Dl 90 - Aula - Seguito esame e approvazione del 7 agosto 2014

Camera dei Deputati – Aula del 7 agosto 2014 - Seguito della discussione del disegno
di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014,
n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa
e per l'efficienza degli uffici giudiziari (Approvato dalla Camera e modificato dal
Senato) (A. C. 2486-B).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già
approvato dalla Camera e modificato dal Senato, n. 2486-B: Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la
semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione,
senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione
del decreto-legge in esame, nel testo della Commissione identico a quello approvato dal
Senato (Per l'articolo unico del disegno di legge di conversione, le modificazioni approvate dalla
Camera, il testo recante le modificazioni apportate dal Senato e le proposte emendative riferite
agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato vedi
l'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 6 agosto 2014 – A.C. 2486-B).
(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 2486-B)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione
rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
di
fiducia
dei
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lello Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, signora Ministra, signor sottosegretario, i dati
economici sono preoccupanti, pur tuttavia abbiamo rilevato con interesse un aumento della
produzione industriale. Ciò significa che il Paese ce la può fare, ciò significa che abbiamo
davanti a noi una prospettiva difficile, ma comunque una prospettiva che ci consente di uscire
da questa crisi. Abbiamo necessità di riforme, di riforme strutturali che investano l'economia,
che investano il nostro Paese, che rimettano in moto quell'ascensore sociale che è fermo da
moltissimo tempo. Abbiamo necessità di intervenire sulle infrastrutture, abbiamo necessità di
intervenire sulla giustizia, soprattutto civile, abbiamo necessità come oggi si sta facendo di
intervenire sulla pubblica amministrazione.
Una pubblica amministrazione trasparente, una pubblica amministrazione più vicina
cittadini, una pubblica amministrazione che sicuramente, nel momento in cui è riformata, è
volano di sviluppo e di crescita. Pur tuttavia ci siamo resi conto che non vi è ancora oggi una
organicità di una riforma completa e aspettiamo con interesse quello che è ancora fermo al
Senato. Noi Socialisti voteremo questa fiducia convinti che quello che ha detto il Presidente del
Consiglio, cioè che da settembre...
PRESIDENTE. Deve concludere.
LELLO DI GIOIA. Se mi dà due secondi, concludo subito. Da settembre bisogna invertire la
marcia, bisogna dare risposte soprattutto ai giovani, soprattutto al Mezzogiorno d'Italia. Bene,
se questo è, il Partito Socialista, il gruppo Socialista darà la fiducia con convinzione a questo
Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per
l'Italia (PLI)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Titti Di Salvo. Ne
ha facoltà.
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TITTI DI SALVO. Signor Presidente, signora Ministro, signori del Governo, colleghi, esprimo,
a nome della componente politica LED – Socialisti europei, una convinzione molto profonda.
Vede, noi non siamo della scuola che bisogna fare ben altro per portare l'Italia fuori dalla crisi,
noi pensiamo che bisogna fare anche altro. Le riforme di sistema sono un elemento
fondamentale della faticosa uscita da una crisi che investe il Paese da molti anni, non certo da
qualche mese.
Ora, la riforma della pubblica amministrazione è una delle riforme di sistema. Abbiamo
provato già a dire nella discussione precedente alla Camera cosa vuol dire per noi riforma della
pubblica amministrazione.
Pensiamo, abbiamo detto e ripetiamo che l'elemento dell'innovazione, ma anche e
soprattutto del rinnovamento della pubblica amministrazione in termini generazionali, sia una
condizione necessaria per garantire l'efficacia della riforma che voi avete voluto portare al
centro delle riforme di sistema e noi conveniamo, ma è per questo che le scelte del Senato ci
lasciano molto perplessi, non perché ci vuole ben altro, non perché non cogliamo il senso della
profonda qualità di un'idea di riforma della pubblica amministrazione – certo, oggi da valutare
insieme alla legge delega che ancora deve arrivare – ma perché su uno dei punti fondamentali,
il rinnovamento generazionale, si fa un passo indietro con le scelte del Senato, perché è di
questo che stiamo parlando. Noi abbiamo certo molto chiaro che le norme che sono state
soppresse riparavano a un atto di giustizia, erano un atto di giustizia rispetto agli insegnanti
bloccati dalla legge Fornero così come rispetto alle penalizzazioni sempre di quella legge, così
come rispetto alla possibilità in alcuni settori di rendere più vicina l'età della pensione, i 68
anni che potevano consentire un ingresso e una progressione di carriera più semplice per
quelle categorie professionali. Ma il punto che io vorrei proporre alla vostra attenzione è la
lettura che dicevo all'inizio: non si riesce a rinnovare la pubblica amministrazione se non si fa
una cosa che i dati ci dicono, nel confronto con gli altri Paesi europei l'Italia è il Paese con l'età
media più alta – cinquant'anni rispetto a quelli di altri Paesi, soprattutto nella scuola – sotto i
35 anni ci sono soltanto il 10 per cento di persone nella pubblica amministrazione, solo il 10
per cento, molte donne non agli apici della direzione della pubblica amministrazione. Allora, se
questo è – ma il Governo lo aveva colto quando aveva posto nella staffetta generazionale uno
dei punti – e se questo è determinato anche dal blocco del turnover, io penso che questo sia
un punto che non si può lasciare semplicemente – mi consentiranno l'espressione un po’
veloce, dato il tempo scarso – nelle mani della Ragioneria. Questo è un punto della politica e
cioè la politica deve scegliere che la modernizzazione della pubblica amministrazione è tutt'uno
con la sua capacità di consentire che entrino giovani, ragazzi e ragazze, persone più giovani
con una percentuale più alta di laureati e di competenze come negli altri Paesi, coinvolgendo i
lavoratori e le lavoratrici nel processo di modernizzazione e LED – Socialisti europei in questa
direzione è fortemente coinvolta, fortemente motivata a sostenere questa direzione di marcia.
Ma per l'insieme di queste motivazioni contemporaneamente, io vi annuncio il voto di
astensione rispetto al voto di fiducia che viene chiesto, con la motivazione precisa di
condividere una direzione di marcia ma vedere come dal Senato arriva uno stop all'indicazione
di marcia che il Governo aveva proposto e che noi invece pensiamo sia la condizione
necessaria per portare l'Italia fuori dalla crisi, insieme alle scelte altrettanto necessarie
sull'economia e sul lavoro (Applausi dei deputati dei gruppi Misto – Libertà e Diritti – Socialisti
europei (LED) e Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Matteo Bragantini.
Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevole sottosegretario,
onorevoli colleghi e onorevoli colleghe, siamo arrivati all'ennesima fiducia, la fiducia su un
provvedimento che è stato presentato in modo roboante, la riforma della pubblica
amministrazione, finalmente si cambia marcia. È un po’ che sentiamo che questo Governo ma
anche il Governo precedente, appoggiato sempre dal PD, e il Governo ancora prima
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precedente, sempre appoggiato dal PD, si diceva che si fanno le riforme per cambiare questo
Stato, finalmente per levare la burocrazia, finalmente ci sarà anche meritocrazia anche nel
pubblico impiego. Noi onestamente abbiamo aspettato con ansia questo provvedimento,
perché se si andava su questa linea noi eravamo solo contenti di quello che diciamo da
vent'anni, almeno, se parliamo di quando è nata la Lega Veneta, ormai dal 1979.
Ma, alla fine, è stato un provvedimento molto deludente, che è stato ammorbidito ancora in
Commissione qui alla Camera, inserendo di nuovo che per la mobilità, dove ci sono gli esuberi
bisogna sentire ancora i sindacati e questo vuol dire ancora rifermare tutto, prevedendo che la
mobilità si può fare solo in un raggio di 50 chilometri, quando nell'impiego privato è normale
che gli spostamenti quotidiani per andare al lavoro siano anche di cento o centocinquanta
chilometri. Mentre nei Paesi industrializzati la media per andare a lavoro è di tre ore o tre ore e
mezzo di tragitto, qui nel Veneto sono 50 chilometri, neanche il raggio di una provincia; per
carità, scusate, non si può più parlare di province perché le stiamo abolendo, ma di area vasta,
però alla fine avete cambiato solo il nome di un ente, levando solo il fattore democratico
dell'elezione.
Dunque, avete voluto fare questa riforma, che cambia poco. Eravamo riusciti a inserire
qualcosa per risolvere i problemi che voi avete creato con, ad esempio, la «riforma Fornero»,
che non è servita a niente, se non per creare un grande malessere sociale, una grande
preoccupazione dei nostri cittadini, ma il Senato ha detto che non si può fare, che non si sa se
i numeri che avete indicato sono giusti, ma – scusate – erano numeri che lo stesso Ministero
della pubblica istruzione aveva individuato come persone che avevano il problema della «quota
96», dunque nello stesso Governo, un Ministero ci da i dati, un altro Ministero, quello del MEF,
dice che forse non sono giusti. Però, nello stesso momento, al Senato, hanno reinserito una
norma che noi avevamo tolto qui alla Camera, che da di nuovo potere ai magistrati fuori ruolo
di rimanere fuori ruolo e di continuare a fare un altro lavoro perché – hanno detto – c’è un
problema di copertura, perché ci sono già dei diritti acquisiti di chi è già in aspettativa.
Dunque, potrebbe essere che qualche magistrato fuori ruolo o in aspettativa possa fare causa
o ricorso e, per vincere, dunque, bisognerebbe trovare una copertura. Scusate, per gli esodati
e per i «quota 96» i diritti acquisiti non ci sono ? Per i magistrati fuori ruolo, che sono al
Governo da tantissimi anni, che alla fine comandano loro, per loro, invece, i diritti acquisiti
bisogna mantenerli.
Questa è la dimostrazione che il Governo Renzi è un Governo di parolai, un Governo che ha
buone intenzioni, che sta lanciando grandi proclami ma che, alla fine, continua ad essere
succube del male di questo Stato, che è quella classe di burocrati che hanno governato per 50,
60 anni e qualcuno potrebbe andare anche più indietro perché ricordiamoci che la maggior
parte dei prefetti degli anni Cinquanta erano gli stessi prefetti che erano stati nominati negli
anni Trenta. Dunque, una classe burocrate che è sempre rimasta al suo posto, che ha distrutto
questo Paese perché non ha pensato al bene dei cittadini, ma si è interessata al bene delle
proprie tasche e dei propri amici. Vi ricordate la famosa battaglia che abbiamo fatto nel 2010
semplicemente per fermare l'adeguamento ISTAT delle pensioni dei magistrati per tre anni,
dunque un aumento dell'1,5 per cento annuo, quando i magistrati hanno fatto ricorso alla
Corte costituzionale, davanti ad altri magistrati e hanno vinto, dicendo che non possono essere
né il Parlamento, né il Governo che decidono il compenso dei magistrati ?
PRESIDENTE. Mi
Prego, onorevole.
scusi,
onorevole
Bragantini.
Colleghi,
per
favore,
siamo
pochi.
MATTEO BRAGANTINI. E si possono fare tanti altri esempi di come non si riesce a cambiare
questo Stato. Ma la cosa che fa sorridere per non piangere è che continuiamo a vedere Renzi
con le sue slide, con le sue dichiarazioni, che continua a dire: «cambiamo passo, cambiamo e
finalmente riformiamo. Abbiamo già fatto questo, abbiamo già fatto quest'altro», ma alla fine
non sta facendo niente.
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Ci diceva che la crisi la stiamo superando, siamo a buon punto, siamo credibili a livello
internazionale. Ieri è arrivata la doccia – non fredda – gelata: il PIL, invece dello 1,2 per cento
che era previsto all'inizio, adeguato già allo 0,8 per cento di aumento, sarà del meno 0,3 per
cento. Vuol dire che tutti i conti che sono stati fatti sono sballati e bisognerà fare una manovra.
Infatti, non è solo questione di dire che è un 0,3, un 0,6 o un meno 0,3 per cento, è che erano
stati fatti calcoli economici e, dunque, si erano previste delle entrate in base a un aumento del
PIL e con quelle entrate avevate coperto delle spese. Se non ci sono più quelle entrate, ma le
spese ci sono già state, bisogna andare a mettere a posto i conti. Questa è la cosa assurda ed
è per questo che non possiamo dare la fiducia a questo Governo.
Proprio oggi Renzi ha detto che la politica estera è uno dei punti per rilanciare l'economia –
ogni settimana mette dei punti nuovi per far dimenticare quelli che aveva già detto e che non
ha mantenuto – e che dobbiamo avere una visione estera più mediterranea e africana. Questa
immagine mi ha fatto venire in mente non un Renzi con un cappello coloniale, che va a fare il
nuovo colonialista e l'imprenditore all'estero. Mi ha fatto venire in mente l'immagine di Renzi
con il fez, che dice che bisogna andare a coltivare il deserto, senza capire che nel deserto c'era
il petrolio e bastava semplicemente andare a perforare e a cercare grandi ricchezze, grandi
ricchezze che ci sono anche in questo Stato, grandi risparmi che ci sono anche in questo Stato.
Ma non si vogliono fare.
Non si vuole dare la possibilità alle nostre imprese, alle nostre piccole e medie imprese di
poter lavorare, di levare veramente quella burocrazia assurda che le sta soffocando, quel costo
indiretto che c’è nello Stato e che c’è nelle nostre imprese.
Questo è quello che non si sta facendo e di sicuro qualche collega dirà: «Ma voi come Lega
cosa avete fatto sei anni fa, cinque anni fa, quattro anni fa ?» Devo dire sì, forse abbiamo fatto
poco, dovevamo fare di più. Ma se cominciamo a vedere chi non ha fatto qualcosa prima non
vorrei che cominciamo questa rincorsa per capire di chi è la colpa. Qualcuno potrebbe dire che
allora la colpa è di quelli che governavano negli anni Ottanta, quando c'erano il PCI e la DC che
sono le due componenti politiche da cui è nato il PD, se vogliamo essere precisi. Allora è colpa
ancora del PD ? Oppure potrebbe essere la colpa del PCI, che negli anni Cinquanta ha sempre
appoggiato i Governi comunisti che hanno distrutto e hanno ammazzato milioni di persone. Ma
andando sempre più indietro per vedere di chi è la colpa non risolviamo i problemi attuali.
Noi dobbiamo risolvere i problemi che ci sono adesso e questo Governo non sta facendo
assolutamente niente che possa veramente risolverli: non sta abbassando le tasse, non sta
rilanciando l'economia. Per questi motivi e per molti altri che si potrebbero dire noi non diamo
la fiducia a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pannarale. Ne ha
facoltà.
ANNALISA PANNARALE. Signor Presidente, colleghe e colleghi, Governo, Ministra Madia, gli
ingredienti sono i soliti, quelli che ci avete puntualmente somministrato con ogni fiducia e con
ogni decreto-legge omnibus: attese improduttive e imbarazzanti, trattative affannose, passaggi
pasticciati e indecorosi. Devo dire, però, che in questa occasione avete dimostrato particolare
talento nell'assemblaggio di tutti questi ingredienti.
Questa terza fiducia sul decreto-legge PA è un concentrato di ipocrisia, di sopraffazione e di
svilimento di ogni funzione legislativa del Parlamento. State trasformando quest'Aula in un
organismo di mera ratifica di scelte sovrane e indiscutibili del Governo e del MEF.
Il decreto-legge, quello che la nostra Costituzione ammette in casi straordinari di necessità
e urgenza, in questa legislatura è diventato norma, strumento ordinario per imporre disegni di
legge del Governo. E questo abuso si reitera nell'apposizione continua della questione di
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fiducia, l'ultima ieri: 9 volte nei dieci mesi del Governo Letta, 10 volte nei cinque mesi del
Governo Renzi, la somma fa 19, 19 voti di fiducia alla Camera.
Questo ramo del Parlamento non discute più, non elabora più, non ha più alcun ruolo nella
traduzione legislativa di indirizzi, visioni, idee trasformatrici delle condizioni di vita di questo
Paese. Questa Camera ha ormai solo il compito di convalidare i decreti raffazzonati,
disomogenei e a rischio di incostituzionalità. Voglio dirlo alle deputate e ai deputati della
maggioranza: quale verso pensate di cambiare se la governabilità a tutti i costi si è mangiata
la rappresentanza, se la rottura dell'equilibrio tra i poteri costituzionali si risolve da sempre e
sempre in una contrazione dello spazio e dell'interesse pubblico e della democrazia ? La
decretazione d'urgenza sta rendendo sempre più confusi e inagibili i nostri lavori parlamentari,
sempre più frustrante e inadeguata un'attività che dovrebbe invece riempire quest'Aula delle
voci vive del mondo reale. Si abbia il coraggio e ci si unisca allora nella richiesta risoluta al
Governo di una sua ricollocazione in una funzione esecutiva che sia rigorosamente rispettosa
della sovranità del Parlamento e della sua funzione legislativa originaria e che garantisca, ad
esempio con quei decreti attuativi spesso mai pubblicati, la compiutezza dei percorsi legislativi
e la concretezza delle scelte fatte.
Che idea bizzarra quella di riformare la pubblica amministrazione – e ce ne sarebbe stato
bisogno – commissariando il Parlamento e bypassando ogni istanza reale. Non si chiamano
riforme quelle che non nascono dal confronto, anche duro, con i lavoratori. Non si chiamano
riforme quelle che non sono guidate dai bisogni e dal benessere sociale, dal miglioramento
delle condizioni di vita e di lavoro delle persone, dall'incremento dell'efficienza e
dell'innovazione del sistema pubblico, dalla trasformazione virtuosa del rapporto tra cittadini e
istituzioni. Non sono riforme quelle che, dettate da ragioni di bilancio, si rivelano nient'altro che
ulteriori piani di tagli, meno scomodi e impopolari delle manovre finanziarie vere e proprie. Si
chiamano inganni verbali, illusioni ottiche, operazioni di maquillage del Governo. Ma ad un
certo punto, lo sapete, ogni trucco si scioglie, anche il più resistente, e allora riappare il volto,
in tutta la sua drammatica nudità. E il volto del Paese è quello raccontato dai dati ISTAT
pubblicati ieri: un'economia reale ferma, stagnante, ai livelli di 14 anni fa; nessuna politica
industriale, nessun reddito minimo, nessuna patrimoniale, nessun piano vero per il lavoro,
nessuna seria messa in discussione dei Trattati europei e del pareggio di bilancio in
Costituzione.
In questo decreto non c’è traccia di riqualificazione e informatizzazione dei servizi pubblici,
di rinnovamento generazionale, di sblocco del turnover, di incremento occupazionale, neanche
di rinnovo del contratto del pubblico impiego, quello che ha sottratto, in cinque anni, 25
miliardi di euro ai lavoratori senza che venissero reinvestiti in un processo riformatore reale. In
compenso, attaccate gli stessi lavoratori e i loro diritti con la mobilità obbligatoria, il
demansionamento, colpendo drasticamente il potere di contrattazione reale dei sindacati, quei
soggetti intermedi che sono così fastidiosi al Presidente Renzi. Ci aveva già pensato Brunetta,
brandendo l'elemento del merito, a collocare i lavoratori sotto la cifra dell'inadeguatezza
sprecona e indolente. Oggi avete inventato una nuova riforma e lo avete fatto dall'alto e contro
i lavoratori. E con una mossa dall'alto, rapida come quella di un mago, avete beffato anche i
lavoratori e le lavoratrici della scuola.
Abbiamo assistito in questi giorni a rimpalli di accuse tra maggioranza e Ragioneria dello
Stato. Forse possiamo dircelo che tutto questo, dopo mesi di rinvii, arresti, illusioni e passi
indietro, appare francamente ridicolo. Il ruolo tracotante e politico che oggi ha la Ragioneria le
è stato appositamente affidato dagli ultimi Governi, compreso questo, per perpetrare politiche
di rigore e giustificare la mancata volontà di dare risposte a questioni e drammi sociali. Quella
Ragioneria che oggi viene chiamata in causa, ad esempio, dal presidente Boccia, come
responsabile di un attacco alla volontà del Parlamento, è la stessa, la stessa che avete
utilizzato voi della maggioranza e del Governo nell'ultimo anno per bloccare la soluzione della
questione «quota 96». È la stessa cui vi siete appellati proprio in quest'Aula per spiegarci che
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nel «provvedimento esodati» non c'erano le risorse sufficienti per poter comprendere anche la
vicenda «quota 96», nonostante i risparmi prodotti dalla riforma Fornero vadano ben oltre le
previsioni, toccando addirittura la soglia degli 80-90 miliardi di euro. Ora che il punto di non
ritorno è stato toccato, forse si può avere un rigurgito di serietà e riconoscere che le
responsabilità sono tutte politiche, e che sono del Governo e della sua maggioranza.
Sempre in quel rigurgito di serietà possiamo ammettere che francamente è complicato
credere alla tesi per cui «quota 96» sia stata vergognosamente soppressa al Senato per il
potere strabordante del tecnico della burocrazia e che poi lo stesso tecnico, cioè la Ragioneria
dello Stato, con un articolo aggiuntivo, abbia tranquillamente avallato l'aumento delle
disponibilità di risorse per la pensione anticipata dei giornalisti. Allora, la Ragioneria avrebbe
trovato le risorse per coprire finanziariamente i giornalisti, ma non è stata in grado di trovarle
per insegnanti e personale ATA della scuola. Forse il punto è un altro e va disvelato fino in
fondo: il Governo avrebbe potuto e dovuto compiere scelte politiche chiare e, sulla base di
queste, individuare per «quota 96» le risorse necessarie, così come ha fatto per i giornalisti. E
visto che i tagli della spending review non possono essere utilizzati come coperture, avrebbe
potuto attingere ai risparmi del sistema previdenziale, atteso che soltanto 11 sono i miliardi
utilizzati per le salvaguardie dei lavoratori esodati. Il Governo Renzi, come tutti quelli
precedenti, in realtà guarda a questi lavoratori e ai pensionati come strumenti fondamentali
per risanare i bilanci pubblici. La riforma Fornero è stata questo: una manovra per fare cassa,
una manovra che non può essere messa in discussione perché organica alle politiche di
austerity, e a farne le spese è ancora una volta la scuola.
Non è più possibile parlare di crisi, di urgenza di una ripresa, delle misure necessarie ad
uscire da una recessione senza precedenti, di forbice sempre più larga tra nord e sud, senza
scegliere di fare finalmente i conti con la storia più recente e più sbagliata del nostro Paese,
quella di un processo demolitorio da parte dei Governi, che, in una dimensione tutta
ragionieristica, hanno trasformato tutti i presidi e le istituzioni del sapere in capitoli marginali
del sistema Paese, in voci di costo pesantissime per il bilancio dello Stato. Siete riusciti a
mortificare le aspettative enormi di lavoratori e lavoratrici stanche e frustrate, ma anche le
aspettative altrettanto forti di chi giovane, precario e professionalmente aggiornato avrebbe il
diritto ad un lavoro sicuro, ad una cattedra stabile, ad una prospettiva in grado di offrirsi
leggibile all'immaginazione. E allora, ci chiediamo quale bizzarro obiettivo di ricambio
generazionale debba trattenere al lavoro persone esauste senza più stimoli e invece tenere
lontane le giovani risorse e, ancora, sulla base di quale mendace intenzione di svecchiamento
del sistema pubblico, si continua a non prendere neanche in considerazione la vicenda del
pensionamento dei macchinisti, costretti fino a sessantasette anni ad un lavoro usurante di
enorme responsabilità.
Concludo con due dichiarazioni della Ministra Madia: la norma è entrata per caso nel
provvedimento sulla PA. Ma come, Ministra ? Ci avevate spiegato che non c'erano i tempi per
un decreto ad hoc come avevamo chiesto e che tutto si sarebbe risolto con la PA. E ancora c’è
la volontà di inserire la norma in un provvedimento più ampio. Quando, Ministra ? Quando ? Lo
sa che per questi lavoratori il tempo è scaduto, che stiamo andando verso «quota 99», che non
ci sono più le possibilità per andare in pensione a settembre ? Avete buttato un anno. Non
avrete la nostra fiducia, perché noi i lavoratori non li tradiamo e oggi rimaniamo al loro fianco,
mentre in quest'Aula così distante, ancora una volta, si consuma l'ennesimo attacco ai diritti
dei lavoratori e alla loro dignità (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia LibertàCongratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Balduzzi. Ne ha
facoltà.
RENATO BALDUZZI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, ci sono tanti tipi di
fiducia: c’è la fiducia dei mercati, la fiducia dei consumatori, c’è la questione di fiducia, che è
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quel meccanismo con cui si verifica, secondo le regole del sistema parlamentare, la
consonanza tra il Governo e la sua maggioranza e come istituto che ha una pluralità di
possibilità. Qualche volta serve per rinserrare i ranghi di una maggioranza riottosa, più
recentemente serve soprattutto come acceleratore dei provvedimenti ed è connesso con i
decreti-legge. È certo una situazione che nessuno può vantare come situazione ottimale. È la
situazione in cui si convertono due straordinarietà, in fondo in due ordinarietà, ma è la
situazione, Presidente, Ministro – lo dico anche alla collega di SEL che ha appena parlato – che
dà il senso dell'emergenza che viviamo, di una ripresa che non c’è. Certo è un problema
dell'Europa tutta, ma è soprattutto un problema italiano.
E dunque noi dobbiamo fare i conti con questa situazione, che ci porta ad avere degli
strumenti che la Costituzione vede e capisce, o intende o delega a strumenti regolamentari – la
questione di fiducia, in senso stretto, non è prevista dalla Costituzione, ma è in qualche modo
presupposta da essa – che diventano, invece, strumenti ordinari. Spesso la questione di fiducia
è dunque la storia di una forzatura. Ebbene, questa volta non è così: la vicenda del decreto
sulla pubblica amministrazione ci dimostra che la Commissione competente, alla Camera, ha
potuto lavorare con molta cura, con molta attenzione; vi è stato un dialogo molto intenso,
grazie anche alla disponibilità – lo ricordo ancora una volta in quest'Aula – sia del Ministro sia
del relatore.
Tutto questo, dunque, ha portato a un consolidamento del testo, che non è certamente
riducibile alla storia di una forzatura. È un passo, certamente – lo dico soprattutto al collega
Bragantini, che ha un po’ riduttivamente commentato questo provvedimento, questo decretolegge – ma è un passo importante. Cambia, comincia a cambiare il modo di concepire la
pubblica amministrazione.
L'abbiamo per molto tempo vissuta un po’ tutti come un peso, qualcosa da alleggerire. È
probabilmente ancora così, ma è soprattutto oggi che possiamo percepirne il significato di
motore del cambiamento, di volano del cambiamento, di risorsa da spendere qui e in Europa, e
dunque la capacità di mettere insieme la revisione intelligente della spesa con il rinnovamento
dei processi e anche degli organici. Una pubblica amministrazione che in realtà è plurale, sono
«le pubbliche amministrazioni», e qui vi è la delicata opera del legislatore di andare a dare a
ciascuno il suo. Su questo torneremo in sede di dichiarazione di voto finale – le procedure un
po’ barocche della Camera fanno sì che sullo stesso testo si discuta due volte, prima in sede di
fiducia e poi in sede di dichiarazione di voto finale –, ma sono certamente pubbliche
amministrazioni sempre in evoluzione.
Diceva un grande studioso di amministrazione, che ha avuto anche incarichi istituzionali
importanti e che, per questi, ha pagato con la vita, Vittorio Bachelet: l'amministrazione è per
forza sempre in cammino. È attraverso l'amministrazione – cito –, in definitiva, che avviene il
concreto impatto delle libertà e dei diritti costituzionalmente affermati con le attese dei
cittadini e dei gruppi.
È proprio così, è proprio vero. E allora una pubblica amministrazione amica, che paga
puntualmente i suoi debiti, che rende facile l'Italia, o almeno più facile, una pubblica
amministrazione capace di far valere i precetti del legislatore e di punire chi li viola, ecco,
questa pubblica amministrazione sta, evidentemente, nella mente e nel cuore di tutti.
Questo provvedimento è un inizio. Ministro Madia, ci rivedremo a settembre con la delega e
certamente lì vi sarà la possibilità di dare vita ad un cambiamento organico. Il decreto-legge
non è la sede per una riforma organica, ma è la sede per dare segnali importanti e urgenti.
Questo provvedimento lo fa, lo ha fatto. Il gruppo di Scelta Civica, perciò, non ha alcuna
difficoltà a rinnovare la prova fiducia al Governo Renzi, anche attraverso, e soprattutto, questo
provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leone. Ne ha
facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, il gruppo del Nuovo Centrodestra ribadisce il consenso
alla fiducia posta su questo provvedimento. Un provvedimento – così, giusto per ripetere
quello che già è stato detto in prima lettura – che trova il consenso del Nuovo Centrodestra
perché soddisfatti già del lavoro svolto, ma anche delle finalità e del «perseguimento» della
riforma della pubblica amministrazione, perché, evidentemente, può venire fuori non solo
un'efficienza maggiore della pubblica amministrazione attraverso queste misure di
ristrutturazione e di risanamento dell'apparato pubblico, ma si innesta anche una possibilità,
che è quella di reclutare giovani nelle strutture pubbliche. Vi sono state delle modifiche al
Senato.
C’è stata la soppressione dei commi 6-bis e 6-quater dell'articolo 1, che recano disposizioni
in materia di pensionamento anticipato, dall'articolo 1-bis che ha previsto l'applicazione delle
norme per l'accesso al pensionamento vigenti prima della riforma Fornero al personale della
scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011-2012. È stato ripristinato il
comma 3 dell'articolo 8 che era stato soppresso nel corso dell'esame alla Camera; il comma 3
prevede che siano fatti salvi i provvedimenti di collocamento in aspettativa già concessi alla
data di entrata in vigore del presente provvedimento. Ci sono state polemiche in I
Commissione su questa soppressione e su questo passo indietro rispetto alla prima lettura che
non trovano naturalmente il consenso del sottoscritto e del mio gruppo, perché le ragioni che
ha rappresentato il Ministro per aver dato il consenso favorevole al Senato su questa norma
sono condivisibilissime e non portano nessun nocumento all'insieme del provvedimento.
Questo decreto-legge si accinge a dare sicuramente risposte, risposte parziali che saranno
completate con il disegno di legge di riforma della pubblica amministrazione in discussione al
Senato al fine di avere un apparato amministrativo più vicino alle imprese e ai cittadini, di
accorciare le distanze che esistono tra i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione.
Debbo, però, sottolineare che le norme approvate dal Senato che hanno cambiato questo
provvedimento, alcune di queste norme, mi riferisco a quella della cosiddetta quota 96,
trovano, da parte del nostro gruppo, un momento di amarezza; era una norma che era stata
condivisa da tutto il Parlamento, una norma non solo giusta, ma anche praticamente
applicabile alla luce di quello che era venuto fuori a proposito di coperture e di tutto quello che
poteva essere lo sbocco di natura economica della norma approvata, ma tant’è, è venuto fuori
una sorta di atteggiamento legato a una posizione che si rinviene al di fuori delle scelte
politiche e che viene fuori, invece, come al solito, da una tecnocrazia che non è in grado di
raccogliere le istanze dei cittadini, come invece può e deve fare la politica e la Camera ne
aveva dato la dimostrazione.
Tuttavia, permettetemi di fare un'altra riflessione su quello che è stato perché,
naturalmente, aver cambiato così inopinatamente una norma approvata nel pieno consenso di
questo ramo del Parlamento ha dato la stura ai gufi, mi si passi il termine, oppositori della
riforma del Senato di dire: meno male che c'era il Senato, perché evidentemente in seconda
lettura, usando o abusando, come dico io, dell'antico brocardo del melius re perpensa, si è
potuta modificare una norma che i tecnocrati non volevano. È chiaro che si può rispondere a
questo ed è chiaro che l'individuazione di una riflessione di questa natura è plausibilissima, è
chiaro che l'individuazione del melius rispetto al peggio non spetta sicuramente ai tecnocrati,
ma spetta a valutazioni politiche che sono quelle di avere la capacità, da parte del legislatore,
di recepire le istanze che si possono recepire, così com’è stato, da parte dei cittadini. Va, però,
messo in rilievo come una falla evidentemente si viene a creare nel momento in cui una
volontà politica viene fuori e, poi, nonostante si sbandieri da parte del Governo, principalmente
da parte del Primo Ministro, una «lotta», una buona lotta a quella che è la burocrazia, la
tecnocrazia, a tutto quello che può dare intralcio ad uno sviluppo economico legato a scelte di
natura politica, evidentemente una riflessione su questo tema va fatta. Viene fuori in maniera
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lampante, con quello che è accaduto in questo provvedimento, che si deve dare veramente la
stura di far sì che le riforme che si stanno facendo siano in linea con una riforma che deve
venire e che è quella di portare avanti un processo legislativo al netto di quelle che possano
essere le influenze esterne.
Ma al netto anche di quelle che possono essere le influenze di chi evidentemente ha a che
fare solo asetticamente con i numeri e non pensa a quella che può essere, invece, non solo
un'esigenza, ma una giustizia che deve essere data nei confronti di alcuni cittadini, che
possono essere stati penalizzati da una inopinata riforma in materia pensionistica o del lavoro.
Le correzioni servono a queste. La volontà politica che viene fuori serve a questo. E allora
riforme sì ! Riforme del Senato, riforme in ordine alla diminuzione di quelli che sono i poteri.
Tutto quello che si vuole, ma si deve riformare in maniera efficiente il processo legislativo, che
deve essere legato non solo ai Regolamenti ma anche a un atteggiamento culturale che è
quello di vedere approvate norme che rinvengono il loro fondamento solo e soltanto da una
necessità, quella di essere fatte nell'interesse dei cittadini. In caso contrario evidentemente
stiamo a parlare del nulla e anche tutte le riforme che si potranno portare avanti, slegate da
questo concetto e slegate anche da questa necessità, evidentemente non porterebbero a nulla.
Questo è l'augurio che ci dobbiamo fare, queste sono le riflessioni che dobbiamo portare avanti
e quello che è accaduto in questo frangente, su questo provvedimento, sicuramente ci deve
portare a riflettere in maniera molto, ma molto più seria.
Per il resto, è chiaro che sono solo in grado di dire che il consenso è reale, da parte del
Nuovo Centrodestra. Si tratta di un provvedimento necessario, ombrato solo e soltanto da
quello che è accaduto tra la Camera e il Senato ma che non inficia, nella maniera più assoluta,
il nostro atteggiamento. Per cui, ribadisco che il Nuovo Centrodestra darà convintamente la
fiducia a questo Governo e la fiducia su questo provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha
facoltà.
ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, Ministro
e sottosegretario, il gruppo parlamentare di Forza Italia non voterà la fiducia al Governo su
questo provvedimento, perché si tratta di un decreto che non ha i caratteri di una riforma e
che non è per niente una riforma della pubblica amministrazione. È un provvedimento che
contiene norme eterogenee e complessivamente inidonee a consegnarci una pubblica
amministrazione davvero snella ed efficiente. Soprattutto, mancano quegli elementi di rottura
riferiti al merito, all'efficienza, a una vera riduzione dei costi, ad una maggiore vicinanza della
pubblica amministrazione al cittadino, tipici di una riforma che abbia davvero l'ambizione di
imprimere una svolta, una riforma che i cittadini attendono da anni ma che non arriva.
Come per la riforma del lavoro anche per la pubblica amministrazione il Presidente Renzi ha
scelto un doppio binario: un decreto-legge con interventi minimi e un disegno di legge delega
più robusto e ambizioso nelle sue finalità, ma anche di più remota realizzazione e di cui non si
riesce a comprendere dove e a che livello è, che fine ha e che tempi di attuazione potrebbe
avere.
Devo dire che il decreto appare come uno scomposto assemblaggio di norme, in palese
violazione dei criteri di omogeneità e di coerenza interna a principi base della struttura di un
decreto-legge. In passato, infatti, le riforme vere della pubblica amministrazione non sono
state adottate con la decretazione di urgenza, ma con leggi che sono state istruite e concepite
sulla base della conoscenza del settore e che hanno permesso al Parlamento, unico potere
legittimato a varare leggi, di esprimersi in modo profondo ed organico, senza la tagliola dei
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pochi giorni previsti per la conversione del decreto-legge. Cito la legge n. 150 del 2009, che fu
approvata dal Parlamento all'unanimità, dopo un ampio confronto che durò più di un anno.
Ma veniamo al testo. Tra le disposizione che il Governo ci pubblicizza come innovative, se
non addirittura rivoluzionarie, si annoverano quelle sul ricambio generazionale, per consentire
l'ingresso dei giovani nella pubblica amministrazione, da realizzare attraverso la fine di
trattenimenti in servizio oltre l'età pensionabile ed una semplificazione del turnover. Secondo i
calcoli inguaribilmente ottimistici dell'Esecutivo, in questo modo si creerebbero ben 15 mila
nuovi posti di lavoro. Peccato che se si considera che i trattenimenti in servizio sono circa
1.200 l'anno e che di questi la metà sono relativi ai magistrati, per i quali la norma entra in
vigore successivamente, si capisce come l'effetto sarà sfortunatamente minimo.
Sono state apportate alcune modifiche in sede di esame in I Commissione, ampliando la
staffetta generazionale e allargandola al comparto scuola e ai giornalisti.
Qui si pone un problema ed una prima questione decisiva: la riforma della pubblica
amministrazione persegue obiettivi di efficienza nei servizi e drastica riduzione dei costi, come
sarebbe auspicabile, oppure punta, come purtroppo accade spesso, ad una superficiale
riforma, ad un aggravamento di spesa per lo Stato ed a misure che daranno vita, soprattutto
negli enti territoriali nella gestione del personale, ad un'operazione clientelare di assunzioni
sfrenata e fuori controllo di natura politico-clientelare ? Senza dubbio non mancano interventi
positivi, che non abbiamo paura di riconoscere: penso all'incompatibilità per i magistrati degli
incarichi extragiudiziari, penso ad un provvedimento importante, cioè al dimezzamento dei
distacchi sindacali – ci sarebbe stato bisogno e necessità forse di più coraggio in questo senso
e aumentare almeno al 75 per cento di tutto ciò che è lo scempio attualmente in essere – e
anche al ruolo unico dei dirigenti. Provvedimenti che vengono, tuttavia, neutralizzati
dall'abitudine di intervenire nuovamente su vecchie problematiche senza risolverle.
Ne sono un esempio l'introduzione di nuove norme sulla mobilità, senza, però, che le
precedenti siano mai state realmente applicate ed attuate, con una novità rappresentata dalla
mobilità volontaria del lavoratore, che è quella che serve meno alle amministrazioni-datrici di
lavoro.
In via sperimentale il personale delle pubbliche amministrazioni potrà trasferirsi senza
l'assenso dell'amministrazione di appartenenza, generando una migrazione di dipendenti,
molto probabilmente, verso quelle amministrazioni che offrono trattamenti economici più
vantaggiosi.
Per quanto riguarda la mobilità obbligatoria, per la quale viene stabilito un limite di 50
chilometri entro il quale il lavoratore potrà essere spostato senza il suo assenso, il problema
non riguarda la distanza, ma la volontà delle amministrazioni di attuare un vero processo di
mobilità.
Insomma, da una visione di insieme del provvedimento, colleghi, non emerge una
concezione leaderistica della pubblica amministrazione, capace di incidere sulla valutazione di
qualità, come pure spicca l'assenza di chiari obiettivi da raggiungere, generando una riforma
priva di mordente e incapace di scuotere il mondo della pubblica amministrazione per
proiettarlo verso un orizzonte meritocratico, in cui le qualità professionali, il rendimento sul
lavoro siano davvero i parametri decisivi per valutare e premiare le persone.
Non condividiamo – e lo evidenziamo ancora una volta – la possibilità per la pubblica
amministrazione di potere instaurare dei contratti a tempo determinato senza che ci fosse una
professionalità specifica, senza che ci fosse una meritocrazia, senza che ci fossero i titoli
adeguati.
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Non serve un'unità di missione, come sostiene il Presidente Renzi. È, invece, indispensabile
che vi sia una responsabilità specifica in capo agli amministratori, ai dirigenti ed ai funzionari,
non lasciando alla buona volontà dei singoli l'attuazione delle riforme. Se poi volessimo
soffermarci sulle riduzioni dei costi, sono in realtà ben poca cosa le previste riduzioni dei
compensi degli avvocati dello Stato, dato che, in caso di sentenza favorevole, si prevede che
solo il 10 per cento delle spese legali recuperate e poste a carico delle controparti sia ripartito
tra gli avvocati dello Stato e tra gli avvocati dipendenti della pubblica amministrazione.
Una deroga esplicita è prevista a favore degli avvocati inquadrati con qualifica non
dirigenziale negli enti pubblici e negli enti territoriali. Si introduce così anche una disparità di
trattamento tra le varie categorie di avvocati dipendenti della pubblica amministrazione in
palese violazione del principio di eguaglianza.
Al contrario, il brusco taglio del 50 per cento, originariamente previsto dal decreto, cioè il
taglio del 50 per cento del contributo che le imprese versano alle camere di commercio, ha
avuto una modulazione diversa e un'attenuazione.
Durante i lavori in I Commissione il gruppo parlamentare di Forza Italia, proprio perché
crede nelle riforme e non vuole difendere lo status quo, ha portato avanti un atteggiamento
favorevole ad un riordino delle camere di commercio, ad una loro eventuale razionalizzazione
in base a criteri di efficienza e di ricaduta in termini di investimenti.
Anche la soppressione delle sedi distaccate dei TAR, poi in parte corretta in Commissione, è
stata operata senza tenere conto dei principi di produttività e di effettività dei costi. Vi sono
sedi distaccate che gestiscono, infatti, un numero di ricorsi enorme e non hanno impatto sulle
spese essendo in immobili di proprietà. In questo senso consideriamo positivo l'ascolto che c’è
stato da parte del Governo. Riteniamo che le norme proposte sull'affidamento dei poteri a
Cantone sia un dato positivo comunque del Paese e siamo fiduciosi che siano pure anche
realizzati i risultati sperati.
Forza Italia evidenza anche la mancanza più grave di questo provvedimento, che è la
carenza della cultura della valutazione. Nella proposta del Governo non c’è alcun riferimento
alla responsabilità dei dipendenti pubblici, all'individuazione di precisi criteri per la
determinazione degli esuberi, mentre troppo generici sono le previsioni di valutazione per la
progressione di carriera.
Per ritrovare la fiducia nello Stato, il cittadino si deve vedere riconosciuto il valore di un
dirigente cresciuto a contatto con il pubblico. Nel decreto in esame si perde, quindi, anche uno
dei tasselli più innovativi della riforma Brunetta, la valutazione da parte dei cittadini, elemento
indispensabile, capace, se praticata, di incidere fortemente sulla efficienza della pubblica
amministrazione. Una vera riforma che aspiri a rendere la pubblica amministrazione meno
costosa per i cittadini e per il bilancio dello Stato, dovrebbe invece mirare alla riduzione
drastica dell'apparato pubblico lasciando ampio spazio all'iniziativa privata nello svolgimento di
attività e servizi oggi appannaggio di enti pubblici e società partecipate, spesso fonti di sprechi
ed inefficienza.
Infine, ricordiamo anche quello che abbiamo evidenziato ieri nel corso della discussione
sulle linee generali. Noi siamo fortemente critici per il comportamento assunto dal Governo ed
anche dalla maggioranza in riferimento a quello che è successo nello svolgimento della riunione
della Commissione bilancio della Camera: in presenza di pareri negativi della Ragioneria su
alcune norme specifiche e in presenza di un parere negativo da parte del Governo, ma, di
fronte però ad un'unanime volontà politica, espressa più volte con atti ufficiali e mozioni, anche
all'interno di quest'Aula, con riferimento a «quota 96», all'eliminazione delle penalizzazioni per
chi avesse l'anzianità contributiva e non l'età per andare in pensione, alle vittime per il
terrorismo in relazione ai fondi che erano stati stanziati, al problema dei 68 anni per i medici e
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i professori universitari, davanti quindi ad una volontà politica precisa, unanime da questo
punto di vista, il Governo avrebbe potuto e avrebbe dovuto fare le opportune variazioni per
poterle assorbire. Invece questo non è successo, con tutto il resto, e cioè che oggi siamo giunti
alla terza lettura del provvedimento.
PRESIDENTE. Concluda.
ROCCO PALESE. Noi auguriamo ed auspichiamo che questi problemi – «quota 96», 68 anni
per i medici e i professori universitari, l'eliminazione delle penalizzazioni per chi avesse
l'anzianità contributiva e il ripristino dei 4 milioni di euro per le vittime del terrorismo – siano
risolti.
IL Governo, così come annunciato dal Presidente Renzi, adotti subito il decreto entro la fine
di agosto. Per tutte queste ragioni, Presidente, annuncio il voto contrario del gruppo Forza
Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente alla fiducia su questo provvedimento
(Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dieni. Ne ha
facoltà.
FEDERICA DIENI. Signor Presidente, colleghi, Governo, a distanza di una settimana una
nuova fiducia alla Camera sullo stesso decreto – il decreto n. 90 – soltanto che, rispetto alla
versione che abbiamo votato l'altra volta, ha un testo diverso. Questo non ci sorprende, non ci
sorprende più nulla, purtroppo. Nuovamente qui a ribadire il nostro «no» a questo Esecutivo
che tratta le opposizioni come se fossero un peso, una seccatura, ma fa anche di più: s'impone
anche alle decisioni prese dalla sua stessa maggioranza.
Questo decreto, che non risolve certo i problemi della pubblica amministrazione, conteneva
comunque qualcosa di positivo: finalmente gli insegnanti, il personale della scuola, penalizzati
dalla legge Fornero, legge votata da tutti voi tranne che dal MoVimento 5 Stelle, sarebbero
riusciti finalmente ad andare in pensione. Questa, una delle poche norme positive, è stata
stralciata per mancanza di coperture.
Con la stessa motivazione, anche se onestamente non c'entrano nulla le coperture in
questo caso, è stata eliminata la previsione del fuori ruolo dei magistrati, che al momento sono
in aspettativa, perché sono già consiglieri di Stato. In realtà, questo farebbe risparmiare
risorse pubbliche e non avrebbe bisogno di alcuna copertura; quindi, ciò si spiega soltanto con
la volontà di salvaguardare la posizione di detti magistrati.
Quello che però ci viene chiesto in questo momento è un giudizio più ampio, un giudizio
complessivo sull'operato di questo Governo e, in particolare, sul Presidente del Consiglio,
Matteo Renzi. La fiducia non si acquista per mezzo della forza, neppure si ottiene con sole
dichiarazioni, la fiducia bisogna meritarla con gesti e fatti concreti diceva Papa Giovanni Paolo
II.
Ebbene, noi riteniamo che l'operato di questo Governo sia tale da non meritare la nostra
fiducia. Il Presidente del Consiglio preoccupato soltanto dai toni dei giornali e da cosa passino
al Tg ha già dimostrato di non essere in grado di risolvere o quantomeno di iniziare ad
occuparsi seriamente dei problemi strutturali di questo Paese.
Mentre Renzi, infatti, è impegnato a costruire la sua immagine pensando soltanto al breve
periodo, l'Istat ci informa che siamo in piena recessione. I dati di ieri parlano di un meno 0,2
per cento. Pochi mesi fa, esattamente ad aprile, Renzi aveva fatto previsioni diverse parlando
addirittura di un più 0,8 per cento annuo.
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Mentre lei, Presidente Renzi, è impegnato ad incontrare pregiudicati per ore e ore al
Nazareno, la gente si aspetta risposte concrete (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5
Stelle) e soluzioni ai problemi reali. Vorremmo che spiegasse ai cittadini perché preferisce
tenere rapporti con pregiudicati piuttosto che con il MoVimento 5 Stelle; vorremmo sapere il
contenuto dell'accordo, appunto, con il pregiudicato Berlusconi e lo vorremmo sapere come
cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Vorremmo sapere perché vuole
spostare l'attenzione sulla Costituzione e sulla modifica del Senato quando le cose più urgenti e
veloci sarebbero quello di diminuire le tasse sul lavoro, di istituire il reddito di cittadinanza, di
dare una opportunità ad una generazione che, al momento, vede come unica soluzione quella
di abbandonare questo Paese.
Perché non dice la verità ai cittadini italiani ? Che la Troika è preoccupata per i conti italiani
e che ci sarà presto una manovra da 30 miliardi, una manovra da lacrime e sangue. A lei
interessa solo passare messaggi rassicuranti: la si vede inaugurare l'autostrada, accogliere la
Concordia al porto, salvare la mamma e il bambino sudanese e l'esempio di ieri è la lezione
magistrale di Schettino e dimostra in che stato è appunto il Paese, in cui si lascia la conduzione
ad una persona non degna di farlo.
Quello che ci sta chiedendo è di avere la fiducia, fiducia ! Riteniamo che non sia soltanto
questo provvedimento a creare allarme ma il complesso dei decreti che stanno ingolfando
questa Aula che disegna un quadro complessivo di inadeguatezza alle soluzioni proposte da
questo Esecutivo.
Montesquieu ci ha messo in guardia sull'innalzare al potere anche il miglior patriota: il
vedersi conferiti tanti poteri potrebbe portarlo a fare male. A tal proposito, egli afferma che è
una esperienza eterna che ogni uomo, che abbia in mano il potere, sia portato ad abusarne,
procedendo sino a quando non trovi dei limiti. Se, in società, l'uomo tende a non presentarsi
come moderato, bisogna intervenire artificialmente mediante una complessa e sofisticata
macchina costituzionale. La sua soluzione e’ quella di separare e bilanciare i poteri, in
particolar modo quello giudiziario. L'autore analizza anche la figura del despota ossia di colui
che è pronto ad approfittare del prossimo per via della debolezza altrui. Un popolo istruito fa
paura ai tiranni che spesso, sapendolo, si premuniscono di isolare e bandire i liberi pensatori.
Gli individui vengono sottoposti ad una condizione di assenza di comunicazione e di isolamento
gli uni dagli altri. Il sapere e’ una cosa pericolosa negli Stati dispotici. Occorre essere uomini
consapevoli ed intransigenti, soprattutto oggi che ci troviamo nella cosiddetta democrazia
mediatica, dove gli interessi personali sono ancora vivi ma sono meglio mascherati e resi
ambigui dalla dissimulazione e dalla ipocrisia.
Ecco perché occorre stare attenti agli uomini della provvidenza che pensano di avere da soli
le ricette per curare ogni male e che finiscono col cambiare le regole a proprio piacimento
illudendo i cittadini di fare il bene collettivo ma perseguendo, in realtà, l'unico fine di soddisfare
passioni personali. Ecco perché il nostro «no» alla fiducia (Applausi dei deputati del gruppo
MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lattuca. Ne ha
facoltà.
ENZO LATTUCA. Signor Presidente, signora Ministro, signor sottosegretario, onorevoli
colleghi devo ammettere che ho perso il conto delle fiducie che abbiamo votato in questa Aula
in questi 18 mesi della XVII legislatura e ho perso il conto anche dei decreti. Ma io credo che
oggi qui dobbiamo avere il coraggio di ammettere una cosa: di ammettere che i Governi, e
anche lo stesso Parlamento, sono di fronte ad una assenza di alternative. Se davvero si
vogliono far seguire i fatti alle parole, se davvero il Governo deve essere libero di imporre, di
imprimere una volontà di cambiamento e poi di confrontarsi in Commissione, come è stato
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fatto, e in Aula sul merito delle questioni e delle soluzioni che si propongono, in questo
momento, per via di condizioni politiche e istituzionali, non c’è alternativa al decreto.
Sappiamo benissimo come ciò non sia una prevaricazione del Governo nei confronti del
Parlamento ma come, per gli stessi parlamentari, per quei tanti parlamentari che ad esempio
sulla questione «quota 96» hanno atteso un provvedimento in cui inserire la soluzione, il
decreto diventa l'unico strumento, anche per i singoli parlamentari, per portare avanti quella
che è la soluzione a un problema specifico che si ritiene giusto affrontare.
Dobbiamo avere anche la sincerità, tra di noi, all'insegna di quel rispetto che ha
caratterizzato il lavoro della I Commissione, le tante notti di lavoro in I Commissione, di
guardare poco fuori da questa Aula, a qualche centinaio di metri, a quello che sta succedendo.
Mi riferisco alla riforma costituzionale. Io non ho da aggiungere ulteriori parole alle tante
che, in questi mesi, ho ascoltato rispetto all'inadeguatezza dello strumento della decretazione
d'urgenza per affrontare riforme organiche che richiederebbero altri strumenti; siamo tutti
d'accordo su questo, ma, se vogliamo davvero non trovarci più in questa situazione, se
vogliamo davvero trovare una strada alternativa a quella della decretazione d'urgenza, se
vogliamo davvero restituire i decreti-legge all'ambito della straordinarietà e se vogliamo
davvero costruire un nuovo rapporto fra Parlamento e Governo, ecco, se vogliamo fare questo,
la strada è una sola e si chiama razionalizzazione del parlamentarismo, si chiama superamento
del bicameralismo paritario ed è qualcosa da cui in tanti, che si lamentano della decretazione
d'urgenza, si stanno sottraendo, mentre è una sfida per tutti; chi ritiene che non si possa
continuare con la decretazione d'urgenza non si può chiamare fuori da quella che è la riforma
delle nostre istituzioni che ci consentirà, fra qualche tempo, in un futuro prossimo non
indeterminato, di affrontare i problemi di questo Paese, i tanti problemi di questo Paese, le
riforme necessarie con strumenti alternativi a quello della decretazione d'urgenza. Io credo che
questa sia la sfida che abbiamo di fronte, anche con riferimento al nuovo rapporto da costruire,
con un Parlamento, sicuramente rafforzato dal superamento del bicameralismo, perché il
bicameralismo paritario, in questi anni, più che in una duplicazione, si è tradotto in un
dimezzamento del Parlamento e l'abbiamo visto anche in questi giorni: la doppia discussione,
che si effettua prima alla Camera e poi al Senato o viceversa, rischia di indebolire la forza della
volontà espressa dal Parlamento rispetto ad altre posizioni, come ad esempio quelle che a
volte appaiono, anche a ragione, di resistenza da parte della burocrazia.
Ora, credo che questo nuovo rapporto di collaborazione sia stato dimostrato da questo
Governo, in particolar modo dalla Ministra Madia e dal sottosegretario Rughetti in
Commissione; credo che chiunque abbia partecipato a quei lavori non può che ammettere che
il Governo si è lasciato convincere dagli argomenti di chi ha proposto proposte emendative sia
della minoranza che della maggioranza. Non è partito con la convinzione di aver scritto un
testo perfetto che non poteva essere migliorato ma ha ascoltato e si è confrontato con i
membri della Commissione, grazie anche al lavoro di mediazione importante del relatore Fiano,
ed ha saputo raccogliere ciò che di buono c'era e, guardando gli occhi, ascoltando le parole dei
rappresentanti del Governo, sappiamo che avrebbero avuto raccogliere anche di più di ciò che
hanno fatto, ma sappiamo che quell'impegno su cui noi mettiamo la nostra fiducia,
quell'impegno rimane e quell'impegno vedrà una risposta positiva nelle prossime settimane e
nei prossimi mesi.
Spendo alcune parole sul provvedimento; io credo che questo provvedimento sia
innanzitutto caratterizzato da un approccio positivo nei confronti della pubblica
amministrazione. Alcune caratteristiche: innanzitutto, la consapevolezza che la sfera pubblica
non è altro dal sistema Italia e che, se vogliamo rilanciare il nostro Paese, non possiamo
prescindere da una riforma e da una razionalizzazione ed efficientamento di quello che è la
sfera pubblica. La seconda caratteristica dell'atteggiamento che il Governo ha avuto è la non
ostilità al pubblico impiego: chi ha provato a riformare la pubblica amministrazione, mettendosi
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in contrapposizione netta, raccontando che tutti i lavoratori pubblici di questo Paese sono dei
fannulloni e sono dei parassiti della società, non ha ottenuto un bel niente, questo è scritto
nella storia degli ultimi anni e nell'attività dei Governi che li hanno preceduti (Applausi dei
deputati del gruppo Partito Democratico). E ancora, la volontà di costruire e di ricostruire una
pubblica amministrazione che non sia ostile a cittadini e ad imprese ma che sia aperta alla
semplificazione e alla trasparenza dei procedimenti. E ancora, un atteggiamento, come dicevo
prima, non punitivo nei confronti del pubblico impiego, ma anche se vero e capace di tagliare
con i privilegi e con i trattamenti economici che non sono più compatibili con la situazione di
difficoltà del nostro Paese, in particolar modo nei confronti delle figure apicali che, a differenza
di tanti altri lavoratori pubblici, hanno dei trattamenti economici che non giustificano la
corresponsione di ulteriori compensi.
Uno dei principi, secondo me, fondamentali che siamo riusciti ad affermare con questo
provvedimento è l'onnicomprensività del trattamento economico per quanto riguarda i
dirigenti, mentre abbiamo avuto la capacità e l'equità di intervenire e di riconoscere che ci
sono altre figure che partono sicuramente da una retribuzione inferiore, che possono essere
incentivate a produrre di più e a produrre meglio.
Un altro elemento che io ritengo qualificante è quello che guarda al rapporto tra pubblica
amministrazione, pubblico impiego e nuove generazioni. Io qui lo voglio dire davvero con
chiarezza al Governo: il divieto di trattenimento in servizio è sicuramente un primo passo e un
segnale che si vuole procedere in questa direzione, ma il divieto di trattenimento in servizio,
senza nuovi concorsi, non produrrà quel turnover che tutti noi auspichiamo possa riprendere e
ripartire, ma produrrà semplicemente uno throw out rispetto a chi è già dentro la pubblica
amministrazione e io credo che, per un giovane parlamentare, ma per tutti noi, uno degli assilli
di ogni giorno sia quello della disoccupazione giovanile nel nostro Paese e noi abbiamo messo
in campo, grazie all'impegno di tanti, anche del Governo precedente, diverse opportunità,
come la garanzia giovani. Ma, di fronte all'uscita dal mondo della scuola e della formazione,
oggi un giovane ha una possibilità in meno rispetto a tutte le altre generazioni della storia della
Repubblica italiana, che è quella di accedere alla pubblica amministrazione. Io credo che, se
davvero vogliamo abbassare drasticamente questa percentuale con il 4 davanti della
disoccupazione giovanile, non possiamo prescindere dalla possibilità e dall'opportunità di dare
alle nuove generazioni l'accesso alla pubblica amministrazione, naturalmente attraverso
concorsi.
Le risposte che ci sono in questo decreto sono tante. Le risposte che attendiamo
fiducia, la fiducia che qui esprimiamo, sono diverse: da «quota 96» alla situazione e
proroga dei contratti a tempo determinato delle province, al turnover nelle università
credo che, con questa fiducia, una fiducia che confermiamo, saremo capaci di superare
vincere le resistenze al cambiamento che riscontriamo anche nella burocrazia.
con
alla
e io
e di
Abbiamo mille giorni davanti; io capisco che a qualcuno possa dispiacere, ma abbiamo la
possibilità, non solo con questo decreto ma con la legge delega, di alzare l'asticella. Abbiamo
un'ambizione che è quella di ristrutturare e di riformare davvero la pubblica amministrazione.
Penso al procedimento amministrativo, ad una disciplina organica delle società partecipate.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Lattuca.
ENZO LATTUCA. Concludo, Presidente. Penso alla risoluzione dei conflitti tra le diverse
pubbliche amministrazioni, alla messa a sistema delle norme sulla trasparenza e l'accessibilità
agli atti, testi unici e un nuovo ordine nella disciplina della pubblica amministrazione.
Questo è un primo passo nella giusta direzione, è un primo passo, ma qui non ci
fermeremo. Queste sono le ragioni e gli argomenti per rinnovare la fiducia al Governo Renzi
con maggiore convinzione, viste le difficoltà economiche che il Paese continua a vivere. Le
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difficoltà economiche che il Paese continua a vivere ci spingono, con maggiore convinzione, a
confermare la fiducia a questo Governo e ad esprimere – e lo faccio a nome del Partito
Democratico – il voto favorevole sulla questione di fiducia posta sulla conversione in legge del
decreto sulla pubblica amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.
ANGELO CERA. Signor Presidente, il provvedimento che oggi esaminiamo e per il quale noi
oggi daremo convintamente fiducia al Governo, anche in momento particolarmente difficile,
reca un insieme di interventi molto ampio, con misure che vogliono rendere l'amministrazione
pubblica più efficiente e più vicina ai bisogni del cittadino.
Accanto alle misure che interessano direttamente il personale delle pubbliche
amministrazioni, troviamo norme importanti volte a favorire la semplificazione e la
trasparenza, specialmente nel settore dei lavori pubblici, anche al fine di contrastare fenomeni
di corruzione ed altri illeciti.
Ugualmente importanti sono le norme riguardanti il settore della giustizia, per il quale si
prevedono misure per favorire il migliore utilizzo delle tecnologie informatiche e interventi tesi
a rendere più efficace il funzionamento della macchina amministrativa, con l'obiettivo di
contribuire a ridurre i tempi dei processi.
Si può, quindi, esprimere, signor Ministro, un giudizio sicuramente positivo sul
provvedimento nel suo complesso, dal momento che si tratta di misure che affrontano temi
che sono in cima all'agenda delle riforme del nostro Paese.
Signor Ministro, un particolare apprezzamento riguarda il fatto che, nel provvedimento da
lei presentato, c'era il recupero, anche in termini di giustizia, nei confronti di chi ha subito una
vera e propria ingiustizia clamorosa con la riforma Fornero: gli insegnanti, le lavoratrici e i
lavoratori della scuola. Come fa un Ministro a confondere nella poltiglia della riforma, a non
sapere che la scuola ha una sola finestra, che è quella del 1o settembre ? Come fa un Ministro,
che ha messo nel pianto tante famiglie italiane, a non capire che i lavoratori della scuola, della
pubblica istruzione sono diversi da tutti gli altri lavoratori ?
E noi abbiamo apprezzato, signor Ministro, il suo assoluto convincimento che, in quel
settore, nessuno deve rimanere penalizzato, perché in quel settore ci sono quelli che sono stati
più umiliati. Allora, con coraggio, si vada avanti.
Abbiamo apprezzato la competenza con la quale proprio in questo settore avete...
PRESIDENTE. Concluda.
ANGELO CERA. ... tentato di chiudere una vicenda triste. I Popolari Per l'Italia votano con
convinzione la fiducia a questo Governo.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
(Votazione della questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 2486-B)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.
Indico la votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge di
conversione del decreto-legge in esame, nel testo della Commissione, identico a quello
approvato dal Senato, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.
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Avverto che, in considerazione dell'elevato numero di richieste di anticipazione del voto,
variamente motivate in relazione ad esigenze di natura istituzionale o a motivi personali, la
Presidenza, come preannunciato ai gruppi, al fine di garantire un ordinato svolgimento della
votazione, accoglierà un numero di richieste fino ad un massimo del 3 per cento della
consistenza numerica di ciascun gruppo.
Faccio presente che i gruppi hanno già fatto pervenire alla Presidenza le relative indicazioni.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio)
La chiama avrà inizio dall'onorevole Battelli.
Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la chiama).
PRESIDENTE. Colleghi, scusatemi, c’è un problema: quando si passa sotto la Presidenza,
bisogna dire la parola magica, sì o no, perché non è all'interpretazione dei segretari di
Presidenza. Quindi, vi pregherei che, in modo chiaro e limpido, si dica sì o no; altrimenti, ogni
volta dobbiamo ricominciare da capo. Non era riferito a lei, onorevole Piso. Prego.
(Segue la chiama).
PRESIDENTE. Onorevole Zaccagnini, lei deve dire il suo voto, altrimenti non possiamo
andare avanti con la votazione. Dovrebbe ripassare e pronunciare una parola. Grazie.
(Segue la chiama).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione dell'articolo unico del disegno di legge di conversione
del decreto-legge in esame, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia:
Presenti 531
Votanti 523
Astenuti
8
Maggioranza 262
Hanno votato sì 346
Hanno votato no 177.
La Camera approva (Vedi votazioni).
…………..
PRESIDENTE. Si intendono così precluse tutte le proposte emendative presentate.
(Esame degli ordini del giorno – A.C. 2486-B)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A – A.C.
2486-B).
17
Intanto do la comunicazione, nella speranza che qualche rappresentante del Governo si
manifesti.
Avverto che l'ordine del giorno Petraroli n. 9/2486-B/31 è stato ritirato dal presentatore.
Avverto, altresì, che la Presidenza non ritiene ammissibili ai sensi dell'articolo 89, comma 1,
del Regolamento, i seguenti ulteriori ordini del giorno che recano un contenuto estraneo
rispetto alle materie trattate dal provvedimento in esame: L'Abbate n. 9/2486-B/14, relativo
alla procedura di rilascio e di rinnovo delle diverse tipologie di patenti nautiche; Segoni n.
9/2486-B/21, sul rimborso delle spese sostenute nelle missioni fuori sede per il personale
esterno non strutturato delle università; Spessotto n. 9/2486-B/49, in materia di detrazione
delle spese per l'acquisto dell'abbonamento all'utilizzo dei mezzi pubblici; Tripiedi n. 9/2486B/55, relativo ai diritti dei lavoratori nei casi di trasferimenti di azienda; Burtone n. 9/2486B/66, recante misure di sostegno in favore delle cooperative sociali; Allasia n. 9/2486-B/78,
concernente la soppressione del Pubblico registro automobilistico.
La Presidenza non ritiene infine ammissibile l'ordine del giorno Simonetti n. 9/2486-B/76
che, proponendo la sospensione del trattamento pensionistico a carico di chi assume incarichi
presso organi costituzionali, si pone in contrasto con l'autonomia costituzionale riconosciuta a
tali organi.
L'onorevole Baroni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2486-B/58, ma non
lo vedo...prego, onorevole Baroni.
MASSIMO ENRICO BARONI. Rinuncio, Presidente, grazie.
PRESIDENTE. Se il sottosegretario Rughetti viene lasciato tranquillo passiamo avanti. Qual
è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati ?
MARIA ANNA MADIA, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. Signor
Presidente, il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Pilozzi n. 9/2486-B/1,
Fava n. 9/2486-B/2, Migliore n. 9/2486-B/3, Di Salvo n. 9/2486-B/4 a condizione che sia
accolta la riformulazione nel senso di premettere le parole «a valutare l'opportunità di».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Carra n. 9/2486-B/5.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Pannarale n. 9/2486-B/6 e
Placido n. 9/2486-B/7 a condizione che sia accolta la riformulazione nel senso di premettere le
parole «a valutare l'opportunità di».
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Airaudo n. 9/2486-B/8.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno D'Arienzo n. 9/2486-B/9,
Fabbri n. 9/2486-B/10, Formisano n. 9/2486-B/11, Crimì n. 9/2486-B/12 e De Menech n.
9/2486-B/13.
PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno L'Abbate n. 9/2486-B/14 è inammissibile.
MARIA ANNA MADIA, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. Signor
Presidente, il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Mannino n. 9/2486B/15 e Colletti n. 9/2486-B/16 a condizione che sia accolta la riformulazione nel senso di
premettere le parole «a valutare l'opportunità di».
18
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Liuzzi n. 9/2486-B/17 e
Gallinella n. 9/2486-B/18.
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Castelli n. 9/2486-B/19 a
condizione che sia accolta la riformulazione nel senso di premettere le parole «a valutare
l'opportunità di».
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Cozzolino n. 9/2486-B/20.
PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Segoni n. 9/2486-B/21 è inammissibile.
MARIA ANNA MADIA, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. Il
Governo esprime parere contrario sugli ordini del giorno Villarosa n. 9/2486-B/22 e Sibilia n.
9/2486-B/23.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Dell'Orco n. 9/2486-B/24 e De
Lorenzis n. 9/2486-B/25 a condizione che sia accolta la riformulazione nel senso di premettere
le parole «a valutare l'opportunità di».
Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Vallascas n. 9/2486-B/26.
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Toninelli n. 9/2486-B/27.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Cancelleri n. 9/2486-B/28 e
Alberti n. 9/2486-B/29 a condizione che sia accolta la riformulazione nel senso di premettere
le parole «a valutare l'opportunità di».
Sull'ordine del giorno Pisano n. 9/2486-B/30 il parere è contrario.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno Petraroli n. 9/2486-B/31 è stato ritirato.
MARIA ANNA MADIA, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. Sui
seguenti ordini del giorno il parere è favorevole: D'Incà n. 9/2486-B/32, Carinelli n. 9/2486B/33, Nuti n. 9/2486-B/34, Dieni n. 9/2486-B/35.
Sull'ordine del giorno Colonnese n. 9/2486-B/36 il parere è favorevole purché riformulato:
«di valutare l'opportunità di».
Sull'ordine del giorno D'Ambrosio n. 9/2486-B/37 il parere è favorevole.
Sull'ordine del giorno Fraccaro n. 9/2486-B/38 il parere è favorevole purché riformulato:
«di valutare l'opportunità di».
Sull'ordine del giorno Dadone n. 9/2486-B/39 il parere è contrario.
Sull'ordine del giorno Businarolo n. 9/2486-B/40 il parere è favorevole purché riformulato:
«di valutare l'opportunità di».
Sui seguenti ordini del giorno il parere è contrario: Agostinelli n. 9/2486-B/41 e Rostellato
n. 9/2486-B/42.
Sull'ordine del giorno Gallo Luigi n. 9/2486-B/43 il parere è favorevole purché riformulato:
«di valutare l'opportunità di».
19
Sui seguenti ordini del giorno il parere è contrario: Cominardi n. 9/2486-B/44, Bechis n.
9/2486-B/45, Rizzetto n. 9/2486-B/46.
Sull'ordine del giorno Marzana n. 9/2486-B/47 il parere è favorevole purché riformulato:
«di valutare l'opportunità di».
Sull'ordine del giorno Baldassarre n. 9/2486-B/48 il parere è contrario.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno Spessotto n. 9/2486-B/49 è inammissibile.
MARIA ANNA MADIA, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.
Sull'ordine del giorno Brescia n. 9/2486-B/50 il parere è favorevole purché riformulato: «di
valutare l'opportunità di».
Sull'ordine del giorno Pesco n. 9/2486-B/51 il parere è favorevole limitatamente
all'impegno e non alle premesse, e quindi anche l'impegno va riformulato togliendo:
«considerando in modo approfondito quanto riportato nelle premesse».
Sull'ordine del giorno Artini n. 9/2486-B/52 il parere è favorevole purché riformulato: «di
valutare l'opportunità di».
Sull'ordine
del
giorno
Chimienti
n. 9/2486-B/53
il
parere
Sull'ordine del giorno Gagnarli n. 9/2486-B/54 il parere è favorevole.
è
contrario.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno Tripiedi n. 9/2486-B/55 è inammissibile.
MARIA ANNA MADIA, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.
Sull'ordine del giorno Lombardi n. 9/2486-B/56 il parere è favorevole purché riformulato: «di
valutare l'opportunità di».
Sui seguenti ordini del giorno il parere è contrario: Ciprini n. 9/2486-B/57 e Baroni n.
9/2486-B/58.
Sull'ordine del giorno Lorefice n. 9/2486-B/59 il parere è favorevole purché riformulato: «di
valutare l'opportunità di».
Sull'ordine del giorno Mantero n. 9/2486-B/60 il parere è contrario.
Sui seguenti ordini del giorno il parere è favorevole purché riformulati «di valutare
l'opportunità»: Cecconi n. 9/2486-B/61, Silvia Giordano n. 9/2486-B/62, Di Vita n. 9/2486B/63.
Sull'ordine del giorno Grillo n. 9/2486-B/64 il parere è favorevole.
Sull'ordine del giorno Dall'Osso n. 9/2486-B/65 il parere è favorevole purché riformulato:
«di valutare l'opportunità di».
PRESIDENTE. L'ordine del giorno Burtone n. 9/2486-B/66 è inammissibile.
MARIA ANNA MADIA, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. Sui
seguenti ordini del giorno il parere è favorevole purché riformulati «di valutare l'opportunità»:
Centemero n. 9/2486-B/67, Sisto n. 9/2486-B/68.
20
Sull'ordine del giorno Bonafede n. 9/2486-B/69 il parere è contrario.
Sui seguenti ordini del giorno il parere è favorevole: Turco n. 9/2486-B/70 e Santerini n.
9/2486-B/71.
Sui seguenti ordini del giorno il parere è contrario: Guidesi n. 9/2486-B/72 e Busin n.
9/2486-B/73.
Sull'ordine del giorno Rondini n. 9/2486-B/74 il parere è favorevole.
Sull'ordine del giorno Grimoldi n. 9/2486-B/75 il parere è contrario.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno Simonetti n. 9/2486-B/76 è inammissibile.
MARIA ANNA MADIA, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.
Sull'ordine del giorno Caparini n. 9/2486-B/77 il parere è favorevole.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno Allasia n. 9/2486-B/78 è inammissibile.
MARIA ANNA MADIA, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. Sui
seguenti ordini del giorno il parere è contrario: Fedriga n. 9/2486-B/79, Caon n. 9/2486B/80, Invernizzi n. 9/2486-B/81.
Sui seguenti ordini del giorno il parere è favorevole purché riformulati «di valutare
l'opportunità»: Molteni n. 9/2486-B/82, Matteo Bragantini n. 9/2486-B/83.
Sui seguenti ordini del giorno il parere è favorevole: Marcolin n. 9/2486-B/84, Prataviera n.
9/2486-B/85.
Sull'ordine del giorno Gianluca Pini n. 9/2486-B/86 il parere è favorevole purché
riformulato: «di valutare l'opportunità».
L'ordine del giorno Catalano n. 9/2486-B/87 è accolto come raccomandazione purché
riformulato: «di valutare l'opportunità».
L'ordine del giorno Tacconi n. 9/2486-B/88 è accolto come raccomandazione purché
riformulato: «di valutare l'opportunità».
PRESIDENTE. Possiamo passare all'ulteriore fase sugli ordini del giorno dopo il parere del
Governo.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione
dell'ordine del giorno Pilozzi n. 9/2486-B/1, accettato dal Governo, purché riformulato.
CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLO SIBILIA. Signor Presidente, io le chiedo semplicemente tre minuti per dare
l'opportunità di valutare un attimo anche gli altri ordini del giorno da parte del nostro gruppo.
Due minuti proprio di sospensione perché non ci sono i fascicoli in distribuzione, e questa
richiesta non ha nessun intento ostruzionistico.
21
PRESIDENTE. Onorevole Sibilia, io non ho nessun problema, ma l'unico problema è che
sono stati distribuiti credo uno per gruppo. Allora, sospendo la seduta, che riprenderà alle
11,40.
La seduta, sospesa alle 11,35, è ripresa alle 11,45.
PRESIDENTE. Proseguiamo con gli ordini del giorno. Prendo atto che i presentatori
accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno
Pilozzi n. 9/2486-B/1, Fava n. 9/2486-B/2, Migliore n. 9/2486-B/3 e Di Salvo n. 9/2486-B/4,
accolti dal Governo, purché riformulati. Prendo atto che il presentatore non insiste per la
votazione dell'ordine del giorno Carra n. 9/2486-B/1, accolto dal Governo. Onorevole
Pannarale, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/2486-B/6, accolto dal
Governo, purché riformulato ?
ANNALISA PANNARALE. Signor Presidente, non accettiamo la riformulazione e chiedo di
parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANNALISA PANNARALE. Molto brevemente, non accettiamo la riformulazione perché dopo
un anno in realtà il Governo ci chiede di modificare questo ordine del giorno per valutare
eventualmente l'opportunità di prendere in considerazione la vicenda «quota 96». È una presa
in giro, ce lo dobbiamo dire, allora disveliamo questo racconto e diciamo la verità, vi
riconsegniamo questa riformulazione perché in realtà oggi avete decretato la fine e la sconfitta
di «quota 96». Mettiamo ai voti questo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante
procedimento elettronico. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'ordine del giorno Pannarale n. 9/2486-B/6, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Zan, Bossa, Famiglietti, Latronico, Pollastrini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 418
Votanti 397
Astenuti
21
Maggioranza 199
Hanno votato sì 155
Hanno votato no 242.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Onorevole Placido, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/2486-B/7,
accolto dal Governo, purché riformulato ?
ANTONIO PLACIDO. Signor Presidente, non accettiamo perché a fronte di un Governo che
non onora neppure gli impegni assunti con provvedimenti passati in questa Camera, come
quelli che riguardano «quota 96», non riteniamo di poter accettare nessuna assunzione di
impegno in rapporto ad una questione come quella dei ferrovieri, che abbiamo più volte
sollevato qui e in Commissione.
22
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Placido n. 9/2486-B/7, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Colleghi, vi pregherei di rimanere al posto: abbiamo dei lavori robusti quindi dobbiamo
cercare
di
accelerare.
Onorevoli
Carra,
Binetti,
Franco
Bordo,
Capua...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 445
Votanti 441
Astenuti
4
Maggioranza 221
Hanno votato sì 163
Hanno votato no 278.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Onorevole Airaudo, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2486-B/8, non
accettato dal Governo ?
GIORGIO AIRAUDO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per
dichiarazione di voto.
Guardate, il decreto-legge in esame conteneva articoli e commi che risolvevano alcuni
errori ammessi da tutti i Governi che si sono succeduti, compreso questo, contenuti nella
«manovra Fornero».
Il decreto-legge ancora contiene norme di natura previdenziale, come l'aumento delle
risorse del Fondo per il pensionamento anticipato dei giornalisti, che evidentemente sono per
questo ho Governo degni di maggiore attenzione degli insegnanti. La manovra Fornero del
2011 ha trasformato il sistema previdenziale, innalzando di molti anni l'età per la pensione, sia
in termini anagrafici che contributivi. Come è stato ormai acclarato, si è trattato di una
manovra – e non di una riforma – perché le casse della previdenza pubblica, ovvero i risparmi
pensionistici di lavoratrici e lavoratori sono stati utilizzati per drenare risorse a beneficio del
debito pubblico.
A distanza di tre anni, l'INPS e il Governo non hanno saputo e voluto indicare neanche
quanti sono e quali sono le lavoratrici e i lavoratori esodati. Allora, noi pensiamo che, visto che
non si è in grado neanche di risolvere gli errori, è ora di rimettere mano a quell'indegna
manovra che ha fatto la peggior riforma delle pensioni e che ha negato un diritto di
cittadinanza a molti lavoratori e lavoratrici, che pagano tutte le tasse, che pagano le loro
pensioni e non ne hanno diritto. È ora che questo Parlamento alzi la voce: serve una riforma
delle pensioni equa e giusta (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e
MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
23
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Airaudo
n. 9/2486-B/8,
con
il
parere
contrario
del
Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dorina Bianchi, Di Lello, Boccuzzi,
Dichiaro chiusa la votazione.
Carra,
Gribaudo,
Epifani,
Chiarelli,
Giuliani...
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 462
Votanti 459
Astenuti
3
Maggioranza 230
Hanno votato sì 171
Hanno votato no 288.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno
D'Arienzo n. 9/2486-B/9, Fabbri n. 9/2486-B/10, Formisano n. 9/2486-B/11, Crimì n.
9/2486-B/12 e De Menech n. 9/2486-B/13 accettati dal Governo.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione
dell'ordine del giorno Mannino n. 9/2486-B/15, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore non accetta la riformulazione e insiste per la votazione del
suo ordine del giorno Colletti n. 9/2486-B/16, accettato dal Governo, purché riformulato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine di giorno
Colletti
n. 9/2486-B/16,
con
il
parere
contrario
del
Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Gregori, Fratoianni, Monchiero...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 459
Votanti 456
Astenuti
3
Maggioranza 229
Hanno votato sì 166
Hanno votato no 290.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
24
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Liuzzi n.
9/2486-B/17, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Gallinella
n. 9/2486-B/18, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Prendo atto che i presentatori non accettano la riformulazione dell'ordine del giorno Castelli
n. 9/2486-B/19, su cui il Governo ha espresso parere favorevole, purché riformulato.
Passiamo ai voti
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Castelli n. 9/2486-B/19, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
Revoco l'indizione della votazione. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole
Baroni. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO BARONI. Signor Presidente, questo ordine del giorno, che è stato
presentato anche al primo vaglio del decreto-legge n. 90 presso la Camera dei deputati, è
oggetto di una grande discussione per quanto riguarda gli ordini professionali e non solo. È
molto importante capire che questo ordine del giorno di fatto va esattamente nella direzione
del decreto-legge n. 90 che stiamo votando in questo momento e degli ordini del giorno che
stiamo votando.
Allo stesso momento questo ordine del giorno chiede se è possibile, cortesemente e
gentilmente, applicare una normativa in maniera completa e totale. Questa normativa sulla
trasparenza di tutti gli enti pubblici e degli enti pubblici non economici chiede anche
l'applicazione del decreto legislativo n. 39 sull'inconferibilità e sull'incompatibilità di incarico.
Quindi, non capisco come si possa dare una riformulazione di «valutare l'opportunità di» nel
momento in cui stiamo parlando semplicemente di chiedere la piena applicazione di una legge,
dato che almeno per quanto riguarda le professioni sanitarie, c’è un carteggio incredibile di tipo
pubblico su Quotidiano Sanità in merito alla disapplicazione della legge sulla trasparenza agli
ordini professionali sanitari. Di fatto, poi, c’è un carteggio che non è pubblico tra il Ministero
della salute e gli ordini professionali sanitari. Stiamo parlando della FNOMCeO, dell'IPASVI, di
tutti gli ordini professionali di tipo sanitario, che in maniera agguerrita stanno cercando di
combattersi per uscire dalla normativa in merito alla trasparenza della legge anticorruzione.
PRESIDENTE. Onorevole Baroni, ha concluso ? Onorevole Baroni, che dobbiamo fare ?
MASSIMO ENRICO BARONI. Scusi Presidente, rinuncio. C’è stato un problema nella
presentazione dell'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Allora lo mettiamo in votazione comunque ?
MASSIMO ENRICO BARONI. Scusi Presidente, purtroppo c’è anche il fatto di non avere la
possibilità di vedere la pubblicazione corretta dell'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Onorevole Baroni, non
Passiamo ai voti.
si
preoccupi. Ho capito tutto perfettamente.
25
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Castelli 9/2486-B/19, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Di Lello, Rotta.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 464
Votanti 459
Astenuti
5
Maggioranza 230
Hanno votato sì 165
Hanno votato no 294.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Cozzolino n.
9/2486-B/20, sul quale vi è il parere contrario del Governo.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Cozzolino n. 9/2486-B/20, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ricciatti, Folino, Piccoli Nardelli, Di Lello, Dell'Osso...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 469
Votanti 446
Astenuti
23
Maggioranza 224
Hanno votato sì 139
Hanno votato no 307.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Villarosa n. 9/2486B/22, sul quale vi è il parere contrario del Governo.
ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Signor Presidente, almeno per spiegare questo ordine del
giorno. Questo provvedimento è arrivato con la proposta per chi fa parte di Consob, che si
occupa di società quotate in Borsa, di evitare che i componenti della Consob possano, nei
quattro anni successivi, far parte di società appunto controllate dalla medesima Consob. Cosa
26
è successo ? Al Senato si è passati da quattro anni a due anni e alla Camera, quando era
tornato il provvedimento, avevo fatto una proposta, che è stata bocciata, su un emendamento
che prevedeva, non solo i quattro anni successivi, ma anche i quattro anni precedenti. Infatti,
caro Presidente, è facilmente comprensibile che qualcuno possa istruire una propria persona
nella società in cui lavora per poi dargli un posto in Consob e facilitargli le cose. Voi dite che io
sono malpensante; sono malpensante sì, perché ricordiamoci che Banca d'Italia è posseduta da
banche private e questa secondo voi è una cosa normale, anche perché avete più volte
sollevato la questione che le banche private non hanno nessun potere. E invece no, Presidente,
è falso, perché le banche private nominano il consiglio e il consiglio indica a Banca d'Italia chi
deve essere il nuovo Governatore della Banca d'Italia. Quindi, c’è un diretto collegamento, un
diretto conflitto di interessi tra banche private e Banca d'Italia, nonostante sia un istituto di
diritto pubblico. Ci troviamo, poi, in situazioni come quella del presidente Mussari. Ricordate
tutti Mussari, indagato per Monte dei Paschi di Siena ? Lo ricordate bene tutti ? Mussari che,
dopo essere stato presidente di Monte dei Paschi di Siena, diventa che cosa ? Presidente
dell'ABI, l'Associazione bancaria italiana. E chi è che nomina, chi è che indirizza l'ABI ad avere
questo presidente ? Banca d'Italia. E chi è Banca d'Italia ? La stessa che aveva fatto delle
indagini su Monte dei Paschi di Siena, aveva tirato fuori il prodotto denominato «Alexandria»,
era a conoscenza di questi prodotti particolarmente speculativi e pericolosi e ha taciuto, è stata
omertosa. Quindi, caro Presidente, quest'Aula che va a dire in giro che vuole mettere una
chiara legge sul conflitto di interessi, deve bocciare questo ordine del giorno, si deve prendere
la responsabilità di bocciare questo ordine del giorno, che non è un emendamento, come
ripeto, e poteva anche essere riformulato. Vuol dire che voi interessi a eliminare problematiche
riguardanti il conflitto di interessi non ne avete. Dimostratelo ai cittadini (Applausi dei deputati
del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Mi rivolgo ai capigruppo e ai delegati d'Aula prima di passare al voto
dell'ordine del giorno. Abbiamo davanti a noi un appuntamento alle ore 14 per l'intervento del
Ministro Padoan concordato con i gruppi. Lo dico semplicemente ai fini di una ricognizione dei
nostri lavori e dei nostri tempi. Abbiamo circa ottanta ordini del giorno da votare o comunque
su cui vi sono possibili dichiarazioni e poi abbiamo le dichiarazioni di voto finale. Quindi,
semplicemente, nell'economia dei tempi che abbiamo di fronte a noi, teniamo conto che per
tutta questa parte noi avremo un paio d'ore perché poi dovremmo avere alle ore 14 il Ministro
Padoan. A questo punto, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Villarosa n. 9/2486-B/22, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Zaratti, Fanucci...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 479
Votanti 478
Astenuti
1
Maggioranza 240
Hanno votato sì 139
Hanno votato no 339.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
27
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Sibilia n.
9/2486-B/23, sul quale vi è il parere contrario del Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Sibilia n. 9/2486-B/23, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Carrescia, Folino, D'Arienzo, Luigi Gallo.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 476
Maggioranza 239
Hanno votato sì 130
Hanno votato no 346.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione
degli ordini del giorno Dell'Orco n. 9/2486-B/24 e De Lorenzis n. 9/2486-B/25, accolti dal
Governo, purché riformulati.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Vallascas
n. 9/2486-B/26, sul quale il parere del Governo è favorevole.
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Toninelli n.
9/2486-B/27, sul quale vi è il parere contrario del Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Toninelli n. 9/2486-B/27, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Carrescia, Palma, Di Lello.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 478
Maggioranza 240
28
Hanno votato sì 136
Hanno votato no 342.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione
degli ordini del giorno Cancelleri n. 9/2486-B/28 e Alberti n. 9/2486-B/29, accolti dal
Governo, purché riformulati.
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Pisano n.
9/2486-B/30, sul quale vi è il parere contrario del Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Pisano n. 9/2486-B/30, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Segoni, Di Lello, Malpezzi, Piccoli Nardelli, Nizzi, Frusone.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 480
Maggioranza 241
Hanno votato sì 137
Hanno votato no 343.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno D'Incà
n. 9/2486-B/32, Carinelli n. 9/2486-B/33, Nuti n. 9/2486-B/34 e Dieni n. 9/2486-B/35, sui
quali vi è il parere favorevole del Governo.
Prendo atto che i presentatori non accettano la riformulazione ed insistono per la votazione
dell'ordine del giorno Colonnese n. 9/2486-B/36, accolto dal Governo, purché riformulato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Colonnese n. 9/2486-B/36, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Piras.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 482
Maggioranza 242
Hanno votato sì 138
Hanno votato no 344.
29
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno
D'Ambrosio n. 9/2486-B/37, sul quale vi è il parere favorevole del Governo.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione
dell'ordine del giorno Fraccaro n. 9/2486-B/38, accolto dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Dadone n.
9/2486-B/39, sul quale vi è il parere contrario del Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Dadone n. 9/2486-B/39, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Fanucci, Dell'Aringa, Miotto, Russo, Gadda, Misuraca.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 480
Maggioranza 241
Hanno votato sì 131
Hanno votato no 349.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore non accetta la riformulazione e insiste per la votazione
dell'ordine del giorno Businarolo n. 9/2486-B/40, accettato dal Governo, purché riformulato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Businarolo n. 9/2486-B/40, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bossa, Folino, Di Lello, Schirò, Paolo Rossi, Bianchi, Fossati...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 478
Votanti 461
Astenuti
17
Maggioranza 231
Hanno votato sì 112
Hanno votato no 349
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Agostinelli n.
9/2486-B/41, con il parere contrario del Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Agostinelli n. 9/2486-B/41, con il parere contrario del Governo.
30
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Carrescia, Folino, Gutgeld, Di Lello, Segoni, Giammanco, Paola Bragantini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 474
Maggioranza 238
Hanno votato sì 113
Hanno votato no 361
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Rostellato n.
9/2486-B/42, con il parere contrario del Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Rostellato n. 9/2486-B/42, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bossa, Carrescia, Di Lello, Piras...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 470
Maggioranza 236
Hanno votato sì 108
Hanno votato no 362
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione
dell'ordine del giorno Luigi Gallo n. 9/2486-B/43, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Cominardi n.
9/2486-B/44, con il parere contrario del Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Cominardi n. 9/2486-B/44, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Paolo Rossi, Di Lello, Piccoli Nardelli, Verini, Tancredi, Baruffi, Gutgeld...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 476
Maggioranza 239
Hanno votato sì 110
Hanno votato no 366
La Camera respinge (Vedi votazioni).
31
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Bechis n.
9/2486-B/45, con il parere contrario del Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Bechis n. 9/2486-B/45, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Carrescia, Bossa, Folino, Zardini, Murer, Preziosi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 483
Maggioranza 242
Hanno votato sì
93
Hanno votato no 390
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Rizzetto n.
9/2486-B/46, con il parere contrario del Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Rizzetto n. 9/2486-B/46, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ravetto, Giammanco, Lodolini, Giuditta Pini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 467
Maggioranza 234
Hanno votato sì 117
Hanno votato no 350
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Marzana n.
9/2486-B/47, accettato dal Governo, purché riformulato.
MARIA MARZANA. Signor Presidente, è all'esame il mio ordine del giorno ?
PRESIDENTE. Prego, scusi ?
MARIA MARZANA. È all'esame il mio ordine del giorno ?
PRESIDENTE. Onorevole Marzana, siamo al suo ordine del giorno n. 9/2486-B/47, sul quale
vi è una proposta di riformulazione.
MARIA MARZANA. Non accetto la riformulazione e voglio ricordare a quest'Aula che la
funzione principale del Parlamento, quindi Camera e Senato, è quella di fare le leggi. Invece, al
Governo spetta il potere esecutivo, quindi il potere di rendere attuabili queste leggi. Ecco
perché la maggioranza, votando favorevolmente sull'emendamento soppressivo di «quota 96»
32
al Senato, non ha fatto altro che stralciare il provvedimento, e quindi si è resa complice di
questo Governo.
Insieme hanno detto no, per l'ennesima volta, al ripristino del diritto acquisito dei lavoratori
della scuola di andare in pensione. Ora vi sono dei «quota 96» qui fuori, in piazza Montecitorio:
andate a raccontargli voi, paladini a giorni alterni, perché non è prioritario sanare la loro
ingiustizia (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Marzana n. 9/2486-B/47, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Lauricella, Mauri, Raciti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 467
Votanti 463
Astenuti
4
Maggioranza 232
Hanno votato sì 158
Hanno votato no 305.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Baldassarre
n. 9/2486-B/48, sul quale vi è il parere contrario del Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Baldassarre n. 9/2486-B/48, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Scanu, Pastorino, Di Lello, Fitzgerald Nissoli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 467
Votanti 466
Astenuti
1
Maggioranza 234
Hanno votato sì 128
Hanno votato no 338.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione
dell'ordine del giorno Brescia n. 9/2486-B/50, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Pesco n. 9/2486B/51, accettato dal Governo, purché riformulato.
33
DANIELE PESCO. Ministro, purtroppo andate a sopprimere quella parte dell'ordine del
giorno, riferita alle premesse, che per me, probabilmente, anzi, sicuramente, è la più
importante, ovvero la parte in cui chiedo al Governo di fare un atto di coraggio, quasi di
coscienza, ovvero di dimettersi. Ebbene sì, Presidente – mi riferisco anche ai colleghi,
riferendomi a lei – i dati emanati dall'ISTAT qualche giorno fa sono eloquenti: meno 0,3
rispetto all'anno scorso e meno 0,2 rispetto a tre mesi fa. Sono dati veramente critici per la
situazione nazionale.
Ebbene, sono dati veramente eloquenti. Ammettetelo, quindi, abbiate l'onestà di fare
autocritica; ditelo anche in televisione, laddove dite di essere cauti, quando parlate di inserire
le preferenze nella legge elettorale, che le cose che avete fatto in questo anno e mezzo non
sono cose buone, ditelo che sostenere le scelte imposte dai tecnocrati europei e dalla tro
a
non sono scelte corrette (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ebbene, fra
queste scelte vi sono anche quelle di finanziare la costruzione di armi e degli F35, di obbedire a
menadito alle richieste europee.
Ebbene, insistere sulle privatizzazioni a favore delle multinazionali, insistere con i tagli,
soprattutto, a carico dell'istruzione e della sanità; ebbene, insistere sulle opere quali TAV,
Expo, MOSE, nuovi valichi e autostrade varie; ebbene, darsi anche le pacche sulle spalle
laddove succedono gravi scandali finanziari, bancari e soprattutto di corruzione, perpetrati da
persone molto vicine, per non dire appartenenti, ai vostri partiti; ebbene, tutte queste scelte
non portano a maggior benessere per i cittadini, portano a povertà e smarrimento. Sì perché i
cittadini sono smarriti in questo momento, ma non durerà ancora molto, non durerà molto
perché i dati eloquenti, propri i dati dell'ISTAT, permettono ai cittadini di svegliarsi un attimo e
di rendersi conto delle malefatte che fate, sia in quest'Aula, ma anche un po’ più in là, al
Senato, con lo scippo di democrazia che state compiendo proprio in queste ore (Applausi dei
deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Ebbene, signor Ministro, ebbene, Presidente, cari colleghi, bocciatemi pure questo ordine
del giorno che chiedo di mettere in votazione nella versione originale, ma fate anche voi il
possibile e chiedete al Governo e al Primo Ministro di dimettersi (Applausi dei deputati del
gruppo MoVimento 5 Stelle).
CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLO SIBILIA. Signor Presidente, intervengo solo per sottoscrivere l'ordine del giorno n.
9/2486-B/51 presentato dal mio collega Pesco.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Pesco n. 9/2486-B/51, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Marroni, Cicchitto...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 478
Maggioranza 240
Hanno votato sì 130
Hanno votato no 348.
34
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione
dell'ordine del giorno Artini n. 9/2486-B/52, accolto dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Chimienti n.
9/2486-B/53, sul quale vi è il parere contrario del Governo.
Passiamo, quindi, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Chimienti n. 9/2486-B/53, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Di Lello D'Agostino, Rotta, Ragosta...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 473
Maggioranza 237
Hanno votato sì 115
Hanno votato no 358.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Gagnarli
n. 9/2486-B/54, con il parere favorevole del Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Lombardi n.
9/2486-B/56, accolto dal Governo, purché riformulato.
FABIANA DADONE. Signor Presidente, no, non accettiamo assolutamente questa
riformulazione. Il motivo è semplicemente di coerenza nostra e non assolutamente da parte
del Governo e le spiego anche il perché. Questo ordine del giorno verte sull'articolo 8 che
tratta il collocamento fuori ruolo dei magistrati, degli avvocati e dei procuratori di Stato che
ricoprono incarichi all'interno dei ministeri, anche di consulenza. Che cosa si stabilisce con
questo articolo 8 che aveva una portata innovativa molto interessante. Non più l'aspettativa,
ma il fuori ruolo di questi magistrati; peccato che il comma 3 riducesse un pelo la portata
innovativa di tutto l'articolo, stabilendo che fossero fatti salvi tutti i provvedimenti di
collocamento in aspettativa già emessi fino alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Che
cosa feci allora in prima lettura su questo provvedimento ? Proposi un emendamento, l'8.22 a
mia prima firma, con il quale chiesi proprio di togliere questo terzo comma, perché andava a
svilire tutto il bel senso di questo articolo 8. E pensi un po’ che mi fu dato parere favorevole
dal Governo e dal relatore. Poi il provvedimento è andato in seconda lettura al Senato e che
cosa è capitato al Senato ? Che hanno riproposto l'introduzione di questo terzo comma, paro,
paro, con tanto di parere favorevole del Governo e del relatore. Quindi ritorna in terza lettura
alla Camera, ieri in Commissione ne abbiamo discusso e noi, ovviamente, che siamo stoici
come pochi, abbiamo riproposto lo stesso emendamento, chiedendo la soppressione del
comma 3, con le medesime motivazioni che erano state date in prima lettura.
E qui con sommo stupore apprendo il parere contrario – pensi un po’ – dello stesso relatore
e dello stesso rappresentante del Governo della prima lettura, incredibile. E la motivazione che
mi viene data è che, ex articolo 81 della Costituzione che per chi ci segue da casa è il pareggio
di bilancio, la soppressione di questo comma avrebbe potuto portare a dei problemi, perché
c'era il rischio di eventuali contenziosi che avrebbero potuto avere un effetto negativo e,
quindi, ci sarebbe potuta stare un'interpretazione molto, molto estensiva dell'articolo 81 per
cui bisognava reintrodurre questa clausola di salvaguardia ma ovviamente, per questi
magistrati che lavorano all'interno dei ministeri, non è una clausola di salvaguardia effettiva.
35
Ora, chiaramente ho notato il lampante imbarazzo del Governo nel dare una motivazione di
questo genere... Ministro Madia, la sto attendendo... abbia pazienza, lo so, però...
PRESIDENTE. Onorevole Dadone, come lei può immaginare, il Ministro mi sta...
FABIANA DADONE. ... lo so, però, vorrei che il Ministro Madia capisse perché sono così
pedante su questo argomento, perché mi pare veramente un po’ una presa per il naso. Cioè, ci
siamo detti prima che il parere era favorevole; l'abbiamo votato, è andato al Senato e l'hanno
abrogato con questa scusa dell'articolo 81, anzi hanno reinserito il comma. Ritorniamo alla
Camera, danno parere contrario, il Ministro Madia mi spiega la motivazione del pareggio di
bilancio e il relatore, invece, come motivazione, adduce un rispetto del lavoro dell'altro ramo
del Parlamento, finché ancora ci sarà. Ora io veramente... va bene, accetto ogni genere di
motivazione perché, per carità, non ci sono dei limiti all'interno del quale bisogna dare delle
motivazioni, ma quanto meno che siano vagamente plausibili, anche agli occhi di uno che
proprio l'articolo 81 della Costituzione non lo ha mai visto.
Ora, con questo ordine del giorno non ci sogniamo, ovviamente, di proporre la soppressione
di quel comma, perché ormai abbiamo capito qual è l'andazzo, ma proponiamo al Governo di
porsi questo impegno di dare piena efficacia alla disciplina del fuori ruolo dei magistrati dal 1 o
gennaio 2015. Io ci tengo a sottolineare che queste persone non è che all'indomani mattina di
questo decreto sarebbero tornate a casa; avrebbero dovuto semplicemente essere collocate
fuori ruolo, entro 30 giorni, dall'amministrazione di riferimento. Per cui, nulla di incredibile.
Quindi, non vedo proprio il senso di questa salvaguardia spaventosa.
Ora, io chiederei al Ministro veramente di rivalutare questo parere favorevole, perché
inserire le parole «a valutare l'opportunità di» non ha alcun senso. Mi avete già dato un parere
favorevole in prima lettura. Non vedo proprio il senso di questo controsenso: è da bipolari dare
un parere del genere, abbiate pazienza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Matteo Bragantini.
Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, anch'io ho presentato un ordine del giorno su
questa tematica, perché veramente è una battaglia che molti colleghi parlamentari portano
avanti (mi sembra anche il collega che sta presiedendo). È una vecchia battaglia storica, che
aveva fatto anche nella legislatura scorsa, contro questi magistrati fuori ruolo che ogni volta
riescono a trovare un escamotage. L'ultima volta hanno detto: «Massimo dieci anni da
adesso». Dunque, vuol dire che chi aveva già trascorso nove anni – e già una volta avevano
fatto una norma per cui non si poteva più stare per dieci anni, a partire da quel momento –
ormai è fuori ruolo da trent'anni. Oggi siamo arrivati veramente all'assurdo, all'assurdo perché
eravamo riusciti a cancellare una norma ingiusta qui alla Camera, ma al Senato è stata
ripristinata, a causa delle pressioni che io capisco che il Ministro può subire, perché moltissimi
magistrati fuori ruolo sono collaboratori e sono coloro che danno supporto ai ministeri. Però, è
la motivazione che ci ha dato molto, ma molto fastidio, perché hanno richiamato l'articolo 81,
dicendo che potrebbe succedere che alcuni magistrati fuori ruolo, che già sono in aspettativa,
potrebbero fare ricorso, per questo motivo potrebbero vincere e, dunque, ci sarebbe un
ammanco nelle casse dello Stato. A questo punto, su qualsiasi provvedimento che noi facciamo
dovremmo applicare l'articolo 81 e dovremmo bloccarlo.
Poi, non riesco a capire perché per i magistrati fuori ruolo che sono, con competenze
organizzative, al Governo esiste il ragionamento che potrebbero fare ricorso e potrebbero
vincerlo, mentre per tutti gli esodati, per tutti i cittadini, a cui sono stati cambiati i termini delle
loro pensioni, in tutti questi anni non è mai stato preso in considerazione.
36
Per questo motivo chiedo veramente al Governo di avere uno scatto di orgoglio che, se
proprio hanno paura che i loro funzionari dopo non lavorino più, si rimetta all'Assemblea, non
ovviamente sull'ordine del giorno ma sui prossimi provvedimenti, così è colpa dei parlamentari
«brutti e cattivi».
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dambruoso. Ne ha
facoltà.
STEFANO DAMBRUOSO. Signor Presidente, ho percepito tutte le perplessità dai due
interventi precedenti. Mi sento, quindi, di voler partecipare conoscendo direttamente questo
fenomeno.
Ritengo che il risultato di sostanziale mediazione raggiunto dal Governo, nei vari passaggi
fino al Senato, con questo tipo di posizione, rappresenti davvero un risultato raggiunto.
Quando si parla di magistratura s'ignora che sono diversi i tipi di magistrature, comunque non
è ben noto che le magistrature ordinarie, che sono quelle che ricorrono molto nelle cronache
mediatiche, nella maggior parte dei casi nulla hanno a che fare con questo tipo di
provvedimenti di cui noi stiamo ora parlando.
Stiamo parlando di magistrature prestigiose, professionalmente importanti come quella
contabile e quella amministrativa. Sono i collaboratori più preziosi, se si può dire, prestigiosi e
fondamentali per le varie amministrazioni. Sono stati inamovibili fino ad oggi. Se davvero con
questo scatto di reni, da parte di un Governo che vuole davvero modificare degli status quo
abbastanza fermi, si dovesse raggiungere la possibilità di arrivare a quel tipo di conclusione,
che è il 1 gennaio 2015, sarebbe davvero il raggiungimento di un risultato inaspettato solo fino
all'anno scorso. Per cui davvero io sollecito ad approvare l'orientamento governativo perché ha
recepito in modo, direi equilibrato, quelle che erano le aspettative a confronto. Per cui davvero
tutto quello che si dice sulla magistratura e sui privilegi che questo provvedimento andrebbe a
corroborare mi sembrano sostanzialmente infondati.
PRESIDENTE. Non essendo accettata la riformulazione, passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Lombardi n. 9/2486-B/56, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Di Benedetto... Ragosta... Brandolin... Fanucci... mi pare che hanno votato tutti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 476
Votanti 474
Astenuti
2
Maggioranza 238
Hanno votato sì 146
Hanno votato no 328.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Ordine del giorno Ciprini n. 9/2486-B/57 su cui vi è parere contrario. Prendo atto che il
presentatore insiste per la votazione. Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Ciprini n. 9/2486-B/57, non accettato dal Governo.
37
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Folino... Malisani... Miotto... Di Lello... Bossa... Monchiero...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 480
Maggioranza 241
Hanno votato sì 126
Hanno votato no 354.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Baroni n./2486B/58, non accettato dal Governo.
MASSIMO ENRICO BARONI. Signor Presidente, Kafka diceva che chi lavora nella notte è
considerato il creatore del mondo.
Io purtroppo sono costretto a lavorare di notte, perché evidentemente questo tipo di frase
ha evidentemente ispirato le più potenti e le più ficcanti lobby a livello europeo e a livello
italiano. Quindi, noi abbiamo la notte semplicemente per poter guardare con la stessa luce
determinate cose che non vanno bene, perché vengono fatte all'ombra dei cittadini.
Una di queste è la piena applicazione della legge sui conflitti d'interesse e
dell'anticorruzione, Ministro Madia. Magari lei si occupa di pubblica amministrazione, dovrebbe
dare pieno adempimento, anche al telefono, a questa legge, in quanto è proprio nelle sue
funzioni. Quindi tutto quello che riguarda Anac, l'ente anticorruzione, dovrebbe riguardarla.
Il fatto che lei riformuli questo ordine del giorno con «valutare l'opportunità di» significa
fondamentalmente che lei non vuole dare piena applicazione a questa legge. Questa legge
prevede una severa divisione tra la parte politica e la parte amministrativa degli ordini
professionali. Durante il decreto è arrivata una segnalazione al deputato Fiano, alle 11 di notte,
per prevedere l'eccezione, cioè, nel momento in cui avevate fatto un decreto – e tutto
sommato ci siamo espressi per alcune questioni positivamente – avete creato l'eccezione...di
stare al telefono, Ministro Madia, ecco...
PRESIDENTE. Onorevole Baroni, lei intervenga, perché adesso il Ministro sta ascoltando.
MASSIMO ENRICO BARONI. Ho bisogno della sua attenzione, perché...
PRESIDENTE. Adesso la libertà di tenere in mano un telefono credo che non si neghi a
nessuno.
MASSIMO ENRICO BARONI. Per carità, e io ho la libertà di provare ad interloquire con il
Ministro Madia...
PRESIDENTE. Ci sono tre persone al banco del Governo. Concluda il suo intervento, perché
ha terminato i suoi secondi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
38
MASSIMO ENRICO BARONI....così come ho la libertà di intervenire sull'ordine del giorno, nel
momento in cui non sono neanche messo nelle condizioni minime di lavorare, dal momento che
sto all'opposizione e devo fare alcune denunce.
PRESIDENTE. Deve concludere , soprattutto onorevole Baroni, ha terminato il suo tempo.
MASSIMO ENRICO BARONI. Esatto, dovrei concludere, se venissi messo nelle condizione,
anche da parte del Presidente e dei lavori dell'Aula – come ho già detto un'altra volta – di
potere capire qual è l'ordine del giorno su cui sto intervenendo, dato che c'erano solo tre
faldoni.
PRESIDENTE. Bene, il suo tempo è scaduto. Se vuole proprio concludere, sennò le devo
togliere la parola, onorevole Baroni.
MASSIMO ENRICO BARONI. Sì, però, io oggi ho detto una volta che non si può lavorare in
questo modo, per cui...
PRESIDENTE. Onorevole Baroni, lo affronteremo nella sede della riforma del Regolamento.
Adesso questo è il Regolamento e io lo devo applicare. La pregherei di concludere.
MASSIMO ENRICO BARONI. Ecco,
anche...perché abbiamo analizzato...
nella
riforma
del
Regolamento
bisogna
vedere
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Baroni, intanto la informo che il suo non è un ordine del
giorno riformulato, ma è un ordine del giorno su cui c’è il parere contrario del Governo. Prendo
atto che i presentatori insistono per la votazione.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Baroni n. 9 n. 9/2486-B/58, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bossa. Saltamartini...ci siamo ? Lavagno...bene, hanno votato tutti.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 480
Votanti 476
Astenuti
4
Maggioranza 239
Hanno votato sì 108
Hanno votato no 368.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione
dell'ordine del giorno Lorefice n. 9 n. 9/2486-B/59, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Mantero n. 9 n.
9/2486-B/60, non accettato dal Governo.
MATTEO MANTERO. Signor Presidente, all'articolo 12 di questo decreto si istituisce un
Fondo per favorire l'inclusione sociale dei soggetti che hanno sostegno al reddito. Il Fondo
viene però preso dal Fondo sociale per l'occupazione e per la formazione. Allora, in questo
ordine del giorno, noi chiediamo semplicemente che, invece, il Fondo sia preso da una
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riduzione dello 0,1 per cento del payout ovvero del pagamento dei giochi d'azzardo online.
È una riduzione ridicola che, però, è un segnale. È un segnale perché il gioco d'azzardo
online è che una delle tipologie di gioco in più rapida espansione, più incontrollabile dal punto
di vista della protezione dei soggetti che giocano e che in questo momento....
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole, se la interrompo. Colleghi ! Prego, onorevole Mantero.
MATTEO MANTERO. Molto premuroso, grazie. In questo momento, come dicevo, è più
pericoloso per i soggetti dediti al gioco ed è quello in più rapida espansione.
Il pagamento, il payout del gioco d'azzardo è una forma di pubblicità indiretta, una forma di
appeal per il giocatore. Quindi avere un payout molto alto fa sì che i giocatori, soprattutto
quelli patologici, quelli affetti da questa malattia siano attratti da quella forma di gioco. Quindi,
al contempo con questo ordine del giorno noi chiediamo di lasciare invariato il Fondo sociale
per l'occupazione e per la formazione, ma di attingere a questo altro capitolo e alla riduzione
del gioco d'azzardo. Quindi, si lascerebbe un Fondo importante invariato e si avrebbe nel
contempo un effetto positivo dovuto alla riduzione appunto di questo payout. Quindi, non
capisco perché non sia possibile prendere almeno in considerazione una cosa del genere.
Voglio ricordare, tra l'altro, a questa Aula che è in lavorazione ormai da nove mesi – una
gestazione – una proposta di legge sul gioco d'azzardo patologico, e che quella proposta di
legge in questo momento è ferma perché siamo in attesa di un parere della Commissione
bilancio. Allora, vorrei dire al presidente Boccia che mentre noi siamo qui a giocare con gli
ordini del giorno, ci sono milioni di persone in Italia che si rovinano. Quindi, lo inviterei a dare
velocemente il parere, che stiamo attendendo ormai da settimane.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Mantero n. 9/2489-B/60, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Sereni, Ruocco, Mantero, Piras...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 477
Votanti 473
Astenuti
4
Maggioranza 237
Hanno votato sì 119
Hanno votato no 354
La Camera respinge (Vedi votazioni)
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione
dei seguenti ordini del giorno, accettati dal Governo, purché riformulati: Cecconi n. 9/2486B/61, Silvia Giordano n. 9/2486-B/62, Di Vita n. 9/2486-B/63.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Grillo n.
9/2486-B/64, accettato dal Governo.
Onorevole Dall'Osso, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/2486-B/65,
accettato dal Governo, purché riformulato ?
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MATTEO DALL'OSSO. Signor Presidente, vorrei parlare proprio con il Governo. Io capisco
che sia accettato con la aggiunta di «a valutare l'opportunità di», ma chiedo gentilmente al
Ministro, visto che si sta parlando di persone con disabilità almeno del 75 per cento, di
accettarlo così senza aggiungere «a valutare l'opportunità di ». Cioè questo proprio così.
PRESIDENTE. Prendo atto che il Ministro non intende intervenire per proporre una modifica
del proprio parere. Quindi, vorrei sapere se lo accettiamo così riformulato ? Va bene.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione
dei seguenti ordini del giorno, accettati dal Governo, purché riformulati: Centemero n.
9/2486-B/67, Sisto n. 9/2486-B/68.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Turco n.
9/2486-B/70, accettato dal Governo.
Ho saltato l'ordine del giorno Bonafede n. 9/2486-B/69. Prendo atto che il presentatore
insiste per la votazione.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Bonafede n. 9/2489-B/69, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Giammanco, Fassina...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 475
Votanti 474
Astenuti
1
Maggioranza 238
Hanno votato sì 122
Hanno votato no 352
La Camera respinge (Vedi votazioni)
L'ordine del giorno Turco n. 9/2486-B/70 abbiamo già visto che va bene, il presentatore
non insiste per la votazione.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Santerini
n. 9/2486-B/71, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Guidesi n.
9/2486-B/72, non accettato dal Governo.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Guidesi n. 9/2489-B/72, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Lainati, Sarti, Gutgeld, Di Gioia, Dell'Aringa, Gasperini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
41
Presenti 479
Votanti 472
Astenuti
7
Maggioranza 237
Hanno votato sì 124
Hanno votato no 348
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Busin n.
9/2486-B/73, non accettato dal Governo.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull’ ordine del giorno
Busin n. 9/2486-B/73, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Folino, Basso, Di Lello, Dell'Aringa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 477
Maggioranza 239
Hanno votato sì 150
Hanno votato no 327.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Rondini n.
n. 9/2486-B/74, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Grimoldi n.
9/2486-B/75, non accettato dal Governo.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Grimoldi n. 9/2486-B/75, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bossa, Cicchitto, Occhiuto, Fraccaro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 477
Votanti 475
Astenuti
2
Maggioranza 238
Hanno votato sì
Hanno votato no
62
413.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Caparini
n. 9/2486-B/77, accettato dal Governo. Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno
Fedriga n. 9/2486-B/79 non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per
la votazione.
42
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno
Fedriga n. 9/2486-B/79, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Carfagna, Di Stefano, Pilozzi, Lavagno, Folino, Russo, Dell'Osso, Totaro, Paola Bragantini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 485
Votanti 484
Astenuti
1
Maggioranza 243
Hanno votato sì 168
Hanno votato no 316.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Caon n.
9/2486-B/80, non accettato dal Governo.
Passiamo dunque ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'ordine del giorno Caon n. 9/2486-B/80, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Gandolfi, Segoni, Malisani, Terzoni, Palma...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 484
Votanti 391
Astenuti
93
Maggioranza 196
Hanno votato sì
Hanno votato no
54
337.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Invernizzi n.
9/2486-B/81, non accettato dal Governo.
Passiamo dunque ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico,
sull'ordine del giorno Invernizzi n. 9/2486-B/81, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bossa, Murer, Folino, Cicchitto...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 477
Votanti 388
Astenuti
89
Maggioranza 195
43
Hanno votato sì
Hanno votato no
62
326.
La Camera respinge (Vedi votazioni).
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione
dei rispettivi ordini del giorno Molteni n. 9/2486-B/82 e Matteo Bragantini n. 9/2486-B/83.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno
Marcolin n. 9/2486-B/84 e Prataviera n. 9/2486-B/85, accolti dal Governo. Prendo atto che il
presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno
Gianluca Pini n. 9/2486-B/86. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei
rispettivi ordini del giorno dell'ordine del giorno Catalano n. 9/2486-B/87 e Tacconi n.
9/2486-B/88, accolti dal Governo come raccomandazione, purché riformulati.
PRESIDENTE. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 2486-B)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Colleghi, prego tutti, se è possibile, di essere concisi con i tempi perché alle 14 dobbiamo –
come sapete – passare ad un altro punto dell'ordine del giorno.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, siccome mi rendo conto delle difficoltà, chiedo che la
Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della
mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente
seguiti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pilozzi. Ne ha
facoltà.
NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, anche io chiedo che la Presidenza autorizzi la
pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di
voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampelli. Ne ha
facoltà.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, non sono nella condizione di consegnare il testo della
mia dichiarazione di voto, ma cercherò di essere breve ed incisivo nell'affermare tutta la
contrarietà da parte di Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale su questo provvedimento. Del
resto, non c’è bisogno di dilungarsi ulteriormente perché è un provvedimento che conosciamo,
quest'Aula l'ha già preso in esame e lo riteniamo, da un certo punto di vista, decisamente
inutile, perché tutti i gangli nevralgici delle contraddizioni tipiche della nostra pubblica
amministrazione sono elusi, rimandati a data da destinarsi e quindi, con essi, la possibilità di
efficientare la macchina pubblica, di renderla più simile a un'azienda privata che ha l'obbligo di
funzionare, altrimenti chiude i battenti dopo pochi mesi di incapienza, così come viene
totalmente elusa la grande e decisiva questione dell'introduzione di una quota di meritocrazia e
quindi anche di sanzioni nei confronti di pubblici amministratori che non si comportassero
bene, che non facessero fino in fondo il proprio dovere, che rallentassero l'operato della
pubblica amministrazione e non dessero le risposte necessarie che le imprese, le famiglie e i
cittadini si attendono.
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Devo anche aggiungere – e lo faccio nella parte finale proprio perché voglio essere fedele
alle premesse – che siamo in presenza del solito decreto, siamo presenza dell'ennesima
richiesta di fiducia, appena espletata nel corso della giornata di ieri, siamo in presenza di un
provvedimento omnibus dentro al quale ci capita di tutto e di più, per cui non avremmo timore,
qualora volessimo impiegare tutto il nostro tempo, di parlare dello scibile umano, senza poter
essere interrotti da parte della Presidenza perché non andremmo mai fuori tema, potremmo
parlare di qualunque cosa perché questo è un qualunque provvedimento di cui abbiamo avuto
– ahimè – altri esempi in questi mesi e che, proprio in virtù della sua inconsistenza e della sua
farraginosità, non riesce a prendere di petto ciò che avremmo bisogno di affrontare con piglio,
con decisione per rendere maggiormente efficienti le azioni dello Stato in questa difficile fase
economica, che ha bisogno di un incoraggiamento e di un supporto importante.
Quindi, per queste ragioni, Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale vota contro
provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).
questo
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gigli. Ne ha facoltà.
GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, in ragione dei numerosi impegni che ci attendono in
questa giornata, anche trattandosi di una giornata particolare, preferisco consegnare agli atti il
nostro intervento, pregando tuttavia i rappresentanti del Governo di prestare ad esso una
qualche attenzione, maggiore di quella che forse troveremmo in questo momento in
quest'Aula.
Chiedo pertanto che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della
seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base
dei criteri costantemente seguiti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Invernizzi. Ne ha
facoltà.
CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, io non consegno, ma conterrò ovviamente
anch'io il mio intervento in un tempo limitato. Siamo sostanzialmente a un déjà vu, siamo alla
seconda fiducia sul medesimo decreto nel giro di pochissimi giorni e la mia memoria va a
quando non ero ancora un parlamentare, ma seguivo, ovviamente con molto interesse la
politica, ai tempi del Governo ho Berlusconi.
Questo veniva accusato dai partiti di maggioranza relativa di oggi, ossia dal Partito
Democratico, di ricorrere troppo spesso allo strumento della fiducia e, quindi, di svilire quello
che era il ruolo del Parlamento, di utilizzare arroganza nei confronti del potere legislativo e di
dare, quindi, troppa importanza al potere esecutivo rispetto alle Camere. Per ora non so a che
fiducia siamo arrivati. Siamo sicuramente intorno alla quindicesima o sedicesima fiducia,
indice, se vogliamo, della vera concezione che l'attuale Governo ha, invece, del Parlamento.
Sul decreto-legge in oggetto già abbiamo detto, è già stato scritto anche tantissimo. Si
tratta ovviamente di una misura inefficace, di una misura quanto meno parziale. Attendiamo la
legge delega, sulla quale ci auguriamo, invece, ci possa essere un dibattito più ampio rispetto
a quello che è stato garantito con questo decreto-legge. E speriamo possa essere
effettivamente la chiave di volta per far sì che la burocrazia italiana sia finalmente qualcosa di
più vicino alla burocrazia non dico tanto europea; ma basta pensare a quello che succede in
Svizzera o in Austria, per esempio.
Sottosegretario, lei che è l'ultimo sopravvissuto – a quanto pare – della compagine
governativa – per questo le esprimo sicuramente la mia vicinanza, nonché la stima per la
pazienza –, io, giusto per dare una nota di colore, sono interista da tutta la vita (Applausi) e mi
ricordo che significa aver assistito, oltre all'anno della triplete condotti dal grandissimo José
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Mourinho, anche al periodo dell'Inter meno fecondo, cioè l'ultimo Pellegrini e l'inizio di Moratti.
C'era un momento particolare allo stadio in cui veramente ormai la situazione era talmente
devastata che neanche i tifosi sapevano più cosa fare e c'era uno striscione che, secondo me,
era indicativo. Quello striscione, bello grande, riportava le seguenti parole: «Non sappiamo
neanche più come insultarvi» (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Come opposizione ci troviamo in questa situazione. Infatti, visto che con oggi chiudiamo la
stagione estiva e ci rivediamo a settembre, ultimamente abbiamo assistito a «svuota carceri»,
è notizia di ieri che siamo in recessione tecnica, ci troviamo oggi ad affrontare, nel giro di una
settimana, la seconda fiducia su un decreto-legge, sul quale – per essere eufemistici – qualche
pasticcio sicuramente lo avete combinato. Perciò, non sappiamo più come insultarvi. Speriamo
veramente che l'autunno ci porti delle novità dal punto di vista politico.
Concludo, signor Presidente, per suo tramite nei confronti del Governo, citando un grande
esponente del mondo conservatore, Ronald Reagan, visto che parliamo anche di recessione e
sappiamo perfettamente che con questo decreto-legge non daremo gli strumenti necessari per
uscirne. Usando una parafrasi, ovviamente, di quello che disse all'epoca Ronald Reagan nella
campagna elettorale con Jimmy Carter, in cui si parlava di recessione, egli diede questa
definizione: è recessione quando perde il lavoro il tuo vicino di casa, è depressione quando sei
tu a perdere il posto di lavoro. La ripresa ci sarà quando Matteo Renzi perderà il suo posto di
lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Quaranta. Ne ha
facoltà.
STEFANO QUARANTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, io credo
che è inevitabile in questi giorni incrociare i temi della politica economica e i fallimenti che
iniziano ad essere evidenti con questo provvedimento sulla pubblica amministrazione che, in
effetti, a mio giudizio, è assolutamente in continuità con il resto, con la mancanza di una
politica industriale, con nessun investimento nei settori strategici del nostro Paese, con le
risposte al tema del lavoro che continuano ad essere deboli, tanto che, essendo arrivati alla
liberalizzazione del contratto a tempo determinato la CGIL ha dovuto rivolgersi all'Europa per
impugnare questo provvedimento.
Ora, si dice che il problema è l'efficienza delle istituzioni, che c’è bisogno di riformarle
queste istituzioni, perché questo consentirà poi di fare le cose. Eppure abbiamo assistito in
questi mesi ad un'attività praticamente esclusiva del Governo che, a forza di decreti, ha
strappato al Parlamento il potere di legiferare. E, quindi, sinceramente, non credo sia questo il
punto. E, allora, andiamo al merito di questa riforma della pubblica amministrazione. Il
percorso è iniziato a maggio, con le solite roboanti dichiarazioni del Presidente del Consiglio
che, attraverso un suo tweet, faceva riferimento a queste liste di attesa che finalmente
sarebbero finite. Questo a far intendere che questa riforma sarebbe stata una riforma
importante e rivolta soprattutto ai cittadini e agli utenti della pubblica amministrazione. E oggi
concludiamo leggendo un'intervista sul giornale di un autorevole esponente del Partito
Democratico che parla di una cornice di una riforma epocale. È vero che le cornici spesso sono
meglio delle tele quando si tratta di quadri che non sono d'autore, ma se la cornice è questa,
temo che anche sulla cornice ci sia molto da dire. E in mezzo a queste due dichiarazioni, il
balletto a cui abbiamo assistito dei passaggi nelle Commissioni, del passaggio tra Camera e
Senato e di questo nuovo fantasma che si aggira per l'Europa, anzi non so se per l'Europa, ma
sicuramente per l'Italia, che sarebbe la Ragioneria generale dello Stato, su cui poi alla fine
vorrei dire qualche parola.
A essere benevoli, a mio giudizio si tratta al massimo di una piccola manutenzione della
pubblica amministrazione che io credo non lascerà traccia. Parliamo della cosa fondamentale di
questo provvedimento che è stata venduta appunto come una scelta epocale, cioè la staffetta
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generazionale. È un termine molto evocativo che è a metà tra il patto tra le generazioni e le
manifestazioni sportive olimpiche in cui ci si passa appunto il testimone. Ecco, io questa
staffetta della pubblica amministrazione la immagino un po’ così: l'Italia è una grande pista di
atletica leggera in cui si corrono sostanzialmente tre gare. La prima, che è riservata quasi a
tutti, in cui il lavoratore corre, corre, corre, ma non arriva mai a passare il testimone e il
giovane aspetta il testimone e non lo riceve mai e, alla fine, o cambia pista o cambia
direttamente il Paese. La seconda gara è quella riservata ad alcune categorie protette. Qui,
invece, abbiamo dei corridori che corrono, corrono, continuano a correre, non li ferma nessuno
e, anche qui, qualcuno aspetta di ricevere il testimone e non lo riceve mai. E la terza gara in
questa pista che corrisponde al nostro Paese è quella di coloro che aspettano il testimone, ma
non lo riceveranno mai perché, nel frattempo, nel nostro Paese sono stati sottratti qualcosa
come 260 mila testimoni e, cioè, tutti quelli che hanno smesso di lavorare per la pubblica
amministrazione e che grazie al blocco del turnover in questi anni non sono stati sostituiti.
In quanto, poi, alla mobilità obbligatoria e al demansionamento, sono evidenti stratagemmi
per non affrontare di petto la vera questione, cioè la necessità di nuove assunzioni per la
pubblica amministrazione. Ma, accidenti, una riforma della pubblica amministrazione dovrebbe
avere anche un impatto culturale in questo Paese, restituire un rapporto diverso tra Stato e
cittadini, basato sulla fiducia e sulla collaborazione fattiva. Faccio mie da questo punto di vista
anche le parole pronunciate dall'onorevole Giorgis la settimana scorsa, che condivido, ma
purtroppo mi pare che non sia questo il quadro che abbiamo di fronte. E devo dire che, a
proposito di fiducia reciproca, anche questa vicenda dei 4 mila insegnanti davvero grida
vendetta, è una presa in giro. Ed è una presa in giro, non solo per questi insegnanti, ma anche
per i precari che aspettavano magari di poterli sostituire ed entrare finalmente nel mondo del
lavoro.
Io vorrei dire al Ministro Madia: non basta fare consultazioni pubbliche, le quali poi per
essere serie dovrebbero essere pubblicate e dovrebbero vedere i contributi discussi,
necessiterebbero di risposte e solo poi si dovrebbe affrontare in maniera sistematica una
riforma della pubblica amministrazione. Infatti, una vera riforma della pubblica
amministrazione è parlare di funzioni, di responsabilità, di bisogni, di risorse da investire che
non ci sono anche questa volta, di condizioni del personale con un pieno coinvolgimento. In
questo senso, è grave che le parti sociali, non solo non siano coinvolte, ma di fatto siano
penalizzate fortemente con questa riforma della pubblica amministrazione. Il Ministro ha
promesso un cambiamento e, come dicevo, questo cambiamento si vede poco; ha promesso
equità, che non c’è. Basti vedere appunto questi privilegi che ci sono ancora nei trattamenti
previdenziali; ha promesso rinnovamento e, come ricordavo, questo rinnovamento non c’è.
Basti pensare a tutti i posti persi nella pubblica amministrazione in questi anni.
Infine, una questione che mi preme sottolineare, cioè questo ultimo vulnus del passaggio
tra Camera e Senato, il peggioramento ulteriore e la faccenda di «quota 96».
Qui, non solo si è sottratto il provvedimento a quello degli esodati, che poteva essere la
cornice naturale, non solo non si è voluto fare un decreto ad hoc come noi abbiamo chiesto più
volte, ma ora Renzi ci viene a dire che forse questo non era il provvedimento giusto per
inserirlo. Io davvero penso che oltre al danno siamo anche alla beffa. Abbiamo insistito, però,
su questo tema – vorrei chiudere, perché mi sembra interessante – perché abbiamo avuto un
dibattito credo un po’ surreale in questi giorni, anche da parte di esponenti del Partito
Democratico. Come ricordava ieri il mio collega, onorevole Airaudo, il senatore Pagliaro, del
Partito Democratico, dopo aver parlato di «mille norme» – altro che di riforma epocale della
pubblica amministrazione ! – e di condizionamenti della burocrazia ministeriale ha anche
parlato di contrapposizione tra tecnici e politici che il Governo avrebbe subito; ha parlato di
mancate coperture come non dato opinabile che varia tra Camera e Senato, ha parlato di
Ragioneria dello Stato e di MEF che devono stare al loro posto. E ancora, che mancano i soldi o
che si tratta di accantonamenti sottratti alla politica per la legge di stabilità da parte della
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Ragioneria. Io penso che queste siano affermazioni gravissime che sottendano a una sorta di
colpo di Stato silenzioso rispetto al quale la politica dovrebbe avere la capacità di battere un
colpo e dire cose chiare, che non sento.
Ancora, faccio riferimento all'intervista del presidente Boccia su la Repubblica, dove dice:
non si consente al Parlamento di agire; oppure: il MEF se ne frega di quello che decide il
Parlamento. Se la situazione è questa mi chiedo: nel nostro Paese, il problema di tutti i mali è
la Ragioneria dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ? È questa
la questione oppure dovremmo finalmente iniziare a riflettere sul fatto che i Governi in questi
anni hanno volutamente dato un potere alla Ragioneria per evitare di assumersi delle
responsabilità quando c'erano temi sociali in agenda nel nostro Paese ? Oppure, non ci
vogliamo dire che sono stati utilizzati come copertura cose dubbie come la spending review e
non, invece, i risparmi della manovra Fornero, che avrebbero potuto invece garantire in
maniera certa questa copertura ? Ci vogliamo dire che da decenni ormai a capo dei Ministeri ci
sono gli stessi consiglieri di Stato e questi non vengono mai rimossi e poi tengono in ostaggio
la politica ? Allora, qual è il ruolo della politica e dov’è il cambiamento e la discontinuità tra i
Governi Monti, Letta e questo Governo Renzi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra
Ecologia Libertà) ?
Concludo con l'ultima riga, se non ricordo male, dell'intervista del presidente Boccia, il
quale dice: la manina dell’austerity comprare ogni volta che si affacciano temi sociali. Bene,
purtroppo è proprio così. Il problema è che questo Governo non ha fatto nulla per cambiare il
corso di queste cose ed è per questa ragione che il Paese soffre di deindustrializzazione e
contemporaneamente di alto debito pubblico, di un PIL in recessione e contemporaneamente di
una forte disoccupazione. Ecco, io temo che anche questo provvedimento sulla pubblica
amministrazione non lascerà traccia, saremo punto e a capo. La prossima volta ci
racconteremo altre storie e intanto il Paese muore (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra
Ecologia Libertà – I deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà espongono cartelli recanti la
scritta: «Quota 96 decreto subito ! ! !»).
PRESIDENTE. Vi pregherei di togliere quei cartelli, gentilmente. Pregherei gli assistenti di
intervenire (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente). Pregherei di
evitare di far intervenire gli assistenti. La fotografia è fatta. Ne approfitto, onorevole Quaranta,
se lei mi segue, per dirle che ovviamente non l'ho interrotta perché era nella parte finale del
suo intervento, però affermare che c’è un colpo di Stato silenzioso è un'affermazione...
(Commenti). .., a prescindere dal fatto che l'ha detto lei, non ci piove, onorevole Quaranta, ma
che io, come Presidente dell'Aula non le debba far rimarcare che è una frase almeno
leggermente esagerata, questo non me lo può levare (Commenti del deputato Quaranta).
Colleghi, perché la misura di quello che diciamo...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Balduzzi. Ne ha facoltà.
RENATO BALDUZZI. Presidente, vediamo di battere un colpo, almeno stabiliamo di cosa sia.
Questo è un testo, Presidente, rappresentante del Governo, che mantiene l'impianto su cui
abbiamo ragionato e votato una settimana fa. Le modifiche toccano prevalentemente norme
pensionistiche: la cosiddetta «quota 96». Qui è difficile non notare, Presidente, un eccesso di
contrapposizione, e anche quello a cui abbiamo assistito...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Balduzzi. Vi potrei pregare di abbassare gentilmente...,
grazie.
RENATO BALDUZZI. Se da un lato le finalità di tutela nei confronti delle persone interessate
da quella norma – dico interessate e non beneficiate, perché si è anche sentito dire
beneficiate; io credo che tecnicamente sia meglio dire interessate – erano e sono condivisibili,
quindi il problema resta aperto, dall'altro, io credo che un rilievo sulla carenza di copertura
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fatta dalla Ragioneria generale dello Stato responsabilmente era difficile poterlo ignorare. Io
credo che non sia tanto questione di stralciare dal provvedimento norme in materia
pensionistica, la questione è un'altra e lo dico soprattutto facendo riferimento, Presidente, a un
intervento di stamattina dell'onorevole Airaudo, che ascolto sempre con piacere, non solo
perché siamo della stessa regione, ma io credo che noi non dobbiamo ricadere in errori
compiuti in una fase purtroppo prolungata del nostro passato, in cui a colpi di singoli e puntuali
provvedimenti, talvolta, come dire, anche occultati attraverso procedure opache o dotate di
una pubblicità contenuta, le cosiddette leggine in Commissione, non ben considerate quanto
alla loro complessiva incidenza sul bilancio, il nostro debito pubblico è cresciuto a livelli tali da
richiedere necessariamente in un passato recente, di cui il ricordo deve rimanere vivo, è molto
recente, almeno noi non cadiamo nella smemoratezza, misure onerose per la vita dei
lavoratori, di molti lavoratori pubblici e privati, con interventi importanti sull'età pensionabile al
fine di ripristinare la sostenibilità del nostro sistema e di dare speranza alle generazioni future,
di ridare un'equità generazionale che era se no andata perduta. Io ho fatto parte, colleghi e
Presidente, di un Governo che certe scelte ha dovuto farle e per giunta a pochi giorni
dall'insediamento. Vi posso dire che per me non sono state scelte semplici, però io credo che
sia serio, almeno in quest'Aula, evitare le rappresentazioni grottesche di queste scelte e anche
la rappresentazione grottesca della persona allora titolare delle deleghe ministeriali in materia.
Soprattutto sarebbe importante e serio evitarle da parte di chi quelle scelte poi le ha votate.
Ma non volevo fare polemica, volevo dire una cosa di riflessione a me stesso e agli altri. Io
credo che ogni decisione che voglia tornare su quelle scelte, su quegli equilibri raggiunti
faticosamente credo che debba essere esaminata con un'attenzione forte alle coperture e ai
conti. Colleghi, ne va di quella speranza cui accennavo poco fa, che le generazioni future
possono ancora riporre nel nostro sistema pensionistico. Ciò non toglie ovviamente che se per
rimediare a errori antichi quando politiche volutamente incaute, politiche previdenziali
volutamente incaute nel primo tempo della Repubblica hanno portato a situazioni insostenibili,
sono state adottate scelte che hanno penalizzato alcuni gruppi di lavoratori, in qualche caso
anche mettendo nel conto la possibilità di errori, si debbono trovare veramente le giuste
soluzioni, e questo significa che, per quanto ci riguarda, il decreto questo problema specifico lo
lascia aperto. Però volevo inserirlo in un ragionamento più ampio, se no non riusciamo
veramente a capire dove vogliamo andare. Dicevo che a parte questo problema le valutazioni
di Scelta Civica sul decreto restano ovviamente quelle positive che abbiamo fatto una
settimana fa. L'impianto è rimasto il medesimo, anche le modifiche, alcune di queste vanno in
una direzione – sto pensando all'articolo 1, comma 5, in tema di risoluzione anticipata del
rapporto di lavoro per alcune categorie di lavoratori – che noi condividiamo; rappresentano
sostanzialmente la ripresa di emendamenti che avevamo sostenuto in prima lettura qui alla
Camera. E dunque non c’è ragione per modificare la nostra valutazione positiva, anche perché
questi interventi – quest'ultimo fu cui facevo riferimento all'articolo 1, comma 5 – vanno nella
direzione di indicare un'attenzione alle pubbliche amministrazioni al plurale e non alla pubblica
amministrazione al singolare, perché le pubbliche amministrazioni sono plurali sottosegretario,
come lei sa benissimo. Allora qual è il futuro ? E concludo. È un'amministrazione di risultato, è
un'amministrazione paritaria, è un'amministrazione per la società amica, un'amministrazione
facile per un'Italia più facile. Tutto questo è un sogno Presidente, rappresentante del Governo,
colleghi. Sta a noi anche di questo sogno almeno in parte creare le condizioni perché si realizzi
(Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dorina Bianchi. Ne
ha facoltà.
DORINA BIANCHI. Signor Presidente, noi del Nuovo Centrodestra voteremo a favore di
questo provvedimento che rappresenta un piccolo tassello del mosaico della riforma della
pubblica amministrazione, un mosaico che prenderà forma più compiuta e completa con il
disegno di legge delega su una Repubblica semplice e con la riforma costituzionale.
Provvedimenti che reputiamo importanti, perché ridisegnano la struttura e gli assetti dello
Stato e della pubblica amministrazione, per renderla più facile, più veloce, più moderna, e a
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vantaggio di cittadini e imprese. Già tre anni fa, quando il nostro Paese ricevette la famosa
lettera di Bruxelles, ci furono chiesti non solo interventi per la sostenibilità della finanza
pubblica, ma anche e soprattutto misure per la crescita.
E tra queste ultime, oltre alle liberalizzazioni, alle privatizzazioni e a interventi per rendere
più flessibile il mercato del lavoro, ci era chiesta anche una revisione dell'amministrazione
pubblica, allo scopo di migliorare l'efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le
esigenze delle imprese. Oggi, con questo decreto, noi diamo una risposta, seppur parziale e
incompleta, a quelle richieste. E uno dei punti di questo provvedimento su cui noi, come Nuovo
Centrodestra, ci siamo maggiormente spesi e che ci mette al passo con i tempi è la possibilità
di favorire nella pubblica amministrazione l'ingresso dei giovani, che sono dei nativi digitali e
che possono beneficiare della staffetta generazionale e del turnover che questo decreto
prevede.
A questo proposito, crediamo indispensabile che il Governo, oltre ad avere recepito il nostro
ordine del giorno sull'apprendistato nel settore pubblico, lo attui concretamente, per favorire
realmente l'entrata dei giovani nella pubblica amministrazione, equiparando pubblico e privato.
Un pieno utilizzo di questa forma contrattuale consentirà di abbassare il costo del lavoro del
personale assunto e di aumentare il numero delle assunzioni nei primi tre anni di applicazione.
Secondo noi, più si uniforma la disciplina tra pubblico impiego e impiego privato, meglio
funzionerà la pubblica amministrazione. Pensiamo non solo all'utilizzo del contratto di
apprendistato, che abbiamo proposto, ma anche al corretto utilizzo del contratto a termine,
senza dimenticare regole contributive diverse, che cancellino gli automatismi negli
avanzamenti e rimuovano un egualitarismo che è solo di facciata. A settembre ci aspetta una
riforma impegnativa, su cui il Nuovo Centrodestra ha molto da dire, che è quella del mercato
del lavoro, che dovrà andare nella direzione di una maggiore flessibilità e del superamento
dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, da inserire nel decreto «sblocca Italia»: sarà una
discussione politica importante tra Partito Democratico e Nuovo Centrodestra.
Questo lo dico perché noi siamo, oggi, in un giorno in cui tutti i giornali riportano il
momento in cui l'Italia «ripiomba» nella recessione, con una stima annua di meno 0,3 per
cento per quanto riguarda la crescita. Abbiamo la necessità che il Paese riparta, dobbiamo
essere in grado, in questi mille giorni, di sviluppare un disegno organico di azioni che
riguardino soprattutto le riforme economiche, che devono essere attuate in tempi certi. Come
promesso, dobbiamo andare avanti sul mercato del lavoro, riforma fiscale e riforma della
giustizia, a partire dalle due emergenze assolute, che, come la sburocratizzazione,
corrispondono ad un vantaggio, sia di tempo che di denaro, per le imprese e per i cittadini, che
sono la riforma della giustizia civile e amministrativa.
Devo, però, registrare un disagio, che ho già avuto modo di esprimere ieri nella mia
dichiarazione di voto sul «decreto competitività», che riguarda la negazione di un diritto per
quegli insegnanti, la cosiddetta «quota 96», che, se non fosse stato cancellato con un
emendamento del Governo, oggi potrebbero andare in pensione, e noi potremmo dire con
orgoglio di avere rispettato un diritto, ma, soprattutto, di avere favorito l'entrata nel modo
della scuola di 4 mila giovani.
Il Governo ha rimandato questa soluzione a fine agosto e, in questo senso, pur con qualche
mal di pancia, diamo un'apertura di credito. Lo consideriamo una sorta di esame di riparazione,
se si ripara, però, per davvero. Abbiamo avuto più occasioni per dire le cose positive contenute
in questo provvedimento. Voglio soltanto ripeterne e sottolinearne una, che è il contrasto al
fenomeno della corruzione, che costa 60 miliardi di euro l'anno ai cittadini italiani.
La corruzione costa ed ha un costo anche sociale che con queste norme, finalmente,
iniziamo ad arginare. Al netto del disagio per un modo di operare che non abbiamo condiviso,
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riteniamo che questo provvedimento vada nella direzione giusta, quella di uno Stato essenziale
ed autorevole che liberi e non ostacoli la vitalità della nostra società, di una macchina dello
Stato efficiente e snella a misura di imprese e cittadini che dia finalmente spazio ai giovani,
realizzando quel ricambio generazionale che noi vogliamo, senza rottamazione. Alla parola
«rottamare» noi preferiamo la parola «riformare» e siamo in questa maggioranza per farlo sul
serio (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha
facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, mi riporto ovviamente all'intervento che ho
tenuto in precedenza in quest'Aula con alcune considerazioni su quello che è accaduto in
Senato rispetto alla situazione che si presentava allora. Devo dire che il Senato è stato
abbastanza deludente, se potessi usare questa espressione, nel merito e nel metodo.
Innanzitutto, sono stati lasciati nel corpo di questo provvedimento alcuni passaggi relativi alla
giustizia, mi riferisco ovviamente ai temi come l'articolo 39, come l'articolo 2, quarto comma,
laddove si è per esempio neutralizzata la giurisdizione del giudice amministrativo in tema di
appalti, laddove si è lasciato che il giudizio di ottemperanza sui provvedimenti del TAR in tema
di incarichi direttivi e semidirettivi del Consiglio superiore fosse un giudizio riservato a taluni
poteri dello Stato, laddove si è lasciata nell'articolo 11 imperversare la selezione pubblica al
posto del concorso e la possibilità di scelta di un collaboratore pagato come un dirigente, ma
senza averne i titoli. Su questi temi il Senato non è intervenuto ed ha lasciato questi varchi di
carattere, a mio avviso, costituzionale che sono convinto che la Corte provvederà a ricondurre
nell'ambito del costituzionalmente consentito.
Forza Italia ha collaborato a questo provvedimento, è stata critica nei confronti di questo
provvedimento e il giudizio complessivo, come è noto, è negativo. È negativo perché, tra
l'altro, i veti del MEF, ma della Ragioneria in particolare, hanno impedito a iniziative come
«quota 96» e il risarcimento per le vittime del terrorismo approvate alla Camera di diventare
realtà. Mi chiedo, davvero, se a fronte di questi veti e, soprattutto, a fronte delle notizie di
queste ore sull'andamento del PIL in questo Paese, non si debba rivedere il ruolo della
Ragioneria perché possa, in qualche modo, essere coerente con un Paese che non funziona,
che è in profonda crisi e che sottolinea la crisi del Governo e che, invece, vede la Ragioneria
impegnata su microprovvedimenti, a porre degli stranissimi veti anziché occuparsi dei temi
fondamentali. Credo che l'economia, rivendichi, proprio in virtù di questo microprovvedimento,
una rilevanza ed un'attenzione che, ritengo, la Ragioneria non possa prestare sulle singole
vicende, ma debba estendere a discorsi di maggiore respiro e di maggiore attenzione.
Credo che il Governo su «quota 96» e sulle vittime del terrorismo debba necessariamente
intervenire, perché non è possibile, con la sarabanda dei decreti-legge in cui vi è il passaggio
da una urgenza all'altra, si deludano le aspettative legittime – mi riferisco in particolare a
questi due passaggi – di chi vede che un diritto gli passa davanti al naso per poi essere, in
qualche modo, ricondotto, per delle scelte indipendenti dalla politica, nel buio del non diritto.
Credo che da questo punto di vista la situazione del Paese meriti una profonda attenzione di
carattere generale che non consenta a spot ad opera della Ragioneria di Stato di intervenire
sulle scelte della politica. La politica si riprenda il diritto di decidere, la Ragioneria si adegui a
quelle che sono le scelte della politica, considerando però non il singolo provvedimento ma la
situazione generale. Sono convinto che il Governo in questi casi dovrebbe e potrebbe fare
certamente di più.
Tuttavia, l'altro passaggio veramente intollerabile che è accaduto al Senato riguarda il
parere della Commissione bilancio.
Nel report, che in sede consultiva vi è stato, vi leggo quanto il Viceministro Morando
riferisce con riferimento al comma 3 dell'articolo 8, perché ne rimanga traccia indelebile in
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quest'Aula e perché, se vi è una scelta ad personam, queste scelte non si debbano ripetere mai
più e lo dico esplicitamente. «E pur ricordando – dice il Viceministro – che la Ragioneria
generale dello Stato, anche nella relazione tecnica di passaggio, non ha sollevato rilievi sulla
soppressione del comma 3 dell'articolo 8, ritiene – attenzione – che non possa escludersi
l'insorgenza di effetti onerosi dovuta al fatto che la risoluzione di rapporti contrattuali senza
colpa del contraente privato – attenzione – può indurre quest'ultimo ad esperire azioni di tutela
giurisdizionale, con conseguenti contenziosi».
Quindi, l'ipotesi che un singolo possa innestare un contenzioso diventa veto ai sensi
dell'articolo 81. Qui siamo non alla discrezionalità, all'arbitrio. In virtù di questa norma l'ipotesi
che qualcuno possa impugnare un provvedimento legittimerebbe il veto, ai sensi dell'articolo
81. Siamo alla trasformazione di fatto della Costituzione, che non ha bisogno delle riforme
architraviche fra Senato e Camera. Qui, di fatto, la stiamo smontando pezzo per pezzo, con
l'aggravante che lo smontaggio non avviene per un interesse generale, ma per un interesse
particolare e individuale.
Contro questo modo di procedere tutti dobbiamo essere convinti, tutti dobbiamo opporci,
perché questa misura passa, Presidente, perché siamo di fronte ad un decreto-legge. Questa è
l'altra patologia, perché, se non ci fosse il decreto-legge, vi sarebbe tutto il tempo per digerire
questi abusi di rango costituzionale ed evitare...perché spinti dalla fretta di salvare un
provvedimento. Questa è la verità: noi dobbiamo salvare il provvedimento – e il
provvedimento, lo ripeto, ha più ombre che luci per Forza Italia, ma delle luci le ha – e per
salvare questo provvedimento noi dobbiamo ingoiare una pillola amarissima di un
travolgimento, come qualche quotidiano ha riferito, in favore di una, massimo due persone, di
un principio costituzionale.
Io credo che la Commissione bilancio del Senato abbia realizzato un gravissimo abuso, un
gravissimo abuso che, se passa addirittura da una giustificazione di un Viceministro di questo
Governo, deve indurre il Governo – e lo dico ad un Ministro attento, paziente e puntuale, come
il Ministro Madia – ad evitare che questo si possa nuovamente verificare. Affido a quest'Aula
questo segnale di protesta vibrata di Forza Italia, perché il rispetto delle regole, comunque e
per chiunque, deve essere una caratteristica di quest'Aula, e se qualcuno ne abusa, se
qualcuno ne abusa, senza appartenenze noi dobbiamo essere capaci di reagire e di dire che
questo non è possibile.
Il voto contrario di Forza Italia permane per le ragioni che noi abbiamo riferito, ma questo
«arricchimento patologico» del Senato, lo dico tra virgolette, fra MEF, Ragioneria dello Stato,
mancanza di intervento su norme chiaramente incostituzionali ma, soprattutto, su questa
violenza giuridica sull'articolo 81 della Costituzione ci rafforzano nel proposito che, al di là delle
scelte politiche, la tenuta delle regole debba essere una caratteristica di quest'Aula.
Detto questo, ribadisco la nostra contrarietà e, Presidente, la ringrazio (Applausi dei
deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciprini. Ne ha
facoltà.
TIZIANA CIPRINI. Gentile Presidente, se fossimo uno Stato di diritto e al dritto il
Parlamento, eletto dal popolo, dovrebbe fare le leggi e il Governo, detto non a caso Esecutivo,
avrebbe il compito di fare attuare le leggi, sia quelle già esistenti sia quelle di volta in volta
approvate dal Parlamento, mentre la Ragioneria generale dello Stato del Ministero
dell'economia e delle finanze dovrebbe essere un organo di supporto e di verifica per
Parlamento e Governo.
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Invece, siamo un Paese al rovescio e, pertanto, l'organo di supporto, ovvero la Ragioneria
generale dello Stato, che dovrebbe esprimere semplicemente un parere tecnico, impone la
legge del rigore imposta, a sua volta, dall'Europa dell’austerity. Il Governo esegue in maniera
vincolante quello che doveva essere un mero parere e il Parlamento, espressione del popolo
eletto, non serve a niente e gira a vuoto su se stesso.
La Ragioneria generale dello Stato, braccio armato dell'Europa dell’austerity, sbugiarda e
asfalta il Parlamento, maggioranza compresa, su qualsiasi norma ispirata alla giustizia sociale
che possa dare un po’ di respiro al Paese, dalle pensioni al carico fiscale per i piccoli produttori
di energia rinnovabile.
Ma ripercorriamo cosa è accaduto nel giro di pochi giorni nel passaggio tra Camera e
Senato con il veto della Ragioneria generale dello Stato: il Governo ha cassato con 4
emendamenti all'articolo 1 alcune disposizioni introdotte nel corso della conversione dalla
Camera dei deputati, volte a favorire il ricambio generazionale nella pubblica amministrazione.
Si è soppresso l'articolo aggiuntivo che sbloccava 4 mila pensionamenti nella scuola, i
«Quota 96» dopo averli fortemente illusi a mezzo stampa, l'anticipo della pensione da 70 a 68
anni per primari e professori universitari, prevedendo un meccanismo di assunzione di un
professore universitario o di un ricercatore a tempo determinato, per ogni professore oggetto
di risoluzione del rapporto da parte della medesima università, oltre che il ripristino delle
penalizzazioni per i dipendenti pubblici che lasciano prima dei 62 anni.
Quindi, il ministero dell'Economia e delle Finanze ha respinto le proposte per mancanza di
copertura certa. Ma il Ministero dell'Economia e delle Finanze può avere potere di veto anche
contro il parere unanime di una commissione parlamentare ? Decide la burocrazia o i deputati
eletti dal popolo ? In realtà il Mef decide se il Governo lo lascia decidere.
Appare poi scandalosa la norma, diventata 1-bis, che prevede deroghe a favore dei
giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale, che,
peraltro non sono dipendenti pubblici. La pensione può essere liquidata a detti soggetti, purché
abbiano almeno 58 anni di età e 18 di anzianità contributiva. Di questa norma, non è stata
esaminata non solo la pertinenza rispetto alla materia prevista dal decreto, ma neanche la
coerenza rispetto all'impianto generale del sistema pensionistico, stabilendo, al contrario,
trattamenti differenziati destinati a creare ingiustificate sperequazioni, anche alla luce della
tipologia dell'attività lavorativa esercitata.
Ricordo che Renzi, al fine di arrampicarsi malamente sugli specchi, ha dichiarato che in
fondo è stato giusto togliere i quota 96 dal provvedimento perché, in fondo in fondo,
c'azzeccavano poco. Quindi gli insegnanti «no» e i giornalisti «sì».
Quindi ricapitoliamo. In questo Paese, al contrario, accade che gli insegnanti restano beffati
mentre varcano la soglia della pensione, mentre i soliti noti volponi, sono graziati dalla manina
amica dello Stato che piazza nel decreto PA la norma che elimina un altro emendamento del
M5S: quello che poneva fuori ruolo tutti i magistrati, avvocati e procuratori dello Stato già in
aspettativa perché «prestati» alla pubblica amministrazione. Si salvano i superburocrati, i
«mandarini di Stato», come Italo Volpe: capo degli affari legali dell'Agenzia delle dogane e
magistrato al Tar di Bologna. Il suo stipendio è di 210 mila euro l'anno. È in aspettativa
solamente dal 1993. Ma sono tanti i Volpe in Italia, qualche nome: Donato Marra, consigliere di
Stato, segretario generale del Quirinale; Paolo Troiano, consigliere di Stato, commissario
Consob; Michele Corradino, consigliere di Stato e più volte capo e vice capo di gabinetto dei
ministri (Santagata, Scajola, Prestigiacomo, Catania), appena nominato all'Anac; Roberto
Garofoli, consigliere di Stato, capo gabinetto Padoan (già segretario generale presidenza Letta
e capo gabinetto di Patroni Griffi); Mario Alberto Di Nezza, consigliere di Stato, capo gabinetto
Lorenzin; Gerardo Mastrandrea, consigliere di Stato, capo ufficio legislativo ministro Lupi;
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Giuseppe Chiné, consigliere di Stato, capo ufficio legislativo ministro Lorenzin. Ora non hanno
più il problema di scegliere se tornare a fare il magistrato o meno.
Ebbene, l'illusionista al Governo Renzi non possiede di certo la bacchetta magica per
risolvere tutti i problemi di Italia, ma riceve però puntualmente sulle mani la bacchetta del
rigore della Merkel, che incassa evidentemente con compiaciuto passivismo masochista. Renzi
e le sue 50 sfumature...di nulla. Si ricorda inoltre che tutti i governi, più o meno nominati, che
si sono avvicendati, hanno sempre assecondato la politica europea dell'austerità, fino a
mettere in Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio senza che fosse necessario. E i
risultati disastrosi di questa politica sono quelli che ci ha fornito ieri l'ISTAT.
Dichiaro, pertanto, il voto contrario del MoVimento 5Stelle e aspettiamo fiduciosi il prossimo
decreto «Sóla Italia» di Renzi, certi che le nostre aspettative sulle prossime illusioni propinate
agli italiani non saranno tradite (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sereni. Ne ha
facoltà.
MARINA SERENI. Presidente, colleghi, ministra, rappresentanti del Governo con il voto di
oggi diventa legge un provvedimento che quest'aula ha esaminato molto a lungo nei giorni
scorsi. Non devo dunque entrare nel dettaglio delle misure che esso contiene e che sono state
perfettamente richiamate dal relatore Fiano, dai colleghi Richetti, Giorgis, Lattuca, in prima
lettura e ancora questa mattina.
Mi soffermerò invece, piuttosto, sul significato generale di un intervento che intende essere
un'anticipazione di una riforma molto più ampia. Vorrei cioè provare a rispondere ad alcune
domande. Perché un intervento su questo settore proprio ora ? Con quale ambizione ? C’è un
nesso tra i dati economici difficili, che ancora ieri l'Istat ci ha ricordato, e il funzionamento della
macchina pubblica italiana ?
Partiamo da un giudizio d'insieme: nel pubblico impiego in senso lato, a livello centrale ma
anche nel territorio, lavorano competenze importanti, persone valide che mediamente non
godono di trattamenti economici particolarmente elevati e che, in questi anni di crisi, al pari di
tante altre categorie di lavoratori, hanno subito scelte inevitabili, anche se non sempre giuste
ed efficaci, dettate dalla necessità di contenere la spesa.
Eppure, nonostante queste competenze, il sistema nel suo insieme non funziona come
dovrebbe e le inefficienze, le lungaggini, le storture e le arretratezze della pubblica
amministrazione italiana sono ormai da tempo uno dei fattori che concorre a rendere il nostro
Paese meno dinamico e competitivo di quanto potrebbe e dovrebbe essere.
Non c’è statistica o rilevazione che non evidenzi questo dato. Nell'ultima classifica mondiale
sulla competitività pubblicata dal World Economic Forum, l'Italia ha perso ancora posizioni e,
se andiamo a leggere più nel dettaglio le singole voci prese in esame, scopriamo che la decima
economia del mondo (perché questo noi siamo, nonostante la crisi economica !) è al 140o
posto su 148 per la fiducia dei cittadini verso la politica, al 103o per l'etica delle imprese, al
126o per i favoritismi nelle decisioni dei funzionari pubblici, al 139 o posto per spreco di risorse
pubbliche, al 126o posto per capacità di attrarre talenti.
Nonostante questi numeri poco lusinghieri, la capacità complessiva di innovazione del Paese
ci colloca, invece, al 31 oposto. Perché sono partita da questi dati ? Perché danno conto dello
scarto drammatico tra realtà e potenzialità, tra ciò che siamo e ciò che potremmo essere, se
aggredissimo con coraggio e con determinazione le nostre debolezze strutturali, quelle che
impediscono al Paese di crescere e quelle che mortificano le tante risorse culturali,
imprenditoriali, di saper fare e di creatività, di cui questo Paese è ricco.
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Se poi andiamo a guardare alcuni indicatori più specifici, come quelli che la Banca mondiale
utilizza per il rapporto «Doing Business 2014 (avvio d'impresa, ottenimento di permessi edilizi,
facilità nella registrazione della proprietà, capacità di far rispettare i contratti, risoluzione delle
dispute commerciali) non possiamo non vedere come uno, forse il principale, »collo di bottiglia”
che dobbiamo assolutamente rompere, riguarda proprio la modernizzazione e la
semplificazione del nostro apparato burocratico.
Ecco perché nel programma dei mille giorni, che il Governo Renzi ha proposto al Parlamento
e al Paese, il cambiamento della pubblica amministrazione non poteva che avere un posto
centrale. Ecco perché, mentre assumiamo la responsabilità del semestre di Presidenza
dell'Unione, ponendo lì una grande necessità di un'agenda politica economica nuova
dell'Europa, che metta al centro finalmente occupazione e investimenti ed invece accantoni
l'austerità senza aggettivi, mentre facciamo questo in Europa, non possiamo rallentare o
diminuire la portata delle riforme che dobbiamo fare noi, qui, a casa nostra.
Il decreto che oggi convertiamo è un tassello – è stato già detto – di una strategia di
riforma più vasta, che il Governo ha affidato ad un disegno di legge delega, di cui avrà inizio
l'iter a settembre al Senato. Ma già oggi le linee di fondo di questa volontà riformatrice sono
chiare: semplificazione, innovazione, ringiovanimento delle competenze, efficienza,
eliminazione degli sprechi, trasparenza.
E poi lotta alla corruzione e pulizia negli appalti, perché non c’è inefficienza peggiore in un
sistema pubblico di quella che penalizza il merito e la qualità e spreca denaro dei contribuenti
per far ingrassare corrotti e corruttori. Non c’è inefficienza peggiore della corruzione.
Stiamo parlando dunque di un impianto molto coraggioso che la Ministra Madia ha
giustamente rivendicato in un confronto serrato e positivo con il Parlamento che ha
indubbiamente, dal nostro punto di vista, migliorato il provvedimento nella direzione
dell'equità. Proprio per questo non abbiamo potuto nascondere l'amarezza per la scelta del
Governo di stralciare al Senato alcune norme che in questo ramo del Parlamento avevano visto
la volontà e il concorso di tutti i gruppi.
Abbiamo preso atto di questa decisione, abbiamo registrato l'impegno a tornare su quelle
materie con un provvedimento ad hoc e ci adopereremo come gruppo del Partito Democratico
perché quell'impegno si realizzi concretamente. Riteniamo tuttavia che il risultato finale sia
molto positivo per la serietà e la profondità dell'azione di riforma della pubblica
amministrazione che oggi iniziamo e che richiederà ancora molta energia nei prossimi mesi.
Ieri il Presidente del Consiglio si è rivolto ai parlamentari della maggioranza indicando dieci
punti, dieci priorità, sulle quali nei prossimi mesi saremo chiamati a legiferare. Tra queste,
cinque obiettivi che attengono complessivamente alla qualità del sistema pubblico: riforma del
fisco, per renderlo più semplice, per combattere meglio la grande evasione e aiutare i
contribuenti a rispettare le regole; riforma del mercato del lavoro, per favorire nuove
assunzioni, per ridisegnare il sistema delle tutele guardando alle nuove emergenze prodotte
dalla crisi; riforma della giustizia, per abbreviare i tempi, per dare certezza a cittadini e
imprese; riforma della pubblica amministrazione, per valorizzare il merito e l'efficienza e
tagliare privilegi e sprechi; decreto «sblocca-Italia», per realizzare opere già finanziate, per far
partire i cantieri fermi per ragioni puramente burocratiche, per rimuovere gli ostacoli che
impediscono ai privati di fare investimenti in settori strategici per lo sviluppo dell'Italia.
Dobbiamo essere consapevoli della sfida che ci stiamo ponendo. Dovremo contrastare
conservatorismi di ogni tipo, dovremo vincere pigrizie e consuetudini consolidate, dovremo
smentire scetticismi, dovremo chiamare a raccolta e mobilitare le tante energie sane e
dinamiche di cui il Paese dispone e che sanno che senza il cambiamento non c’è futuro.
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Ecco, Presidente Renzi, i deputati del Partito Democratico nell'esprimere il voto favorevole
al «decreto Madia» vogliono dirvi, vogliono dire a lei, al Governo, al Ministro Madia, ai
sottosegretari presenti che ci siamo, siamo pronti ad affrontare e vincere questa sfida
riformatrice. Se, come credo, riusciremo in questo intento, una legislatura iniziata all'insegna
della sfiducia e dell'antipolitica ridarà credibilità alle istituzioni democratiche e soprattutto
speranza agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole
Boccia. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale alla fine di un lavoro
complesso fatto dai due rami del Parlamento, per chiarire alcuni passaggi che io penso siano
utili non solo all'Aula ma anche al Governo. Perché quello che è accaduto sugli emendamenti
stralciati, io ritengo sia una inevitabile frattura che va ricomposta, ma va ricomposta sapendo
fino in fondo quello che è accaduto.
Ricordo che la ragione principale dell'eliminazione delle misure a favore della categoria di
soggetti chiamata «quota 96», inserita in un provvedimento, che era l'unico provvedimento
che ci consentiva ad agosto di far diventare legge un diritto negato da due anni, e mi spiace
che sia accaduto sulla riforma della pubblica amministrazione, eccellente, e faccio mie le parole
della Vicepresidente Sereni, ma era l'unico provvedimento di agosto e dal Governo era stato
annunciato con tre diversi provvedimenti in tre diversi momenti, che non richiamo e che tutti i
colleghi conoscono.
Vengo alla questione delle coperture. La relazione tecnica predisposta dal Ministero
dell'economia e delle finanze, firmata dalla Ragioneria generale dello Stato, segnalava, tra
l'altro, rispetto alla copertura finanziaria, lo metto tra virgolette, «criticità connesse a forme di
copertura già operate con precedenti interventi attraverso l'accantonamento o la riduzione
degli stanziamenti relativi alle spese rimodulabili, con conseguente elevato rischio di
determinare la formazione di debiti fuori...»
RENATO BRUNETTA. Ma riapriamo il dibattito ?
PRESIDENTE. Mi scusi un attimo, onorevole Boccia. Onorevole Brunetta, non è che si riapre
il dibattito, ci sta una dichiarazione di voto a titolo personale dell'onorevole Boccia. Non è che
si riapre il dibattito, è un deputato che ha diritto...
RENATO BRUNETTA. Va bene, uno o due minuti.
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, la prego di concludere.
FRANCESCO BOCCIA. In altri termini, onorevole Brunetta, io sono sicuro che converrà poi
con me, perché penso sia utile per tutti. In questa relazione tecnica si sostiene che l'ulteriore
accantonamento di risorse di bilancio – 45 milioni rispetto ai 35 stimati – potrebbe essere il
classico fenomeno naturale della goccia che fa traboccare il vaso.
RENATO BRUNETTA. Non si è mai vista una cosa del genere (Commenti dei deputati del
gruppo Partito Democratico) !
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, deve concludere.
FRANCESCO BOCCIA. Chiudo, in questa fase più avanzata il Governo ha licenziato un
decreto-legge sulle missioni internazionali che di fatto copre, con la stessa copertura, le
missioni internazionali pari a 213 milioni. Ora, io penso che la spending review...
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PRESIDENTE. Onorevole Boccia, deve concludere.
FRANCESCO BOCCIA. Chiudo, che la spending review chiesta al Ministero della difesa per i
4 mesi che vanno da questo momento alla fine dell'anno sono uno sforzo che
quell'Amministrazione è in grado di fare, è stato certificato...
RENATO BRUNETTA. Basta !
FRANCESCO BOCCIA. Lo dico per chiudere questo ragionamento. È stato certificato
successivamente alle valutazioni fatte presso la Camera dei deputati, io penso che sia stato
corretto certificare le missioni internazionali esattamente come era corretto certificare quelle
coperture. Grazie, Presidente.
PRESIDENTE. Onorevole Brunetta, le sue intemperanze sono assolutamente fuori luogo !
Non è un (Commenti del deputato Brunetta)...Mi ascolti, onorevole Brunetta ! Ogni tanto,
ascolti ! Questo è un decreto-legge sul quale non c’è contingentamento e sul quale ciascun
deputato può intervenire. Se lei vuole intervenire, intervenga ! Lei sa che c’è un appuntamento
dopo, ha chiesto a titolo personale, anzi, ho tolto dei (Commenti del deputato Brunetta)...No,
su un decreto, onorevole Brunetta, la prego di sfogliare il Regolamento, si parla dieci minuti,
come lei sa, perché è stato usato anche come strumento di ostruzionismo, come lei sa
perfettamente.
Io ho chiesto all'onorevole Boccia la cortesia di parlare a titolo (Commenti del deputato
Brunetta)...Non esiste, onorevole Brunetta, ha diritto di parlare dieci minuti. Io ho chiesto
all'onorevole Boccia di essere più sintetico perché abbiamo un appuntamento fra cinque minuti.
Così stanno le cose, onorevole Brunetta, le assicuro che siamo assolutamente... E non c’è
bisogno del Regolamento, il presidente Boccia lo conosce benissimo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole
Castelli. Ne ha facoltà.
LAURA CASTELLI. Signor Presidente, sarò brevissima anch'io visti gli appuntamenti che
seguono, molto importanti. Io ringrazio il presidente Boccia di questo appunto e forse questa è
proprio la sede in cui bisogna fermarsi un attimo e capire che certe equilibri stanno mancando,
allora forse il Governo dovrebbe, oltre a spiegarci quello che gli chiederemo in questi giorni,
spiegarci come mai c’è un tale problema tra Ragioneria, il Governo stesso, il Presidente del
Consiglio, il Ministro dell'economia, perché ? Allora, è chiaro davanti agli occhi di tutti, quello
che è successo è chiaramente una cosa su cui riflettere.
Bisogna anche riflettere sul fatto che il presidente di una Commissione importante, come la
Commissione bilancio, non possa o non riesca a tutelare quell'equilibrio che c’è tra Parlamento
e
Governo.
Allora, cerchiamo di capire se è un'incapacità del presidente della Commissione o
un'impossibilità politica. Questa però è una risposta che alle opposizioni dovete dare perché noi
non possiamo pagare i vostri impicci personali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5
Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole
Brunetta. Ne ha facoltà.
RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, al di là della stima personale nei confronti del
presidente Boccia, non posso non rilevare la gravità delle affermazioni da lui fatte e, di fatto,
l'apertura di una crisi istituzionale (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico)
all'interno di questo ramo del Parlamento perché, quando il presidente della Commissione
bilancio fa le affermazioni che abbiamo sentito e denuncia di fatto il conflitto all'interno del
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Governo tra Ragioneria, Ministero dell'economia e delle finanze, Parlamento, lo scoordinamento
che abbiamo visto tutti giorni noi che viviamo e subiamo tutti giorni, il caos, i decreti che
hanno bisogno di tre fiducie.
Quando sentiamo l'onestà intellettuale e politica del presidente della Commissione bilancio
che denuncia queste cose, noi stiamo zitti ? Questa Camera sta zitta ? Di fronte all'andamento
della nostra economia e della nostra congiuntura, siamo veramente in presenza di una crisi
istituzionale, la più delicata e la più preoccupante, signor Presidente della Camera pro
tempore, in questo momento.
Per questa ragione, io sono intervenuto e mi scuso delle intemperanze, ma veramente una
cosa di questo genere, nella mia lunga esperienza parlamentare, non l'avevo mai sentita. Qui
siamo a una crisi esplicita, all'interno dell'istituzione parlamentare, tra Governo, Camera,
Ragioneria generale dello Stato, Ministero dell'economia e delle finanze. I risultati li vediamo e
io credo che a tutti noi convenga una riflessione su ciò, riflessione che chiederemo tra pochi
minuti al Ministro Padoan, ma di cui dovremmo chiedere conto al Presidente del Consiglio. La
ringrazio ancora per avermi dato la parola (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il
Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Vorrei chiarire all'onorevole Brunetta che io non mi permetterei mai – non
sarebbe compito della Presidenza – intervenire sul merito delle questioni che lei rileva.
Facevo semplicemente presente che, siccome lei si lamentava dell'intervento dell'onorevole
Boccia, dal punto di vista regolamentare, l'intervento era assolutamente legittimo.
Ovviamente, le valutazioni politiche spettano ai gruppi, ai deputati e non certo alla Presidenza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole
Guidesi. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, io sarò breve, però mi rivolgo a lei perché sulla
questione che ha citato il presidente Boccia io oggi avevo presentato un ordine del giorno nel
quale praticamente chiedevo, vista la questione di «quota 96» e tutto quello che c’è stato, al
Governo di non utilizzare nei futuri provvedimenti di propria competenza risparmi di spesa
prima che essi siano stati effettivamente e concretamente conseguiti.
Questo perché il Governo ha dato parere contrario a questo ordine del giorno,
incoerentemente rispetto a quanto fatto sulla questione di «quota 96», perché su «quota 96» il
Governo ci ha detto che non c'erano le coperture, però – chiudo, Presidente – rivolgendomi a
lei nella sua funzione di Presidente oggi di quest'Aula, perché le dichiarazioni del presidente
Boccia ci dicono due cose essenzialmente e bisogna capire qual è la cosa attestabile ed
ufficiale.
La prima è che il Governo sulle coperture ha mentito perché le ha utilizzate per altro; le ha
utilizzate anche per altro e queste coperture ci potevano essere proprio perché sono state
utilizzate anche per altro, indi per cui il Governo ha fatto una scelta politica, la scelta politica di
cancellare «quota 96» in questo momento e questa è la prima ipotesi.
La seconda ipotesi è quella che i tecnici della Ragioneria o del Ministero dell'economia e
delle finanze hanno fatto una scelta politica.
E questa è una cosa che io rimando a lei, Presidente di quest'Aula pro tempore, perché
venga assolutamente chiarita. Infatti, o una o l'altra cosa, ma ci deve essere una spiegazione
ufficiale a tutto il Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole
Marcon. Ne ha facoltà. Pregherei anche lei di essere il più breve possibile.
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GIULIO MARCON. Signor Presidente, un minuto solo. Intervengo solamente per dire che le
affermazioni del presidente Boccia sono molto gravi, perché in realtà testimoniano che c’è una
frattura politica, come ricordava anche il presidente Brunetta, tra il Governo e la sua
maggioranza.
Le obiezioni della Ragioneria non sono obiezioni tecniche, sono obiezioni politiche, come
ricordava adesso anche l'onorevole Guidesi. I soldi e le coperture per i giornalisti si sono
trovati, ma per i lavoratori di «quota 96», no. Questo è un problema molto serio e a rimetterci
purtroppo non è tanto il rapporto tra Governo, Parlamento e maggioranza, che ovviamente è
un problema serio, ma sono i lavoratori che sono qui fuori a decine a protestare contro la
scelta che avete fatto (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Lega Nord e
Autonomie). Di questa scelta io direi che dovete un po’ vergognarvi, perché la questione di
«quota 96» è in ballo da molti mesi e avete detto a più riprese che avreste risolto il problema.
Ho sentito anche membri della maggioranza dire che non avrebbero votato la fiducia se non
ci fosse stata questa misura. La fiducia l'hanno votata e io direi che ci vorrebbe un po’ di
vergogna e un po’ di solidarietà per questi lavoratori che sono qui fuori e verso i quali
dobbiamo avere riconoscenza e ai quali dobbiamo dare tutto l'aiuto possibile per risolvere il
prima possibile questo annoso problema (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia
Libertà).
PRESIDENTE. Colleghi, lo dico in particolare ai rappresentanti dei gruppi che erano presenti
nelle riunioni della Conferenza dei capigruppo, dove si sono presi gli accordi per la giornata di
oggi, voi sapete che noi abbiamo un impegno alle 14 con il Ministro Padoan, richiesto in
particolare dalle opposizioni. Vedo che altri colleghi chiedono la parola. Semplicemente
dobbiamo essere consapevoli...
ROCCO PALESE. Se rinunciamo tutti...
PRESIDENTE. Siccome è iscritto a parlare l'onorevole Rizzetto, stavo dicendo esattamente
la stessa cosa agli altri colleghi. Ma la Presidenza non può impedire ai colleghi di parlare. È
chiaro che con una cosa del genere....
RENATO BRUNETTA. Aspetterà Padoan !
PRESIDENTE. Onorevole Brunetta, io non ho nessun problema. Io attuo un accordo che si è
raggiunto in Conferenza dei capigruppo. Se cambiano le cose, io non so che cosa dire. Ha
chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Palese. Ne ha facoltà
(Commenti dei deputati dei gruppo MoVimento 5 Stelle).
Forse pensate che la Presidenza sappia chi si è iscritto prima a parlare e chi si è iscritto
dopo ? Allora ? Onorevole Rizzetto, era iscritto a parlare prima l'onorevole Palese.
WALTER RIZZETTO. Non è vero.
PRESIDENTE. Ma come fa a dire che non è vero ? Me lo segnalano gli assistenti
parlamentari. Stiamo a scuola proprio. Scusi, onorevole Palese. Prego, onorevole Rizzetto.
WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, io mi scuso perché sa che la rispetto, però
evidentemente io e l'onorevole Palese siamo a pochi metri di distanza, quindi ho notato...
PRESIDENTE. Va bene, onorevole Rizzetto, il Presidente si è sbagliato. Vogliamo occupare i
prossimi minuti per discutere di questo ?
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WALTER RIZZETTO. Perfetto. Io mi sento di intervenire, signor Presidente, in quanto faccio
parte della Commissione lavoro. «Quota 96» ha toccato anche spesso gli aspetti della nostra
Commissione. Trovo drammatica la difesa ad oltranza del presidente Boccia, che in un primo
momento aveva sbandierato a mari e a monti, in TV, sui giornali la risoluzione effettiva del
problema «quota 96». Non avete risolto un bel niente, avete fatto degli annunci assolutamente
non validi nei confronti di queste persone !
A questo punto si rimanda la risoluzione di questo problema ad un ulteriore passaggio. Non
raggiungerete la quadra neanche in un ulteriore passaggio e perché ? Ve lo spiego subito. La
maggioranza, Presidente, è di fatto commissariata dalla Ragioneria, nel senso che il
Parlamento non decide se la Ragioneria non decide o non dà il nulla osta (Applausi dei deputati
del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Ricordiamoci che abbiamo votato la fiducia su un decreto-legge senza avere la bollinatura
da parte della Ragioneria, che dopo chiaramente al Senato ha fatto sentire la sua voce,
facendo cadere il palco in tutta fretta.
Chiudo, Presidente, ricordando in ultimo anche all'onorevole Brunetta, che parla di una crisi
di Governo, istituzionale, se crisi debba esserci corrisponde anche a voi, perché voi state
facendo la legge elettorale, di fatto, in maggioranza con il Partito Democratico (Applausi dei
deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Onorevole Rizzetto, la prego...
WALTER RIZZETTO. Quindi, se qualcuno deve andare a casa, deve andare a casa da una
parte e anche dall'altra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole
Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Signor Presidente, io ho chiesto la parola per un motivo molto semplice,
perché in questa legislatura più volte sono intervenuto sull'aspetto del rispetto dell'articolo 81
della Costituzione. E più volte ho ribadito che esiste effettivamente un problema
sull'organizzazione dei lavori, anche in riferimento a quello che accade nella Commissione
bilancio, con i pareri che deve esprimere la Ragioneria generale dello Stato. Chiariamo subito
un aspetto: se il Governo di un Paese viene meno ad alcuni cardini importanti, tipo il rispetto
dell'articolo 81 della Costituzione, e sul valore istituzionale, prima ancora che politico, del
rispetto di alcune regole, vuol dire che noi siamo finiti nel baratro.
L'articolo 81 della Costituzione stabilisce in maniera inequivocabile che, in questo caso, il
MEF o la Ragioneria generale dello Stato esprimono dei pareri e i pareri vanno rispettati.
Diciamocela tutta: qui c’è un'aggressione enorme nel non rispettare l'articolo 81 e nel non
rispettare la Ragioneria generale dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il
Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) ! È questo il problema ! In una situazione dove
siamo appena usciti fuori dall'infrazione con l'Europa e quant'altro, si vuole addirittura fare che
cosa ? Mettere in discussione il ruolo della Ragioneria generale dello Stato. Ma stiamo
scherzando ? La stiamo delegittimando qui dentro con quello che accade continuamente. Ha
ragione Boccia. Che cosa è successo all'interno della Commissione bilancio ? Che nonostante il
parere negativo della Ragioneria generale dello Stato, nonostante il parere negativo del
Governo, per una volontà politica si è voluto andare avanti rispetto alle norme.
Si sapeva già che il destino sarebbe stato quello, cioè che la Ragioneria generale dello Stato
non poteva e non doveva bollinare quel provvedimento che mancava di copertura finanziaria.
Le responsabilità sono solo del Governo. Il Governo non continui a coprirsi e a dare le
responsabilità che non ha alla Ragioneria generale dello Stato perché quando il Governo ha
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voluto adottare l'articolo 1-ter per il prepensionamento dei giornalisti, con le pensioni baby, su
input del Governo medesimo la Ragioneria generale dello Stato ha trovato tranquillamente la
copertura finanziaria. È il Governo che non dice dove fare la variazione da una parte all'altra,
da un capitolo di un Ministero all'altro, cosa che poteva essere fatta anche per «quota 96», ma
non è stata fatta. La controprova: il Presidente Renzi, giustamente dal suo punto di vista,
annuncia che risolverà il problema facendo quello che non ha voluto fare attualmente. Quindi,
è inutile che si parli della Ragioneria generale dello Stato e quant'altro, delegittimando e,
peggio ancora, creando una cosiddetta struttura parallela alla Presidenza del Consiglio. Essa
che cosa dovrebbe fare ? Cerchiamo di stare attenti rispetto a tutte queste situazioni perché c’è
una situazione gravissima che si sta instaurando, caro Presidente. E anche la Presidenza della
Camera, non solo quella del Senato, deve necessariamente cercare di fare rispettare queste
regole perché è dentro queste regole che può essere assicurata la tenuta dei conti pubblici
dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi
Presidente).
TITTI DI SALVO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Pregherei anche lei, se è possibile. Ne ha facoltà.
TITTI DI SALVO. Signor Presidente, trenta secondi. Io vorrei provare a sottrarre
l'argomento serio di cui stiamo parlando da una polemica politica molto forte che sovrasta
l'argomento con altri temi. C’è un argomento su cui tutto il Parlamento è d'accordo, poi ognuno
ci mette il carico della sua posizione parlamentare, l'opposizione e la maggioranza, ma siamo
tutti d'accordo sul fatto che «quota 96» vada risolta. Questa è la prima considerazione. La
seconda: il Governo ha dato parere favorevole a un ordine del giorno a mia prima firma in cui
si dice: «valutare l'opportunità di» (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Io
penso che questa unanimità del Parlamento, rispetto all'interesse a risolvere il problema,
debba aiutare il Governo a decidere che quel «valutare l'opportunità» diventi una decisione,
sottraendola dalla polemica in cui si mette la legge elettorale insieme a cos'altro e invece
provando a circoscrivere l'interesse su quei lavoratori che effettivamente qui davanti aspettano
la soluzione.
(Votazione finale ed approvazione – A.C. 2486-B)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge
di conversione n. 2486-B, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Galperti, Cassano, Sannicandro, Locatelli, Ragosta, Fanucci.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante
misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli
uffici giudiziari» (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (2486-B):
Presenti 475
Votanti 466
Astenuti
9
Maggioranza 234
Hanno votato sì 303
Hanno votato no
163
La Camera approva (Vedi votazioni).
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La seduta termina alle 19,30.
TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI LELLO DI GIOIA,
NAZZARENO PILOZZI E GIAN LUIGI GIGLI SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N.
2486-B
LELLO DI GIOIA. Il decreto in esame mira a rendere più efficiente ed efficace la pubblica
amministrazione, di cui conosciamo bene gli sprechi, 1a farraginosità, la poca efficienza, la
complessità di un sistema burocratico tortuoso, incapace di snellirsi e di innovarsi, che nel
corso del tempo ha reso sempre più acuta la frattura tra cittadini e Stato, rendendo i primi
sempre più incapaci di consolidare ed accrescere la propria fiducia nelle istituzioni. Noi socialisti
voteremo a favore di questo decreto perché crediamo che questa frattura vada risanata, e che
questo Paese abbia bisogno di riforme strutturali e concrete, che consentano alla macchina
Statale di migliorare il proprio funzionamento e di valorizzare al meglio le proprie risorse,
affinché il Paese possa procedere verso la sola direzione auspicabile che è quella della crescita
e dello sviluppo economico. Il decreto è un provvedimento complesso, che affronta nei suoi 54
articoli questioni numerose e diversificate, ma in diversa misura riconducibili alla sfera della
Pubblica Amministrazione. La questione del lavoro e la crescente disoccupazione che interessa
il mondo giovanile ma non solo, e che investe tutto il Paese ma soprattutto il Mezzogiorno
d'Italia, rende di primaria importanza le misure del provvedimento tese alla creazione di nuovo
impiego nel settore pubblico favorendo i pensionamenti anticipati; al fine di favorire il ricambio
generazionale nel settore della pubblica amministrazione, vengono abrogate tutte le norme che
disciplinano il trattenimento in servizio per ulteriori due anni dopo il raggiungimento dell'età
pensionabile, creando nuove opportunità di lavoro e nuove speranze per tutti quei giovani,
precari e disoccupati per i quali è sempre più un miraggio trovare un'adeguata collocazione nel
mercato del lavoro e soprattutto nel settore pubblico. Il decreto introduce l'istituto della
risoluzione unilaterale del contratto da parte della P.A. nei confronti dei dipendenti che hanno
maturato i requisiti pensionistici, con scelta che dovrà essere motivata da esigenze
organizzative e nel rispetto dei limiti d'età, impedendo così che vi siano penalizzazioni
nell'assegno pensionistico. Per i professori e ricercatori universitari e per i dirigenti medici, l'età
pensionabile si alza invece fino a 65 anni. Anche i dirigenti delle pubbliche amministrazioni
potranno andare in pensione a 62 anni e 4 mesi, piuttosto che a 66 (purché abbiamo raggiunto
i 42 anni e 3 mesi di contributi); le amministrazioni potranno inoltre decidere se congedarli con
un preavviso di 6 mesi, oppure mantenerli in carica qualora rappresentino delle risorse
essenziali per l'amministrazione. Con questo decreto si risolve finalmente l'ingiusta e annosa
questione degli «ex 96» o «esodati della scuola», ai quali la Riforma Fornero ha impedito di
andare in pensione nonostante avessero raggiunto nell'anno scolastico 2011/12 la fatidica
«quota 96», un vero e proprio errore tecnico al quale sarà posto rimedio a partire dal
settembre 2014 , quando 4 mila persone tra insegnanti e altro personale della scuola
riusciranno ad andare in pensione, lasciando la staffetta ad una nuova generazione di
lavoratori. Sempre nell'ottica di favorire il rilancio dell'occupazione e di rendere più efficiente la
Pubblica Amministrazione, vengono rimodulate le limitazioni al turn over per determinate
amministrazioni dello Stato e per altri enti, nel periodo 2014-2018, prevedendo anche un
graduale aumento delle percentuali di turn over dal 2014-2015 al 2018. Si incentiva il
pensionamento anticipato, eliminando le irragionevoli e vessatorie penalizzazioni frutto della
Riforma Fornero, poste a coloro che vanno in pensione di anzianità prima dei 62 anni. Si
riconosce alle Regioni e agli Enti locali virtuosi la possibilità di derogare al Patto di stabilità
interno, e di poter assumere nuovo personale attraverso procedure concorsuali, purché non vi
siano già vincitori di concorso pubblico in lista d'attesa nelle graduatorie della medesima
amministrazione. Discussa è la norma relativa alla mobilità obbligatoria, che consentirà di
trasferire un dipendente pubblico da un ufficio all'altro senza necessità di dover fornire alcuna
spiegazione, ad eccezione che si ecceda la distanza limite di 50 chilometri, o nel caso di
genitori con figli sotto i tre anni, o con problemi per i quali interverrebbero le tutele della legge
104, questo provvedimento si rende tuttavia necessario in un'ottica di efficientamento e
razionalizzazione
della
pubblica
amministrazione.
Ma il nostro Paese ha purtroppo un altro male dilagante ed infestante, ed è quello relativo
62
alla corruzione, un fenomeno radicato nel settore degli appalti pubblici, come attestano
peraltro le recenti vicende del MOSE e dell'Expo2015, e che richiede un'azione efficace ed
immediata da parte del Governo attraverso l'attuazione di misure urgenti che riguardano il
sistema di vigilanza degli appalti. Il decreto interviene a tale scopo, attraverso la soppressione
dell’ AVCP – Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, e il
trasferimento dei suoi compiti e funzioni all'ANAC – Autorità nazionale anticorruzione, che
provvederà a presentare un piano di riordino dell'Autorità stessa. All'ANAC vengono attribuite
ulteriori nuove funzioni e al suo presidente vengono assegnato il compito di formulare proposte
per la gestione degli appalti dell'Expo2015. Vengono inoltre attribuiti compiti di sorveglianza al
presidente dell'ANAC relativamente alle opere dell'Expo 2015, e l'unità operativa speciale per
l'esposizione universale 2015 dovrà operare fino alla completa esecuzione dei contratti di
appalto di lavori, servizi e forniture; al presidente dell'ANAC viene inoltre affidato il potere di
commissariare anche le società appaltatrici dei lavori, se coinvolte nelle inchieste per
corruzione. Il provvedimento mira inoltre a rendere più innovativa la pubblica amministrazione,
ricorrendo alla digitalizzazione e all'introduzione di procedure telematiche, al fine di snellire e
rendere più facili talune pratiche burocratiche.
NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, Onorevole Ministra, colleghi, il decreto sulla
pubblica amministrazione torna in questa aula per la terza lettura ed è inutile negare che ne
rientra profondamente modificato e a nostro avviso non certamente in meglio dopo il
passaggio al Senato e soprattutto dopo la scure tecnocratica della Ragioneria. La mannaia
burocratica tesa a nostro avviso più a salvaguardare l'intoccabilità dei monasteri della
tecnocrazia che a salvaguardare i conti dello Stato non ci impedisce di continuare a credere
che la Pubblica Amministrazione italiana necessiti di una profonda ristrutturazione, di una
imponente opera di ammodernamento in maniera da consentirle di rispondere con efficienza ed
efficacia alle tante sfide che abbiamo di fronte, è un dato di fatto difficilmente contestabile.
Questo intoppo se da una parte non scalfisce il senso di questo decreto basato sul ricambio
generazionale dall'altro è indubbio che ne colpisce le misure più importanti sul piano della
giustizia
sociale
e
della
redestribuzione.
Resta quindi importante la scelta del Governo di dare priorità ad un tema strategico come la
riforma della P. A. che ovviamente non può trovare tutte le soluzioni necessarie in un decreto
legge. Oggi resta quindi di fondamentale importanza anche il percorso della legge delega
incardinata in Parlamento che dovrà contribuire a migliorare l'azione della pubblica
amministrazione
e
la
percezione
che
i
cittadini
hanno
di
essa.
Per queste elementari ragioni, non possiamo sottovalutare quanto accaduto sulla cosiddetta
quota 96 per gli insegnanti, per le vittime del terrorismo, per i contributi pensionistici e infine
per il pensionamento d'uffcio dei professori universitari misure su cui nonostante la valutazione
positiva della Commissione bilancio della Camera e dei Ministeri competenti sulle coperture si è
abbattuto il pollice verso della Ragioneria che ha obbligato il Governo e la politica a piegare la
testa vanificando in parte la positività di uno sforzo, compiuto dal Governo e dalla Ministra
Madia, volto ad introdurre elementi di novità importanti nella Pubblica Amministrazione
italiana.
Sul ricambio generazionale vorrei ripetere le parole pronunciate in quest'aula la settimana
scorsa
in
occasione
del
primo
passaggio
di
questo
provvedimento.
Ovviamente non ci sfugge che sul ricambio generazionale si poteva e si deve fare di più,
abbiamo iniziato a scalfire dei totem sinora intoccabili, abbiamo assistito sino all'ultimo minuto
utile di lavoro in Commissione a pressioni lobbistiche assurde, tese ad arginare la possibilità
per i giovani di assurgere a incarichi sinora ritenuti appannaggio di intoccabili baronie. Ed è in
questa ottica che leggiamo alcune assurde prescrizioni della Ragioneria, e bene ha fatto il
Governo a tenere il punto e bene il Parlamento a ribadire la propria autonomia e la propria
competenza sull'indirizzo politico del Paese. Non ci sfuggiva cosa stesse accadendo e siamo
veramente dispiaciuti che non si è riusciti a tenere il punto sino alla fine. Ma questa vicenda
deve esserci di monito, su come è organizzata la macchina statale e burocratica. Su chi oggi
detiene veramente il potere decisionale nel nostro paese, in una specie di Facebook
tecnocratico in cui il Parlamento deve attendere il «mi piace» determinante su ogni
provvedimento approvato. Ormai siamo ad una specie di giudizio di terzo grado da parte della
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Ragioneria che si sta trasformando in una sorta di cassazione della volontà popolare .Tutto ciò
deve farci riflettere anche in funzione della riforma costituzionale in discussione al Senato,
deve farci riflettere sulle conseguenze della costituzione del superministero economico voluto
da
Bassanini.
Bisogna riflettere su come evitare che vi sia un luogo non eletto unico detentore delle chiavi
e ancor peggio delle conoscenze dei conti pubblici del Paese. E ci piace pensare che la cabina di
regia che il Presidente del Consiglio sta costruendo per vigilare sulle questioni economiche sia
anche un modo per bilanciare questo super potere. Ma ciò non basta bisogna anche pensare a
come il Parlamento possa riappropriarsi della decisione sulla spesa pubblica così come previsto
dalla Costituzione, se non erro questo tema era anche nelle intenzioni dell'ex ministro
Saccomanni, e forse la sua idea di una Commissione parlamentare ad hoc va ripresa. Tra l'altro
le decisioni su questo decreto ci portano a pensare che non sia un caso che questa
organizzazione sul controllo dei conti pubblici porti ad essere rigorosissimi con i più deboli e
con ogni politica di equità e redistribuzione, e invece non sia servita a evitare la dazione di
ingenti denari pubblici e di regalie ai soliti noti avventori dei circoli che contano.
La grave battuta di arresto che abbiamo vissuto in questi giorni ci impedisce di esprimere
un voto favorevole a questo decreto, continuiamo ad apprezzarne le cose positive ma
l'eliminazione di quota 96 per gli insegnanti, dell’ indennità per le vittime del terrorismo, delle
penalizzazioni sui contributi pensionistici e infine il mancato pensionamento d'ufficio dei
professori universitari che abbiano compiuto i 68 anni ci impediscono di ribadire il nostro sì al
decreto. Sinceramente ci auguriamo, e l'approvazione dei nostri ordini del giorno ci fa essere
ottimisti, che queste misure possano trovare soluzione in prossimi e urgenti provvedimenti.
tanto più su quota 296 che come sappiamo impone la decisione in tempo utile per la finestra
pensionistica di settembre. L'immediata soluzione delle questioni cassate nel passaggio al
Senato oltre a dare risposte giuste e necessarie a tante cittadine e cittadini, riconsegnerebbe
fuori da qui la percezione di una politica che affronta l'ammodernamento della P.A. nel rispetto
e nella valorizzazione dei lavoratori, condizione necessaria per dotare finalmente di una
pubblica amministrazione al passo con i tempi. Per le ragioni illustrate annuncio il voto di
astensione della componente Libertà e Diritti Socialisti Europei.
GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, signora Ministro, intervengo per confermare il voto
favorevole del Gruppo «Per l'Italia» al varo definitivo del provvedimento che il Governo ha
proposto
in
materia
di
pubblica
amministrazione.
Lo approviamo oggi in terza lettura, una terza lettura che avremmo forse potuto evitare se
si fosse ragionato di più tenendo conto della logica dei numeri, invece che attivarsi sulla spinta
dell'emotività.
Come richiamato pochi giorni fa dall'Onorevole Buttiglione, votando la precedente fiducia su
questo stesso provvedimento, non si possono impegnare fondi prima ancora che essi si
rendano disponibili, fondi che per di più -se anche fossero disponibili- sarebbe bene investire
per ridurre la pressione fiscale. Gli assalti alla diligenza possono solo accrescere i pericoli che
gravano sul nostro Paese e non vorremmo che quanto si è verificato con questo provvedimento
fosse solo il preludio di quanto potrà accadere in autunno durante la discussione della legge di
stabilità.
II nostro senso di responsabilità e l'amore per il bene comune della nostra comunità
nazionale
debbono
impedire
che
ciò
possa
accadere.
Non ripercorrerò le ragioni che ci hanno indotto ad esprimere il nostro voto di fiducia una
settimana
fa.
Di
questo
provvedimento
abbiamo
apprezzato:
le misure in materia di lavoro pubblico, con particolare riferimento a quelle che potranno
favorire
l'ingresso
dei
giovani
nella
PA;
le
misure
riguardanti
l'organizzazione
della
macchina
della
PA;
gli interventi volti a incentivare la trasparenza e la correttezza delle procedure nei lavori
pubblici;
gli interventi in materia di giustizia, con particolare riferimento alla digitalizzazione del
processo.
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Auspichiamo però che dopo questo primo, importante passo fatto dal Governo, alla ripresa
dei lavori si proceda senza ritardi all'esame del disegno di legge delega sulla riforma
complessiva della PA, per completare il quadro e risolvere tutti quei problemi che ovviamente il
decreto
in
esame
non
poteva
affrontare.
Da questi provvedimenti potrà derivare non solo una riduzione dei suoi costi, ma
soprattutto una maggiore efficienza della PA della quale il Paese ha disperato bisogno per
tornare
a
crescere.
Una PA che non funziona è infatti una palla al piede dello sviluppo.
Se non bastassero queste considerazioni a convincerci, sono i dati sulle previsioni di
crescita diffusi proprio ieri dall'ISTAT ad obbligarci ad intervenire sul piano delle riforme per
invertire la rotta e ad imporci di intervenire proprio a partire dall'avvio di processi di
riorganizzazione efficiente del settore pubblico, completandoli con interventi strutturali, in
tema
di
riforma
costituzionale.
Non vi è dubbio, infatti, che il sistema delle funzioni amministrative, così come sono
organizzate tra Stato, regioni e autonomie locali, non funziona.
XVII LEGISLATURA
Allegato A
Seduta di Giovedì 7 agosto 2014
DISEGNO DI LEGGE: S. 1582 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL
DECRETO-LEGGE 24 GIUGNO 2014, N. 90, RECANTE MISURE URGENTI PER LA
SEMPLIFICAZIONE E LA TRASPARENZA AMMINISTRATIVA E PER L'EFFICIENZA DEGLI
UFFICI GIUDIZIARI (APPROVATO DALLA CAMERA E MODIFICATO DAL SENATO) (A.C.
2486-B)
A.C. 2486-B – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 6-bis, così come introdotto alla Camera, aveva disposto la non
applicazione delle riduzioni percentuali del trattamento previdenziale ai fini dell'accesso al
pensionamento anticipato, limitatamente ai soggetti che avessero maturato il requisito di
anzianità contributiva (42 anni e sei mesi per gli uomini e 41 anni e sei mesi per le donne)
entro il 31 dicembre 2017 a prescindere dal requisito anagrafico minimo di 62 anni;
il Senato, in sede di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014, ha soppresso tale
norma reinserendo l'obbligo, ai fini del pensionamento, della sussistenza dei requisiti e
dell'anzianità contributiva e dell'età anagrafica, come previsto dalla previgente normativa;
la normativa soppressa dal Senato, avrebbe potuto rappresentare una concreta
opportunità, da tempo perseguita, di ricambio generazionale nel mondo del lavoro,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare
iniziative normative volte a consentire l'accesso al trattamento pensionistico ai lavoratori e alle
lavoratrici che maturano il requisito dell'anzianità contributiva, così come prevista dalla vigente
normativa, entro il termine del 31 dicembre 2017, a prescindere dal possesso del requisito
dell'anzianità anagrafica, senza l'applicazione delle riduzioni percentuali del trattamento
previdenziale.
9/2486-B/1. Pilozzi, Migliore, Di
Salvo, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Piazzoni, Zan, Fava, Labriola.
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La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 6-bis, così come introdotto alla Camera, aveva disposto la non
applicazione delle riduzioni percentuali del trattamento previdenziale ai fini dell'accesso al
pensionamento anticipato, limitatamente ai soggetti che avessero maturato il requisito di
anzianità contributiva (42 anni e sei mesi per gli uomini e 41 anni e sei mesi per le donne)
entro il 31 dicembre 2017 a prescindere dal requisito anagrafico minimo di 62 anni;
il Senato, in sede di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014, ha soppresso tale
norma reinserendo l'obbligo, ai fini del pensionamento, della sussistenza dei requisiti e
dell'anzianità contributiva e dell'età anagrafica, come previsto dalla previgente normativa;
la normativa soppressa dal Senato, avrebbe potuto rappresentare una concreta
opportunità, da tempo perseguita, di ricambio generazionale nel mondo del lavoro,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in
premessa, al fine di adottare iniziative normative volte a consentire l'accesso al trattamento
pensionistico ai lavoratori e alle lavoratrici che maturano il requisito dell'anzianità contributiva,
così come prevista dalla vigente normativa, entro il termine del 31 dicembre 2017, a
prescindere dal possesso del requisito dell'anzianità anagrafica, senza l'applicazione delle
riduzioni percentuali del trattamento previdenziale.
9/2486-B/1. (Testo modificato nel corso della seduta). Pilozzi, Migliore, Di
Salvo, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Piazzoni, Zan, Fava,Labriola.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 25 del decreto-legge n. 90 del 2014, così come modificato dal Senato, ha
previsto la soppressione della disciplina in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di
tale matrice, di cui alla legge n. 206 del 2004;
la normativa soppressa in Senato prevedeva la possibilità di estendere i benefici di cui
all'articolo 3 comma 1, legge n. 206 del 2004 a favore dei soggetti che avessero subito una
invalidità permanente della capacità lavorativa derivante da atti e stragi a matrice terroristica,
nonché ai familiari indicati, doveva spettare al coniuge e ai figli dell'invalido, anche se il
matrimonio è stato contratto e/o i figli siano nati successivamente all'evento terroristico;
per l'attuazione delle disposizioni previste dalla normativa abrogata dal Senato, era
stata autorizzata la spesa di euro 1.000.000,00 a decorrere dal 2014, a valere sulle risorse del
Fondo nazionale integrativo per i comuni montani (comma 5-quinquies), di cui all'articolo 1
comma 319, legge n. 228 del 2012;
ciò crea una evidente disparità di trattamento tra coloro che fruiscono di tale beneficio e
coloro che non possono accedervi solamente per il fatto di essere nati o sposati
successivamente all'evento terroristico,
impegna il Governo
a reperire attivando ulteriori iniziative normative le risorse finanziarie necessarie al fine di
consentire al coniuge e ai figli di soggetti che avessero subito una invalidità permanente della
capacità lavorativa, derivante da atti e stragi di matrice terroristica, il beneficio della
reversibilità anche se il matrimonio e/o la nascita sia successiva all'evento terroristico e ciò
indipendentemente dall'esistenza di una posizione assicurativa al momento dell'evento
terroristico.
9/2486-B/2. Fava, Di
Salvo, Pilozzi, Piazzoni, Migliore, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Zan, Labriola.
La Camera,
premesso che:
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l'articolo 25 del decreto-legge n. 90 del 2014, così come modificato dal Senato, ha
previsto la soppressione della disciplina in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di
tale matrice, di cui alla legge n. 206 del 2004;
la normativa soppressa in Senato prevedeva la possibilità di estendere i benefici di cui
all'articolo 3 comma 1, legge n. 206 del 2004 a favore dei soggetti che avessero subito una
invalidità permanente della capacità lavorativa derivante da atti e stragi a matrice terroristica,
nonché ai familiari indicati, doveva spettare al coniuge e ai figli dell'invalido, anche se il
matrimonio è stato contratto e/o i figli siano nati successivamente all'evento terroristico;
per l'attuazione delle disposizioni previste dalla normativa abrogata dal Senato, era
stata autorizzata la spesa di euro 1.000.000,00 a decorrere dal 2014, a valere sulle risorse del
Fondo nazionale integrativo per i comuni montani (comma 5-quinquies), di cui all'articolo 1
comma 319, legge n. 228 del 2012;
ciò crea una evidente disparità di trattamento tra coloro che fruiscono di tale beneficio e
coloro che non possono accedervi solamente per il fatto di essere nati o sposati
successivamente all'evento terroristico,
impegna il Governo
a valutare l'oppportunità di reperire attivando ulteriori iniziative normative le risorse finanziarie
necessarie al fine di consentire al coniuge e ai figli di soggetti che avessero subito una
invalidità permanente della capacità lavorativa, derivante da atti e stragi di matrice
terroristica, il beneficio della reversibilità anche se il matrimonio e/o la nascita sia successiva
all'evento terroristico e ciò indipendentemente dall'esistenza di una posizione assicurativa al
momento dell'evento terroristico.
9/2486-B/2. (Testo modificato nel corso della seduta). Fava, Di
Salvo, Pilozzi, Piazzoni, Migliore, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Zan,Labriola.
La Camera,
premesso che:
in sede di conversione del decreto-legge 90/2014, il Senato ha previsto la soppressione
dell'articolo 1, comma 5, paragrafo 11 che prevedeva la possibilità per il Senato Accademico di
procedere alla risoluzione del rapporto con i docenti che avessero compiuto i 68 anni di età
prima della conclusione dell'anno accademico e, contestualmente alla assunzione di almeno un
nuovo docente universitario o all'attivazione di almeno un nuovo contratto da ricercatore a
tempo determinato;
la norma abrogata in sede di discussione al Senato, avrebbe consentito un concreto
cambiamento generazionale nelle Università italiane, caratterizzate da una età media dei
docenti tra le più alte nei Paesi Occidentali;
tale anomala situazione ha impedito, e impedisce tutt'ora, ai giovani docenti e
ricercatori italiani di poter esprimere pienamente le loro capacità didattiche e di svolgere una
carriera universitaria al pari dei loro colleghi europei,
impegna il Governo
a consentire alle Università italiane di poter risolvere i rapporti contrattuali con i docenti al
compimento del 68o anno al fine di consentire un ricambio generazionale del corpo docente in
servizio presso le stesse.
9/2486-B/3. Migliore, Di
Salvo, Pilozzi, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Piazzoni, Zan, Fava, Labriola.
La Camera,
premesso che:
in sede di conversione del decreto-legge 90/2014, il Senato ha previsto la soppressione
dell'articolo 1, comma 5, paragrafo 11 che prevedeva la possibilità per il Senato Accademico di
procedere alla risoluzione del rapporto con i docenti che avessero compiuto i 68 anni di età
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prima della conclusione dell'anno accademico e, contestualmente alla assunzione di almeno un
nuovo docente universitario o all'attivazione di almeno un nuovo contratto da ricercatore a
tempo determinato;
la norma abrogata in sede di discussione al Senato, avrebbe consentito un concreto
cambiamento generazionale nelle Università italiane, caratterizzate da una età media dei
docenti tra le più alte nei Paesi Occidentali;
tale anomala situazione ha impedito, e impedisce tutt'ora, ai giovani docenti e
ricercatori italiani di poter esprimere pienamente le loro capacità didattiche e di svolgere una
carriera universitaria al pari dei loro colleghi europei,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di consentire alle Università italiane di poter risolvere i rapporti
contrattuali con i docenti al compimento del 68oanno al fine di consentire un ricambio
generazionale del corpo docente in servizio presso le stesse.
9/2486-B/3. (Testo modificato nel corso della seduta). Migliore, Di
Salvo, Pilozzi, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Piazzoni, Zan, Fava,Labriola.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22
dicembre 2011, n. 214, all'articolo 24, ha introdotto nuove disposizioni in materia di
trattamenti pensionistici;
in sede di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014, il Senato ha disposto la
soppressione dei commi da 6-bis a 6-quaterdell'articolo 1, recanti disposizioni in materia di
pensionamento anticipato, dell'articolo 1-bis, che prevedeva l'applicazione delle norme per
l'accesso al pensionamento vigenti prima del decreto-legge 201/11 (cosiddetta Riforma
Fornero) al personale della scuola che aveva maturato i requisiti entro l'anno scolastico 20112012 (cosiddetta Quota 96);
tale modifica introdotta dal Senato, comporta l'imppossibilità da parte di migliaia di
lavoratori della Scuola di poter accedere al trattamento pensionistico così come era previsto
dalla legislazione previgente creando, di fatto, una disparità di trattamento rispetto ai colleghi
che, pur avendo gli stessi requisiti, hanno potuto accedere al trattamento pensionistico
previsto;
tale scelta di sopprimere la norma è stata dettata da motivazioni esclusivamente di
copertura finanziaria delle previsioni in essa contenute,
impegna il Governo
a reperire entro il mese di agosto 2014 le risorse finanziarie necessarie al fine di consentire il
collocamento in quiescenza del personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro
l'anno scolastico 2011-2012.
9/2486-B/4. Di
Salvo, Pilozzi, Migliore, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Piazzoni, Zan, Fava, Labriola, Damiano, Gn
ecchi, Maestri, Malisani,Baruffi, Albanella, Giorgio Piccolo, Romanini.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22
dicembre 2011, n. 214, all'articolo 24, ha introdotto nuove disposizioni in materia di
trattamenti pensionistici;
in sede di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014, il Senato ha disposto la
soppressione dei commi da 6-bis a 6-quaterdell'articolo 1, recanti disposizioni in materia di
pensionamento anticipato, dell'articolo 1-bis, che prevedeva l'applicazione delle norme per
l'accesso al pensionamento vigenti prima del decreto-legge 201/11 (cosiddetta Riforma
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Fornero) al personale della scuola che aveva maturato i requisiti entro l'anno scolastico 20112012 (cosiddetta Quota 96);
tale modifica introdotta dal Senato, comporta l'imppossibilità da parte di migliaia di
lavoratori della Scuola di poter accedere al trattamento pensionistico così come era previsto
dalla legislazione previgente creando, di fatto, una disparità di trattamento rispetto ai colleghi
che, pur avendo gli stessi requisiti, hanno potuto accedere al trattamento pensionistico
previsto;
tale scelta di sopprimere la norma è stata dettata da motivazioni esclusivamente di
copertura finanziaria delle previsioni in essa contenute,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di reperire entro il mese di agosto 2014 le risorse finanziarie
necessarie al fine di consentire il collocamento in quiescenza del personale della scuola che
abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011-2012.
9/2486-B/4. (Testo modificato nel corso della seduta). Di
Salvo, Pilozzi, Migliore, Lacquaniti, Nardi, Lavagno, Piazzoni, Zan, Fava,Labriola, Damiano, Gne
cchi, Maestri, Malisani, Baruffi, Albanella, Giorgio Piccolo, Romanini.
La Camera,
premesso che:
è all'esame il disegno di legge di conversione del decreto legge n. 90 del 24 giugno
2014, in materia di misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per
l'efficienza degli uffici giudiziari;
l'articolo 23-ter del provvedimento ha introdotto, in particolare, ulteriori disposizioni in
materia di acquisizione di lavori, beni e servizi da parte degli enti pubblici, prevedendo al
comma 2 che le disposizioni di cui al comma 3-bis dell'articolo 33 del codice di cui al decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come modificato dal presente decreto, non si applicano alle
acquisizioni di lavori, servizi e forniture da parte degli enti pubblici impegnati nella
ricostruzione delle località dell'Abruzzo indicate nel decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, e di quelle dell'EmiliaRomagna indicate nel decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla
legge 1o agosto 2012, n. 122;
tuttavia, il decreto-legge n. 74 del 2012 aveva per oggetto interventi urgenti in favore
delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di
Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012,
riguardando pertanto anche alcune zone della Lombardia e del Veneto, che ora appaiono
irragionevolmente escluse dalle previsioni di maggior favore introdotte dall'articolo 23-bis a
favore di enti pubblici impegnati nella ricostruzione in aree colpite da eventi sismici,
impegna il Governo
ad interpretare i rinvii operati dall'articolo 23-ter, comma 2, del provvedimento in esame al
decreto legge 39 del 2009 e al decreto legge n. 74 del 2012, come implicitamente estesi a
tutti territori oggetto dei sopracitati decreti.
9/2486-B/5. Carra.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1-bis del decreto-legge, introdotto alla Camera, aveva previsto, al comma 1,
(modificando l'articolo 24, comma 14, del decreto-legge 201 del 2011, cosiddetto manovra
Fornero) che le disposizioni previgenti alla riforma pensionistica del 2011 in materia di requisiti
di accesso al sistema previdenziale continuassero ad applicarsi anche al personale della scuola
che avesse maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, secondo quanto disposto
dall'articolo 59, comma 9, della legge 449/1997 (cosiddetta quota 96);
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tale intervento serviva a correggere un errore contenuto nella manovra Fornero delle
pensioni che ha colpevolmente disconosciuto la specificità dei lavoratori del comparto scuola, in
violazione delle disposizioni legislative vigenti in materia;
l'articolo 1-bis riconosceva il beneficio, a decorrere dal 1o settembre 2014, nel limite massimo
di: 4.000 soggetti e nei limiti di spesa stabiliti negli anni dal 2014 al 2018;
i commi 5 e 6 contenevano la copertura finanziaria, stabilendo che le risorse si
prendessero dall'aumento dei tagli delle spese dei ministeri come richiesto dalla spending
review;
il Senato ha poi disposto la soppressione del predetto articolo 1-bis, sulla base di un
emendamento presentato dal Governo;
nell'intervento in Aula al Senato il relatore del provvedimento, Senatore Pagliari, ha
dichiarato «Per me – anche se credo che questa riflessione coinvolga il Governo e chiunque è
stato anche oggi in Commissione – questo è un momento amaro, perché aver dovuto prendere
atto della necessità, determinata dal richiamo all'articolo 81 della Costituzione, di sopprimere
la norma della cosiddetta «quota 96», ossia quella relativa alla scuola [...] è stato davvero una
ragione di disagio, dal punto di vista della coscienza. È stato un momento in cui per me si è
percepito un attimo d'impotenza della politica, al quale credo però dobbiamo reagire tutti.
Quello che è avvenuto con riferimento a queste disposizioni chiama ad una riflessione e ad una
riaffermatone del ruolo proprio della funzione legislativa. Siamo stati costretti, come Senato, a
prendere atto che su quelle misure non c'era la copertura finanziaria e a decretarne quindi la
soppressione: non capiamo però perché ciò, se è avvenuto in questa sede, non sia avvenuto
alla Camera. Se !a mancanza di copertura è un dato non opinabile – e non può esserlo – la
mancanza di copertura c'era anche al momento della votazione alla Camera dei Deputati e non
può subentrare solo al momento della votazione al Senato della Repubblica. Non è
assolutamente accettabile che il ruolo tecnico possa determinare condizioni di questo tipo, in
cui si crea una contraddizione grave tra i due rami del Parlamento su un dato esclusivamente
tecnico e non sul merito politico di una scelta tradotta in una disposizione. Facendo sembrare
che Governo e Parlamento tornino indietro su una decisione assunta quando non avrebbe
dovuto essere consentita, se, in ragione dell'articolo 81 della Costituzione, non vi era la
copertura di bilancio. Credo che questo sia un dato di profonda riflessione, che mi lascia una
grande amarezza. Ma credo di non essere il solo. Spero che però questo ricollochi nel loro
ruolo la Ragioneria dello Stato ed il Ministero dell'economia e delle finanze rispetto
all'indicazione dell'eventuale carenza di copertura, perché le scelte le compiono il Governo ed il
Parlamento, non la Ragioneria dello Stato, uscendosene estemporaneamente – ossia fuori dai
tempi dovuti – sulla mancanza di una copertura di bilancio»;
la lettura dei resoconti relativi al passaggio del provvedimento in prima lettura alla
Camera dei deputati e la relazione della Ragioneria dello Stato rendono evidente che
l'inidoneità della copertura era già stata segnalata alla Camera e che la scelta di inserire
l'articolo 1-bis nel decreto-legge è stata pienamente politica e non attribuibile ad errori o
prevaricazioni dei tecnici;
quel che sorprende è che il Governo, nonostante conoscesse la inidoneità della
copertura e la volontà del Parlamento di risolvere il problema quota 96, non abbia provveduto
ad individuare una copertura idonea; il pasticcio che si è determinato è interno alla
maggioranza, alla quale SEL aveva chiesto inserire la soluzione del problema quota 96 nella
proposta di legge relativa al problema esodati, già approvata dalla Camera, o in un decretolegge da adottare appositamente;
è responsabilità della politica aver illuso i lavoratori e le lavoratrici della scuola
facendogli credere che il loro problema sarebbe stato risolto coi decreto-legge al nostro
esame;
è responsabilità della maggioranza e del Governo aver disatteso ai doveri di un
legislatore rispettoso dei regolamenti e delle leggi;
è quindi responsabilità del Governo adottare un decreto-legge che nel giro di pochi
giorni corregga definitivamente l'errore e il torto subito dai lavoratori cosiddetta quota 96, al
fine di consentire loro di andare in pensione, a domanda, il primo settembre 2014;
è noto che la normativa che disciplina l'accesso al trattamento pensionistico per il
personale del comparto scuola è contenuta nell'articolo 59, comma 9, della legge n. 449 del
70
1997 (come modificato dall'articolo 1, comma 21, del decreto-legge n. 138 del 2011) secondo
il quale la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e
accademico dell'anno solare successivo, con decorrenza dalla stessa data del relativo
trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre
dell'anno. Ciò vuole dire che esiste una sola finestra per il pensionamento del personale scuola,
che coincide con il 1osettembre e se il decreto-legge non verrà adottato per tempo i lavoratori
quota 96 resterebbero a lavorare ancora per un anno;
il Governo dovrà individuare una idonea copertura, tra le quali il Governo potrebbe
considerare l'utilizzo di una minima quota parte dei maggiori risparmi determinati dalla riforma
Fornero e non ancora iscritti a bilancio. Infatti, è ormai notorio che i risparmi derivati dalla
manovra Fornero, calcolati originariamente in 22 miliardi nel decennio 2012-2021, sono stati
rideterminati nello stesso periodo – in oltre 90 miliardi dall'ufficio statistico dell'INPS. Sarebbe
oltremodo vergognoso se le predette maggiori risorse non fossero restituite tutte – ma il
provvedimento ne richiederebbe una minima parte – al sistema previdenziale, mediante la
modifica sostanziale della pessima riforma Fornero,
impegna il Governo
a adottare un decreto-legge in tempo utile per consentire ai lavoratori cosiddetta quota 96 di
andare in pensione entro il primo settembre 2014.
9/2486B/6. Pannarale, Marcon, Airaudo, Placido, Quaranta, Costantino, Scotto, Fratoianni, Kronbichle
r, Daniele Farina, Sannicandro,Duranti, Melilla, Paglia, Giancarlo Giordano, Franco
Bordo, Ferrara, Matarrelli, Nicchi, Palazzotto, Piras, Ricciatti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame conteneva articoli e commi che risolveva alcuni errori
contenuti nella manovra Fornero (articolo 24 del decreto-legge 201 del 2011). Il decreto-legge
ancora contiene norme di natura previdenziali, come l'aumento delle risorse del fondo per il
pensionamento anticipato dei giornalisti;
uno degli errori più marcati della manovra Fornero ha riguardato i lavoratori già iscritti
all'ex Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre
1999, n. 488, nonché al personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei
gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto
alla scorta dei treni, addetto alla manovra, traghettamento, formazione treni ed il personale
imbarcato a bordo delle navi traghetto, l'articolo 24, comma 18, del decreto-legge n. 201 del
2011 ha disposto l'armonizzazione delle regole previdenziali per il settore della pubblica
sicurezza e delle Forze armate e dello spettacolo, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed
esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti, ma a causa di un errore
contenuto nell'ultimo periodo della disposizione, dove è stata utilizzata la parola «articolo»,
anziché «comma», ha impedito di applicare l'armonizzazione anche al predetto personale delle
imprese ferroviarie;
la situazione che si è venuta a creare è particolarmente grave, perché va a sommarsi a
una coincidenza infelice accaduta pochi mesi prima: negli stessi giorni, il cosiddetto taglia leggi
aveva disposto l'abrogazione di norme degli anni 50 che regolavano la previdenza del citato
personale delle imprese ferroviarie, mentre il decreto legislativo in materia di lavori usuranti,
lasciava fuori i lavoratori delle imprese ferroviarie sul presupposto che c'erano le norme
speciali previste dalla legge degli anni 50. Ne è venuto fuori un pasticcio, che ha visto
aumentare di molti anni l'età anagrafica per andare in pensione in maniera irragionevole: si
pensi che le aspettative di vita dei macchinisti è di 64,5 anni (rispetto ad una media nazionale
di 82 anni), ma questi dovrebbero andare in pensione a 67 anni;
il Governo non può continuare a ignorare l'esistenza di questa problematica
previdenziale e attivarsi, quantomeno, per stabilire che si applica l'armonizzazione dei requisiti
di accesso al sistema pensionistico, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei
settori di attività, anche ai lavoratori iscritti al fondo speciale istituito presso l'INPS, ai sensi
71
dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, tra cui macchinisti, personale viaggiante
e di manovra delle imprese ferroviarie;
è importante che tale intervento sia realizzato in termini certi e rapidi;
il Governo dovrà individuare una idonea copertura, tra le quali il Governo potrebbe
considerare l'utilizzo di una minima quota parte dei maggiori risparmi determinati dalla riforma
Fornero e non ancora iscritti a bilancio. Infatti, è ormai notorio che i risparmi derivati dalla
manovra Fornero, calcolati originariamente in 22 miliardi nel decennio 2012-2021, sono stati
rideterminati nello stesso periodo – in oltre 90 miliardi dall'Ufficio statistico dell'INPS. Sarebbe
oltremodo vergognoso se le predette maggiori risorse non fossero restituite tutte – ma il
provvedimento ne richiederebbe una minima parte – al sistema previdenziale, mediante la
modifica sostanziale della pessima riforma Fornero,
impegna il Governo
a modificare fin dal primo provvedimento utile l'articolo 24, comma 18 del decreto-legge n.
201 del 2011, convertito con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, prevedendo che
l'armonizzazione ivi prevista, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di
attività nonché dei rispettivi ordinamenti, si applichi anche ai lavoratori già iscritti all'ex Fondo
speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre n. 488, nonché
al personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture
ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta dei treni, addetto
alla manovra, traghettamento, formazione treni ed il personale imbarcato a bordo delle navi
traghetto.
9/2486-B/7. Placido, Airaudo, Quaranta, Costantino, Scotto, Fratoianni, Kronbichler, Daniele
Farina, Sannicandro, Duranti, Marcon,Melilla, Paglia, Giancarlo Giordano, Franco
Bordo, Ferrara, Matarrelli, Nicchi, Palazzotto, Pannarale, Piras, Ricciatti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame conteneva articoli e commi che risolveva alcuni errori
contenuti nella manovra Fornero (articolo 24 del decreto-legge 201 del 2011). Il decreto-legge
ancora contiene norme di natura previdenziale, come l'aumento delle risorse del fondo per il
pensionamento anticipato dei giornalisti;
la «manovra» Fornero del 2011 ha trasformato il sistema previdenziale innalzando di
molti anni l'età per la pensione, sia in termini anagrafici che contributivi;
come è stato ormai acclarato si è trattato di una «manovra» e non di una «riforma»,
perché le casse della previdenza pubblica, ovvero i risparmi pensionistici di lavoratrici e
lavoratori, sono state utilizzate per drenare risorse a beneficio del debito pubblico;
una «manovra» scritta in una notte, senza alcun dibattito pubblico, che non ha
considerato l'impatto immediato e di lungo termine che produceva su lavoratrici e lavoratori;
l'assenza di disposizioni transitorie che consentissero il passaggio graduale alle nuove
regole previdenziali ha prodotto l'inumano fenomeno dei cosiddetti esodati, lavoratori a cui è
stato tolto il pane, la dignità e la speranza; la «sesta» salvaguardia che stiamo approvando
non può essere un merito del Governo, della sua maggioranza o del Parlamento, ma ribadisce
l'incapacità delle istituzioni di rimediare in maniera definitiva e strutturale a una situazione
inaccettabile e indegna di una Paese come l'Italia. A distanza di tre anni l'INPS e il Governo
non hanno saputo e voluto indicare quanti e quali sono le lavoratrici e i lavoratori esodati;
un problema di «coperture» e di risone non esiste, come ben sanno tutti, dal momento
che i risparmi che la «manovra» Fornero avrebbe dovuto produrre erano stati calcolati in circa
23 miliardi, nel decennio 2012-2021, dalla nota tecnica della ragioneria generale dello Stato
allegata al decreto-legge n. 201 del 2011, mentre l'ufficio attuariale dell'INPS nel 2013 ha
calcolato che verranno generati circa 90 miliardi di risparmio nello stesso periodo;
forse il Governo intende destinarli a coprire i 50 miliardi all'anno che bisogna mettere
da parte ogni anno in base al Fiscal compact, ma di certo non intende farle rimanere
nell'ambito della previdenza se non intende sanare «per mancanza di risorse» – come ha
dichiarato il Ministro Poletti nella riunione con le rappresentanze degli esodati e di altre
72
categorie nel corso dell'incontro avuto il 30 giugno 2014 – le tante situazioni gravi che la
Fornero ha prodotto;
ci sono i 6 lavoratori IBM che rimarranno senza stipendio e senza pensione fino al 2020
solo perché hanno sottoscritto a giugno del 2011 un accordo individuale e hanno avuto la
risoluzione del rapporto di lavoro dopo il 31 dicembre 2012 a seguito di un periodo di
aspettativa senza retribuzione di circa 2 anni per avere la possibilità di poter conservare i
trattamenti della cassa sanitaria aziendale anche con lo «stato» di pensionato; oppure ci sono i
dipendenti privati di ex aziende pubbliche che, essendo rimaste iscritte all'INPDAP, come
permetteva la legge, anziché transitare all'INPS, oggi si vedono negata la salvaguardia a causa
di interpretazioni capziose delle norme di salvaguardia;
ci sono poi i lavoratori del settore ferroviario, tra cui i macchinisti, non proprio esodati,
ma che dovrebbero andare in pensione a 67 anni, mentre hanno un'aspettativa di vita media di
solo 63 anni; oppure i lavoratori della scuola, cosiddetta «quota 96» che sono rimasti
imprigionati nella Fornero perché a loro non si è voluta applicare la regola, posta dallo Stato,
che gli consente di andare in pensione un solo giorno all'anno, il primo settembre; e poi ci sono
i lavoratori e le lavoratrici delle poste o quelli che hanno trovato un nuovo lavoro a tempo
indeterminato, ma poi lo hanno riperso perché l'azienda è fallita e sono stati puniti e si
potrebbero fare molti altri esempi;
ci sono troppi casi e eccessive fattispecie di lavoratori che la «manovra» Fornero ha
lasciato sul lastrico e nella disperazione. Forse è possibile salvaguardarli tutti con tante minute
disposizioni speciali, ma non si sa quando e come. Ma per sanare con certezza tutti gli errori
serve tornare ad una disposizione che abbia il carattere della legge generale e astratta che
possa coprire tutte le fattispecie, ovvero mia riforma strutturale della «manovra» Fornero;
la «manovra» Fornero ha fallito sul piano sociale e giuridico nel suo intento, tra l'altro
intervenendo su un sistema pensionistico che non aveva problemi di sostenibilità perché messo
in sicurezza dalle numerose riforme succedutesi negli anni 90 e nel primo decennio del 2000. I
suoi costi erano già nella media della spesa pensionistica europea, per incidenza sul PIL,
nonostante nella spesa pensionistica, in Italia vengono conteggiati anche il TFR o il TFS, che
però sono retribuzioni differite, che negli altri Paesi non vengono conteggiati;
bisogna prendere atto di tale fallimento e procedere ad una vera riforma pensionistica
che abbia il coraggio politico di rafforzare la previdenza rimettendo i lavoratori e la loro dignità
al centro del sistema; è necessario abbassare l'età pensionistica, distinguere i lavori,
riconoscere a fini contributivi il lavoro domestico e quello di cura, di donne e di uomini, per
superare le troppe procedure aperte dall'Unione europea contro l'Italia con riferimento all'età
pensionistica delle donne, assicurare che la pensione non valga meno del 60 per cento
dell'ultimo salario;
anche un consistente gruppo di RSU, oltre 170, ha deciso di mobilitarsi per costruire un
movimento diffuso e unitario con l'obiettivo di superare e abrogare la legge Fornero sulle
pensioni, in modo da ottenere una riforma della previdenza che sia equa dal punto di vista
sociale e rispettosa dei diritti dei lavoratori;
è stato definito un documento e un appello con delle proposte di riforma, chiedendo alle
Confederazioni Sindacali di aprire una vertenza generale finalizzata ad ottenere un profondo
cambiamento della legge Fornero sulle pensioni,
impegna il Governo
ad abrogare la «manovra» Fornero in materia di pensioni, procedendo a promuovere e
realizzare una riforma del sistema previdenziale che tenga conto di quanto indicato in
premessa.
9/2486-B/8. Airaudo, Placido, Scotto, Fratoianni, Quaranta, Costantino, Kronbichler, Daniele
Farina, Sannicandro, Duranti, Marcon,Melilla, Paglia, Giancarlo Giordano, Franco
Bordo, Ferrara, Matarrelli, Nicchi, Palazzotto, Pannarale, Piras, Ricciatti, Zaratti.
La Camera,
premesso che:
il personale militare per essere valutato per l'avanzamento a scelta al grado superiore
73
deve trovarsi compreso in apposite aliquote di ruolo;
nelle aliquote di valutazione è incluso tutto il personale che alla data di formazione delle
aliquote ha compiuto i previsti periodi minimi di comando o attribuzioni specifiche;
non può essere valutato per l'avanzamento il personale che, sebbene riconosciuto
vittima del terrorismo, del dovere e delta criminalità organizzata, con diritto ad assegno
vitalizio ai sensi del comma 562 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, non ha
potuto effettuare o completare il periodo di comando o attribuzioni specifiche, a causa
dell'infermità contratta,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di attuare ogni possibile iniziativa affinché il personale militare
riconosciuto vittima del terrorismo, del dovere, di cui all'articolo 1 comma 563, legge 23
dicembre 2005, n. 266, e della criminalità organizzata, con diritto ad assegno vitalizio ai sensi
del comma 562 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che a causa dell'infermità
contratta non abbia potuto effettuare o completare il periodo di comando prescritto nel grado,
possa comunque essere iscritto per non più di una volta nell'aliquota di avanzamento per la
valutazione al grado superiore, senza che la particolare condizione costituisca titolo
equipollente al comando.
9/2486-B/9. D'Arienzo, Rosato.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 13-bis (Fondi per la progettazione e l'innovazione), introdotto dalla Camera dei
deputati in prima lettura, aggiunge all'articolo 93 del Codice dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture (decreto legislativo n. 163 del 2006) quattro nuovi commi, dopo il
comma 7, recanti una nuova disciplina degli incentivi alla progettazione;
con riferimento alla previsione recata dall'articolo 2, comma 1, primo periodo, della
legge 11 febbraio 1994, n. 109 – ora contenuta nell'articolo 3, comma 8, del decreto
legislativo n. 163 del 2006 – il Consiglio di Stato ha rilevato che «Se il legislatore, con la legge
n. 109 del 1994, ha eletto ad oggetto del proprio intervento la più ampia categoria dei “lavori
pubblici”, in luogo di quella dell'opera pubblica, è proprio perché non viene presa tanto in
considerazione l'opera realizzata, bensì viene riqualificato il lavoro che sull'opera è compiuto,
cosicché, in definitiva, vengono ad essere ricompresi nell'ottica legislativa non solo i lavori che
hanno dato luogo, mediante un'opera di costruzione, ad un'opera o ad un impianto, ma anche i
lavori che si limitano ad avere l'opera o l'impianto come oggetto dell'attività»;
l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Avcp), con
deliberazione n. 76 del 19 ottobre 2006, ha osservato che, ai sensi del predetto articolo 3,
comma 8, del decreto legislativo n. 163 del 2006, «il termine ’lavori’ comprende le attività di
costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione di opere, laddove
per ’opera’ si intende il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione
economica o tecnica», mentre la “manutenzione”, come definita dall'articolo 3, comma 1,
lettera n), del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207[17], «consiste
nella combinazione di tutte le azioni tecniche, specialistiche ed amministrative, incluse le azioni
di supervisione, volte a mantenere o a riportare un'opera o un impianto nella condizione di
svolgere la funzione prevista dal provvedimento di approvazione del progetto»;
l'articolo 105 («Lavori di manutenzione»), comma 1, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 207 del 2010, dispone che l'esecuzione dei lavori «può prescindere
dall'avvenuta redazione ed approvazione del progetto esecutivo qualora si tratti di lavori di
manutenzione, ad esclusione degli interventi di manutenzione che prevedono il rinnovo o la
sostituzione di parti strutturali delle opere»;
l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ha inoltre osservato che «Ciò significa che i
lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, programmabili o di pronto intervento,
possono essere eseguiti sulla base del progetto definitivo», rilevando che la norma conferma la
«derogabilità della disposizione relativa ai tre livelli progettuali (preliminare, definitivo ed
esecutivo) ogni qual volta la differenza di definizione tecnica fra il progetto definitivo e quello
74
esecutivo, nella sostanza, non sussiste»;
la predetta Autorità puntualizza altresì che: «La disposizione [...] non può essere intesa
nel senso che nel caso del lavori dì manutenzione non è mai obbligatorio redigere il progetto
esecutivo. Qualora, infatti, si tratta di lavori di manutenzione straordinaria di un'opera, nella
quale va compresa anche la ristrutturazione, il recupero o la trasformazione dell'opera, non si
può prescindere dall'obbligo di redigere il progetto esecutivo in quanto sussiste certamente una
differenza di livello dì definizione tecnica fra il progetto definitivo e quello esecutivo»,
impegna il Governo
a chiarire che la nuova disciplina sugli incentivi alla progettazione non si applica alle sole
manutenzioni, ordinarie e straordinarie, che non richiedono la progettazione.
9/2486-B/10. Fabbri.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità
e il consolidamento dei conti pubblici», convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre
2011, n. 214, all'articolo 23 commi 4 e 5 ha introdotto nel Codice degli appalti l'obbligo della
centralizzazione della committenza, limitandolo ai soli comuni con meno di 5000 abitanti e ne
determinava l'applicazione a partire dal 31 marzo 2012;
tale norma ha visto nel corso degli anni vari rinvii per la data della sua entrata in
vigore;
l'ultimo di questi rinvii prorogava l'obbligatorietà della norma, sempre per i comuni al di
sotto dei 5000 abitanti, a partire dal 1oluglio 2014;
nel frattempo è intervenuto il decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, «Misure urgenti per
la competitività e la giustizia sociale», convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014,
n. 89, nel quale viene ribadita l'obbligatorietà del ricorso alla Centrale di committenza;
in quest'ultimo decreto, inoltre, viene aumentata la platea dei comuni obbligati a rutti
gli enti, esclusi i capoluoghi di provincia;
appare evidente che l'imposizione di un obbligo di tale portata per i comuni non
capoluogo, ma con popolazione superiore ai 5000 abitanti, crea a questi ultimi non pochi
problemi applicativi ed organizzativi;
non a caso nella Conferenza Stato-città ed autonomie locali del 10 luglio 2014 è stata
«sancita intesa» per la proroga di detta scadenza rispettivamente al 1 o gennaio 2015 per gli
acquisti dei beni e servizi, ed al 1o luglio 2015 per i lavori pubblici;
è necessario ricordare, però, che sulla centralizzazione degli acquisti di beni, servizi e
lavori da parte delle pubbliche amministrazioni sono imputati notevoli risparmi economici,
come affermato anche dal Commissario alla spending review Cottarelli, secondo il quale da tale
riforma ci si possa attendere ulteriori e duraturi positivi risparmi;
non si può, invece, affermare, come fa invece la motivazione della citata intesa in sede
di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, che i trenta mesi concessi ai piccoli comuni per
adeguarsi non sia «un congruo periodo di tempo per l'applicazione della nuova disposizione e
per permettere ai comuni di adeguarsi»;
tra l'altro la maggioranza dei piccoli comuni ha già provveduto ad adeguarsi alle nuove
norme, anche perché la formula «accordo consortile, valorizzando i competenti uffici», è ben
rispondente alle necessità di una razionalizzazione rispettosa delle esigenze e delle diversità
insite nelle organizzazioni dei piccoli comuni;
si tratta, infatti, di una formulazione molto diversa da quelle, troppo rigide, previste
dalla normativa Gao (Gestioni associate obbligatorie), introdotte dal decreto-legge 1o maggio
2010, n. 78, «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività
economica», convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e che hanno
mostrato di essere inapplicabili, nonostante modifiche e rinvii, e nonostante le stesse norme
impongano ai Prefetti il commissariamento dei comuni inadempienti;
infatti, la prima scadenza, in vigore dal 1 gennaio 2014 non ha visto nessun
commissariamento;
75
in tutti i casi si può affermare che l'obbligo della Centrale di committenza ha avuto un
ampio lasso di tempo per essere applicato, e che durante questo tempo la maggior parte dei
piccoli comuni ha utilizzato la formula dell'accordo consortile, mentre per gli altri resta sempre
possibile il ricorso alle Unioni, alle Province ed alle altre Centrali di committenza;
in sede di prima lettura della legge di conversione del decreto è stato approvato un
articolo aggiuntivo all'articolo 23, al cui comma 1 si legge: «Le disposizioni di cui al comma 3bis dell'articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, introdotto dall'articolo 9,
comma 4, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, come convertito dalla legge 23 giugno
2014, n. 89, entrano in vigore il 1o gennaio 2015, quanto all'acquisizione di beni e servizi e il
1o luglio 2015 quanto all'acquisizione di lavori. Sono fatte salve le procedure avviate nelle
more dell'entrata in vigore della presente disposizione»;
questo articolo aggiuntivo, quindi, proroga nuovamente la normativa citata, ma omette
una dizione che appare necessaria «limitatamente ai comuni con popolazione pari o superiore
ai 5000 abitanti»;
senza questa dizione, infatti, si riaprirebbero i termini anche per i piccoli comuni, con la
perdita evidente di ogni credibilità per il percorso della spending review, e con la beffa per quei
comuni con meno di 5000 abitanti che si sono già da tempo adeguati alla normativa prevista,
impegna il Governo
a chiarire il senso della norma citata, valutando la possibilità di intervenire urgentemente per
risolvere quella che appare una palese ed inaccettabile ingiustizia nei confronti di coloro che
hanno adempiuto a quanto previsto dalle legge.
9/2486-B/11. Formisano, Capelli.
La Camera,
premesso che:
il corso di medicina generale in Italia, nonostante i miglioramenti apportati negli ultimi
anni, risulta carente dal punto di vista didattico e necessita di una vera e propria
riorganizzazione formativa che metta al centro la figura del corsista;
il medico di medicina generale sarà sempre di più lo snodo fondamentale dell'assistenza
sanitaria primaria e per questo dovrà possedere le necessarie competenze richieste per
soddisfare nel territorio, a garanzia della continuità assistenziale e dell'equità sociale, i nuovi
bisogni di salute espressi dalla popolazione,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di provvedere all'istituzione della Scuola di specializzazione in Medicina
Generale e Cure Primarie, al pari di quanto previsto nella quasi totalità dei Paesi europei, che
poggi su una rete formativa integrata. Attraverso la frequenza della Scuola di specializzazione
in Medicina Generale e Cure Primarie i medici acquisiranno le ormai indispensabili competenze
cliniche di medicina generale, di governo clinico dei percorsi di cura alla persona, integrati e
continui e caratterizzati dal lavoro in team multiprofessionale, nonché di gestione di Servizi ed
Unità Operative di Cure Primarie e di Distretto.
9/2486-B/12. Crimì, Lenzi, Gelli.
La Camera,
premesso che:
il Governo con il presente decreto- legge ha inteso, tra l'altro, rendere più flessibili e
snelle le procedure di trasferimento per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche
consentendo il passaggio diretto per i posti vacanti in organico;
in particolare nei commi 1 e 2 dell'articolo 4 del decreto-legge 90 si prevede altresì che
per i dipendenti delle sedi centrali dei differenti Ministeri tale mobilità avvenga entro due mesi
dalla richiesta fatta dall'amministrazione di destinazione, senza il nulla osta
dell'amministrazione di provenienza;
76
tuttavia queste disposizioni se da un lato aprono delle possibilità fino ad oggi non
previste per il passaggio di dipendenti della pubblica amministrazione da un ente all'altro,
creano altresì un discrimine poco comprensibile nei confronti di tutti quei dipendenti pubblici
che non lavorano presso i Ministeri Centrali ma presso tutti gli altri uffici della pubblica
amministrazione sparsi sul territorio italiano;
nelle sole regioni e autonomie locali lavorano circa 515.000 dipendenti pubblici e molti
di questi si trovano spesso in difficoltà nel loro legittimo interesse e desiderio di potere
cambiare sede di lavoro per i più svariati motivi (personali, familiari, di trasporto...). Queste
situazioni creano molto spesso disagio e tensioni lavorative che danneggiano il benessere del
lavoratore e conseguentemente anche l'efficienza della pubblica amministrazione;
la cronica carenza di organico, specie nei comuni medio/piccoli dove i lacci dei patti di
stabilità hanno di fatto ingessato le piante organiche, rende tuttavia comprensibile la
preoccupazione per gli amministratori pubblici nel vedere «depauperare» le proprie risorse
umane che, se non avessero più la necessità di ottenere il consenso per il trasferimento da
parte della amministrazione di provenienza, potrebbero di fatto sguarnire di personale
qualificato uffici e servizi importanti,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di estendere la possibilità di trasferimento tra enti pubblici per tutti i
dipendenti aventi qualifica corrispondente senza il consenso della amministrazione di
appartenenza e con specifici criteri tali da non creare eccessive carenze nelle piante organiche
delle diverse amministrazioni.
9/2486-B/13. De Menech, Crimì, Mariastella Bianchi.
La Camera,
premesso che:
il decreto in oggetto reca numerose misure volte a semplificare le procedure
amministrative; l'articolo 65 del Codice della nautica da diporto, di cui al decreto legislativo 18
luglio 2005, n. 171, demanda ad un decreto ministeriale il compito di regolamentare, tra le
altre cose, la disciplina relativa ai titoli abilitativi per il comando, la condotta e la direzione
nautica delle unità da diporto, ivi compresa l'introduzione di nuovi criteri in materia di requisiti
fisici per il conseguimento della patente nautica;
il 22 settembre 2008 è stato pubblicato il decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146,
contenente il regolamento di attuazione dell'articolo 65 del decreto legislativo 18 luglio 2005,
n. 171 di cui sopra;
l'articolo 28 del regolamento di cui al decreto ministeriale in parola elenca le autorità
competenti al rilascio delle diverse patenti nautiche. Nel dettaglio, l'articolo 28 riconosce alle
capitanerie di porto il compito di rilasciare le patenti nautiche che abilitano alla navigazione
entro dodici miglia dalla costa; le patenti nautiche che abilitano alla navigazione senza alcun
limite dalla costa e le patenti nautiche che abilitano al comando di navi da diporto. Lo stesso
articolo riconosce invece agli uffici circondariali marittimi il compito di rilasciare esclusivamente
le prime due tipologie di patenti, ad esclusione, quindi, della terza, ovvero di quelle che
abilitano al comando di navi da diporto e agli uffici della motorizzazione civile delle Direzioni
generali territoriali del Dipartimento per i trasporti terrestri e il trasporto intermodale il compito
di rilasciare solamente la prima categoria, ovvero le patenti nautiche che abilitano alla
navigazione entro dodici miglia dalla costa;
l'articolo 29 del regolamento di cui al decreto ministeriale 29 luglio 2008, n. 146
disciplina, invece, la composizione delle commissioni d'esame sancendo che; in caso di
conseguimento della patente nautica che abilita alla navigazione entro dodici miglia dalla costa,
suddetto esame venga conseguito dinanzi ad un esaminatore nominato dal capo del
circondario marittimo; in caso di conseguimento della patente nautica che abilita alla
navigazione senza alcun limite dalla costa, suddetto esame venga sostenuto dinanzi ad una
commissione nominata dal capo del circondariato marittimo e, infine, in caso di conseguimento
di una patente valida per il comando delle navi da diporto, la commissione venga nominata dal
capo del compartimento marittimo;
77
le motorizzazioni, provvedendo già annualmente al rilascio di un elevato numero di
patenti nautiche, risulterebbero tecnicamente pronte ad adempiere al ruolo di unico organo
autorizzato a rilasciare suddette patenti;
l'unificazione di cui in parola consentirebbe di inserire tutte le patenti nautiche
nell'archivio delle patenti di guida già esistenti senza creare ulteriori banche dati che
prevedrebbero costi molto significativi;
la motorizzazione, poiché organizzata su base provinciale, è presente in maniera
capillare su tutto il territorio nazionale riuscendo, dunque, a garantire un servizio uniforme e
diffuso,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di procedere ad una riorganizzazione della normativa relativa alle
procedure di rilascio e di rinnovo delle diverse tipologie di patenti nautiche riconoscendo ai soli
uffici della motorizzazione civile delle Direzioni generali territoriali del Dipartimento per i
trasporti terrestri e il trasporto intermodale la potestà di rilasciare le patenti nautiche e al capo
del compartimento marittimo il compito di nominare le commissioni d'esame, composte
secondo i criteri di cui al comma 2 dell'articolo 29 del Regolamento di attuazione dell'articolo
65 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 di cui al decreto ministeriale 29 luglio 2008,
n. 146.
9/2486-B/14. L'Abbate.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 37 del decreto-legge 24 giugno 2014. n. 90, recante misure urgenti per la
semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari introduce
(l'obbligo di trasmettere le varianti in corso d'opera di cui all'articolo 132 del decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163, unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad apposita
relazione del responsabile del procedimento, all'Autorità nazionale anticorruzione;
il testo dell'articolo 37 del decreto-legge in discussione, così come modificato nel corso
dell'esame da parte delle Camere, precisa che dette varianti in corso d'opera debbano essere
trasmesse, tramite le sezioni regionali, all'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture, per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza dell'ANAC,
anche nel caso di appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria;
considerato che:
detta previsione risponde alla necessità di aumentare le forme di contrasto ai fenomeni
di corruzione nel settore degli appalti pubblici che, come dimostrano le cronache, riguardano
diffusamente le fasi di esecuzione dei contratti, e dunque tutto quello che accade a valle
dell'aggiudicazione del contratto di appalto;
a questo riguardo, e con specifico riferimento agli obblighi a carico dei soggetti
aggiudicatari di contratti pubblici – oltre alle note e diffusissime deroghe rispetto al Codice dei
Contratti previste per la realizzazione delle cosiddette grandi opere – va rilevato che, in seguito
alla conversione in legge del decreto n. 201 del 2011, è stato introdotto un regime derogatorio
anche per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia
comunitaria;
con l'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nell'articolo 16 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia), infatti, è stato inserito il comma 2-bis, in base al quale l'esecuzione diretta
delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria, funzionali
all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di
costruire, e non trova applicazione il Codice dei Contratti;
in merito all'approvazione del citato comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – nella Deliberazione n. 43 del 4 aprile 2012 –
l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici aveva segnalato quanto segue: «Il campo di
applicazione della norma recata dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della
78
Repubblica n. 380 del 2001, così come introdotto dall'articolo 45 comma 1, del decreto-legge
n. 201 del 2011 convertito nella legge n. 214 del 2011, ovverosia la non applicabilità del
Codice per le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia eseguite dal privato titolare del
permesso di costruire, appare eccessivamente ampio. La liberalizzazione introdotta consente
all'operatore privato di gestire contratti fino ad un valore di 5 milioni di euro, senza tracciabilità
degli eventuali, e consistenti, ribassi d'asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici
dei lavori stessi, vigilanza dell'Autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che
saranno acquisite al patrimonio comunale»;
l'applicazione del comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001 ha consentito, e consente tuttora, di selezionare, senza il ricorso a
procedure ad evidenza pubblica, i soggetti che eseguono opere pubbliche – tali vanno
considerate le opere di urbanizzazione destinate ad essere acquisite al patrimonio dei comuni e
connesse alle infrastrutture esistenti – a valere su risorse pubbliche, perché tali vanno
considerati i cosiddetti oneri concessori a detrazione parziale o integrale dei quali le opere in
argomento vengono eseguite;
lo stesso comma 2-bis solleva i soggetti che eseguono opere di urbanizzazione di
importo fino a 5 milioni di euro – come evidenziato dall'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici – dall'obbligo di rispettare tutte le procedure del Codice dei Contratti, finalizzate ad
assicurare un ordinato e regolare svolgimento delle fasi di esecuzione dei contratti pubblici, e
dunque senza adeguate garanzie rispetto alla qualità dei lavori eseguiti, all'accertamento del
valore economico delle opere e alla trasparenza e alla tracciabilità dei flussi finanziari
connessi;
l'applicazione della normativa introdotta con il decreto-legge n. 201/2011 sottrae un
ingente ammontare di risorse pubbliche dalle procedure del Codice dei Contratti, poste a
garanzia della regolare esecuzione dei contratti per la realizzazione di opere pubbliche, che il
decreto-legge n. 90 del 2014 ha provveduto a rafforzare;
in seguito a una denuncia riguardante inadempimenti del diritto comunitario, la
Commissione europea – pur non considerando l'articolo 16 comma 2-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 in contrasto con il diritto comunitario – ha
affermato che l'interpretazione della norma non è univoca, dal momento che è chiaro se
l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria «a carico» del titolare del permesso
di costruire sia complementare o alternativa all'obbligo previsto dal comma 1 dello stesso
articolo 16, e in particolare se anche in tal caso sia prevista la possibilità di scomputo totale o
parziale della quota relativa agli oneri di urbanizzazione,
impegna il Governo
a rivedere, nell'ambito della preannunciata riforma della normativa sui contratti pubblici,
l'articolo 16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001,
rimuovendo il meccanismo derogatorio previsto, e prevedendo – anche per quanto concerne la
realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo – l'obbligo di ricorrere a gare ad
evidenza pubblica e di applicare integralmente le norme vigenti in materia di esecuzione dei
contratti aventi come oggetto la realizzazione di opere pubbliche.
9/2486-B/15. Mannino.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 37 del decreto-legge 24 giugno 2014. n. 90, recante misure urgenti per la
semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari introduce
(l'obbligo di trasmettere le varianti in corso d'opera di cui all'articolo 132 del decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163, unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad apposita
relazione del responsabile del procedimento, all'Autorità nazionale anticorruzione;
il testo dell'articolo 37 del decreto-legge in discussione, così come modificato nel corso
dell'esame da parte delle Camere, precisa che dette varianti in corso d'opera debbano essere
trasmesse, tramite le sezioni regionali, all'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture, per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza dell'ANAC,
79
anche nel caso di appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria;
considerato che:
detta previsione risponde alla necessità di aumentare le forme di contrasto ai fenomeni
di corruzione nel settore degli appalti pubblici che, come dimostrano le cronache, riguardano
diffusamente le fasi di esecuzione dei contratti, e dunque tutto quello che accade a valle
dell'aggiudicazione del contratto di appalto;
a questo riguardo, e con specifico riferimento agli obblighi a carico dei soggetti
aggiudicatari di contratti pubblici – oltre alle note e diffusissime deroghe rispetto al Codice dei
Contratti previste per la realizzazione delle cosiddette grandi opere – va rilevato che, in seguito
alla conversione in legge del decreto n. 201 del 2011, è stato introdotto un regime derogatorio
anche per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia
comunitaria;
con l'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nell'articolo 16 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia), infatti, è stato inserito il comma 2-bis, in base al quale l'esecuzione diretta
delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria, funzionali
all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di
costruire, e non trova applicazione il Codice dei Contratti;
in merito all'approvazione del citato comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – nella Deliberazione n. 43 del 4 aprile 2012 –
l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici aveva segnalato quanto segue: «Il campo di
applicazione della norma recata dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001, così come introdotto dall'articolo 45 comma 1, del decreto-legge
n. 201 del 2011 convertito nella legge n. 214 del 2011, ovverosia la non applicabilità del
Codice per le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia eseguite dal privato titolare del
permesso di costruire, appare eccessivamente ampio. La liberalizzazione introdotta consente
all'operatore privato di gestire contratti fino ad un valore di 5 milioni di euro, senza tracciabilità
degli eventuali, e consistenti, ribassi d'asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici
dei lavori stessi, vigilanza dell'Autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che
saranno acquisite al patrimonio comunale»;
l'applicazione del comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001 ha consentito, e consente tuttora, di selezionare, senza il ricorso a
procedure ad evidenza pubblica, i soggetti che eseguono opere pubbliche – tali vanno
considerate le opere di urbanizzazione destinate ad essere acquisite al patrimonio dei comuni e
connesse alle infrastrutture esistenti – a valere su risorse pubbliche, perché tali vanno
considerati i cosiddetti oneri concessori a detrazione parziale o integrale dei quali le opere in
argomento vengono eseguite;
lo stesso comma 2-bis solleva i soggetti che eseguono opere di urbanizzazione di
importo fino a 5 milioni di euro – come evidenziato dall'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici – dall'obbligo di rispettare tutte le procedure del Codice dei Contratti, finalizzate ad
assicurare un ordinato e regolare svolgimento delle fasi di esecuzione dei contratti pubblici, e
dunque senza adeguate garanzie rispetto alla qualità dei lavori eseguiti, all'accertamento del
valore economico delle opere e alla trasparenza e alla tracciabilità dei flussi finanziari
connessi;
l'applicazione della normativa introdotta con il decreto-legge n. 201/2011 sottrae un
ingente ammontare di risorse pubbliche dalle procedure del Codice dei Contratti, poste a
garanzia della regolare esecuzione dei contratti per la realizzazione di opere pubbliche, che il
decreto-legge n. 90 del 2014 ha provveduto a rafforzare;
in seguito a una denuncia riguardante inadempimenti del diritto comunitario, la
Commissione europea – pur non considerando l'articolo 16 comma 2-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 in contrasto con il diritto comunitario – ha
affermato che l'interpretazione della norma non è univoca, dal momento che è chiaro se
l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria «a carico» del titolare del permesso
di costruire sia complementare o alternativa all'obbligo previsto dal comma 1 dello stesso
80
articolo 16, e in particolare se anche in tal caso sia prevista la possibilità di scomputo totale o
parziale della quota relativa agli oneri di urbanizzazione,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di rivedere, nell'ambito della preannunciata riforma della normativa sui
contratti pubblici, l'articolo 16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380
del 2001, rimuovendo il meccanismo derogatorio previsto, e prevedendo – anche per quanto
concerne la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo – l'obbligo di ricorrere a
gare ad evidenza pubblica e di applicare integralmente le norme vigenti in materia di
esecuzione dei contratti aventi come oggetto la realizzazione di opere pubbliche.
9/2486-B/15. (Testo modificato nel corso della seduta). Mannino.
La Camera,
premesso che:
il generale impianto della riforma dovrebbe mirare a favorire una profonda
riorganizzazione della struttura e del funzionamento della macchina dello Stato in termini di
maggiore efficienza, lotta agli sprechi e caos amministrativo;
l'articolo 18 del decreto, così come modificato in Commissione Affari costituzionali, sulla
soppressione delle sedi staccate dei Tar, dispone che nelle more della rideterminazione
dell'assetto organizzativo dei Tribunali amministrativi regionali, in assenza di misure di
attuazione del piano di cui al comma 1-bis, a decorrere dal 1o luglio 2015 sono soppresse le
sezioni staccate di tribunale amministrativo regionale aventi sede in comuni che non sono sedi
di Corte d'appello, ad eccezione della sezione autonoma della Provincia di Bolzano. Con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Presidenza della giustizia
amministrativa, da adottare entro il 31 marzo 2015, sono stabilite le modalità per il
trasferimento del contenzioso pendente presso le sezioni soppresse, nonché delle risorse
umane e finanziarie, al Tribunale amministrativo della relativa regione. Dal 1 o luglio 2015, i
ricorsi sono depositati presso la sede centrale del Tribunale amministrativo regionale. A
decorrere dal 1o luglio 2015, all'articolo 1 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 sono
apportate le seguenti modificazioni: a) al terzo comma, le parole: «Emilia-Romagna, Lazio,
Abruzzi,» sono soppresse; b) al quinto comma le parole: «, oltre una sezione staccata» sono
soppresse;
una minor presenza sul territorio degli uffici giudiziari, come prospettata dall'articolo 18
del decreto-legge in oggetto, incrementerebbe i costi della tutela giurisdizionale per le spese di
trasferta dei patrocinatori e indebolirebbe la tutela contro l'illegalità amministrativa, innalzando
i costi della tutela anche per i privati cittadini, disincentivandoli – cosa particolarmente grave
nell'ambito del processo amministrativo, che non conosce un pubblico ministero promotore di
giustizia, come nel giudizio contabile o in quello penale – dall'agire a tutela delle proprie
ragioni e, strumentalmente e indirettamente, a presidio dell'interesse pubblico;
l'articolo del decreto, così come proposto dal Governo, ai fini della scelta dei Tar da
sopprimere, opera un taglio lineare che non tiene conto né della popolazione della
circoscrizione giudiziaria, né della produttività dei Tar;
il Tar di Pescara rappresenta uno dei più importanti presidi di legalità dell'azione
amministrativa, possiede infatti un'alta produttività che ha comportato negli ultimi anni la
riduzione dell'arretrato del 64 per cento (la percentuale più alta fra le sedi staccate) con un
incasso derivante dal versamento del contributo unificato per il solo anno 2013 pari a 528.349
euro, a fronte di un budget di spesa di 167.633 euro complessivi;
il Tar di Pescara serve una circoscrizione giudiziaria nella quale ricade una popolazione
di circa 716.000 abitanti;
il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 non fa alcun riferimento a dati che dimostrino
una apprezzabile diminuzione della spesa pubblica, ma anzi l'attuale sede del Tar di L'Aquila,
per accogliere l'organico e la documentazione proveniente dal Tar di Pescara, dovrebbe
reperire altri locali (gli uffici teoricamente utilizzabili nella sede del Tar di L'Aquila sono in
concreto inagibili perché danneggiati dal terremoto), con un inevitabile incremento di spese
che andrebbero ad aggiungersi alle spese ed ai disagi del trasferimento. Inoltre, il
81
trasferimento del contenzioso al Tar di L'Aquila comporterebbe ingenti costi per i cittadini che
prima si rivolgevano facilmente al Tar di Pescara, nonché, ove tali costi non possano essere
affrontati, una palese violazione del diritto di difesaex articolo 24 della Costituzione;
simili considerazioni valgono anche per il Tar di Parma, anch'esso con un'elevata
produttività e tuttavia oggetto di un taglio lineare che non tiene assolutamente conto delle
peculiarità locali;
il trasferimento del personale comporterà altresì la necessaria corresponsione delle
indennità previste dalla legge per i trasferimenti «forzosi». Tutte le distanze tra le sedi
distaccate e le sedi capoluogo superano i 50 km;
per il reperimento di idonei spazi aggiuntivi nelle sedi regionali, il decreto non prevede
alcuna copertura finanziaria. Si può quindi affermare che il decreto-legge 24 giugno 2014, n.
90 comporti l'aumento delle spese senza quantificarle e senza indicare i mezzi per farvi fronte,
in violazione dell'articolo 81 della Costituzione,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa al fine di prevedere di
utilizzare come criteri guida per la scelta dei Tar da sopprimere una popolazione della
circoscrizione giudiziaria inferiore a 700.000 abitanti e la produttività dei Tar, nonché a
salvare, dalla soppressione, quelle sezioni in cui il ricavato del contributo unificato supera le
spese di gestione.
9/2486-B/16. Colletti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 22 prevede disposizioni relative alle autorità indipendenti, che introducono
norme comuni alle diverse autorità in materia di incompatibilità, reclutamento e trattamento
economico del personale, gestione dei servizi strumentali, acquisti di beni e servizi, ubicazione
delle sedi, anche al fine di raggiungere risparmi di spesa;
tra le autorità interessate ai provvedimenti di cui all'articolo in parola risultano l'Autorità
garante della concorrenza e del mercato, la Commissione nazionale per le società e la borsa,
l'Autorità di regolazione dei trasporti, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico,
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati personali,
l'Autorità nazionale anticorruzione, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione e la
Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici
essenziali;
i commi da uno a tre dell'articolo 22 introducono alcune novità in materia di
incompatibilità dei componenti e dei dirigenti delle autorità indipendenti una volta cessato
l'incarico, al fine di garantire ulteriormente l'indipendenza delle Autorità;
l'Agcom è stata istituita con la legge 31 luglio 1997, n. 249 e il comma 3, dell'articolo 1
dispone che sono organi dell'Autorità il presidente, la commissione per le infrastrutture e le
reti, la commissione per i servizi e i prodotti e il consiglio. Ciascuna commissione è organo
collegiale costituito dal presidente dell'Autorità e da due commissari. Il consiglio è costituito dal
presidente e da tutti i commissari. Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati
eleggono due commissari ciascuno, i quali vengono nominati con decreto del Presidente della
Repubblica. Ciascun senatore e ciascun deputato esprime il voto indicando un nominativo per il
consiglio;
il Presidente dell'Autorità è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su
proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri d'intesa con il Ministro delle comunicazioni
(ora Ministro dello sviluppo economico). La designazione del nominativo del Presidente
dell'Autorità è previamente sottoposta al parere delle competenti Commissioni Parlamentari ai
sensi dell'articolo 3, legge 14 novembre 1995 n. 481;
l'Agcom, al pari di tutte le altre Autorità, è tenuta a garantire la massima indipendenza
e neutralità e le procedure di nomina attualmente in vigore non consentono di assicurare un
operato tecnico ed equidistante dagli interessi politici,
82
impegna il Governo
a valutare l'ipotesi di procedere ad una revisione delle procedure di nomina dei membri
dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
a valutare la possibilità di modificare la procedura di nomina del Presidente dell'Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni, eliminando la designazione diretta da parte Presidente del
Consiglio dei Ministri al fine di garantire la massima imparzialità ed indipendenza rispetto al
potere politico.
9/2486-B/17. Liuzzi.
La Camera,
premesso che:
le disposizioni in materia di lavoro pubblico, di cui all'articolo 50 del decreto-legge n.
90 del 24 giugno 2014 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza e per
l'efficienza degli uffici giudiziari, non raggiungono ad avviso del presentatore l'obiettivo di un
intervento di riforma e di taglio degli sprechi in grado di rilanciare il valore e la funzione della
Pubblica Amministrazione in quanto le modalità organizzative e i compiti del personale
giudiziario e di eventuali figure utilizzate nell’«ufficio per il processo» devono essere
demandate alla contrattazione integrativa e rispondere a un modello organizzativo preciso che
metta al centro il servizio;
così come enunciata, la norma risponde, più che a un modello di organizzazione, alla
creazione dello «staff» del giudice; se applicata in tal modo creerebbe gravi rallentamenti nella
struttura organizzativa con l'ingresso disordinato di più «figure» esterne con compiti non ben
definiti, inoltre l'istituzione dell'ufficio per il processo deve necessariamente passare per la
valorizzazione del personale interno che attende da tempo un riconoscimento professionale,
senza dimenticare che la complessità del modello organizzativo, inoltre, richiede l'utilizzo del
personale di cui al comma 344 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 tramite un contratto
a tempo determinato a partire dal 1o gennaio 2015;
pertanto risulta evidente che i 2924 lavoratori/precari della giustizia ricevano al più
presto una risposta che costituisca concretamente il punto di partenza per una funzione
pubblica moderna, rispondente alle aspettative dei cittadini, volano dello sviluppo
dell'economia del Paese, che possa rimettere al centro il ruolo e la dignità del lavoro pubblico,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di demandare alla contrattazione nazionale integrativa le scelte relative
a nuove funzioni e compiti del personale giudiziario da utilizzare sia per la costituzione
dell'ufficio per il processo che per gli ufficiali e funzionari giudiziali tenendo in considerazione
l'utilizzazione di contratti a tempo determinato di un anno per l'assunzione dei lavoratori che
abbiano completato il tirocinio (articolo 1 comma 344, legge n. 147 del 27 dicembre 2013) per
lo smaltimento dell'arretrato tramite progetti specifici.
9/2486-B/18. Gallinella, Businarolo, Ciprini.
La Camera,
premesso che:
il comma 1 dell'articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, integra le
commissioni mediche locali costituite presso le unità sanitarie locali in tutti i capoluoghi di
provincia con un rappresentante designato dalle associazioni delle persone disabili esperto in
materia;
le commissioni mediche locali hanno il compito di accertare i requisiti psichici e fisici nei
casi di revisione o rinnovo della patente di guida richiesta da mutilati e minorati fisici per
minorazioni anatomiche e funzionale di arti o colonne vertebrali;
il comma 1 dell'articolo 25 in forma generica parla di «esperto in materia» senza
specificare la materia nel quale dovrebbe essere esperto, si rende quindi necessario procedere
ad una definizione precisa di esperto in materia,
83
impegna il Governo
a definire compiutamente e in modo adeguato che l'esperto in materia nel quale si fa
riferimento al comma 1 dell'articolo 25 è esperto nella valutazione dell'incidenza psicofisica
conseguente alle condizioni di disabilità.
9/2486-B/19. Castelli, Baroni.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 18 del provvedimento in esame dispone in ordine alla soppressione del
Magistrato delle acque per le province venete e di Mantova di cui alla legge 5 maggio 1907, n.
257, trasferendo compiti e funzioni al provveditorato interregionale per le opere pubbliche;
i compiti e le funzioni inerenti espressamente alla salvaguardia di Venezia e della
laguna saranno trasferiti alla costituenda città metropolitana;
ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, tale assunto non appare il più
ragionevole e il più opportuno,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della norma citata al fine di prevedere il ripristino dell'istituto
del Magistrato delle acque di Venezia, quale amministrazione ad ordinamento autonomo con
funzioni strumentali a quelle dello Stato, avente personalità giuridica di diritto pubblico e
dotato di autonomia organizzativa, amministrativa, contabile e finanziaria, sottoposto alla
opportuna vigilanza del Ministero dell'ambiente.
9/2486-B/20. Cozzolino.
La Camera,
premesso che:
a fronte delle specifiche misure disposte dal provvedimento per gli enti di ricerca, in
materia di semplificazione e trasparenza preme al firmatario del presente atto sollevare la
disparità di trattamento e le difficoltà cui è esposto il personale esterno non strutturato delle
università – si tratta, ad esempio, degli assegnisti di ricerca, borsisti o dottorandi, rispetto al
personale strutturato, qualunque esso sia, docenti, tecnici o ricercatori;
le missioni fuori sede di durata superiore alle 24 ore vengono a questi ultimi
rimborsate, a norme di legge, entro 30 giorni, in quanto dipendenti pubblici, mentre i primi,
che già scontano una posizione ed una condizione precarie, devono spesso attendere anche
diversi mesi per i medesimi rimborsi, in quanto «esterni»;
sembra al firmatario del presente atto che ai «precari» dovrebbe, per lo meno, essere
assicurato pari trattamento con riguardo all'aspetto discriminante indicato, affinché non si
producano procedure di rimborso privilegiate, che, tra l'altro, vanno a scapito proprio di chi è
già in condizioni di minor tutela e maggior bisogno,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative, anche legislative, al fine di estendere il trattamento sancito
dall'articolo 3, della legge n. 417 del 1978, al personale esterno non strutturato delle
università.
9/2486-B/21. Segoni.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 22 introduce nuove norme in materia di incompatibilità per i componenti del
vertice della Consob nel periodo successivo alla cessazione del loro mandato;
ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo sarebbe opportuno introdurre la
84
medesima incompatibilità quale requisito aggiuntivo a quelli vigenti per l'assunzione dei
suddetti incarichi,
impegna il Governo
ad adottare le iniziative, anche legislative, finalizzate al divieto di nomina quali componenti
degli organi di vertice, a pena di nullità, per coloro che nei quattro anni precedenti abbiano
intrattenuto, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di
impiego con soggetti regolati dalla Consob o con società da questi ultimi controllate.
9/2486-B/22. Villarosa.
La Camera,
premesso che:
ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, l'articolo 11, nel suo complesso,
era e rimane un articolo controverso; in particolare, l’incipit del comma 4 recita un
ingiustificato «Resta fermo» e prosegue autorizzando, o sanando autorizzazioni pregresse, gli
organi politici degli enti locali ad inquadrare un collaboratore temporaneo e fiduciario alla
stregua dei dirigenti, escludendo attribuzioni di mansioni gestionali (tipiche dei dirigenti),
derogando rispetto al livello di inquadramento, rispetto alla retribuzione e rispetto al titolo di
studio necessario;
pur comprendendo le esigenze di personale fiduciario per i gabinetti politici, risulta
evidentemente ridondante la sequela di deroghe introdotte per l'assunzione di incarichi
dirigenziali, che appare anche di natura ed efficacia retroattiva,
impegna il Governo
ad adottare le iniziative, anche legislative, finalizzate a preservare il possesso del titolo di
studio dai requisiti derogati dal comma richiamato in premessa.
9/2486-B/23. Sibilia.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame pur contenendo misure di razionalizzazione della spesa
pubblica non affronta il tema delle auto blu;
sarebbe fondamentale proseguire l'opera intrapresa con il decreto-legge 24 aprile 2014,
n. 66 convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 che, all'articolo 15 ha
previsto una ulteriore riduzione di spesa per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e
l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi dal 50 al 30 per cento;
alla luce di questo processo si ritiene particolarmente inadeguata la sanzione prevista
per le amministrazioni pubbliche che non adempiono, ai fini dei censimento permanente delle
autovetture di servizio, all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 5 del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011,
impegna il Governo
ferme restando le vigenti disposizioni di contenimento della spesa per autovetture già previste
per spending review, a diminuire dal 50 al 30 per cento il limite di spesa previsto ai sensi
dell'articolo 1 comma 2 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito con modificazioni
dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 per le amministrazioni pubbliche che non adempiono, ai
fini del censimento permanente delle autovetture di servizio, all'obbligo di comunicazione
previsto dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011.
9/2486-B/24. Dell'Orco.
La Camera,
premesso che:
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il provvedimento in esame pur contenendo misure di razionalizzazione della spesa
pubblica non affronta il tema delle auto blu;
sarebbe fondamentale proseguire l'opera intrapresa con il decreto-legge 24 aprile 2014,
n. 66 convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 che, all'articolo 15 ha
previsto una ulteriore riduzione di spesa per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e
l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi dal 50 al 30 per cento;
alla luce di questo processo si ritiene particolarmente inadeguata la sanzione prevista
per le amministrazioni pubbliche che non adempiono, ai fini dei censimento permanente delle
autovetture di servizio, all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 5 del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011,
impegna il Governo
ferme restando le vigenti disposizioni di contenimento della spesa per autovetture già previste
per spending review, a valutare l'opportunità di diminuire dal 50 al 30 per cento il limite di
spesa previsto ai sensi dell'articolo 1 comma 2 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101
convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 per le amministrazioni
pubbliche che non adempiono, ai fini del censimento permanente delle autovetture di servizio,
all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 3 agosto 2011.
9/2486-B/24. (Testo modificato nel corso della seduta). Dell'Orco.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 18 del suddetto decreto «Soppressione delle sezioni staccate di Tribunale
amministrativo regionale e del Magistrato delle acque. Tavolo permanente per l'innovazione e
l'Agenda digitale italiana) dispone la soppressione del Commissario di Governo per l'attuazione
dell'Agenda digitale italiana posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione
dell'Agenda digitale italiana istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
sulla base della legislazione vigente l'attuale governance dell'Agenda digitale italiana
risulta composta dalla cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, dal Tavolo
permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, organismi previsti dall'articolo 47 del
decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n.
35 e dall'Agenzia per l'Italia digitale, istituita dall'articolo 19 del decreto-legge 22 giugno 2012,
n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
con l'approvazione dello Statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale ad opera del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 8 gennaio 2014 in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 37
del 14 febbraio 2014 si è dato vita ad un nuovo organo dell'Agenzia denominato Comitato di
indirizzo che ai sensi dell'articolo 5 del richiamato Statuto: «[...] nominato con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, è composto da un
rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, un rappresentante del Ministero
dello sviluppo economico, un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione, un rappresentante del
Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti designati dalla Conferenza
Unificata e dai membri del Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana,
tutti in possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dall'articolo 21, comma 2
del decreto istitutivo»;
appare evidente come le attribuzioni del suddetto Comitato di indirizzo si
sovrappongano a quelle degli altri organi previsti e segnatamente la cabina di regia e il tavolo
permanente,
impegna il Governo
a provvedere anche per via legislativa alla soppressione della cabina di regia presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri e della relativa struttura di missione al fine di procedere
86
ad un'ulteriore semplificazione della governance dell'Agenda digitale italiana per dare nuovo e
decisivo impulso alla realizzazione dell'Agenda digitale italiana.
9/2486-B/25. De Lorenzis.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 18 del suddetto decreto «Soppressione delle sezioni staccate di Tribunale
amministrativo regionale e del Magistrato delle acque. Tavolo permanente per l'innovazione e
l'Agenda digitale italiana) dispone la soppressione del Commissario di Governo per l'attuazione
dell'Agenda digitale italiana posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione
dell'Agenda digitale italiana istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
sulla base della legislazione vigente l'attuale governance dell'Agenda digitale italiana
risulta composta dalla cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, dal Tavolo
permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, organismi previsti dall'articolo 47 del
decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n.
35 e dall'Agenzia per l'Italia digitale, istituita dall'articolo 19 del decreto-legge 22 giugno 2012,
n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
con l'approvazione dello Statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale ad opera del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 8 gennaio 2014 in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 37
del 14 febbraio 2014 si è dato vita ad un nuovo organo dell'Agenzia denominato Comitato di
indirizzo che ai sensi dell'articolo 5 del richiamato Statuto: «[...] nominato con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, è composto da un
rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, un rappresentante del Ministero
dello sviluppo economico, un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione, un rappresentante del
Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti designati dalla Conferenza
Unificata e dai membri del Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana,
tutti in possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dall'articolo 21, comma 2
del decreto istitutivo»;
appare evidente come le attribuzioni del suddetto Comitato di indirizzo si
sovrappongano a quelle degli altri organi previsti e segnatamente la cabina di regia e il tavolo
permanente,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di provvedere anche per via legislativa alla soppressione della cabina di
regia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e della relativa struttura di missione al fine
di procedere ad un'ulteriore semplificazione della governance dell'Agenda digitale italiana per
dare nuovo e decisivo impulso alla realizzazione dell'Agenda digitale italiana.
9/2486-B/25. (Testo modificato nel corso della seduta). De Lorenzis.
La Camera,
premesso che:
all'articolo 3 si rimodulano le limitazioni al turn over per determinate amministrazioni
dello Stato (ed altri enti) per il quinquiennio 2014-2018; in particolare, per quanto riguarda il
criterio basato sui risparmi di spesa legati alle cessazioni dell'anno precedente, vengono
confermati i limiti attuali (20 per cento nel 2014, 40 per cento nel 2015, 60 per cento nel
2016, 80 per cento nel 2017, 100 per cento nel 2018),
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di stanziare risorse derivanti dai maggiori risparmi dei capitoli di spesa
relativi all'organizzazione degli uffici di diretta collaborazione con il Ministro, al fine di favorire
la stabilizzazione degli idonei inseriti nelle graduatorie dei concorsi banditi dalla pubblica
87
amministrazione.
9/2486-B/26. Vallascas.
La Camera,
premesso che:
il comma 1 dell'articolo 17 del provvedimento in esame prevede la predisposizione di un
sistema informatico di acquisizione di dati e delle proposte di razionalizzazione delle
amministrazioni statali;
il comma 2 del medesimo articolo prevede la predisposizione di un sistema informatico
di acquisizione di dati relativi alla modalità di gestione dei servizi strumentali, con particolare
riferimento ai servizi esternalizzati da parte del Dipartimento della funzione pubblica della
Presidenza del Consiglio dei ministri;
come avviene per molti altri obblighi di pubblicità previsti dalle leggi adottati negli ultimi
anni, anche nei suddetti commi l'obbligo appare sprovvisto di effettività, a causa della carenza
di previsioni sanzionatorie in caso di mancata ottemperanza in quanto le disposizioni si limitano
a prevedere, al comma 1, che, decorso il termine di tre mesi dall'abilitazione al prescritto
inserimento dei dati, «è vietato alle suddette amministrazioni, con riferimento agli enti per i
quali i dati e le proposte non siano stati immessi, il compimento di qualsiasi atto nei confronti
dei suddetti enti, ivi compresi il trasferimento di fondi e la nomina di titolari e componenti dei
relativi organi» e, al comma 2, che «il mancato inserimento rileva ai fini della responsabilità
dirigenziale del dirigente competente»;
ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo sarebbe opportuno introdurre
quale rimedio sanzionatorio effettivo per l'inadempimento degli obblighi disposti una nullità
«testuale», quale sanzione che renda effettivo l'obbligo in questione;
nel presente contesto, una previsione siffatta avrebbe la funzione realmente in grado di
rendere effettivo l'obbligo stesso in quanto le amministrazioni che non dovessero ottemperare
all'obbligo di trasmettere i dati richiesti, vedrebbero gli atti ad essi conseguenti colpiti da
nullità di diritto;
tale proposta risulta coerente con la parte della riforma che prevede misure deflattive
per il contenzioso amministrativo in sede giudiziaria. Se infatti, a fronte della violazione da
parte delle amministrazioni delle norme di legge l'ordinario rimedio per i privati interessati è
quello di ricorrere al giudice amministrativo per far dichiarare nulli i provvedimenti così
adottati, in quanto diversamente essi esplicano pienamente i loro effetti, seppur adottati in
violazione di norme di legge, con la proposta in questione, gli atti adottati in violazione degli
obblighi di pubblicità e trasparenza sarebbero colpiti da nullità ex lege, senza il necessario
intervento dell'autorità giudiziaria e il relativo contenzioso, fonte di ingenti costi e disagi tanto
per lo Stato che per i privati;
la sanzione della nullità potrebbe essere anche «attenuata», con la previsione di un
termine temporale, decorrente dal momento dell'iscrizione dell'amministrazione nell'elenco
pubblico delle amministrazioni inadempienti, entro il quale l'amministrazione deve ottemperare
agli obblighi informativi, decorso il quale si attuerebbe la sanzione della nullità di diritto degli
atti relativi ai dati non trasmessi,
impegna il Governo
ad adottare le iniziative, anche legislative, necessarie a istituire, quale adeguato rimedio
sanzionatorio nei confronti delle amministrazioni pubbliche che non adempiano al disposto dei
commi indicati in premessa la nullità testuale e di diritto degli atti amministrativi
eventualmente adottati, anche considerando l'introduzione della previsione «attenuata» come
indicata in premessa.
9/2486-B/27. Toninelli.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 49, comma 1, lettera b), del decreto-legge in corso di conversione modifica
88
l'articolo, 17 del decreto legislativo n. 546 del 1992, recante la disciplina del luogo delle
notificazioni e comunicazioni nel processo tributario. In particolare, aggiunge al detto articolo il
comma 3-bis secondo il quale «in caso di mancata indicazione dell'indirizzo di posta elettronica
certificata ovvero di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause
imputabili al destinatario, le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in
segreteria della Commissione tributaria»;
la mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata può dipendere da
svariati fattori: potrebbe dipendere da problemi di insufficienza di memoria della casella del
ricevente così come da problemi di trasmissione/consegna del messaggio insiti nel sistema
stesso. In tali casi, se è vero che la ricevuta di mancata consegna della PEC, inoltrata al
mittente entro le ventiquattro ore successive all'invio, riporta il motivo della mancata consegna
dello stesso, è altrettanto vero che non sempre il contenuto di tale messaggio risulta
facilmente intellegibile all'operatore né risulta agevole individuare le cause del mancato
inoltro;
in assenza di validi elementi dai quali poter attribuire con certezza la causa del mancato
inoltro a inadempienze del destinatario, appare quindi oltremodo inopportuno far discendere
per quest'ultimo conseguenze così onerose, quali la comunicazione mediante deposito in
segreteria della Commissione tributaria: in tal caso, infatti, il destinatario della comunicazione
potrebbe venire a conoscenza del contenuto della comunicazione soltanto recandosi presso la
segreteria della Commissione tributaria; tuttavia, ciò potrebbe avvenire anche a distanza di
tempo ovvero dopo il decorso di termini processuali rilevanti ai fini del processo (a prescindere
dall'effettiva conoscenza della comunicazione, infatti, gli effetti della notifica o comunicazione
decorrono dalla data di deposito dell'atto o provvedimento da comunicare/notificare presso la
segreteria della Commissione tributaria): si pensi alla comunicazione relativa alla data di
fissazione dell'udienza dalla quale decorrono i termini perentori per il deposito di documenti e
per la presentazione di memorie; alla comunicazione del dispositivo della sentenza e della data
di deposito della stessa, dalla quale decorrono i termini per l'impugnazione,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di assumere ogni iniziativa, anche a
carattere normativo, volta ad escludere che la mancata trasmissione della PEC comporti come
conseguenza la comunicazione mediante deposito presso la segreteria della Commissione
tributaria ovvero a prevedere quantomeno strumenti alternativi di comunicazione tali da
garantire un adeguato grado di conoscenza o conoscibilità della comunicazione da parte del
destinatario.
9/2486-B/28. Cancelleri.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 49, comma 1, lettera b), del decreto-legge in corso di conversione modifica
l'articolo, 17 del decreto legislativo n. 546 del 1992, recante la disciplina del luogo delle
notificazioni e comunicazioni nel processo tributario. In particolare, aggiunge al detto articolo il
comma 3-bis secondo il quale «in caso di mancata indicazione dell'indirizzo di posta elettronica
certificata ovvero di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause
imputabili al destinatario, le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in
segreteria della Commissione tributaria»;
la mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata può dipendere da
svariati fattori: potrebbe dipendere da problemi di insufficienza di memoria della casella del
ricevente così come da problemi di trasmissione/consegna del messaggio insiti nel sistema
stesso. In tali casi, se è vero che la ricevuta di mancata consegna della PEC, inoltrata al
mittente entro le ventiquattro ore successive all'invio, riporta il motivo della mancata consegna
dello stesso, è altrettanto vero che non sempre il contenuto di tale messaggio risulta
facilmente intellegibile all'operatore né risulta agevole individuare le cause del mancato
inoltro;
in assenza di validi elementi dai quali poter attribuire con certezza la causa del mancato
89
inoltro a inadempienze del destinatario, appare quindi oltremodo inopportuno far discendere
per quest'ultimo conseguenze così onerose, quali la comunicazione mediante deposito in
segreteria della Commissione tributaria: in tal caso, infatti, il destinatario della comunicazione
potrebbe venire a conoscenza del contenuto della comunicazione soltanto recandosi presso la
segreteria della Commissione tributaria; tuttavia, ciò potrebbe avvenire anche a distanza di
tempo ovvero dopo il decorso di termini processuali rilevanti ai fini del processo (a prescindere
dall'effettiva conoscenza della comunicazione, infatti, gli effetti della notifica o comunicazione
decorrono dalla data di deposito dell'atto o provvedimento da comunicare/notificare presso la
segreteria della Commissione tributaria): si pensi alla comunicazione relativa alla data di
fissazione dell'udienza dalla quale decorrono i termini perentori per il deposito di documenti e
per la presentazione di memorie; alla comunicazione del dispositivo della sentenza e della data
di deposito della stessa, dalla quale decorrono i termini per l'impugnazione,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di assumere
ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta ad escludere che la mancata trasmissione
della PEC comporti come conseguenza la comunicazione mediante deposito presso la
segreteria della Commissione tributaria ovvero a prevedere quantomeno strumenti alternativi
di comunicazione tali da garantire un adeguato grado di conoscenza o conoscibilità della
comunicazione da parte del destinatario.
9/2486-B/28. (Testo modificato nel corso della seduta). Cancelleri.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 45, comma 1, lettera c), del decreto-legge in corso di conversione modifica
l'articolo 207 del codice di procedura civile, recante la disciplina del processo verbale di
assunzione dei mezzi di prova nel processo civile. In particolare, prevede che le dichiarazioni
rese in udienza dalle parti e dai testimoni debbano essere riportate in prima persona nel
verbale di assunzione nonché lette al dichiarante il quale però, contrariamente alla norma
previgente, non deve più sottoscriverle;
la trascrizione nel verbale d'udienza delle dichiarazioni rese dai testimoni e dalle parti
nel corso dell'udienza dovrebbe essere effettuata dal cancelliere, sotto la direzione del giudice;
trattandosi di atto pubblico, esso fa piena prova fino a querela di falso. Come noto,
tuttavia, nella prassi ciò non avviene a causa dell'elevato volume delle cause civili e della
carenza di personale di cancelleria. Di tale compito si fanno quindi carico, solitamente, i
difensori previa autorizzazione del giudice. In un tal contesto, la sottoscrizione del verbale di
assunzione da parte del dichiarante rappresenta una garanzia circa la paternità delle
dichiarazioni rese e la corrispondenza tra quanto riferito e quanto trascritto nel verbale,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di assumere ogni iniziativa, anche a
carattere normativo, volta a prevedere la sottoscrizione del verbale di assunzione da parte del
dichiarante, quale garanzia della paternità delle dichiarazioni rilasciate e della corrispondenza
con quanto in esso trascritto.
9/2486-B/29. Alberti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 45, comma 1, lettera c), del decreto-legge in corso di conversione modifica
l'articolo 207 del codice di procedura civile, recante la disciplina del processo verbale di
assunzione dei mezzi di prova nel processo civile. In particolare, prevede che le dichiarazioni
rese in udienza dalle parti e dai testimoni debbano essere riportate in prima persona nel
verbale di assunzione nonché lette al dichiarante il quale però, contrariamente alla norma
90
previgente, non deve più sottoscriverle;
la trascrizione nel verbale d'udienza delle dichiarazioni rese dai testimoni e dalle parti
nel corso dell'udienza dovrebbe essere effettuata dal cancelliere, sotto la direzione del giudice;
trattandosi di atto pubblico, esso fa piena prova fino a querela di falso. Come noto,
tuttavia, nella prassi ciò non avviene a causa dell'elevato volume delle cause civili e della
carenza di personale di cancelleria. Di tale compito si fanno quindi carico, solitamente, i
difensori previa autorizzazione del giudice. In un tal contesto, la sottoscrizione del verbale di
assunzione da parte del dichiarante rappresenta una garanzia circa la paternità delle
dichiarazioni rese e la corrispondenza tra quanto riferito e quanto trascritto nel verbale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di assumere
ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a prevedere la sottoscrizione del verbale di
assunzione da parte del dichiarante, quale garanzia della paternità delle dichiarazioni rilasciate
e della corrispondenza con quanto in esso trascritto.
9/2486-B/29. (Testo modificato nel corso della seduta). Alberti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 50, comma 2, del decreto-legge in corso di conversione apporta modifiche
all'articolo 73 decreto-legge n. 9 del 2013, recante la disciplina del tirocinio formativo presso
gli uffici giudiziari;
il periodo di formazione teorico-pratica previsto dalla citata disposizione è ammesso
esclusivamente presso le Corti di appello, i tribunali ordinari, gli uffici e i tribunali di
sorveglianza e i tribunali per i minorenni della durata nonché presso il Consiglio di Stato, sia
nelle sezioni giurisdizionali che consultive, e i Tribunali Amministrativi Regionali; sono dunque
escluse le Commissioni tributarie;
il processo tributario non può considerarsi un processo «minore» rispetto a quello civile,
penale o amministrativo; il procedimento disciplinato dal decreto legislativo n. 546 del 1992,
infatti, segue le forme e le fasi previste nel processo amministrativo, oltre a richiamare
espressamente la normativa prevista dal codice di procedura civile per tutto quanto non
espressamente disciplinato dal detto decreto;
il tirocinio pratico presso le Commissioni tributarie può certamente contribuire alla
formazione professionale dei futuri magistrati togati, soprattutto in considerazione del loro
crescente impiego all'interno delle Commissioni tributarie,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni al fine di assumere ogni iniziativa, anche a
carattere normativo, volta a prevedere la possibilità di svolgere il tirocinio formativo di cui
all'articolo 73 del detto decreto-legge n. 69 del 2013, anche presso le commissioni tributarie
provinciali e regionali.
9/2486-B/30. Pisano.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 25 introduce modifiche in materia di semplificazione per soggetti con
invalidità. Merita particolare attenzione anche la tutela dei lavoratori invalidi che si assentano
per motivi di salute dal luogo di lavoro, ai quali viene effettuata una ritenuta economica
relativa ai primi dieci giorni di ogni periodo di assenza per malattia;
la normativa attuale esclude da tale ritenuta economica le assenze dovute ad infortunio
sul lavoro certificate dall'Inail, a ricovero ospedaliero o di day-hospital e le assenze dovute a
patologie gravi che necessitano di terapie salvavita,
91
impegna il Governo
ad attivarsi, anche apportando modifiche alla legge n. 133 del 6 agosto 2008 affinché vengano
tutelati i diritti dei lavoratori, affetti da patologie gravi e invalidanti e di quelli ai quali è
riconosciuto almeno il 75 per cento di invalidità, che si assentano dal lavoro per motivi di
salute con lo stesso regime giuridico previsto per i soggetti che si sottopongono alle terapie
salvavita.
9/2486-B/31. Petraroli, Lorefice.
La Camera,
premesso che:
il comma 3 dell'articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, modifica la
disciplina della sosta dei veicoli di persone disabili dotati di apposito contrassegno, e mentre si
obbliga i concessionari di aree destinate a parcheggi a pagamento a destinarne una quota a
sosta gratuita per i veicoli di persone disabili, mentre per le aree di parcheggio a pagamento
gestite direttamente dai comuni diventa una decisione facoltativa, mentre in precedenza era
obbligatorio;
tale norma pare contraddittoria in quanto non sembra plausibile che ai concessionari sia
imposto di lasciare a disposizione di soste gratuite mentre per i comuni per le aree parcheggio
che gestiscono direttamente diventa facoltativo;
non sembra, inoltre, che con la modifica introdotta aumenti l'offerta di soste gratuite
per i veicoli di persone disabili con contrassegno quando i posti loro assegnati sono occupati o
indisponibili,
impegna il Governo
a valutare più attentamente la disposizione al fine di reinserire in successivi provvedimenti la
norma che prevede per i comuni l'obbligo a riservare soste gratuite per i veicoli di persone
disabili dotate di contrassegno laddove i posti loro assegnati risultino occupati o indisponibili
aumentando così sensibilmente l'offerta complessiva di soste gratuite per i veicoli di persone
disabili.
9/2486-B/32. D'Incà, Lorefice.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 introduce nuove disposizioni in materia di semplificazione e flessibilità
nel turn over presso le pubbliche amministrazioni disciplinandone la relativa facoltà
assunzionale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di assumere iniziative legislative finalizzate a garantire una migliore
conciliazione tra tempi di vita e di lavoro a vantaggio del dipendente, anche attraverso un
migliore e più diffuso utilizzo del contratto a tempo parziale.
9/2486-B/33. Carinelli.
La Camera,
premesso che:
all'articolo 4, comma 1, stabilisce che le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti
in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di appartenenti a una qualifica
corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di
trasferimento, previo assenso dell'amministrazione di appartenenza;
considerato che:
il suddetto articolo prevede che, in via sperimentale, e in attesa dell'introduzione di
nuove procedure per la determinazione dei fabbisogni standard di personale delle
92
amministrazioni pubbliche, per il trasferimento tra le sedi centrali di differenti ministeri,
agenzie ed enti pubblici non economici nazionali, non è richiesto l'assenso dell'amministrazione
di appartenenza,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative affinché si intervenga in tempi rapidi per l'individuazione dei
citati fabbisogni standard di personale in modo che sia garantito un adeguato bilanciamento tra
la necessità di provvedere alla spending review e l'esigenza di garantire l'erogazione dei servizi
pubblici.
9/2486-B/34. Nuti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 modifica li sistema di conferimento di incarichi dirigenziali a tempo
determinato negli enti locali, nelle regioni e negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario
nazionale con riferimento alla dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa;
in particolare si interviene sugli uffici di supporto degli organi di direzione politica degli
enti locali. In sintesi, viene aumentato dal 10 al 30 per cento dei posti della pianta organica la
quota massima di incarichi dirigenziali che gli enti locali possono conferire mediante contratti a
tempo determinato, nonostante il comma 3 fissa al dieci per cento il limite dei posti di
dotazione organica ricopribili tramite assunzioni a tempo determinato per la dirigenza regionale
e la dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa degli enti e delle aziende del Servizio
sanitario nazionale;
considerato che:
l'articolo 110, comma 1, del Testo Unico degli Enti Locali prevede la possibilità di
ricorrere alla copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali
o di alta specializzazione, mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o,
eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti
richiesti dalla qualifica da ricoprire;
nonostante il parere contrario della sezione regionale delle Corte dei Conti per la Puglia,
rimane inalterato il contenuto del comma 2 dell'articolo 110 del decreto legislativo n. 267 del
2000 con riferimento all'attribuzione di incarichi dirigenziali a termine al di fuori della dotazione
organica;
il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la
dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori
della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni,
fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire;
l'articolo 26 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recita «Fino alla
ridefinizione delle piante organiche non può essere disposto alcun incremento delle dotazioni
organiche per ciascuna delle attuali posizioni funzionali dirigenziali del ruolo sanitario,
professionale, tecnico ed amministrativo»;
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di prevedere con ulteriori provvedimenti l'applicazione di sanzioni
amministrative nei confronti degli enti pubblici locali e territoriali, che non abbiano adempiuto
all'obbligo previsto dal comma 3 dell'articolo 26 del decreto legislativo 30 marzo 2001;
a considerare altresì l'opportunità, nel rispetto dell'autonomia dei singoli enti, di
concordare, in sede di Conferenza Unificata, le modalità e le scadenze relative agli
aggiornamenti delle dotazioni organiche del personale dirigenziale e non dirigenziale, nonché
per la pubblicazione delle predette rideterminazioni sul sito internet del Dipartimento della
Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri.
9/2486-B/35. Dieni.
93
La Camera,
premesso che:
il provvedimento prevede anche modifiche all'articolo 16-bis del decreto-legge n. 179
del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, che riguardano
l'obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali nei procedimenti civili, contenziosi
o di volontaria giurisdizione:
l'articolo 49 (Disposizioni in materia di informatizzazione del processo tributario e di
notificazione dell'invito al pagamento del contributo unificato) ha la finalità di incentivare l'uso
delle modalità telematiche nel processo tributario consentendo un cospicuo risparmio dei costi
sostenuti per l'utilizzo dei servizi postali;
in particolare, al comma 2 viene apportata una modifica all'articolo 248, comma 2, del
testo unico in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.
115 del 2002, con la quale si prevede la possibilità di inviare al domicilio eletto, anche digitale,
l'invito al pagamento derivante dal mancato o insufficiente pagamento del contributo unificato.
È fatto salvo il contenuto della convenzione prevista dall'articolo 1, comma 367, della legge 24
dicembre 2007, n. 244, mediante la quale il Ministero della giustizia affida ad Equitalia
Giustizia la gestione del credito;
il pagamento del contributo unificato può essere effettuato presso: gli uffici postali
utilizzando l'apposito bollettino di conto corrente postale; le tabaccherie mediante lottomatica;
il modello F23. All'atto dell'iscrizione a ruolo l'istante deve pagare il contributo dovuto negli
importi previsti;
se il versamento è effettuato presso le rivendite dei generi di monopolio e di valori
bollati la ricevuta è costituita dal contrassegno rilasciato dalla rivendita comprovante il
pagamento e l'importo. Tale contrassegno cartaceo è apposto sulla nota di iscrizione a ruolo ed
in caso di deposito telematico degli atti deve essere portato fisicamente presso le cancellerie
dei Tribunali che provvedono ad effettuare i dovuti controlli ed inseriscono il contrassegno nel
relativo fascicolo;
tale attività di verifica e di riordino del fascicolo da parte delle Cancellerie impiega
parecchio tempo delle risorse umane addette, attività che invece non deve essere eseguita in
caso in cui il pagamento del contributo avvenga in forma telematica,
impegna il Governo
a valutare di prevedere il pagamento obbligatorio in via telematica del contributo unificato di
cui all'articolo 14 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.
115 (Testo Unico delle Spese di Giustizia), per evitare controlli manuali da parte delle
Cancellerie dei Tribunali nonché eventuali ritardi nella gestione degli atti giudiziari.
9/2486-B/36. Colonnese, Ferraresi, Businarolo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 22 dispone, al comma 6, la riduzione delle spese per gli incarichi di
consulenza, studio e ricerca commissionati dalle autorità indipendenti; la riduzione disposta è
pari, nel minimo, al cinquanta per cento della spesa sostenuta nell'anno 2013,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di procedere con future iniziative normative ad un ulteriore
innalzamento della soglia minima della riduzione indicata in premessa, fissandola al 7 per
cento delle spese dell'anno precedente.
9/2486-B/37. D'Ambrosio.
La Camera,
premesso che:
l'articolato del provvedimento reca una serie di misure intitolate alla semplificazione e
94
alla trasparenza nonché all'organizzazione delle pubbliche amministrazioni in moltissime
materie e moltissimi settori, anche con l'obiettivo di una razionalizzazione dell'allocazione delle
risorse e delle spese;
in ordine al comparto degli enti territoriali, ad avviso del firmatario del presente atto di
indirizzo, sarebbe opportuno un decisivo intervento in ordine alle sedi di rappresentanza delle
regioni all'estero,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative, anche legislative, finalizzate alla soppressione delle sedi di
rappresentanza delle regioni all'estero o, comunque, alla riduzione dei trasferimenti erariali in
favore delle regioni per una somma corrispondente alle spese per esse sostenute, al contempo
disponendo l'adeguamento, compatibilmente con i loro ordinamenti, da parte delle regioni a
statuto speciale e delle province autonome.
9/2486-B/38. Fraccaro.
La Camera,
premesso che:
l'articolato del provvedimento reca una serie di misure intitolate alla semplificazione e
alla trasparenza nonché all'organizzazione delle pubbliche amministrazioni in moltissime
materie e moltissimi settori, anche con l'obiettivo di una razionalizzazione dell'allocazione delle
risorse e delle spese;
in ordine al comparto degli enti territoriali, ad avviso del firmatario del presente atto di
indirizzo, sarebbe opportuno un decisivo intervento in ordine alle sedi di rappresentanza delle
regioni all'estero,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche legislative, finalizzate alla
soppressione delle sedi di rappresentanza delle regioni all'estero o, comunque, alla riduzione
dei trasferimenti erariali in favore delle regioni per una somma corrispondente alle spese per
esse sostenute, al contempo disponendo l'adeguamento, compatibilmente con i loro
ordinamenti, da parte delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.
9/2486-B/38. (Testo modificato nel corso della seduta). Fraccaro.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 22 del provvedimento in esame introduce nuove incompatibilità per i
componenti degli organi di vertice e per i dirigenti di determinate autorità indipendenti con
riguardo al periodo successivo alla cessazione dei loro incarichi;
dalla disposizione sono esclusi i dirigenti «responsabili esclusivamente degli uffici di
supporto»;
tale deroga risulta priva di motivazione e foriera di incertezze applicative;
«uffici di supporto» non può ritenersi espressione univoca di significato, in particolare a
fronte del contestuale riferimento agli ordinamenti interni delle suddette autorità, della loro
specifica autonomia e della conseguente eterogeneità delle articolazioni e delle funzioni
organizzative,
impegna il Governo
a centrare gli effetti applicativi della disposizione ai fini di adottare le opportune iniziative,
anche legislative, al fine di espungere la deroga richiamata in premessa o a individuare
espressamente la tipologia di uffici ai cui responsabili debba intendersi applicata.
9/2486-B/39. Dadone.
95
La Camera,
premesso che:
l'articolo 31 (Modifiche all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001) reca
modifiche all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, concernente la tutela del
dipendente pubblico che segnala illeciti, estendendo la possibilità di denunciare i predetti
illeciti, oltre all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, anche all'ANAC;
attualmente i dipendenti pubblici e privati a seguito di denunce di atti di corruzione e
irregolarità subiscono molto spesso provvedimenti disciplinari, mobbing e licenziamenti;
la posizione dei cosiddetti whistleblower non viene adeguatamente tutelata nelle
aziende, in ambito privato e pubblico, da fenomeni di mobbing e altre forme di vessazione o
discriminazione che possano pregiudicarne l'integrità psicofisica o la carriera lavorativa;
non viene nemmeno prevista una ricompensa, anche in termini monetari, nel caso il
dipendente sia venuto a conoscenza di atti di corruzione o irregolarità, come invece è previsto
in altri ordinamenti, ad esempio negli Stati Uniti, dove non solo il dipendente è tutelato, ma è
addirittura incentivato a fare segnalazioni,
impegna il Governo
a valutare di attribuire all'autore di una segnalazione di reati o irregolarità, che comportano un
danno erariale e un danno all'immagine della pubblica amministrazione, una somma di denaro
a titolo di premio, in percentuale rispetto alla somma recuperata a seguito del provvedimento
di condanna definitiva della Corte dei conti.
9/2486-B/40. Businarolo.
La Camera,
premesso che:
il decreto in oggetto presenta indubbiamente un contenuto ampio ed articolato
riconducibile ad ambiti di intervento del settore pubblico, quali la pubblica amministrazione e il
settore della giustizia (principalmente civile, amministrativa e tributaria), o settori ad esso
riconducibili (enti controllati, contratti pubblici ed eventi sottoposti a poteri di intervento
pubblicistici);
si rileva che la particolare complessità delle materie trattate dal decreto-legge in
oggetto avrebbe meritato altra scelta di politica legislativa, quale quella di un disegno di legge
ordinario, con tempi non contingentati e non a ridosso della pausa estiva che già da sola
ingenererebbe inspiegabilmente una dannosa fretta nell'esame dei provvedimenti pur
rilevanti;
in relazione all'articolo 9 che ha ad oggetto, tra l'altro, la riforma degli onorari della
Avvocatura di Stato e risponde alle urgenti necessità di contenimento della spesa pubblica,
riducendo l'ammontare dei compensi professionali non correlati a criteri di valutazione della
performance omogenei alle altre categorie dirigenziali, stante le numerose modifiche apportate
alla norma in esame sulla percentuale spettante alla già privilegiata categoria degli Avvocati di
Stato,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disposizione al fine di adottare ulteriori iniziative
normative volte a rivedere nuovamente la percentuale sulle liti vinte spettante al personale
della Avvocatura dello Stato e riportarla al dieci per cento rispetto alla attuale previsione
normativa.
9/2486-B/41. Agostinelli.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 modifica il sistema di conferimento di incarichi dirigenziali a tempo
determinato negli enti locali, nelle regioni e negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario
96
nazionale con riferimento alla dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa;
in particolare si interviene sugli uffici di supporto degli organi di direzione politica degli
enti locali. In sintesi, viene aumentato dal 10 al 30 per cento dei posti della pianta organica la
quota massima di incarichi dirigenziali che gli enti locali possono conferire mediante contratti a
tempo determinato, prevedendo l'obbligo di selezione pubblica per il conferimento di detti
incarichi;
in particolare, il comma 3 fissa al dieci per cento il limite dei posti di dotazione organica
ricopribili tramite assunzioni a tempo determinato per la dirigenza regionale e la dirigenza
professionale, tecnica ed amministrativa degli enti e delle aziende del Servizio sanitario
nazionale;
si rileva, in proposito, che molte regioni hanno introdotto proprie discipline di
regolazione della dirigenza, che, in alcuni casi, consentono il ricorso ad incarichi dirigenziali da
conferire a personale esterno;
in base alla giurisprudenza costituzionale, «l'area delle eccezioni» al concorso deve
essere «delimitata in modo rigoroso» (sent. n. 215 del 2009; sent. n. 363 del 2006). Con la
sentenza n. 9 del 2010 la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo
l'articolo 24, comma 2, della legge regionale n. 23 del 2008 del Piemonte, in quanto tale
disposizione oltre a prevedere assunzioni a tempo determinato, con contratto che può avere
una durata massima di cinque anni e che è rinnovabile senza alcun limite, e a non richiedere la
ricorrenza di alcun presupposto oggettivo perché un incarico di direttore regionale sia affidato
ad un soggetto esterno piuttosto che ad un dirigente appartenente ai ruoli
dell'amministrazione, contempla una deroga al principio del concorso pubblico di notevole
consistenza (30 percento dei posti di direttore regionale),
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle norme citate in premessa al fine di prevedere nei prossimi
provvedimenti concernenti la dirigenza, di rimodulare le percentuali dei posti riservati dagli enti
locali e territoriali agli incarichi dirigenziali, fissandoli complessivamente nella misura non
superiore al 2 per cento negli enti pubblici che abbiano in organico più di 50 dirigenti di ruolo,
del 10 per cento negli enti pubblici che abbiano in organico da 5 a 50 dirigenti di ruolo e del 30
per cento negli enti pubblici che abbiano in organico meno di 5 dirigenti di ruolo.
9/2486-B/42. Rostellato.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 modifica il sistema di conferimento di incarichi dirigenziali a tempo
determinato negli enti locali, nelle regioni e negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario
nazionale con riferimento alla dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa;
l'articolo 110, comma 1, TUEL prevede la possibilità di ricorrere alla copertura dei posti
di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione,
mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con
deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da
ricoprire;
tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 30 per cento
del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno
una unità;
i predetti contratti non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco
o del presidente della provincia in carica; sotto il profilo del trattamento economico,
equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il
personale degli enti locali, questo può essere integrato, con provvedimento motivato della
Giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale
e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di
mercato relative alle specifiche competenze professionali;
il predetto trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in
stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del
97
personale;
considerato che:
la sentenza della Corte costituzionale n. 233 del 2006, che ha evidenziato come la
materia «organizzazione amministrativa della Regione», comprensiva dell'incidenza della
stessa sulla disciplina del relativo personale, è attribuita alla competenza residuale delle
Regioni (articolo 117, quarto comma, della Costituzione), da esercitare nel rispetto dei
«principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» fissati negli statuti (articolo 123
della Costituzione);
per quanto riguarda più specificatamente i dirigenti e il relativo trattamento economico,
nella recente sentenza 61/2014, la Corte costituzionale, dichiarando non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, nella
parte in cui concerne il personale dirigenziale regionale e provinciale (i cui rapporti di impiego
sono tutti contrattualizzati), ha affermato che tale materia è riconducibile a quella
dell’«ordinamento civile» (sent. n. 173 del 2012);
anche la sentenza n. 77 del 2013 ha affermato che la competenza statale esclusiva in
materia di «ordinamento civile» vincola gli enti ad autonomia differenziata anche con
riferimento alla disciplina del rapporto di lavoro con i propri dipendenti,
impegna il Governo
a porre in essere tutte le iniziative per prevedere nell'ambito dei futuri provvedimenti in
materia di dirigenza, il trattamento economico onnicomprensivo dei soggetti che svolgono
funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa,
stabilendo che il trattamento economico (parametrato a quello del primo presidente della Corte
di cassazione), non possa ricevere a carico delle finanze pubbliche «indennità o altra
retribuzione» nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche
amministrazioni statali, nonché, ai sensi dell'articolo 1, commi 471 e 472 della Legge 27
dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni, con le autorità amministrative
indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive
modificazioni, ivi incluso il personale di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo
decreto legislativo, e i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle
autorità amministrative indipendenti.
9/2486-B/43. Luigi Gallo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 modifica il sistema di conferimento di incarichi dirigenziali a tempo
determinato negli enti locali, nelle regioni e negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario
nazionale con riferimento alla dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa;
l'articolo 110, comma 1, TUEL prevede la possibilità di ricorrere alla copertura dei posti
di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione,
mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con
deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da
ricoprire;
tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 30 per cento
del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno
una unità;
i predetti contratti non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco
o del presidente della provincia in carica; sotto il profilo del trattamento economico,
equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il
personale degli enti locali, questo può essere integrato, con provvedimento motivato della
Giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale
e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di
mercato relative alle specifiche competenze professionali;
il predetto trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in
98
stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del
personale;
considerato che:
la sentenza della Corte costituzionale n. 233 del 2006, che ha evidenziato come la
materia «organizzazione amministrativa della Regione», comprensiva dell'incidenza della
stessa sulla disciplina del relativo personale, è attribuita alla competenza residuale delle
Regioni (articolo 117, quarto comma, della Costituzione), da esercitare nel rispetto dei
«principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» fissati negli statuti (articolo 123
della Costituzione);
per quanto riguarda più specificatamente i dirigenti e il relativo trattamento economico,
nella recente sentenza 61/2014, la Corte costituzionale, dichiarando non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, nella
parte in cui concerne il personale dirigenziale regionale e provinciale (i cui rapporti di impiego
sono tutti contrattualizzati), ha affermato che tale materia è riconducibile a quella
dell’«ordinamento civile» (sent. n. 173 del 2012);
anche la sentenza n. 77 del 2013 ha affermato che la competenza statale esclusiva in
materia di «ordinamento civile» vincola gli enti ad autonomia differenziata anche con
riferimento alla disciplina del rapporto di lavoro con i propri dipendenti,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di porre in essere tutte le iniziative per prevedere nell'ambito dei futuri
provvedimenti in materia di dirigenza, il trattamento economico onnicomprensivo dei soggetti
che svolgono funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di
aspettativa, stabilendo che il trattamento economico (parametrato a quello del primo
presidente della Corte di cassazione), non possa ricevere a carico delle finanze pubbliche
«indennità o altra retribuzione» nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con
pubbliche amministrazioni statali, nonché, ai sensi dell'articolo 1, commi 471 e 472 della Legge
27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni, con le autorità amministrative
indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive
modificazioni, ivi incluso il personale di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo
decreto legislativo, e i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle
autorità amministrative indipendenti.
9/2486-B/43. (Testo modificato nel corso della seduta). Luigi Gallo.
La Camera,
premesso che:
in sede di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti
per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, al
capo 1, Misure urgenti in materia di lavoro pubblico, non sono state previste norme volte alla
riduzione dell'orario di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1,
comma 2, dei decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al fine di incrementarne la
produttività e migliorare la qualità della vita degli stessi;
al fine di intervenire per la riduzione dell'orario di lavoro, l'articolo 3 del decreto
legislativo 8 aprile 2003, n. 66, normativa che recepisce le Direttive comunitarie 93/104/CE e
2000/34/CE, stabilisce che l'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali, riservando
alla contrattazione collettiva la possibilità di determinare una durata più bassa;
l'articolo 4, del medesimo decreto, stabilisce che la durata media dell'orario di lavoro
non può superare le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario, per ogni periodo
di sette giorni; a livello europeo, il comune di Goteborg, seconda città della Svezia, ha
intrapreso un esperimento coinvolgendo una parte dei dipendenti dell'amministrazione
riducendo l'orario di lavoro giornaliero da 8 a 6 ore, ritenendo che tale intervento riduca le
assenze per malattia e incrementi la produttività, lasciando inalterato il salario e quindi senza
riduzione dell'attuale stipendio complessivo,
99
impegna il Governo
a prevedere, in via sperimentale, disposizioni volte a ridurre l'orario di lavoro settimanale,
senza ridurre la retribuzione complessiva, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in osservanza degli
articoli 3 e 4 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, normativa che recepisce le Direttive
comunitarie 93/104/CE e 2000/34/CE e di concerto con le sole pubbliche amministrazioni
aderenti a tale progetto.
9/2486-B/44. Cominardi.
La Camera,
premesso che:
in sede di conversione dei decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti
per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, al
capo I non sono state previste norme di modifica in materia di incarichi dirigenziali nelle
amministrazioni pubbliche, contenute all'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito del prossimo disegno di legge delega in
materia di pubblica amministrazione, una modifica che, nel rispetto del principio di
imparzialità, possa stabilire il l'impossibilità di conferire funzioni dirigenziali a soggetti che:
a) ricoprano cariche di partito o che le abbiano ricoperte nei due anni precedenti, che
siano stati candidati in elezioni circoscrizionali, comunali, provinciali, regionali e parlamentari
nazionali ed europee o che lo siano stati nei due anni precedenti;
b) abbiano ricoperto il ruolo di consigliere o ruoli di responsabilità politica in organi di
amministrazione e di governo di enti locali, regionali, statali, europei o che li abbiano ricoperti
nei due anni precedenti;
c) che abbiano avuto incarichi di rappresentanza sindacale.
9/2486-B/45. Bechis.
La Camera,
premesso che:
in sede di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti
per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, al
capo I non sono state previste norme di modifica in materia di incarichi dirigenziali nelle
amministrazioni pubbliche, contenute all'articolo 19, comma 10, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito del prossimo disegno di legge delega in
materia di pubblica amministrazione, che i dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità degli
uffici dirigenziali, possano essere collocati in «disponibilità», per un'eventuale ricollocazione,
anche per attività di supporto non dirigenziali, in altre amministrazioni regionali, locali o
indipendenti, ovvero nelle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche o per svolgere
attività lavorativa nel settore privato, presso enti senza scopo di lucro, con sospensione del
periodo di disponibilità;
a porre in essere tutte le misure necessarie per porre il divieto di assegnare ai dirigenti
privi d'incarico, (per carenza di disponibilità di idonei posti di funzione o per la mancanza di
specifiche qualità professionali), funzioni ispettive, di consulenza, di progettazione, di studio e
di ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi
di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali.
9/2486-B/46. Rizzetto.
100
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 reca disposizioni volte a consentire al personale scolastico il riconoscimento
dei requisiti giuridici ed economici, a decorrere dal 1 settembre 2012, in ottemperanza alle
modifiche intervenute recentemente in materia di trattamenti pensionistici;
durante l'esame del decreto-legge in oggetto alla Camera dei Deputati è stato
approvato l'articolo 1-bis che prevede la possibilità per il personale della scuola nel limite
massimo per 4.000 soggetti di applicare la disciplina previgente alla cosiddetta riforma
Fornero, con una copertura non idonea, a parere della Ragioneria dello Stato, tanto da
determinare l'abrogazione del predetto articolo;
al riguardo, si ricorda che il comma 1 dell'articolo 1 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 351 del 1998, vincola la cessazione dal servizio nel comparto Scuola «all'inizio
dell'anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata».
Pertanto in detto comparto, al fine di garantire la continuità didattica, la finestra di uscita è
costituita da un solo giorno (il 1o settembre) per ogni anno;
all'avvio dell'anno scolastico 2011/2012 (1o settembre 2011) era vigente il sistema
delle cosiddette «quote», risultanti dalla somma dell'età anagrafica e dell'anzianità
contributiva, ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 243, così come modificata dalla legge 24
dicembre 2007, n. 247 e l'eventuale pensione anticipata in base al requisito di anzianità
contributiva;
in virtù della predetta normativa, docenti e personale ATA, avevano presentato nei mesi
di ottobre e novembre del 2011, domanda di collocamento a riposo e di dimissioni ai sensi del
richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998, finalizzata al trattamento
di quiescenza ai sensi della legge n. 247 del 2007;
l'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetta riforma Fornero), ha
introdotto numerose modifiche in materia di trattamenti pensionistici; detto articolo ha
previsto, tra l'altro un incremento dei requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia
ordinario e anticipato (commi 6, 7 e 9) e l'innalzamento dei requisiti di anzianità contributiva
(comma 10, che abolisce il pensionamento anticipato con il sistema delle cosiddette «quote»);
il «Comparto Scuola», in virtù della specificità espressa anche nel richiamato decreto
del Presidente della Repubblica. n. 351 del 1998, ha sempre goduto di apposita normativa in
ordine al trattamento pensionistico: in particolare, si ricordano: l'articolo 59 comma 9 della
legge n. 449 del 1997, l'articolo 1 comma 2 lettera a) e comma 5 lettera d) della legge n. 247
del 2007; l'articolo 12 comma 1 lettera c) e comma 2 lettera c) legge n. 122 del 2010 nonché
l'articolo 1 comma 21 della legge n. 148 del 2011;
le modifiche introdotte dall'articolo 1, commi 22 e 23 del decreto-legge n. 138 del
2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 148 del 2011, applicano il termine di 6 mesi
(o quello di 105 giorni previsto dalle deroghe del decreto-legge n. 138 del 2011) per il
pagamento del Trattamento di fine servizio, esclusivamente personale che abbia maturato
l'anzianità contribuiva massima ai fini pensionistici, entro il 31 dicembre 2011,
impegna il Governo:
ad intervenire con un provvedimento legislativo riconoscendo i diritti lesi dei lavoratori
della cosiddetta «Quota 96» provvedendo ad una idonea copertura considerando la platea
ristretta di coloro che hanno maturato il diritto a pensione il 31 agosto del 2012 con i requisiti
antecedenti la Riforma Fornero;
a valutare l'opportunità di modificare il comma 23 del decreto-legge n. 138 del 2011, al
fine di consentire al personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico
2011/2012 di ottenere la liquidazione dei TFS con la disciplina previgente al decreto-legge n.
138 del 2011 e cioè l'erogazione dei TFS non prima di sei mesi dalla cessazione del rapporto di
lavoro e nei successivi tre mesi, decorsi i quali sono dovuti gli interessi (ex decreto-legge n.
79 del 1997 ante modifica da parte dell'articolo 1, comma 22, del decreto-legge n. 138 del
2011);
valutare inoltre l'opportunità di applicare la disciplina vigente prima della legge n. 147 del
2013 e cioè l'erogazione del TFS in un unico importo annuale se l'ammontare complessivo della
101
prestazione è complessivamente pari o inferiore a 90.000 euro e secondo gli scaglioni di cui
all'articolo 12, comma 7, del decreto-legge n. 78/2010 ante legge n. 147 del 2013.
9/2486-B/47. Marzana.
La Camera,
premesso che:
gli articoli 1, comma 4, e 3, comma 1 ultimo periodo, recano norme per il ricambio
generazionale nelle pubbliche amministrazioni e per la semplificazione e flessibilità nel turn
over;
gli articoli 17, 18, 19, 20, 21 e 22 recano disposizioni in materia di organizzazione della
pubblica amministrazione, ricognizione di enti pubblici, soppressione dell'Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici di lavori e definizione delle funzioni dell'Autorità nazionale
anticorruzione, razionalizzazione delle autorità indipendenti;
in Italia vi sono quattro Forze dell'ordine: Polizia di Stato, Polizia penitenziaria. Arma
dei carabinieri. Guardia di Finanza;
il Comparto sicurezza e difesa, nonostante alcune specificità legate al mantenimento dei
requisiti psico-fisici ed attitudinali necessari all'espletamento dei servizi di Polizia, a seguito di
interventi normativi in materia previdenziale iniziati con le leggi 8 agosto 1995, n. 335 e i
successivi provvedimenti di razionalizzazione della spesa previdenziale fino ad arrivare a quello
più recente attuato con la legge n. 92 del 2012 (riforma Fornero), è stato assoggettato ad un
processo di quasi assimilazione o armonizzazione alle regole in vigore per la generalità dei
pubblici dipendenti;
tuttavia l'omologazione alla generalità del pubblico impiego non è stata accompagnata
da una coerente e conseguente estensione anche dei diritti e delle garanzie di cui godono gli
appartenenti agli altri comparti del pubblico impiego: i dipendenti del Comparto sicurezza e
difesa, infatti, soffrono la limitazione o inesistenza di alcuni diritti e istituti giuridici presenti
nella generalità dei comparti del personale del pubblico impiego quali il diritto di sciopero,
piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro, introduzione delle regole del part time, la
tutela giurisdizionale ordinaria anziché innanzi alla magistratura amministrativa, diritto a non
essere considerato in servizio permanente (24 ore su 24) nonostante il termine dell'ordinario
orario giornaliero, piena applicazione della legge n. 104 del 1992, eccetera;
appare necessario l'avvio di un processo di riforma e razionalizzazione delle suddette
Forze che preveda la piena armonizzazione e estensione al Comparto sicurezza e difesa dei
diritti e garanzie di cui godono gli appartenenti agli altri comparti del pubblico impiego;
singolare appare anche la situazione italiana che prevede l'esistenza di ben quattro
Forze di polizia tanto che recentemente da più parti si sta affermando l'idea dell'accorpamento
e della unificazione delle due principali Forze di polizia – Polizia di Stato e Carabinieri; tale
ipotesi appare rispondente all'esigenza di riorganizzazione delle suddette Forze e finalizzata a
garantirne l'efficienza, il funzionamento nonché la valorizzazione del personale pur sempre
nell'ottica della salvaguardia del fabbisogno di sicurezza e del miglioramento del servizio reso
ai cittadini e alla popolazione;
l'esigenza della estensione dei diritti e delle garanzie previste per la generalità dei
pubblici dipendenti al Comparto sicurezza e l'ipotesi dell'accorpamento delle Forze dell'ordine
appare improcrastinabile anche in una logica di spunding reviuw e di semplificazione per dare
certezze e per garantire un impiego delle risorse umane e delle risorse strumentali più efficace,
impegna il Governo
a procedere con le opportune iniziative normative alla progressiva armonizzazione ed
estensione ai dipendenti del Comparto sicurezza e difesa dei diritti e delle garanzie previsti per
la generalità dei dipendenti appartenenti al pubblico impiego valutando anche la possibilità di
sviluppare un progetto di fusione e riorganizzazione delle Forze dell'ordine che preveda
modalità e tempi certi di attuazione del progetto anche di intesa con i sindacati e che assicuri,
nel rispetto del contenimento della spesa, la piena sicurezza ai cittadini e alla popolazione.
9/2486-B/48. Baldassarre, Ciprini.
102
La Camera,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare ogni misura utile affinché le spese sostenute per l'acquisto
dell'abbonamento nominativo da parte dei lavoratori che utilizzano il mezzo pubblico per
raggiungere il proprio posto di lavoro, sito in un comune diverso da quello di residenza, siano
detraibili sino al limite di 600 euro in ragione d'anno.
9/2486-B/49. Spessotto.
La Camera,
premesso che:
a fronte delle specifiche misure disposte dal provvedimento per gli enti di ricerca, in
materia di semplificazione e trasparenza appare necessario evidenziare la disparità di
trattamento e le difficoltà cui è esposto il personale esterno non strutturato delle università
(assegnisti di ricerca, borsisti o dottorandi), rispetto al personale strutturato;
le missioni fuori sede di durata superiore alle 24 ore vengono a questi ultimi
rimborsate, a norme di legge, entro 30 giorni, in quanto dipendenti pubblici, mentre i primi,
che già scontano una posizione ed una condizione precarie, devono spesso attendere anche
diversi mesi per i medesimi rimborsi, in quanto «esterni»;
considerato che:
appare necessario assicurare pari trattamento con riguardo all'aspetto discriminante
indicato, affinché non si producano procedure di rimborso privilegiate, che, tra l'altro, vanno a
scapito proprio di chi è già in condizioni di minor tutela e maggior bisogno,
impegna il Governo
ad adottare opportune iniziative, anche legislative, al fine di estendere il trattamento sancito
dall'articolo 3, della legge n. 417 del 1978, al personale esterno non strutturato delle
università.
9/2486-B/50. Brescia.
La Camera,
premesso che:
a fronte delle specifiche misure disposte dal provvedimento per gli enti di ricerca, in
materia di semplificazione e trasparenza appare necessario evidenziare la disparità di
trattamento e le difficoltà cui è esposto il personale esterno non strutturato delle università
(assegnisti di ricerca, borsisti o dottorandi), rispetto al personale strutturato;
le missioni fuori sede di durata superiore alle 24 ore vengono a questi ultimi
rimborsate, a norme di legge, entro 30 giorni, in quanto dipendenti pubblici, mentre i primi,
che già scontano una posizione ed una condizione precarie, devono spesso attendere anche
diversi mesi per i medesimi rimborsi, in quanto «esterni»;
considerato che:
appare necessario assicurare pari trattamento con riguardo all'aspetto discriminante
indicato, affinché non si producano procedure di rimborso privilegiate, che, tra l'altro, vanno a
scapito proprio di chi è già in condizioni di minor tutela e maggior bisogno,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative, anche legislative, al fine di estendere
il trattamento sancito dall'articolo 3, della legge n. 417 del 1978, al personale esterno non
strutturato delle università.
9/2486-B/50. (Testo modificato nel corso della seduta). Brescia.
103
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014 (A.C. 2486-B), in
via di approvazione dovrebbe contenere disposizioni finalizzate alla semplificazione ed alla
trasparenza amministrativa nonché all'efficienza degli uffici giudiziari, come riportato nel
titolo;
in ultima analisi introduce misure parziali, superficiali e di scarsi risultati attesi
supportate tra l'altro da un vistoso aumento delle tasse per l'accesso alla giustizia per tutti i
cittadini italiani;
considerato che lo stesso Governo ad oggi in carica ha proposto alle Camere e fatto
approvare nei mesi di permanenza altri decreti su diversi temi, di cui molti economici su cui le
forze politiche di minoranza non hanno mai mancato di significare le proprie perplessità e
timore circa le misure poco efficaci adottate in relazione allo stato di emergenza economica in
cui versa la Nazione;
considerato altresì che il Governo continua a non prendere in considerazione la tutela
dell'ambiente come vero motore per il rilancio economico della Nazione partendo da tre azioni
fondamentali quali: lo sviluppo delle energie realmente rinnovabili, il risparmio energetico e il
recupero di materia dai rifiuti, considerati i risultati deludenti diramati l'altro ieri dall'Istat che
denunciano un calo del Pil su base trimestrale pari allo 0.2 e 0.3 di base annuale a riprova
della scarsa efficacia delle misure adottate dal Governo Letta e dalla prosecuzione delle stesse
scelte che, ad avviso del presentatore del presente atto, risultano «scellerate» operata
dall'attuale Governo in carica, considerata l'ipotesi che una nuova squadra di potrebbe
sicuramente portare a risultati migliori rispetto agli attuali e che un vero atto di coscienza per
tutto il Governo potrebbe essere la scelta di rassegnare le dimissioni,
impegna il Governo
ad attuare, per quanto possibile, e nel più breve tempo possibile le misure contenute nel
presente decreto, con particolare attenzione per quelle che effettivamente possono apportare
benefici per i cittadini, considerando in modo approfondito quanto riportato anche in
premessa.
9/2486-B/51. Pesco, Businarolo, Sibilia.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 18 del decreto-legge in esame dispone la soppressione del Commissario di
Governo per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana posto a capo di una struttura di missione
per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana istituita presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri;
sulla base della legislazione vigente l'attuale governance dell'Agenda digitale italiana
risulta composta dalla cabina di regia per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana, dal Tavolo
permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, organismi previsti dall'articolo 47 del
decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n.
35, e dall'Agenzia per l'Italia digitale, istituita dall'articolo 19 del decreto-legge 22 giugno
2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
con l'approvazione dello Statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale ad opera del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 8 gennaio 2014 in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 37
del 14 febbraio 2014 si è dato vita ad un nuovo organo dell'Agenzia denominato Comitato di
indirizzo che ai sensi dell'articolo 5 del richiamato Statuto: «[...] nominato con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, è composto da un
rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, un rappresentante del Ministero
dello sviluppo economico, un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione, un rappresentante del
Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti designati dalla Conferenza
Unificata e dai membri del Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana,
tutti in possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dall'articolo 21, comma 2
104
del decreto istitutivo»;
appare evidente come le attribuzioni del suddetto Comitato di indirizzo si
sovrappongano a quelle degli altri organi previsti e segnatamente la cabina di regia e il tavolo
permanente,
impegna il Governo
a provvedere, anche per via legislativa, alla soppressione della cabina di regia presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri e della relativa struttura di missione al fine di procedere
ad un'ulteriore semplificazione della governance dell'Agenzia digitale italiana per dare nuovo e
decisivo impulso alla realizzazione dell'Agenda digitale italiana.
9/2486-B/52. Artini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 18 del decreto-legge in esame dispone la soppressione del Commissario di
Governo per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana posto a capo di una struttura di missione
per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana istituita presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri;
sulla base della legislazione vigente l'attuale governance dell'Agenda digitale italiana
risulta composta dalla cabina di regia per l'attuazione dell'Agenda digitale italiana, dal Tavolo
permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana, organismi previsti dall'articolo 47 del
decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n.
35, e dall'Agenzia per l'Italia digitale, istituita dall'articolo 19 del decreto-legge 22 giugno
2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
con l'approvazione dello Statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale ad opera del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 8 gennaio 2014 in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 37
del 14 febbraio 2014 si è dato vita ad un nuovo organo dell'Agenzia denominato Comitato di
indirizzo che ai sensi dell'articolo 5 del richiamato Statuto: «[...] nominato con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, è composto da un
rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, un rappresentante del Ministero
dello sviluppo economico, un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione, un rappresentante del
Ministero dell'economia e delle finanze e da due rappresentanti designati dalla Conferenza
Unificata e dai membri del Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana,
tutti in possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dall'articolo 21, comma 2
del decreto istitutivo»;
appare evidente come le attribuzioni del suddetto Comitato di indirizzo si
sovrappongano a quelle degli altri organi previsti e segnatamente la cabina di regia e il tavolo
permanente,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di provvedere, anche per via legislativa, alla soppressione della cabina
di regia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e della relativa struttura di missione al
fine di procedere ad un'ulteriore semplificazione della governance dell'Agenzia digitale italiana
per dare nuovo e decisivo impulso alla realizzazione dell'Agenda digitale italiana.
9/2486-B/52. (Testo modificato nel corso della seduta). Artini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del disegno di legge in materia di «Conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la
trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» (Atto Camera n. 2486)
dispone la rideterminazione del cinquanta per cento, per ciascuna associazione sindacale dei
105
contingenti complessivi dei distacchi, aspettative e permessi sindacali, già attribuiti dalle
rispettive disposizioni regolamentari e contrattuali vigenti al personale delle pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
le associazioni sindacali interessate, devono provvedere in ordine all'utilizzo dei suddetti
contingenti, alla rideterminazione delle libertà sindacali a partire dal 1 o settembre;
i contingenti su cui operare la rideterminazione sono quelli complessivi annuali, per cui,
fatta salva la messa a regime della riduzione dal 1o gennaio 2015, per gli ultimi quattro mesi
del 2014, il taglio del 50% deve essere proporzionato in dodicesimi su base annua, altrimenti
si avrebbe, per questi quattro mesi, un taglio in percentuale molto maggiore rispetto a quello
previsto dalla norma,
impegna il Governo
a porre in essere tutte le più opportune iniziative per chiarire che la interpretazione da dare
alla norma è quella che il taglio del 50 per cento si applica, per il 2014, con un criterio di
proporzionalità temporale, come meglio indicato in premessa, al fine di evitare che
l'applicazione dell'articolo 7 del disegno di legge citato determini una aggiuntiva riduzione delle
libertà sindacali rispetto a quanto già previsto dal decreto-legge in oggetto.
9/2486-B/53. Chimienti.
La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
ritenute insufficienti le misure volte a favorire la stabilizzazione degli idonei inseriti nelle
graduatorie dei concorsi banditi dalla pubblica amministrazione;
premesso che:
all'articolo 3 si rimodulano le limitazioni al turn over per determinate amministrazioni
dello Stato (ed altri enti) per il quinquennio 2014-2018; in particolare, per quanto riguarda il
criterio basato sui risparmi di spesa legati alle cessazioni dell'anno precedente, vengono
confermati i limiti attuali (20 per cento nel 2014, 40 per cento nel 2015, 60 per cento nel
2016, 80 per cento nel 2017, 100 per cento nel 2018),
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di stanziare risorse derivanti dai maggiori risparmi dei capitoli di spesa
relativi all'organizzazione degli uffici di diretta collaborazione con il Ministro, al fine di favorire
la stabilizzazione degli idonei inseriti nelle graduatorie dei concorsi banditi dalla pubblica
amministrazione.
9/2486-B/54. Gagnarli.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 28 giugno 2012, n. 92, reca anche la disciplina sul mantenimento dei
diritti dei lavoratori nei casi di trasferimento d'azienda o di parte di essa;
in particolare, si ampliano le fattispecie di trasferimento per le quali un eventuale
accordo sindacale – concluso con le rappresentanze sindacali o con i sindacati di categoria,
come individuati dall'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, e successive
modificazioni – in merito al mantenimento, anche parziale, dell'occupazione, sia legittimato a
porre limitazioni al principio della conservazione dei diritti dei lavoratori;
le nuove ipotesi di trasferimento, che si aggiungono a quelle già individuate dalla
disciplina vigente relative alle aziende delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale
(a cui è connesso l'intervento di integrazione salariale straordinaria) o per le quali sia stata
disposta l'amministrazione straordinaria (con continuazione o mancata cessazione dell'attività),
sono quelle relative alle aziende per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della
procedura di concordato preventivo o per le quali vi sia stata l'omologazione dell'accordo di
ristrutturazione dei debiti;
106
l'articolo 47, commi 5 e 6, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, e successive
modificazioni ha recepito la direttiva comunitaria 2001/23 che disciplina il trasferimento di
impresa con lo scopo di preservare i diritti dei lavoratori interessati, nell'ottica di diminuire le
differenze di protezione riconosciute all'interno dei singoli Stati membri dell'Unione europea;
la citata suddetta norma esclude comunque l'applicazione dell'articolo 2112 del codice
civile al trasferimento di un'impresa di cui sia stato accertato lo stato di crisi, cosicché i
lavoratori dipendenti dell'impresa trasferita perderebbero il diritto al riconoscimento della loro
anzianità, del loro trattamento economico e delle loro qualifiche professionali ed il diritto a
prestazioni di vecchiaia derivanti dal regime di sicurezza sociale legale di cui all'articolo 3, n.
1, prima fase, della direttiva 2001/23, nonché il beneficio del mantenimento, per un periodo
minimo di un anno, delle condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo, come
previsto dall'articolo 3, n. 3, di tale direttiva;
nel merito, la Corte di giustizia ha dichiarato che il nostro Paese è venuto meno agli
obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 2001/23, in quanto le disposizioni di cui
all'articolo 47, commi 5 e 6, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, non garantiscono il
mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di
parti di imprese o di stabilimenti, nel caso di trasferimento di un'azienda il cui stato di crisi sia
stato accertato,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di adottare ogni utile iniziativa volta a verificare la compatibilità
comunitaria della previsione di cui al comma 2 dell'articolo 46-bis del provvedimento in
oggetto, garantendo il rispetto delle previsioni comunitarie e nazionali in tema di rispetto dei
diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda o di parte di essa.
9/2486-B/55. Tripiedi.
La Camera,
premesso che:
il comma 1 del decreto in conversione, intervenendo sull'articolo 1, comma 66, della
legge n. 190 del 2012, obbliga i magistrati, gli avvocati e i procuratori dello Stato al
collocamento «fuori ruolo», non solo quando intendano assumere incarichi di «capo di
Gabinetto», ma, più in generale, quando intendano assumere incarichi presso istituzioni,
organi ed enti pubblici, nazionali ed internazionali attribuiti in posizioni apicali o semiapicali,
compresi quelli, comunque denominati, negli uffici di diretta collaborazione, quello di
consulente giuridico, nonché quelli di componente degli organismi di valutazione;
il comma 1 precisa che i magistrati e gli altri soggetti elencati, per ricoprire gli incarichi
in questione, dovranno porsi fuori ruolo, non potendo ricorrere all'istituto dell'aspettativa;
il comma 2 fissa in trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del decreto il termine entro il quale i soggetti interessati devono ottenere il
collocamento fuori dai ruoli; superato tale termine, la cessazione dall'incarico opererà di
diritto;
il comma 3 fa salvi i provvedimenti di collocamento in aspettativa già concessi alla data
di entrata in vigore del presente decreto;
quest'ultima disposizione sembra vanificare la portata del precedente comma 2, dato
che alcuni incarichi di diretta collaborazione sono attualmente attribuiti a magistrati o avvocati
di Stato che si trovano in aspettativa;
per uniformità di trattamento, sarebbe opportuno che l'obbligo del «fuori ruolo» di cui ai
commi 1 e 2 del decreto si estendesse anche ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello
Stato in aspettativa, non entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del decreto, ma entro un termine più ampio,
impegna il Governo
107
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare
tutte le iniziative, anche legislative, necessarie affinché tutti i magistrati ordinari,
amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato, collocati in aspettativa
per ricoprire incarichi in posizioni apicali o semiapicali presso istituzioni, organi ed enti pubblici,
nazionali ed internazionali, a partire dal 1o gennaio 2015 siano obbligati ad essere collocati in
posizione di fuori ruolo fino alla fine della durata dell'incarico.
9/2486-B/56. Lombardi, Dadone.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 reca disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche
amministrazioni ed altre norme in materia pensionistica. I commi da 1 a 3-ter riguardano il
trattenimento in servizio nelle pubbliche amministrazioni;
in particolare il comma 5 – oggetto di un primo emendamento, tra quelli approvati dalla
Commissione in sede referente – opera una revisione della disciplina della risoluzione
unilaterale del rapporto di lavoro da parte della pubblica amministrazione;
in base alla nuova normativa – la quale è posta a regime (mentre quella fino ad ora
vigente è posta fino al 2014) – le pubbliche amministrazioni possono, a decorrere dalla
maturazione del requisito di anzianità contributiva per l'accesso al pensionamento
(attualmente pari a 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne) e non
prima del compimento dei 62 anni di età (al di sotto della quale opererebbero riduzioni
percentuali del trattamento pensionistico), risolvere il rapporto di lavoro ed il contratto
individuale;
il disegno di legge come approvato, in prima lettura, dalla Camera dei deputati
prevedeva una risoluzione non prima del sessantottesimo anno i professori universitari
(anch'essi esclusi nella disciplina fino ad ora vigente), altresì prevedendo un meccanismo di
assunzione di un professore universitario o di un ricercatore a tempo determinato, per ogni
professore oggetto di risoluzione del rapporto, da parte della medesima università;
le suddette previsioni relative ai professori universitari, è stato soppresso in sede
d'esame presso la Commissione referente del Senato della Repubblica;
considerato che:
nelle università italiane insegnano, facendo sostanzialmente lo stesso lavoro, tre
diverse categorie di docenti:
a) professori ordinari, o di prima fascia, i cosiddetti «baroni» molti dei quali sono
autentiche glorie nazionali e luminari della scienza, il cui valore è messo in dubbio dal fatto che
fino ad oggi la loro carriera accademica è stata inquinata da gravi fatti di nepotismo;
b) professori associati, cioè docenti di seconda fascia, che hanno meno prerogative
dei professori ordinari, ma che sostanzialmente esercitano le stesse funzioni e spesso, anzi,
sono responsabili di corsi più importanti di quelli che sono prerogativa dei professori ordinari;
anch'essi, a parità di anzianità di carriera, hanno stipendi inferiori;
c) ricercatori, la cosiddetta «terza fascia di docenza», personale di ruolo ma con
uno status meno qualificato e con stipendi inferiori, a parità di anzianità, a quelli delle due
categorie di seguito elencate;
i contratti di ricerca a tempo determinato hanno creato molta precarizzazione,
rimandando il momento dell'ingresso dei giovani nei ruoli della docenza con tempi da
considerare inaccettabili rispetto al naturale percorso professionale di una qualsiasi carriera;
già oggi la maggior parte di coloro che aspirano ad entrare nel ruolo dei ricercatori è
vicina alla soglia dei cinquantanni di età;
i professori ordinari sono collocati in pensione a decorrere dall'inizio dell'anno
accademico successivo al compimento del settantesimo anno di età o al termine del biennio
opzionale in godimento;
i professori che venissero collocati in pensione a 68 anni pur avendo esercitata l'opzione
di cui al comma 19 possono presentare ricorso al TAR di competenza;
i ricercatori ed assistenti universitari sono collocati a riposo a decorrere dall'inizio
dell'anno accademico successivo al compimento del sessantacinquesimo anno di età, o al
termine del biennio opzionale in godimento,
108
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di concedere il trattenimento in servizio anche al termine del biennio
opzionale in godimento ai ricercatori che non abbiano ancora maturato i quarantadue anni di
anzianità contributiva.
9/2486-B/57. Ciprini.
La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 reca il riordino della disciplina riguardante
gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni;
il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 reca disposizioni in materia di inconferibilità e
incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in
controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n.
190;
la questione della trasparenza di organismi come gli Ordini professionali è stato, quindi,
ampiamente regolamentato dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, entrato in vigore il
20 aprile 2013;
le norme previste dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 chiariscono in maniera
inequivocabile le modalità di applicazione dei principi della trasparenza arrivando anche a
parlare della componente politica;
la trasparenza è un obbligo al quale devono sottostare gli ordini professionali, i quali
sembra che stiano attuando forme dilatorie nell'applicazione di quanto disposto dai citati
decreti legislativi;
gli ordini professionali in particolare quelli sanitari sembra che siano restii alla piena
applicazione degli adempimenti previsti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33;
in Italia ci sono circa 2000 consigli dell'Ordine tra nazionali e territoriali, si tratta di enti
di diritto pubblico alimentati con quote degli iscritti,
impegna il Governo:
ad adottare tutte le iniziative necessarie affinché gli ordini professionali applichino
integralmente tutte le disposizioni recate dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 in
materia di trasparenza e dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 in materia di inconferibilità
e incompatibilità di incarichi;
a non prevedere di apportare modifiche finalizzate ad esentare gli ordini professionali
dagli adempimenti o parte di essi previsti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 in
materia di trasparenza e dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 in materia di inconferibilità
e incompatibilità di incarichi.
9/2486-B/58. Baroni, Di Vita.
La Camera,
premesso che:
nel corso dell’iter della discussione, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 recante
«misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli
uffici giudiziari» in I Commissione Affari costituzionali è stato approvato un emendamento del
Governo, l'articolo 27-bis, che introduce procedure per ristorare i soggetti danneggiati da
trasfusione con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni
obbligatorie;
il comma 4 dell'articolo 27-bis prevede che agli oneri derivanti dalla erogazione
dell'equo indennizzo di cui al comma 1 del citato articolo si provveda nei limiti delle risorse
finanziarie disponibili a legislazione vigente, nello stato di previsione del Ministero della salute,
impegna il Governo
109
a comprendere ai fini dell'equa riparazione di cui al comma 1 dell'articolo 27-bis tra le risorse
disponibili a legislazione vigente anche le risorse finanziarie non utilizzate o accantonate a
decorrere dall'anno 2008.
9/2486-B/59. Lorefice.
La Camera,
premesso che:
nel corso dell’iter della discussione, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 recante
«misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli
uffici giudiziari» in I Commissione Affari costituzionali è stato approvato un emendamento del
Governo, l'articolo 27-bis, che introduce procedure per ristorare i soggetti danneggiati da
trasfusione con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni
obbligatorie;
il comma 4 dell'articolo 27-bis prevede che agli oneri derivanti dalla erogazione
dell'equo indennizzo di cui al comma 1 del citato articolo si provveda nei limiti delle risorse
finanziarie disponibili a legislazione vigente, nello stato di previsione del Ministero della salute,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di comprendere ai fini dell'equa riparazione di cui al comma 1
dell'articolo 27-bis tra le risorse disponibili a legislazione vigente anche le risorse finanziarie
non utilizzate o accantonate a decorrere dall'anno 2008.
9/2486-B/59. (Testo modificato nel corso della seduta). Lorefice.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 12, comma 2 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure
urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici
giudiziari» prevede che la dotazione del Fondo presso il Ministero del lavoro per gli anni 2014 e
2015, finalizzato a reintegrare l'Inail dell'onere conseguente alla copertura degli obblighi
assicurativi contro le malattie e gli infortuni in favore dei soggetti beneficiari di ammortizzatori
e di altre forme di integrazione al reddito coinvolti in attività di volontariato in favore di comuni
ed enti locali, si provveda con corrispondente riduzione del Fondo sociale per l'occupazione e la
formazione,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di sostituire il prelievo delle risorse destinate al Fondo di cui al comma
2 dell'articolo 12, dal Fondo sociale per l'occupazione e la formazione e al contempo di
incrementare la dotazione del Fondo disponendo da parte del Ministero dell'economia e delle
finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato con propri decreti dirigenziali la
riduzione del 0,1 per cento della quota percentuale destinata alla restituzione delle vincite,
applicata alla data di entrata in vigore della presente legge ai giochi di cui al decreto
direttoriale AAMS prot. 2011/666/Giochi/Gad del 10 gennaio 2011, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 3 febbraio 2011.
9/2486-B/60. Mantero.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure
urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici
giudiziari» prevede che per la dirigenza regionale e la dirigenza professionale, tecnica ed
amministrativa degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale, il limite dei posti di
dotazione organica attribuibili tramite assunzioni a tempo determinato sia fissato al dieci per
cento,
110
impegna il Governo
a inviare una relazione alle competenti Commissioni parlamentari sul numero di assunzioni, per
la dirigenza regionale e la dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa degli enti e
aziende del Servizio sanitario nazionale, a tempo determinato alle quali saranno ricorse le
singole regioni e i singoli enti e aziende del Servizio sanitario nazionale, alla data del 31
dicembre 2014, nonché sulle motivazioni del ricorso a tali assunzioni e sui costi dei relativi
contratti di assunzione.
9/2486-B/61. Cecconi, Grillo.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure
urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici
giudiziari» prevede che per la dirigenza regionale e la dirigenza professionale, tecnica ed
amministrativa degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale, il limite dei posti di
dotazione organica attribuibili tramite assunzioni a tempo determinato sia fissato al dieci per
cento,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di inviare una relazione alle competenti Commissioni parlamentari sul
numero di assunzioni, per la dirigenza regionale e la dirigenza professionale, tecnica ed
amministrativa degli enti e aziende del Servizio sanitario nazionale, a tempo determinato alle
quali saranno ricorse le singole regioni e i singoli enti e aziende del Servizio sanitario
nazionale, alla data del 31 dicembre 2014, nonché sulle motivazioni del ricorso a tali
assunzioni e sui costi dei relativi contratti di assunzione.
9/2486-B/61. (Testo modificato nel corso della seduta). Cecconi, Grillo.
La Camera,
premesso che:
nell’iter della discussione, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure
urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici
giudiziari», in I Commissione Affari costituzionali, è stato approvato un emendamento del
Governo, l'articolo 27-bis, che introduce procedure per ristorare i soggetti danneggiati da
trasfusione con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni
obbligatorie;
il comma 3 dell'articolo 27-bis prevede che la procedura transattiva di cui all'articolo 2
comma 361, prosegue per i soggetti che non intendano avvalersi della somma destinata ad
equa riparazione, e che a questi soggetti si applicano, in un'unica soluzione, nei tempi e nei
criteri i moduli transattivi allegati al decreto interministeriale 4 maggio 2012,
impegna il Governo
a prevedere che dall'applicazione dei tempi e dei criteri dei moduli transattivi allegati al decreto
interministeriale 4 maggio 2012, siano escluse le prescrizioni.
9/2486-B/62. Silvia Giordano, Lorefice.
La Camera,
premesso che:
nell’iter della discussione, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure
urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici
giudiziari», in I Commissione Affari costituzionali, è stato approvato un emendamento del
Governo, l'articolo 27-bis, che introduce procedure per ristorare i soggetti danneggiati da
trasfusione con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni
111
obbligatorie;
il comma 3 dell'articolo 27-bis prevede che la procedura transattiva di cui all'articolo 2
comma 361, prosegue per i soggetti che non intendano avvalersi della somma destinata ad
equa riparazione, e che a questi soggetti si applicano, in un'unica soluzione, nei tempi e nei
criteri i moduli transattivi allegati al decreto interministeriale 4 maggio 2012,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere che dall'applicazione dei tempi e dei criteri dei moduli
transattivi allegati al decreto interministeriale 4 maggio 2012, siano escluse le prescrizioni.
9/2486-B/62. (Testo modificato nel corso della seduta). Silvia Giordano, Lorefice.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure urgenti per la
semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» reca
norme di semplificazione per le persone con disabilità;
è ormai accertata la inutilità dei piani straordinari di contrasto nei confronti del falsi
invalidi, in quanto i riscontri, a fronte di centinaia di migliaia di verifiche ed ingenti costi
sostenuti, non sono risultati congrui rispetto ai risultati attesi;
dati i risultati dei piani straordinari di contrasto ai falsi invalidi sarebbe coerente
prenderne atto e procedere alla sospensione degli stessi,
impegna il Governo
a sospendere le attività previste dai piani straordinari previsti dall'articolo 1 comma 109 della
legge 24 dicembre 2012, n. 228, provvedendo contestualmente a dare immediata attuazione
al capitolo 3, Linea di intervento 1, Revisione del sistema di accesso, riconoscimentocertificazione della condizione di disabilità e modello di intervento del sistema socio-sanitario
dell'allegato al decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013, recante adozione del
programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con
disabilità.
9/2486-B/63. Di Vita.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 25 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure urgenti per la
semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» reca
norme di semplificazione per le persone con disabilità;
è ormai accertata la inutilità dei piani straordinari di contrasto nei confronti del falsi
invalidi, in quanto i riscontri, a fronte di centinaia di migliaia di verifiche ed ingenti costi
sostenuti, non sono risultati congrui rispetto ai risultati attesi;
dati i risultati dei piani straordinari di contrasto ai falsi invalidi sarebbe coerente
prenderne atto e procedere alla sospensione degli stessi,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di sospendere le attività previste dai piani straordinari previsti
dall'articolo 1 comma 109 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, provvedendo
contestualmente a dare immediata attuazione al capitolo 3, Linea di intervento 1, Revisione del
sistema di accesso, riconoscimento-certificazione della condizione di disabilità e modello di
intervento del sistema socio-sanitario dell'allegato al decreto del Presidente della Repubblica 4
ottobre 2013, recante adozione del programma di azione biennale per la promozione dei diritti
e l'integrazione delle persone con disabilità.
9/2486-B/63. (Testo modificato nel corso della seduta). Di Vita.
112
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «misure urgenti per la semplificazione
e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari»;
in particolare l'articolo 25 prevede norme per la semplificazione per le persone disabili;
è improrogabile assumere iniziative anche di carattere legislativo che intervengano sulle
commissioni mediche delle Aziende sanitarie locali in quanto l'attuale composizione non
sembra coerente con un percorso di valutazione approfondito che dia certezza di valutazione
sia alle persone disabili che alle strutture pubbliche successivamente chiamate ad erogare i
benefici derivanti dalle valutazioni;
sarebbe auspicabile integrare le attuali commissioni mediche delle Asl di un ulteriore
medico dell'Inps e una modifica sostanziale delle procedure di valutazione,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di procedere alla modifica della composizione delle commissioni
mediche e delle procedure di valutazione e in particolare:
a) prevedere che le commissioni mediche delle Asl siano integrate da due medici
Inps;
b) che gli accertamenti che la commissione medica integrata conclude con giudizio
unanime comportano l'esclusione della persona disabile da ulteriori verifiche;
c) nel caso in cui la valutazione non unanime dell'accertamento da parte della
commissione medica integrata, derivi da giudizi di uno o entrambi i medici di nomina Inps,
questi dovranno inserire la motivazione nel verbale, in questo caso l'Inps dovrà sospendere
l'invio del verbale alla persona disabile e acquisire dalla Asl la documentazione sanitaria;
d) nel caso sia disposta una ulteriore visita questa sarà effettuata da una commissione
medica sia costituita da: un medico Inps, indicato dal Responsabile della commissione medico
legale, diverso dal componente della commissione medica integrata con funzione di presidente,
al quale è demandato il giudizio definitivo, da un medico rappresentante delle associazioni di
categoria, e da un operatore sociale nei casi previsti dalla normativa vigente.
9/2486-B/64. Grillo, Silvia Giordano.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 25 introduce modifiche in materia di semplificazione per soggetti con
invalidità. Merita particolare attenzione anche la tutela dei lavoratori invalidi che si assentano
per motivi di salute dal luogo di lavoro, ai quali viene effettuata una ritenuta economica
relativa ai primi dieci giorni di ogni periodo di assenza per malattia;
la normativa attuale esclude da tale ritenuta economica le assenze dovute ad infortunio
sul lavoro certificate dall'Inail, a ricovero ospedaliero o di day hospital e le assenze dovute a
patologie gravi che necessitano di terapie salvavita,
impegna il Governo
ad attivarsi, anche apportando modifiche alla legge n. 133 del 6 agosto 2008, affinché
vengano tutelati i diritti dei lavoratori, affetti da patologie gravi e invalidanti e di quelli ai quali
è riconosciuto almeno il 75 per cento di invalidità, che si assentano dal lavoro per motivi di
salute con lo stesso regime giuridico previsto per i soggetti che si sottopongono alle terapie
salvavita.
9/2486-B/65. Dall'Osso, Lorefice.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 25 introduce modifiche in materia di semplificazione per soggetti con
invalidità. Merita particolare attenzione anche la tutela dei lavoratori invalidi che si assentano
113
per motivi di salute dal luogo di lavoro, ai quali viene effettuata una ritenuta economica
relativa ai primi dieci giorni di ogni periodo di assenza per malattia;
la normativa attuale esclude da tale ritenuta economica le assenze dovute ad infortunio
sul lavoro certificate dall'Inail, a ricovero ospedaliero o di day hospital e le assenze dovute a
patologie gravi che necessitano di terapie salvavita,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di attivarsi, anche apportando modifiche alla legge n. 133 del 6 agosto
2008, affinché vengano tutelati i diritti dei lavoratori, affetti da patologie gravi e invalidanti e di
quelli ai quali è riconosciuto almeno il 75 per cento di invalidità, che si assentano dal lavoro per
motivi di salute con lo stesso regime giuridico previsto per i soggetti che si sottopongono alle
terapie salvavita.
9/2486-B/65. (Testo modificato nel corso della seduta). Dall'Osso, Lorefice.
La Camera,
premesso che:
la nota del MEF del 28 luglio 2014 riporta testualmente «Si comunica che, tenuto conto
della normativa in vigore, ai fini della cessione del credito a banche e intermediari finanziari
abilitati, per poter beneficiare della garanzia dello Stato, le imprese devono disporre della
certificazione del credito stesso. Possono sin d'ora presentare istanza tramite il
sitohttp://certificazionecrediti.mef.gov.it»;
tale disposizione fa seguito agli impegni assunti nel Protocollo sottoscritto il 21 luglio
2014 dal Ministro Padoan, da Cassa depositi e prestiti s.p.a e dai rappresentanti di regioni,
province, comuni, imprese, ordini professionali e banche;
per poter beneficiare della garanzia assistita dello Stato per la cessione del credito fatta
ai sensi del decreto-legge n. 66 del 2014 convertito in legge 23 giugno 2014 n. 89 bisogna
certificare il credito per il tramite della citata piattaforma on line entro il 23 agosto 2014;
molti soggetti interessati a tale misura in questi giorni hanno provato a collegarsi ed
hanno riscontrato diverse difficoltà poiché non è stata data diffusione delle banche
convenzionate e abilitate;
si tratta di uno strumento molto importante che consentirebbe a molte cooperative di
avere una boccata di ossigeno anche a fronte di impegni non ottemperati da parte delle
pubbliche amministrazioni in termini di rispetto dei pagamenti;
vi è poco tempo per potersi avvalere di questo strumento che tra l'altro cade in pieno
periodo estivo;
molte imprese in particolar modo molte cooperative sociali si trovano strette nella
morsa di avere la necessità di liquidità e del poco tempo per gli adempimenti burocratici anche
per mancanze che non sono addebitabili a loro,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, ove dovessero permanere le condizioni di difficoltà evidenziate in
premessa, di prorogare il termine del 23 agosto di ulteriori 30 giorni e consentire così il pieno
utilizzo di questa opportunità attraverso la piattaforma informatica senza vanificare una
importante misura di sostegno ad imprese e cooperative.
9/2486-B/66. Burtone.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del decreto in esame interviene in materia di personale delle regioni e degli
enti locali;
in particolare, il comma 1 aumenta dal 10 al 30 per cento dei posti della pianta organica
la quota massima di incarichi dirigenziali che gli enti locali possono conferire mediante contratti
a tempo determinato e prevede l'obbligo di selezione pubblica per il conferimento di detti
114
incarichi;
una «selezione pubblica» non meglio specificata, che è contraria al disposto di cui
all'articolo 97 della Costituzione, che prevede l'accesso agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni mediante concorso;
la legge può derogare a tale obbligo, ma con regole puntuali, come, ad esempio, quelle
che regolano l'accesso di esterni alla dirigenza nelle pubbliche amministrazioni centrali, di cui
all'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
la citata disposizione prevede l'accesso ad una percentuale più bassa di esterni (10 per
cento), e una specifica durata dell'incarico; prevede inoltre che tali incarichi dirigenziali «siano
conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata
qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto
attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con
esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano
conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile
dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete
esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni
statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per
l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria,
delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato»;
si evince quindi una «selezione pubblica» certamente più trasparente e specifica, e non
vaga come quella di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto in esame, che apre solo la strada
a future procedure di contenzioso,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative di tipo normativo per specificare le caratteristiche e i
requisiti richiesti dalla selezione pubblica di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto in esame.
9/2486-B/67. Centemero.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del decreto in esame interviene in materia di personale delle regioni e degli
enti locali;
in particolare, il comma 1 aumenta dal 10 al 30 per cento dei posti della pianta organica
la quota massima di incarichi dirigenziali che gli enti locali possono conferire mediante contratti
a tempo determinato e prevede l'obbligo di selezione pubblica per il conferimento di detti
incarichi;
una «selezione pubblica» non meglio specificata, che è contraria al disposto di cui
all'articolo 97 della Costituzione, che prevede l'accesso agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni mediante concorso;
la legge può derogare a tale obbligo, ma con regole puntuali, come, ad esempio, quelle
che regolano l'accesso di esterni alla dirigenza nelle pubbliche amministrazioni centrali, di cui
all'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
la citata disposizione prevede l'accesso ad una percentuale più bassa di esterni (10 per
cento), e una specifica durata dell'incarico; prevede inoltre che tali incarichi dirigenziali «siano
conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata
qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto
attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con
esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano
conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile
dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete
esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni
statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per
l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria,
delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato»;
si evince quindi una «selezione pubblica» certamente più trasparente e specifica, e non
115
vaga come quella di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto in esame, che apre solo la strada
a future procedure di contenzioso,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative di tipo normativo per specificare le
caratteristiche e i requisiti richiesti dalla selezione pubblica di cui all'articolo 11, comma 3, del
decreto in esame.
9/2486-B/67. (Testo modificato nel corso della seduta). Centemero.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 5, del decreto-legge in esame, amplia l'ambito applicativo
dell'istituto della risoluzione unilaterale del contratto da parte della pubblica amministrazione
nei confronti dei dipendenti che abbiano maturato i requisiti pensionistici. È stato previsto che
l'istituto non può trovare comunque applicazione prima del raggiungimento di un'età
anagrafica che possa dare luogo a una riduzione percentuale dei trattamento pensionistico per
effetto del pensionamento anticipato (62 anni);
tali disposizioni non si applicano al personale di magistratura, ai professori universitari
ed ai responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale, nonché ai dirigenti
medici e del ruolo sanitario fino al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età;
il riscatto della laurea è utile ai fini della maturazione del requisito di anzianità
contributiva, e, quindi, diventa fondamentale per l'eventuale applicazione delle nuove
disposizioni in materia di risoluzione unilaterale del contratto di cui al citato articolo 1, comma
5;
per una piena tutela di chi ha già provveduto senza conoscere gli effetti sopraggiunti
dal decreto in esame a riscattare gli anni di laurea e studio prima dell'entrata in vigore della
suddetta norma, è opportuno che per quanto disposto dall'articolo 1, comma 5, il riscatto della
laurea non venga considerato ai fini del raggiungimento dell'anzianità contributiva per poter
procedere con la risoluzione unilaterale del contratto, se non ove successivo al vigore del
decreto,
impegna il Governo
ad adottare le opportune iniziative, anche di tipo normativo, per prevedere, in caso di
applicazione dell'istituto della risoluzione unilaterale del contratto, che il riscatto della laurea e
studio sia considerato utile ai fini dell'applicazione dell'istituto della risoluzione unilaterale del
contratto solo ove successivo all'entrata in vigore della disposizione di cui all'articolo 1, comma
5, del provvedimento.
9/2486-B/68. Sisto.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 5, del decreto-legge in esame, amplia l'ambito applicativo
dell'istituto della risoluzione unilaterale del contratto da parte della pubblica amministrazione
nei confronti dei dipendenti che abbiano maturato i requisiti pensionistici. È stato previsto che
l'istituto non può trovare comunque applicazione prima del raggiungimento di un'età
anagrafica che possa dare luogo a una riduzione percentuale dei trattamento pensionistico per
effetto del pensionamento anticipato (62 anni);
tali disposizioni non si applicano al personale di magistratura, ai professori universitari
ed ai responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale, nonché ai dirigenti
medici e del ruolo sanitario fino al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età;
il riscatto della laurea è utile ai fini della maturazione del requisito di anzianità
contributiva, e, quindi, diventa fondamentale per l'eventuale applicazione delle nuove
disposizioni in materia di risoluzione unilaterale del contratto di cui al citato articolo 1, comma
116
5;
per una piena tutela di chi ha già provveduto senza conoscere gli effetti sopraggiunti
dal decreto in esame a riscattare gli anni di laurea e studio prima dell'entrata in vigore della
suddetta norma, è opportuno che per quanto disposto dall'articolo 1, comma 5, il riscatto della
laurea non venga considerato ai fini del raggiungimento dell'anzianità contributiva per poter
procedere con la risoluzione unilaterale del contratto, se non ove successivo al vigore del
decreto,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche di tipo normativo, per
prevedere, in caso di applicazione dell'istituto della risoluzione unilaterale del contratto, che il
riscatto della laurea e studio sia considerato utile ai fini dell'applicazione dell'istituto della
risoluzione unilaterale del contratto solo ove successivo all'entrata in vigore della disposizione
di cui all'articolo 1, comma 5, del provvedimento.
9/2486-B/68. (Testo modificato nel corso della seduta). Sisto.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 37 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la
semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari introduce
l'obbligo di trasmettere le varianti in corso d'opera di cui all'articolo 132 del decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163, unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad apposita
relazione del responsabile del procedimento, all'Autorità nazionale anticorruzione;
il testo dell'articolo 37 del decreto-legge in discussione, così come modificato nel corso
dell'esame da parte delle Commissioni parlamentari competenti, precisa che dette varianti in
corso d'opera debbano essere trasmesse, tramite le sezioni regionali, all'Osservatorio dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, per le valutazioni e gli eventuali
provvedimenti di competenza dell'ANAC, anche nel caso di appalti di importo inferiore alla
soglia comunitaria;
detta previsione risponde alla necessità di aumentare le forme di contrasto ai fenomeni
di corruzione nel settore degli appalti pubblici che, come dimostrano le cronache, riguardano
diffusamente le fasi di esecuzione dei contratti, e dunque tutto quello che accade a valle
dell'aggiudicazione del contratto di appalto;
a questo riguardo, e con specifico riferimento agli obblighi a carico dei soggetti
aggiudicatari di contratti pubblici – oltre alle note e diffusissime deroghe rispetto al Codice dei
contratti previste per la realizzazione delle cosiddette, grandi opere – va rilevato che, in
seguito alla conversione in legge del decreto n. 201 del 2011, è stato introdotto un regime
derogatorio anche per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore
alla soglia comunitaria;
con l'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nell'articolo 16 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia), infatti, è stato inserito il comma 2-bis in base al quale l'esecuzione diretta
delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria, funzionali
all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di
costruire, e non trova applicazione il Codice dei contratti;
in merito all'approvazione del citato comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – nella Deliberazione n. 43 del 4 aprile 2012 –
l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici aveva segnalato quanto segue: «Il campo di
applicazione della norma recata dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001, così come introdotto dall'articolo 45, comma 1, del decreto-legge
n. 201 del 2011 convertito nella legge n. 214 del 2011, ovverosia la non applicabilità del
Codice per le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia eseguite dal privato titolare del
permesso di costruire, appare eccessivamente ampio. La liberalizzazione introdotta consente
all'operatore privato di gestire contratti fino ad un valore di 5 milioni di euro, senza tracciabilità
117
degli eventuali, e consistenti, ribassi d'asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici
dei lavori stessi, vigilanza dell'Autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che
saranno acquisite al patrimonio comunale»;
l'applicazione del comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001 ha consentito, e consente tuttora, di selezionare, senza il ricorso a
procedure ad evidenza pubblica, i soggetti che eseguono opere pubbliche – tali vanno
considerate le opere di urbanizzazione destinate ad essere acquisite al patrimonio dei comuni e
connesse alle infrastrutture esistenti – a valere su risorse pubbliche perché tali vanno
considerati i cosiddetti oneri concessori, a detrazione parziale o integrale dei quali le opere in
argomento vengono eseguite;
lo stesso comma 2-bis solleva i soggetti che eseguono opere di urbanizzazione di
importo fino a 5 milioni di euro – come evidenziato dall'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici – dall'obbligo di rispettare tutte procedure del Codice dei contratti, finalizzate ad
assicurare un ordinato e regolare svolgimento delle fasi di esecuzione dei contratti pubblici, e
dunque senza adeguate garanzie rispetto alla qualità dei lavori eseguiti, all'accertamento del
valore economico delle opere e alla trasparenza e alla tracciabilità dei flussi finanziari connessi,
impegna il Governo:
ad acquisire dai comuni l'elenco delle opere di urbanizzazione primaria che, a far data
dell'entrata in vigore dell'articolo 16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica
n. 380 del 2001, sono state realizzate ovvero sono in corso di realizzazione, direttamente dai
titolari dei permessi di costruire, con il regime derogatorio previsto dallo stesso comma 2-bis,
completo dei relativi quadri tecnico-economici e degli eventuali aggiornamenti degli stessi
apportati in corso di esecuzione;
a trasmettere all'Autorità nazionale anticorruzione le informazioni acquisite dai comuni in
ordine alle opere di urbanizzazione primaria che, a far data dell'entrata in vigore dell'articolo
16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, sono state
realizzate direttamente da parte dei titolari dei permessi di costruire – e dunque senza l'obbligo
di rispettare le disposizioni del Codice dei contratti – al fine di acquisire le necessarie
valutazioni da parte della stessa Autorità sull'applicazione della disposizione in argomento.
9/2486-B/69. Bonafede, Mannino.
La Camera,
premesso che:
in sede di conversione in legge sul decreto-legge n. 90 del 2014 - AC 2486 recante
«Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli
uffici giudiziari»;
l'articolo 45, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di contenuto e di
sottoscrizione del processo verbale e di comunicazione della sentenza non prevede anche la
modifica all'articolo 153 secondo comma del codice di procedura civile al fine di consentire la
rimessione in termini di una parte processuale qualora si sia verificato un malfunzionamento
del sistema telematico del processo civile e per questa causa sia incorsa nella decadenza di un
termine processuale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità d'intervenire, anche con idonee misure normative, al fine di tipizzare il
caso di rimessione in termini per la parte che sia decaduta dal termine per il deposito di un
atto giudiziale a causa del malfunzionamento dei sistemi informatici del PCT stabilendo che in
ogni caso in cui il decorso di un termine fissato dalla legge o dal giudice dipenda dalla
conoscenza di atti, documenti o provvedimenti ed il deposito di questi sia eseguito con
modalità telematiche, il termine per la parte onerata decorre dal momento in cui il contenuto
dell'atto, del documento o del provvedimento è reso accessibile dal sistema informatico del
118
dominio Giustizia.it.
9/2486-B/70. Turco.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 1, prevede norme volte al ricambio generazionale
nella pubblica amministrazione;
in particolare, il blocco delle proroghe di contratto dei dirigenti scolastici, che abbiano
raggiunto i requisiti previsti in mento agli anni di servizio e all'età, potrebbe facilitare il rinnovo
generazionale, ma si rilevano alcune criticità in merito;
l'esperienza professionale di molti presidi a fine carriera non verrebbe più utilizzata per
il buon funzionamento delle scuole;
in assenza di un repentino ricambio, avverrebbe un ulteriore incremento del numero
delle reggenze di molti istituti, che resterebbero così senza un dirigente titolare;
i posti a dirigente scolastico già oggi privi di titolare in Italia sono circa 1000: a questi si
aggiungerebbero le 180 scuole dei presidi in attesa di proroga, senza contare i 475 istituti
sottodimensionati che, per legge, non possono avere un preside titolare; l'indizione del nuovo
corso-concorso, previsto entro il 31 dicembre 2014 per la copertura dei posti vacanti, nella più
ottimistica delle previsioni non potrebbe veder insediati nuovi presidi prima dell'1 settembre
2016;
potrebbe configurarsi una situazione paradossale, con circa il 20 per cento delle scuole
statali italiane senza dirigenza autonoma anche per il prossimo anno scolastico e tendente ad
aggravarsi,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare
iniziative normative per sanare l'eventuale carenza di dirigenti già a partire dal prossimo anno
scolastico.
9/2486-B/71. Santerini, Malisani.
La Camera,
esaminato l'AC 2486-B di conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90
premesso che:
con un emendamento presentato in Commissione Bilancio Camera è stato inserito nel
decreto l'articolo 1-bis recante «disposizioni per il ricambio generazionale nel comparto della
scuola» ma più comunemente conosciuto come «quota 96» riguardante il personale
scolastico;
si tratta di una misura di salvaguardia per il personale scolastico che ha raggiunto i
requisiti allora in vigore per il pensionamento entro l'anno scolastico 2011/2012 e divenuto a
tutti gli effetti «esodato» con l'entrata in vigore della riforma Fornero; la salvaguardia era già
stata proposta in sede di esame nell'apposita proposta di legge sugli esodati, ma era stata in
quella sede accantonata su esplicita richiesta del presidente della commissione Bilancio,
assicurando che avrebbe provveduto a proporre una adeguata copertura per permettere
l'attuazione della misura e la tutela dei lavoratori coinvolti;
l'articolo 1-bis del decreto in esame, presentato a firma dell'onorevole Ghizzoni e dei
componenti della Commissione Bilancio, dispone, a copertura della misura «quota 96» per il
personale della scuola, un aumento degli obiettivi di risparmio di spesa già previsti dalla legge
di stabilità per il 2014 all'articolo 1, commi 427, primo periodo, e 428, primo periodo, cioè
quelli prodotti dai provvedimenti di spending review che dovrebbero essere posti in essere in
seguito all'attività del commissario Cottarelli;
al momento, non sono stati resi noti i risultati dei gruppi di lavoro sulla revisione della
spesa e nessun provvedimento di revisione è stato trasformato in atto normativo, benché la
Legge di stabilità stabilisca che entro il 31 luglio 2014 debbano essere adottate misure di
razionalizzazione e di revisione della spesa (...), tali da assicurare una riduzione della spesa in
119
misura non inferiore a 488,4 milioni di euro per l'anno 2014, a 1.448 milioni di euro per l'anno
2015, a 1.988,1 milioni di euro per l'anno 2016, a 1.997,9 milioni di euro per l'anno 2017 e a
1.339,6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018. A queste cifre devono essere aggiunti gli
ulteriori risparmi derivanti dal decreto oggi in conversione;
esprimendo la contrarietà del Governo sulla copertura individuata all'articolo 1-bis, il
sottosegretario presente in Commissione ha affermato che non si tratterà di spending
review ma «in definitiva di tagli lineari, dal momento che non appare realisticamente possibile,
entro il 31 luglio 2014, procedere ad una revisione selettiva della spesa, come previsto dai
commi 427 e 428 dell'articolo 1 della Legge di stabilità per il 2014» e ribadendo «la contrarietà
del Governo rispetto alla copertura finanziaria di cui al comma 6 dell'articolo 1-bis del
provvedimento in esame». Con tale affermazione il Governo sembra voler intendere che tutti i
fondi previsti dalla Legge di stabilità che, almeno per il 2014, avrebbero dovuto derivare
dalla spending review saranno invece reperiti in meri tagli lineari;
tale contrarietà del Governo ha prodotto la soppressione dell'articolo 1-bis da parte del
Senato della Repubblica, con il paradosso peraltro che il Governo ha chiesto nei due rami del
Parlamento la fiducia su due testi diversi,
impegna il Governo
a non utilizzare nei futuri provvedimenti di propria competenza risparmi di spesa prima che
essi siano stati effettivamente e concretamente conseguiti.
9/2486-B/72. Guidesi.
La Camera,
premesso che:
esaminato il decreto-legge 24 giugno 2014, n.90, recante misure urgenti per la
semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari;
il 3 luglio scorso, durante l'esame in Assemblea del provvedimento in materia di
salvaguardia dai nuovi requisiti di accesso al trattamento pensionistico (TU 224 e abb.) il
presidente della V Commissione è intervenuto in merito al dibattitto apertosi sugli
emendamenti riguardanti la cosiddetta «salvaguardia quota “96” per dire che “Sappiamo tutti
che questo provvedimento non vedrà la luce al Senato entro i termini necessari a noi per
consentire a chi lavora nella scuola di andare in pensione. Quindi, se non è una bandierina – io
non penso che sia una bandierina, perché abbiamo lavorato insieme nelle varie Commissioni
per provare a risolvere questo problema – io assumo l'impegno, da presidente della
Commissione Bilancio e a nome dei miei colleghi, a nome del presidente Damiano, della collega
Ghizzoni (penso di poterlo dire a nome di tutti coloro che hanno sostenuto e votato
all'unanimità la risoluzione Saltamartini), di presentare un emendamento che è già coperto.
(...) Avete la mia garanzia che l'emendamento collettivo (...) dovrà essere proposto e
approvato sul prossimo decreto, io penso su quello che ha a che fare con la riforma della
pubblica amministrazione.» [res. Sten. Assemblea 3 luglio 2014];
la copertura degli oneri derivanti dall'emendamento di cui sopra, individuata in un
ulteriore aumento degli obiettivi di risparmio attesi dalla spending review, ha avuto il parere
contrario dal Governo;
il Governo in prima lettura Camera ha chiesto il voto di fiducia per approvare il
provvedimento nonostante il suo parere contrario sul predetto articolo 1-bis ed al Senato ha
voluto la soppressione del medesimo chiedendo comunque un altro voto di fiducia;
con questo atteggiamento il Governo prima ha illuso 4mila insegnanti alla Camera per
poi disilluderli al Senato, giocando sulla pelle delle persone, come già aveva fatto l’ex Ministro
Fornero;
si ricorda che il personale scuola cosiddetto «quota ’96” si trova nell'impossibilità di
accedere alla pensione per un errore del precedente Governo, che non ha tenuto conto della
peculiarità del settore scolastico, ovvero che la data del pensionamento è legata alla
conclusione dell'anno scolastico e non invece all'anno solare;
il Governo, per rimediare al comportamento ambiguo e rassicurare la maggioranza
parlamentare che lo sostiene, ha dichiarato che entro la fine del mese sarà varato un nuovo
120
provvedimento sulla scuola che risolverà l'annosa questione della cosiddetta «quota ’96» e
riguarderà una platea ben più ampia dei 4.000 individuati finora,
impegna il Governo
a mantenere fede alle promesse fatte a mezzo stampa senza ulteriori dietrofront e rinvii.
9/2486-B/73. Busin.
La Camera,
premesso che:
esaminato il contenuto del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure
urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici
giudiziari;
valutate le finalità di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica che talune
disposizioni del provvedimento intendono perseguire;
preso atto dell'intervento contenuto nel cosiddetto «decreto cuneo fiscale» n. 66 del
2014, che ha fissato a 240mila euro il tetto dei compensi dei dirigenti pubblici e dei manager
delle società partecipate;
ricordato che ai sensi dell'articolo 24 del testo unico sul pubblico impiego il trattamento
accessorio collegato ai risultati deve costituire almeno il 30 per cento della retribuzione
complessiva del dirigente considerata al netto della retribuzione individuale di anzianità e degli
incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell'onnicomprensività e che è esclusa da tale
disposizione la dirigenza del Servizio sanitario nazionale;
tenuto conto che tale decreto-legge è un primo step di una più ampia riforma della
pubblica amministrazione, da attuarsi con il disegno di legge delega già depositato presso il
Senato della Repubblica,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di estendere la norma che collega ai risultati una percentuale del
trattamento economico anche ai dirigenti del Servizio sanitario nazionale.
9/2486-B/74. Rondini.
La Camera,
premesso che:
esaminato il contenuto del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (recante misure
urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici
giudiziari; con particolare riguardo alla disposizione di cui all'articolo 10 del provvedimento, in
materia di abrogazione delle quote dei diritti di segreteria e del diritto di rogito spettante ai
segretari comunali e provinciali;
valutata tale disposizione come misura di risparmio e di contenimento della spesa
pubblica;
ricordato quanto già disposto dal decreto-legge n. 78 del 2010 in relazione all'agenzia
autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, le cui funzioni vengono
trasferite al Ministero dell'interno, ritenendo importante prevedere di rendere facoltativa, per i
comuni e le Province, la nomina del segretario;
tale misura è nell'ottica di portare un risparmio di spesa per gli enti locali ed in
coerenza con la strategia di liberalizzazione delle professioni, di permettere all'amministrazione
di valutare secondo propri criteri discrezionali di avvalersi anche di altre categorie
professionali, accrescendo, allo stesso tempo, con un bagaglio culturale differenziato,
lo standard di qualità nell'ambito lavorativo delle amministrazioni locali,
impegna il Governo
121
a valutare l'opportunità, in sede di riforma della Governance degli enti locali la facoltà per i
comuni e le province di nominare o meno il proprio segretario.
9/2486-B/75. Grimoldi.
La Camera,
premesso che:
esaminato il contenuto del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure
urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici
giudiziari;
l'articolo 6 prevede che le pubbliche amministrazioni non possano conferire incarichi ai
soggetti già lavoratori pubblici e privati collocati in quiescenza;
tale divieto riguarda gli organi di governo di amministrazioni pubbliche, enti e società
da essi controllate, nonché gli eventuali organi costituzionali che intendano adeguarsi alla
normativa stessa nell'ambito della propria autonomia;
se è pur vero che non è possibile prevedere l'esplicito divieto per gli organi
costituzionali perché in contrasto con l'autonomia costituzionale degli organi stessi, tuttavia è
possibile intervenire sui trattamenti pensionistici dei singoli individui che andrebbero a ricoprire
incarichi presso i predetti organi, in quanto ciò non lede le scelte e l'operato autonomo degli
organi medesimi essendo l'erogazione del trattamento in capo ad un Istituto pubblico di natura
non costituzionale;
impegna il Governo
a prevedere, con circolare esplicativa o altro provvedimento di propria competenza, la
sospensione del trattamento pensionistico – per tutta la durata dell'incarico – ai lavoratori già
in quiescenza che assumano incarichi presso quegli organi costituzionali che non si adeguano
alla normativa di cui in premessa.
9/2486-B/76. Simonetti.
La Camera,
premesso che:
apprezzando la decisione di immettere nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco 1.030
nuovi effettivi, dettata dalla necessità di garantirne «gli standard operativi e i livelli di
efficienza e di efficacia»;
stigmatizzando, tuttavia, la scelta di finanziare parte delle nuove assunzioni con le
risorse destinate al personale volontario dei Vigili del Fuoco, già oggetto di altre misure
vessatorie, come quelle varate nell'autunno del 2011, che imputano agli aspiranti Vigili del
Fuoco Volontari gli oneri connessi agli accertamenti clinico-strumentali e di laboratorio connessi
alla loro selezione;
rilevando, altresì, come i deficit di organico esistenti all'interno del Corpo potrebbero
essere colmati proprio attingendo al bacino di capacità rappresentato dai Vigili Volontari;
sottolineando come in almeno una circostanza, in Parlamento, il Governo abbia
manifestato in passato la propria disponibilità a rivedere la situazione, correggendo la
normativa di merito alla prima occasione utile, senza tuttavia aver finora tradotto in gesti
concreti l'atteggiamento annunciato;
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di esonerare gli aspiranti Vigili del Fuoco volontari dal pagamento degli
oneri di cui all'articolo 4, punto 14, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e quelli relativi agli
accertamenti clinico-strumentali e di laboratorio indicati dall'Amministrazione per il
reclutamento del personale volontario per le esigenze dei distaccamenti volontari del Corpo
nazionale di cui all'articolo 9, comma 2, lettera b) del decreto legislativo 8 marzo 2006, n.
139, trasferendone la spesa in capo all'Amministrazione degli Interni.
9/2486-B/77. Caparini, Molteni, Matteo Bragantini, Invernizzi, Grimoldi.
122
La Camera,
premesso che:
esaminato il decreto-legge recante misure urgenti per la semplificazione e la
trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, e valutate le finalità di
semplificazione amministrati va che il medesimo intende perseguire;
considerato che all'articolo 17 del provvedimento in esame, nell'ambito di misure di
semplificazione, si prevede l'unificazione delle banche dati delle società partecipate;
ritenuto importante eliminare le duplicazioni normative e procedurali oggi esistenti
anche nel campo giuridico-amministrativo della circolazione fisica e giuridica dei veicoli,
realizzando così risparmi di spesa e, soprattutto, la massima semplificazione tecnica e
operativa;
ricordato che, attualmente, la gestione separata e parallela dei procedimenti di
registrazione della proprietà (di competenza del Pra) e di immatricolazione dei veicoli (di
competenza del Ministero dei trasporti) rende ancora necessaria una duplice istanza da parte
dei cittadini, una per la registrazione e una per l'immatricolazione; una duplice acquisizione di
dati da parte di due banche dati; un duplice provvedimento di autorizzazione da parte delle
amministrazioni interessate per le rispettive parti di competenza; due distinti documenti, il
certificato di proprietà e la carta di circolazione, da rilasciare all'utenza;
preso atto che negli altri Paesi europei non esiste un pubblico registro automobilistico
per la registrazione dei veicoli, ma esistono archivi in cui sono registrati i dati tecnici e di
proprietà, così come esiste in Italia l'archivio nazionale veicoli, istituito ai sensi degli articoli
225 e 226 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, che tiene nota di tutte le variazioni di
proprietà, le revisioni, le informazioni sui proprietari, gli incidenti. In Italia però, i proprietari
dei veicoli già registrati all'archivio nazionale, devono nuovamente fare una registrazione del
mezzo presso il pubblico registro automobilistico ;
rammentato che il decreto del Presidente della Repubblica n. 358 del 2000, all'articolo
1 dispone che «in attesa della riforma del regime giuridico degli autoveicoli, motoveicoli e loro
rimorchi e del conseguente riordino amministrativo, viene istituito lo sportello telematico
dell'automobilista, allo scopo di semplificare i procedimenti relativi all'immatricolazione, alla reimmatricolazione, alla registrazione della proprietà, ai passaggi di proprietà degli autoveicoli,
dei motoveicoli e dei loro rimorchi»;
constatato che tuttora la riforma del regime giuridico e il conseguente riordino
amministrativo degli autoveicoli e motoveicoli non è avvenuta e una semplificazione delle
procedure relative a immatricolazioni e atti di proprietà sembra necessaria e non più rinviabile,
impegna il Governo
a valutare, nel prosieguo degli interventi di semplificazione e snellimento delle procedure
burocratiche per un'ottimizzazione della pubblica amministrazione, di adottare le opportune
iniziative normative necessarie per far si che i mutamenti riguardanti l'intestazione dei veicoli,
secondo quanto previsto dal Codice della strada, e gli eventi giuridico-patrimoniali sui veicoli
medesimi, si registrino unicamente presso l'Archivio nazionale dei veicoli di cui agli articolo 225
e 226 del Codice della strada, procedendo quindi contestualmente alla soppressione del
Pubblico Registro Automobilistico e al trasferimento presso l'Archivio nazionale dei compiti e
delle funzioni fino ad oggi attribuite al Pubblico registro medesimo.
9/2486-B/78. Allasia, Borghesi.
La Camera,
premesso che:
nel corso dell'esame del provvedimento in Senato, il Governo ha stralciato la norma
relativa al pensionamento dei 4mila insegnanti c.d. «quota ’96», non concordando sulla
relativa copertura che prevedeva un aumento degli obiettivi di risparmio di spesa già previsti
dalla legge di stabilità per il 2014 all'articolo 1, commi 427, primo periodo, e 428, primo
periodo, cioè quelli prodotti dai provvedimenti di spending review che dovrebbero essere posti
in essere in seguito all'attività del Commissario Cottarelli;
lo stesso Commissario, nel riferirsi in particolare ai pensionamenti della scuola, ha
123
dichiarato, con un intervento nel suo blog,che «si sta diffondendo la pratica di autorizzare
nuove spese indicando che la copertura sarà trovata attraverso future operazioni di revisione
della spesa» e che «se si utilizzano risorse provenienti da risparmi sulla spesa per aumentare
la spesa stessa, il risparmio non potrà essere utilizzato per ridurre la tassazione su lavoro»,
spiegando che ritiene «essenziale» la riduzione della tassazione del lavoro «per una ripresa
dell'occupazione in Italia»;
il Commissario Cottarelli ha pertanto criticato quella che definisce «una nuova pratica»;
«la revisione della spesa come strumento per il finanziamento di nuove spese»;
il Governo, in considerazione di ciò, ha stralciato dal testo all'esame del Senato la
norma relativa alla cosiddetta «quota 96», lasciando però inalterato l'utilizzo dei risparmi
derivanti dall'attuazione delle norme di revisione della spesa pubblica per la copertura delle
disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, di cui all'articolo 1,
comma 6, del provvedimento all'esame, con ciò mantenendo un atteggiamento contradditorio
sull'utilizzo di tale copertura;
già in occasione di precedenti provvedimenti governativi, come il job act ed il decreto
riguardante gli 80 euro in più in busta paga, la Lega Nord ha dichiarato che per garantire la
ripresa economica e la crescita occupazionale è necessario intervenire pesantemente sul costo
del lavoro prevedendo un drastico taglio del cuneo fiscale,
impegna il Governo
a dare immediata attuazione a quanto previsto nella legge di stabilità per il 2014, che fissava
al 31 luglio scorso l'adozione di misure di razionalizzazione e revisione della spesa, adottando il
relativo provvedimento di revisione e destinando i risparmi ad un taglio del cuneo fiscale a due
cifre in termini percentuali e non di miliardi come già fatto con il cosiddetto decreto Irpef n. 66
del 2014 i cui risultati son stati irrilevanti.
9/2486-B/79. Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Prataviera.
La Camera,
premesso che:
esaminato il contenuto del decreto-legge 24 giugno 2014, n.90, recante misure urgenti
per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari;
considerate le finalità di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica che in
particolare le misure contenute nell'articolo 11 del provvedimento intendono perseguire;
ricordato l'intervento contenuto nel cosiddetto «decreto cuneo fiscale» n. 66 del 2014,
che ha fissato a 240mila euro il tetto dei compensi dei dirigenti pubblici e dei manager delle
società partecipate, e ritenuto il medesimo irrilevante rispetto alla spesa pubblica degli stipendi
dei top manager,
ritenuto fondamentale per un concreto contenimento della spesa pubblica, intervenire
pesantemente sulla sburocratizzazione della pubblica amministrazione affinché comporti anche
un reale rilancio del Pil,
impegna il Governo
ad adottare entro la fine dell'anno provvedimenti di propria competenza che contemplino a
decorrere dall'anno 2015 la soppressione delle deroghe al limite massimo alle retribuzioni di
posizioni che fossero previste nei vari contratti di lavoro del pubblico impiego e l'allineamento
del 50 per cento delle retribuzioni di posizione e risultato dei dirigenti dello Stato all'andamento
crescente o decrescente del PIL.
9/2486-B/80. Caon.
La Camera,
esaminato il contenuto dei decreto-legge 24 giugno 2014, n.90, recante misure urgenti
per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari,
con particolare riguardo alle disposizioni relative ai segretari comunali e provinciali di cui
124
all'articolo 10 del provvedimento;
ricordato che l'articolo 2, comma 4, del decreto-legge n. 333 del 1992, convertito nella
legge n. 438 del 1992, interpretato autenticamente dall'articolo 7, comma 7 del decreto-legge
n. 384 del 1992, convertito in legge n. 438 del 1992, ai sensi del quale l'articolo 2, comma 4,
del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto
1992, n. 359, va interpretato nel senso che dalla data di entrata in vigore del predetto
decreto-legge non possono essere più adottati provvedimenti di allineamento stipendiale,
ancorché aventi effetti anteriori all'11 luglio 1992», ha dunque eliminato l'istituto del
galleggiamento;
constatato che l'articolo 41, comma 5, del CCNL dei segretari comunali, nel prevedere che
«gli enti assicurano, altresì, nell'ambito delle risorse disponibili e nel rispetto della capacità di
spesa, che la retribuzione di posizione del segretario non sia inferiore a quella stabilita per la
funzione dirigenziale più elevata nell'ente in base al contratto collettivo dell'area della dirigenza
o, in assenza di dirigenti, a quello del personale incaricato della più elevata posizione
organizzativa» ha mantenuto in vita per i segretari stessi il predetto istituto del
galleggiamento;
preso atto dunque dell'inconciliabilità tra l'articolo 41, comma 5, del CCNL dei segretari ed
il divieto, generale, di introdurre il «galleggiamento» attivando provvedimenti di allineamento
stipendiale nel pubblico impiego,
impegna il Governo
a prevedere nei prossimi provvedimenti di propria competenza la piena e generale
soppressione a decorrere dall'anno 2015 dell'istituto contrattuale del galleggiamento e della
relativa applicazione.
9/2486-B/81. Invernizzi.
La Camera,
premesso che:
del provvedimento in Senato è stato approvato l'emendamento del Governo che
sopprime le disposizioni introdotte dalla Camera dei Deputati relative al riconoscimento di
benefici nei criteri di calcolo del trattamento pensionistico e del trattamento di fine rapporto
per i dipendenti privati (e loro eredi) che avessero subito un'invalidità permanente in
conseguenza di atti di terrorismo, di cui all'articolo 25, commi da 5-bis a 5-quinquies;
nel dettaglio, i commi da 5-bis a 5-quinquies sono stati verificati negativamente dalla
relazione tecnica, in quanto la relativa quantificazione –pari ad 1 milione di euro annui –
secondo il Governo risultava sottostimata, posto che la valutazione tecnica dell'INPS ha
indicato un onere annuo, a regime, di circa 12 milioni di euro a regime;
l'attuazione dell'operazione Mare Nostrum comporta una spesa di oltre 9milioni di euro
al mese, a dimostrazione che il Governo trova le risorse economiche per ciò che interessa;
le misure in favore delle vittime del terrorismo costituiscono una forma di doveroso
risarcimento istituzionale in favore di chi ha sacrificato la propria vita per la tutela della
democrazia e di chi invece l'ha persa per incapacità dello Stato di proteggerla,
impegna il Governo
a reperire le occorrenti risorse per reintrodurre la stralciata norma di cui in premessa nei
prossimi provvedimenti di propria competenza.
9/2486-B/82. Molteni.
La Camera,
premesso che:
dell'esame del provvedimento in Senato è stato approvato l'emendamento del Governo
che sopprime le disposizioni introdotte dalla Camera dei Deputati relative al riconoscimento di
benefici nei criteri di calcolo del trattamento pensionistico e del trattamento di fine rapporto
125
per i dipendenti privati (e loro eredi) che avessero subito un'invalidità permanente in
conseguenza di atti di terrorismo, di cui all'articolo 25, commi da 5-bis a 5-quinquies;
nel dettaglio, i commi da 5-bis a 5-quinquies sono stati verificati negativamente dalla
relazione tecnica, in quanto la relativa quantificazione –pari ad 1 milione di euro annui –
secondo il Governo risultava sottostimata, posto che la valutazione tecnica dell'INPS ha
indicato un onere annuo, a regime, di circa 12 milioni di euro a regime;
l'attuazione dell'operazione Mare Nostrum comporta una spesa di oltre 9milioni di euro
al mese, a dimostrazione che il Governo trova le risorse economiche per ciò che interessa;
le misure in favore delle vittime del terrorismo costituiscono una forma di doveroso
risarcimento istituzionale in favore di chi ha sacrificato la propria vita per la tutela della
democrazia e di chi invece l'ha persa per incapacità dello Stato di proteggerla,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di reperire le occorrenti risorse per reintrodurre la stralciata norma di
cui in premessa nei prossimi provvedimenti di propria competenza.
9/2486-B/82. (Testo modificato nel corso della seduta). Molteni.
La Camera,
esaminato l'AC 2486-B di conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90;
premesso che:
il testo originario del decreto-legge n. 90 varato dal Governo, nel prevedere
l'obbligatorio collocamento fuori ruolo dei magistrati che intendano assumere incarichi di capo
di gabinetto o di uffici di diretta collaborazione, vietando il ricorso all'istituto dell'aspettativa
utilizzato per eludere il limite decennale al collocamento fuori ruolo nell'arco della vita
lavorativa, faceva salvi i provvedimenti di collocamento in aspettativa già concessi alla data di
entrata in vigore del decreto-legge;
nel corso dell'esame in 1a lettura alla Camera tale disposizione di salvaguardia per gli
incarichi in corso era stata soppressa, ma ripristinata al Senato perché l'interruzione anticipata
del rapporto lavorativo non per fatto o colpa del contraente privato potrebbe essere
suscettibile di implicare effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
tale motivazione appare alquanto pretestuosa e la scelta di non estendere
l'obbligatorietà del collocamento fuori ruolo anche alle aspettative dei magistrati già in atto
sembra configurarsi come una norma salva-giudici, atteso che per altre misure ed in altre
occasioni il Governo non si è preoccupato delle implicazioni contabili che l'attuazione tout
court di modifiche normative alla legislazione vigente avrebbe prodotto, ricordando a titolo
esemplificativo i maggiori effetti finanziari negativi prodotti dalla riforma delle pensioni Fornero
con gli esodati,
impegna il Governo
a reinserire la norma che estende il collocamento fuori ruolo obbligatorio anche ai magistrati
già collocati in aspettativa nel disegno di legge in combinato al decreto in esame, definito il
«cuore» della riforma della pubblica amministrazione, o comunque in altro provvedimento di
propria competenza in emanazione entro la fine dell'anno.
9/2486-B/83. Matteo Bragantini.
La Camera,
esaminato l'AC 2486-B di conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90;
premesso che:
il testo originario del decreto-legge n. 90 varato dal Governo, nel prevedere
l'obbligatorio collocamento fuori ruolo dei magistrati che intendano assumere incarichi di capo
di gabinetto o di uffici di diretta collaborazione, vietando il ricorso all'istituto dell'aspettativa
utilizzato per eludere il limite decennale al collocamento fuori ruolo nell'arco della vita
lavorativa, faceva salvi i provvedimenti di collocamento in aspettativa già concessi alla data di
126
entrata in vigore del decreto-legge;
nel corso dell'esame in 1a lettura alla Camera tale disposizione di salvaguardia per gli
incarichi in corso era stata soppressa, ma ripristinata al Senato perché l'interruzione anticipata
del rapporto lavorativo non per fatto o colpa del contraente privato potrebbe essere
suscettibile di implicare effetti finanziari negativi per la finanza pubblica;
tale motivazione appare alquanto pretestuosa e la scelta di non estendere
l'obbligatorietà del collocamento fuori ruolo anche alle aspettative dei magistrati già in atto
sembra configurarsi come una norma salva-giudici, atteso che per altre misure ed in altre
occasioni il Governo non si è preoccupato delle implicazioni contabili che l'attuazione tout
court di modifiche normative alla legislazione vigente avrebbe prodotto, ricordando a titolo
esemplificativo i maggiori effetti finanziari negativi prodotti dalla riforma delle pensioni Fornero
con gli esodati,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di reinserire la norma che estende il collocamento fuori ruolo
obbligatorio anche ai magistrati già collocati in aspettativa nel disegno di legge in combinato al
decreto in esame, definito il «cuore» della riforma della pubblica amministrazione, o comunque
in altro provvedimento di propria competenza in emanazione entro la fine dell'anno.
9/2486-B/83. (Testo modificato nel corso della seduta). Matteo Bragantini.
La Camera,
premesso che:
apprezzando la volontà del Governo di rilanciare gli arsenali e gli stabilimenti parte della
cosiddetta area tecnico-industriale della Difesa, evidenziata dalle norme all'esame
dell'Assemblea che a questo scopo introducono deroghe a specifiche disposizioni varate nel
contesto della spending review;
osservando come a latere dell'elaborazione del Documento Programmatico Pluriennale
della Difesa, appena vagliato dalla Commissione Difesa, la Corte dei conti abbia rilevato,
ponendola all'attenzione del Parlamento, l'avvenuta attivazione del cosiddetto polo del
munizionamento e della demilitarizzazione da parte dell'Agenzia Industrie Difesa;
evidenziando come il destino dell'area tecnico-industriale della Difesa riguardi non solo
la preservazione della capacità delle Forze armate di mantenere in efficienza un parco materiali
da anni sottoposto all'usura eccezionale conseguente all'impiego dei mezzi e degli
equipaggiamenti su teatri spesso difficili, come quelli afgano, iracheno, libanese, libico o
maliano, ma altresì la conservazione di professionalità e posti di lavoro che altrimenti
verrebbero cancellati,
impegna il Governo
a proseguire nella propria azione di riqualificazione e rilancio dell'area tecnico-industriale della
Difesa, allo scopo di mantenere alle Forze armate un patrimonio di capacità e competenze che
andrebbe altrimenti disperso, con la conseguenza di creare disoccupazione aggiuntiva e di
costringere l'amministrazione ad appaltare a ditte esterne la futura manutenzione del parco
mezzi e materiali.
9/2486-B/84. Marcolin.
La Camera,
premesso che:
valutate negativamente le modifiche apportate in sede di seconda lettura al Senato del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90;
preso atto della soppressione dei commi da 6-bis a 6-quater dell'articolo 1, in materia di
non applicazione delle riduzioni percentuali del trattamento previdenziale ai fini dell'accesso al
pensionamento anticipato, di cui al comma 10, dell'articolo 24, del decreto-legge cosiddetto
«Salva-Italia» n. 201 del 2011, limitatamente ai soli soggetti che maturassero il requisito di
127
anzianità contributiva – pari attualmente a 42 anni e sei mesi per gli uomini e 41 anni e sei
mesi per le donne – entro il 31 dicembre 2017;
appurato che la riforma delle pensioni Fornero, allungando l'età pensionabile e
penalizzando l'uscita anticipata sia pure con 40 anni e più di anzianità contributiva, in
combinato con l'oggettiva contrazione dell'offerta occupazionale dovuta al periodo di crisi
socio-economica, ha di fatto bloccato il ricambio generazionale;
preso atto dell'annuncio dell'altro giorno del Ministro Poletti di significative deroghe e
modifiche alla riforma delle pensioni Fornero nella prossima legge di stabilità,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, in sede della preannunciata revisione della riforma delle pensioni
Fornero, di cancellare le penalizzazioni di cui all'articolo 24, comma 10, del decreto-legge n.
201 del 2011 per coloro che abbiano raggiunto un'anzianità contributiva pari o superiore a
quaranta anni.
9/2486-B/85. Prataviera, Maestri, Baruffi, Albanella, Gnecchi, Romanini, Giorgio Piccolo.
La Camera,
premesso che:
esaminato il decreto-legge recante misure urgenti per !a semplificazione e la
trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari e valutate negativamente le
modifiche apportate in sede di seconda lettura al Senato;
preso atto dell'approvazione da parte della Commissione Affari costituzionali
dell'emendamento soppressivo del Governo del comma 5 dell'articolo 1, relativo in materia di
risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro per i dirigenti medici e del ruolo sanitario del SSN
non prima del compimento dei 65 anni di età e per i responsabili di struttura complessa e per i
professori universitari non prima del compimento dei 68 anni di età;
la motivazione che l'uscita anticipata di due anni determinava «oneri non quantificati»
sembra alquanto artificiosa, considerato il ricorso frequente di cui il Governo si avvale per
espungere norme non gradite ovvero salvaguardare gradite categorie di soggetti;
tale scelta, peraltro, appare in contrasto con la dichiarata volontà di perseguire un
effettivo ricambio generazionale nella pubblica amministrazione, consentendo la permanenza in
servizio a cattedrati e primari ospedalieri fino al 70o anno di età,
impegna il Governo
a prevedere nei futuri provvedimenti di propria competenza l'estensione dell'istituto della
risoluzione unilaterale ai professori universitari e primari ospedalieri.
9/2486-B/86. Gianluca Pini.
La Camera,
premesso che:
esaminato il decreto-legge recante misure urgenti per !a semplificazione e la
trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari e valutate negativamente le
modifiche apportate in sede di seconda lettura al Senato;
preso atto dell'approvazione da parte della Commissione Affari costituzionali
dell'emendamento soppressivo del Governo del comma 5 dell'articolo 1, relativo in materia di
risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro per i dirigenti medici e del ruolo sanitario del SSN
non prima del compimento dei 65 anni di età e per i responsabili di struttura complessa e per i
professori universitari non prima del compimento dei 68 anni di età;
la motivazione che l'uscita anticipata di due anni determinava «oneri non quantificati»
sembra alquanto artificiosa, considerato il ricorso frequente di cui il Governo si avvale per
espungere norme non gradite ovvero salvaguardare gradite categorie di soggetti;
tale scelta, peraltro, appare in contrasto con la dichiarata volontà di perseguire un
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effettivo ricambio generazionale nella pubblica amministrazione, consentendo la permanenza in
servizio a cattedrati e primari ospedalieri fino al 70o anno di età,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere nei futuri provvedimenti di propria competenza
l'estensione dell'istituto della risoluzione unilaterale ai professori universitari e primari
ospedalieri.
9/2486-B/86. (Testo modificato nel corso della seduta). Gianluca Pini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 1, dell'A.C. 2486-B prevede che «le amministrazioni dello Stato,
anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici ivi compresi
quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e
successive modificazione, possono procedere, per l'anno 2014, ad assunzioni di personale a
tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente
corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato
nell'anno precedente. La predetta facoltà ad assumere è fissata nella misura del 40 per cento
per l'anno 2015, del 60 per cento per l'anno 2016, dell'80 per cento per l'anno 2017, del 100
per cento a decorrere dall'anno 2018. Il criterio della spesa per il personale cessato nell'anno al
fine della quantificazione delle immissioni in ruolo nell'ambito del turn over si applica anche ai
Corpi di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco; al comparto della scuola e alle
università si applica la normativa di settore»;
l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV), istituita con decreto legislativo 25
febbraio 1999, n. 66, in attuazione della direttiva comunitaria 94/56/CE, si identifica con
l'autorità investigativa per la sicurezza dell'aviazione civile dello Stato italiano;
tale autorità pubblica, che si caratterizza per l'ampia autonomia e la terzietà rispetto al
sistema aviazione civile, a garanzia della obiettività del proprio operato, svolge funzioni critiche
per la sicurezza dell'aviazione civile e, in particolare, quella di svolgere, a fini di prevenzione, le
inchieste di sicurezza relative agli incidenti ed agli inconvenienti occorsi ad aeromobili
dell'aviazione civile, emanando, se necessario, le opportune raccomandazioni di sicurezza per
evitare che eventi dello stesso tipo si ripetano in futuro;
già nella propria relazione sull'esercizio finanziario ANSV 2010, la Corte dei conti,
constatato il comportamento virtuoso dell'Agenzia sia dal punto di vista operativo, sia da quello
finanziario, sia da quello della digitalizzazione, ha invece rilevato come la significativa riduzione
da parte dello Stato dello stanziamento ordinario di bilancio a favore dell'ANSV operi in
controtendenza rispetto ad un contesto di sempre maggiore sviluppo dei trasporti aerei, che
imporrebbe incisivi investimenti da parte degli Stati a salvaguardia della sicurezza del volo;
i continui tagli lineari alla dotazione finanziaria dell'ANSV, che pongono dei pesanti limiti
agli stanziamenti di previsione, paiono essere stati operati senza alcuna valutazione del loro
impatto sul funzionamento dell'Autorità;
risulta al proponente che, entro il prossimo mese di giugno l'ANSV, a fronte dei 12
investigatori previsti dalla dotazione organica, ne resteranno in servizio soltanto 4, in quanto
sono previste uscite per raggiungimento dei limiti di età, ma non sarà possibile all'ANSV
bandire alcun concorso per investigatori, né assumere gli eventuali vincitori, in ragione delle
attuali norme sul turn over;
con 4 investigatori (ovvero un terzo del relativo organico) diventerà praticamente
impossibile gestire la notevole mole di lavoro che grava sull'ANSV, estesamente evidenziata e
documentata nel «Rapporto informativo sull'attività svolta dall'ANSV e sulla sicurezza
dell'aviazione civile in Italia – Anno 2013»;
tale situazione avrà inevitabilmente ricadute negative sia sul piano della prevenzione
degli incidenti aerei (e quindi della tutela della pubblica incolumità), sia sul piano dell'immagine
dello Stato italiano in ambito internazionale e UE, peraltro proprio a ridosso dell'inizio del
periodo di presidenza italiana del Consiglio UE;
in particolare, tale situazione è suscettibile di determinare l'apertura, da parte della
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Commissione europea, di una procedura di infrazione contro l'Italia per inosservanza
dell'articolo 4 del regolamento UE n. 996 del 2010, il quale prescrive che «l'autorità
investigativa per la sicurezza è dotata dal rispettivo Stato membro dei mezzi necessari per
adempiere alle sue responsabilità in completa indipendenza e deve poter ottenere a tal fine
sufficienti risorse»;
l'articolo 9, comma 2-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 e successive
modifiche/integrazioni blocca linearmente la crescita dei fondi unici di amministrazione (FUA)
anche in presenza di nuove assunzioni, stabilendo come «tetto» di riferimento quello
corrispondente all'ammontare del 2010;
dal FUA di cui sopra sono tratti i fondi necessari a corrispondere il 52 per cento circa
della retribuzione a carattere fisso e continuativo dei tecnici investigatori dell'ANSV, come
previsto dal contratto collettivo nazionale ENAC, che si applica anche al personale dell'ANSV in
virtù di quanto contemplato dall'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 66 del 1999;
in data 6 maggio 2014 la Commissione IX ha approvato all'unanimità il seguente
parere: «valuti la Commissione di merito l'opportunità di segnalare al Governo l'esigenza,
anche in considerazione dei maggiori compiti che potranno derivare dall'attuazione dell'accordo
in esame, di evitare ulteriori misure di riduzione delle risorse destinate al funzionamento
dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo»;
il Governo ha risposto all'interrogazione n. 4-05754, relativa alla problematica di cui in
premessa, ipotizzando la possibilità di impiegare personale militare per coprire
temporaneamente le carenze di organico;
considerato che:
la previsione di cui all'articolo 3, comma 1 del decreto-legge in discussione, impedendo
l'assunzione di nuovi ispettori, pregiudica irrimediabilmente l'attività dell'ANSV, con le
conseguenze di cui ai precedenti considerata;
il blocco di cui all'articolo 9, comma 2-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 e successive
modifiche/integrazioni renderebbe impossibile, a fronte di nuove assunzioni fino a copertura
dell'organico, la corresponsione delle relative retribuzioni ai tecnici investigatori,
impegna il Governo:
a intervenire urgentemente, anche tramite i propri poteri di iniziativa legislativa, al fine di
avviare, in deroga a quanto previsto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 90 del 2014,
procedure concorsuali presso l'ANSV e a procedere alle relative assunzioni di funzionari tecnici
investigatori a tempo indeterminato sino a completamento della relativa dotazione organica;
a intervenire urgentemente, anche tramite i propri poteri di iniziativa legislativa, al fine di
superare i vincoli imposti al FUA (Fondo unico di amministrazione) dell'ANSV dall'articolo 9,
comma 2-bis, decreto-legge n. 78 del 2010 e successive modifiche/integrazioni, che bloccano
linearmente la crescita dei fondi unici di amministrazione.
9/2486-B/87. Catalano.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 1, dell'A.C. 2486-B prevede che «le amministrazioni dello Stato,
anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici ivi compresi
quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e
successive modificazione, possono procedere, per l'anno 2014, ad assunzioni di personale a
tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente
corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato
nell'anno precedente. La predetta facoltà ad assumere è fissata nella misura del 40 per cento
per l'anno 2015, del 60 per cento per l'anno 2016, dell'80 per cento per l'anno 2017, del 100
per cento a decorrere dall'anno 2018. Il criterio della spesa per il personale cessato nell'anno al
fine della quantificazione delle immissioni in ruolo nell'ambito del turn over si applica anche ai
Corpi di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco; al comparto della scuola e alle
università si applica la normativa di settore»;
l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV), istituita con decreto legislativo 25
130
febbraio 1999, n. 66, in attuazione della direttiva comunitaria 94/56/CE, si identifica con
l'autorità investigativa per la sicurezza dell'aviazione civile dello Stato italiano;
tale autorità pubblica, che si caratterizza per l'ampia autonomia e la terzietà rispetto al
sistema aviazione civile, a garanzia della obiettività del proprio operato, svolge funzioni critiche
per la sicurezza dell'aviazione civile e, in particolare, quella di svolgere, a fini di prevenzione, le
inchieste di sicurezza relative agli incidenti ed agli inconvenienti occorsi ad aeromobili
dell'aviazione civile, emanando, se necessario, le opportune raccomandazioni di sicurezza per
evitare che eventi dello stesso tipo si ripetano in futuro;
già nella propria relazione sull'esercizio finanziario ANSV 2010, la Corte dei conti,
constatato il comportamento virtuoso dell'Agenzia sia dal punto di vista operativo, sia da quello
finanziario, sia da quello della digitalizzazione, ha invece rilevato come la significativa riduzione
da parte dello Stato dello stanziamento ordinario di bilancio a favore dell'ANSV operi in
controtendenza rispetto ad un contesto di sempre maggiore sviluppo dei trasporti aerei, che
imporrebbe incisivi investimenti da parte degli Stati a salvaguardia della sicurezza del volo;
i continui tagli lineari alla dotazione finanziaria dell'ANSV, che pongono dei pesanti limiti
agli stanziamenti di previsione, paiono essere stati operati senza alcuna valutazione del loro
impatto sul funzionamento dell'Autorità;
risulta al proponente che, entro il prossimo mese di giugno l'ANSV, a fronte dei 12
investigatori previsti dalla dotazione organica, ne resteranno in servizio soltanto 4, in quanto
sono previste uscite per raggiungimento dei limiti di età, ma non sarà possibile all'ANSV
bandire alcun concorso per investigatori, né assumere gli eventuali vincitori, in ragione delle
attuali norme sul turn over;
con 4 investigatori (ovvero un terzo del relativo organico) diventerà praticamente
impossibile gestire la notevole mole di lavoro che grava sull'ANSV, estesamente evidenziata e
documentata nel «Rapporto informativo sull'attività svolta dall'ANSV e sulla sicurezza
dell'aviazione civile in Italia – Anno 2013»;
tale situazione avrà inevitabilmente ricadute negative sia sul piano della prevenzione
degli incidenti aerei (e quindi della tutela della pubblica incolumità), sia sul piano dell'immagine
dello Stato italiano in ambito internazionale e UE, peraltro proprio a ridosso dell'inizio del
periodo di presidenza italiana del Consiglio UE;
in particolare, tale situazione è suscettibile di determinare l'apertura, da parte della
Commissione europea, di una procedura di infrazione contro l'Italia per inosservanza
dell'articolo 4 del regolamento UE n. 996 del 2010, il quale prescrive che «l'autorità
investigativa per la sicurezza è dotata dal rispettivo Stato membro dei mezzi necessari per
adempiere alle sue responsabilità in completa indipendenza e deve poter ottenere a tal fine
sufficienti risorse»;
l'articolo 9, comma 2-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 e successive
modifiche/integrazioni blocca linearmente la crescita dei fondi unici di amministrazione (FUA)
anche in presenza di nuove assunzioni, stabilendo come «tetto» di riferimento quello
corrispondente all'ammontare del 2010;
dal FUA di cui sopra sono tratti i fondi necessari a corrispondere il 52 per cento circa
della retribuzione a carattere fisso e continuativo dei tecnici investigatori dell'ANSV, come
previsto dal contratto collettivo nazionale ENAC, che si applica anche al personale dell'ANSV in
virtù di quanto contemplato dall'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 66 del 1999;
in data 6 maggio 2014 la Commissione IX ha approvato all'unanimità il seguente
parere: «valuti la Commissione di merito l'opportunità di segnalare al Governo l'esigenza,
anche in considerazione dei maggiori compiti che potranno derivare dall'attuazione dell'accordo
in esame, di evitare ulteriori misure di riduzione delle risorse destinate al funzionamento
dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo»;
il Governo ha risposto all'interrogazione n. 4-05754, relativa alla problematica di cui in
premessa, ipotizzando la possibilità di impiegare personale militare per coprire
temporaneamente le carenze di organico;
considerato che:
la previsione di cui all'articolo 3, comma 1 del decreto-legge in discussione, impedendo
l'assunzione di nuovi ispettori, pregiudica irrimediabilmente l'attività dell'ANSV, con le
conseguenze di cui ai precedenti considerata;
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il blocco di cui all'articolo 9, comma 2-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 e successive
modifiche/integrazioni renderebbe impossibile, a fronte di nuove assunzioni fino a copertura
dell'organico, la corresponsione delle relative retribuzioni ai tecnici investigatori,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di:
intervenire urgentemente, anche tramite i propri poteri di iniziativa legislativa, al fine di
avviare, in deroga a quanto previsto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 90 del 2014,
procedure concorsuali presso l'ANSV e a procedere alle relative assunzioni di funzionari tecnici
investigatori a tempo indeterminato sino a completamento della relativa dotazione organica;
intervenire urgentemente, anche tramite i propri poteri di iniziativa legislativa, al fine di
superare i vincoli imposti al FUA (Fondo unico di amministrazione) dell'ANSV dall'articolo 9,
comma 2-bis, decreto-legge n. 78 del 2010 e successive modifiche/integrazioni, che bloccano
linearmente la crescita dei fondi unici di amministrazione.
9/2486-B/87. (Testo modificato nel corso della seduta). Catalano.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, comma 1-quater dell'A.C. 2486-A stabilisce che «per agevolare il transito
dell'erogazione dei servizi di volo dell'ambito militare alla società ENAV Spa negli aeroporti di
Roma-Ciampino, Verona-Villafranca, Brindisi-Casale, Rimini e Treviso, il personale militare, in
possesso delle abilitazioni di controllore del traffico militare ivi impiegato, può transitare, a
domanda, nei corrispondenti ruoli del personale civile dell'ENAV Spa, entro il limite del relativo
fabbisogno, secondo i criteri di mobilità geografica e di anzianità di servizio e senza limite di
età anagrafica. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica»;
con interrogazione n. 5-01660, premesso che «risulterebbe all'interrogante che la
gestione del personale in Enav avrebbe privilegiato l'assunzione dall'esterno di controllori del
traffico aereo nonostante il numeroso personale “esperto di assistenza al volo” già in servizio
da anni in azienda, stia aspettando da più di tre anni un corso di formazione interno; nel 2010
una selezione ad hoc ha individuato 60 giovani risorse interne da formare; il corso di
formazione delle sopracitate risorse è stato continuamente rinviato e nello stesso periodo si
sono registrate assunzioni dall'esterno, si è chiesto «quali iniziative intendano adottare i
Ministri interrogati al fine di garantire la reale riqualificazione del personale già operativo
presso Enav prima di procedere all'assunzione di nuove unità di personale»;
nella propria risposta unitaria alle interrogazioni n. 5-01660 e 5-01659, il Governo ha
riferito che «sulle iniziative per garantire la reale riqualificazione del personale già operativo
presso ENAV e (...) sulle modalità di assunzione dall'esterno di controllori del traffico aereo, la
medesima società ha fatto che il processo di reclutamento e selezione del personale è regolato
ormai da anni da due procedure operative ad hoc certificate (una per i controllori del traffico
aereo e l'altra per il restante personale), adottate in attuazione degli obblighi normativi posti
dall'articolo 18, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008 che detta i principi, anche di
derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità ed imparzialità in materia di reclutamento
del personale delle società pubbliche»,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni illustrate in premessa al fine di adottare
ulteriori iniziative normative volte a prevenire che l'ENAV Spa, per il soddisfacimento del
fabbisogno interno, si avvalga prioritariamente del reclutamento del personale attraverso la
pubblicazione di un bando di selezione e affinché, qualora siano già in essere, in data di
approvazione della presente legge, procedure di reclutamento interno, queste siano prioritarie
rispetto all'acquisizione di personale militare.
9/2486-B/88. Tacconi, Catalano.
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La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, comma 1-quater dell'A.C. 2486-A stabilisce che «per agevolare il transito
dell'erogazione dei servizi di volo dell'ambito militare alla società ENAV Spa negli aeroporti di
Roma-Ciampino, Verona-Villafranca, Brindisi-Casale, Rimini e Treviso, il personale militare, in
possesso delle abilitazioni di controllore del traffico militare ivi impiegato, può transitare, a
domanda, nei corrispondenti ruoli del personale civile dell'ENAV Spa, entro il limite del relativo
fabbisogno, secondo i criteri di mobilità geografica e di anzianità di servizio e senza limite di
età anagrafica. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica»;
con interrogazione n. 5-01660, premesso che «risulterebbe all'interrogante che la
gestione del personale in Enav avrebbe privilegiato l'assunzione dall'esterno di controllori del
traffico aereo nonostante il numeroso personale “esperto di assistenza al volo” già in servizio
da anni in azienda, stia aspettando da più di tre anni un corso di formazione interno; nel 2010
una selezione ad hoc ha individuato 60 giovani risorse interne da formare; il corso di
formazione delle sopracitate risorse è stato continuamente rinviato e nello stesso periodo si
sono registrate assunzioni dall'esterno, si è chiesto «quali iniziative intendano adottare i
Ministri interrogati al fine di garantire la reale riqualificazione del personale già operativo
presso Enav prima di procedere all'assunzione di nuove unità di personale»;
nella propria risposta unitaria alle interrogazioni n. 5-01660 e 5-01659, il Governo ha
riferito che «sulle iniziative per garantire la reale riqualificazione del personale già operativo
presso ENAV e (...) sulle modalità di assunzione dall'esterno di controllori del traffico aereo, la
medesima società ha fatto che il processo di reclutamento e selezione del personale è regolato
ormai da anni da due procedure operative ad hoc certificate (una per i controllori del traffico
aereo e l'altra per il restante personale), adottate in attuazione degli obblighi normativi posti
dall'articolo 18, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008 che detta i principi, anche di
derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità ed imparzialità in materia di reclutamento
del personale delle società pubbliche»,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni illustrate in premessa
al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevenire che l'ENAV Spa, per il
soddisfacimento del fabbisogno interno, si avvalga prioritariamente del reclutamento del
personale attraverso la pubblicazione di un bando di selezione e affinché, qualora siano già in
essere, in data di approvazione della presente legge, procedure di reclutamento interno,
queste siano prioritarie rispetto all'acquisizione di personale militare.
9/2486-B/88. (Testo modificato nel corso della seduta). Tacconi, Catalano.
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