Verbale

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SEMINARIO DEHONIANO
Prospettive di una “Theologia Cordis” oggi
(Alfragide, Lisboa, 09-14 marzo 2008)
VERBALE
Dal 9 al 14 marzo 2008 si é tenuto nel Seminário Nossa Senhora de Fátima,
Alfragide (Lisboa, Portugal) un seminario dal titolo “Prospettive di una Theologia
Cordis oggi”, promosso dal Governo Generale della Congregazione dei Sacerdoti del
Sacro Cuore e preparato dal rispettivo Comitato Teologico.
Vi hanno partecipato 53, tra conferenzisti e membri della Congregazione, oltre
qualche presenza saltuaria e libera da parte di appartenenti alla Famiglia Dehoniana del
Portogallo. I partecipanti officiali sono stati:
Nome
P. José Ornelas Carvalho
P. Andreas Madya Srijanto
P.Gonzalo Arnáiz Álvarez
P. André Perroux
P. Joseph Famerée
P. Marcial Maçaneiro
P. Stefan Tertünte
P. Leonardo Javier Zampa
P. João Carlos Almeida
P. João Veloso Arantes
P. Owen Wynne
P. Adalto Luiz Chitolina
P. Mário Tito Angioletti
P. Miguel Batista de Morais
P. Elie Muzungu Kasomgo Ngoy
P. Olavo Henrich Lau
P. Olav Hamelijnck
P. Evaristo Martínez de Alegría,
P. Fernando Rodríguez Garrapucho
P. Juan José Arnáiz Ecker
P. Ramón Rodríguez Fraile
Angel Alindado Hernández
Pablo Miñambrez Barbero
P. Francesco Mazzotta
P. Fransiskus Assisi Purwanto
P. Yohanes Yuliwan Maslin
P. Rinaldo Paganelli
P. Luca Zottoli
P. Marcello Neri
P. Marco Borri
P. Maurizio Rossi
Entità
CU
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VEN
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BC
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AR
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BH
BM
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BS
CAN
GE
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HI
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IM
IN
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IS
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Osservazioni
Superiore Generale
Consigliere Generale
Comitato Teologico SCJ
Comitato Teologico SCJ
Comitato Teologico SCJ
Comitato Teologico SCJ
Comitato Teologico SCJ
Postulatore Generale
Sito Web della Congregazione
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P. Roberto Mela
P. Stefano Zamboni
P. Manuel Joaquim Gomes Barbosa
P. Adérito Gomes Barbosa
P. Fernando Rodrigues Fonseca
P. José Agostinho de Figueiredo Sousa
Paulo Jorge Moreira Coelho
P. Rafael Gonçalves da Costa
P. João de Chaves Bairos
P. Ricardo Jorge Ribeiro Freire de Oliveira
P. Mathieu Yvon
P. Delio Ruiz
P. Eugeniusz Ziemann
P. Gabriel Pisarek
P. Leszek Poleszak
P. Charles Thomas Brown
P. Jan De Jong
P. Paul McGuire
P. Antonio Teixeira
P. Carlos Luís Suárez Codorniú
P. Elmar Salmann, OSB
Dott. Natalino Valentini
Kathleen Eslander
Silvia Guglielmi
Valeria Guglielmi
IS
IS
LU
LU
LU
LU
LU
LU
LU
LU
MAD
PHI
PO
PO
PO
US
US
US
VEN
VEN
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Superiore Provinciale LU
Comitato organizzativo locale
Comitato organizzativo locale
Comitato organizzativo locale
Direttore del Centro Studi
Segretario del seminario
Segretario del seminario
Conferenziere
Conferenziere
Traduzione simultanea
Traduzione simultanea
Traduzione simultanea
La traduzione simultanea si è svolta in lingua italiana e inglese, le lingue
ufficiali del seminario. Oltre a queste fu ammesso anche il francese e il portoghese
come lingue da utilizzare, che venivano poi tradotte nelle lingue ufficiali.
Il seminario si è svolto secondo il programma allegato (Allegato 01).
La sera del 9 marzo, intorno alle 20.00, i partecipanti al seminario si sono
radunati per un primo breve incontro di benvenuto e presentazione.
LUNEDÌ, 10 MARZO 2008
Alle ore 8.00 di lunedì, 10 marzo, si è celebrata, nella cappella del Seminario
Nostra Signora di Fatima, dove si svolgeva il seminario, l’ora di Lodi, presieduta in
lingua francese dal Padre Joseph Famerée.
Per la Liturgia delle Ore e per i canti della Messa, è stato preparato dalla
Provincia LU un opuscolo, basato su un simile strumento in uso nei raduni
internazionali della Curia Generale, debitamente adattato all’occasione (Allegato 02).
La parte liturgica e musicale é stata curata da Padre Fernando Rodrigues
Fonseca, Maestro di Novizi della Provincia LU e membro del comitato organizzativo
locale.
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Alle 9.00 si è avuta la Sessione di apertura, occupando la tavola della
presidenza il Superiore Generale, con ai lati il Padre Manuel Joaquim Gomes Barbosa,
Superiore della Provincia LU, il Padre Gonzalo Arnáiz Álvarez, Presidente del
Comitato Teologico della Congregazione, e il Padre Joseph Famerée, primo
conferenziere del seminario. Nell’assemblea, in questa prima seduta, sedeva il
dehoniano Mons. Manuel Neto Quintas, Vescovo di Faro, che avrebbe presieduto la
Concelebrazione Eucaristica del seminario.
Il Padre Gonzalo Arnáiz cominciava con il dare alcuni avvisi di carattere pratico
– uso delle chiavi di casa e dell’apparecchiatura di traduzione simultanea, eventuali
diete, illustrazione dell’orario e del programma –, nonché di carattere amministrativo –
presenza giornaliera dell’Economo della Provincia LU, il Padre José Camilo Dias das
Neves, per assicurare servizi di ordine finanziario. Poi, egli teneva la sua allocuzione di
apertura, in cui descriveva l’attività svolta dal Comitato che presiede, situandovi
l’iniziativa del presente seminario, suoi obiettivi e scelte fatte (Allegato 03).
Seguiva nell’uso della parola il Superiore Provinciale del Portogallo, Padre
Manuel Joaquim Gomes Barbosa, per dare in tale veste il benvenuto ai partecipanti,
rilevare alcune presenze significative, aggiungere qualche informazione utile e scusarsi
di comprensibili limitazioni (Allegato 04).
Il Superiore Generale teneva allora il suo discorso di apertura, incentrato
anch’esso sul seminario: significato del luogo di realizzazione, sua collocazione nella
scia di una tradizione di studio e di rinnovamento della Congregazione e nel contesto
attuale della medesima e della Chiesa. Egli concludeva con un richiamo ad alcune
considerazioni di carattere generico sulla spiritualità del Cuore di Gesù, per lo
svolgimento del seminario e sua auspicabile continuazione (Allegato 05).
Conclusi i saluti e indirizzi di apertura, era ancora il Padre Gonzalo Arnáiz a
presentare il primo conferenziere, Padre Joseph Famerée, della Provincia dell’Europa
Francofona, di cui offriva alcuni dati biografici più significativi (Allegato 06), per
presentare inseguito la conferenza del medesimo, dal titolo La necessità di ripensare la
teologia del Sacro Cuore: Deviazioni e impasse, il cui contenuto si riassumeva nel
“costruire un punto di partenza comune” (Allegato 07).
Seguiva, dopo l’intervallo di orario, la seconda conferenza, quella del Padre
Benedettino, Elmar Salmann, presentato da Padre Gonzalo Arnáiz (Allegato 08). La
conferenza aveva come titolo L’esistenza patica e pratica: il cuore tra anima e spirito.
In essa, l’oratore metteva in risalto l’integralità della persona umana, il sentire e sapere
la corporeità. Per facilitare l’accompagnamento della sua esposizione, distribuiva tre
fogli manoscritti, con schemi e grafici (Allegato 09) che successivamente commentava.
Dalla registrazione della conferenza si è riusciti a trascrivere parte del suo contenuto che
si passa agli Atti (Allegato 10).
La Concelebrazione Eucaristica è stata presieduta da Mons. Manuel Neto
Quintas SCJ, Vescovo di Faro, che quello stesso pomeriggio ritornava in diocesi.
Nel pomeriggio, tra le 15.30 e le 16.30 c’è stata un’assemblea per raccogliere
reazioni alle due conferenze del mattino, fare domande ai rispettivi oratori ed
interscambiare con loro idee e precisazioni.
Da questo interscambio si rilevano le seguenti risonanze, domande e risposte:
a) Relativamente alla conferenza di Padre Famerée, c’è stato chi, pur
condividendo la necessità di rivedere la spiritualità del Cuore di Gesù, mettesse in
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risalto il valore del passato, la necessità cioè di non avere eccessivo timore delle
devianze del passato e di non limitarsi al ruolo della ragione. Si corre, infatti, il rischio
di rimanere nel teorico, dimenticando gli aneliti concreti del popolo. E riguardo ai
riferimenti di Padre Salmann a diverse Famiglie religiose, qualcuno ha sentito la
mancanza di uno alle Carmelitane, in modo particolare a Santa Teresa di Lisieux
(Noémia). Ancora in riferimento all’esposizione di Padre Famerée, gli si domandava
come prospettivare oggi sul tema del Regno del Cuore di Gesù, talmente vasto e
utilizzato e che suscita delle riserve, un linguaggio che, non togliendone nulla alla
sostanza, tenesse conto della sensibilità e cultura odierne (Padre Rafael). Un altro
intervento, fatto con preoccupazione pastorale e rivolto ai due conferenzieri, domandava
fino a che punto le loro esposizioni, fatte con rigore intellettuale, potessero essere
portate e tradotte nel mondo di oggi. Si è cambiato molto nel campo del Sacro Cuore,
ma anche molto è rimasto, come lo provano gli interventi magisteriali degli ultimi Papi
(Padre Alegría). Ancora in relazione alla prima conferenza, sono state indicate molte
piste, e su diversi piani, per aggiornare una teologia del cuore; ad alcuni piani però non
è stato dato il dovuto rilievo, come a quello ecclesiologico: Padre Dehon parte da Santa
Margherita Maria, ma ci fa avvicinare a Santa Teresa di Lisieux, per essere il “cuore
nella Chiesa”. Inoltre, meriterebbe essere considerato il forte legame della spiritualità
del Sacro Cuore con l’Eucaristia: nel secolo XX, gli Ortodossi hanno creato
l’ecclesiologia eucaristica, concependo l’Eucaristia come l’epifania della Chiesa. Ciò
potrebbe aiutare noi, Dehoniani, ad attualizzare la nostra apertura al Cuore-Eucaristia
(Padre Garrapucho).
Il Padre Famerée giustificava la parzialità della sua esposizione: si era limitato
ad introdurre la “questione” del seminario, indicando alcune piste globali.
Propositatamente, egli si era ristretto all’ambito della Congregazione, non allargandosi
ad altri aspetti; era rimasto nella prospettiva teologia, incentrandosi sulla teologia più
che sulla spiritualità del Cuore di Gesù; si era limitato alla considerazione del cuore, a
una re-interpretazione della teologia del cuore. Potrebbe essere andato più oltre, nelle
dimensioni suggerite da alcuni interventi, ma si era limitato a quella cristologica, pur
consapevole che in altre dimensioni esiste una ricchezza che merita di essere
considerata. Per ciò che riguarda un aggiornamento del linguaggio che rispetti la
sostanza del passato, egli riteneva di doversi andare più lontano nella rilettura e
interpretazione del passato, nella linea di una fedeltà dinamica, come d’altronde avviene
con i dogmi in genere. Occorre avere un’attenzione profonda al passato per riesprimerlo
nel linguaggio, nella cultura e contesto odierni. Si dovrà – concludeva egli – riesprimere
il passato senza perderlo.
Anche il Padre Salmann giustificava le limitazioni della sua esposizione: si era
limitato a ciò che gli è stato chiesto, non potendo dire tutto. Perché i Papi recenti hanno
ripreso certi temi? Perché si nutrono di una teologia con luoghi teologici palpabili. Nella
teologia posteriore a San Tommaso, si è dimenticato un tale approccio, che occorrerà
riprendere. Nel Cuore di Gesù si è avuto un tale approccio, ma si è accentuato in modo
eccessivo l’aspetto della sofferenza e morte e vi si è rimasti. Occorre allargare il mondo
del Sacro Cuore ad altri aspetti, come quello ispirato nel trittico cuore-occhi-mani.
Esiste ora una dogmatica che parte dalla poesia, pittura, musica; una teologia che si
riveste di carne culturale. Si deve ascoltare – concludeva Padre Salmann – la lingua
madre e nutrirsi di essa per rileggere e riesprimere i messaggi della fede; per il cuore, la
lingua madre è una miniera. Il verbo si incarna nel linguaggio.
b) Un’altra risonanza alla conferenza di Padre Salmann sottolineava il rilievo
dato alla “discordia” per equilibrare la tentazione di sublimare ogni cosa: la cordialità e
la “concordia” del sint unum, dimenticando la discordia. L’avere inserito la tematica
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della discordia nella cordialità, l’alterità e la diversità nell’unità, è stato interessante. La
theologia cordis che si vuole promuovere ha come contesto un mondo non concorde. E’
importante vedere nella theologia cordis la conflittualità, per meglio vedere il mistero di
Dio e capire la vulnerabilità di questo linguaggio e la nostra vulnerabilità. In tale senso,
la stessa riparazione si potrebbe assumere come un aspetto della spiritualitas cordis,
come superamento della discordia cordis (Superiore Generale).
A tale rilievo rispondeva Padre Salmann, invitando a non soffermarsi alle
immagini belle e dolci del cuore. Anche le belle anime sono piene di idiosincrasie;
anche il cuore ha le sue divisioni. Senza questa vulnerabilità, non saremo veri uomini
ma super-uomini. La gente – continuava Padre Salmann – va all’Opera per guardare ed
imbeversi del dramma umano ivi rappresentato. Avendo col nostro intellettualismo
liturgico perso un tale aspetto, la gente lo cerca altrove. Sulla riparazione, egli riteneva
di aversi insistito troppo sulla funzione vicaria, sostituendosi agli altri, mentre si
dovrebbe riparare nella linea di Gesù, che si abbassa, annichilisce, va agli Inferi per
salvare; più che riparare le offese del mondo, la riparazione autentica si da da fare per
salvare l’altro.
c) Altra risonanza metteva in luce la pertinenza della scelta di theologia cordis
invece di Teologia del Sacro Cuore. Nella linea di Padre Dehon, la contemplazione del
Cuore di Gesù si estende al mondo della grazia; essa porta ai frutti dello Spirito Santo,
alla carità e ascesi spirituale, alla divinizzazione dell’uomo in Cristo. La thelogia cordis
dovrebbe rivalutare un’antropologia vissuta, portando alla testimonianza di una vita
trasfigurata da tale contemplazione: così la teologia del Cuore di Gesù, portando alla
dimensione della grazia, si farebbe theologia cordis (Padre Perroux).
d) C’è stato anche chi invitasse a riscattare il fenomeno del sentimento, che è
sparito dal linguaggio teologico, mentre è importante nella sfera del psicologico. Perché
non ricuperare il pathos nella cristologia? La tradizione del Cuore di Gesù potrebbe
aiutare in tale senso. Un altro aspetto poco considerato nella teologia sarebbe la
consolazione, che è estremamente attuale nel mondo di oggi, così bisognoso di
consolazione. Il nostro mondo sembra un Getsemani ampliato. Il Gesù da consolare si
trova nei fratelli che soffrono (Padre António Teixeira). E c’è stato chi invitasse il Padre
Salmann a riprendere e sviluppare il tema spirito-anima-corpo (Pablo Miñambrez).
Padre Famerée, in risposta all’indicazione di altre dimensioni o piani che
potevano essere considerati, ripeteva le restrizioni di contenuto e di tempo a cui aveva
dovuto attenersi, pur riconoscendo la necessità di svilupparli. Sul riscatto
dell’affettività, anch’egli riconosce il fatto che il pensiero moderno l’ha allontanata, per
favorire la razionalità piena, e che c’è stato un divorzio tra razionalità e sentimento. A
suo avviso, la teologia attuale dovrà riarticolare le due dimensioni, essere più olistica,
andando verso la totalità umana; dovrà ricuperare l’affettività di Gesù e dell’uomo. Se
Gesù è veramente umano, l’affettività ha spazio in lui. Circa la consolazione, avrà anche
che ripensarla nel senso di compassione, come partecipazione alla compassione che
Gesù ha del mondo. Egli tuttavia è critico sulla compassione per Gesù, che considera
uno squilibrio, perché è un centrarsi su un momento della vita di Gesù, dimenticando
altre dimensioni, come la risurrezione.
Padre Salmann, condividendo pure lui, la necessità di ricuperare altre dimensioni
e sviluppare altri aspetti, come suggerito nelle risonanze fatte, si concentrava sul tema
del dissidio, quale elemento a non trascurare. Egli riteneva che, nel post-Concilio, si è
favorito un linguaggio su unità, matrimonio..., che considera non realistico, come se
esistessero davvero. Invece, il dissidio esiste, e il pianto è tanto reale come il riso. Cosa
sarebbe l’umanità senza il sorriso e l’umorismo, ma anche senza il pianto?! Per quello
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che riguarda la consolazione, egli la considerava una bella parola, a controbilanciare
però con conforto. La consolazione, ben intesa, è d’altronde il termine fondamentale
degli esercizi ignaziani, dove la dinamica della volontà di Dio si trova con quella
dell’esercitante. Anche a Padre Salmann piace il riferimento alla solitudine di Gesù che
chiede conforto, alla sua solitudine tra i discepoli. Anche il Cuore di Gesù è un cuore
solitario in riferimento a Dio e agli uomini. Non essere capito, essere un misconosciuto
come Gesù, e non vendicarsi di ciò, è un capolavoro della grazia e un forte
insegnamento per noi, che reagiamo con il risentimento.
Verso le ore 17.00, il Padre Gonzalo Arnáiz presentava il terzo oratore della
giornata, il Dottore Natalino Valentini (Allegato 11), che ha svolto il tema La nascosta
bellezza del cuore – dalla Filokalia al penseiro russo (Allegato 12). Con tale tema, il
seminario si apriva al ricco orizzonte della sensibilità e tradizione orientali, che trovano
eco nel mondo ortodosso.
All’esposizione seguiva uno scambio di idee, emergendovi i seguenti rilievi:
Il pensiero russo medita molto sul cuore, potendo dare in tale campo un grande
contributo al pensiero occidentale. Da notare tuttavia che l’esposizione fatta dal Prof.
Natalino non abbia messo in luce il dato cristologico (Padre Famerée).
Il pensiero ortodosso è un campo da esplorare, un tesoro da scoprire. In esso, il
cuore è concepito come dimora della sapienza di Dio in noi: un approccio che contiene
un aspetto interessante da sviluppare nella nostra pneumatologia e che costituisce un
aspetto a noi molto familiare (Padre Marcial).
A questi due rilievi rispondeva il Prof. Natalino osservando che, per quanto
riguarda la lacuna cristologica, egli ammetteva di non aver dato grande rilevanza al
legame cuore-Cristo. Ciò era dovuto al fatto di essersi limitato ad alcuni filosofi,
rimanendo allo specifico tema che gli era stato proposto. Tale legame tuttavia è molto
presente nell’esperienza viva della gente. Nella preghiera del cuore, il cuore è
intimamente collegato a Cristo. L’insistente ripetizione del nome di Gesù è significativo
in tale senso, e nella mentalità orientale il nominare il nome di Gesù è renderlo presente
nel cuore anzitutto. E’ nella preghiera, nell’esperienza religiosa vissuta, che si fa il
legame del cuore a Gesù. Ci sono, nel mondo orientale, opere di spiritualità che mettono
in evidenza tale legame, nell’enfasi data all’intenerimento verso il Cristo umiliato e
sofferente. Ci sono anche liturgie e icone che pongono il cuore al centro. Nella Chiesa
orientale esiste una prassi spirituale ecclesiale che tende a coltivare l’esperienza
spirituale del cuore in rapporto a Cristo.
Per quello che riguarda la concezione del cuore come dimora della sapienza di
Dio in noi, si tratta di un tema sviluppato da autori, che l’oratore citava. Indubbiamente
– concludeva il Prof. Natalino – l’aspetto antropologico ha avuto nel mondo ortodosso
sviluppi cristologici e pneumatologici.
MARTEDÌ, 11 MARZO 2008
Le Lodi del secondo giorno del seminario, sono state presiedute, in lingua
spagnola, da Padre Fernando Rodríguez Garrapucho.
Ha presieduto i lavori di assemblea il Padre Marcial Maçaneiro, che li ha aperti
con una preghiera allo Spirito Santo e una citazione del poema Autobiografia del poeta
portoghese Fernando Pessoa sul giro del cuore:
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O poeta é um fingidor.
Finge tão completamente
que chega a fingir que é dor
a dor que deveras sente
E os que lêem o que escreve
na dor lida sentem bem
não as dores que ele teve
mas só as que eles não têm.
E assim nas calhas de roda,
gira, a entreter a razão,
esse comboio de corda
que se chama coração.
Situando la conferenza successiva nel cammino che il Comitato Teologico della
Congregazione intende fare e di cui il presente seminario rappresenta un tentativo di
raccogliere dati, tra cui i biblico, in ordine a future iniziative, Padre Marcial presentava
il conferenziere, Padre Carlos Luís Suárez Codorniú, offrendo di lui alcuni dati
biografici (Allegato 13).
La conferenza di Padre Carlos Suárez aveva come titolo Il fondamento biblico
per una theologia cordis. In essa, l’oratore illustrava l’apporto della categoria cuore alla
visione biblica dell’uomo e di Dio (allegato 14).
Alla conferenza seguiva un breve scambio di vedute, domande e precisazioni sul
tema esposto.
Un primo intervento rilevava il metodo di lettura canonica della Scrittura
adottato dell’oratore e l’accostamento da lui fatto nella linea della sapienza. Si tratta,
infatti, di un aspetto sapienziale molto importante per il tema del cuore nella Bibbia, un
mondo che merita di essere approfondito. Nella conferenza si trova una buona guida da
seguire dal punto di vista dell’antropologia – educare il cuore – e anche della
cristologia, ma bisognerebbe trattare e approfondire anche l’aspetto cristologicosoterologico ed ecclesiologico-pneumatologico e, di conseguenza, quello sacramentale
(Delio Ruiz).
Un altro intervento, nella linea del precedente, invitava a completare l’idea
dell’educazione del cuore e il ricorso alla Genesi e ai Libri Sapienziali con altri aspetti e
altri Libri. Merita di essere sottolineato anche il fatto che il cuore umano, per cambiare,
non ha bisogno soltanto di essere educato, ma anche di essere circonciso da Dio, nella
linea dei profeti Geremia ed Ezechiele, i quali aggiungono il concetto di trapianto:
seguire Gesù, lasciando che Egli operi in noi un trapianto di cuore, pneumatizzandolo
con i doni dello Spirito, che ci rende figli nel Figlio e creatura nuova (Roberto Mela).
Sempre nella stessa linea, pur apprezzando l’apporto dell’oratore sull’aspetto
pedagogico, si lamentava di essere stato trascurato quello teologico. Erano, infatti,
mancati gli approfondimenti pneumatologico ed ecclesiologico. Invece, era molto
apprezzata la rilevanza data al cuore come luogo dove maturare il dialogo che offre
spazio alla libertà, contro le logiche del fondamentalismo. La theologia cordis può
offrire un equilibrio contro le forme di fondamentalismo presenti in alcuni odierni
movimenti ecclesiali. In tale senso, gli SCJ e degli studiosi del Sacro Cuore possono
dare un grande contributo (Francesco Mazzotta).
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Un altro intervento sottolineava come il tema del cuore ferito – cuore che si apre
alla relazione e non muore nella sua solitudine – sia salutare per fare fronte all’odierna
cultura del soggettivismo e dell’egocentrismo. L’immagine del cuore che si lascia ferire
e toccare dalla sofferenza altrui e che si apre al dialogo e al rapporto, é molto
pedagogica (Marcial Maçaneiro).
Infine, è stata molto apprezzata l’accentuazione data dall’oratore agli
atteggiamenti del cuore nell’educarsi. Il tema è importante per ripartire e ripresentare
alla Chiesa, con un ritorno alla Bibbia, il contributo che può dare la theologia cordis.
L’oratore si è limitato ad alcuni libri, ma il tema del cuore é onnipresente nella Bibbia.
Ritornare alle radici bibliche è fondamentale. Rivelazioni e anime mistiche hanno dato
il loro contributo, ma è necessario che si radichino nella Bibbia. Essendo la Parola di
Dio la fonte, il ritornarvi è obbligatorio; è cammino ricchissimo e necessario nel volere
riformulare il tema e la proposta del Sacro Cuore (Superiore Generale).
Padre Carlos Suárez, condividendo le osservazioni fatte, faceva sua la
precisazione degli oratori precedenti: anche lui si era dovuto limitare al tema e al tempo.
Tali limiti non gli avevano permesso di estendersi ad altri aspetti e Libri biblici, pure
rilevanti per la tematica del seminario. Ammettendo di essere stato parziale, egli
ribadiva l’importanza di ritornare ai primi capitoli della Genesi, dove ci incontriamo con
il cuore. Occorre, tra l’altro, assumere l’atteggiamento del cuore di Dio, che si distanzia
per dare spazio, vita e novità; come l’artista che si distanzia dalla sua opera per avere
delle prospettive. Circa il Cuore ferito, Padre Carlos Suárez osservava come esso si
collochi tra la lavanda dei piedi – servizio – e la risurrezione – la pace. Si tratta quindi
di un Cuore che ha un punto di partenza e un punto di arrivo. Occorre non soffermarsi al
Cuore ferito, ma aprire gli orizzonti di quel Cuore.
Dopo l’intervallo, alle 11.00 è stata la volta di Padre André Perroux fare il suo
intervento nel seminario. Padre Marcial presentava i dati biografici del confratello
oratore (Allegato 15) e poi la conferenza, che aveva per titolo Tradizione e attualità
della mistica medievale (Allegato 16). Nel quadro di una riflessione intorno alla
teologia del cuore, dove diversi aspetti – l’antropologico, il biblico e lo storico – hanno
avuto il loro spazio, meritava di essere evocata la figura di Santa Gertrude, come buona
testimonianza di una mistica che, nella tradizione monastica del Medioevo, dà grande
risalto ai valori del cuore. E’ toccato a Padre Perroux fare tale evocazione nella seconda
e ultima conferenza del mattino.
La Concelebrazione Eucaristica è stata presidetuta da Padre Manuel Joaquim
Gomes Barbosa, Superiore Provinciale della Provincia Portoghese.
Nel pomeriggio, tra le ore 15.30 e le 17.00, c’è stato lavoro di gruppo. Si sono
costituiti sei gruppi (Allegato 17), che in questo primo incontro di riflessione sono stati
chiamati ad indicare “gli elementi più rilevanti per un’ulteriore riflessione sulla
theologia cordis nell’attualità”. L’obiettivo di questo lavoro di gruppo sarebbe doppio:
il primo, rilevato da Padre Marcial, sarebbe quello di cogliere negli orizzonti dello
status quo, presentato da Padre Famerée, in quello antropologico-psicologico, trattato da
Padre Salmann e in quello delle tre tradizioni – biblica, Filokalia, mistica medievale –,
gli elementi più rilevanti o promettenti in vista di un’ulteriore riflessione; il secondo,
rilevato da Padre Tertünte, sarebbe quello di raccogliere reazioni positive e negative e
mettere in comune, nel dialogo, le esperienze acquisite dai partecipanti al seminario,
offrendovi il contributo di cui sono capaci.
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Ritornati in plenario alle ore 17.30, i relatori dei diversi gruppi hanno riportato le
risposte alla domanda fatta (Allegato 18).
Alle ore 18.00 di è avuto il primo tavolo-rotondo del seminario, che dovrebbe
servire a un’interrelazione tra le conferenze del Dott. Natalino e le due del mattino,
quelle dei Padri Carlos Suárez e André Perroux. Nel tavolo della presidenza sedevano,
infatti, con il moderatore questi due, essendo il Prof. Natalino rientrato in Italia quello
stesso mattino per motivo di urgenti impegni. L’interscambio che ne seguì, invece di
incentrasi sulle conferenze, si è incentrato sulle risposte dei gruppi.
Padre Perroux cominciava con rilevare la diversità culturale locale emersa nel
lavoro dei gruppi, ciò che obbliga il seminario e la Congregazione ad aprire gli
orizzonti. Manca inventariare ciò che si pone nella parola cuore. Si è voluto dare
all’incontro la forma di seminario, e non di congresso, appunto per raccogliere elementi,
per rendersi sensibili ai diversi aspetti, senza pretendere arrivare a delle conclusioni.
Inoltre, si è voluto propositatamente fissarsi sul cuore in genere, più che sul Cuore di
Cristo, e si è fatta una scelta del terreno da esplorare, senza pretese di esaurimento. Si è
cominciato con uno sguardo sull’attualità, invece di cominciare dalla Bibbia, ed anche
questo è stata una scelta consapevole. Ci sono naturalmente punti da sviluppare, ma la
Parola di Dio rimane la base necessaria per la nostra spiritualità, dovendo essere
intensificata, non per escludere altre ispirazioni né per creare competitività. Padre
Dehon, infatti, si è servito innanzi tutto e soprattutto della fonte della Sacra Scrittura. Ci
attende un enorme lavoro in tale senso, che richiede sforzo, tempo ed investigatori seri.
Anche la Patristica sarebbe, per Padre Perroux, un campo da sviluppare. Il contributo
del Prof. Natalino è stato prezioso, ma la Filokalia è appena un aspetto. Il mondo
patristico è immenso e i Padri della Chiesa dicono molto sul tema del cuore, in modo
particolare Santo Irineo, Origene e Santo Agostino.
Padre Marcial riprendeva il tema delle limitazioni operative e scelte precise
nell’organizzare il presente seminario. Si era ritenuto che la teologia del cuore poteva
essere un grande orizzonte, a modo di mosaico, da dove iniziare una costruzione rivolta
al futuro. In questo orizzonte ampio, i gruppi hanno dato linee preziose, tra cui la
centralità della Parola di Dio e la ricerca di un cammino sistematico. Gli elementi
emersi aiutano a trovare convergenze. Altri aspetti saranno sviluppati nelle conferenze
successive per arricchire il quadro che si pretende fare.
Rifacendosi all’immagine del mammut con cui ha aperto la sua conferenza,
Padre Carlos Suárez osservava che il cuore per noi non è un fossile: è la continuazione
di una tradizione e, se lo si è fatto oggetto del seminario, è perché è vivo. Anche lui
insisteva sull’importanza di un ritorno alla Bibbia, per non dimenticare aspetti
importanti e per mantenere le pratiche spirituali nella loro dimensione. Riaffermando il
valore degli aspetti focalizzati nella sua conferenza, da completare con altri suggeriti dai
diversi interventi, Padre Carlos Suárez abbozzava una risposta all’obiezione di come
può un organo, come il cuore, fondare una teologia: il cuore non viene svincolato dalla
persona di Cristo; è sempre la vita di Cristo e i suoi misteri che si vuol e deve coltivare;
occorre mantenere sempre l’unità tra simbolo e persona, senza mai perdere il
paradigma, che è il cuore di Dio.
Da parte dell’assemblea si sono fatte alcune precisazioni e domande su quanto
finora emerso nelle conferenze e nelle risposte del gruppo.
Può un organo, come il cuore, fondare una teologia? Padre Famerée, pur
ammettendo la pertinenza del dubbio, si diceva convinto che il simbolo del cuore possa
costituire l’oggetto di una teologia; esso è infatti oggetto di una rivelazione biblica. Per i
cristiani, il criterio centrale è l’accostamento cristologico, la persona di Cristo, ed è lì
dove si deve andare per fare una teologia sul cuore. Alla domanda se un’antropologia
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filosofica possa servire di base a una teologia del cuore, Padre Famerée riteneva che
un’alleanza delle due potesse essere servire: è importante dimostrare
antropologicamente la pertinenza del cuore, se si vuole che la teologia del cuore sia
recepita dalla cultura attuale.
Un altro intervento metteva in luce l’importanza di avere mostrato il cuore come
centro di molti sentimenti, e non soltanto di dolcezza. La Bibbia, infatti, mostra un
cuore – quello di Dio e quello dell’uomo – capace di manifestare anche collera ed altro.
Il simbolo del cuore nelle Scritture è concreto e non idealizzato, occorrendo tenerne
conto per non correre il rischio di restare ad un cuore addolcito (Padre De Jong).
Il cuore è un tema abusato e talvolta ambiguo nel nostro culto di Dehoniani. E’
un simbolo comprensibile, ma da purificare. Se viene oggettivato, slegato dalla persona
di Cristo, non si è sulla giusta strada; e nella Congregazione si vedono ancora residui di
una tale svincolamento, con iconografie lontane da un corretto culto al Cuore di Gesù. Il
valorizzare le nostre tradizioni non significa trapiantarle nell’oggi, riproducendo il
passato sic simpliciter. La ricchezza della nozione di cuore ha un cammino da
percorrere verso la persona. Il ricupero del cuore passa dalla reintegrazione dei diversi
aspetti della persona. La cristologia è quindi passaggio obbligatorio. Siamo a un livello,
quello del valore dei simboli che adoperiamo, dove si deve essere molto chiari; si può,
infatti, cadere in un linguaggio improprio per la teologia. Il ritorno alle immagini
bibliche è purificatore in tale senso e ci aiuta a trovare la strada (Superiore Generale).
Dai gruppi risulta che il tema del cuore merita di essere valorizzato ed
aggiornato. La tappa della spiritualità del Sacro Cuore del secolo XIX è superata. Il
cambiamento che si è dato nei simboli porta ad avviare un’altra tappa; il presente
seminario rappresenta un importante punto di partenza in tale senso. Inoltre, la vitalità
di una Congregazione dipende dalla sua capacità di fare una riflessione interna, e il
seminario in corso mostra come la Congregazione ne sia capace. Abbiamo la forza di
intraprendere il rinnovamento; il Comitato Teologico organizzi questa forza in ordine a
un percorso sistematico. Si dovrà cominciare da un’antropologia del cuore per ascoltare
come questo tema sia percepito nelle diverse culture dove la Congregazione è presente.
Così si potrà vedere da quale base partire perché questo linguaggio sia capito ed accolto,
e possa diventare oggetto di pastorale. Occorre arricchirsi della simbologia delle diverse
culture. La parola cuore è, infatti, presente in tutte le culture, ma con espressioni
diverse; si dovrà tenerlo presente. E si dovrà anche ascoltare di più la Parola di Dio,
come un’altra base imprescindibile. Non sarà difficile profittare della teologia attuale
dove molto converge nella spiritualità del cuore. Occorrerà sì proporre un piano di
studio e di lavoro (Padre Fernando Garrapucho).
MERCOLEDÌ, 12 MARZO 2008
Ha presieduto l’Ora di Lodi, in lingua inglese, il Padre Jan De Jong, ed è stato
moderatore dei lavori in plenario il Padre Stefan Tertünte.
C’è stata un’alterazione nel programma: la prima conferenza della giornata
sarebbe quella di Padre João Carlos Almeida, seguita immediatamente da quella di
Padre Paul McGuire, con, alla fine, il dibattito su ambedue. Le due conferenze
illustrerebbero l’approccio di Padre Dehon nell’incontro con Dio attraverso la
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simbologia del cuore; la prima a un livello piuttosto storico e la seconda a un livello più
prettamente teologico.
Il moderatore presentava il primo conferenziere del giorno, il Padre João Carlos
Almeida, offrendone i dati biografici più significativi (Allegato 19). In seguito,
presentava la conferenza dal titolo: Una Theologia Cordis in Padre Dehon? Il Cuore
di Gesù nella sua mente e nella sua mistica (Allegato 20).
Dopo l’intervallo, si riprendeva la seduta plenaria per la seconda ed ultima
conferenza del giorno. Ancora il moderatore presentò l’oratore, il Padre Paul McGuire,
di cui diede una traccia biografica (Allegato 21). Ne è seguita l’esposizione, dal titolo
Cristologia e Sacro Cuore (Allegato 22).
Nell’interscambio su le due conferenze, sono emersi i seguenti rilievi:
Nell’esposizione di Padre Almeida si potrebbe aver dato minor spazio alla
biografia di Padre Dehon per darne di più alla sua teologia. Occorre stare attenti ai
pericoli della cosificazione del cuore e della frammentazione. Perché la theologia cordis
non corra il pericolo di rimanere in un’indefinizione e confusione, sarebbe da preferirsi
una teologia del Cuore di Cristo, o del cuore dell’uomo o di Dio. Sarebbe anche bene
una maggiore precisione di termini: se Padre Dehon ama parlare di Cuore di Gesù,
sarebbe meglio dire Cuore di Cristo, che racchiude l’uomo-Dio, risaltando Cristo come
sacramento di Dio e sacramento dell’uomo. Il Cuore di Cristo sarebbe quindi il luogo
teologico privilegiato di una theologia cordis. Inoltre, sarebbe bene declinare il Cuore di
Cristo nella sfera trinitaria, per evitare di usare il cuore appena come luogo della
coscienza (Padre Francesco Mazzotta).
Nel cercare, negli scritti di Padre Dehon e nella Bibbia, i luoghi di una thelogia
cordis, si dovrà farlo più in prospettiva esistenziale che letteraria. Tali scritti, infatti,
mostrano un vissuto e una vita; il cuore non vi è riducibile a un organo. Theologia
cordis significa quindi percorrere la strada dal simbolo al contenuto vissuto, un simbolo
dell’amore nel senso teologico; significa vedere quale amore è stato rivelato in Gesù di
Nazareth. Vi si trova una theologia amoris, di cui il cuore è simbolo, parola viva, e vi
trova l’oblazione, che è il cuore del cuore. Si tenga presente che Padre Dehon, quando
inizia i commenti al Nuovo Testamento sul Cuore di Cristo, parte dal Buon Pastore e
non dal Cuore Trafitto (Padre Marcial).
Le due conferenze avevano come sfondo la ricerca di una Theologia Cordis in
Dehon. Nella prima si è visto un tentativo di mostrare come Padre Dehon si fonda sulla
Bibbia; nella seconda si è parlato di un fondamento piuttosto agostiniano. Come
conciliare le due impostazioni (Padre Zamboni).
Le due conferenze sono state positive nell’avere mostrato come il punto di
partenza per Padre Dehon non sia stata la devozione: per la prima conferenza, è stata la
Bibbia; per la seconda, piuttosto Santo Agostino. Si evita così il pericolo di vedere un
Padre Dehon troppo devozionale. Sorge la domanda se Padre Dehon sia stato un
agostiniano con qualche difetto. Dove sarebbero le differenze tra Padre Dehon e Santo
Agostino (Padre Tertünte).
In un tentativo di risposta ai rilievi e dubbi emersi, Padre Perroux invitava a non
cedere nella parzialità. Nel parlare dei fondamenti ispiranti di Padre Dehon, si deve
vedere in che momento della sua vita collochiamo Padre Dehon: se consideriamo il
risultato finale, avremmo una risposta; se prendiamo il punto di partenza, avremmo
un’altra. Padre Dehon è partito dalla devozione, da ciò che ha ricevuto dai genitori, in
modo particolare dalla madre. Egli ha subito fortemente l’influsso della pietà popolare
del suo tempo e quello di sua madre. Dopo, si è distanziato dal devozionale; ha
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maturato, approfondito e trovato un equilibrio, senza mai sistematizzare le sue radici.
Nella sua genesi, si è imbevuto molto dalla dimensione affettiva, più che devozionale.
Per Padre McGuire l’influsso materno e nativo è stato importante per Padre
Dehon. Si tenga tuttavia presente che egli, riferendosi alla sua chiesa natale, la trovi
oscura e brutta. Quando è partito per il collegio, la madre gli ha messo in valigia il
Manuale del Sacro Cuore, ma come studente di teologia contattava soprattutto con
Padre Franzelin, che era sì pieno di spiritualità del Sacro Cuore, ma con basi dottrinali
molto profonde. E poi, a Parigi, Dehon è stato parrocchiano di San Sulplizio, dove si
respirava la spiritualità agostiniana.
Padre Almeida non ha dubbi che il punto di partenza di Padre Dehon sia stata la
Sacra Scrittura, senza nulla togliere a quanto precisato da Padre Perroux: in Padre
Dehon c’è stata un’evoluzione, diventando egli sempre più biblico. Inoltre, osservava
Padre Almeida come fosse difficile per noi, Dehoniani, parlare di theologia cordis, che
fa parte della nostra identità. Siamo come davanti a uno specchio, essendo necessario
distanziarvisi un po’ per una prospettiva e maggiore oggettività. Occorre distinguere
carisma e spiritualità. Padre Almeida aggiungeva un’altra precisazione, in commento
all’evoluzione di Padre Dehon: costui aveva due colonne nella sua spiritualità, il cuore e
la sapienza. Il 1880 è stato un anno importante per lui; è stato l’anno in cui si è definito,
dopo il consumatum est. Inizialmente, Padre Dehon voleva fondare una Congregazione
nella linea di Lammenais, una Congregazione per lo studio; poi, è andato su altre
aperture. Due erano i suoi poli: la verità e la carità. Il Centro Studi della Curia Generale
e le Edizioni Dehoniane di Bologna e congeneri vanno sulla prima linea, quella della
verità, la sapienza. Quando studente a Roma, Padre Dehon non aveva ancora una
vertente vittimale; l’acquisterà dopo, a Saint Quentin, che lo ha portato a cambiare la
sua percezione del Sacro Cuore. Noi, Dehoniani, la abbiamo ereditato, costituendone
colonna del nostro carisma. Sono sensibilità che occorre correggere. Tentativi in tale
senso sono quelli di tradurre l’elemento vittimale in oblazione e quello di riparazione in
solidarietà. Infine, anche per Padre Almeida occorrerà, nella theologia cordis,
evidenziare maggiormente le dimensioni trinitaria e pneumatologica, che sarebbero
piuttosto deboli nel Padre Dehon.
La Concelebrazione Eucaristica del Mercoledì, terzo giorno del seminario, ha
avuto luogo nella Cappella delle Apparizioni del Santuario di Fatima, presieduta dal
Consigliere Generale, Padre Andreas Madya Srijanto, che ha proferito l’omelia in
lingua inglese, con una breve sintesi al finale in italiano (Allegato 23).
GIOVEDÌ, 13 MARZO 2008
Ha presieduto l’Ora di Lodi, in italiano, Padre Stefano Zamboni e ha fatto da
moderatore nei lavori di assemblea ancora Padre Stefan Tertünte.
Il primo conferenziere del quarto giorno del seminario è stato il Padre Adérito
Gomes Barbosa. Il moderatore ha presentato i suoi dati biografici (Allegato 24),
seguendo l’esposizione del tema, dal titolo La pedagogia del cuore: mistagogia
(Allegato 25). In essa, l’oratore ha cercato di illustrare alcune conseguenze pastorali nel
piano umano e cristiano a partire da una teologia del cuore.
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Nel dibattito che seguì l’esposizione, sono emersi i seguenti rilievi:
Ancora in riferimento all’accentuazione della corporeità in una teologia del
cuore, ossia del corpo come cammino verso Dio, si poneva la domanda dove ciò possa
condurre, se a un certo paganesimo? E quale la frontiera tra la scoperta di Dio e la
scoperta del corpo? E poi come dialogare così con le religioni che danno un gran risalto
alla trascendenza? (Noémia).
Essendo la conferenza di Padre Aderito entrata in campo filosofico, con
riferimenti a Platone, Aristotele e Pascal, gli si è domandato perché non abbia accennato
anche a Malebranche che ha riflessioni interessanti sull’amore di Dio. Occorre anche
tener presente l’intuizione di Kant sulla ragion pura per non far mancare la dimensione
della ragione. Nell’enfatizzare i valori del cuore, si può correre il rischio di eliminare la
forza della ragione, valorizzando talmente quello senza lo strumento che lo regola. Se
non si deve ritornare a un razionalismo, non si deve nemmeno dispensare la disciplina
della ragione, che è indispensabile perché una theologia cordis non ricada nel
sentimentalismo. Se Karl Barth voleva vivere sempre con in una mano la Bibbia e
nell’altra il giornale, c’è chi volesse avere in una la Bibbia e nell’altra la Ragion Pura:
Bibbia e Ragion Pura fanno l’equilibrio. Questo è stato l’equilibrio de Santa Gertrude:
caricata della carità nel giusto equilibrio (Padre Rafael).
Nell’insieme degli aspetti evidenziati e da evidenziare ancora nelle successive
conferenze, quella di Padre Aderito, centrando il problema dell’attuale cultura europea,
ha dato come che la cornice. Nella nostra epoca post-moderna, non siamo appena degli
osservatori, ma ci troviamo inseriti in essa. Viviamo in un’epoca dove l’affettività è in
ripresa; si fa oggi una cultura olistica. Anche nella vita comunitaria religiosa, si mette
oggi l’accento più sulla comunione che sull’osservanza. Nella nostra spiritualità va
risorgendo il valore dell’affettività e la percezione della comunità come luogo di affetti.
La theologia cordis porta alla cordialità. Non avere, quindi, paura della post-modernità;
se la sua cultura ha bisogno di paletti, allo stesso tempo questa ci ricorda valori perduti.
Occorre avanzare, procedere senza timori! (Padre Luca Zottoli).
Per una pedagogia del cuore, sarebbe bene guardare ciò che di buono ci hanno
dato le culture dei popoli, piuttosto che accentuarne i limiti; avere quindi uno sguardo
positivo e aperto. Si deve dire ciò che non è buono o che si allontana dai nostri valori,
ma anche guardare ciò che di buono ci ha portato la storia; essere capaci di dialogare
con le diverse categorie emerse nella storia (Padre Paulo Coelho).
Il Padre Aderito, reagendo ai diversi rilievi fatti, ha precisato l’obbiettivo della
sua conferenza: quello della pedagogia del cuore, aiutando a prendere coscienza delle
diverse dimensioni umane e cristiane della questione, cioè l’affettiva, l’intellettiva, la
volitiva e la spirituale. Ogni periodo storico ha accentuato l’una o l’altra di queste
dimensioni: mettere in risalto la ragione è un valore, come lo è risaltare la volontà o
altro aspetto; il problema fu quello di avere, in un determinato momento, esaltato un
valore rendendolo esclusivo e soffocando altri. E’ importante non perdere la visione
dell’insieme, conservando un equilibrio in vista di una maturità.
Sul pericolo che un ricupero del corpo porti a un nuovo paganesimo, Padre
Aderito riteneva che, pur nella necessaria parzialità della sua esposizione, la spiritualità
vi era soggiacente; la frontiera tra la corporeità e la trascendenza del divino sta
nell’equilibrio. Sull’essersi soffermato su alcuni filosofi, sorvolando altri, egli teneva ad
osservare che non era suo intento fare un approccio filosofico alla questione, anche
perché non era competente per farlo. Si era limitato a rilevare che i filosofi classici
dell’antichità, Platone ed Aristotele in modo particolare, non hanno valorizzato
abbastanza il cuore e l’affettività, come l’hanno fatto riguardo l’intelletto e la volontà.
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Alcuni pensatori odierni rivendicano invece la dimensione del cuore e dell’affettività.
Nel valorizzare l’affettività tenera e quella energetica, quando si accentua una con
esclusione dell’altra, i rischi di esagerazione sono evidenti. E’ vero che nella postmodernità si assiste a un ricupero dell’affettività, ma la si vive troppo come emozione e
sensazione, onde la necessità di una pedagogia del cuore per evitare eccessi.
Il dibattito si è concluso con un apprezzamento positivo dei punti toccati da
Padre Aderito. Nell’offrire a noi, Dehoniani, una buona cornice di come parlare del
cuore nella nostra cultura, egli avrebbe fatto bene ad aggiungere che la cornice
metafisica dove l’uomo di oggi realizza la propria vita è l’amore, come al tempo di
Santo Agostino è stata la verità. Oggi, solo l’amore è degno di credito. La metafisica
quindi che ci permette di stabilire un legame con la cultura odierna è l’amore; è in esso
che devono incentrarsi il nostro linguaggio e la nostra pastorale (Padre Fernando
Garrapucho).
Dopo l’intervallo, c’è stato il secondo tavolo-rotondo, per un’interrelazione
delle tre ultime conferenze: quelle dei Padri João Carlos Almeida, Paul McGuire e
Adérito Gomes Barbosa. Evocati e riassunti i loro contenuti, il moderatore poneva due
domande: 1) fino a che punto Padre Dehon sia stato una copia, seppure povera, di Santo
Agostino; quale cioè la specificità dehoniana – caso ce ne sia – in relazione a Santo
Agostino, e 2), nella dinamica agostiniana – dall’esterno all’interno e dall’interno al
superiore – dove si trova il ruolo dell’altro? Come cioè questa dinamica ci porta
all’altro?
Per Padre McGuire, Santo Agostino è probabilmente il cristiano e il teologo con
maggior influsso nella cristianità, senza che ce ne accorgiamo: adottiamo come eredità
cristiana comune ciò che viene da lui. Siamo agostiniani come siamo dehoniani e
cristiani. Santo Agostino fa parte del tessuto del nostro essere cristiani. Anche Padre
Dehon ha ricevuto l’influsso di Santo Agostino, in modo particolare attraverso Bérulle.
Quanto poi alla specificità del nostro carisma, Padre McGuire riteneva che, dopo il
Concilio Vaticano II, si è alquanto abusato del tema del carisma, cercando tutti il nostro
carisma specifico, mentre in questo campo siamo simili a tante altre Congregazioni. I
Fondatori si sono ispirati in un’eredità comune, cercando di applicarla a situazioni
concrete del loro tempo; cambiando queste situazioni, le loro famiglie religiose si sono
aperte alle nuove, come è stato il caso delle Congregazioni dedicate alla scuola, che, con
il protagonismo dello Stato in tale campo, hanno dovuto dedicarsi ad altre carenze e
compiti.
Padre Almeida dubitava se Padre Dehon fosse stato platonico. Anche se egli cita
Platone nei primi anni della sua attività, quando si dedica all’educazione, è difficile dire
che sia platonico, avendo ricevuto la sua formazione al Collegio Romano, dove
dominavano i gesuiti, che erano, per tradizione, piuttosto aristotelici. Alla seconda
domanda del moderatore – Dov’è l’altro? Dove l’attenzione all’altro, nell’opera di
Padre Dehon? – Padre Almeida osservava che è vero che, nella Vie d’Amour, non si
trova riferimento all’altro, ma solo a Dio; che, in quell’opera, Padre Dehon parla
dell’amore a Dio, e non dell’amore al prossimo. La lacuna è incomprensibile ai nostri
giorni, soprattutto dove impera la solidarietà, come in America Latina, dove l’amore
puro, oggetto di Vie d’Amour, appare troppo ideale, astratto ed impossibile.
Ciononostante, nel concetto di amore di quell’opera, si mettono in risalto la gratitudine
e la grazia, che sono temi agostiniani, e anche l’amore sincero, nella linea aristotelica:
gratitudine e sincerità nell’amore sono aspetti che si possono cogliere per una theologia
cordis. Nell’opera citata, si parla anche di responsabilità personale nell’amore. Così, vi
appare in certo modo anche l’altro.
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Padre Marcial aggiungeva alla riflessione la fonte ispiratrice del Vangelo di
Giovanni, comune a Santo Agostino e a Padre Dehon. Uno sguardo storico su Padre
Dehon svela diversi influssi, ma vi emerge una convergenza di Dehon e Agostino nel
Vangello di Giovanni. Ambedue vi si ispirano. Anche senza Agostino, Dehon
arriverebbe alle sue intuizioni a partire dal Vangelo di Giovanni. In questo Vangelo,
Padre Marcial trova una buona sintesi dehoniana. Così, egli non vede difficoltà
nell’accettare convergenze tra Padre Dehon e Santo Agostino: si sono ispirati nella fonte
comune giovanea.
Padre Perroux faceva suo il rilievo di Padre Marcial circa i diversi influssi in
Padre Dehon, che sono molti e complementari. Perciò, egli invitava ad andare adagio
nell’analizzare Padre Dehon, che è una personalità complessa. Partire da Vie d’Amour
per identificare Padre Dehon non è la migliore partenza, poiché si tratta del testo meno
personale di Padre Dehon. Ci sono scritti suoi più significativi in tale senso, come
Coronnes d’Amour e Coeur Sacerdotal de Jésus, che sono le opere più personali del
Padre Fondatore. Inoltre, si tenga presente che egli non fa distinzione tra opere spirituali
e opere sociali. In queste ultime, egli non si limita all’orizzontale; è anche mistico e vi
fa una sintesi di ambedue le dimensioni. Si è rilevato un deficit di pneumatologia negli
scritti di Padre Dehon, ma nel suo tempo non se ne parlava; ciononostante, egli scrive
molto sui doni e sui frutti dello Spirito Santo. Non avendo mai usato il termine
pneumatologico, ne ha parlato del contenuto. Lo Spirito Santo è, infatti, molto presente
nelle meditazioni e scritti di Padre Dehon. Egli è una personalità complessa: è
intellettuale, ma anche devozionale; non ha perso le sue radici, le ha elevate e integrate.
Non si deve quindi semplificare Padre Dehon, seguendo le proprie sensibilità e modi di
essere; le esclusioni sono rischiose. In lui, c’è un continuo andirivieni tra il vissuto e le
opere. La sua spiritualità lo ha portato anche ad aprirsi al mondo; da sempre si è
impegnato nell’azione: egli è un intellettuale e un operativo.
Alla domanda del come legare theologia cordis alla theologia crucis, del come
cioè parlare di amore, tenerezza, e allo stesso tempo di croce (Padre Zamboni),
rispondeva Padre McGuire osservando che il simbolo del Cuore Trafitto può fare da
legame. Si tratta di un simbolo presente sia in Santo Agostino che in Padre Dehon.
Santo Agostino, che non parte dalla Vulgata, usa costato aperto invece di costato
trafitto. Il legame tra transfissione e amore è chiaro in Padre Dehon. Citando mistici
medievali, come Santa Caterina, Dehon domanda a Gesù perché ha lasciato che il suo
cuore fosse trafitto, e la risposta è stata che fu trafitto perché il cuore esca come simbolo
dell’amore abbondante che si trova nel Cuore di Gesù.
Per Padre Aderito, il luogo della croce nella theologia cordis potrebbe essere
nella tenerezza. La croce, infatti, può essere vista come sacrificio, mentre la morte è
piuttosto vista come fine tragico. La croce appare in San Giovanni come esaltazione,
come amore. E’ eloquente in tale senso l’immagine del padre che si tuffa nel fiume per
salvare il figlio: è un gesto di tenerezza che comporta croce. La croce, con il suo carico
di amore, è, nella cultura della tenerezza, dono ed espressione di amore. La tenerezza è
una forma concreta di vivere l’amore; non esclude, anzi spesso include, la sofferenza.
Per Padre Almeida non si può circoscrivere la theologia cordis al Cuore
Trafitto, ma si deve farla in un insieme, che valle dal servizio alla Pasqua, ricuperando
l’incarnazione. Padre Dehon avrebbe fatto tale sforzo: era teologo, intellettuale,
conferenziere, pastore... In Padre Dehon abbiamo una theologia cordis che non è appena
theologia crucis, dolorista. In tale senso, anche Santo Irineo, che si colloca nella linea di
San Giovanni, è importante per la theologia cordis. Si dovrà sviluppare maggiormente,
nella theologia cordis, la teologia dell’incarnazione, della solidarietà, una dimensione
peraltro molto sentita in America Latina.
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Padre MacGuire concludeva il tavolo-rotondo, riprendendo l’immagine del tuffo
nel fiume riportata da Padre Aderito. Non c’è, infatti, nulla di più tenero che l’amore del
padre e della madre, che, quando si traduce nel concreto, comporta molto sacrificio. Un
cuore tenero si fa espressione concreta del dono, che spesso chiede rigore e sacrificio.
L’amore chiede l’esproprio dell’io per non finire nell’egoismo.
Verso mezzogiorno il seminario riceveva la visita del Cardinale José da Cruz
Policarpo, Patriarca di Lisbona, il quale, accolto dal Superiore Generale e dal
Superiore Provinciale del Portogallo, da loro è stato introdotto nel plenario. Fatto sedere
nella presidenza, il Superiore Generale, in un cordiale saluto di benvenuto, ha messo in
particolare evidenza i meriti di Sua Eminenza nel rilancio della Chiesa in Portogallo
negli ultimi anni. Ringraziandolo della stima e appoggio dato da sempre ai Dehoniani, il
Padre Generale illustrava in seguito il senso e gli obiettivi del seminario in corso.
Il Patriarca, ricambiando in lingua italiana il saluto, cominciava con riferirsi alle
molte relazioni di amicizia con i Dehoniani portoghesi e sottolineava il modo positivo
come questi si sono inseriti in Diocesi. In riferimento al seminario in corso, egli teneva
a rilevare l’importanza che la Congregazione si dedichi allo studio della sua originalità
ed inserzione nella Chiesa. Oggi si ha una grande esigenza di pluralismo e di
salvaguarda dell’unità nella pluralità. All’entusiasmo verso la Chiesa locale e la
decentralizzazione, proprio dell’immediato post-Concilio, è ora subentrato un desiderio
di universalità e di unità. La globalizzazione ci invita al coltivo dell’universalità e a uno
sguardo verso nuove realtà e nuovi compiti di evangelizzazione. Ciò ci porta a una
lettura del dinamismo della globalità. Oggi, è molto sentita la necessità che la Chiesa
curi e segua il movimento accelerato della cultura. Una grande Congregazione come i
Dehoniani ha grandi possibilità e un compito in queste nuove sensibilità e apertura. Con
questo invito a prestare attenzione alla complessità culturale in servizio all’umanità, Sua
Eminenza concludeva il suo saluto.
La Concelebrazione Eucaristica è stata presieduta dal Cardinale Patriarca, che
si è trattenuto a pranzo con la Comunità del Seminario Nossa Senhora de Fátima e i
partecipanti al seminario.
La conferenza del pomeriggio è stata presentata da Padre Marcello Neri, arrivato
in mattinata. Dopo una breve presentazione biografica dell’oratore (Allegato 26), il
moderatore del giorno, Padre Stefan Tertünte, gli passava la parola perché esponesse il
tema, dal titolo Cristologia e Cuore di Cristo (Allegato 27). Nella ricerca di una
cristologia simbolica, il Padre Marcello Neri cominciava con mostrare il rapporto fra la
riflessione cristologica e alcuni aspetti fondamentali della dimensione che si incentra
sulla figura simbolica del Sacro Cuore. Rischiando la cristologia delle nature e
dell’unione ipostatica di muoversi su un piano tendenzialmente formale, che non
permette di percepire la forma propria dell’auto-espressione definitiva e assoluta di Dio
in Cristo, egli proponeva di indagare la possibilità di cogliere nel corpo di Gesù, con i
suoi fondamenti affettivi e sensibili, il fenomeno originario di un Dio che ha la sua
verità solo nella espressione completa di sé. Per ultimo, l’oratore prendeva in
considerazione la riconfigurazione del rapporto fra l’invisibile Logos di Dio e il
fenomeno corporeo e storico del vissuto di Gesù di Nazareth, cercando di ricondurre
questo complesso teologico ad alcuni elementi maggiori della spiritualità del Sacro
Cuore – così nella traccia distribuita (Allegato 28).
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La conferenza di denso linguaggio teologico non poteva non suscitare
interrogative e richieste di precisazione dibattito successivo.
Avendo l’oratore messo l’accento sul corpo, gli si domandava come potesse il
corpo singolare di Cristo toccare il corpo che sono io? (Padre Zamboni).
Alla domanda rispondeva Padre Neri osservando che il corpo singolare di Gesù
ha due mediazioni all’immediatezza: il corpo della Sacra Scrittura e il corpo dei
Sacramenti. Sarebbe rischioso ridurre il corpo singolare di Gesù alle Sacre Scritture. Il
cristianesimo ne ha un’altra mediazione, che è quella sacramentale. Ambedue queste
mediazioni permettono alla fede di incontrare ulteriori punti di contatto con la
corporeità di Gesù. Il corpo della Sacra Scrittura e la struttura sacramentale,
rappresentano, con l’orizzonte della carità, il nucleo originale per l’incontro fra il corpo
di Gesù e il nostro vissuto oggi. Gesù arriverebbe alla sua identità sempre attraverso
l’umano di altre persone.
Il punto di partenza del discorso dell’oratore, quello di Gesù farsi corpo umano
perché possa essere Dio, faceva non poche difficoltà. Se essa è la condizione
irrinunciabile, non si attenuerebbe, da una parte, la stessa realtà di Dio e, dall’altra,
anche lo stato di creatura dell’uomo? Alla fine, l’uomo resterebbe senza possibilità di
conoscere qualunque cosa; si cadrebbe nella tesi luterana dell’uomo corrotto. Si avrebbe
un’attenuazione di Dio come tale e dell’uomo come tale. Il discorso dell’oratore
porterebbe alla tesi di Hegel della necessità che condiziona Dio (Padre Rafael).
Padre Neri precisava di non aver detto che non rimane spazio per l’uomo e la sua
capacità do conoscere Dio. Non esiste condizione concreta dell’uomo in cui egli
rimanga senza possibilità di conoscere Dio. La consustanzialità di Dio si intreccia con
quella dell’uomo. Sul rimando ad Hegel, l’oratore è del parere che qualcosa di quel
filosofo si può ricuperare; egli ha avuto intuizioni che possono essere utili alla teologia.
Un altro intervento sottolineava l’importanza di riprendere il mistero
dell’incarnazione che costituisce un deposito di fede ancora da esplorare. C’è stato un
eccesso di considerazione della croce e della redenzione, con scarsa attenzione
all’incarnazione, quando invece l’uomo è la via della Chiesa, per usare un’espressione
di Giovanni Paolo II (Padre Luca Zottoli).
Per Padre Neri, l’osservazione è pertinente, se non si intende l’incarnazione
come un momento, ma come qualcosa che si distende: un’incarnazione che si realizza in
altri momenti e dimensioni.
Riguardo all’espressione spontanea necessaria del Logos nell’incarnazione,
rimane un certo disaggio di collegamento dal punto di vista cognitivo; secondo Eb 1,
sembra che l’incarnazione sia una tappa di un piano molto più vasto di Dio, l’ultima
parola, e, poi, dal punto di vista di creatività che l’incarnazione significa (Fil 2, 5-11),
quando il Verbo ha spogliato se stesso, ammettendo così nella condizione umana la
condizione divina. L’incarnazione continua nella corporeità anche nella risurrezione,
l’escatologia di Cristo, e continua anche nella soteriologia. Quest’ultima provocazione
ha implicazioni antropologiche di un uomo chiuso in se stesso, facendo Dio dipendere
da se, cioè da se l’uomo lo ascolta o no (Padre Generale).
A Padre Neri sembra che questa provocazione venga da una sensibilità e da un
approccio diversi dal suo. Nella risposta, cominciava per parlare della distinzione tra cooriginareità ed identità, per parlare dello statuto dell’umano davanti al divino.
L’incarnazione, l’entrare nel nostro mondo, è necessaria perché Dio si faccia capire da
noi; questo non significa però che l’umano sia divino. Parte poi per parlare della
trascendenza (o ulteriorità) del Logos, che si conosce unicamente nel fenomeno della
corporeità di Gesù. Ma il logos rimane consustanziale fino in fondo. A questo punto,
l’escatologia diventa un punto di verifica: come rimanere uno? Per spiegare questa idea,
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Padre Neri concludeva con un’immagine prestata da Dante Alighieri che, nella Divina
Commedia, quando arriva al paradiso, trova al vertice della Trinità qualcosa simile a
noi. Comunque Dio è altro oltre a questa similitudine, ma l’importante è che essa è lì
presente.
L’appoggiarsi sulla corporeità è positivo ed è un discorso da utilizzare, ma
insinuare che la realtà di Dio senza corporeità è mancante crea problemi: si può cadere
in una necessità dell’incarnazione, come se Dio non fosse tale se non avesse un corpo; e
ciò sarebbe un diminuire Dio (Padre Mazzotta).
L’oratore, nella sua esposizione, sembrava fare Dio prigioniero della storia, ciò
che non corrisponde al pensiero cristiano su Dio. L’atto originario che fa unità è il
concetto di Dio come amore, che, essendo amore, dà spazio all’altro. Lo spogliamento
di Dio nell’incarnazione dà spazio all’altro, e ciò spiegherebbe tante cose, senza arrivare
a condizionare Dio (Padre Fernando Garrapucho).
Dicendo che Dio non vuol esserlo senza di noi – rispondeva Padre Neri – non
significa imprigionare Dio nella storia. Nessuno può costringere Dio ad essere sé stesso;
la condizione originaria con cui Dio decide di essere sé stesso, non viene da fuori, ma da
Lui stesso.
Un altro intervento, dopo l’intervallo delle 17.00, rilevava la difficoltà di
conciliare la tesi dell’oratore con il Concilio di Calcedonia, soprattutto per quanto
riguarda la non confusione delle nature umana e divina: alla fine si potrebbe confondere
le due nature (Padre António Teixiera).
A tale proposito, Padre Neri osservava come Calcedonia avesse lavorato con
chiarezza, perché interessata di ciò che Gesù è, potendo così trovare una
concettualizzazione; non si interessava invece del come, del come cioè Gesù realizza e
vive il suo che cosa. La cristologia, per Padre Neri, non è soltanto illustrazione di cosa
sia Gesù. Essa cerca anche di intuire come Egli è e, cercando di mettere insieme i dati,
si muove in uno spazio molto vicino all’eresia. Calcedonia è riuscita a fare chiarezza,
perché si muoveva su concetti statici, come natura, persona. Ai nostri giorni, invece, una
fenomenologia di Gesù entra in qualcosa di dinamico, in una conflittualità. Il teologo
lavora sull’unità e sulla differenza, in due momenti distinti, mentre in Gesù tutto è un
tutt’uno, un’unità.
L’idea di provare a tenere insieme, nella condizione dell’uomo, il sensibile e
l’intelligibile, é positiva. Ma, per approdare a ciò, non sarà necessario un cammino di
educazione? Diversamente, si rischia di rimanere operante la dimensione dialettica e
dicotomica che si vuole tentare di superare (Padre Rinaldo Paganelli).
Per Padre Neri, la sua è un’ipotesi, che egli tuttavia ritiene ricca di possibili
elementi positivi per rinnovare la spiritualità e devozione al Sacro Cuore. Si tratta di un
percorso appena iniziato, non avendo elementi per dire oggi come poter concretizzarlo.
Egli tuttavia ritiene che la strada intrapresa da alcune linee teologiche sia la giusta,
affinché il linguaggio della spiritualità del Sacro Cuore possa essere purificato e si tenda
sempre più a non disgiungere, nella nostra vita di fede, la pratica dalla conoscenza.
C’è stato un nuovo cambiamento di programma: si passava al lavoro di gruppo,
rimandandone a domani la condivisione in plenario.
Erano tre le domande poste ai gruppi: Tenendo presente l’insieme del lavoro del
seminario – conferenze e dibattiti –,
1. Quali le prospettive per un’ulteriore riflessione? Quali campi di ricerca e
quali i temi importanti?
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2. Quali i suggerimenti operativi per una tale riflessione? Modi per fare
avanzare la riflessione.
3. Valutazione del Seminario.
VENERDÌ, 14 MARZO 2008
Ha presieduto, in lingua portoghese, l’Ora di Lodi dell’ultimo giorno del
seminario Padre João de Chaves Bairos, uno dei segretari del medesimo.
E’ stato moderatore del lavoro in plenario nuovamente Padre Gonzalo Arnáiz.
Alle ore 9.00 c’è stata un ultimo tavolo-rotondo, in cui si è cercato di presentare
il vissuto concreto nell’oggi della Congregazione in quattro contesti culturali e
geografici diversi. Quello del Brasile è stato presentato da Padre Marcial Maçaneiro;
quello delle Filippine, da Padre Delio Ruiz; quello del Madagascar, da Padre Mathieu
Yvon e, finalmente, quello della Germania, da Padre Stefan Tertünte.
Padre Marcial, nel illustrare il vissuto dehoniano nella sua Provincia, quella del
Brasile Centrale, si è circoscritto all’indicazione di alcune pubblicazioni e opere sociali
significative. Tre sono state le pubblicazioni riferite: un Thesaurus Praecum, elaborato
dalle tre Province SCJ del Brasile (BC, BM e BS) insieme, che contiene più di 40 atti di
oblazione, 6 Offici Divini dehoniani e diversi testi di Padre Dehon di carattere spirituale
e mistico; la rivista Ir ao Povo, dove le diverse dimensioni del carisma dehoniano
trovano spazio, e la rivista Teologia em Questão. Tra le diverse opere di carattere
sociale, a cui i confratelli della BC si dedicano, Padre Marcial rilevava le cosidette
Comunidades Terapêuticas, che cercano di rifare l’uomo nella prospettiva della
riparazione: Fazendinha de Jesus, Comunidades Betânia e Apostolado da Caridade,
quest’ultimo con il suo centro principale nel Santuario di San Giuda Taddeo, a San
Paolo. Sono state evidenziate anche, nel campo universitario, la Faculdade Dehoniana
de Taubaté e, nel campo giovanile, la Missão Dehoniana Juvenil.
Nell’illustrare queste opere, Padre Marcial há fatto ricorso all’uso di diapositive.
Padre Delio Ruiz incentrava la sua esposizione sul vissuto dehoniano nelle
Filippine, descrivendo l’esperienza comunitaria dell’internazionalità – successi e sfide
– che contraddistingue la presenza dehoniana in quella Missione (Allegato 29).
Anche la sua esposizione è stata illustrata da diapositive.
Padre Mathieu Yvon impostava invece la sua relazione sul vissuto dehoniano in
Madagascar, sviluppando il tema dell’inculturazione (Allegato 30).
Infine, Padre Stefan Tertünte, nel riferire sul vissuto dehoniano in Germania, si
è limitato alla descrizione, in forma di testimonianza personale, della nuova comunità
che con altri due confratelli si è creata di recente, come nuova forma di incarnare il
carisma dehoniano nella vita comunitaria e pastorale di un contesto urbano del mondo
germanico (Allegato 31).
Dopo il breve intervallo previsto nell’orario, si è ripreso il lavoro di assemblea
per riportare e condividere la riflessione dei gruppi, fatta nel tardo pomeriggio del
giorno precedente, intorno alle tre questioni formulate (Allegato 32).
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All’esposizione della riflessione dei gruppi è seguito un breve momento per
offrire a ciascuno la possibilità di completarla con precisazioni e nuovi dati di
valutazione e di proposta. E’ intervenuto appena Padre Marcello Neri per fare al
Comitato Teologico e al Direttivo Generale due proposte: 1) Fare una biografia critica
di Padre Dehon, profittando dell’interesse e delle forze che si hanno, di cui il presente
seminario ha dato prova; la prossima celebrazione del centenario della morte di Padre
Dehon potrebbe offrirne l’occasione. 2) Raccogliere i libri di preghiera che alcune
Province – quelle italiane e brasiliane, almeno – hanno elaborato e usano per sviluppare
a partire da queste sintesi locali una sintesi di spiritualità dehoniana globale. Sarebbe la
nostra prima sintesi vissuta globale.
A conclusione della condivisione, Padre Gonzalo Arnáiz ha voluto riferirsi alla
pubblicazione di quanto è stato detto nel seminario. Se ne registrerà un CD; per altri tipi
di pubblicazione, come la messa in rete, occorrerà chiedere ai diversi relatori i dovuti
permessi.
Il Superiore Generale concludeva il Seminario, manifestando la sua
soddisfazione per il modo come si è svolto. Facendone anche lui una sua valutazione,
aggiungeva alcune considerazioni sul dare continuità al lavoro, che deve, tra l’altro,
accompagnare il cammino di espansione della Congregazione, con un’articolazione dei
diversi ambiti interni di riflessione, proseguendo sulla strada del rinnovamento a
servizio della Chiesa. Nel suo intervento conclusivo, di cui era stata distribuita una
traccia (Allegato 33), il Superiore Generale ringraziava quanti si erano impegnati
nell’organizzare e condurre il seminario.
La Concelebrazione Eucaristica di chiusura, nella commemorazione
dell’anniversario della nascita di Padre Dehon, è stata presieduta dal Superiore
Generale, e in essa è stato istituito nei Ministeri del Lettorato e dell’Accolitato il
chierico della Provincia Portoghese, José Rosário Freitas Costa.
Per constare, è stato redatto il presente verbale di 20 pagine e 33 allegati, firmato
da ...
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