TERRE D’ACQUA DELLA PROVINCIA AUREA
S.R.L.
RELAZIONE DI TRASFORMAZIONE AI SENSI DELL’ART. 2500
SEPTIES C.C.
Premessa.
Sino ad oggi la Società ha svolto principalmente le attività qui di seguito descritte:
la promozione dell’interesse pubblico generale nell’interesse e su incarico degli
enti locali soci ed in particolare l’avvio di una nuova vocazione turistica del
territorio trinese e vercellese, con la riaffermazione delle matrici che affondano le
loro radici nella storia dell’antica Vercelli e del Marchesato del Monferrato e nelle
tradizioni, anche religiose, che ne hanno vivificato lo sviluppo sociale, economico e
culturale; il coordinamento, la promozione e la realizzazione di manifestazioni
culturali, storiche, folcloristiche, di collante e di promozione del territorio trinese e
vercellese nei territori che si fronteggiano e si spartiscono diversi tratti comuni dove
corrono il Po, la Sesia e la Dora Baltea, come quelli alessandrini, novaresi,
lomellinesi e chivassesi, oltre che nell’ambito regionale, piuttosto che nazionale e
internazionale; la valorizzazione dell’insieme delle risorse locali, per favorire lo
sviluppo dell’area e della popolazione interessata in termini economici e sociali..
Il Socio Provincia di Vercelli ha intrapreso un iter amministrativo volto a meglio
determinare l’ambito di operatività della Società anche sulla base di altre esperienze
gestionali.
Il Consiglio di Amministrazione d’intesa con i Soci ha verificato l’opportunità di
adottare una veste giuridica maggiormente confacente alle finalità perseguite dalla
Società e dai suoi Soci.
All’esito di tale verifica, si è giunti alla convinzione che tali finalità debbono
ritenersi maggiormente compatibili con l’istituto giudico della Fondazione.
Verranno qui di seguito esposte le motivazioni della trasformazione (paragrafo I) ei
suoi effetti (paragrafo II).
I – Le motivazioni della Trasformazione.
Il futuro sviluppo del Progetto Terre d’Acqua mira a promuovere le tradizioni, le
attività, i prodotti tipici locali e il turismo enogastronomici del territorio delle Terre
d’Acqua e delle zone limitrofe, contribuendo altresì alla valorizzazione di tutte
quelle forme di interazione sociale che hanno un carattere di messinscena, nonché
tutte le manifestazioni rituali radicate sul territorio, al fine di una maggiore fruizione
da parte del pubblico regionale, nazionale ed internazionale.
A ciò si affianca e sovrappone lo scopo, anche ai sensi dell’art. 112, commi 5 e 8,
del d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e s.m.i., di elaborare e sviluppare piani strategici e
programmi di valorizzazione e promozione di beni culturali di pertinenza degli enti
Fondatori o dei soggetti Partecipanti nell’ambito territoriale delle Terre d’Acqua
della Provincia di Vercelli, identificabile con la parte non montana della Provincia
stessa, nonché, sussistendone i presupposti di legge, anche ai sensi dell’art. 115,
commi 3, 5, 6, 7 e 8, del d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e s.m.i., di gestire in forma
indiretta, tramite affidamento a terzi, le attività di valorizzazione dei beni culturali
medesimi.
Alla luce di ciò, il modello della società di capitali rappresenta uno strumento
idoneo allo svolgimento di un’attività di impresa, caratterizzata dallo scopo di lucro
e finalizzata alla produzione di utili attraverso l’investimento di capitale di rischio.
Tali caratteristiche si presentano poco congeniali alle nuove finalità e alla missione
del Progetto Terre d’Acqua, così come ideato e promosso dagli Enti Pubblici Soci
della società e qui sopra descritto. Si ritiene che lo strumento maggiormente
congeniale a tale progetto, come confermato anche dall’attuale prassi, sia quello
della fondazione di cui agli art. 14 e seguenti c.c. La fondazione infatti consente di
destinare stabilmente un patrimonio al perseguimento di uno specifico scopo,
perseguendo scopi di utilità sociale e non la realizzazione di utili d’impresa.
Si illustrano sinteticamente le caratteristiche essenziali del modello proposto,
distinguendo fra il modello della fondazione “classica” e della fondazione
“partecipativa”. La fondazione “classica” è un ente non associativo, caratterizzato
dall’essere un patrimonio che viene destinato ad uno specifico scopo e che, a tal
fine, acquisisce personalità giuridica mediante riconoscimento regionale o statale, a
seconda della rilevanza delle finalità perseguite. Proprio per la sua natura non
associativa la fondazione non ha – di norma – un organo assembleare, ma
esclusivamente un organo amministrativo (consiglio di amministrazione) e un
organo di controllo (collegio dei revisori). La nomina dei componenti degli organi
amministrativi e di controllo avviene sulla base delle specifiche regole previste
nello statuto. Le modalità sono libere: il fondatore o i fondatori possono riservarsi la
nomina della maggioranza o di tutti i componenti oppure possono attribuire i poteri
di nomina a soggetti terzi; o ancora si possono immaginare modalità miste (ad
esempio, un soggetto indica una rosa di nomi ed un altro soggetto sceglie all’interno
della rosa; etc.). Anche la durata degli amministratori può essere stabilita . Il
consiglio di amministrazione non risponde direttamente ai fondatori o ad altri
organi e manca un controllo assembleare (donde la sostanziale eterogeneità rispetto
al modulo organizzativo dell’in house providing). Pertanto il controllo circa la
gestione dello stesso e dell’effettiva sua destinazione al perseguimento
dell’interesse pubblico istituzionale è effettuato dall’autorità governativa
competente (art. 25 c.c. e per l’autorità competente D.P.R. 361 del 2000). L’autorità
governativa può: (i) annullare le deliberazioni contrarie a norme imperative,
all’ordine pubblico, al buon costume o a disposizione statutarie; (ii) provvedere alla
nomina, alla revoca ed alla sostituzione degli amministratori quando non possono
attuarsi le disposizioni dell’atto di fondazione; (iii) sciogliere l’amministrazione e
nominare un commissario liquidatore; (iv) autorizzare l’azione di responsabilità nei
confronti degli amministratori. I vantaggi del modello di fondazione classica sono:
a) la piena libertà nella determinazione dei criteri di nomina degli organi: la nomina
può essere attribuita ai fondatori e/o ad altri soggetti, ad esempio a soggetti che
contribuiscano agli scopi della fondazione mettendo fondi a disposizione della
stessa; b) la autonomia piena che godono gli organi amministrativi al fine di
perseguire lo scopo della fondazione (nei limiti dei controlli di legittimità sopra
ricordati). Il principale svantaggio consiste nella difficoltà di coinvolgere una
pluralità di soggetti nella vita e nella contribuzione alla fondazione: mancando un
organo assembleare, l’unico modo di dare peso ad un soggetto che vuole dare
contributi alla fondazione è quello di attribuirgli un qualche diritto di nomina
modificando lo statuto della fondazione (lo statuto deve prevedere una procedura di
modifica che presuppone comunque di ottenere l’assenso alla modifica da parte
dell’autorità amministrativa competente). Si è cercato nella prassi di combinare i
vantaggi delle fondazioni e delle associazioni, utilizzando il modello della
fondazione classica con l’aggiunta di alcuni profili propri della associazione, dando
così vita alla cosiddetta fondazione «partecipativa». Generalmente, si crea un
organo che assume talune funzioni di natura assembleare, nel quale i partecipanti
agiscono quali rappresentanti degli enti che ‘partecipano’ alla fondazione e non
quali persone fisiche/persone giuridiche designate a rivestire una carica di
amministrazione. Tuttavia il suddetto organo assembleare non può assumere ruoli e
poteri che snaturino la fondazione fino a trasformarla in associazione. Su tale punto
si veda la posizione espressa dal Consiglio di Stato: «Per quanto riguarda la seconda
parte del quesito, relativa alla possibilità di dare vita a fondazioni nelle quali
l’elemento personale si affianchi a quello patrimoniale, la Sezione osserva che il
problema va ricondotto alla fase costitutiva dell’Ente, ovvero alla fase in cui se ne
delinea la struttura. Posto che il modello può essere soltanto quello
dell’associazione o della fondazione, dovendosi ritenere che l’espressione “altre
persone giuridiche private” di cui all’art. 12 del Codice Civile e ora “altre istituzioni
di carattere privato” di cui all’art. 1 del D.P.R. n. 361 del 2000, sia riferita alla
possibilità di riconoscimento dei comitati di cui all’art. 41 ovvero ad opera di
normative extra codicistiche; nulla vieta, infatti, che la nascita e la costituzione
dell’Ente avvenga attraverso strumenti che valorizzano determinate partecipazioni
in relazione ai diversi tipi di apporto al patrimonio, così come nulla vieta che il
patrimonio iniziale sia costituito da più manifestazioni di volontà unilaterali
cospiranti e destinate a fondersi in vista di uno scopo unitario. In quest’ottica i
fondatori ben possono essere una pluralità di soggetti e l’atto costitutivo può
attribuire ad essi i poteri di amministrazione della fondazione in relazione al diverso
apporto, stabilendo anche regole per la loro rinnovazione. La formazione del
patrimonio e le modalità di costituzione degli organi di amministrazione della
fondazione restano infatti sostanzialmente indifferenti per l’ordinamento, che solo
per le associazioni impone talune regole di “democraticità”. Diversamente deve
essere posto, invece, il problema di apporti successivi alla fondazione, rispetto ai
quali deve affermarsi che non possono mai comportare una modifica dei soggetti
fondatori. A ciò ostano sia le disposizioni del Codice Civile che tutelano per quanto
possibile la volontà dei fondatori originari, sia la natura stessa della fondazione che,
una volta divenuta “patrimonio” riconosciuto, si distacca dall’elemento
personalistico che ne ha determinato la nascita e che, rispetto ad essa, diviene un
fatto storico immodificabile di cui è solo possibile una diversa modulazione
gestoria. I Fondatori ben possono peraltro prevedere che ingenti apporti
patrimoniali o di lavoro o di volontariato successivi alla nascita dell’Ente
attribuiscano a coloro che li forniscono taluni poteri, nell’ambito
dell’organizzazione dell’Ente, anche ai fini del rinnovo degli organi di
amministrazione. Si tratta, in sostanza, dello stesso meccanismo, ben conosciuto
dall’ordinamento, col quale in alcuni atti di fondazione è attribuito ad alcuni
rappresentanti dello Stato, di Enti Pubblici o della Chiesa, il potere di nominare gli
amministratori della fondazione. Tutto ciò non comporta commistione
dell’elemento associativo con la struttura della fondazione, ma rappresenta solo
un’esplicitazione della volontà dei fondatori che, in quanto tale, purché non alteri la
natura dell’Ente e lo scopo iscritto nelle tavole di fondazione, introducendo
impropri elementi personalistici, è pienamente tutelata dall’ordinamento. Pertanto
all’organo ‘assembleare’ di una fondazione, pur “partecipativa”: a) non possono
essere conferiti i poteri di revocare gli amministratori e di porre in liquidazione la
fondazione (si tratterebbe di poteri che certamente snaturerebbero la fondazione,
trasformandola in ente personalistico); b) possono certamente essere conferiti poteri
di nomina di componenti del consiglio di amministrazione, poteri di modifica dello
statuto (ferma la necessità dell’approvazione dell’autorità amministrativa
competente), poteri consultivi (anche in materia di rendiconti preventivi e
consuntivi) e poteri di indirizzo generali non vincolanti; c) è dubbio se possano
essere o meno conferiti poteri di indirizzo dell’attività della fondazione che siano
vincolanti per il consiglio di amministrazione e poteri di approvazione formale del
rendiconto preventivo o consuntivo. Tuttavia nella prassi vi sono esempi di
fondazioni in cui all’organo ‘assembleare’ sono stati attribuiti poteri di tal genere: si
può dunque considerare favorevolmente anche la creazione di un organo
‘assembleare’ forte (ferma la necessità di una attenta redazione delle clausole
statutarie).
Quindi, alla luce delle finalità da perseguire e dell’opportunità di coinvolgere nuovi
soggetti, appare maggiormente idoneo il ricorso ad una fondazione di tipo
partecipativo.
II – Gli effetti della Trasformazione
A seguito della trasformazione, l’ente adotterà lo statuto che si allega alla presente
relazione. Lo statuto prevede i seguenti organi della fondazione:
a) il Consiglio di Amministrazione;
b) il Presidente della Fondazione;
c) Revisore Unico dei Conti;
d) l’Assemblea dei Fondatori.
Gli attuali soci avranno la qualifica di Fondatori e parteciperanno quindi
all’Assemblea dei Fondatori. La Provincia di Vercelli e il Comune di Trino avranno
inoltre il diritto di nominare ciascuno uno dei tre membri del Consiglio di
Amministrazione. Il terzo membro, così come il Revisore Unico, sarà nominato
dall’Assemblea dei Fondatori. Con il consenso unanime dei Fondatori è possibile
ammettere nuovi soggetti alla qualifica di Fondatori.
Lo scopo della Fondazione è il seguente: 1- anche ai sensi dell’art. 112, commi 5 e
8, del d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e s.m.i., elaborare e sviluppare piani strategici e
programmi di valorizzazione e promozione di beni culturali di pertinenza degli enti
Fondatori o dei soggetti Partecipanti nell’ambito territoriale delle Terre d’Acqua
della Provincia di Vercelli, identificabile con la parte non montana della Provincia
stessa, nonché, sussistendone i presupposti di legge, anche ai sensi dell’art. 115,
commi 3, 5, 6, 7 e 8, del d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e s.m.i., gestire in forma
indiretta, tramite affidamento a terzi, le attività di valorizzazione dei beni culturali
medesimi;
2- formare, promuovere e diffondere, anche ai fini di valorizzazione turistica,
espressioni della cultura e dell’arte. In particolare, la Fondazione intende
promuovere e valorizzare il patrimonio di cultura ed arte, di natura e di storia delle
Terre d’Acqua della Provincia di Vercelli, identificabili con la parte non montana
della stessa.
La Fondazione si pone, inoltre, quale finalità la promozione delle tradizioni, delle
attività, dei prodotti tipici locali e del turismo enogastronomico, contribuendo altresì
alla valorizzazione di tutte quelle forme di interazione sociale che hanno un
carattere di messinscena, nonché tutte le manifestazioni rituali radicate sul territorio,
al fine di una maggiore fruizione da parte del pubblico regionale, nazionale ed
internazionale
Il principale effetto della trasformazione, oltre al summenzionato adeguamento
della struttura societaria alle reali esigenze operative, riguarderà il bilancio della
società e sarà l’impossibilità di utilità futura dei costi capitalizzati come
immobilizzazioni immateriali, stante la non prosecuzione dell’attività
imprenditoriale. Pertanto tali costi devono essere portati a sopravvenienze passive.
Per il CdA
Il Presidente