La fede è certamente una risposta libera alla grazia di Dio che sempre ci precede e ci accompagna lungo tutto il cammino di iniziazione e lungo tutta la vita ma proprio per questo è contemplata anche la possibilità del rifiuto fatto espressamente oppure anche non espressamente ma a livello pratico. Cosa voglio dire? Uno può avere compiuto il cammino d’iniziazione alla vita cristiana ma poi di fatto subito o a lungo andare vive come se Dio non ci fosse. Uno può avere fatto il cammino di iniziazione alla vita cristiana e aver ricevuto tutti i relativi Sacramenti ma poi di fatto non vive più espressamente il legame con Gesù e non si riconosce membro del Corpo di Cristo perché non coltiva più il legame con Gesù e i fratelli attraverso la partecipazione all’Eucarestia, non vive dell’ascolto della Parola e del relativo discernimento della propria vita alla luce della Parola e non vive espressamente la vita nella carità di Cristo ma neppure cammina nella speranza cristiana. Tanto meno si sente parte della missione della Chiesa di annunciare al mondo intero il Vangelo della gioia. Certo tra il tutto e il niente ci sono anche delle gradazioni in termine di legame con Cristo e con la Chiesa che nel tempo possono approfondirsi oppure dileguarsi. E’ anche vero che la coscienza se non si chiude su stessa è sempre illuminata dal bene e da Colui che in ogni circostanza del vivere ci chiama a fare il bene piuttosto che il male. Ma chiedere di battezzare il figlio o la figlia e di intraprendere il cammino di iniziazione alla vita cristiana significa intraprendere un itinerario che vuole portare alla fede esplicita e non anonima in Gesù e vuole portare alla vita nel Corpo dove Egli vive pienamente da risorto dai morti. E invece da poco prima della mia generazione in poi la conclusione dell’itinerario di introduzione alla vita cristiana corrisponde per i più all’ ingresso nel cristianesimo anonimo per usare un’espressione coniata da un noto teologo tedesco protagonista al Concilio vaticano II. Certo va anche tenuto presente che spesso l’abbandono del legame esplicito non è legato solo alla libertà personale ma anche al fatto che, per varie ragioni, lo stesso cammino d’iniziazione alla vita cristiana è diventato poco incisivo perché fatica ad introdurre effettivamente nella vita cristiana. Vita cristiana che si riconosce non come una vita parallela ma come il senso stesso della bontà del vivere, come il senso di quella gioia piena di vivere che tutti cercano nel vissuto in famiglia, nell’amicizia, nel godere dei frutti del proprio lavoro , nel divertirsi , nel lavorare, nella bontà dell’essere parte di un paese, di una società…Se si identifica la catechesi con l’iniziazione alla vita cristiana siamo certi che si inizia a poco o niente come del resto sta succedendo da diversi anni all’interno della nostra diocesi e non solo. Certo la catechesi ha bisogno di rinnovarsi soprattutto nel metodo ma anche una catechesi più attenta al vissuto , alle domande che lì sorgono nel cuore umano non basta per introdurre con libertà e interesse un figlio o una figlia nella vita cristiana. E’ insufficiente! Ma questo vale pure per gli altri ingredienti, anche la sola Messa ad esempio, che pure è il centro della vita cristiana, non basta se poi non attiva tutti gli altri aspetti della vita cristiana. A lungo andare diventa ritualismo cioè un rito fine a se stesso se non alimenta la vita di preghiera, la vita fraterna nella carità di Cristo, il discernimento del vissuto quotidiano alla luce dell’Eucarestia. Come il corpo funziona se tutte le parti sono operative altrimenti si creano disfunzioni e tutto ne risente in negativo, così vale per la vita cristiana. Per questa ragione due anni fa ho proposto le domeniche comunitarie le quali puntano a far vivere ai ragazzi, in sintonia con la catechesi, qualcosa della vita fraterna improntata alla carità di Cristo e qualcosa della liturgia, cioè dell’incontro domenicale con il Signore della vita e della gioia. Questi incontri sono stati pensati non solo per i ragazzi, gli adolescenti ma anche per i genitori dei figli e delle figlie coinvolte nel cammino di iniziazione . Questi si sono lasciati coinvolgere in alcuni dei momenti della proposta ma in riferimento al tutto dell’iniziazione, salvo eccezioni, si ha l’impressione che è meglio delegare agli addetti ai lavori. In realtà io credo che il cammino dei ragazzi e dei preadolescenti oggi sia l’occasione anche per i relativi genitori di giungere ad essere parte reale e non virtuale di una comunità di fratelli e di contribuire a renderla più fraterna cioè più capace di sostenersi nel vivere la propria esistenza con la fede in Gesù. E qui mi viene la seconda impressione: che ci sia una discrepanza, una mancanza di sintonia, tra quello che i ragazzi vivono alla catechesi e quello che vivono in famiglia e di più ancora con quanto vivono in società. Certo il richiamo della società e il relativo condizionamento diviene molto forte nel tempo dell’adolescenza e più facilmente gestibile nel tempo dell’infanzia e della fanciullezza dove lo spazio di incidenza dei genitori rimane ancora molto forte. Io parroco, io catechista, io comunità posso parlare e testimoniare con la vita l’importanza del vivere la Messa, del pregare, l’importanza di leggere e interpretare la vita alla luce della Parola di Dio, l’importanza di amarsi gli uni gli altri come Gesù ci ha amato ma se poi dall’altra parte il figlio o la figlia non vede nulla di tutto ciò nella vita dei genitori e più in generale degli adulti che formano la comunità, accade che ci screditiamo reciprocamente a danno dei figli stessi. Io vengo considerato uno specialista del sacro che vive sulle nuvole e invece voi dei mondani che vivono come se Dio non ci fosse. Chi ci perde sono sempre i ragazzi che mancano l’obiettivo a causa della nostra mancanza di sintonia nel riconoscere che Gesù Crocifisso e Risorto dai morti è realmente e non virtualmente la Bella notizia della loro vita. E’ evidente che questa considerazione non va generalizzata perché ci sono delle belle eccezioni, per fortuna, ma oggi più che mai sono eccezioni. Per la verità ci sono anche casi limite all’opposto, come genitori che chiedono addirittura di non fare la catechesi negli anni al di fuori dei sacramenti ma questi non si rendono neppure conto di quello che c’è in gioco nell’iniziazione alla vita cristiana. E’ da anni che si chiede ai genitori di non delegare e di prendere in mano la regia dell’iniziazione alla vita cristiana dei figli per avere un’ulteriore occasione di accogliere e approfondire il dono della fede. Pensate fin dal 1991 il primo catechismo dei ragazzi ‘ Io sono con voi’ a pagina 8 così si esprime: ‘…E’ necessario che ciascuno possa contare sull’aiuto degli altri educatori. I genitori sono chiamati ad essere i primi annunciatori del Vangelo ai propri figli, con la parola e con la vita; i catechisti ed i maestri a collaborare con i genitori per la crescita serena ed armonica dei fanciulli. La comunità cristiana deve promuovere con particolare cura iniziative per una adeguata catechesi familiare e per un coinvolgimento di tutti gli educatori…’. I genitori sono chiamati a riprendersi la regia dell’educare alla vita cristiana non solo perché hanno chiesto e accolto loro in questo mondo il proprio figlio o la propria figlia e non solo perché hanno chiesto loro di battezzare il figlio e così di iniziarlo alla vita cristiana. Ma soprattutto perché il figlio o la figlia nella relazione primaria del tempo della fanciullezza in loro hanno colto, intravisto la l ‘amabile Presenza di Colui che è Papà e Mamma per eccellenza! Papa Francesco, nella catechesi dello scorso mercoledì 20 maggio ha invitato i genitori a non autoescludersi dall’educazione dei figli e li ha messi in guardia dell’affidarsi solo agli “esperti”. Con una metafora sorprendente li ha esortati a “tornare dall’esilio” e a riprendre in mano il proprio ruolo educativo, perché se c’è un vuoto è anche responsabilità dei genitori. Sempre papa Francesco parlando al mondo della scuola italiana il 10 maggio 2014, ha citato un proverbio africano tanto bello: “ Per educare un figlio ci vuole un villaggio” e lo ha parafrasato in questi termini: “ Per educare un ragazzo ci vuole tanta gente: famiglia, insegnanti, personale non docente, professori, tutti!”. Non solo ci vuole tanta gente, ci vuole soprattutto un’alleanza tra questa gente, l’alleanza resa possibile dalla condivisione dei significati elementari della vita iscritti nelle forme della vita comune. Attraverso le forme della vita in famiglia, anzitutto; attraverso poi le forme della vita sociale, riconosciute per altro nella loro obiettiva ragione di debito nei confronti della famiglia, dell’alleanza coniugale tra uomo e donna, della primaria alleanza tra genitori e figli. Un “villaggio” così inteso oggi stenta molto a realizzarsi; per questo ardua risulta la stessa educazione. Il rimedio non può essere di fare a meno del villaggio; occorre invece reperirne pazientemente le incerte tracce, portarle a evidenza e incrementarne la consistenza. Così, ad esempio, è innegabile oggi l’importanza che si riconosce allo sport nell’educazione delle giovani generazioni. Questo in genere chiede due allenamenti alla settimana più la partita che risultano intoccabili: a volte si è infastiditi quando il don o la catechista chiede un tempo più prolungato alla catechesi, alla Messa, alla preghiera. Ma siamo venuti a questo mondo per fare sport e per correre dietro ad un palla? Di certo è emozionante, fa squadra!, crea benessere psichico-fisico ma poi il tutto non rischia di chiudersi su se stesso e di non muovere fuori ? Emozione infatti deriva da emovere, la particella e aggiunge forza all’azione espressa dalla parola alla quale è unita che può avere il senso di agitare oppure di muovere. Mi sembra che la pratica attuale dello sport porti più sull’adrenalina di gruppo che sul muovere verso quell’eccedenza di senso buono del vivere che mi è stata rivelata fin dall’infanzia nella relazione primaria con mamma e papà e che riguarda anche il rapporto tra pari o il vivere in società. E’ un pò come la musica, tanto ascoltata oggi dalle giovani generazioni e non solo; essa è per lo più praticata nella direzione dell’agitare gli animi piuttosto che nel muovere verso la ricerca di Colui che ha posto una eccedenza di bene in alcune esperienze . Sembra che la vita ordinaria sia stressante e che si faccia sport o movimento per evadere dalla vita ordinaria. In realtà l’ evasione se è vissuta come un andar fuori dell’ordinario non mi aiuta affatto a recuperare le ragioni e la forza per contribuire a rendere più significativo l’ordinario che occupa gran parte della mia vita. Per rendere più umano il mondo e per far acquisire più rilievo all’iniziazione alla vita cristiana abbiamo bisogno di far rientrare con maggior rilevanza le domande sul senso del vivere, sul senso dell’esserci, abbiamo bisogno di far rientrare con forza la domanda religiosa: chi ci ha posto nella vita? E cosa vuole dirci con le esperienze emozionanti? Domanda che non hanno inventato i preti e neppure Gesù ma che era posta sulle nostre labbra da infante quando con grande stupore ci siamo affacciati alla vita chiedendo a chi ci stava vicino: che cos’è tutta questa bellezza, tutta questa bontà? Donde viene? Allora il cammino di iniziazione alla vita cristiana risulterà per tutti, piccoli e grandi, un cammino interessante di ricerca e di affidamento a Colui verso il quale ogni emozione vuole farci tendere. Il parroco