Cambiamenti climatici: da Modena al mondo

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Cambiamenti climatici: da Modena al mondo
Luca Lombroso, Dipartimento di ingegneria dei Materiali e dell’ambiente- Osservatorio Geofisico
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Introduzione
I cambiamenti climatici sono un fatto, una realtà e sono già in atto come confermato da una serie di
indicatori diretti e indiretti. Il 4° rapporto dell’IPCC (IPCC, 2007) per esempio recita: “Numerosi
cambiamenti nel clima sono stati osservati alle scale continentali, regionali e di bacino oceanico.
Questi includono cambiamenti nelle temperature e nei ghiacci nell’Artico, estesi cambiamenti nelle
quantità di precipitazioni, nella salinità dell’oceano, nelle strutture dei venti e nelle tipologie di
eventi estremi come siccità, precipitazioni eccezionali, ondate di calore e nell’intensità dei cicloni
tropicali.”. In questa frase chiave, una delle tante del 4° rapporto, ho volutamente sottolineato la
parola osservati in quanto è solo grazie all’osservazione del clima, dei parametri meteorologici, e
più in generale della natura che si può poi passare alla fase della valutazione delle cause di un
fenomeno nonché tentare di prevedere, o meglio formulare scenari, sulla sua futura evoluzione. E
riguardo l’osservazione, Modena ed in particolare la sua università, oggi Università di Modena e
Reggio Emilia, possono vantare un patrimonio che poche altre realtà hanno: un osservatorio
meteorologico con oltre 180 anni di misure ininterrotte sempre nello stesso luogo, il torrione di
levante di Palazzo Ducale, oggi sede dell’Accademia Militare ed in passato residenza dei Duchi
estensi. Fu Francesco IV d’Este in particolare ad assegnare in uso perpetuo gratuito all’Ateneo il
torrione di levante dove ancora oggi, fra mille difficoltà logistiche e malgrado da 20 anni sia
inagibile, l’Osservatorio raccoglie dati, misura, osserva, accumulando nel frattempo anche un
prezioso patrimonio storico-scientifico e culturale nel suo museo astronomico e Geofisico.
L’Osservatorio, un tempo astronomico, oggi è “Osservatorio Geofisico” e fa parte del Dipartimento
di Ingegneria dei Materiali e dell’Ambiente. Recentemente, nel febbraio 2008, è uscito un volume,
“l’Osservatorio di Modena: 180 anni di misure meteoclimatiche”, pubblicato dalla Società
Meteorologica Italiana grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena in cui sono raccolti i
dati frutto di quasi 2 secoli di osservazione ininterrotta. Anche a Modena il cambiamento climatico
è evidente, ed è interessante provare a fare un confronto, un viaggio ideale “da Modena al Mondo”
per vedere come gli aspetti globali del clima hanno ripercussioni locali ma anche come gli effetti e i
comportamenti locali si ripercuotono a loro volta sul globo intero, insomma come dice un noto
motto “pensare globale agire locale”.
Il clima cambia: perché?
La prima domanda che viene spontanea all’uomo di fronte a un cambiamento climatico è: a cosa è
dovuto? Il tema naturalmente è ampio e vasto, la Terra infatti ha sempre vissuto nella sua lunga
storia geologica cambiamenti climatici, vuoi per cause astrononomiche come le variazioni dell’asse
terrestre o voi per cause geologiche, per esempio eruzione di vulcani, ma oggi la rapidità dei
cambiamenti e soprattutto la loro causa sono di nostro interesse in quanto attualmente nessun
fenomeno naturale, astronomico o geologico che sia, è in grado di giustificare i cambiamenti in
atto e l’unico fattore in grado di spiegare i cambiamenti in corso è quello antropico. Ed infatti
un’altra frase chiave del 4° rapporto IPCC è: “La maggior parte degli aumenti nella media delle
temperature globali dalla metà del XX secolo, è molto probabilmente dovuta all’aumento
osservato della concentrazione di gas ad effetto serra causato dall’attività umana. Questo è un
risultato nuovo rispetto alle conclusioni del TAR, per il quale “la maggior parte del riscaldamento
osservato negli ultimi 50 anni è probabilmente dovuto all’aumento osservato della concentrazione
di gas ad effetto serra”. (IPCC, 2007).
E’ interessante notare che si fa un gran parlare di gas serra, di riduzione di gas serra, e via dicendo
ma si dimentica, prima ancora di affrontare l’argomento, di guardare da dove nascono questi
famigerati e temuti gas. Temuti ingiustamente, anzitutto il problema non è l’effetto serra in se ma la
sua accelerazione, o, come dir si voglia, effetto serra aggiuntivo o effetto serra antropico. L’effetto
serra infatti è un fenomeno naturale e senza di esso il clima della Terra sarebbe invivibile, con una
temperatura media globale di -18°C circa anziché di +15°C. L’attenzione per l’effetto serra nasce
in quanto le attività umane aumentano la concentrazione di alcuni di questi gas, primi fra tutti il
biossido di carbonio, per il quale la concentrazione è aumentata da 288 ppmv (parti per milione in
volume) nell’era preindustriale a 379.1 ppmv nel 2005 (WMO, 2005) a seguito dell’uso dei
combustibili fossili. Nel 2008 la concentrazione di CO2 ha già raggiunto 385 ppmv. Esistono
tuttavia altri gas serra sui quali agisce l’uomo incrementandone le concentrazioni, come il metano,
ossidi di azoto, e altri inclusi i CFC responsabili del buco dell’ozono ed altri gas serra naturali sui
quali però l’effetto antropico è trascurabile, come il vapor acqueo.
Gran parte dell’attenzione pubblica è concentrata sulla CO2, il biossido di carbonio o la popolare
“anidride carbonica”, ma ben pochi sanno quanta CO2 scaturisce da un pieno di benzina, da una
lampadina accesa, dal riscaldare la nostra casa: ecco quindi i numeri di base in Tabella 1:
Sorgente
Benzina
Gasolio
Carbone
Metano
Energia elettrica (media italiana)
Energia elettrica da centrali turbogas
Energia elettrica da centrali a olio combustibile
Energia elettrica da centrali a carbone
Energia elettrica da combustione rifiuti
CO2 prodotta
2.4
2.6
3.7
1.8
0.53
0.37
0.72
0.8
0.9
Unità di misura
kg/l
kg/l
kg/l
kg/m3
kg/kWh
kg/kWh
kg/kWh
kg/kWh
kg/kWh
Tabella 1: CO2 prodotta dai principali combustibili fossili e dalla produzione di energia elettrica (fonti: varie da
bibliografia sotto riportata)
Da questi dati i conti sono presto fatti: ipotizzando un consumo tutto sommato contenuto, 1000 litri
di benzina per l’auto, 1000 m3 di metano, 1000 kWh di elettricità si mettono insieme già
2.4+1.8+0.53, ovvero quasi 5 tonnellate di anidride carbonica prodotta, ma la media di un italiano è
quasi di 10 tonnellate, quella di un americano una ventina, ma altri paesi vanno ben oltre: non la
Cina, che assomma a meno di 5 t pro capite, bensì piccoli paesi produttori di petrolio quali Quatar e
Kwait, che arrivano perfino a 80 t/procapite! Insomma, chi produce petrolio inizia a usarlo sempre
di più e quindi ne ha meno da esportare! Per opposto si pone un problema di equità e di morale: i
paesi poveri hanno emissioni bassissime, addirittura Ciad e Afghanistan meno di un quintale di CO 2
pro capite all’anno.
Inoltre sempre la tabella ci fa riflettere su come il metano non sia così “ecologico” come si crede, e
se da un lato la CO2 prodotta è inferiore a quella della benzina dall’altro è lui stesso un gas serra.
Altro dato evidente è che il carbone “pulito” non esiste, infatti il carbone, peraltro abbondante in
natura, è il combustibile che produce più anidride carbonica di tutti ed è ben lontana e solo
ipotizzabile per il futuro la realizzazione di stoccaggi di CO2 nel sottosuolo, infine, un discorso
sulla produzione di energia elettrica da rifiuti, che supera, ampiamente, qualsiasi altra fonte e ciò è
dovuto al fatto che i rifiuti faticano a bruciare spontaneamente e necessitano di un combustibile che
aziona il processo di combustione, insomma è improprio il termine tanto di moda di
“termovalorizzatore” in quanto ci si dimentica che i rifiuti producono gas serra (circa il 3% del
totale) e più in generale si dimentica un concetto base, chiave e fondamentale, una legge semplice
ma banale che si impara fin dalle scuole medie, non scritta in un codice legislativo ma nella natura:
Nulla si crea nulla si distrugge ma tutto si trasforma
Antoine-Laurent de Lavoisier
I cambiamenti osservati: da Modena al Mondo
Vediamo ora qualche dato reale sul cambiamento climatico: a volte le notizie giornalistiche tendono
a confondere la reale percezione, in particolare facendo confusione fra i concetti di tempo, che è ciò
che succede tutti i giorni, e clima, che è ciò che ci si aspetta in base al passato. Un esempio è
proprio il presunto “rallentamento del riscaldamento globale” che sarebbe in corso nel 2008. In
realtà, è solo capitato che un mese, quello di gennaio, è stato, globalmente, più freddo (e di poco)
delle temperature medie storiche, ma quel che interessa per valutare il cambiamento climatico sono
le medie. E al proposito i dati oggettivi evidenziano, limitandoci a temperature e piogge, che
Temperature medie:
 A Modena: il riscaldamento medio (trend lineare) ammonta a 0.8°C, ma negli ultimi 30
anni il processo si è accelerato e il riscaldamento raggiunge livelli quasi preoccupanti di
7.3°C/100 anni. Gli anni più caldi sono nell’ordine il 2007, 2001, 1998, 2003, 2000, 2002,
1999, 1997, 2006, 2005
 In Italia: le serie storiche dei dati osservati a Bologna, Faenza e perfino sul Monte Cimone,
quindi fuori dal “disturbo urbano” sono in accordo con la serie di Modena. A livello
nazionale, Brunetti et al, 2005, evidenziano che si osserva un processo di riscaldamento
piuttosto uniforme sulle varie regioni, con un trend di circa 1°C/100 anni, il trend è più
marcato nelle temperature minime che in quelle massime.
 Nel mondo: diversi lavori identificano il riscaldamento in circa 0.74°C/100 anni, ma così
come a Modena e in Italia il riscaldamento è maggiore negli ultimi anni, con quasi tutti gli
“anni più caldi” concentrati nell’ultimi decennio.
Precipitazioni



A Modena: a livello annuale si osserva un calo della piovosità piuttosto marcato, infatti
pioveva decisamente di più nel XIX secolo, ma nel XX secolo piove più forte: in sostanza,
piove meno nel complesso ma quando piove i fenomeni si fanno più intensi. questo è ben
evidenziato dalla frequenza delle piogge “intense” ovvero superiori al 99° percentile delle
piogge giornaliere (41.7 mm) che da una media di 3-7 casi nei decenni di inizio e metà XX
secolo sono passate a 15 casi negli anni 1980 e 25 fra anni 1990 e inizio XXI secolo. Inoltre
cambia la distribuzione stagionale delle piogge, con calo delle precipitazioni invernali e
aumento delle precipitazioni estive ed in parte autunnali
In Italia: a livello nazionale i lavori dell’ISAC CNR evidenziano un calo della piovosità di
circa il 5%, maggiore in primavera; iniziano a emergere lentamente dalla variabilità
interannuale l’aumento delle precipitazioni intense. Riassumendo, in Italia e a Modena
calano le precipitazioni ma aumentano gli episodi intensi.
Nel mondo: il segnale delle precipitazioni globali è meno chiaro di quello delle temperature
tuttavia l’IPCC sottolinea che: “Su molte grandi regioni sono stati osservati trend a lungo
termine dal 1900 al 2005 delle quantità di precipitazioni. Significativi incrementi nelle
precipitazioni sono stati osservati nelle parti orientali del Nord e del Sud America,
nell’Europa del Nord e in Asia settentrionale e centrale. Una diminuzione delle
precipitazioni è stata osservata nel Sahel, nel Mediterraneo, nell’africa Meridionale e in
parte dell’Asia meridionale. Le precipitazioni hanno un alta variabilità spaziale e
temporale, e i dati disponibili in alcune regioni sono limitati.”. In sintesi, a livello globale
mediamente piove di più, ma con grandi squilibri con aumenti maggiori nelle zone più
settentrionali e tendenza a diminuzione in molte zone già aride.
Riassumendo, “fa più caldo, negli ultimi anni il riscaldamento nel nord Italia è diventato
anche 3-4 volte più veloce di quello globale (OCSE, 2005) dove piove già parecchio piove
ancor di più e dove le piogge scarse diventano ancor più scarse, ma quando piove piove
ancor più forte!
CAMBIAMENTI CLIMATICI OSSERVATI E POSSIBILI SCENARI futuri
Fenomeno e direzione
del trend
periodi freddi meno
frequenti e più brevi
aumento di frequenza
delle ondate di calore
aumento delle piogge
intense
e
delle
alluvioni
Aumento delle siccità
Aumento dei temporali
violenti (nubifragi)
Diminuzione
nevosità media
della
Probabilità che il trend Probabilità che il Probabilità di un
sia già presente a trend sia già presente trend futuro basato
livello globale
anche a Modena
sulle proiezioni per il
XXI
secolo
dell’IPCC
Molto probabile
Certo
Molto probabile
probabile
certo
Molto probabile
probabile
Probabile
probabile
Probabile
in molte regioni dagli
anni 1970
Probabile (ndr,
riferito agli uragani,
dagli anni 1970)
n.d.
possibile
Probabile
Probabile
Probabile
Certo
Molto probabile
(Adattato da IPCC SPM 2007 e da Lombroso e Quattrocchi, L’Osservatorio di Modena: 180
anni di misure meteoclimatiche, Società Meteorologica Italiana )
Tabella 2: riepilogo dei cambiamenti climatici osservati e futuri a Modena e nel Mondo
La deforestazione
Fra le cause dell’incremento dei gas di serra in atmosfera, che hanno già da tempo raggiunto i livelli
più elevati da almeno 800000 anni (Stocker, 2008), si tende molto spesso a dimenticare un fattore
che non è affatto secondario: la deforestazione. La deforestazione fino al principio del 1900 era il
fattore prevalente di emissione di anidride carbonica, raggiungeva già circa un miliardo di
tonnellate all’anno di carbonio equivalente, e ancora oggi ammonta al 17% delle emissioni di
anidride carbonica: ben più degli obiettivi del Protocollo di Kyoto e quasi quanto l’Europa si
prefigge con il piano “20 20 20 2020”. Intervenire sulla deforestazione però sarebbe ben più facile
di molti interventi di riduzione di uso dei combustibili fossili (comunque necessari) e a ciò possono
contribuire i cosiddetti meccanismi flessibili, attraverso il commercio delle quote di emissione e in
particolare la “compensazione” che si può concretizzare per esempio con il “pagamento di servizi
ambientali” alle popolazioni locali. A Modena un ottimo esempio è il progetto “Foreste per
Sempre”, www.forestepersempre.org, gestito dalle Guardie Ecologiche Volontarie (GEV)
L’energia: l’altra grande sfida, il picco di Hubbert
“clima ed energia, 2 piccioni con una fava” è un motto tanto più valido quanto più si avvicina il
tanto temuto e allo stesso sconosciuto “picco di Hubbert” o “picco del petrolio”. Se infatti pensiamo
di fronteggiare i cambiamenti climatici affidandoci alla tecnologia e all’adattamento mediante
metodi energivori ci troveremmo di fronte al doppio paradosso di dover aumentare invece di
diminuire le emissioni e di accentuare il rischio e i tempi di una crisi energetica. Valga per tutti
l’esempio dei condizionatori: le estati del futuro secondo vari studi saranno soggette a maggior
variabilità ma soprattutto a temperature anche di 4-5°C mediamente superiori alle attuali.
Affrontarle con il condizionatore richiederebbe, da un conto approssimato, all’incirca una centrale o
qualsivoglia impianto di dimensioni medio-grandi per ogni provincia italiana, e questo non è
compatibile sia con gli impegni (protocollo di Kyoto) di riduzione delle emissioni che con la
disponibilità futura di energia da fonti fossili.
Secondo varie fonti infatti (vedi Lombroso, 2008b) è probabile che attualmente ci troviamo nel
cosiddetto “plateau” ovvero nella parte superiore della curva di Hubbert; durante questa fase la
produzione petrolifera rimane circa costante, con conseguenze di stagnazione economica e primi
segnali di crisi dovuta all’aumento dei prezzi. In effetti da varie banche dati risulta che da ormai 1824 mesi la produzione petrolifera è costante e le impennatate dei prezzi, seppur con marcate
oscillazioni, sembrano in accordo con alcuni scenari del “picco di Hubbert”. Se seguisse
effettivamente la fase di discesa della curva di Hubbert, potremmo assistere nei prossimi anni a vere
e proprie rivoluzioni della nostra società, del nostro modo di vivere, di lavorare ed anche nella
disponibilità di beni e materie prime, infatti con la discesa della produzione si innescherebbero
fenomeni di recessione inarrestabile, carenza di energia e materie prime con lotte e guerre per
l’accaparramento delle risorse rimanenti. La crisi colpirebbe l’intera nostra società, non solo
nell’energia, in quanto dal petrolio si ricavano fertilizzanti, farmaci, materie plastiche, e perfino la
produzione di cibo dipende strettamente dalla disponibilità petrolifera, si pensi non solo ai
fertilizzanti ma anche al trasporto, al packaging, alla conservazione per arrivare infine alla cottura.
Ecco perché le soluzioni al problema clima sono importanti perché affrontano anche l’altra grande
sfida del nostro tempo, quella energetica.
Le soluzioni: buone pratiche e decrescita per un futuro sostenibile
Quando si parla al pubblico di cambiamenti climatici inevitabilmente il discorso e la discussione
vertono sul tema energia e soluzione al problema. Tipicamente, soprattutto fra la platea di politici,
manager e decisori, qualcuno alza la mano e dice “ma non si possono dare solo problemi, vanno
anche proposte le soluzioni”. Questo, in realtà, esulerebbe dalla professionalità del climatologo, ma
l’apertura mentale, la conoscenza di altri campi o cosiddetta “multidisciplinarietà”, sono un punto
importante per poter affrontare il complesso argomento dei cambiamenti climatici. In estrema
sintesi, le “buone pratiche individuali” sono ben riassunte dal motto del sito dell’Unione Europea
sui Cambiamenti climatici (www.climatechange.eu.com): ABBASSA SPEGNI CAMMINA
RICICLA. Ma i comportamenti individuali da soli non bastano, occorre infatti un vero cambio di
paradigma economico-politico, abbandonando l’ideologia della crescita, che mai e poi mai potrà
essere sostenibile per il semplice motivo che il pianeta terra ha una capacità di risorse limitata così
come è limitata la capacità dell’ambiente di smaltire i “rifiuti” del consumo. Consumare infatti
(crf.Vocabolario Zingarelli, 1968) significa logorare coll’uso, distruggere, ridurre al
niente…mandare al male, rovinare, sciupare, sprecare e il termine CONSUMATORE: che
distrugge, sciupone, infine CONSUMO: atto di consumare,logorio, danno. Ma il nostro modello
quotidiano è quello della crescita a tutti i costi, e crescita dei consumi significa crescita di emissioni
e calo di risorse. Più che di “sviluppo sostenibile (almeno intendendo sviluppo come crescita
economica) si dovrebbe parlare di “futuro sostenibile”. A questo riguardo, mi piace ricordare una
frase di Al gore, premio nobel per la Pace 2008 e autore del film-documentario Una Scomoda
verità: “Abbiamo tutto ciò che serve per iniziare, tranne forse la volontà politica, ma la volontà
politica è una risorsa rinnovabile”
Bibliografia
IPCC, 2007, Climate Change 2007: The Physical Science Basis - Summary for Policymakers - Contribution
of Working Group I to the Fourth Assessment Report of the, Intergovernmental Panel on Climate Change
(on line at www.ipcc.ch, visitato il 28.05.2008).
IPCC, 2007, Climate Change 2007: Gli Impatti dei Cambiamenti Climatici, l’Adattamento e la Vulnerabilità
(on line at www.ipcc.ch, visitato il 28.05.2008).
IPCC, 2007, Climate Change 2007: Mitigazione dei Cambiamenti Climatici
(on line at www.ipcc.ch, visitato il 28.05.2008).
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Europeo e al Comitato delle Regioni
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possibilità di intervento per l'UE.
Dieter Lüthi, Martine Le Floch, Bernhard Bereiter, Thomas Blunier, Jean-Marc Barnola, Urs
Siegenthaler, Dominique Raynaud, Jean Jouzel, Hubertus Fischer, Kenji Kawamura & Thomas F.
Stocker, High-resolution carbon dioxide concentration record 650,000–800,000 years before
present, Nature, n.453, pag 379 – 382, 2008.
Lombroso L., Quattrocchi S., 2008, L’Osservatorio di Modena: 180 anni di misure meteoclimatiche, Società
Meteorologica Italiana ONLUS (progetto con patrocinio dell’Università e Comune di Modena e finanziato
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Lombroso L., 2008b, clima e petrolio: siamo agli sgoccioli?, Eùbios n.24
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