doc. - Urbino e Provincia

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Comune di Urbino
Assessorato Cultura e Turismo
Comune di Pesaro
Assessorato alla Cultura
Comune di Fano
Assessorato alla Cultura
Provincia di Pesaro e Urbino
Assessorato alla Cultura
Amat
Associazione Marchigiana Attività Teatrali
Eti
Ente Teatrale Italiano
Fano Teatro della Fortuna _ Pesaro Teatro Rossini
Urbino Teatro Sanzio / Aula di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti
TeatrOltre 06
CONFERENZA STAMPA
martedì 7 marzo 06
Pesaro _ Palazzo del Municipio, Sala del Consiglio
intervengono
Lella Mazzoli
Assessore alla Cultura e Turismo Comune di Urbino
Davide Rossi
Assessore alla Cultura Comune di Fano
Luca Bartolucci
Assessore alla Cultura Comune di Pesaro
Simonetta Romagna
Assessore alla Cultura Provincia di Pesaro e Urbino
Raimondo Arcolai
Direttore Amat
1
programma
15 marzo > Urbino Teatro Sanzio
VIOLANTE PLACIDO [VIOLA]
DON’T BE SHY
21 marzo > Pesaro Teatro Rossini
SOCÌETAS RAFFAELLO SANZIO
THE CRYONIC CHANTS
canti e poemi oggettivi, tratti da un impassibile animale
24 marzo > Fano Teatro della Fortuna
EMMA DANTE / SUD COSTA OCCIDENTALE
MISHELLE DI SANT’OLIVA
6 aprile > Urbino Aula di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti
SCUOLA D’ARTE DRAMMATICA PAOLO GRASSI
PENTESILEA
19 aprile > Pesaro Teatro Rossini
COMPAGNIA LABORATORIO DI PONTEDERA
ASPETTANDO GODOT
6 maggio > Pesaro Teatro Rossini
GIOVANNI ALLEVI
NO CONCEPT
8 maggio > Urbino Teatro Sanzio
TEATRO DELLE ALBE
LA MANO
De profundis rock
23 maggio > Urbino Teatro Sanzio
SASHA WALTZ & GUESTS
UNDER
2
comunicato stampa
TEATROLTRE a URBINO, FANO e PESARO
un palcoscenico “grande 3 città”
per le più importanti esperienze della scena contemporanea
Partirà il 15 marzo la seconda edizione di TeatrOltre, rassegna promossa dagli
Assessorati alla Cultura dei Comuni di Urbino, Fano e Pesaro in collaborazione con la
Provincia di Pesaro e Urbino, l’Amat e l’Eti. Un palcoscenico "grande 3 città" per le più
importanti esperienze della scena contemporanea nel segno della multidisciplinarietà (la
rassegna si apre alla musica e alla danza), è questo l’obiettivo di TeatrOltre i cui
appuntamenti sono espressione dei linguaggi più innovativi del panorama europeo.
Dopo il successo riscosso lo scorso anno, ritorna con TeatrOltre l’iniziativa Teatro in
trasferta promossa dall’Amat grazie alla quale sarà possibile raggiungere con un pullman
da Ancona i teatri di Urbino, Fano e Pesaro (senza costi aggiunti rispetto al semplice
abbonamento – prenotazioni al n. 071 2075880).
Il 15 marzo l’apertura della rassegna è affidata, al Teatro Sanzio di Urbino, a Violante
Placido: da attrice di culto del nuovo cinema italiano a cantautrice, protagonista di un
recente debutto discografico davvero sorprendente. Don’t Be Shy contiene dieci brani che,
per sonorità delicate ed intimiste, ci riportano al rock delle cantautrici americane tipo
Suzanne Vega o Edie Brickell e alla scena indie-pop di artiste come Beth Orton.
La scorsa edizione di TeatrOltre aveva ospitato ad Urbino la Socìetas Raffaello Sanzio con
Crescita XI. Quest’anno il gruppo di Cesena, tra i più geniali del panorama europeo, farà
tappa al Teatro Rossini di Pesaro (21 marzo) con The Cryonic Chants, un concerto che
si è staccato dal magnifico corpus della Tragedia Endogonidia. Sonorità supportate da una
video installazione, mentre quattro dame a lutto riducono ai minimi termini la scrittura della
tragedia. Suoni privi di nessi logici su cui il compositore americano Scott Gibbons ha
costruito la musica altrettanto aspra, dissonante ma piena di concretezza.
Altro nome giustamente celebrato in Italia e all’estero è quello di Emma Dante - giovane
autrice e regista palermitana che in pochi anni ha saputo conquistare i consensi unanimi del
pubblico e della critica - che arriva a Fano (Teatro della Fortuna) il 24 marzo con il suo
ultimo lavoro, Mishelle di Sant’Oliva. Emma Dante consuma un altro sacrificio, un altro
amaro affondo nell’inferno - pubblico e privato - della famiglia, dell’amore sognato e fuggito,
della vita che deve sempre e ancora essere vissuta. Non c’è scampo. Si resta invischiati,
colpiti, turbati, affascinati.
Il 19 aprile il Teatro Rossini di Pesaro ospiterà Aspettando Godot di Samuel Beckett
messo in scena dalla Compagnia Laboratorio di Pontedera. Al centro delle cronache non
solo teatrali per l’aspra querelle con gli eredi di Beckett (che volevano impedirne la
messinscena a causa della scelta di due interpreti femminili per i ruoli dei protagonisti),
questo nuovo allestimento – che coincide con il centenario della nascita dell’autore - si gioca
tutto, nella fedeltà alla scrittura originale, sui tanti interrogativi senza risposta che il testo
ogni volta propone.
Il Teatro Rossini tornerà ad aprirsi il 6 maggio per il concerto di Giovanni Allevi. Sulla
scia del clamore per i successi newyorkesi e per la scelta di un suo brano per uno spot
televisivo da parte del regista Spike Lee, Allevi è considerato tra gli artisti più
rappresentativi nel panorama musicale internazionale. “Voglio che chi ascolta la mia musica
possa viaggiare di fantasia e dare forma ai propri sogni”, scrive l’artista. Lo dimostrano le
sensazioni e le emozioni che si susseguono durante l’ascolto dei suoi lavori, perfetta fusione
tra classico e jazz come il recente No concept.
L’8 maggio sarà la volta al Teatro Sanzio di Urbino de La mano del Teatro delle Albe.
Da un romanzo di Luca Doninelli, de profundis rock (così recita il sottotitolo dello spettacolo)
3
racconta non solo la tragica, inspiegabile morte di un grande chitarrista rivissuta dal delirio
di sua sorella ma, soprattutto, indaga il senso del tragico, dell’assenza, della musica come
possessione. È una grande Ermanna Montanari ad assumerne il ruolo inventandosi una voce
di roca potenza per battersi col rock teso e tonante delle risonanze elettroniche di Luigi
Ceccarelli.
Concluderà TeatrOltre - il 23 maggio al Teatro Sanzio di Urbino - Under (per la prima
volta in Italia) della compagnia Sasha Waltz & Guests, una delle più significative realtà
del teatro danza europeo. Oltre alla ‘padrona di casa’ - Sasha Waltz, nuova regina della
scena tedesca - operano nella compagnia altri artisti come Nicola Mascia e Matan Zamir coreografi e interpreti - e Yasmeen Godder, coreografa israeliana, talento tra i più originali
della danza indipendente internazionale. Dal loro incontro nasce Under, indagine in due parti
sulle forme possibili dei rapporti tra individui.
Nel segno del confronto tra esperienze di formazione nell’ambito dello spettacolo dal vivo,
l’aula di scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino ospiterà il 6 aprile un
progetto dedicato a Pentesilea della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di
Milano. Il lavoro - rito tra teatro e danza - prende spunto dall’omonima opera di Heinrich
von Kleist per fare della protagonista, assassina per amore, una figura ambigua per la
compresenza nelle sue azioni di amore e odio, maschile e femminile, istinto e sentimento.
Ne sono artefici giovani artisti ancora a ‘scuola’ di teatro.
Biglietti: intero euro 10,00, ridotto euro 8,00.
Informazioni e attività collaterali: www.centoteatri.com/teatroltre/06.htm (vendita
biglietti on line), Amat 071 2072439, Teatro Sanzio 0722 2281, Teatro Rossini 0721
387621, Teatro della Fortuna 0721 800750.
ufficio stampa
Amat _ Barbara Mancia
t. 071 2075880 _ 335 7756368
[email protected]
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15 marzo > Urbino Teatro Sanzio
VIOLANTE PLACIDO [VIOLA]
DON’T BE SHY
Da attrice del nuovo cinema italiano a Viola, cantautrice dotata.
Per la prima volta in tour: una nuova sfida per Violante Placido,
dopo un debutto discografico davvero sorprendente.
Mentre l’album d’esordio Don’t Be Shy continua ad avere ottimi riscontri dalla stampa
specializzata e dalle emittenti radio nazionali, Viola è pronta ad affrontare il suo primo tour
italiano.
Nata e cresciuta a Roma, dove ha frequentato le scuole inglesi, durante la sua adolescenza
ha vissuto per lunghi periodi in Inghilterra e in America. Fin da giovanissima ha iniziato a
lavorare come attrice e tra i suoi film più apprezzati dalla critica e dal pubblico ricordiamo:
Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enza Negroni, L’Anima Gemella di Sergio Rubini, Ora
o mai più di Lucio Pellegrini e Che ne sarà di noi di Giovanni Veronesi e la vedremo presto in
Fade to Black di Oliver Parker.
Il suo primo album, Don’t Be Shy, è stato scritto e composto da Viola insieme ad un gruppo
di amici musicisti. Una decina di brani, sette dei quali scritti ed interpretati in lingua inglese,
che per sonorità ci riporta al rock delle cantautrici americane tipo Suzanne Vega, Edie
Brickell e alla scena indie-pop di artiste come Beth Orton. Tra le canzoni ricordiamo A Zero il
cui testo è tratto dal romanzo di Vera Gemma Le bambine cattive diventano cieche ed il
singolo Still I attualmente in rotazione su tutte le radio italiane. L’album è stato registrato
tra Roma e Pescara ed è prodotto da Giulio Corda (leader del gruppo Giulio Dorme) e Paolo
Bucciarelli.
Un esordio con i fiocchi, che ci consegna un’artista dotata sia a livello compositivo che
vocale. [“Rocksound”]
E se stupirsi della bellezza è qualcosa a cui nessuno può rinunciare (guardando Violante
Placido, l’unica espressione possibile è: ’che bella!’) ascoltando ora si può dirle: ‘Che brava!
E perché no? [“Rumore”]
Un album delicato e solare. [“Rockstar”]
Atmosfere Kings Of conveniente, l’ombra della Consoli lontana e densità new folk. Cavolo!
Mi dico, sbagliato carriera? [“Zero”]
Viola scalda con una vocalità lunare e confidenziale, come una Joni Mitchell che scelga i toni
più flebili e pastosi di Cat Power. [“Rockerilla”]
Un progetto in cui la musica ha il ruolo di piccola isola felice e le canzoni sono confessioni
sussurrate all’orecchio. La delicatezza è il materiale primo del debutto di Viola. [“XL”]
Un disco soffice, d’un cantautorato indie-pop semplice, leggero. È sbocciata una Viola.
[“Rockit”]
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21 marzo > Pesaro Teatro Rossini
SOCÌETAS RAFFAELLO SANZIO
THE CRYONIC CHANTS
canti e poemi oggettivi, tratti da un impassibile animale
creato da Scott Gibbons e Chiara Guidi
voci Claudia Castellucci, Monica Demuru, Chiara Guidi
e la partecipazione vocale di Teodora Castellucci
presentato per la prima volta nell'ambito della Festa Elettronica-Romaeuropa Festival 2004
produzione Socìetas Raffaello Sanzio
in collaborazione con Festival d’Avignon, Hebbel Theater – Berlin
KunstenFESTIVALdesArts - Brussels, Bergen International Festival
Odéon -Théâtre de l’Europe con il Festival d’Automne - Paris, Romaeuropa Festival
Le Maillon-Théâtre de Strasbourg, LIFT (London International Festival of Theatre)
Théâtre des Bernardines con Théâtre du Gymnase – Marseille
Emilia Romagna Teatro Fondazione – Modena
Il Concerto è una sorta di imbuto sonoro in cui si sviluppa una parte dell’universo musicale
del Ciclo della Tragedia Endogonidia che, in particolare, ha per oggetto l’alfabeto e il
linguaggio verbale. Il testo è qui considerato come una “cosa” tra le cose e, come queste,
soggetto al destino di una forma. Dall’azione sonora sgorga una “poesia” che non fa più
affidamento a un Autore, al Poeta. Il testo “discende” da una capra. La parola “tragos”, da
cui deriva “tragedia” significa “canto del capro”. L’idea è quella di ottenere una serie di
parole “oggettive”, ricavate dal corpo di un capro vero e vivente. Quel capro diventa così un
corpo di scrittura, attraverso il quale ci “dona” alcune parole. Si tratta, letteralmente, di far
“scrivere” un testo a un capro vivente lasciato libero di pascolare su un tappeto di lettere
che si ricompongono casualmente per creare nuove sequenza di fonemi. Avere un testo
proveniente da un capro, nel contesto di una tragedia, significa disconoscere e sospendere
tutta la tradizione della tragedia stessa e, contemporaneamente, avallare un significato
brutalmente tradizionale, etimologico e letterale. Significa avere alle spalle un animale al
posto di un poeta, un animale che conduce all’“aperto”, in una dimensione non-narrativa.
Per il linguaggio-testo della capra è stato adottato un sistema analogico di ricombinazione di
fonemi provenienti dalle sequenze proteiche contenute esattamente nel corpo di “quel”
capro, un individuo maschio di quattro anni. Le sequenze delle ammine scelte sono quelle
responsabili, nell’ordine, della produzione di sperma, della crescita delle corna e della
putrefazione. Le sequenze delle lettere-simbolo di ogni amminoacido delle proteine scelte,
sono state riportate su tre tappeti bianchi; il capro è stato lasciato libero di pascolare e il
suo percorso ha disegnato una costellazione di lettere che hanno formato una scrittura di
base, che Chiara Guidi ha utilizzato per la partitura delle voci. Il carattere “biologico” di
questo processo è lo stesso adottato da Scott Gibbons, che riconduce ogni sua elaborazione
elettronica a una sorgente organica, e questa condizione conferisce alla biologia una
dimensione propriamente abissale.
Scott Gibbons e Socìetas Raffaello Sanzio
L’incontro tra la Socìetas Raffaello Sanzio e il compositore americano Scott Gibbons risale al
1998, in occasione della preparazione della Genesi. From the museum of sleep. Il progetto
comune successivo fu Il Combattimento di Claudio Monterverdi, dove alla musica dell’autore
barocco, diretta dal maestro Roberto Gini, veniva affiancata una corrente parallela di suoni
elettroacustici concepiti da Scott Gibbons. La collaborazione da quel momento è continuata,
e si è sviluppata per tutto il ciclo drammatico della Tragedia Endogonidia. In quest’occasione
Chiara Guidi ha lavorato al fianco di Gibbons in un lavoro di trama dell’idea sonora e della
sua realizzazione.
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24 marzo > Fano Teatro della Fortuna
EMMA DANTE / SUD COSTA OCCIDENTALE
MISHELLE DI SANT’OLIVA
scritto e diretto da Emma Dante
con Giorgio Li Bassi, Francesco Guida
scene e costumi Emma Dante luci Irene Maccagnani
collaborazione alla produzione Festival delle Colline Torinesi
Espace Malraux, Scène Nationale de Chambéry, drodesera>centrale fies
ringraziamenti Amat - Associazione Marchigiana Attività Teatrali
Garofano Verde, rassegna a cura di Rodolfo di Giammarco
Era una bella donna la prima ballerina dell’Olympia di Parigi: alta, bionda, con la pelle liscia
ca parìa di sita e soprattutto ‘ddà taliata c’avia, ca ti faceva addiventare nico nico…
Vicino Sant’Oliva, la piazza delle buttane, Gaetano e Salvatore Lucchese, assittati ‘nta
seggia, aspettano Mishelle. Gaetano si rifiuta di guardare in faccia il figlio e, anche se la
sensazione di un’altra presenza umana è così forte da farlo rabbrividire, si accovaccia sulla
sedia, trattiene il respiro e ascolta in silenzio. I ricordi aleggiano nell’aria come foglie
d’autunno portate via dal vento e Gaetano, vestito a festa, se ne sta davanti alla finestra
con la testa calata sul petto. Il tempo non esiste più. Da secoli, battendo i pugni chiusi sulle
sue gambe di pietra, Gaetano reclama la fata incantatrice che un giorno se ne andò,
lasciandolo cadere a picco dentro il suo corpo deforme. Il figlio, cane rognoso, se ne sta
seduto, con le cosce aperte, davanti al muro che ha di fronte. Sono dieci anni che il padre
gli volta le spalle. E ogni notte, alla luce della luna, “‘u figghiu ‘da francisa” si veste, si
addobba. Nella piccola stanza che odora di chiuso, lei emana un disperato odore di
primavera, di fiori, che Gaetano non sopporta. Mishelle è pronta: dura, rozza, pesante,
vibrata da tutto il peso del corpo, vibrata con una gioia cupa. Malgrado i fianchi tondi e
informi, Mishelle, cammina a testa alta. Bacia, castamente, il padre, e senza vergogna
passeggia a Sant’Oliva, d’una punta a n’avutra punta…
C’è l’amara lezione di Beckett nel bellissimo Mishelle di Sant’Oliva, nell’attesa vana che
riempie il tempo e lo spazio, nel cappio fissato con un lucchetto al soffitto, nelle frasi e nei
gesti frequentemente reiterati, nel tentativo di suicidio estenuato ed estenuante, gioco di
morte che non si conclude mai. E c’è la tragedia di due uomini, a turno vittima e carnefice,
che non possono fare a meno l’uno dell’altro e sono destinati a ferirsi per il semplice fatto di
esistere, il vecchio obnubilato dalla struggente nostalgia del passato e da un egoismo
assoluto, il ragazzo diviso tra la continua ricerca di approvazione e il desiderio di essere se
stesso fino in fondo. Le loro schermaglie verbali spesso si dipanano in un dialetto siciliano
scabro ed evocativo, lingua segreta e oscura capace di grandi suggestioni ma anche di
accrescere il senso di claustrofobia che li schiaccia. [“Ateatro”, Valeria Ravera]
Nella ricorrente ricerca popolare che Emma Dante va conducendo coi suoi fidi di Sud Costa
Occidentale su quelli che testorianamente si potrebbero definire "i segreti di Palermo",
ritorna costante il fantasma dell' omosessualità, specie all' interno dell' ambito familiare. In
Mishelle di Sant' Oliva, in prima al Festival delle Colline Torinesi, il richiamo si fa anche più
esplicito finendo per adombrare nel rapporto tra un padre e un figlio un ideale bis del
rimpianto legame tra il genitore e la moglie, la Mishelle del titolo, chanteuse e stripteaseuse
dell' Olympia di Parigi, sparita di casa da un decennio. […] Ridotta quindi a una grottesca
esercitazione ossessiva su un motivo colorito dal suo senso dissacratorio, la breve pièce ha
un andamento lineare, arricchito dalla sottigliezza di un dialogare monologante, nei brevi
percorsi paralleli delineati dai due personaggi nel tragitto che ciascuno traccia davanti alla
propria porta: e sono entrambi bravissimi l'esperto Giorgio Li Bassi e il debuttante
Francesco Guida nel coniugare lo svariare espressivo e l' eccesso dei toni di questo nuovo
saporito quadro di segno felliniano. [Franco Quadri, “la Repubblica”]
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6 aprile > Urbino Aula di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti
SCUOLA D’ARTE DRAMMATICA PAOLO GRASSI
PENTESILEA
con Lara Guidetti, Matteo Graziano
coreografia Lara Guidetti
drammaturgia Sarah Chiarcos
regia, scene, luci Fabio Cherstich
Pentesilea e Achille: l’amante e l’amato. Una donna che uccide a morsi l’uomo che ama e
presa coscienza del suo gesto ne ribadisce la legittimità come atto d’amore supremo, come
estrema e definitiva soddisfazione dell’istinto passionale di compenetrazione.
La studio si articola in frammenti di un a solo di Achille e di un a solo di Pentesilea - con
presenza di Achille - che convergono in un passo a due.
Da un lato Pentesilea, ovvero la rappresentazione delle immagini che assediano la sua mente
dopo l’uccisione dell’amato; dall’altra Achille e la sua natura mitologica, il suo essere nome e
simbolo prima ancora che corpo o presenza reale.
Il corpo dei due danzatori in scena è lo strumento unico attraverso cui le visioni di Pentesilea
si concretizzano.
Il movimento è contenuto all’interno di uno spazio vivo: gli oggetti diventano segni di
presenze e la struttura architettonica interagisce rispetto a ciò che accade in scena,
diventando talvolta causa, talvolta effetto dell’agito.
Il progetto prende spunto dall’ottocentesca Pentesilea di H. V. Kleist, in cui il celebre
drammaturgo tedesco presenta la regina delle amazzoni secondo una personale e inedita
ritrattazione del mito: una figura moderna nella sua instabilità; ambigua per la compresenza
nella sua mente e nelle sue azioni di amore e odio, maschile e femminile, istinto e
sentimento, masochismo e sadismo; un personaggio che si configura come trasgressione
sessuale e culturale attraverso l’infrazione delle regole e dei divieti che reggono l’ordine dell’
esistenza e della morte.
La prima fase del progetto, Tafantasmata (in greco Le visioni), è stata presentata a luglio
2005 come saggio individuale alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. Lavoro anomalo e
innovativo all’interno della scuola per essere nato dalla collaborazione di una danzatrice
(Lara Guidetti), un regista (Fabio Cherstich) e un drammaturgo (Federico Perrone), lo
spettacolo si componeva unicamente di uno studio dell’assolo di Pentesilea.
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19 aprile > Pesaro Teatro Rossini
COMPAGNIA LABORATORIO DI PONTEDERA
ASPETTANDO GODOT
di Samuel Beckett
con Luisa Pasello, Silvia Pasello, Savino Paparella, Tazio Torrini
e con Maria Pasello, Riccardo Mossini
regia Roberto Bacci
scene e costumi Marcio Medina
con la collaborazione di Letteria Giuffré Pagano, Sergio Seghettini
brano musicale originale Ares Tavolazzi luci Marcello D’Agostino
produzione Fondazione Pontedera Teatro
Il tema dell’attesa (qui parliamo dell’attesa beckettiana) segue i temi già incontrati nei
tre spettacoli precedenti della Compagnia Laboratorio, tutti e tre ispirati da grandi
romanzi della letteratura mondiale. Nel primo, Oblomov, dall’omonimo romanzo di Ivan
Gonciarov, la sfinge dello spettacolo era racchiusa in una piccola frase “quando ci si
sveglia si è morti”. Nel secondo lavoro Ciò che resta, ispirato a La Montagna Incantata di
Thomas Mann, il tema si nascondeva nel titolo stesso pensando a “ciò che resta da ora
alla morte”. Nella terza opera, nata da L’Idiota di F. Dostoevskij, Il Raglio dell’asino,
fisarmonica del dolore secondo i versi del poeta Sandro Penna, il titolo ci richiamava alla
possibile esistenza di un essere “assolutamente buono” simile ad un asino/Cristo.
Tutti e tre gli spettacoli interrogano i relativi romanzi di origine, non solo per i temi
espliciti o nascosti che essi racchiudono, ma anche per la forma che il teatro, nella sua
autonomia, deve ricercare per poter reagire e rendersi autonomo dalla scrittura
letteraria. Sono stati per noi anni di intenso lavoro e di vere e proprie scoperte sia per
l’arte dell’attore, sia per la composizione scenica e drammaturgica da reinventare ogni
volta dal nulla. Oggi, messa momentaneamente da parte questa fase, abbiamo deciso di
chiudere il cerchio rivolgendoci ad un classico della letteratura teatrale: Aspettando
Godot di Samuel Beckett. Questa volta tutto sembra già scritto, tutto sembra già indicato
fino nei minimi dettagli. Lo spartito è lì sul pianoforte, non resta che eseguirlo. Ma qui sta
la trappola e la sfida si fa veramente difficile.
Nel 1984 il Teatro di Pontedera ha prodotto la tournée italiana del progetto Beckett
directs Beckett, ovvero la trilogia Aspettando Godot, Finale di Partita e L’Ultimo nastro di
Krapp, con la supervisione di Samuel Beckett stesso nell’interpretazione del S. Quentin
Drama Workshop, diretto dall’ex ergastolano e amico di Beckett, Rick Cluchey. Il contatto
fisico con quell’esperienza era stato per noi fondamentale per percepire “dal vivo” il tipo
di lavoro che lo stesso Beckett intendeva si realizzasse nella messa in scena delle sue
opere, soprattutto per ciò che riguardava la libertà possibile all’interno di una macchina
drammaturgica assolutamente precisa e “musicale”. Così, quando Aspettando Godot è
diventato il fantasma a cui dare corpo, la scelta di come lavorare per la sua messa in
scena non poteva che essere quella della fedeltà alla scrittura originale, trovando tuttavia
i necessari tradimenti per dialogare con il testo. Si è aperto così un mondo nuovo in cui
vivono antiche domande. Chi sia Godot o che cosa significhi l’attesa sono alcune di
queste. Lo spettacolo potrà fare da ponte verso possibili risposte anche se non c’è una
vera speranza che ci riscatti dall’assurdità della nostra esistenza. Ogni possibile
conclusione sta alla nostra coscienza individuale.
Purtroppo, nel 2006, saranno 100 anni da che Samuel Beckett è nato e devo confessare
che mi è sembrato uno scherzo del destino quando, una volta che ho deciso di mettere in
scena Aspettando Godot, me lo hanno fatto notare. Era ormai troppo tardi per tornare
indietro. Pazienza, saremo in buona ed abbondante compagnia: tanti artisti in attesa di
tanti Godot. Allora, 100 di questi Godot, Signor Beckett!
Roberto Bacci
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Aspettando Godot è un dramma che arriva all’anima. Perfetta si rivela la scelta di affidarlo
ad attrici capaci di una speciale tenerezza. Se la regia di Bacci è scientifica, il lavoro delle
Pasello è profondo fino all’astrazione, alla negazione di confini di genere.
[Claudia Provvedini, “Corriere della Sera”]
È assoluta la fedeltà al testo dell’odierna pregevole recita, disposta in un lungo spazio ovale
di passaggio contenuto tra due pareti dove le montagne ideate da Marcio Medina si
confondono con le nuvole tra cui, alla fine delle due giornate, brilla la luna piena, davanti al
proverbiale albero stecchito, qui appeso al cielo, senza radici.
[Franco Quadri, “la Repubblica”]
In Aspettando Godot la dimensione metateatrale è evidente, ma quel che conta è il gioco
teatrale che nasce da gag di una comicità da teatro di varietà o ispirata alle comiche del
cinema slapstick. Passerebbe comunque il tempo, ma è consolante a volte che ci sia l'arte a
farci compagnia.
[Gianni Manzella, “Il Manifesto”]
Aspettando Godot è una trappola perfetta, dà l'illusione del movimento, e torna sempre alla
posizione iniziale. I personaggi stessi non sono che una trappola, attori che ripetono
all'infinito le loro battute finendo quasi per crederci. E come attori fin dall'inizio si
presentano, soprattutto Pozzo, che ha i modi di fare di un guitto un po' untuoso e
ammiccante, e il servo Lucki dal vistoso parrucchino bianco, un caratterista, una macchietta
del vecchio fedele domestico.
[Renato Palazzi, “Del teatro” ]
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6 maggio > Pesaro Teatro Rossini
GIOVANNI ALLEVI
NO CONCEPT
Go with the flow, Ciprea, Come sei veramente, Prendimi, Ti scrivo, Regina dei cristalli,
Ossessione, Sospeso nel tempo, Le tue mani, Qui danza, Notte ad Harlem, Pensieri nascosti,
Breath (a meditation): sono i tredici brani che compongono la track list di No Concept,
l’atteso nuovo album di Giovanni Allevi, uscito un anno fa circa su etichetta Bollettino/Bmg
Ricordi.
Diplomato in Pianoforte con il massimo dei voti al Conservatorio F. Morlacchi di Perugia e in
Composizione con il massimo dei voti al Conservatorio G. Verdi di Milano (senza dimenticare
la laurea con lode in Filosofia con la tesi “Il vuoto nella Fisica Contemporanea”), Giovanni
Allevi è considerato un nome emergente tra i compositori più rappresentativi nel panorama
internazionale della musica classica contemporanea.
“Voglio che chi ascolta la mia musica”, spiega Giovanni Allevi, “possa viaggiare di fantasia e
dare forma ai propri sogni”. Lo dimostrano le sensazioni e le emozioni che si susseguono
durante l’ascolto delle musiche che ha composto ed eseguito per dare vita a No Concept.
Dopo i primi due dischi, 13 Dita (1997) e Composizioni (2003), prodotti da Jovanotti per la
sua etichetta Soleluna, con No Concept il geniale pianista e compositore marchigiano
approda ad una major importante come la Bmg, che ha voluto accostare il suo nome al
prestigioso marchio Ricordi. Subito dopo la pubblicazione in Italia, la Bmg farà seguire la
pubblicazione del disco a livello internazionale, con maggior attenzione ai mercati USA e
Giappone.
Anche alla luce del successo che l’artista ha avuto al Blue Note di New York, dove il 6 marzo
ha tenuto due strepitosi concerti, entrambi “sold out”, raccogliendo applausi e consensi da
parte del pubblico e della critica.
Giovanni Allevi rielabora la tradizione classica europea aprendola alle nuove tendenze pop e
contemporanee. Si trova dunque a suo agio sia nei teatri che negli stadi, di fronte alle
platee dei concerti rock. Tanto da affermare che: “stiamo tornando nel Rinascimento
italiano, dove l’artista deve essere un po’ filosofo, un po’ inventore, un po’ folle, deve uscire
dalla torre d’avorio e avvicinarsi al sentire comune”.
Giovanni Allevi è da poco entrato nel ristretto elenco degli artisti firmati Bösendorfer, la
prestigiosa casa viennese costruttrice di pianoforti, tra cui quel Bösendorfer “Imperial” (ce
ne sono nove in Europa, uno in Italia, a Milano, presso il Laboratorio Griffa) con cui si
esprime al meglio e ha registrato il disco.
Il titolo di “Bösendorfer Artist” gli è stato insignito per le qualità di interprete sensibile e per
la valenza di livello internazionale della sua espressione artistica.
Una gran bella soddisfazione per Giovanni Allevi, alla quale ora si aggiunge anche quella di
essere un artista del colosso discografico Bmg, anzi, un artista che la Bmg vuole lanciare in
tutto il mondo.
No Concept è stato registrato/missato da Emiliano Alborghetti al Jungle Sound Studio di
Milano e masterizzato da Claudio Giussani al Nautilus Mastering di Milano. Il progetto grafico
del disco è a cura di Flora Sala (Studio Anastasia), la cover e le foto del disco portano la
firma di Maki Galimberti.
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8 maggio > Urbino Teatro Sanzio
TEATRO DELLE ALBE
LA MANO
De profundis rock
testo di Luca Doninelli
drammaturgia e regia Marco Martinelli
con Ermanna Montanari e Roberto Magnani
musica e regia del suono Luigi Ceccarelli
scene Edoardo Sanchi
disegno luci Vincent Longuemare
produzione Le manège.mons/Centre Dramatique (Belgio)
Ravenna Festival (Italia), Ravenna Teatro (Italia)
Le Phénix-Scène Nationale de Valenciennes (Francia)
in collaborazione con Festival delle Colline Torinesi
Comune di Ravenna, Edisonstudio-Roma
Cervellini
Marco Martinelli
Leggendo e rileggendo mi sono convinto che occorreva trasformare il romanzo in un libretto
d’opera. Volevo arrivare a un’opera per voce sola capace di sdoppiarsi come in trance, in
combattimento con la musica, alla quale chiedere un “de profundis rock”, una furibonda
lamentazione funebre sul corpo del fantasma. Ho pensato a una riduzione, ma non nel
senso quantitativo, di diminuire, rimpicciolire, bensí in quello etimologico di re-ducere,
ricondurre, operare la reductio ad unum: andare al punto in cui tutto si concentra, al grido
che tiene in tensione la scrittura del romanzo come su una ruota di tortura.
Senza la ricca “matrice”, senza l’invenzione di Doninelli il nostro lavoro non esisterebbe: la
reductio ad unum è una trasformazione in senso alchemico, dalla “forma” romanzo alla
“forma” libretto, dalla “materia” letteraria all’intreccio dei diversi linguaggi scenici.
Non è, tale intreccio, qualcosa che si progetta a tavolino. È un organismo vivente che si crea
e si trasforma nel tempo. Ascoltando le “voci” di Ermanna e suggerendo a Ceccarelli di
ispirarsi a quelle, di “prenderne nota”, ascoltando le composizioni di Ceccarelli e chiedendo a
Ermanna di farsi orientare da quella musica prepotente, chiedendo a Roberto di sfinirsi su
quel terremoto di suoni, mettendo Sanchi in relazione diretta con Longuemare, perché non
c’è un “prima la scena poi le luci”, ma un procedere insieme “senza invidia”: la luce è
spazio, lo spazio suggerisce luce. A me tocca il ruolo dell’alchimista che chiede a se stesso
prima che agli altri di ascoltare tutti, che non intreccia materie, bensí maestrie. Persone.
Non il progettista che informa i collaboratori su quello che “devono” fare, ma un
capocantiere il cui piacere è quello di esaltare le arti di ogni artigiano-autore, finalizzandole
con pazienza alla costruzione dell’opera. Perché l’opera ci sorprenda, per primi noi che le
dedichiamo sonno e veglia. Non Canova, come modello, piuttosto Gaudí.
Lettera
Luca Doninelli
Carissimi Ermanna e Marco,
desideravo da qualche giorno comunicarvi, nel modo piú semplice e breve possibile, i
pensieri suscitati in me - ma soprattutto per me - dal vostro lavoro su La mano. Hanno
ragione i critici musicali quando dicono, press’a poco, che questo lavoro fa piazza pulita di
un sacco di chiacchiere sul rapporto tra parola letteraria, musica e teatro. A me è parso di
capire dove sta il superamento di quell’impasse. Non so se si tratti di una risposta completa,
quel che so è che questa intuizione mi apre nuove vie di lavoro.
L’intuizione è questa. La mano supera quelle pastoie perché si pone al vero livello della
questione, che non è la traducibilità di un testo in termini musicali o di recitazione o di
scenografia, ma l’individuazione di quel punto che sta un istante prima della parola. Il testo
può essere sacro ma non è intoccabile, perché esso stesso è una traduzione di quell’“aleph”,
di quel sospiro, di quel lamento (della carne o dell’anima) che lo precede. Il fascino di un
testo, il suo vero fascino, sta non nell’abilità con la quale è stato congegnato, ma nel
“prima”, nel sospiro, nell’aleph che esso lascia intravedere. Kafka scriveva in un tedesco
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mediocre e non possedeva una tecnica narrativa rilevante. Lo stesso vale per Balzac, per
Dostoevskij nelle rispettive lingue. Il fuoco di cui ardono le loro parole è il riflesso di un altro
fuoco. Una volta che si è varcato il muro delle parole - come avete fatto voi col mio
romanzo - e si è andati dall’altra parte, nel territorio del sospiro e del lamento, o del
grugnito, come volete, ebbene: allora ci si accorge che il problema non è quello di tradurre
le parole, perché anche le parole sono una traduzione. Piú che la traduzione, vale l’amicizia
intesa come gesto culturale, artistico: quell’adesione a un fuoco che è stato di un altro per
riaccenderlo secondo altre vie. spettacolo, un problema di fedeltà o di infedeltà rispetto al
testo. Vorrei aggiungere che, secondo me, quando si pone questo genere di problemi vuol
dire che c’è stato, da qualche parte, un fallimento. Se qualcuno mi domandasse “le Albe
sono state fedeli al tuo testo?”, faticherei molto a trovare un qualsiasi senso a questa
domanda. È infatti una domanda che non si pone. Non è una questione di fedeltà, ma di
afferenza. Che lo spunto venga da un altro o da noi stessi, poco importa (viene infatti
sempre dall’altro che è in noi): l’arte nasce dal modo in cui ci prendiamo cura di esso, ossia
di quel “prima”. Catone la chiamava “res”, cosa. “Tene rem, verba sequentur”: afferra bene
la cosa, le parole seguiranno. Così diceva agli aspiranti oratori. In arte, la res è quell’origine,
quel “ciò di cui” l’opera è traduzione fedele e amichevole, anche quando l’amicizia conduce,
come nel caso de La mano (mi riferisco allo spettacolo, non al libro), dritti all’inferno.
Grazie per avermi insegnato questa cosa, che è il bene sempre presente anche nel male.
Un abbraccio grande.
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23 maggio > Urbino Teatro Sanzio
SASHA WALTZ & GUESTS
UNDER
coreografia Nicola Mascia, Matan Zamir
Yasmeen Godder
danzatori Nicola Mascia, Matan Zamir
scene Heike van Bentum
costumi Beate Borrmann
musica Tad Hadad
composizione per pianoforte Matan Zamir
luci Thorsten Schneider
produzione Matanicola
in co-produzione con Sasha Waltz & Guests
Grand Theatre Groningen, Sophiensaele
in collaborazione con Kulturbüro Sophien
supportato da European Association for Jewish Culture
Israel Cultural Excellence Foundation
Ambasciata d’Israele a Berlino, Ambasciata di Francia a Berlino
Sylvania Lighting International e TSE-AG.
prima italiana
I danzatori e coreografi Nicola Mascia, italiano, e Matan Zamir, israeliana, formano il duo
“Matanicola”. Per Under, loro prima opera, hanno invitato la coreografa israeliana Yasmeen
Godder, talento tra i più originali della danza indipendente internazionale.
Under è un’ indagine in due parti – la prima enigmatica, la seconda apparentemente più
ironica – sulle forme possibili dei rapporti tra individui.
Sasha Waltz & Guests non è una compagnia di danza contemporanea nel senso
convenzionale del termine. Da quando è stata fondata da Sasha Waltz e Jochen Sanding a
Berlino nel 1993, più di 150 artisti provenienti da 25 paesi si sono esibiti come “Guests”
producendo anche dei propri pezzi indipendenti.
Attualmente il repertorio di Sasha Waltz in qualità di coreografo comprende venti grandi
coreografie internazionalmente acclamate. Una piccola cerchia di associati e un ensemble
permanente di ballerini realizzano all’anno approssimativamente 140 performances in tutto
il mondo, il che posiziona Sasha Waltz & Guests tra le iniziative culturali di maggior
successo internazionale.
Nel 2005 la Compagnia è diventata autonoma rievocando ancora una volta il periodo al
sophiensaele che fu fondato da Sasha Waltz e Jochen Sanding nel 1996 e che crebbe al
punto da diventare un’importante casa di produzione per il teatro indipendente europeo a
Berlino. Sasha Waltz & Guests continueranno a presentare produzioni a Schaubuhne am
Lehniner Platz dove Sasha Waltz e Jochen Sanding furono coinvolti attivamente nella
direzione artistica tra il 1999 e il 2004. La fondazione di parecchie sedi e la presentazione di
performances in esse – dalla Staatsoper Unter den Linden alla Palast der Republik, alla
Judische Meseum e St.Elisabeth-Kirche - è un elemento chiave delle attività della
Compagnia.
Anche l’interazione caratteristica tra luogo e architettura gioca un ruolo importante nella
serie “Dialoge” iniziata nel 1999. Coreografi, architetti, eccellenti artisti, registi, attori,
ballerini e musicisti utilizzano l’improvvisazione e processi multi-disciplinari per indagare su
una vasta schiera di temi e concetti. I potenziali dinamici derivanti da questi scambi artistici
e relative innovazioni nella formazione e educazione, accrescono le prospettive future della
Compagnia.
Impresa culturale indipendente la Sasha Waltz & Guests sta contribuendo attivamente allo
sviluppo della danza contemporanea allevando una nuova generazione di coreografi. La
Sasha Waltz & Guests in futuro incrementerà la sua cooperazione con Berlino e i partners
culturali ed industriali internazionali con progetti nuovi e imprenditoriali.
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> www.centoteatri.com/teatroltre/06.htm
per attività collaterali, informazioni e prevendita on line
> biglietti
posto unico numerato euro 10
ridotto giovani e studenti euro 8
Pentesilea ingresso gratuito, prenotazione consigliata
> abbonamenti
carnet di biglietti
per tutti gli spettacoli [escluso Pentesilea]
al costo ridotto di euro 56,00
> orario inizio
ore 21,15
> servizio pullman gratuito
da Ancona
per tutti gli spettacoli (escluso Pentesilea)
prenotazione obbligatoria al n. 071 2075880
> info
[email protected]
Amat 071 2072439 - 2075880
Urbino, Teatro Sanzio 0722 2281 – 0722 309222
Pesaro, Teatro Rossini 0721 387620/1
Fano, Teatro della Fortuna 0721 800750
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