SENSORI
INTRODUZIONE
Sistema automatico = Processo Fisico + Sistema di controllo
• Il Processo Fisico può essere visto come l’insieme di azioni che agiscono su entità
del mondo fisico e ne cambiano alcune proprietà. Il processo fisico, quindi, è l’insieme di
lavorazioni meccaniche, razioni chimiche, movimentazioni, ecc.
• Il Sistema di Controllo scambia informazioni con il processo fisico, attraverso sensori
ed attuatori, e/o con un operatore umano e/o con altri sistemi automatici. Il sistema di
controllo realizza in maniera automatica gli algoritmi necessari affinché il comportamento
del processo fisico si avvicini il più possibile a quello desiderato.
SISTEMA DI CONTROLLO: TIPOLOGIE
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I SENSORI NELL’AUTOMAZIONE
E' noto che le capacità di manipolazione dell'uomo sono dovute, più che al suo apparato
motorio flessibile ma impreciso, alla sofisticazione del suo sistema sensoriale ed alla
capacità di elaborazione del suo cervello.
Se si vuole quindi ottenere da una macchina una capacità di manipolazione che sia, pur
lontanamente, paragonabile a quella dell'uomo, occorre dotare il sistema di sensori di
diverso tipo e sfruttare in maniera più completa possibile tutte le informazioni che da questi
provengono.
Per quanto riguarda le applicazioni ai robot, un sensore può essere definito come un
dispositivo che emette segnali elettrici dipendenti, secondo una legge nota, da uno o più
parametri fisici del robot e/o dal mondo che lo circonda.
Questa definizione include qualunque tipo di sensore collegabile a robot e macchine
industriali, dai più semplici ai più complessi.
Classificazione dei sensori in base all'uso che di ogni sensore si fa all'interno della
macchina
 Classe A - Sensori usati per il corretto funzionamento della macchina
 Classe B - Sensori usati per garantire la sicurezza (operatori compresi)
 Classe C - sensori usati per il corretto funzionamento del programma della
macchina.
Nella prima classe sono compresi, oltre ai dispositivi che negli azionamenti retroazionati
forniscono le informazioni di velocità e posizione, anche gli interruttori di fine corsa o simili,
quando vengono usati come riferimenti di posizione, e tutti i dispositivi le cui informazioni
sono necessarie al funzionamento del robot.
Alla seconda classe appartengono tutti i dispositivi che presiedono alla sicurezza della
macchina e dell'ambiente circostante (fine-corsa e sensori di sforzo eccessivo,
sbarramenti fotoelettrici, pulsanti di emergenza, ecc...).
Nella terza classe, infine, sono compresi tutti i sensori che non fanno parte delle prime
due.
A proposito di questa classificazione, è opportuno osservare che i sensori di classe B sono
necessariamente dispositivi binari: qualora essi siano implementati con rilevatori analogici,
è necessario confrontare la grandezza rilevata con soglie opportune, ed il risultato di
questa operazione è l'unica informazione interessante.
I sensori di classe A devono essere collegati direttamente ai dispositivi che azionano i
singoli attuatori.
Per quanto riguarda i sensori di classe B, vale un ragionamento analogo: essi devono
essere collegati al sistema di controllo al livello più basso possibile, in modo che eventuali
malfunzionamenti dell'hardware non ne compromettano il buon funzionamento. Un
esempio di questo tipo di collegamento si trova in quei robot dove i sensori di classe B
agiscono direttamente sugli alimentatori dei motori, o sui microcalcolatori che li
controllano. E' evidente che in questo caso, oltre ad intraprendere opportune azioni
all'insorgere di situazioni di emergenza, il sistema deve essere in grado di informare i livelli
più alti dell'accaduto, in modo che il programma del robot possa essere interrotto e
sostituito con opportune routine di uscita dalla situazione di emergenza.
I sensori di classe C, infine, devono essere collegati al livello più alto, perché le loro
informazioni sono utilizzate direttamente dalla unità che esegue il programma di utente.
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I sensori possono anche essere suddivisi in base alla loro funzione; di seguito se ne
descrivono alcune categorie.
Sensori per il controllo di movimento e di spostamento
Nel campo della robotica i sensori sono importanti per affrontare i seguenti problemi:
- controllo dei movimenti dei vari giunti del robot, del loro posizionamento iniziale e finale,
della correttezza della traiettoria in termini di percorso, velocità ed accelerazione.
- capacità del sistema di tener conto del mondo esterno affinché il robot possa essere in
grado di sostituire l'uomo in termini di capacità di "vedere", "sentire" e "prendere" oggetti
con una determinata pressione.
Sensori di prossimità
I sensori di prossimità sono in grado di percepire ed indicare la presenza di un oggetto
all'interno di un determinato campo, in prossimità del sensore stesso.
Un sensore di prossimità può anche essere predisposto per misurare distanze: il sensore
produce un segnale continuo proporzionale alla distanza. Mediante più misure lineari a
direzioni diverse si possono poi agevolmente determinare posizioni ed orientamenti di
pezzi semplici e complessi.
I sensori di prossimità possono basarsi su numerosi principi fisici: induttivo, capacitivo,
magnetico, fluidico, luminoso ed ultrasonico.
Sensori di deformazione e di forza
Tali sensori permettono il controllo in tempo reale dell'intensità (ed anche della direzione)
delle forze e delle coppie applicate dal robot agli oggetti manipolati.
Generalmente, i sensori di sforzo vengono applicati tra il polso e la pinza, e solo
recentemente sono stati messi a punto sensori a 6 gradi di libertà (per misurare
componenti multiple di forza) talmente leggeri e di dimensioni tali da poter essere montati
sulle dita di una pinza per impianti robotizzati.
I sensori di deformazione e di forza sono particolarmente interessanti per le operazioni di
assemblaggio, quando è ad esempio necessario correggere la posizione e l'orientamento
del robot: questa correzione viene effettuata in funzione della forza esercitata nel
manovrare i pezzi. Oppure, nelle applicazioni in cui è necessario applicare una pressione
costante (ad esempio operazioni di incollaggio) o, ancora, nella misurazione della forza di
inserzione dei componenti elettronici in un circuito stampato.
Sensori di visione
Il robot è stato descritto come una macchina programmabile e multiscopo dedicata alla
produzione.
Questa flessibilità, tuttavia, nell'ambiente operativo è fortemente condizionata dalle
capacità sensoriali dei robot. In realtà sappiamo che anche per la più semplice
applicazione il robot è dotato di una rete sensoriale composta da: sensori di presenza
pezzo, sensori di stato delle macchine di cui il robot è "server", ecc...
Tali sensori però influenzano solo la sequenza di esecuzione e la cadenza delle
operazioni del robot senza aumentarne la flessibilità. Una maggiore flessibilità è data dal
controllo di tipo adattativo, un controllo cioè che permetta, per esempio, di percorrere
traiettorie indipendenti da quelle programmate sulla base di indicazioni fornite da sensori
evoluti.
In questo modo il programma che l'operatore introduce non contiene istruzioni di
posizionamento che il manipolatore deve ripetere, ma piuttosto istruzioni che definiscono i
movimenti che il robot deve compiere in funzione di segnali provenienti dai sensori.
L'implementazione di un controllo che sappia adattarsi alle condizioni operative (controllo
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adattativo) deve essere il più possibile generale, non orientata cioè ad una specifica
applicazione, in modo da lasciare la massima libertà di scelta dei sensori da parte di chi
deve inserire il robot in un processo produttivo. Tra i sensori che maggiormente
consentono un controllo di tipo adattativo i più importanti sono i sensori di visione, che,
data la loro complessità, sono chiamati più frequentemente sistemi di visione.
I sensori di visione hanno lo scopo di identificare la posizione e l'orientamento dell'oggetto
che si trova nel campo del sensore, al fine di guidare il robot verso l'oggetto stesso.
Essi sono impiegati anche per riconoscere oggetti che per forma o colore sono difettosi o
più in generale per il controllo della qualità dei pezzi.
TERMINOLOGIA
• Trasduttore: il dispositivo nel suo complesso, che trasforma la grandezza fisica da
misurare in un segnale di natura elettrica.
• Sensore: l’elemento sensibile che converte la grandezza fisica in ingresso in una
grandezza fisica in uscita facilmente acquisibile per via elettrica.
In molti casi la distinzione tra sensore e trasduttore non è così netta e delineata e molto
spesso nella letteratura tecnica e nella pratica comune i due termini sono utilizzati come
sinonimi.
I trasduttori misurano le grandezze fisiche
• Grandezze continue, che possono assumere valori continui all’interno di un certo
intervallo (es. temperatura di un forno, velocità di rotazione di un motore, ecc...).
•Grandezze discrete, che assumo un insieme discreto di valori (es. verso di rotazione di
un motore, stato di un finecorsa, presenza di un oggetto, ecc...).
Le informazioni associate alle grandezze fisiche sono dette segnali.
• Le grandezze continue sono descritte da Segnali analogici.
• Grandezze discrete sono descritte da Segnali codificati oppure da Segnali logici.
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TRASDUTTORI ANALOGICI
Curve caratteristiche
Caratteristica statica. si ottiene cambiando molto lentamente la variabile di ingresso del
sensore e registrando la corrispondente variabile di uscita.
Caratteristica dinamica. La variabile di uscita introduce un certo ritardo ed una certa
attenuazione alla caratteristica statica. Ciò significa che esiste un limite superiore alla
frequenza di uscita del trasduttore (passa basso).
Dipendenza da variabili ambientali
Il trasduttore è progettato per rilevare una certa grandezza fisica, tuttavia risulta molto
difficile costruire un dispositivo selettivo che non risulti influenzato da altre grandezze
fisiche. Ad esempio la temperatura influenza le caratteristiche fisiche di quasi tutti i
materiali, ed in particolare quelli a semiconduttore.
ERRORI
Errore di linearità.
Errore di fuori zero (offset error). Valore che assume l’uscita del trasduttore quando la
grandezza da misurare è nulla.
Errore di guadagno (gain error). Differenza tra il guadagno della caratteristica ideale del
trasduttore e il guadagno della retta che approssima al meglio la caratteristica reale del
trasduttore
Errore di quantizzazione (resolution). Massima variazione dell’ingresso che non dà
luogo a nessuna variazione dell’uscita.
Errore di isteresi (hysteresis). Si parla di isteresi quando la caratteristica del trasduttore
è differente nei casi in cui il segnale sia in crescita e quello in cui il sistema sia in
diminuzione.
Precisione (precision, repeatability).
È una misura di quanto l’uscita del sensore è ripetibile su ripetuti esperimenti. La varianza
della misura tende a zero con l’aumentare della precisione.
Accuratezza (Accuracy). È una misura di quanto l’uscita del trasduttore si scosta da
quello che dovrebbe essere la sua uscita ideale. Il valor medio della misura tende al valore
vero con il crescere dell’accuratezza.
SIGNIFICATO DI PRECISIONE E DI ACCURATEZZA
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TIPOLOGIA DAI DATI FORNITI DA UN SENSORE
• Informazioni logiche. Sono informazioni che possono assumere solo due valori,
acceso/spento, vero/falso. Un pulsante per esempio può fornire al PLC una tensione di 0
oppure 24 volt.
• Informazioni digitali. Insieme di valori numerici appartenenti ad un intervallo. Per
esempio, un encoder assoluto fornisce un insieme di segnali codificati che sono tradotti
dal PLC in un valore di tipo intero da 0 a 65535.
• Informazioni continue. Una termocoppia fornisce al PLC una tensione variabile in
modo continuo. L’interfaccia del PLC si farà carico di “digitalizzare” l’informazione per
farla comprendere al PLC, il programmatore vedrà questa informazione come un tipo
intero.
Livelli standard di segnale
In campo industriale vengono utilizzati determinati valori di corrente o tensione.
Tensione continua: 0, +24V per informazioni logiche; + 10 V per informazioni continue.
Corrente: 0, 4, 20 mA
PULSANTI
Pulsanti, selettori, chiavi di abilitazione, funghi di
emergenza sono esempi di sorgenti di
informazione logica. Tipicamente questi oggetti
forniscono un segnale in tensione che può
assumere solo due valori, 0 e 24 volt
FINECORSA
Una soluzione semplice ed economica per rilevare che un oggetto in movimento ha
raggiunto una estremità del suo percorso è quella di fargli premere un interruttore.
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SENSORI INDUTTIVI
I sensori elettronici di prossimità a principio induttivo sfruttano il fenomeno dello
smorzamento di un campo elettromagnetico per effetto delle correnti indotte (correnti di
Foucault) in materiali conduttori posti nelle loro vicinanze. La bobina di un circuito
oscillante genera un campo elettromagnetico ad alta frequenza che induce, in azionatori
metallici vicini, correnti parassite. Queste correnti provocano una perdita di energia
nell'oscillatore, smorzando l'ampiezza del segnale. La riduzione dell'ampiezza
dell'oscillazione è rilevata da un amplificatore di soglia con isteresi che, a sua volta,
comanda uno stadio amplificatore finale per l'azionamento di un carico esterno.
L'assenza di contatto meccanico fra azionatore e sensore consente, unitamente alle
precedenti caratteristiche, una durata ed un numero di operazioni illimitate rispetto ad altri
tipi di interruttori di prossimità, riducendo altresì ogni problema di manutenzione.
I sensori induttivi rappresentano senza dubbio i sensori di prossimità più diffusi su
macchine automatiche e sono gli unici che, grazie alla maturità raggiunta dalla tecnologia,
godono di una normalizzazione a livello internazionale (CENELEC).
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Caratteristiche
• Poco costosi (< 20 Euro)
• Affidabili
• Funzionano con oggetti metallici ferromagnetici. Per altri materiali la portata viene
declassata.
• La dimensione della bobina è legata alla portata
• Sono equipaggiati di LED per indicare lo stato del Sensore
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SENSORI MAGNETICI
Si basano sul rilevamento di un campo magnetico
esterno, generato da un magnete permanente.
• Reed. Formato da due barrette flessibili di materiale
ferromagnetico (p.es. ferro nichel), piatte, di bassa
riluttanza ed ermeticamente sigillate, inserite all'interno
un tubo di vetro, avente un'atmosfera di gas inerte.
Sotto l’influenza di un campo esterno le lamine si
polarizzano (N S) e si avvicinano fino al contatto.
Pro: basso costo, elevato numero di operazioni
(circa 108)
Contro: delicati, rimbalzo dei contatti
• Effetto Hall. genera una tensione proporzionale
all’intensità del campo magnetico
circostante, quando è percorso da corrente costante.
Pro: completamente statico, no rimbalzi,
indicazione stato tramite LED
Contro: costo più elevato rispetto ai reed
di
Applicazione tipica: sensore di posizione per cilindri
pneumatici.
SENSORI CAPACITIVI
I sensori di prossimità a principio capacitivo, o sensori
capacitivi, sfruttano la variazione di
capacità parassita che si crea tra sensore ed oggetto da
rilevare. In corrispondenza di una
determinata distanza dell'oggetto dalla faccia sensibile del
sensore, entra in oscillazione un circuito e l'insorgere o il
cessare di tale oscillazione viene sentito da un rilevatore di
soglia che comanda un amplificatore per l'azionamento di un
carico esterno.
E' evidente che, dato il principio di funzionamento descritto, un sensore di prossimità
capacitivo può essere utilizzato come rilevatore di oggetti metallici e non metallici come
legno, liquidi, materiali plastici. Impieghi tipici si hanno per esempio nei dispositivi
contapezzi, nei controlli di livello in recipienti, ecc.
Esistono sensori capacitivi di due tipi:
1.Dielettrico
• E’ dotato delle due armature del condensatore
• L’oggetto è il dielettrico
• Vanno bene per oggetti metallici e non metallici
• Vanno bene per materiali ad alta densità
• Non leggono la carta
2.Conduttivo
• C’e’ un solo elettrodo del condensatore
• L’oggetto è l’altro elettrodo
• Vanno bene per metalli o liquidi conduttori
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Hanno un LED di segnalazione dello stato On/Off e si può regolare la sensibilità
con potenziometro
SENSORI ULTRASONICI
I sensori di prossimità a ultrasuoni sfruttano
l'emissione di impulsi sonori a frequenza elevata
(40 - 200 KHz) per rilevare la presenza di oggetti
posti nelle loro vicinanze, grazie all'eco dovuta alla
riflessione degli ultrasuoni da parte degli oggetti
stessi.
Il segnale emesso è costituito in genere da un
treno di impulsi viaggianti alla velocità del suono nell'aria (340 m/s circa).
L'emissione avviene tramite un apposito trasduttore elettroacustico di tipo piezoceramico.
L'onda riflessa è rilevata da un analogo trasduttore la cui funzione è quella di riconvertire i
segnali acustici in segnali elettrici.
Il tempo che intercorre fra l'istante di emissione di un impulso e l'istante di ricezione dello
stesso, è proporzionale alla distanza dell’oggetto.
L'impiego della tecnologia a ultrasuoni nel campo dei sensori di prossimità permette di
ottenere distanze di intervento massime di ordine nettamente superiore rispetto a quelle
ottenibili con la tecnologia induttiva o capacitiva a parità di dimensione geometrica del
sensore. Il sensore ad ultrasuoni rappresenta dunque una vantaggiosa alternativa nei
confronti dei sensori ottici, comunemente utilizzati per rilevare oggetti distanti; infatti le
caratteristiche di rilevamento di un sensore a ultrasuoni non dipendono dalle
caratteristiche cromatiche superficiali dell'oggetto da rilevare e possono essere sentite
anche superfici trasparenti.
Caratteristiche:
Hanno in generale una portata superiore a quella dei sensori induttivi e capacitivi
Pro:
• Portata di rilevamento 6 metri o più
• A differenza dei sensori ottici funzionano con materiali trasparenti e in ambiente sporco
• Funzionano bene per materiali densi
Contro:
• Non funzionano bene con materiali fono assorbenti
• Non operano nel vuoto
• Sono sensibili alla temperatura dell’aria
Dispongono di LED e regolatore della portata.
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Esempi di utilizzo
SENSORI FOTOELETTRICI (O SENSORI OTTICI)
Permettono di rilevare la presenza di oggetto di qualunque materiale, purché interrompa il
flusso luminoso generato dal sensore. Utilizzano tipicamente quattro sorgenti di luce:
• Incandescente (raramente…)
• Rossa (portata limitata, ottimo per le regolazioni meccaniche)
• Infrarossa (grande portata ma luce invisibile pertanto difficoltà nella regolazione)
• Laser (visibile, grande portata, spot piccolo, non pericolosa se di classe I e II)
Rosso e infrarosso funzionano meglio in ambienti molto illuminati e con luce naturale
radente. La sorgente è modulata, il ricevitore accordato in modo da avere elevata
immunità ai disturbi.
Fotocellula a sbarramento
Costituita da due elementi separati:
Emettitore e Ricevitore
• Un oggetto interposto interrompe il raggio
e viene rivelato
• I due elementi separati possono
rappresentare un problema per il montaggio
e l’allineamento
• Ideale per elevate distanze ed ambienti sporchi
• Prestazioni indipendenti dal colore e dal grado di riflessione
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Fotocellula a riflessione diretta
Si basa sulla riflessione della luce emessa dalla fotocellula da parte dell’oggetto.
• Ricevitore e trasmettitore sono sullo stesso elemento
• Le prestazioni dipendono dal colore e dal tipo di superficie dell’oggetto da rilevare
• Portata ridotta (10…300 mm)
• Funziona male per superfici poco riflettenti e colori scuri
• Si possono generare echi multipli per superfici a più facce
Fotocellula a riflessione diretta: varianti
Soppressione del primo piano (Foreground Suppression): vengono
rilevati solo gli oggetti più lontani di una certa soglia. La soppressione del
primo piano è ottenuta per mezzo di uno speciale posizionamento degli
elementi sensibili.
Soppressione dello sfondo (Background Suppression): il
funzionamento è l’opposto del FGS. In questo caso la fotocellula rileva tutti
gli oggetti che si trovano entro una certa distanza dal sensore. Può essere
disturbato da oggetti molto riflettenti o lucidi.
Annullamento dello sfondo (Background Blanking): per mezzo di un
sistema meccanico o elettronico si focalizza il ricevitore su una particolare
distanza di misura. Il sensore rileva solamente gli oggetti che si trovano a
quella distanza.
Fotocellula a riflessione (reflex)
Ricevitore e trasmettitore sono sullo stesso elemento
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• Deve essere presente un riflettore prismatico (catarifrangente) in grado di riflettere la luce
indietro verso il ricevitore
• Ha prestazioni intermedie fra il modello a sbarramento e quello a riflessione diretta
MISURATORI DI DISTANZA
Sono dispositivi basati su un laser e un’ottica di rilevazione.
Misurano il tempo di andata e ritorno di un impulso di luce
laser e lo convertono in distanza. Un raggio luminoso viene
emesso da un elemento trasmittente e riflesso dall’oggetto
verso l’elemento ricevente.
Il tempo di propagazione della luce misurato corrisponde alla
misura della distanza tra il sensore e l’oggetto. Questi sensori
permettono di attivare due uscite digitali quando la distanza
misurata è maggiore o minore o compresa tra due valori
programmabili di distanza.
 Portata: fino a 10 m
 Precisione: 20 mm (dipende dalla riflettività dell’oggetto)
 Laser: classe II
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POTENZIOMETRI
I più semplici sensori impiegati per la rilevazione di
movimento sono i potenziometri, il cui principio è quello
di convertire una posizione in un valore di resistenza
elettrica. Il passaggio da posizione a variazione di
resistenza e infine a variazione di tensione è molto
semplice.
La tensione Vu corrispondente ad una data posizione è
fornita dall'espressione: Vu = Vi *(r/R) in cui r rappresenta
la porzione di resistenza inserita rispetto alla massa,
mentre R è la resistenza di tutto il potenziometro.
Il valore di Vu dipende dal valore di Vi che alimenta il
potenziometro. Vi può essere indifferentemente una
tensione continua o alternata.
Si possono avere potenziometri a spostamento lineare o
a spostamento angolare. Nel caso dei tipi a spostamento
angolare vale la seguente relazione:
Vu = (Vi*/max)
dove max è il massimo angolo di corsa del cursore.
I potenziometri adoperati come trasduttori di posizione sono contraddistinti dalle seguenti
caratteristiche:
- linearità: un potenziometro si dice lineare quando la variazione della tensione di uscita è
legata allo spostamento da un coefficiente di proporzionalità costante per tutta la corsa del
potenziometro. Qualsiasi variazione del coefficiente di proporzionalità viene riferita come
errore di linearità.
- risoluzione: indica lo spostamento minimo del cursore per avere una variazione di
tensione.
- potenza dissipabile: insieme al valore di R, la potenza dissipabile P d definisce le
caratteristiche elettriche del potenziometro.
- rumore: va sotto questo nome qualunque scostamento in tensione provocato da errori di
linearità, da difetti meccanici, da scintillio, da polvere che interrompe la continuità del
contatto.
RESOLVER
Viene utilizzato per la stima della velocità e della posizione di un
motore.
Costituito da un avvolgimento primario rotante con l’albero di cui
si vuole la posizione, e da due avvolgimenti secondari in
quadratura fissi. Sul circuito primario viene impressa una
tensione sinusoidale di frequenza compresa tra 500 e 20000 Hz,
vengono misurate le tensioni indotte e un circuito opportuno
(Resolver to Digital Converter) fornisce l’informazione numerica voluta (posizione angolare
albero).
Molto affidabile, abbastanza preciso, non troppo costoso, in grado di essere applicato su
sistemi in rotazione continua fornendo una informazione assoluta in un giro elettrico
dell’asse di rotore.
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PRO: sensore di posizione assoluta del rotore nei motori brushless. La sua robustezza, la
tecnologia elettromagnetica simile a quella realizzativa di un motore e la sua relativa
insensibilità agli sbalzi di temperatura lo rendono idoneo all’integrazione all’interno del
motore, favorendo così la compattezza e la riduzione dei costi dell’insieme.
CONTRO: circuito di demodulazione e conversione digitale abbastanza complesso e
costoso.
Il principio di funzionamento del
resolver è il seguente: l’avvolgimento
rotante, percorso da una corrente
sinusoidale di pulsazione ω dovuta ad
una tensione di eccitazione , induce
negli avvolgimenti fissi delle f.e.m.
costituite da due componenti : una di
origine trasformatorica dovuta alle
variazioni della tensione di eccitazione ed un’altra dovuta al moto relativo
dell’avvolgimento rotante rispetto agli avvolgimenti fissi, che è quindi proporzionale al seno
o al coseno dell’angolo θ individuato dalla posizione del rotore rispetto ad un riferimento
fisso. Scegliendo θ =0 quando l’avvolgimento solidale con il rotore è allineato con uno dei
due avvolgimenti fissi, le espressioni delle tensioni ai morsetti dei due avvolgimenti fissi
saranno rispettivamente vS1(t) e vS2(t) indicate nella figura sopra.
Come si vede, si tratta del seno e del coseno della posizione angolare del rotore che
modulano in ampiezza la portante di pulsazione ω presente sull’avvolgimento rotante.
L’estrazione del dato che si desidera ottenere (ossia θ ) da questi due segnali di tensione
e la sua trasformazione in un segnale gestibile da parte di un sistema di elaborazione
digitale utilizzato nel controllo dell’azionamento viene solitamente delegata ad un
dispositivo “ad hoc”.
Questo
dispositivo
prende in ingresso i
due segnali modulati,
ne
effettua
la
demodulazione,
ricava
una
stima
dell’angolo θ’ e lo
fornisce
in forma
digitale
con
un
numero di bit che
determinano
la
risoluzione angolare
assicurata, secondo
un principio analogo a
quello di un anello ad
aggancio di fase. Parametro critico del RDC è la risoluzione angolare, intesa come minimo
scarto angolare rilevabile dallo strumento. Tale parametro dipende dal rapporto tra il
massimo numero di dati, per unità di tempo che lo strumento è in grado di fornire, e la
velocità angolare del rotore, più è piccolo questo rapporto e minore è la risoluzione
angolare ottenibile.
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ENCODER OTTICO
Sensore per la misura della posizione (encoder assoluto) e della velocità (encoder
incrementale) che fornisce un’uscita digitale.
L'encoder è un dispositivo azionato da un albero
rotante, il quale fornisce in uscita impulsi corrispondenti
alla posizione angolare dell'albero. Esso contiene al suo
interno un disco rotante diviso in segmenti
alternativamente opachi e trasparenti.
Su un lato del disco è situata la sorgente luminosa e
sull'altro una o più fotocellule. Il cambio della luminosità
della fotocellula causato dalla rotazione del disco,
produce gli impulsi di tensione (sotto forma di onda
quadra) in uscita.
Lo spostamento angolare dell'albero è misurato dal
numero di impulsi, i quali, se riferiti al tempo, esprimono la velocità (codificatore
tachimetrico).
Usando
due
fotocellule
in
corrispondenza della stessa traccia del
disco e sistemandole in modo che i
segnali di uscita (onde quadre) siano
sfasati di 90° l'uno rispetto all'altro, è
possibile misurare, con la logica del
circuito esterno, il senso di rotazione
rilevando se il segnale A precede il B o
viceversa.
Esiste
inoltre
un'altra
fotocellula che fornisce un impulso
indicatore della posizione di riposo
(riferimento zero).
I due canali in quadratura evitano
anche l'errata misura nel caso di
vibrazioni del codificatore tachimetrico.
L'encoder descritto viene detto di tipo
incrementale in quanto i segnali di
uscita sono proporzionali in modo
incrementale
allo
spostamento
effettuato.
Gli encoder incrementali possono fornire purtroppo errori, e quindi posizioni non corrette, a
causa del conteggio errato provocato da disturbi, compresa l'eventuale interruzione della
alimentazione. Questi errori possono essere eliminati con l'impiego di encoder assoluti, nei
quali ad ogni posizione dell'albero corrisponde un valore ben definito.
Nel codificatore assoluto sono previste sul disco tracce capaci di fornire segnali in codice.
Per rilevare la luce che passa attraverso il disco è prevista una fotocellula per ogni traccia.
I codici impiegati sono quelli di tipo binario, BCD, Gray ecc..; che permettono di ricavare
anche decine di migliaia di bit per giro.
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Encoder incrementale
Nell’encoder incrementale le strisce trasparenti si trovano su di una sola corona circolare,
alternate a strisce opache. La distanza tra due strisce trasparenti si chiama passo
dell’encoder.
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Encoder assoluti
Nell’encoder assoluto l’uscita è di tipo parallelo e tutti i bit che costituiscono il numero di
uscita sono disponibili contemporaneamente perché ciascuno utilizza una linea dedicata.
Incertezza dovuta al non perfetto allineamento dei
sensori relativi alle diverse corone circolari
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L'encoder ottico presenta molte caratteristiche positive: non subisce invecchiamenti legati
all'usura, se si escludono i cuscinetti di supporto dell'alberino, non produce polveri
conduttive, non provoca archi elettrici in corrispondenza delle commutazioni. D'altra parte
esso risente negativamente della presenza di fumi e polvere nell'ambiente di utilizzo
(questi, depositandosi sul disco lo opacizzano) e le vibrazioni più violente possono
provocare la rottura del disco di vetro.
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