introduzione alla storia del diritto europeo

INTRODUZIONE ALLA STORIA DEL DIRITTO
EUROPEO.
Cap. I. La storia del diritto nella formazione dei giuristi.
Il compito della storia del diritto è di problematizzare il presupposto implicito e acritico delle
discipline dogmatiche. Le situazioni giuridiche sono sempre contingenti e connesse con un dato
ambientale, in questo senso sono sempre locali.
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La storia del diritto come discorso legittimante.
PERCHE' IL POTERE E' LEGITTIMO? Perchè è così da molto tempo (così per es. nell' Ancien
Regime, dove il diritto giusto era quello lungamente praticato – i costumi consolidati, le pratiche
giudiziarie di routine, ecc); perchè è ispirato a Dio; perchè è razionale ed efficiente.
Oggi, per via del progresso, non è più così.
Lo storico, nel guardare la storia come una strada per rivelare lo spirito nazionale, solleva problemi
metodologici molto seri perchè parte da preconcetti che lo portano ad una decisione (misto
preconcetto e Fish).
Perchè si usa la storia nel diritto?
1- perchè certe categorie (Stato, diritto pubblico/privato) appartengono alla natura delle cose (come
se fossero eterne). Il problema è che la continuità è solo terminologica, ci sono rotture
semantiche (che dipendono dal significato della parola nel contesto sociale). Così facendo viene
meno il carattere naturale e di continuità delle categorie giuridiche. Di naturale c'era solo la cultura.
2- per dimostrare la linearità del diritto (rapporto fra il diritto storico – rozzo e imperfetto – con il
diritto sempre migliore dei giorni nostri): è DEFINITA storia progressista. Essa ha ispirato la teoria
della modernizzazione, basata su un parametro universale di evoluzione (l'org. Politico/giuridica è
strumento per l'evoluzione sociale).
3- legittimazione dei giuristi, soprattutto accademici, che sostengono la legittimazione del diritto (e
non legitt. del diritto in quanto tale). Qui viene eufemizzata la natura politica di ogni decisione e il
risultato dell'opera del giurista risulta meramente scientifica e tecnica, separata dai confini sociali.
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La storia critica del diritto.
Quali sono le strategie scientifiche e metodologiche più opportune?
1- La prima strategia è quella di stimolare una forte coscienza metodologica fra gli storici
sostenendo che la narrazione storica è una relazione aproblematica, scorrevole, fluida, di quanto
realmente accaduto (ciò è “ingenuo”). A contrario i fatti storici non stanno li, ma sono creati dagli
storici i quali scelgono la prospettiva, organizzano eventi,ecc..
2- La seconda strategia è scegliere come oggetto della storia giuridica il diritto in società così da
contestualizzarlo.
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Antistatalismo e autorganizzazione.
Ci sono varie teorie:
1- Teoria critica: ha problematizzato l'ideologia della neutralità politica e ha insistito sul fatto che
qualunque attività umana ha una componente politica e disciplinante.
2- Teoria del pluralismo: nata dall'antropologia giuridica sostiene che nel medesimo spazio vi è la
coesistenza di diversi ordini giuridici (legali o consuetudinari).
3- Teoria postmoderna: pone in risalto gli aspetti impliciti, informali e quotidiani del potere.
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Il diritto come prodotto sociale.
Il diritto non è solo da osservarsi circa il ruolo nella società ma, considerando la sua produzione,
deve intendersi esso stesso come processo sociale (in re ipsa). A tutte le teorie è comune l'idea che il
diritto è autonomo rispetto ai momenti non giuridici dei rapporti sociali. I valori giuridici sono
prodotti una sola volta ma vengono continuamente riletti e recepiti. Secondo la teoria della
recezione recepire un testo significa riprodurlo dandogli un nuovo significato cogente con il
contesto di riferimento.
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Contro la teologia.
3- La terza strategia è insistere che la storia del diritto non ha uno sviluppo lineare. Così è per gli
storici, ma non per i giuristi e gli storici del diritto.
Ponendo in rilievo il ruolo della discontinuità LA TRADIZIONE deve essere chiarita: essa è un
fattore di produzione del diritto attuale perchè, sotto le sue diverse vesti (letteraria, casistica, leggi,
antichi costumi), essa lega il presente col passato (fornisce gli utensili sociali e intellettuali).
Cap. II. La storia istituzionale come discorso storico.
Otto von Gierke mostrò che la politica medievale e moderna è espressa fondamentalmente con i
termini della teoria giuridica.
Abraham Gurevic sottolineò come il tono giuridico dell'immaginazione sociale fosse diffuso in tutti
i ceti.
Le situazioni sociali, patrimoniali ma anche quelle personali o simboliche (gerarchia, titolo) erano
regolate e potevano essere oggetto di ricorso giudiziario. Ciò si spiega con la commistione che
l'ordine giuridico aveva con altri ordini:
1- religioso: il diritto divino era così intriso nel diritto secolare che questo non poteva contrastare
l'essenzialità dei comandamenti del primo
2- moralità: virtù (beneficenza, liberalità, gratitidine)
3- diritto naturale: i giuristi elaboravano i materiali bruti (senso comune e idee diffuse – recta ratio
e aequitas) e li armonizzavano (o con letteratura sofisticata o con i detti – brocarda).
Cap. III. Una nuova storia politica e istituzionale.
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L'oggetto della storia politico-istituzionale. La precomprensione del politico.
Teoria politica liberale: il potere politico aveva a che fare con lo Stato (una volta si faceva
riferimento alle sole istituzioni visto che non c'era lo Stato).
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La crisi politica dello statalismo.
Roberto Ruffilli: identifica la crisi dello Stato liberale.
1- l'uguaglianza, come obiettivo politico, si scontra con le pretese di garanzia delle differenze;
2- il centralismo si scontra con il regionalismo
3- l'imperio della legge è attaccato dalla singolarità dei casi
Il modello di stato era disegnato secondo un'architettura precisa:
1- separazione netta tra la società politica e la società civile;
2- distinzione netta tra natura dei poteri (pubblici e privati);
3- meccanismi di mediazione fondati sul concetto di rappresentanza;
4- identificazione del diritto con la legge;
5- istituzione di una giustizia ufficiale.
Tutte queste separazioni, nel quotidiano, non possono esistere. Almeno non così nettamente.
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La precomprensione postmoderna del potere.
Ora la diagnosi o l'annuncio della fine dello Stato come modello di organizzazione politica è sempre
più usuale nella teoria politica recente.
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Contro una storia politico-istituzionale attualizzante.
La politica implicita nell'idea di continuità.
La continuità, letta in chiave di permanenza (di dogmi, concetti, classificazioni) è la via regina per
la naturalizzazione del diritto. Così facendo si legge il passato con gli occhi del presente eliminando
il carattere di temporalità.
La continuità può essere vista anche come evoluzione (continuità di esseri vivi). E' una visione
progressista della storia del potere e del diritto. La visione storica serve per documentare ciò che è
oggi.
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La critica dell'atemporalismo.
Negli anni '20-'30 alcuni romanisti denunciarono l'errore di ignorare il lavoro creativo delle varie
recezioni dei testi romanistici ed il loro progressivo distacco dai significati originari.
La critica alla familiarità si sviluppò negli anni '70: Otto Brunner. Egli sottolineò la
problematizzazione dell'opportunità di applicare categorie e precomprensioni contemporanee alla
storia del potere dell'epoca medievale e moderna (non va bene).
Scholz: il passato doveva essere letto in modo da rispettare la sua alterità, dando conto del carattere
locale dei problemi e delle soluzioni (contestualizzazione). Così facendo si dissolveva la familiarità,
evitando di banalizzare i dogmi giuridici del passato. Il problema fondamentale è superare i
preconcetti che lo storico ha. Scholz tentò di fuggire dall'impasse ricorrendo all'idea che esistessero
quadri di concettualizzazione suggeriti dallo stesso oggetto di studio. Così fa Grossi che sospende la
continuità apparente dei concetti familiari sottolineando la natura culturale sia dei concetti della
dogmatica medievale che del diritto contemporaneo (c'è distacco, obiettività).
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La scoperta del pluralismo politico.
La conseguenza della problematizzazione dell'immaginario politico liberale è stata l'abbandono dei
punti di vista storiografici. Questo fu ad opera della ideologia statalista di inizio '800. Prima il
mondo era suddiviso in un coacervo di ordini financo consapevoli della loro commistione. Ciò
comportava anche che la normazione fosse suddivisa in diversi livelli, ma questa gerarchia non
privava di efficacia le fonti subordinate.
Questa moltitidine di normazione e di soluzione dei conflitti esiste ancora oggi nella società
contemporanea.
Clavero sottolineò bene come l'assetto politico dellantico regime non prevedesse la forma dello
Stato, ma una pluralità di giurisdizioni e diritti dipendenti da altro ordini normativi. Egli insiste:
1- l'ordine giuridico antico ha un carattere naturale-tradizionale. Il diritto non è il prodotto dello
Stato, ma di una tradizione letteraria di per se fluida e mobile;
2- la iurisdictio, cioè la capacità di dire il diritto, è dispersa nella società. La summa iurisdictio non
è altro che il potere di rendere armonici i livelli più bassi della giurisdizione.
Grazie a questa visione il sistema politico antico è molto più comprensibile e armonico.
Fondamentale rimane la visione PLURALISTICA della società in tutte le sue forme. Essa pone
l'accento su due aspetti:
1- la famiglia. Vi è centralità politica del mondo domestico (modulo autonomo e autoreferenziale e
fonte di modelli di legittimazione usati in altri spazi sociali);
2- la chiesa (soprattutto sulla relazione fra amore divino,grazia e potere). Educazione dei sentimenti
in relazione al potere.
Sotto questo aspetto si può dire che in quella società il diritto era considerato una base minima di
regolamentazione della vita sociale, alla quale, però, necessariamente si dovevano intrecciare le
altre discipline.
Proprio perchè si parla di sentimenti lo storico deve fare riferimento a letterature normative che
facciano ad essi riferimento (basta come esempio il dolo, la colpa, ecc).
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Rispettare la logica delle fonti.
Alcuni studiosi del diritto hanno riletto i testo che trattavano del rapporto potere/diritto innovandoli.
Ciò ha comportato una decontestualizzazione. Un esempio è l'eufemizzare uno scritto a proprio
piacimento, sostituendosi alla volontà dello scrittore.
Un altro rischio è la lettura perspicace perchè parte comunque da un preconcetto. E' fondamentale
andare in profondità, cercare di eliminare la visione che l'interprete ha per poter incanalarsi al
meglio nella giusta interpretazione. BISOGNA CONTESTUALIZZARE.
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La letteratura etico-giuridica come via per un'antropologia politica dell'epoca
precontemporanea.
Per ancuni, fra cui Clavero, per comprendere meglio il non pensato sociale bisogna affidarsi alla
letteratura teologica, di morale e di diritto. Perchè?
1- La teologia morale e il diritto sono, fino al sec XVIII, i saperi più importanti relativi all'uomo e
alla società (anche solo da un p.d.v. Letterario essi forniscono degli strumenti per meglio
interpretare, come schemi, modi di scrivere, griglie di distinzione e classificazione, brocardi). Sono
fondamentali anche perchè erano ancorate sia alla natura che alla religione e poi perchè non
volevano descrivere un mondo, bensì trasformarlo (per es. gli stati d'animo – affectus – e il rapporto
con gli effetti esterni – effectus – erano descritti come modelli obbligatori di condotta, garantiti dalla
natura e dalla minaccia della perdizione). Sono quelli che Bouridieu definì habitus:
1- costituiscono una realtà strutturata delle condizioni di una pratica discorsiva;
2- sono vincolo per i futuri comportamenti.
Il grande consenso si aveva per due motivi:
1- La tradizione letteraria aveva creato delle regole, delle opinioni diffuse, dei brocardo, ecc..
2- Il punto 1 era fondamentale per poter persuadere le menti.
Il sapere teologico-giuridico sviluppò alcuni metodi per individuare la soluzione giusta:
1- le quaestiones
2- l'unione della topica con l'opinione comune (questo ci aiuta a capire qual'era l'opinione più
diffusa, visto che la soluzione era frutto della “topica – sociale”).
Ma proprio il fatto che siano questi testi a fornirci le fonti non ci può far pensare che in realtà siano
le fonti meno appropriate? Non c'è il rischio che prediligessero il dover essere piuttosto che l'essere?
Per alcuni sono dei testi che narrano decisioni prese, per altri essi sono una raccolta casistica,
contestualizzata.
Bisogna preferire le fonti applicative o quelle dottrinali?
a) Il problema sta nel fatto che si è consci che tutta l'interpretazione è in qualche modo soggettiva e
non si può pretendere una descrizione, sia normativa che dottrinale, che sia perfettamente neutrale
(sono i modelli dell'azione).
b) C'è chi obietta il carattere della sensibilità basata sui casi. Guardandola così si diviene favorevoli
alla rilevanza del discorso etico-giuridico come fonte per la storia sociale. Conseguenze:
1- vengono esclusi i quadri di riferimeno;
2- gli interpreti hanno una libertà quasi, se non, arbitraria;
3- si può valutare la cosa solamente ripetendola in toto (non contestualizzandola all'insieme) – scala
1:1;
4- interpretare situazioni non fornisce mai una chiave generale;
5- vista l'irrepetibilità dei contesti e l'inesistenza dei modelli interpretativi, la narrazione storica è
inverificabile.
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Calcoli pragmatici conflittuali e appropriazioni sociali dei discorsi.
Il modello topico non esce dal sistema, ma rappresenta solo più variabili di questo.
Ovviamente questo non è l'unico modello o quello più giusto, come sostenne Dumont. Ce ne sono
altri (x es. quello sui valori fatto dai politici).
L'utilità del modello teologo e dei giuristi è che funge da critica nei confronti delle costellazioni
cognitive, anche se non sempre. Questo modello rimane cmq maggioritario.
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Testo e contesto. Modelli politici e condizionamenti pratici. La sociologia delle forme
politiche.
E' fondamentale sottolineare che, indipendentemente dal modello, le radici mentali della pratica non
sono innate, ma dipendenti dall'esterno. Ciò comprta che si vengano a creare dei processi di
apprendimento (o autopoiesi) che escludono l'illimitata libertà dell'interprete (invece presupposta
radicalmente da alcuni difensori del metodo dei casi).
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Interpretazione densa dei discorsi, storia dei dogmi e storia delle idee.
Il dogmatismo è il vero problema della storia del diritto. Mentre il formalismo può essere positivo,
salvaguardando l'autonomia del livello giuridico dottrinale, il dogmatismo crea dei vincoli
ineliminabili perchè derivanti dalla natura delle cose o dalla evidenza razionale.
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Una nota su relativismo metodologico e relativismo morale.
RELATIVISMO METODOLOGICO. Impossibilità di fondare i valori giuridici sulla natura o sulla
scienza (al posto della verità si va verso la coerenza, il paradigma, efficacia ed eleganza
esplicativa).
Il relativismo metodologico non ha nulla a che fare con il relativismo morale, perchè:
1- Rischio personale. Il relativismo promuove il coraggio e l'auto-responsabilizzazione
nell'affermare i propri valori e impone una maggior riflessione sulle opzione e proposte personali;
2- il relativismo metodologico è un principio di tolleranza. Le opzioni e i valori sono solo evenienze
personali, non si possono far passare per valori universali e natural.
Inoltre è il fondamento del dialogo perchè il raggiungimento della posizione comune non si può
raggiungere con la forza (dello Stato e sociale – come regole del parlare, di decenza, ecc).
Cap IV. L'immaginario della società e del potere
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Immaginari politici .
Una concezione ingenua vede il diritto come strumento per ufficializzare un insieme di situazioni
già vive a livello sociale. La funzione pooietica (creatrice) del diritto è maggiore. Essa, oltre ad
assicurare pace e sicurezza, creai valori sui quali esse si fondano. Prima di organizzarla, il diritto
immagina la società.
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La concezione corporativa della società.
II pensiero sociale e politico medievale è dominato dall'idea di ordine universale (Cosmos) che
comprende uomini e cose e orienta tutte le creature verso il Creatore.
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Ordine e creazione.
In una società cristiana la Creazione, operata da Dio, appariva come una forza ordinatrice: le cose
vengono ordinate per un fine specifico (l'erba per gli animali, gli animali e i frutti per l'uomo, l'uomo e
la donna l'uno per l'altro ed entrambi per Dio). La narrazione della Genesi ispirò il pensiero sociale
medievale e moderno fondando le gerarchle sociali: i ruoli sociali trovano giustificazione e
legittimazione nella Creazione/Ordinamento (Es. : il Re, le gerarchle politiche e sociali, eco.).
Anche la filosofìa greca e romana concepiva il carattere ordinato dell'universo naturale ed umano: per
Aristotele il mondo era organizzato finalisticamente in quanto le cose avevano nella loro natura
una iscrizione che ne indicava il posto nell 'ordine del mondo che ne condizionava la vita in vista
della finalità del tutto. Era come un gene che crea nelle cose stimoli interiori che le indirizzano a
occupare il loro posto e a svolgere la loro funzione nel tutto, come la tessera di un mosaico. Nel
caso dell'uomo questo gene determinava l'espletamento dei suoi compiti in seno alla società
organizzata in vista del bene comune. Questo fu ripreso anche dal pensiero medievale (nel dibattito
eterno realisti/nominalisti i primi identificano non il singolo soggetto, ma tendono a classificarlo –
x es. i francesi, i genitori, gli insegnanti) . Il diritto aveva come fondamento l'ordine divino della
Creazione: i giuristi identificavano la giustizia con la natura e questa con Dio. Perciò i giuristi
erano considerati alla stregua dei sacerdoti (Digesto opera giuridica redatta da Triboniano su ordine
dell 'Imperatore Giustiniano).
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Ordine occulto, ordine apparente.
Prima di essere una norma di diritto, l'ordine era una norma di vita (onestà, onore, verità, bontà):
vivere onestamente significava aderire all'ordine naturale del mondo e il comportamento rendeva
manifesta la natura degli uomini (retta o deviata)(x es il nobile doveva comportarsi da nobile per non
perdere l'onore). La verità, insieme all'onestà, erano le doti più apprezzate ed erano perciò condannabili
anche penalmente tutte le forme di falsità .
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Ordine e volontà.
La costituzione sociale dipende dalla natura delle cose e pertanto è sottratta al potere
dispositivo della volontà. Si conserva sempre come criterio superiore per inferire la legittimità del
diritto statuito dal potere, essendo l'uno positivo e vigente al pari dell'altro.
Il diritto si fonda su principi di giustizia e tutte le attività dei poteri superiori è orientata alla soluzione
dei conflitti: in caso contrario il governo diviene tirannide. Il principe può agire in modo difforme dal
parere dei consiglieri, degli esperti, dei letterati, ma solo eccezionalmente, come sono rari i miracoli di
Dio.
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Ordine e diseguaglianza.
Il concetto di destino cosmico non implica che in un sistema gerarchizzato la differenza significhi
minore perfezione rispetto ad altri, ma solo un diverso inserimento funzionale nel destino del mondo.
La subordinazione non rappresenta, quindi, minore dignità ma solo una specifica allocazione
nell'ordine: gli stessi angeli, esseri perfetti, non sfuggivano a questa logica, essendo organizzati in
nove gradi distinti. Tuttavia, la compatibilita tra perfezione dell'uomo e l'esistenza di disuguaglianze
non cessava di generare un paradosso che può essere superato con una visione escatologica
(destino finale) del Creato. Vari studiosi, tra cui Suarez e Tommaso d' Acquino, sottolinearono
come la perfezione divina implicasse di per se una diseguaglianza diffusa. Ciò è da considerarsi
come una variabile ineliminabile e figlia della stessa perfezione (Matrioska). Il tutto dipendeva non
da una volontà coattiva, bensì da un agire direttivo, accettato spontaneamente per desiderio di
perfezione (si riteneva che le diseguaglianze di status fossero riconducibili a circostanze dipendenti
dal cielo e non dalla volontà umana).
Sotto questa diseguaglianza tutti sono accomunati dall'uguale dignità per l' ordine divino
(analizzare rispetto a il perchè c'è diversità di status).
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Ordine e status.
L'idea di ordine suggeriva anche la prospettiva secondo cui l'universo è come un corpo nel quale a
ciascun ordine compete una funzione. Le funzioni sono gerarchizzate per l'importanza che
rivestono nella sussistenza del tutto: questa visione legittimava una distinzione tra le persone e le
cose in termini di dignità. Gli uomini, quindi, erano degni in rapporto alla dignità dell 'ufficio che
naturalmente competeva loro. Sul piano del diritto le differenze tra le persone erano tradotte nelle
nozioni dì Status e di privilegio (Diritto Particolare). Status è la condizione di un uomo comune
a più d'uno (luogo nell'ordine, compito, dovere sociale – officium). Nella società europea si
individuavano tre uffici sociali: la milizia, la religione, il lavoro. Ma in altri ambiti della realtà
giuridica e politica (diritto penale, fiscale, ecc.) gli status erano multipli, a seconda dei gruppi di
appartenenza, come se in un individuo convivessero varie persone: persona, difatti, designava nell'
antichità la maschera teatrale con la quale un attore si trasformava in un ruolo. Per Lobao persona è
l'uomo considerato in un certo stato. Persona è l'uomo in quanto ricopre un ruolo sociale: la vera
persona giuridica è lo status (Clavero). Il diritto romano non considerava come persona chi era privo
di status (civilis, civìtatis, familiae): era il caso degli schiavi.
La società di status (la società per ceti) caratterizzerà l'antico regime e precede l'attuale società di
individui.
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Ordine e pluralismo politico.
I ceti rappresentano i corpi sociali: la società per ceti è legata all' idea che tutti gli organi della società
sono indispensabili. Pertanto il potere non può essere concentrato nel sovrano ma diviso tra i corpi
sociali: come in un corpo umano, i corpi sociali godono di autonomia funzionale come gli organi e il
sovrano (caput = testa) ne rappresenta all' esterno l'unità, mentre, internamente, garantisce l'equilibrio
(armonia), in un certo senso la giustizia.
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La dissoluzione del corporativismo e l'avvento del paradigma individualista.
L'origine del Paradigma Individualista deve ricercarsi nella Scolastica Francescana del
Trecento. Mettendo in dubbio i corpi sociali come istituzione per la comprensione della società, spoglia
la persona del suo status per trovare la vera essenza: le qualità (status) divengono superflue mettendo
in luce l'individuo astratto e uguale (Teologia Tomista).Soprattutto con la teoria “delle cause secondarie”
(relativa stabilità e autonomia dell'ordine della creazione – cause socondarie – in rapporto con il Creatore –
causa primaria. Così facendo si garantiva l'indipendenza della natura rispetto alla Grazia – del sapere
temporale rispetto alla fede.
Queste concezioni produssero la convinzione di una totale dipendenza dell'uomo dalla volontà di Dio
(Fideismo). Ma se la volontà divina è insondabile, l'unico modo per comprendere l'ordine del mondo è
osservare le sue manifestazioni separando la verità della fede dalla verità dell 'intelletto: si giunge alla
Laicizzazione della Teoria Sociale.
Gli uomini spinti dai pericoli o dal desiderio di felicità e benessere, istituiscono la società civile
mediante un accordo di volontà, un patto (Contrattualismo).
Non più la volontà divina o del principe (diritto divino dei Re), ma volontà degli uomini, atomi della società
naturale: la volontà sta all' origine anche del diritto.
Russeau definirà la legge come "una dichiarazione pubblica e solenne di volontà generale ".
Il Paradigma Individualista e Volontarista si sdoppia in due correnti:
a) Provvidenzialismo : il potere è concepito come espressione della volontà divina
attraverso le dinastie regnanti;
b) II Contrattualismo Assolutista: concepisce il patto sociale come trasferimento definitivo del
potere nelle mani dei governanti;
c) Il contrattualismo liberale: il contenuto del contratto sociale è limitato dalla natura stessa dei suoi
obiettivi (i diritti naturali restano efficaci anche dopo l'instaurazione della soc. civile)
Nel campo del Diritto Privato l'Individualismo genera delle conseguenze: la dissoluzione della sostanza
indisponibile dei contratti, legata allla loro natura di cose; la proprietà subisce
dei limiti in quanto potrebbe essere oggetto di abuso (l'abuso si palesa nel privare la comunità
dell' utilità derivante doli 'uso sociale, la funzione sociale).
Cap. V. La formazione del diritto comune.
La dottrina giuridica dei secoli a partire dal XV al XVIII è stata denominata in vari modi:
Bartolismo, Scolastica Giuridica, Mos Italicus. Il termine più corretto è però Diritto Comune
(lus Commune), termine che verrà utilizzato per i secoli XIII e XIV. Il Diritto Comune trasmette il
concetto di unità, in quanto:
a) Implica le varie fonti del diritto (Diritto Giustinianeo, Diritto Canonico, Diritti Locali);
b) Si applica a tutto il discorso giuridico europeo;
c) Si fonda su metodi di ragionamento comuni;
d) Viene insegnato in tutta Europa;
e)È divulgato in una lingua universale (Latino).
Il motivo della sua diffusione è da ricercare nell' unità politica (impero di Carlo Magno nel IX secolo,
Sacro Romano Impero nel X secolo) e, sul piano religioso, della presenza sul territorio di una Chiesa
che riuniva tutta la cristianità.
Sia l'Impero che la Chiesa avevano ordinamenti giuridici unificati che coesistevano parallelamente (una
religione, un impero, un diritto). La spinta unitaria è comunque da adire ai giuristi colti che
insegnavano nelle università europee il diritto romano e canonico.
 Fattori di unificazione dei diritti europei.
Diritto romano classico, d. bizantino e d. romano volgare.
Il diritto conobbe un'epoca aurea nel periodo di massima estensione dell'impero (dal I al III secolo d.
C.) . Si fondava su poche leggi e sulle legis actiones (atte a garantire pretese giuridiche). Il Pretore
sviluppò un sistema completo e flessibile di azioni (actiones pretorie) basate sulle verifiche dei
fatti e sullo studio di soluzioni adatte al caso: viene creato il lus Pretorium. L'azione pretoria
consisteva netta verifica dei fatti mediante una formula prestabilita e non, quindi, con la legge che
poteva essere non applicata grazie al potere dei magistarti (Imperium). Successivamente il Diritto
Pretorio venne codificato con l'Edictum Perpetuum. Si sviluppa una enorme produzione letteraria
di giuristi che consigliavano le parti e lo stesso pretore per trovare le soluzioni più adatte al caso.
Fuori Roma, specie nelle provincie più lontane, il diritto colto e ufficiale aveva scarsa applicazione
o arrivava a stento. Pertanto la diffusione del diritto romano non è dovuta alla vastità dell'impero ma
al tesoro letterario al quale si ispirarono nei secoli successivi i giuristi.
Proprio a causa della vastità dell'impero nelle provincie più lontane il diritto si volgarizza sotto
l'influenza dei diritti locali: il diritto divenne più accessibili anche ai profani.
Nell'impero d'oriente, il diritto classico subisce l'influenza culturale ellenistica e del diritto locale:
molti commentatori scrissero in greco, lingua ufficiale della corte Bizantina (Ellenizzazione).
Intorno alla metà del VI secolo d. C. l'imperatore Giustiniano fece raccogliere i testi giuridici
romani in un'opera chiamata Digesto (riassunto, selezione) o Pandette (opera enciclopedica).
Inoltre fece raccogliere la legislazione imperiale dei suoi predecessori in un Codice (libro),
completata da un manuale di introduzione chiamato Istituzioni. Successivamente furono raccolte
costituzioni nuove (Novelle) promulgate da Giustiniano.
Questo insieme di libri a partir e dal XVI secolo venne chiamato Corpus Iuris Civilis.

Gli studi romanistici nel quadro della formazione dei giuristi.
La perfezione del diritto romano, intesa come concetti e soluzioni ispirate da valori di esattezza (
adeguamento alla natura) e di giustizia (conformità ad un parametro ideale del giusto), si sarebbe
imposta contro l'usura del tempo. Esattezza e giustizia che rispecchiano i valori dell'epoca, ben
lontani dai concetti fondamentali del diritto odierno.
Occorre tenere presente, inoltre, che termini giuridici del diritto romano simili come fonema,
evocano principi a cui oggi non pensiamo nemmeno (obligatio, matrimonium).
L'equità (aequitas) romana non è la stessa del diritto cristianizzato, medievale e moderno,
individualista e laicizzato dei nostri giorni. Ogni istituto e ogni concetto giuridico fa parte di un contesto
o sistema dal quale riceve significato: solo perché si è perso il significato originale di concetti e istituti è
possibile riadattarli alle varie epoche (Es. : obbligazione deriva da obligare che significa legare
intorno, soluzione deriva da solvere che significa sciogliere o pagare). Vedere tab. 5.3 pg 99.

La recezione del d. romano.
Con la restaurazione dell'impero in occidente (Carlo Magno 800 d. C.) l'impero veniva considerato
come una creazione provvidenziale, destinata a dare appoggio alla Chiesa.
I resti del diritto romano divengono il diritto dell'impero. Nelle piccole comunità, nei regni medievali,
nelle città, nelle signorie, nelle corporazioni religiose e artigiane, vigevano e si perfezionavano
diritti derivanti dal diritto romano volgare, diritto canonico, diritti locali, per la soluzione delle liti: la
pretesa di validità universale del diritto comune dell'impero generava conflitti. La vigenza dei diritti
locali fu inizialmente consentita (permissio) con autorizzazione o con tacito consenso (tacitus
consensus) dell'imperatore. Alla fine, basandosi su un testo del Digesto, si riconobbe che i popoli
hanno per natura la capacità di stabilire il proprio diritto (legge omnes populi), stabilendo la
compatibilita della vigenza del diritto comune con gli altri diritti. Nel loro campo di applicazione i
diritti propri hanno la supremazia sul diritto comune: quest'ultimo però ha vigore non solo come
Diritto Sussidiario, ma come Diritto Modello. A partire dal XIII secolo il diritto romano si integra con
le fonti della maggior parte dei regni europei, secolo in cui decolla anche l'economia mercantile e
monetaria europea. Il diritto romano, anche se non possedeva carattere astratto del diritto comune,
aveva fonti molto complete e sofisticate, una ricchissima casistica che ricopriva tutte le situazioni ed
era oggetto di elaborazioni dottrinali (soluzioni spiegate e giustificate dai giuristi). Sorsero, inoltre,
fonti di diritto regio fortemente impregnate di diritto romano. Inoltre ci furono due fattori molto
importanti per l'espansione del d. romano:
a) la restaurazione dell'impero d'occidente generò nel IX sec. L'idea che gli uomini vivendo
sotto l'autorità di un unico piissimo re, dovevano essere retti da una sola legge (vescovo Agobardo
di Lyon);
b) laddove l'autorità del d. romano non poteva discendere dall'autorità dell'imperatore, esso si
imponeva per la sua superiore perfezione che gli era riconosciuta (questa era rafforzata dall'impegno dei
giuristi colti).

L'influenza del d. romano nella legislazione locale.
Anche rispetto al d. locale il d. romano era molto influente (Breviario di Alarico e utilizzo da parte di
alcuni notai di conoscenze rudimentali del diritto tratte da testi di d. romano volgare).

Il diritto canonico.
La tradizione canonistica.
Un altro fattore di unificazione dei diritti europei è rappresentato dalla influenza omogeneizzante
del Diritto Canonico, cioè il diritto della Chiesa Cristiana: esso derivava inizialmente dalla volontà
divina rivelata nei Libri Sacri (Bibbia). L'espansione istituzionale della Chiesa obbliga a costruire un
sistema normativo più complesso in quanto i precetti contenuti nei libri sacri non si prestano più a
regolare la molteplicità di conflitti generati da una società con cultura e problemi diversi da quelli
della società ebraica della Bibbia o della comunità giudaico-romana dei tempi di Cristo. Ci sono
varie fonti:
a) concili (ecumenici,diocesani, regionali o provinciali);
b) determinazioni papali (inizialmente solo come chiarimenti, successivamente – sotto forma
di decretales e costitutioni ponteficie – come vere e proprie fonti)
L'insieme delle norme, raccolte in collezioni (Decretum Oraziani, Dictum, Liber Extra, Liber Sextus,
Clementina, Extravantages Communes), verrà chiamato Corpus luris Canonici, a somiglianzà della
compilazione Giustinianea del Diritto Civile e sarà mantenuto in vigore fino al 1917, data di
pubblicazione del Codex luris Canonici.

Il ruolo del d. canonico nel d. comune.
Il diritto comune è prevalentemente un d. romano – canonico. Il d. canonico ebbe un ruolo meno
importante, ma influì su vari aspetti (rapporti fra coniugi, volontà - e non formalità - del contratto, ecc).
Il Diritto Canonico non era solo il diritto della Chiesa e delle cose sacre, ma anche il diritto più recente
rispetto al diritto romano.

Il d. canonico come limite di validità dei d. temporali.
La Teoria Canonista delle Fonti del diritto proclamava la subordinazione dei diritti "umani " al diritto
divino: dichiarava in altre parole la subordinazione del potere Temporale (Imperatore) al potere
Ecclesiastico (Papa). Canonisti e civilisti, come conseguenza delle posizioni prese dall'Imperatore e
dal Papa, giunsero ad affermare (pur riconoscendo l'indipendenza reciproca del Diritto Canonico e
del Diritto Civile) che nei casi di conflitto normativo grave l'ultima parola spetta ali 'ordinamento della
Chiesa. Il Diritto Canonico deve avere vigore, come parametro superiore, nel caso in cui l'applicazione
delle fonti giuridiche terrene risulti peccato (Criterio del Peccato). Infatti, solo dal sec. XIII si intese
che la superiorità del d. canonico si dovesse verificare solo quando la regolamentazione temporale
mette in causa aspetti dell'ordine soprannaturale.

Diritto recepito e diritto tradizionale.
Il d. romano era molto più egualitario dei diritti locali (sia nel campo patrimoniale – proprietario, x es in
alcuni d. locali non si poteva vendere a terzi perchè il bene doveva rimanere vincolato alla famiglia;
diritto delle persone). Il problema è che il d. romano era raccolto in casistica poco amalgamata. C'era
quindi bisogno dei lavori dottrinali e giurisprudenziali.

Un ordine giuridico pluralistico.
Nella società europea medievale convivevano, quindi, diversi ordini giuridici: il Diritto Comune
Temporale, il Diritto Canonico, i Diritti Propri. Questa coesistenza è detta Pluralismo Giuridico:
distinti sistemi di norme, con legittimità e contenuti distìnti, coesistono nello stesso spazio sociale.
Ciò è molto diverso dai giorni nostri dove l'ord. Statuale rivendica il monopolio della definizione di
tutto il diritto. Tommaso d'Acquino trattò dettagliatamente il tema del concilio di Trento. Egli
sottolineò come l'ordine si mantenesse grazie all'esistenza di quelle forze interne che attraggono le
cose umane (amore) e ciò comporta che il d. umano è solo un modo esterno, rozzo e grossolano, di
correggere deficienze occasionali della simpatia universale. I giuristi sono i guardiani di questo
mondo, ma il loro compito non è poietico, bensì si portare al giusto a partire dalla natura.

Una costellazione di ordini normativi.
L'amore o gli amori sono il cemento principale dell'ordine del mondo delle cose umane. Tommaso
d'Acquino individua vari affetti umani:
 amore familiare;
 amore filiale o parentale;
 amore per co-nutrizione;
 amore per elezione, basato su imprese comuni;
 amore dei concittadini; ecc...
Tutti questi amori creavano obbligazioni. Ad essi si aggiungevano quelli nascenti dalla religione
(amore di Dio, amore per tutte le creature, per le piante).
Il d. divino temperava quello umano (x es i giudici penali applicavano la misericordia per mitigare la
lex penale), altre volte viv si discostava (quando il d. umano prevedeva la commissione di peccati).In
questa costellazione ciascun ordine normativo, aveva la soluzione e i suoi principi generali: toccava
al giudice fornire una soluzione arbitrale, guidato degli usi del tribunale nel giudicare casi simili.

D. canonico e d. civile.
La superiorità del d. canonico non era automatica, ma mediata attraverso il criterio del peccato.

D. comune e d. dei regni.
Il d. comune aveva vigore solo nei casi in cui un d. particolare non lo avesse escluso. Era un D.
SUSSIDIARIO. Ma essendo fondato sulla ragione aveva una valenza potenzialmente generale (si
applicava a situazioni non coperte da d. propri o particolari). I d. particolari non potevano:
 essere applicati analogicamente;
 costituire principi generali;
 interpretati in modo restrittivo.
Lo stesso d. comune non era unico (c'era il d. canonico, quello mercantile e questi non sempre erano in
armonia).
Il rapporto tra d. comune e d. particolari era posto su un equilibrio incerto. Esso stabiliva i modi in cui
operavano i d. particolari. Questi ultimi, a loro volta, erano plurimi (Diritto dei Regni, Statuti delle Città,
Consuetudini Locali, Privilegi Territoriali e Corporativi).

D. dei regni e d. dei corpi inferiori.
Il d. dei regni era emanato dal monarca e trova fondamento dottrinale nel Digesto 1.4.1. Il rapporto con
il d. comune era che quest'ultimo era usato come metro di giudizio per valutare la conformità della ratio.
Rispetto ai diritti inferiori questi non potevano imporsi sulla legge superiore, che viceversa poteva. In
linea di principio il d. del re è equiparato, rispetto ai d. inferiori, allo ius commune.

D. comuni e privilegi.
Privilegi, consuetudini potevano derogare, entro certi limiti, al d. superiore in quanto manifestazione di
un d. speciale.

D. precedente e d. successivo.
La successione delle leggi nel tempo non implicava, come accade oggi, la cessazione della loro
vigenza quando fossero sopravvenute nuove leggi a regolare la stessa materia: diritto nuovo e diritto
antico, anche se divergenti, potevano essere usati per risolvere un determinato caso.
 Norme di conflitto a geometria variabile.
I vari principi (criterio del peccato; lex speciali derogat generali; d. comune come sussidiario) sono solo
delle sedi di argomenti (topica?) da prosettare al giudice.

Ordine giuridico flessibile.
Flessibilità attraverso la grazia.
Si deve fare riferimento a Dio e alla creazione dell'uomo. La creazione è un atto libero ma non
arbitrario perchè Dio è di per se buono e non avrebbe potuto fare altro.
Ciò si distingue dalla funzione dei vicari di Dio (i principi). Essi imitano la grazia di Dio e possono:
 creare nuove norme;
 rendere inefficaci singole norme (anche solo x 1 volta);
 modificare la natura delle cose (x es. emancipando, concedendo la nobiltà);
 modificare o ridefiniri il suo di ciascuno (concedendo mercedi o premi).
(Salgade de Araujo) Questo modello non introduce un mondo di totale flessibilità perchè:
a)la grazia è un atto libero ed assoluto
b)non può però essere arbitrario perchè deve corrispondere ad una causa giusta ed elevata

Flessibilità attraverso l'equità.
Appare come una giustizia speciale, ne generale ne uguale, ma più perfetta di quella uguale di cui
l'equità è madre.

L'unificazione attraverso la scienza. Le scuole della tradizione giuridica medievale.
La scuola dei glossatori.
L'insegnamento del Diritto Giustinianeo presso l'università di Bologna (metà del secolo XII), diede
origine alla. Scuola dei Glossatori il cui fondatore fu Irnerio. Il metodo dei giuristi che compivano
l'analisi del testo giuridico consisteva nel dare spiegazione del Corpus luris oscuro e di difficile
interprelazione. Si ottenne una semplice interpretazione (Glossa), una sintesi (Summa), regole
dottrinali (Regulae), disquisizione di questioni controverse (Disputae), elenchi di argomenti
utilizzabili durante il dibattito giuridico (Argumenta), l'analisi di casi pratici (Casus).
Ai Glossatori deve essere riconosciuto il merito di avere ricreato il linguaggio tecnico del diritto: la
giurisprudenza.

La scuola dei commentatori.
Con l'avvento dell'economia mercantile e l'espandersi dei centri urbani nei secoli XIII e XIV
divenne necessario che i principi del diritto (lura Propria, lus Commune, lus Volgare, lus
Canonici) si trasformassero in un solo diritto. Questo fu il compito di una nuova generazione di
giuristi chiamati Commentatori. Il fondatore della Scuola dei Commentatori fu Cino da
Pistoia ma il più influente fu Bartolo da Sassoferrato il quale creò un'opera monumentale. Per
tale motivo venne creato il detto NEMO IURISTA NISI BARTOLISTA (nessuno è giurista se
non è Bartolista). I commentatori costituirono una categoria di giuristi ai quali venne affidato il
compito di risolvere i conflitti facendo ricorso a una tecnica razionale: il conflitto tra fede e
ragione provocò difatti il ristabilirsi della fiducia nella ragione e la ripresa delle scienze profane.
Si instaura un atteggiamento fìlosofìco Realista (che indaga sulla natura delle cose) e
Razionalista (che usa i procedimenti razionali). La categoria dei giuristi ha un ruolo
determinante per l'equilibrio politico e sociale.
Al servizio dell'interpretazione sono posti mezzi logico-dogmatici nuovi derivanti dalla
scoperta di testi aristotelici. Le innovazioni dogmatiche possono essere così raggruppate:
 teoria della pluralità delle situazioni reali. La relazione fra uomo e cosa non era vista da
un p.d.v. esclusivo come oggi. Una cosa, di per se unica, poteva avere più utilità. I glossatori
vedevano più proprietari di uno stesso bene con la distinzione che chi aveva un dominium
directum poteva utilizzare l'actio directa (per proteggerlo); chi aveva un dominium utile
avrebbe utillizzato l'actio utilis (derivante dalla relazione d'uso);
 applicazione spaziale degli ord. Giuridici. Ci sono visioni diverse: una che prevede
l'applicazione del diritto della persona, l'altra (politica) che prevede l'applicazione del diritto
del territorio. I glossatori distinguono i casi (x es. il processo...foro; lo statuto degli
immobili....loro localizzazione);
 teoria della naturalità del potere politico. All'inizio si riteneva che il principe fosse vicario di
Dio, ma ciò non corrispondeva alla realtà. La novità introdotta dai commentatori, soprattutto
Baldo, fu quella di affermare che i poteri esistenti nella società avevano un'origine NATURALE,
perchè la stessa società aveva bisogno di essere guidata e lo ammetteva implicitamente. Nel
tardo medioevo si distingue la iurisdictio in ORDINARIA(stabilita dalla legge e edagli usi) e
DELEGATA (concessa mediante rescritto o privilegio) e altre fra cui l'IMPERIUM (insieme di
poteri concessi al giudice) che a sua volta era suddiviso in MERUM (per iniziativa privata
mirando a utilità pubblica) e MIXTUM (iniziativa propria mirando anche a utilità propria).

Il modello discorsivo del diritto comune europeo.
Genesi del modello del discorso giuridico medievale.
L'origine del diritto ha sempre costituito, in tutte le epoche e tutte le società, fonte di dibattito: le
posizioni dei giuristi hanno oscillato tra Volontarismo (il diritto è prodotto della volontà divina,
volontà del legislatore, volontà generale, guidate da principi arbitrari) e Razionalismo (il diritto è un
ordine prestabilito insito nella natura umana e delle cose, accessibile con l'uso della ragione).
Nel primo caso il giurista interpreta la legge senza poteri creativi, ma di mera obbedienza. Nel secondo,
invece, basandosi sulla ragione, va alla ricerca di cosa è giusto tenendo conto della situazione concreta.
Ciò che è stabilito a priori non per forza è adattabile, di x se, a tutto.
I tre fattori che hanno portato allo sviluppo della dottrina giuridica medievale sono:
a) fattori filosofici (danno fiducia al potere della ragione);
b) fattori legati alla natura del diritto che implica l'uso della ragione;
c) fattori istituzionali che formano l'ambiente propizio per lo sviluppo della ragione giuridica.

I fattori filosofici.
Sostenitore del Volontarismo è Sant'Agostino (354-430 d. C.) il quale asseriva che l'unica fonte del
diritto e la volontà di Dio e i poteri costituiti hanno autorità per una sorta di mandato divino. Varie
conseguenze:
a) inesistenza di un d. oggettivo, naturale, dove alcuni atti sono ti x se necessariamente
condannati e altri necessariamente permessi (le cose non sono volute da Dio perchè giuste, ma sono
giuste perchè volute da Dio);
b) impotenza della ragione nei confronti della giustizia (la volontà arbitraria di Dio non può
essere compresa con mezzi umani, per ciò ci si deve ad essa – e ai testi sacri – sottomettere).
c)
i poteri costituiti hanno autorità per una sorta di mandato divino ma per ciò solo bisogna
accettare i diritti terreni – immorali o ingiusti che siano – perchè appartengono al disegno divino.
Ciò implica che la via verso la ragione è già a priori irraggiungibile.
Con l'avvento della Scolastica (sapere delle scuole) e la rinascita dell'insegnamento laico (secolo
XII) il Diritto Divino (contenuto nelle Sacre Scritture) e il Diritto Positivo (emanato dal monarca)
non rappresenta la soluzione giusta.
Tommaso D'Aquino, sostenitore di questa teoria, ritiene che il diritto risiede nella ragione (Recta
Ratio) e la soluzione giuridica non può considerarsi pronta nelle fonti, ma deve essere trovata
attraverso una specifica e precisa tecnica di investigazione (ars inveniendi).

I fattori legati alla natura del sistema medievale delle fonti giuridiche.
Il diritto giustinianeo è il fulcro del pensiero giuridico medievale. A questo si aggiunge il carattere
analitico della letteratura giuridico – scientifica. Inoltre ci si appoggiava al d. giustinianeo perchè la base
dottrinale medievale scarseggiava o era ancora troppo grezza. I glossatori e i commentatori si affidavano
al testo giustinianeo. Solo con l'avvento della Scolastica lo scenario cambiò.

I fattori istituzionali.
Svolge un ruolo fondamentale l'università (creatrice dello scenario dell'Europa moderna)

La struttura discorsiva.
Il lavoro del giurista si riassumeva in una continua interpretazione del testi non limitandosi a recepire il
significato storico, bensì il suo significato giuridico e razionale.

L'opposizione tra lo spirito e la lettera della legge.
Un primo modo di interpretazione innovatrice fu opporre il testo della legge e il suo spirito attribuendo
un valore decisivo a quest'ultimo. E' l'unico modo per aggirare le difficoltà di alcuni testi letteralmente
opposti agli interessi normativi che gli interpreti intendevano perseguire (si usava l'escamotage che la
lettera eccedeva la volontà razionale del legislatore o la si interpretava in maniera ristretta o estendeva il
precetto legale a situazioni prive di dispositivo).

L'interpretazione logica.
Grande forza creativa della dottrina. L'int. logica partiva dal testo considerandolo un'idea generale
dell'autore e per essere compreso doveva essere integrato nel contesto. Solo così facendo si estrapolava
la materia di interesse.

L'utilizzazione della dialettica aristotelico – scolastica e della topica.
Riepilogando si può affermare che i Glossatori sostenevano il Volontarismo (erano inclini
ali'acccttazione dell'autorità religiosa e giuridica), mentre i Commentatori sostenevano il
Razionalismo (erano inclini alla logica della scolastica). La scolastica basava l'interpretazione delle
leggi (Ratio Legis) sulla dialettica (arte di discutere) aristotelica-ciceroniana (Topica), ovvero la
tecnica di trovare punti di vista (Topoi) a partire dai quali una qualsiasi questione poteva essere
affrontata.
I giuristi acquistarono la capacità di individuare le prospettive dalle quali un istituto giuridico può
essere studiato:
a) Prospettiva della Definizione: indicazione della categoria di appartenenza dell'oggetto
(Genus) e delle caratteristiche che lo distinguevano dagli altri appartenenti alla stessa categoria
(Species). Essa era molto utile per sistematizzare perchè considerava i vari istituti giuridici come
integrati in generi più vasti, i quali a loro volta erano integrati in altri (sistema gerarchizzato);
b) Prospettiva della Comparazione: ragionamento per analogia o utilizzazione di argomenti “a
parità di ragione” o “a maggior ragione”;
c) Prospettiva dell'Autorità: si fondava sulla presunzione che l'autore invocato, che aveva
commentato il Corpus luris, fosse un profondo conoscitore della materia e per tale motivo autorevole. Il
parere non era obbligatorio, ma valeva finchè non era infimato da una più autorevole dottrina.
Cap. VI. La crisi del cinquecento e gli orientamenti metodologici successivi.
Nel 500 l'avvento di una nuova realtà normativa e lo sviluppo interno del sistema del sapere giuridico
provocarono una grave crisi nella dottrina giuridica europea.

L'avvento di una nuova realtà normativa.
Nuove esigente della società legate al d. penale e a quello commerciale hanno portato ad uno sviluppo del
d. di regni vista la pochezza, in quei campi, del d. comune.
Il d. comune venne relegato, almeno in teoria, a ruolo di sussidiario e questo mise in crisi il pensiero
giuridico che lo aveva innalzato a unica fonte. Ci furono 3 orientamenti dottrinali:
a) Scuola culta. Guarda il d. romano – giustinianeo da un p.d.v. filosofico – storico riportandolo
alla sua purezza classica;
b) Uso moderno delle Pandette. Inserivano le nuove fattispecie negli schemi concettuali dei
commentatori così da rifondare e completare il sistema del d. costruito dai commentatori;
c) Tardo bartolismo o praticismo. Fino al 700, soprattutto in campo civilistico, si continuò ad
utilizzare (sempre più a vuoto) il sapere giuridico dei commentatori.

Lo sviluppo interno del sapere giuridico.
Altro fattore rilevante fu lo sviluppo della logica interna al sistema discorsivo del diritto. I commentatori
avevano innescato una logica di unificazione che si realizzava col il ricorso alla dialettica aristotelica –
scolastica. I principi e gli assiomi di ciascun istituto erano stati fissati, ora si poteva passare allo step
successivo: la costruzione di sistemi giuridici generali, strutturati a partire dai principi ottenuti. Il diritto
doveva essere sintetizzato in un sistema organico sottoposto ad assiomi e regole. Al modello del Digesto
si sostituisce quello delle Istituzioni. Si apre l'epoca del d. naturale razionale in cui si è convinti che i
principi superiori del d. siano un prodotto della ragione. Ciò fu frutto di varie interpretazioni per renderli
“naturali”.
Questo comportò anche il fatto di lasciare da parte la laboriosità del dialettica scolastica preferendovi una
dialettica semplificata, alla portata del popolo. Man mano che ci si allontanava dalla laboriosità dei
commentatori e ci si avvicinava alla libertà di interpretazione l'opinio communis perdeva di efficacia, per
essere poi sostituita dalla retta ragione (logica interna del sistema giuridico).

Scuole giuridica tardomedievali e moderne.
Scuola culta, umanistica, o mos gallicus iura docendi.
Guarda il d. romano – giustinianeo da un p.d.v. filosofico – storico riportandolo alla sua purezza classica.
Sul piano culturale la critica era mossa contro la letteratura giuridica tradizionale, stilisticamente corrotta,
rozza e grossolana.
Sul piano filosofico muove dall'opposizione tra la scolastica medievale e il neoplatonismo
rinascimentale.
Sul piano giuridico era facilitato dalla forza crescente dei d. nazionali che allontanava il d. romano.
Sul piano sociale incarna l'antipatia generalizzata per il giurista erudito troppo lontano dai comuni
mortali.
Partendo da ciò l'umanesimo giuridico propone vari orientamenti:
a) Ripulitura storico filologica dei testi giuridici romani. Sia da glosse che da interpolazioni. Il
risultato fu una raccolta di scritti critici verso i testi giuridici medievali;
b) Tentativo di costruzione sistematica del diritto. Ispirata concettualmente all'idealismo
platonico. Sfociò in una critica al carattere atomistico non metodico e analitico del sapere giuridico dei
commentatori;
c) Riforma all'insegnamento giuridico. Si dovrebbe studiare sui libri e non sui commentari (critica
al sistema università)
d) Attenzione nuova ad un diritto naturale di stampo razionalistico e sistematico. Erano convinti
che il diritto romano classico fosse stato deturpato e reso caotico da Giustiniano e Triboniano e che esso
fosse riassumibile in una dozzina di principi fondamentali come il neminem ledere o il pacta sunt
servanda.

La scuola dell'usus modernus Pandectorum.
L'umanesimo giuridico, condizionato dalle fonti del diritto in cui il d. romano aveva perso la sua
vigenza, necessitava di un terreno giuridico fertile come quelli francese (ricco e vivace x regolare la
generalità delle questioni) e olandese. Anche nei luoghi dove il d. romano era predominante esso
riusci ad abbatterne la vigenza indiscussa e a rafforzare la forza dei d. nazionali.
Centro dell'usus modernus fu la Germania. Li si mise in discussione il fondamento teorico del d.
romano: la translatio imperii (gli imperatori tedeschi erano i successori di quelli romani). Il
passaggio da questa recezione teorica alla recezione pratica comportò il fatto che i giuristi tedeschi
identificavano il diritto come nelle mani dei sovrani e dei tribunali, i quali facevano propri principi
e norme del d. romano. Si doveva promuovere, per ogni principio, la dimostrazione storica della sua
recezione.
Questo nuovo modo di intendere il diritto porta ad una statualizzazione, una contestualizzazione e
quindi una maggior fusione con la singola società di riferimento, del diritto stesso.
Anche nei regni italiani si sviluppa l'idea che questo nuovo diritto statale è da considerarsi come d.
comune, mentre la vigenza del d. romano è giustificata solamente dall'eventuale recezione del
sovrano. Lo stesso accadde in Portogallo.
Si sviluppò quindi un “diritto dei tribunali” che venne sempre più analizzato e raccolto dalla
dottrina.
Cap. VII. Le scuole giuridiche del sei e settecento: giusnaturalismo, giusrazionalismo,
individualismo e contrattualismo.
 I giusnaturalismi
Il giusnaturalismo della scolastica tomistica.
Ci si riallaccia ai discorsi cosmici di Tommaso d'Acquino. Il giusnaturalismo parte dalla ricerca dei
fini dell'uomo e del suo contributo al piano della creazione per elaborare le regole che presiedono
alla buona convivenza comune: alcune si trovano nelle sacre scritture (d. divino), altre sono insite
nella natura delle cose (d. naturale). All'idea di scienza del naturale s. Tommaso sostituisce l'arte di
trovare il giusto in ciascun momento, basandosi sul principio della recta ratio (buona ragione) che
faceva riferimento sia alla ragione (che era successiva alla osservazione dei fatti naturali), sia alla
virtù (per lui era la bontò d'animo).

La scuola iberica di d. naturale.
Si professa come sviluppo locale della scolastica aquiniana, ma indagini approfondite hanno
sottolineato il distacco. Essa ha contribuito a:
a) Laicizzare il diritto. Portando alle ultime conseguenze la teoria delle “cause seconde” la
natura è considerata così autoregolata da poter esistere anche senza la necessaria presenza di Dio
(all'interno della stessa scuola ci sono voci più volte ad un orientamento volontaristico – potere
costitutivo della volontà arbitraria di Dio);
b) Radica il diritto nella ragione individuale. La ragione umana, seppur necessariamente
retta, può comprendere il d. naturale. Essa diventa fonte del diritto, eterna;
c) Logicizza il diritto. Si può giungere a conoscere il diritto per via deduttiva (fondamentale
apertura al pensiero giuridico settecentesco).

Il giusnaturalismo razionalista (giusrazionalismo).
Si parte dal concetto STOICO. Per essi la natura è la causa che da movimento al mondo e lo
trasforma in un mondo ordinato. In tutti gli esseri viventi è presente una particella di logos che ne
costituisce il principio vitale. Allo stato puro esso si trova negli dei, oltre che nell'anima degli
uomini così da costituirne la loro natura specifica.
Quando gli stoici dicono che la natura è fonte del diritto vogliono dire:
a) o che bisogna sottostare al destino, alle istituzioni – naturali – preesistenti (è sterile da un
p.d.v. normativo);
b) o che, poiché nell'anima umana è presente una scintilla di ragione (logos), esso deve
fondarsi sui suoi comandi. Soprattutto ai tempi di Cicerone ebbe molta importanza. Questa dottrina
può essere riassunta nelle seguenti idee:
 esiste una legge naturale, eterna ed immutabile, promulgata dall'Ordinatore del
mondo;
 questa legge è in tutti e da tutti può essere trovata usando la retta tagione;
 il d. naturale è costituito da norme precise, certe e chiare. Non c'è bisogno di un
tecnico per interpretarle.
E' lo stoicismo la vera base teorica per il giusnaturalismo moderno (soggettività, razionalità,
generalità, evidenza e tendenza alla positività).

Il giusnaturalismo moderno.
Si basa sulle idee cartesiane (basate sul sapere certo). La teoria di partenza è quella dell'evidenza
razionale: non ammettere come verità nulla che non sia evidente per lo spirito. Da essa partono tutte
le altre sotto teorie incentrate sull'individualismo pensante, sul continuo domandare a se stessi.

Alcune scuole giusnaturalistiche.
Soprattutto grazie alla scuola iberica il giusnaturalismo si spoglia dalle influenze religiose:
a) prescinde dall'onnipotenza della volontà di Dio limitandola per mezzo della ragione e
concependo Dio come soggetto a principi logico – razionali che gli sarebbero anteriori;
b) i fondamenti dai quali muovono per individuare un ordine immanente della natura umana
non sono la vocazione, il destino, le finalità sovrannaturali, bensì l'istinto e la capacità razionale.
Si basano solo sull'osservazione e sulla ragione.
Il ragionamento giuridico passa da essere incentrato sulla teologia ad essere caratterizzato da un
forte meccanicismo dovuto dall'assimilare il diritto alla fisica del tempo (perchè ci si riferiva alla
natura). Ci si riferisce semplicemente all'individuo (non più a Dio o alla società).
Si (ri)torna all'idea antica che i vincoli e la disciplina sociale siano fatti artificiali, corrispondenti
alla crezione di un ordine politico mediante un accordo di volontà. Essa è l'unica fonte della
disciplina politica e sociale (per i volontaristi ciò è calmierato dalla volontà).

I giusnaturalismi individualistici.
L'idea di base sono gli istituti giusnaturalistici con molta attenzione agli istinti innati dell'individuo.
L'idea che l'individuo sia alla base del diritto nasce dal NOMINALISMO. La spinta decisiva è però
data dal cartesianesimo e dall'empirismo che definirono la natura dell'uomo e da essa fecero
derivare diritti individuali, inalterabili e necessari.
 La definizione cartesiana dell'uomo è quella di essere razionale: ricercava la verità
per il mezzo della ragione. Ad esso si riconoscono 2 diritti derivanti dalla sua natura:
a) uso libero della ragione (p.d.v. teorico);
b) sviluppo razionale della propria personalità (p.d.v. pratico).
 L'empirismo partiva dall'osservazione dell'uomo concreto. Più che essere razionale
egli è comandato dagli istinti. Il dare libero corso a questi costituiva il d. naturale.
Il d. naturale non deriva più dal cosmos, bensì dalla natura individuale dell'uomo. Molti autori
sottolineano che la socievolezza non è uno di questi impulsi. Al contrario la società appare come un
ostacolo. Per i giusnaturalisti la costruzione di una società organizzata (lo Stato) è il limite dei d.
naturali o addirittura l'ipoteca che essa pone su altri valori.
Si viene quindi a parlare del contratto sociale, così coniato da Suarez. Con esso si definisce
quell'accordo per il tramite del quale gli individui hanno deciso di limitare la propria libertà
naturale, consegnando nelle mani dei governanti il potere di emanare regole cogenti. Ci sono 2
grandi pensieri:
a) giusnaturalismo assolutistico. Hobbes (pessimista): i pericoli dello stato di natura spinsero
gli uomini a decidere di trasterire tutti i propri diritti al principe con l'unico limite di
governare razionalmente (assicurando la pace e la difesa comune). Il sovrano non era
soggetto ad alcuna ragione di diritto, anzi era l'unico interprete delle leggi. Il d. naturale
scompare con l'istituzione della società politica perchè non c'è spazio per un diritto che non
ha origine dal sovrano (questi semmai puà accettare o tollerare il d. naturale – o parte di
esso).
b) giusnaturalismo demoliberale. Locke. La costituzione dello stato politico non cancella i
diritti di cui gli individui dispongono nello stato di natura. Lo stato politico garantisce
migliore amministrazione dei d. naturali sostituendo l'autodifesa e la vendetta privata con la
tutela pubblica. Il sovrano non è né fonte di diritto naturale, né di quello individuale ma è
solo obbligato a rispettarli entrambi.
Analizziamo i caratteri più importanti.

La teoria dei d. soggettivi.
Il d. soggettivo non sempre fece parte dell'arsenale teorico dei giuristi. Venne perfezionato dai
giusnaturalisti. Questi vedevano i d. soggettivi come quei diritti attribuiti dalla natura a ogni uomo
per consentirgli di dare libero corso a ogni suo impulso istintivo o razionale (legato alla sua
personalità, difesa, conservazione, sviluppo). Questi diritti, che sono definiti naturali o innati, non
avrebbero potuto svilupparsi pienamente nello stato di natura perchè sarebbero andati a cozzare con
gli altri: lo stato di natura era uno stato di guerra o cmq insufficiente a garantire le libertà
individuali. Il contratto sociale riduce questi diritti, ma così facendo ne permette la convivenza. Per
Hobbes i d. naturali continuano ad imporsi. Il c. sociale crea il d. oggettivo, non crea i d. soggettivi:
essi esistono già da prima e costituiscono la base e la ragion d'essere dell'ord. Giur.
L'origine della legittimità dell'ord. Giur. Sta nel carattere naturalmente giusto del potere della
volontà. E' esso che decide se e quanto comprimere i d. soggettivi per tutelare la convivenza
comune. Per questo i d. soggettivi sono definiti come poteri della volontà garantiti dal diritto. E
tutti devono corrispondere all'espressione di una volontà, se no difficilmente potrebbero essere
classificati come giuridici.

Il volontarismo.
Il diritto non ha la sua fonte in un ordinamento oggettivo (naturale o sociale), ma nel solo potere
della volontà. Qualcosa di volontarismo si è già ravvisato in s. Agostino (teoria che non ha avuto
seguito giuridico) e nel nominalismo: in queste la volontà non è prigioniera della logica perchè la
conseguenza razionale può essere scartata dall'accordo degli interessi.
L'avvicinamento del giusrazionalismo moderno alla matematica e alla logica porterebbe a
valorizzare una giustizia oggettiva e non arbitraria: in realtà in questo caso si parla di razionalismo
metodologico (per comprendere la società e l'uomo). Molti autori si soffermano sul carattere libero
e autodeterminante della natura dell'uomo (potere della volontà) e qui si parla di volontarismo
assiologico.
Se da un punto di vista dello stato di natura la volontà era pressoché individuale, anche se alcuni
autori ritenevano che non vi fosse una contraddizione tra volontà e ragione e che tutto fosse
“naturalmente” regolabile; nello stato politico il volontarismo prende più piede perchè la fonte dello
stato politico è il contratto sociale, etimologicamente e geneticamente derivante dalla volontà dei
consociati. Pressochè tutti i teorici del tempo erano inclini a ritenere che il potere così derivato non
avesse limiti. Differenze teoriche erano ravvisabili nel modo di concepire la volontà originaria e la
relazione di questa con la ragione:
a) pensiero liberale (Locke). Cerca di combinare volontà e ragione sulla base del carattere
razionale della volontà individuale nello stato di natura. Da un lato lo Stato non cancella la legge
della natura che illumina la volontà; dall'altro la volontà che è all'origine delle leggi politiche è la
stessa volontà di cui lo Stato è mero rappresentante. Locke rimase sempre fedele ad una concezione
tradizionale del patto politico: non veniva creata una nuova volontà, ma questa era solo l'insieme di
tutte le volontà individuali aderenti al patto.
b) pensiero non liberale (assolutisti o giacobini). Subordinava totalmente la ragione alla
volontà: non riconosceva alcun limite a quella del sovrano e la ritenevano diversa dalla somma delle
volontà individuali. Si creava una nuova volontà perchè rappresentava l'aspirazione al bene
comune, di per se razionale, e appartenente ad una nuova figura (il sovrano). Soprattutto per Hobbes
e Rousseau (ma anche per l'ideatore di questo pensiero – Pufendorf) la nuova volontà era
ASSOLUTA e SOVRANA.
ASSOLUTEZZA: si imponeva a tutti i sudditi (erano liberi di non aderire al patto sociale, quindi
solo di espatriare);essi non avevano diritti verso il sovrano. Inoltre la volontà legislativa non aveva
limiti materiali, non essendo subordinata a nessun precetto esterno ad essa.
SOVRANITA': Per Hobbes il potere legislativo era superiore rispetto alla consuetudine, al potere
giudiziario e alla ragione giuridica. L'unica restrizione al potere sovrano, rimessa al giudizio dello
stesso sovrano) era di essere razionalmente vincolato a governare conformemente alla finalità per
cui il suo potere è nato. Rousseau dice che la volontà dei singoli (v. particolare) non può mai essere
conforme alla volontà generale, rappresentata da questo nuovo soggetto: questo viene definito
despotismo democratico. Questo sfocerà nella visione dello Stato post rivoluzione francese poiché
la legge, unica fonte del diritto, è, per usare le parole di Rousseau, una dichiarazione pubblica e
solenne della volontà generale su un oggetto d'interesse comune, per ciò stesso
derivata da tutti,
rivolta a tutti,
uguale per tutti,
che persegue interessi di tutti.

La scientifizzazione.
Un'altra caratteristica differenziatrice del giusrazionalismo rispetto al volontarismo assoluto è la
visione del diritto come una disciplina necessaria ed oggettiva, non solamente frutto di opinioni e
valutazioni. La fonte filosofica è stoica dato che questi sottomisero il mondo umano alle leggi
cosmiche. Già da tempo si voleva ridurre il diritto a pochi principi, necessari ed immutabili. Ma
solo con la concezione stoica si usò l'ordine geometrico-matematico del cosmo come sostegno per
considerare alcuni principi come assiomi della scienza del diritto.

La tradizione del giusnaturalismo oggettivistico.
Tra volontarismo e scientifizzazione vi era un principio di opposizione. Varie teorie:
a) Non così fu per le teorie che identificavano il diritto come prodotto di una volontà
razionale (la volontà era qui subordinata alla ragione).
b) Ci u chi spostò l'ago della bilancia più verso la ragione he era considerata oggettiva
perchè non radicata negli individui, bensì nell'ordine del cosmo e della convivenza umana. I 3
maggiori esponenti furono:
 Montesquieu: parla di necessità naturale (le conseguenze normative delle relazioni
naturali che si stabiliscono fra un gruppo di soggetti);
 Leibniz: simile a Montesquieu, ma concepisce il d. naturale come emanato falla
ragione divina. Per lui le leggi positive possono essere ingiuste. Questo è il segno
che il diritto si va liberando dall'imperio della volontà. A questa idea di rapporto
diritto/potere aderisce anche Rousseau che costruisce la teoria politica sul
fondamento di una scienza certa e ampiamente matematizzabile del potere:
Stato/governo = governo/sovrano
Da ciò si deduce che il potere del popolo (Stato) varia in ragione inversa alla libertà
individuale la quale è l'inverso della forza del governo.
 Bentham: partendo dalla massima utilitaristica che il d. giusto è quello che organizza
la società in modo da ottenere il massimo benessere x ogni cittadino, concepì il d.
come il prodotto di un calcolo rigoroso. Ciò ha portato allo sviluppo delle tendenze
codificatrici.

L'idea di codificazione.
Nella storia del d. europeo varie volte si usò lo strumento della codificazione, in alternativa per:
a) fissare il d. vigente;
b) rinnovare il d. globalmente in conformità con le nuove necessità del tempo.
I codici moderni, quelli nati dal 700, hanno una logica diversa:
a) a livello formale, perchè sono sistematici;
b) riguardo al significaro in essi contenuti, tendono a presentarsi come un insieme di norme
libere, tendenzialmente eterne.
Il perchè di questo dipende dalla concezione filosofica degli autori: l'idea predominante nel 700 era
che esistesse un ord. giu. anteriore alla legislazione civile.
Fondamentale fu l'apporto di Bentham: per lui la codificazione era una conseguenza logica
dell'idea di codice unico ed universale fondato su una scienza della legislazione orientata al calcolo
della felicità. Il codice doveva essere:
a) completo;
b) un sistema chiuso di norme logicamente concatenato e giustificabile secondo il principio
scientifico dell'utilità.

La pratica giuridica.
Anche la pratica giuridica diede il suo gran contributo. Essa, vista la lenta e disorganizzata
macchina della giustizia, per via di Francis Bacon propose una riforma giudiziaria volta a porre fine
al dispotismo dei tribunali: era solo il legislatore che poteva promulgare la legge, l'ufficio del
giudice è quello volto a ius dicere e non a ius dare. In Francia vennero inseriti vari principi fissi del
d. naturale: x es. l'inserimento delle giurie per evitare giudizi artificiali o artificiosi; obbligo di
motivazione; creazione di una corte cassatrice; ecc..

Il d. razionale e le sue ripercussioni.
Non è errato dire che il giusrazionalismo è l'ultimo stadio dell'epoca del d. comune, intendendo
quest'ultimo come un dritto di tendenza universale. Infatti con il giusrazionalismo viene messa in
evidenza l'universalità del diritto visto il legame inscindibile con la natura. Anche i codici sono
tendenzialmente universali.
Tutto ciò si attenuerà solo con il nazionalismo romantico: Savigny riteneva che la codificazione
cristallizza un diritto che prima di tutto deve essere vita, inoltre le codificazioni sono pure astrazioni
inaccettabili dallo spirito del popolo.
Cap.VIII Il diritto nell'età contemporanea.
Analizziamo le varie scuole di pensiero dell'800 – 900.

Il contesto politico.
Inizia il periodo dell' ISTITUZIONALIZZAZIONE. Da un p.d.v. giuridico è caratterizzata dal
movimento legalista e dalla tendenza alla codificazione. I codici hanno una duplica funzione:
a) sono un nuovo disegno delle nuove istituzioni (borghesi e liberali);
b) la tecnologia normativa è fondata sulla generalità e sistematicità, in modo da adattarsi al
meglio con la vita quotidiana.
Dal 1750 al 1850 si sviluppa una nuova idea di Stato (che nel frattempo è diventato il nuovo centro
del potere) che è quella di LIBERALISMO. I presupposti strategici sono:
a) nuovo paradigma di org. Politica (Stato liberale rappresentativo);
b) nuovo paradigma di organizzazione sociale (liberalismo proprietario).
E' proprio con l'individuazione della proprietà come condizione di libertà e cittadinanza attiva che si
distingue questa nuova forma di Stato.
Sul piano dei grandi principi il nuovo diritto stabilisce , prevedendone garanzie istituzionali:
a) Libertà personale.
- Nel d. costituzionale fonda i d. politici e civili e garantisce la libertà
al lavoro e di
impresa;
 Nei d. reali è la base per la costruzione giuridica della proprietà come d. illimitato e
inviolabile;
 Nel d. dei contratti promuove il volontarismo.
b) Proprietà. Essa è intesa come d. sacro ed inviolabile. La sua costituzionalizzazione
corrisponde a quello che Macpherson definì individualismo possessivo: proprietà come d.
naturale ed assoluto, liberamente fruibile e liberamente disponibile.
c) Eguaglianza. Pone fine a discriminazioni in materia politica, assicura il suffragio
universale, l'eguaglianza nell'applicazione della legge (soprattutto nel pr. Penale). Ma
ovviamente tutto questo ha subito delle limitazioni (leggi che discriminavano i d. politici e
civili delle donne, dei non proprietari, dei nativi delle colonie). L modello di società che
stiamo analizzando dipendeva fortemente da quello precedete (soc. patriarcale).
Oltre all'affermazione di questi principi, è allo stesso modo importante la stabilizzazione legislativa
e dottrinale.
 Tra volontà e ragione.
Democrazia rappresentativa e legalismo.
Il principio democratico che il potere trae origine dal popolo e da esso deve essere esercitato è una
conseguenza dell'idea descritta dal CONTRATTO SOCIALE. L'egemonia del parlamento discende
dalla sovranità popolare e da un p.d.v. pratico è l'unico modo per controllare la democrazia
(ostacola le elites politiche ad appropriarsi del potere loro delegato e garantisce che l'interesse
perseguito sia quello generale).
Da un p.d.v. giuridico ci soffermiamo sulle fonti del diritto: la LEGGE PARLAMENTARE diviene
la fonte primaria, se non unica. Essa è:
derivata da tutti,
rivolta a tutti,
uguale per tutti,
che persegue interessi di tutti.
La consuetudine deve cedere il passo alla legge, ma non viene abrogata, perchè rimane un tacito
consenso del popolo: semplicemente non può valere contro la legge parlamentare.
La giurisprudenza deve cedere perchè per il principio democratico la legittimità di questa era solo
derivata ed indiretta, oltre ad essere criticabile politicamente. Alcuni tra i più radicali (Rousseau,
Beccaria, Filangeri) spingevano sulla tirannia dei giudici i quali prendevano decisioni ermetiche,
lontane dal popolo. Per questo in Europa il giudice divenne solo il braccio della legge.
La dottrina era relegata ad una funzione meramente interpretativa, integratrice e descrittiva. In
alcune situazioni era addirittura proibita.
Nel contesto legalista l'idea del codice è ambivalente:
a) essendo un insieme compatto, armonico, semplice, favorisce la conoscenza della legge al
popolo;
b) in quanto monumento giuridico che aspira a durare, esso incarna la stabilità dela ragione.

Ragione giuridica e ragione popolare.
A caratterizzare il pensiero giuridico degli ultimi 2 secoli fu la multiforme reazione contro la riserva
dell'esclusività nella produzione del diritto in favore della volontà popolare. Da ciò deriva uno dei
paradossi del pensiero politico democratico:
a) da una parte attribuisce alla volontà dei membri della società il potere di stabilire le regole
della convivenza sociale;
b) dall'altro fissa dei requisiti per la validità politica di questa volontà (doveva essere
razionale).
Benjamin Constant per primo individuò l'angustia del liberalismo rispetto alla democrazia,
chiarendo che la libertà dei moderni non è come quella degli antichi (cioè il partecipare
direttamente alla formazione dell'ord. Giuridico). C'era bisogno di una riserva di libertà personale
nei confronti di quest'ultimo. Il sistema rappresentativo, che delegava a pochi il potere di formare la
società, era giustificato dal fatto che i cittadini erano esonerati da questo incarico non tanto per una
loro incapacità (anche se lui e altri erano dubbiosi su un' effettiva capacità), bensì perchè la
complessità della società (commercio, relazioni industriali, pienezza della vita privata) rendeva
questo incarico scomodo.

La tradizione.
Uno di questi filoni valorizza la costituzione e il diritto come eredità della tradizione, non
modificabili dai processi di evoluzione naturale delle società. In realtà è una riedizione del pensiero
sociale, politico e giuridico europeo più risalente. Sul piano filosofico – politico il difensore più
tipico è Burke: la rivoluzione francese, fondata sulla falsa idea che la costituzione può essere il
prodotto di un contratto, aveva distrutto la costituzione storica della Francia, sovvertendo ogni
ordine sociale e politico. Sostiene quindi l'illegittimità della modificazione decisionista della
costituzione effettuata in modo istantaneo e rivoluzionario, perchè era radicata in un'idea di
sovranità diversa: essa non è di proprietà di una generazione, bensì della tradizione (di una
nazione, intesa come realtà storica).
In Germania, Savigny aveva portato una concezione identica di diritto, partendo però dal diverso
presupposto: lo spirito del popolo espresso nelle istituzioni e manifestazioni culturali e afferrabile
per il tramite della elite colta. Si raccoglie così la tradizione dell' usus modernus.

I diritti individuali.
Altre correnti vedono le forze creatrici del diritto non nelle cose, ma nei valori e nelle idee. Questi
valori erano innanzi tutto i diritti inviolabili dell'uomo.
All'origine di questa tradizione sta il costituzionalismo inglese, col suo ideale di governo limitato
dai diritti dei corpi del regno ed equilibrato da meccanismi di compensazione dei poteri (buona
regola, istanza di giudizio coerente con la regola, organi capaci di imporre il risultato). Affinchè il
sistema non si corrompesse le 3 funzioni dovevano rimanere separate (anche rispetto agli organi).
Per alcuni autori la vera costituzione risiedeva nella combinazione spontanea dei diritti individuali,
di per se anteriori a qualsiasi potere costituito. Il rapporto tra questa idea e la limitazione della
sovranità del popolo ha creato la figura del governo limitato: limitato dall'istituzione di una serie di
poteri e contropoteri al vertice dello Stato (x es controllo legittimità cost), ma anche dal principio
federale che da ai singoli governi federali una forte autonomia (pur lasciando inalterata quella già
forte dell'Unione). Questo modello introdusse una nuova idea: controllo costituzionale della legge
affidato ai giudici. Questa è la grande novità del modello nordamericano: legittimazione
democratica sia della costituzione, sia della magistratura.
Montesquieu riprese l'argomento. L'esperienza della prima fase della rivoluzione francese vide la
concentrazione di tutti i poteri nell'assemblea nazionale. Ciò ravvivò al necessità di evitare un
nuovo dispotismo riaffermando i diritto originari. La seconda posizione (Tocqueville) è più politica.
Egli affermò il pericolo di una crescente burocrazia statale che condizionava la libertà dei singoli. Si
afferma il liberalismo (sotto varie forme) il quale ritiene che la società sia di per se la miglior
garante di tutti i diritti e che non ci sia bisogno della mediazione dello Stato né per dichiararli, né
per garantirli. Una società del genere presuppone individui naturali. Il liberismo del governo dello
Stato doveva essere affiancato da un governo della società molto rigoroso. Nel caso di insensibilità
sociale, il compito dello Stato è quello di stimolarla ad acquisire parametri razionali (carattere di
costruzione o ri-costruzione della società civile).

L' elitismo sociale.
Per il primo liberismo lo Stato non era il luogo dell'eguaglianza e nemmeno sarebbe dovuto
diventarlo. La società politica non doveva correggere, ma ratificare le diseguaglianze: Mill disse
che “ non è utile, anzi pregiudizievole, che la costituzione di un paese riconosca all'ignoranza lo
stesso potere politico e sociale che alla conoscenza”. Da ciò le elites dovrebbero avere un voto
multiplo o plurale.
La proprietà era vista come fonte sia di libertà che di responsabilità civica (perchè in ottica
utilitarista chi più ha dpiù rischia). Queste ideologie, poi elaborate da Bentham, Kant, ecc diedero
vita a sistemi costituzionali di democrazia limitata (sulla base dell'esclusione di voto alle donne,
domestici,ecc).

Statualismo e diritto eguale.
Forma particolare di elitismo sociale era l'esigenza di una speciale preparazione intellettuale per
discutere di questioni pubbliche, quindi per creare diritto valido. Ciò spiega la convinzione che il
diritto sia qualcosa di più della semplice volontà, ma anche la combinazione dei diritti individuali
originari: è un'idea di giustizia. Questo consisteva nel pensare in modo generale ed astratto, pensare
in modo legalistico. Il d., essendo un linguaggio specializzato e regolato, diviene strumento
indispensabile per parlare di libertà, intesa come impero dell'eguaglianza.

Il metodo giuridico.
Ci fu un passo ulteriore per giustificare la supremazia del sapere giuridico sulla volontà politica
nella creazione del diritto. Volle sganciare la giustizia del diritto dall'idea di volontà e di contratto
sostenendo che la legittimità del d. deriva dal suo metodo nell'affrontare le questioni, dal modo
razionale di risolverle indipendentemente dalla relazione col contratto sociale. La soluzione
giuridica è giusta quando segue una regola corretta nel rendere compatibili diritti individuali
contradditori e non quando obbedisce alla regola richiesta dal potere. Spetta alla correttezza e non
alla volontà l'ultima parola.
Per Kant l'idea di una buona teoria vale più della pratica.
Per Hegel il grande deficit della sua patria è la mancanza di senso dello Stato. Sia la costituzione
che il diritto possono essere il prodotto di contratti fra individui, ma devono portare in sé un'idea
complessiva di Stato (incarnazione della nazione trans-individuale). La costituzione è l'insieme dei
principi politici che pongono le condizioni di esistenza della nazione; il diritto è la concretizzazione
dei diritti dello Stato – Nazione. Questa concezione di Stato, da un p.d.v. politico mette in risalto
l'importanza degli organi che ne incarnano l'unità e che perseguono l'interesse pubblico. Hegel
rompe con la teoria della legittimazione contrattualista, fissando l'idea che la legge deve valere non
come prodotto della volontà generale, ma come traduttore della volontà dello Stato, in quanto
portatrice di interessi pubblici. Poiché lo Stato è anche un'idea, il diritto deve essere concepito come
un metodo razionale per costruire le norme sociali volte a perseguire l'interesse pubblico. IL
DIRITTO E' L'EMANAZIONE DELLA “TEORIA DELLO STATO”.

Positivismo scientifico e Stato costituzionale.
Le idee hegeliane si diffusero principalmente nel settore del d. pubblico. Esso non è lo sviluppo del
contratto sociale, ma un'emanazione della sovranità dello Stato e del suo corrispondente diritto a
regolare la vita sociale imponendo diritti e doveri. La costituzione diventa lo statuto giuridico dello
Stato (sono complementari). Il cerchio legalista si chiude. L'unico limite è la sua obbedienza alle
competenze stabilite nella costituzione (limite formale).
La dottrina può essere pura, strettamente giuridica ed è considerata come una scienza positiva:
POSITIVA perchè si fonda sugli elementi obiettivi della legge statale; SCIENZA perchè generalizza
i dati sotto forma di concetti: questi sono forme che rappresentano, con la loro generalità e
astrazione, quanto più permanente esiste nella cultura giuridica della nazione. I suoi risultati
vengono trascritti in codici (le Pandette di Windscheid hanno formato il c.c. Tedesco del 1900).
Questo entra in crisi con l'inflazione legislativa: la legge non è più perenne, ma uno strumento di
politica momentanea. Bisogna così rivolgersi ad un livello superiore, la costituzione, non più intesa
come statuto dello Stato, ma come deposito dei valori consensuali. Questo segna l'avvento dello
Stato costituzionale caratterizzato dal controllo giudiziario di costituzionalità (C. cost).

Positivismo e scientismo.
Ci sono idee dominanti il mondo politico dell'800 che si discostano dalle idee politiche vere e
proprie per avvicinarsi a idee dominate dal SAPERE. Si partì quindi dall'idea che tutto il sapere
valido era desumibile dall'osservazione delle cose, la realtà empirica. Era quindi contro alla
commistione del d. con la morale, la religione o la filosofia.
Proclamava un sapere verso le cose positive. Per alcuni era la legge (pos. Legalista); per altri era il
diritto radicato nelle istituzioni o nello spirito del popolo (pos. Storico); altri ritenevano che il d.
dovesse essere studiato insieme alle nuove scienze (pos. Sociolocigo o naturalismo); infine positivi
erano i concetti giuridici, generali ed astratti (pos. Scientifico o concettuale). Infine questa teoria
propose la convincione che i risultati del sapere erano universali e sempre più perfetti.
 Le scuole classiche dell' 800.
La scuola dell'esegesi. L'origine del legalismo.
A metà del XVIII sec. la legge statale iniziò a monopolizzare l'attenzione dei giuristi. Soprattutto in
Francia la codificazione ebbe un peso molto forte. Presupposto del legalismo è l'esistenza di uno
Stato – nazione.
La dottrina era relegata al dover semplicemente interpretare la legge in maniera più conforme
possibile alla volontà del legislatore storico, in alcuni casi vi era pure un divieto all'interpretazione
(sostituito dall'obbligo per i tribunali di ricorrere al legislativo). Ecco quindi che i grandi giuristi si
limitarono ad un'esposizione e interpretazione (esegesi) dei nuovi codici.
Tutto questo per 2 motivo:
a) la codificazione è volta a garantire la generalità e quindi la stretta subordinazione;
b) consuetudine, giuri e dottrina sono inadatte per fissare le fratture rivoluzionarie.
Ma questa scuola ha anche elementi negativi:
a) il considerare la legge come volontà del popolo presuppone una trasparenza democratica;
b)la tecnicità e complessità del discorso legislativo allontanò la legge dal popolo.
La legge era, per così dire, autoreferenziale: un circuito chiuso e presuntuoso.

La scuola storica tedesca: il versante organicista e tradizionalsta.
In alcuni paesi non vi è uno Stato – nazione (Germania e Italia) e questo contribuisce la nascita di
altri modelli. La critica è rivolta sia allo Stato che al codice intesi entrambi come astratti e a-storici.
Nasce così la scuola storica tedesca con il programma di cercare le fonti non statuali e non
legislative del diritto. Tutto era incentrato nello spirito del popolo che imperversa ogni società e ne
collega il passato col presente e futuro. Questo pensiero ha 3 conseguenze:
1. antilegalismo. Contro il movimento codificatore perchè fattore di DISTRUZIONE del diritto
perchè introduce un elemento decisionista in un mondo di norme durevoli e indisponibili,
oltre a congelare l'evoluzione naturale del diritto;
2. valorizzazione di consuetudine e dottrina. Deriva sia dal “naturale sviluppo” della società,
sia dalla tradizione romanistica (il fondatore di questo pensiero, Savigny, era un romanista).
Per questo prenderà successivamente il nome di pandettistica;
3. rivalutazione della storia del diritto e del suo ruolo dogmatico;
4. sistematicità e organicità della giurisprudenza.

La scuola storica tedesca: il versante formalista o concettualista. La giuri dei concetti e
la pandettistica.
Il 4° fattore sopra visto, sistematicità del diritto, si sviluppa soprattutto nella pandettistica o giuri dei
concetti. La sistematicità deriva dall'organicità dello spirito del popolo. Vengono così a porsi in
rilievo dei principi generali dai quali, per deduzione, si estraggono altri principi inferiori: questo
prende il nome di piramide concettuale. Jhering fu uno dei maggiori esponenti e identificò il
sistema concettuale del diritto come un sistema vivo, organico e produttivo. Ma per meglio
comprenderlo bisogna fare riferimento alla scuola kantiana che esalta la funzione strutturante delle
categorie e dei principi generali della conoscenza scientifica. Ci si allontana quindi dall'atomicismo
empirico per avvicinarsi alla valutazione della COERENZA INTERNA DELLE CATEGORIE DEL
SISTEMA DI SAPERE (credo faccia riferimento alla società).
Il lavoro dei giuristi è volto alla creazione di un sistema di concetti ottenuti non in maniera
giusrazionalista (riflessione astratta) ma partendo dalle massime del d. positivo. Jhering distingue:
a) giuri inferiore: strettamente legata alla legge (solo recezione delle fonti);
b) giuri superiore: con essa si produce il concetto i quali hanno le funzioni di:
 facilitare l'apprendimento del d. essendo induttivi e sintetici
 rendere possibile la produzione di nuove soluzioni giuridiche.
Le soluzioni sono allo stesso tempo formalmente logiche e materialmente giuste proprio perchè
questi concetti derivano dalla realtà delle cose e non dall'arbitrarietà del giurista.
Il formalismo concettualista esprime due posizioni culturali:
a) individualista. I suoi dogmi discendono logicamente dal principio giusrazionalista che la
società è la combinazione di atti di volontà individuali liberi;
b) relativista e formalista. Ci si limita di fornire al potere la funzione di stabilire la forma di
organizz. Politica rinunciando a prescrivere principi etico giuridici materiali che guidino
l'esercizio della libertà.
Ebbe qui origine l'idea dello Stato governato dai giudici. Certo è che il c.c. Tedesco è frutto della
pandettistica di Windscheld.

I dogmi del concettualismo.
1. Teoria della sussunzione. La giustizia si realizza sussumendo nel diritto i fatti reali con un
ragionamento di tipo sillogistico (se A allora B). Essa tende a ridurre l'attività della giuri ad
un composito sterile di applicazione automatica dei principi giuridici, ma ebbe un ruolo
importante per la riduzione o eliminazione dell'arbitrio e soggettivismo giurispr.;
2. Completezza dell'ord. giuridico. Le norme non coprono tutto il sistema giuridico, ma se
l'ord. è considerato come sistema concettuale esso lo copre. Il giudice, nel caso di lacuna
non può decidere soggettivamente e discrezionalmente ma deve cercare la soluzione
migliore nella combinazione dei vari concetti;
3. interpretazione oggettivistica. Il senso di qualsiasi norma scaturisce dal suo riferimento al
sistema normativo un cui si integra. Il positivismo concettualista usa la fictio del legislatore
razionale (integra, reinterpreta). Il significato della norma non deriva dalle intenzione
soggettive del legislatore storico, ma dai significati oggettivi del contesto

Le scuole anticoncettualiste e antiformaliste: naturalismo, vitalismo e organicismo.
Dalla metà dell'800 lo scenario cambia. Il formalismo epistemologico kentiano cede il passo
all'empirismo e allo sperimentalismo orientati ai progressi della chimica e biologia.
Lo sviluppo del capitalismo fa sorgere la questione operaia. La società inizia a dividersi per il
tramite dei conflitti di interessi. Il sistema giuridico era troppo lontano dalla realtà e questo creò
l'avanzare di un approccio più naturalistico: naturalismo giuridico. Per esso il diritto è un fatto
sociale e si vuole svalutarne i presupposti normativi (momenti in cui agisce SULLA realtà sociale).
Lo si vuole spiegare in base alla realtà psicologica soggiacente o della realtà sociale. Usa vari
strumenti:
a) meccanicismo. Cause e effetti di natura psicologica o sociale:
b) biologico. Il diritto è spiegato a partire da una logica della vita dominata da interessi e
finalità.

Giurisprudenza teleologica.
Jhering (seconda parte dell'opera): FINALITA' e INTERESSE sono le entità generatrici del diritto.
La volontà è la causa genetica delle azioni umane, ma la valutazione degli atti e la loro disciplina
parte dalla considerazione degli interessi nella misura in cui meritino di essere protetti. Il d. è una
creazione organica della società. Si passa quindi dall'idea del d. come prodotto di un patto
(volontarismo) ed un d. che tutela interessi socialmente utili (utilitarismo trans-individuale). C'è un
ritorno all'idea dell'etica materiale. Jhering non negò mai il monopolio dell'emanazionde del diritto
in capo allo Stato. La sua teoria è rivolta all' interpretaziome, quella teleologica per l'appunto.

La scuola del d. libero.
Essa caratterizza una radicale critica al positivismo logico e al positivismo concettuale in nome di
una maggiore attribuzione, al giudice, del potere di plasmare il diritto. Si parte dal fatto che il
giudice, nella ricerca della soluzione giuridica, non parte dalla legge ma dal suo senso di giustizia. Il
rischio di questa teoria è di finire come strumento usato da sistemi politici totalitari (ma si
potrebbe, a mio parere, dire anche l'opposto).

La giuri degli interessi.
Accetta i presupposti del positivismo giuridico e tende a risolvere il circoscritto problema delle
lacune dell'ordinamento. A questo fine la sua proposta principale è che la decisione da assumere
deve basarsi su un'adeguata ponderazione degli interessi in gioco e non sulla deduzione concettuale.
I concetti hanno una funzione meramente didattica. Per questa corrente il metodo deduttivo
concettuale mette all'inizio ciò che dovrebbe stare alla fine.
Ma essa rimane pur sempre legata al legalismo e diviene così una nuova forma di costruttivismo: il
costruttivismo dell'estensione dei criteri legali ai casi non previsti. La legge rimane l'unica fonte e il
giudice ne è anche per questo sempre vincolato. Heck parlerà a questo proposito di OBBEDIENZA
INTELLIGENTE.

Il positivismo sociologico e l'istituzionalismo.
L'idea è che il d. è indissolubilmente connesso con la società. La prima visioe di questa teoria risale
al sociologismo di Comte: esiste una sola scienza del generale. Il generale non si oppone solo al
particolare ma anche all'individuale. L'invidualismo è considerato come una astrazione metafisica,
non reale. E' reale, generale, positiva la società nel suo complesso, identificato come relazione inter
individuale.
Dal p.d.v. dei saperi sociali il comtismo sottolinea come questi divengono scienza nel solo
momento in cui si abbandona la pretesa di spiegare le origini e le finalità ultime della società e
dell'uomo. L'uomo è un essere determinato da cause interne e esterne, privo del libero arbitrio: una
dimensione valutativa dei saperi sociali non ha più senso.
Questa teoria è una critica diretta al volontarismo, all'individualismo e al contrattualismo della
pandettistica. E' la solidarietà sociale che permette la sopravvivenza dell'individuo. La società non è
vista come un agglomerato di individui, ma come insieme di relazioni interindividuali, forzose e
indisponibili perchè fondate sull'incompletezza e debolezza dell'individuo e della sua necessaria e
conseguente esigenza di specializzazione, divisione e complementarietà nel lavoro.
Lo Stato è quindi visto non come garante di diritti e libertà, ma come portatore di interessi più
elevati dell'organismo sociale.
Nel diritto i profili metodologici di questa teoria sono usati da Durkheim che critica la teoria della
pandettistica sotto 2 profili:
a) teoria sociale implicita. L'ord. sociale e politico non riposa su un accordo, né sulla
volontà disciplinatrice dello Stato, ma sulle solidarietà sociali oggettive generate da
specializzazione e divisione delle funzioni. Le norme giuridiche erano quindi cose oggettive,
indisponibili e transindividuali. Altri, come Deguit, seguirono l'idea per arrivare a criticare la
teoria liberale dello Stato. La concezione realista dei vincoli politici porta a rifiutare:
 il carattere eterno e immutabile del diritto (la solidarietà sociale varia al
variare della società);
 il dogma dell'eguaglianza giuridica assoluta dei soggetti;
 il primato della norma generale ed astratta (ci si deve adattare di più alla
società);
 del primato dei d. soggettivi sui d. oggettivi (è quest'ultimo a creare i d.
soggettivi che non sono altro che d. derivati);
Inoltre esso critica:

sovranità nazionale concepita come prodotto della delega delle volontà
individuali (i governanti, svolgendo il loro ruolo di imposizione dell'ordine,
conservano e perfezionano la solidarietà sociale).
Altre teorie nacquero dalla teoria anti-individualistica:
 Hauriou, teoria dell'istituzione. L'istituzione è un'idea o opera che trova realizzazione
e consistenza giuridica in un mezzo sociale. L'ord. giuridico è bifronte:
 è un insieme di norme positivizzate;
 è l'insieme di idee conduttrici che tirano mediante il d. statuito in
direzione di nuovi obiettivi, dando loro vita.
Sul versante antilegalista e antistatalista il positivismo rifiutò l'identificazione fra diritto e legge
richiamando l'attenzione su come il diritto nasca dalle istituzioni sociali, ma l'idendificazione dello
Stato come un organismo sociale superiore attenua notevolmente la portata di questo pensiero.
Sul versante antiindividualista andà contro l'individualismo e la pandettistica e ciò contribuì sul
piano della dogmatica:
 nel d. pubblico va contro l'individualismo, liberismo e democraticità dello
Stato per preferirvi forme di organizzazione politica fondate sul primato dei
gruppi. Una di queste correnti è il corporativismo (sono i rappresentanti delle
entità politiche primarie, come la famiglia,l'impresa, a scegliere i
rappresentanti parlamentari);
 nel d. privato tende a moderare il primato del principio di volontà (v. teoria
del d. soggettivo).
Nel 900 si identifica benissimo con i totalitarismi fascista e Estado Novo portoghese con tutto ciò
che ne consegue (istituzionalizzazione della famiglia, dei sindatati, supremazia dell'ordinamento
giuridico vigente e dei suoi desumibili principi).

La reazione antinaturalista: valori e realtà.
Le scuole neokantiane di Baden e Marburg proposero una interpretazione INTERNA del diritto.
Esse ritenevano che oltre alle scienze naturali vi dovesse essere necessariamente spazio per le
scienze della cultura volte a osservare e capire i comportamenti umani da un p.d.v. interno.
Occorreva quindi riprendere la critica kantiana e applicarla ad un nuovo sapere. Questa teoria
voleva eliminare il metodo deduttivo e sostituirvi un approccio casistico, non operare con una
nozione meccanicistica della causalità ma con quella della finalità, ecc..Nacque così la teoria pura
del diritto di Kelsen.

L'apogeo del formalismo: la teoria pura del diritto.
Per Kelsen il diritto è uno speciale sistema di norme il cui fondamento non sta negli altri sistemi
normativi (religione, morale) e nemmeno nell'ordine dei fatti (politica o utilità). Una norma
giuridica non è valida perchè e morale o utile, ma esclusivamente perchè è norma giuridica, perchè
è conforme al diritto. Il diritto è una piramide normativa alla cui sommità c'è la costituzione
(Grundnorm): AUTOREFERENZIALITA' DELLA GRUNDNORM.
Questa teoria ebbe il pregio di sottolineare l'autonomia del sapere giuridico e la sua relativa
indisponibilità di fronte a svariati progetti del potere.

Le scuole critiche.
Il sociologismo marxista classico.
Marx fu l'ispiratore della critica al pensiero giuridico dominante. Per lui tutte le manifestazioni della
storia umana si spiegano con la “lotta di classe” la quale ha fine con il socialismo: ripartizione
egualitaria del controllo della produzione garantita da un'appropriazione collettiva dei mezzi di
produzione. Il contrario è l'ideologia capitalista.
Tutto è regolato dal modo di produzione, cioè dal modo con cui gli uomini si pongono in relazione
fra loro per effettuare la produzione dei beni materiali (materialismo storico). Per il marxismo il
diritto non è un qualcosa di naturale o ideale, bensì un ordinamento socievolmente coinvolto, uno
strumento di classe. Le risposte che offre il diritto sono di tipo tecnico, neutro e scientifiche ai
conflitti di interesse. Per Marx il diritto è un fatto classista di esercizio e predominanza della
maggioranza, per due motivi:
a) il dominante, grazie al sistema dei modi di produzione prevarica il dominato;
b) la veste dell'eguaglianza formale, fortemente voluta e ripetuta dai modelli statuali
moderni, null'altro è se non una falsificazione delle relazioni di potere. A questo si aggiunge
l'osannata astrattezza e generalità dei precetti.
Inoltre critica il principio della volontà e libertà negoziale.
Ma le risposte al diritto borghese sia da un p.d.v. formale che di contenuto furono poche e cmq
abbastanza radicali e relative.

Il marxismo occidentale degli anni 60.
Si distanzio molto dal marxismo tradizionale. Lo stato e il diritto sono strumenti di classe che
servono gli interessi globali dei gruppi dominanti, ma non per questo la loro funzionalità politico
sociale è assoluta perchè la società è complessa e contradditoria e le classi dominanti non sarebbero
mai riuscite a dominare al 100%. Si tende a frammentare l'idea del modo di produzione in vari
piccolo uguali sottoinsiemi. In altre varianti si crea un sistema di andata e ritorno, di
criocondizionamento.

La critica del diritto.
C'è la preoccupazione nuova di comprendere il modo con cui il diritto crea sistemi di classificazione
e gerarchia. Sul piano strettamente politico la scuola di Francoforte cercò di identificare le radici
profonde del modello occidentale dei rapporti del potere. Così come il potere, il d. risulta una
costruzione artificiale, una produzione arbitraria, locale, storica.
La funzione della critica del diritto è:
a) svelare i contenuti non pensati che stanno alla radice delle rappresentazioni giuridiche,
demistificando le concezioni che vedono il d. come un'ord. razionale, neutro e oggettivo;
b) svelare i processi attraverso i quali il d. collabora alla costruzione dei rapporti di potere.

L'uso alternativo del diritto.
Deriva dall'ideologia neomarxista votata al carattere contraddittorio del diritto:
a) l'egemonia delle classi vincolanti è sempre incompleta;
b) l'idea del carattere compromissorio del d. è più forte dell'idea che il d. è orientato verso un
ideale di uguaglianza, di equilibrio, di giustizia.
Il giurista ha un'ampia libertà proprio per cercare la soluzione migliore.
In Italia si sviluppa intorno agli anni 70 l'idea che l'uso alternativo del d. vede lo stesso uso del d.
come non irrimediabilmente repressivo e favorevole alle classi dominanti. Sono necessarie varie
condizioni:
 metodologica.
 Bisogna favorire al giurista la capacità di avere una visione meno mitica, più chiara e
più critica del d.;
 coltivare una metodologia che accresce la libertà del giurista di fronte alla legge e
che gli conceda più indipendenza dal potere (combattendo il metodo di sussunzione
e rivendicando la libertà della giuri e affermando il carattere inevitabilmente
individuale della soluzione giuridica).
Il altri paesi si cerca, invece, di creare forme alternative di diritto o addirittura di giustizia vista la
continua inflazione delle istituzioni e del sentore sociale verso di esse. Questo comporta
 la ricerca della migliore statuizione circa:
a) norme. Ci sono varie proposte:
 la regolamentazione dello Stato deve lasciare spazio alla concertazione
privata (ciò presuppone un uguale potere negoziale delle parti, altrimenti ci
sarebbe il dominio di una parte sull'altra);
 la normazione si può avvantaggiare delle nuove forme tecnologiche di
informazione e uso adeguato dei media;
 rivalutare le forme non coattive di governo delle condotte sociali.
b) composizione dei conflitti. Si è proposto il decentramento di questa funzione in organismi
spontanei (come i centri di giustizia comunitaria in USA). Essendo create dalla popolazione,
queste istituzioni oltre ad essere in continuo contatto con essa potrebbero risolvere, con
adeguati mezzi, i conflitti in maniera più rapida e accettabile.
Tutto questo richiede l'attivazione di un rapporto del sapere giuridico con altri saperi.

Le scuole antilegaliste.
Critica al sistema di rappresentazione democratica; alla figura dello Stato liberal-democratico come
legittimato a parlare in nome del popolo e alla capacità normativa completa dello Stato.

Aspetti generali dell'antilegalismo contemporaneo.
Ci sono vari aspetti:
1. rifiutare all'idea che lo Stato sia capace di definire criteri di giustizia. Sotto questo
aspetto possono rientrare due filosofie:
1. giusnaturalismo laico (l'ordinamento di valori è preordinato allo Stato);
2. giusnaturalismo cristiano (mette in crisi la creazione statale del d.).
2. sottolinea il carattere artificiale del d. statale;
3. problematizza l'adeguatezza della tecnologia disciplinare legalistica e statualistica
alla regolazione della vita sociale.

Alla ricerca di una giustizia materiale.
Tra la prima e la seconda guerra mondiale l'idea kelseniana del diritto ebbe un forte
ridimensionamento. La legge fondamentale della rep. federale tedesca (1949) assoggetta sia il
legislatore, sia la stessa costituzione al diritto, ma non inteso come quello positivo, bensì quello
insito nella coscienza collettiva. Ma come fornire una base filosofica a questo movimento? Di
sicuro andava contro il formalismo di matrice kentiana, ma non bastava sostituire il formalismo con
un contenuto assiologico materiale anche perchè la gente non credeva più ad un credo religioso o
filosofico di validità generale. Il nuovo giusnaturalismo si articolò così in 3 orientamenti:
1. derivante dal credo hegeliano è la teoria che ricollega alcuni aspetti etico giuridici come
irrimediabilmente legati alla dignità umana;
2. chi si appellava ai dettami della coscienza giuridica di ciascuno (il d. deriva dalla natura
delle cose che resiste alle intenzioni normative artificiali. Queste cose diventano fonte di
un d. naturale concreto.);
3. chi non trovando valori naturali certi e assoluti ritiene che debbano valere i valori
consensuali.
Oltre al consensualismo viene a crearsi anche un'altra forma di pensiero: la topica giuridica o topica
dell'argomentazione (non è importante la validità delle premesse, ma il CONSENSO suscitato nel
pubblico). Essa è anche una critica al normativismo.

I giusnaturalismi cristiani.
L'idea comune in tutti i periodi storici è che vi siano componenti indisponibili nell'oraganizzazione
sociale e politica.
Nella realizzazione delle finalità umane il compito principale spetta all'iniziativa della persona e alla
cellula sociale di base: la famiglia. Allo Stato , per diritto naturale, spetta solo di proteggere e
sostenere lo sviluppo personale e familiare. Questa idea è fornita da una rilettura di Tommaso
d'Aquino effettuata nell'800: centralità della persona nella duplice dimensione fisica e spirituale. Le
principali linee sono:
1. il d. deve servire valori etici superiori (libertà personale, dignità umana, libertà
spirituale);
2. la proprietà privata è vista come estensione della libertà personale;
3. insiste sul fondamento naturale dell'istituto familiare;
4. sul piano del d. pubblico si avvicina alla forma di Stato sociale (lo Stato è limitato
dalla morale e dal d. naturale; non può eleggere se stesso o la società quali fini della
vita politica; si orienta verso il bene comune).

Il postmodernismo giuridico.
È una reazione contro le tendenze alla generalizzazione e razionalizzazione della modernità che ha
come altre caratteristiche l'eterodisciplina, la pianificazione.
I paradigmi culturali ed epistemologici hanno un carattere storico e aleatorio: non sono che dei
regimi di verità.
La cultura postmoderna è stata condizionata da quello che chiamiamo svolta linguistica che
identificando i saperi e i discorsi come sistemi aleatori di senso li affronta come discorsi che
obbediscono a codici locali, da smontare per svelare il codice che li preforma e da loro significato:
decostruttivismo. A questa teoria corrisponde lo sviluppo della teoria dei sistemi autopoietici.
Ci sono varie influenze sul diritto. Le analizziamo nei capitoli successivi.

Il diritto del quotidiano.
Il mondo quotidiano è:
a) un mondo di produzione di norme, alcune delle quali completamente autonome perchè
sorte dai meccanismi di vita di tutti i giorni (amicizie, lavoro, famiglia) e altre
prodotte a partire dalle norme del diritto ufficiale e successivamente trasformate;
b) un mondo incoerente di norme perchè locali, relativi, “limitati”;
c) un mondo di norme non intenzionali (la reoutine non è un sistema pensato e funzionale)

Il diritto come universo simbolico.
Si sottolinea:
a) il valore simbolico di alcune norme, a volte voluto, altre volte no (x es le quote rosa);
b) anche il d. colto è “quotidiano. Si critica lo strumentalismo del diritto (a costruire e
regolare quotidianamente la vita sociale. Pur non essendo strumentale, il d. regola la vita
indirettamente, come fonte di immagini di buon senso, immagini orientative: funzione
COSTITUTIVA del d.).

Un diritto flessibile.
Dal 1960 Carbonnier propose l'idea di andare contro la rigidità del legalismo e del concettualismo.
L'idea che abbiamo oggi di flessibilità del diritto è però del tutto diversa: deriva dall'orrore per il
marco, il generale. Così facendo propone di:
a) dare più attenzione all'identità particolare, a differenziare (la politica di diritto
moderna si basa, invece, sulla generalità della soluzione e della legge, questa come
indicatore della democraticità);
b) relazionarsi con le teorie delle organizzazioni: in essa ci sono le idee di sostituire la
struttura burocratica con un'organizzazione flessibile.
In base a questa teoria il diritto dovrebbe quindi allontanarsi dalla figura troppo ingombrante dello
Stato per avvicinarsi maggiormente al suo carattere locale.
Sul piano della giustizia (quella di oggi è da classificarsi come neutrale perchè è terza e imparziale)
bisogna sottolineare come non tenga conto delle emozioni e degli affetti.

Il pluralismo giuridico.
Non è una conseguenza del postmodernismo.
La teoria della modernizzazione ha contribuito a portare valore alle teorie di pluralismo giuridico
grazie al suo fallimento (per es la rigidità del modello legalista applicato a paesi non europei). Ecco
che il pluralismo giuridico è sempre più vivo, si trova in qualsiasi società perchè il diritto e il suo
sapere sono sempre e in ogni caso locali. Qui si apre il problema delle “dichiarazioni universali” (x
es CEDU9 dove si stabiliscono principi da applicarsi alle più svariate culture senza tenere conto,
almeno da un p.d.v. letterale, le diversità delle culture.

Il costruttivismo autoreferenziale.
Si sviluppa anche grazie all'antipatia verso i sistemi globali e monocentrici: È la teoria dei sistemi
autopoietici. Sul piano generale questi sistemi:
 fissano la propria identità in opposizione con l'esterno, fissando le regole di
transazione tra sistema e ambiente;
 costruiscono i propri elementi;
 costruiscono la grammatica del proprio ciclo di funzionamento;
 costruiscono la meta-grammatica che governa le trasformazioni della
grammatica stessa.
L'idea più interessante dei sistemi autopoietici è l'idea della chiusura sistemica: sfida il senso
comune volto a non concepire sistemi autocreatisi e dall'altro lato perchè in linea generale ci si
affida ai saperi scientifici. Ma l'idea di chiusura sistemica non deve essere presa alla lettera:
significa semplicemente che tutto ciò che viene preso dall'esterno viene trasformato, ricreato in
funzione della grammatica del sistema. Questo discorso deve essere fatto anche quando parliamo di
società.
Per quello che riguarda il diritto questa teoria ne sottolinea:
 il carattere autonomo del d. rispetto ad altre pratiche sociali(costituisce la
resistenza del d. di fronte alle intenzioni o ai progetti originati da altri
universi di comunicazione – politica, economia – che per ciò solo di essere
tali non possono essere più forti del d.);
 capacità autonormativa del quotidiano (i sistemi di comunicazione del

quotidiano hanno una resistenza verso il d. ufficiale: esso è inefficace perchè
non è recepito dai vari sistemi normativi della vita di tutti i giorni. Un
sistema, qualsiasi sistema, può solo irritare, comprimere un altro sistema, ma
mai surclassarlo);
pluralismo giuridico e carattere locale del diritto ( oltre alla frammentarietà
del d. e del sistema comunicativo, l'autopoiesi spiega bene il legame
vincolante che esiste fra diritto e i dati fondamentali di una cultura).