GRUPPO DI PREGHIERA “ APOSTOLI DELLA REGINA DELLA PACE”

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“APOSTOLI DELLA REGINA
DELLA PACE”
Nel Cenacolo
con Maria..
Sommario
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Canto di apertura: LA PREGHIERA
DI GESU’ E’ LA NOSTRA
Rosario meditato
MESSAGGIO DEL MESE
Meditazione
Consacrazione alla Madonna
Canto allo Spirito Santo
Letture della domenica
Lo Spirito parla al cuore
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Catechesi del tempo…
Liturgia delle ore…Vespri o Compieta
Canto
Consacrazione ai tre Sacri Cuori
Preghiera a Maria prima di dormire
Canto di chiusura: HO
LOTTATO TANTO
Propositi settimanali
Appuntamento successivo
La preghiera di Gesù è la nostra (canto)
Dove due o tre sono uniti nel mio nome,
io sarò con loro, pregherò con loro,
amerò con loro perché il mondo venga a te,
o Padre, conoscere il tuo amore è avere vita con te.
Voi che siete luce della terra, miei amici,
risplendete sempre della vera luce,
perché il mondo creda nell'amore che c'è in voi,
o Padre, consacrali per sempre e diano gloria a te.
Ogni beatitudine vi attende nel mio giorno
se sarete uniti, se sarete pace, se sarete puri,
perché voi vedrete Dio che è Padre,
in lui la vostra vita gioia piena sarà.
Voi che ora siete miei discepoli nel mondo,
siete testimoni di un amore immenso,
date prova della speranza che è in voi,
coraggio,
vi guiderò per sempre: io rimango con voi.
Spirito, che animi la Chiesa e la rinnovi,
donale fortezza, fa' che sia fedele
come Cristo che muore e risorge,
perché il Regno del Padre
si compia in mezzo a noi e abbiamo vita in lui,
si compia in mezzo a noi e abbiamo vita in lui.
Consacrazione alla Madonna
Consapevole della mia vocazione cristiana io rinnovo oggi nelle Tue mani, o Maria, gli impegni del mio
Battesimo. Rinuncio a satana, alle sue seduzioni, alle sue opere e mi consacro a Gesù Cristo per portare con Lui
la mia croce nella fedeltà di ogni giorno alla volontà del Padre. Alla presenza di tutta la Chiesa Ti riconosco per
mia Madre e Sovrana. A Te offro e consacro la mia persona, la mia vita e il valore della mie buone opere passate,
presenti e future. Disponi di me e di quanto mi appartiene alla maggior gloria di Dio, nel tempo e nell’eternità.
Amen
Consacrarsi a Maria è guardare a Lei come al modello da imitare nella fedeltà a Gesù.
Ella stessa ci incoraggia: fate tutto quello che Egli vi dirà !
La Consacrazione è accogliere Maria nella nostra vita:..allora non saremo più soli!
Consacrazione ai tre Sacri Cuori
Sacro Cuore di Gesù, Immacolato Cuore di Maria, Castissimo Cuore di San Giuseppe, io vi consacro in questo
giorno (o notte), la mia mente, le mie parole, il mio corpo, il mio cuore e la mia anima affinché si compia
attraverso di me in questo giorno (o notte) la Vostra Santa Volontà. Amen
Preghiera a Maria Santissima prima del riposo notturno
“O Vergine, si fa tardi,
tutto si addormenta sulla terra,
è l’ora del riposo: non abbandonarmi !
Metti la tua mano sui miei occhi
Come una buona madre.
Chiudili dolcemente alle cose di quaggiù.
L’anima mia è stanca di affanni e di tristezze,
la fatica che mi attende è qui a me vicina.
Metti la tua mano sulla mia fronte,
arresta il mio pensiero.
Dolce sarà il mio riposo,
se benedetto da te.
Perché domani il tuo povero figlio
Si desti più forte
E riprenda allegramente
Il peso del nuovo giorno.
Metti la tua mano sul mio cuore. Lui solo vegli sempre
e Ridica al suo Dio Un amore eterno
Messaggio del 25 Agosto 2008
"Cari figli, anche oggi vi invito alla conversione personale. Siate voi a convertirvi e, con la vostra vita, a testimoniare, amare,
perdonare e portare la gioia del Risorto in questo mondo in cui mio Figlio è morto e in cui gli uomini non sentono il bisogno
di cercarLo e di scoprirLo nella propria vita. AdorateLo e che la vostra speranza sia speranza per quei cuori che non hanno
Gesù. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
Messaggio a Mirjana 2 Settembre 2008
Cari figli! Oggi radunati attorno a me, con il mio Cuore materno vi invito all’amore verso il prossimo. Fermatevi figli miei. Guardate
negli occhi del vostro fratello Gesù mio Figlio. Se vedete la gioia, gioite insieme a lui. Se negli occhi di tuo fratello c'è il dolore,
allontanatelo con la vostra mitezza e bontà, perché senza l’amore siete persi. L’amore è l'unico efficace, fa i miracoli. L’amore vi darà
l’unione in mio Figlio e la vittoria del mio Cuore. Perciò figli miei amate”.
Ancora una volta la Madonna ha invitato alla preghiera per i nostri pastori. Ha benedetto tutti i presenti e tutti gli oggetti sacri.
“Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa”. Giov. Paolo II
Giuseppe, sposo della Vergine Madre di Dio,
insegnaci incessantemente tutta la verità divina e tutta la
dignità umana contenute nella vocazione di sposi e di
genitori!
San Giuseppe, ottienici da Dio, che cooperiamo, con
costanza, con la grazia del grande sacramento nel quale
uomo e donna si promettono reciprocamente l’amore, la
fedeltà e l’onestà coniugale, fino alla morte!
San Giuseppe, uomo giusto, insegnaci l’amore responsabile
verso coloro che Dio ci affida in modo particolare: l’amore
tra i coniugi, l’amore tra i genitori e coloro ai quali i genitori
danno la vita!
Insegnaci la responsabilità verso ogni vita, dal primo
momento del concepimento, fino all’ultimo istante su questa
terra.
Insegnaci un gran rispetto per il dono della vita.
Insegnaci ad adorare profondamente il Creatore, padre e
datore della vita.
San Giuseppe, patrono del lavoro umano, aiutaci in ogni
lavoro che è vocazione dell’uomo sulla terra.
Insegnaci a risolvere i difficili problemi collegati col lavoro
nella vita delle generazioni, a cominciare dai giovani, e nella
vita delle società.
San Giuseppe, protettore della Chiesa preghiamo Dio con
queste parole:
“O Dio onnipotente, che hai voluto affidare gli inizi della
nostra redenzione alla custodia premurosa di san Giuseppe,
per sua intercessione concedi alla tua Chiesa di cooperare
fedelmente al compimento dell’opera di salvezza”.
Preghiera per i sacerdoti ISPIRATA DAL SIGNORE
Signore Gesù, santifica tutti i Sacerdoti per i meriti della tua Santa Passione, perché possano essere la tua vera immagine pura e santa nel
mondo. Signore Gesù, per l'amarezza che hai provato per il bacio di Giuda traditore, fa' che ritornino alla Grazia santificante tutti i
Sacerdoti che furono infedeli alla loro vocazione e continuano ostinati nei peccati del mondo. Te lo chiediamo per l'intercessione del
Cuore Immacolato di Maria e del Cuore Castissimo di San Giuseppe.
Eterno Padre, offriamo il Santo Volto del Tuo Figlio Gesù per le mani di Maria con l'intero generoso olocausto di tutti noi stessi in
riparazione di tanti peccati che si commettono, specialmente delle offese al SS. Sacramento dell'Altare. Te lo offriamo in modo
particolare perché i Sacerdoti mostrino al mondo con la santità della vita, l'adorabile fisionomia del Divin Volto, irradiando la luce della
verità e dell'amore per il trionfo della Chiesa e la propagazione del Regno.
O Gesù il tuo Cuore è dolce ed amabile sorgente donde scaturisce ogni bontà e misericordia, traboccante d’Amore.
Immergi l’Anima di tutti i Tuoi ministri nel Tuo sangue preziosissimo, affinché s’immolino con lo stesso Amore con cui Tu sei morto e
risorto, per salvare le anime. Amen 3 Ave Maria
XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARI Anno A
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Ez 18, 25-28
Se il malvagio si converte dalla sua malvagità, egli fa vivere se stesso.
Dal libro del profeta Ezechiele
Così dice il Signore:
«Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o
piuttosto non è retta la vostra?
Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che
ha commesso.
E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso.
Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 23
Ricòrdati, Signore, della tua misericordia.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza;
io spero in te tutto il giorno.
Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
I peccati della mia giovinezza
e le mie ribellioni, non li ricordare:
ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.
Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.
Seconda Lettura Fil 2, 1-11 (Forma breve Fil 2, 1-5)
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
[ Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è
qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche
comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e
di compassione, rendete piena la mia gioia con un
medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo
unanimi e concordi.
Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di
voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se
stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma
anche quello degli altri.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù ]:
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
Vangelo Mt 21, 28-32
Pentitosi, andò. I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due
figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi
al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la
volontà del padre?». Dicono: «L'ultimo».
E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.
E` venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno
creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli».
RIFLESSIONE
Continua la meditazione liturgica che ci propone la Chiesa, sulla vera fede e la vera conversione. Il cuore e
atteggiamento giusto determinano il cammino di conversione. La salvezza non è questione di buoni sentimenti o
propositi, ma di concreta decisione vitale, che passa ai fatti. In questo senso Gesù aveva già detto: "Non chiunque mi
dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7,21).
"Figlioli, non amiamoci a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità" (1Gv 3,18).
"Chi dei due - conclude Gesù riferendosi ai due figli - ha compiuto la volontà del padre? - Dicono: l'ultimo". Ed ecco la
verifica polemica di Gesù: Allora non siete voi ad essere salvi, signori farisei, che dite e non fate, ma i pubblicani
(come Matteo, quello delle tasse) e le prostitute (del tipo di Maria Maddalena) che sono pronti a dire di sì all'invito del
Regno e a convertirsi.
"In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio". Io ho incontrato uomini giusti e
praticanti, sembra dire Gesù, ufficialmente cercatori di Dio, e mi hanno rifiutato; ho incontrato uomini di strada, peccatori
e prostitute, e mi hanno accolto!
Il fare qui è inteso come decidersi per Cristo, convertirsi alla nuova giustizia del Regno di Dio.
Il punto è, cosa vuol dire "credergli"? Prima di tutto è: credere che Gesù Cristo è Dio! "Questa infatti è la volontà del
Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna"(Gv 6,40).
Poi andare nella vigna, lavorare anche se controvoglia, anche dopo essersi ribellati…l’importante è capire e decidere di
partecipare alla novità messianica. Il punto cruciale sta dunque, nel pentirsi. "Pur avendo visto queste cose, non vi
siete pentiti per credergli": questo ha bloccato i farisei. Mentre il secondo figlio, "pentitosi" ci andò, nella vigna! Se uno
è convinto di possedere già la verità, di essere già a posto con Dio, come erano questi farisei, non ha certo
pensiero di convertirsi alla novità di Cristo.
Spesso il perbenismo borghese che noi viviamo è una corazza che ci difende da ogni stimolo spirituale, ci narcotizza e
assonna la coscienza, e a volte ci fa giudici persino di Cristo e del Vangelo perché ci sembra troppo provocatorio e
scomodante! Il Signore vuole posizioni chiare, non compromessi. E' scritto nell'Apocalisse: "Conosco le tue opere:
tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo e caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto
per vomitarti dalla mia bocca" (Ap 3,15-16).
La salvezza dipende dal nostro deciderci, dalla nostra libertà, dai nostri atti. "Se il giusto si allontana dalla giustizia, dice
oggi la prima lettura, per commettere l'iniquità, e a causa di questa muore, egli muore appunto per l'iniquità che ha
commessa". Ma la nostra è una libertà, capace ogni momento di riscattarsi, di cambiare, di pentirsi.
"Se il giusto desiste dall'ingiustizia che ha commessa e agisce con giustizia e rettitudine, egli fa vivere se stesso. Ha
riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà". Sono i singoli atti di bene che
allenano e preparano alla scelta definitiva di bene per Dio; come sono le singole scelte di male che gradualmente
trasformano la nostra umanità in qualcosa di sempre più coinvolto nella materia e nel male fino a rendercene
schiavi per sempre.
Un sì a Dio dunque, che ci coinvolga totalmente per tutta la vita fino alla morte, un sì che risponda al Padre che ci dice
"Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna". Un sì, reale che parta dal desiderio di piacere al Signore e che metta al primo
posto i Suoi desideri e non i nostri. Il nostro destino eterno si decide oggi, e non a parole, ma a fatti. Pensiamo a quanti
sono così presuntuosi ancora nel dire di sé: Io sono credente, ma non praticante! Oppure ancora più presuntuosamente
dire, io credo e pratico la chiesa e i sacramenti e dunque sono a posto, oppure ancora peggio come il primo figlio che
dice si, ma poi non si scomoda per il Padre, è falso si prende gioco di Lui, dice io credo, io lo amo, ma poi con gli atti
dimostra la sua durezza di cuore… e questo è snobbare l'invito preciso di Gesù e della sua Chiesa.
La strada della salvezza è un sentiero ben tracciato da seguire. O lo accettiamo anche quando non ci piace o non
ne abbiamo voglia, oppure nella nostra libertà lo rifiutiamo, e ci condanniamo a una vita senza Speranza. Anche se
niente è definitivamente determinato nella nostra vita: perché anche l'ultimo sì a Dio può determinare, come per il buon
ladrone, la salvezza. E’ comunque certo che quest'ultimo sì, è il risultato di precedenti sì, di cui rimane come
risultato la somma finale. Si muore come si vive! Per questo è indispensabile moltiplicare i sì verso Dio, e imitare
Gesù, il quale "non fu sì o no, ma in lui c'è stato solo il sì" (2Cor 1,19).
Lavorare nella vigna è questione di salvezza e si parte da se stessi, la nostra parte è la libertà di decisione e di lavoro, è
questa la condizione che Gesù mette per partecipare al Suo Regno. Dio ha voluto scommettere sulla nostra libertà,
affidare il suo sogno nelle nostre fragili mani, però la salvezza ha un prezzo: l'amore! Se non mettiamo al primo posto
l’Amore come impegno e fine di ogni nostra azione, l’azione stessa diventa inevitabilmente egoistica, e non produrrà i
frutti di salvezza ma frutti mortali di orgoglio e vanità.
MEDITIAMO SUL VIZIO CAPITALE DELL’ACCIDIA…“Conosco le tue opere, tu non sei né freddo né caldo. Ma
poiché tu sei tiepido sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap 3,15-16).
L’accidia è una parola che viene dal greco e vuol dire negligenza, indifferenza, Indolenza: l'accidioso indugia
voluttuosamente nell'ozio e nell'errore. Sa quali siano i suoi impegni, ma pur di non assolverli, ne ridimensiona la
portata, autoconvincendosi che si tratti di piccolezze e che rimandarle non comporti conseguenze gravi.. Nella Chiesa
cattolica il vizio capitale dell’accidia consiste nella negligenza dell’esercizio delle virtù cristiane e in generale, nelle
attività dello spirito che dovrebbero tendere alla santificazione dell’anima. Altre sfaccettature dell’accidia sono:
indolenza, pigrizia, svogliatezza, inerzia, ignavia. San Tommaso ci dice che si tratta di tedio e persino di tristezza di un
bene spirituale. Purtroppo a motivo di tristezza, tedio, avvilimento, alcuni fanno tante cose sbagliate, che poi ci fanno
piangere per tutta la vita, come capitò all’apostolo Pietro quando, in quella notte, tutto scoraggiato, vide il suo Maestro
catturato, condannato, sconfitto, si comportò da vigliacco e lo rinnegò.Davvero l’accidia è capace di addormentarci, di
spingerci a non renderci conto di ciò che sta succedendo nella nostra vita spirituale. Non si tratta di una semplice
trascuratezza di qualche cosa di veniale, ma può portare, se uno non è vigilante, a diventare incapaci di volere e di
operare per la deplorevole mancanza di forza morale. Quando uno si getta in balia di dubbi, di esempi per nulla cristiani,
di discorsi che distruggono ogni valore, diventa un pusillanime privo di forza d’animo, un vile incapace di testimoniare la
sua fede, un vigliacco senza coraggio pronto a rinnegare la sua fede e cambiare anche religione. Purtroppo ci sono tanti
cristiani all’acqua di rose. Non sono né carne né pesce, eppure si proclamano cristiani.
Le manifestazioni e le conseguenze dell'accidia
L'accidia ha un carattere complesso e confuso: è un miscuglio di pensieri provenienti da forze diverse. Chi è colpito
dall'accidia avverte un senso di disordine e di illogicità in cui si intrecciano reazioni contrastanti: si detesta tutto ciò che
si ha e si desidera ciò che non si ha. Si percepisce che tutta la propria esistenza perde di tensione, è come allentata in
un senso di vuoto, nella noia e nella svogliatezza, in una incapacità di concentrarsi su una determinata attività, nella
spossatezza e nell'ansia. Viene a mancare un punto di attrazione, un polo che catalizzi tutte le componenti della
persona, e questa perdita di scopo sembra trascinare tutto in un vuoto senza fine.
A causa dell'angoscia e dell'ansietà, la vita appare senza più punti sicuri, senza certezze, come appoggiata su di una
superficie fluttuante.
Altri sintomi dell'accidia sono l'indifferenza è l'instabilità. Questa instabilità si manifesta in diversi modi: dal cambiare
casa o lavoro, al fuggire verso situazioni ritenute ideali; dall'instabilità di umore all'instabilità di giudizio; dall'instabilità nei
rapporti interpersonali alla sfiducia verso se stessi. Anche la ricerca di sempre nuove emozioni e divertimenti e la paura
di lasciare spazi vuoti da impegni sono palliativi di fronte a una situazione esistenziale che si minaccia vuota e priva di
senso.
Un ultimo sintomo dell'accidia è lo sconforto: l'impossibilità per l'uomo di vedere qualche cosa di buono e di positivo:
tutto viene ridotto al negativismo e al pessimismo. L'insoddisfazione diventa la modalità normale di affrontare
l'esistenza, e spesso anche ogni possibilità di futuro diventa inimmaginabile.
Le cause dell'accidia
Una realtà complessa come l'accidia trae origine da numerosi fattori. Tuttavia, una delle cause più frequenti è l'amore
smodato per se stessi, quella passione per se stessi che porta ad essere prigionieri del proprio io. Questo amore di sè è
in fondo il vero idolo che minaccia la nostra vita.
Se l'io è il centro assoluto del proprio mondo, allora si valuta ogni cosa in funzione dei propri bisogni, della propria idea,
dei propri desideri e giudizi.
Ci sono inoltre due cause, apparentemente contradditorie, che favoriscono l'accidia, e sono l'ozio e l'attivismo.
L'ozio è la mancanza di occupazioni, di interessi, ma soprattutto una realtà che rende la vita quotidiana amorfa e
trascinata. Davanti ad ogni prerogativa l'ozioso si chiede "a che pro?" e trasforma la propria vita in un deserto.
D'altra parte, lavoro e impegni eccessivi, che disperdono e creano molti punti di riferimento non collegati tra di loro,
possono provocare uno stato di accidia: ci si è dati un compito al di là delle proprie forze e si crolla.
Le soluzioni per combattere l'accidia
L'equilibrio, la discrezione e la moderazione permettono di dare una misura alla propria vita e a ciò che si fa. Si tratta di
quella saggezza che nasce dalla consapevolezza dei propri limiti e delle possibilità che sono in noi, e permette un reale
dominio di sè.
Molti autori insistono inoltre sulla necessità di non fuggire di fronte a questa situazione esistenziale. La fuga è infatti
l'illusione di trovare altrove o diversamente una liberazione da questo pensiero.
Altri rimedi per l'accidia sono la pazienza e la stabilità. La stabilità è la capacità di perseverare, di continuare un
cammino anche se si è tentati di interrompere la via che si è intrapresa. E un tempo in cui ci è data la possibilità di
perseverare è il quotidiano: rimanere nel quotidiano, senza "sognare la vita" fuggendo dalla sua precarietà. Ciò
comporta una rinuncia a tutte quelle illusioni che ci appaiono come alternative al presente; comporta accettare se stessi
e l'altro; comporta accogliere le fatiche dei propri impegni o il peso della comunità in cui siamo inseriti. Per combattere
l'accidia, insomma, bisogna ritrovare uno scopo e riprendere gusto per una vita vera.
CHE COSA È LA TEPIDEZZA? - La tepidezza è una volontà irresoluta, sonnecchiante, dubbiosa, indebolita... L'uomo tiepido non
sente gusto per nulla, nemmeno per il cielo (Psalm. CV, 24). Per lui non hanno attrattiva né la grazia, né la virtù, né la preghiera, né
la parola di Dio, né la confessione, né la comunione; - egli è come uomo in agonia (Psalm. CVI, 18). L'accidia lo addormenta, lo
intorpidisce; di modo che non bada più alla legge di Dio, se ne allontana, e sviene di sfinimento spirituale (Psalm. CXL VIII, 28);
(Psalm. CXLII, 7). È simile a quegli dèi dei Gentili, che hanno bocca, dice il Profeta, e non parlano; hanno occhi e non vedono;
hanno orecchi e non odono; hanno narici e non odorano; hanno mani e non le muovono; hanno piedi e non camminano (Psalm.
CXIII, 5-7). Di lui si può dire quello che Isaia lamentava del popolo israelitico: pare che preghi ed onori ancora Iddio, ma lo fa
senza gusto, e a fior di labbra; il suo cuore è lontano da Dio (ISAI. XXIX, 13); è veramente una terra sterile e vuota (Gen. I, 2). Dei
tiepidi così parla S. Bernardo: Vi sono delle persone pusillanimi e infingarde che cadono sotto il peso, avendo bisogno, per
camminare, delle verghe e dello scudiscio; sono senza gioie vere e senza tristezza profonda; rara e di poca durata è la loro
semicompunzione, lenta e codarda la loro obbedienza, senza nervo e gusto la loro conversazione, divagata e fredda la loro preghiera;
i loro pensieri sono terreni e le loro parole leggere; a poco o nulla loro giova la lettura; mediocre è il loro pudore, e senza forza la
ragione; nulla ha la disciplina, e pesante il timore dell'inferno. A questi segni si conosce l'uomo tiepido (Serm. LXIII, in Cant.). Egli
somiglia a Sansone tra le braccia di Dalila; la sua anima ha perduto ogni energia; egli cade in uno spossamento poco differente dalla
morte (Iudic. XVI, 16).
L'uomo tiepido, accidioso, ha una fede quasi morta, una speranza che barcolla, una carità che languisce. L'uomo tiepido è nel
peccato e non lo sa; è infermo e non se n'accorge, se pure non si crede sano e robusto. Si persuade di essere buono, vive nella
sicurezza, come se non gli mancasse nulla e non vede, il disgraziato, che manca di tutto; che si trova nella condizione di
quell'infelice dell'Apocalisse, che si credeva ricco, ed era miserabile, povero, nudo, cieco (Apoc. III, 17).
L'uomo tiepido è irresoluto..., tentennante..., esitante..., zoppica tra il vizio e la virtù; non osa commettere a occhi aperti e di proposito deliberato una colpa grave, e perciò si stima giusto e trascura di darsi a vita più fervorosa...; adempie certi doveri di religione,
come per esempio, assistere alla messa, accostarsi ai sacramenti, ecc.; ma tutto questo fa con negligenza e con poca voglia, senza
gusto e senza frutto di progresso spirituale...
Per la tepidezza, osserva S. Bernardo, il nervo dello spirito s'indebolisce; il languore accascia le forze; il rigore della penitenza spaventa; l'anima diviene pusillanime, la grazia se ne va a poco a poco; il torpore aumenta; la carità diminuisce; la voluttà seduce; la
sicurezza inganna e intanto si forma l'abitudine. Dirò di più: la legge è misconosciuta, il timor di Dio si dilegua (Serm. LXIII, in
Cant.). In questa deplorevole tepidezza, la parola di Dio, i buoni esempi, i savi consigli, non sono più che un bronzo sonante, una
voce nel deserto. Alla languidezza tiene dietro la negligenza, poi la freddezza, quindi la sterilità ed una somma indigenza; la sua
sentenza è avvalorata dalla parola dello Spirito Santo: «Chi non bada alle cose piccole, cadrà a poco a poco nelle gravi» (Eccli. XIX,
PERICOLO DELLA TEPIDEZZA. - Spaventosa è quella sentenza di Dio nell'Apocalisse: «Io conosco le tue opere, tu non sei
né freddo né caldo. Oh! se almeno tu fossi o tutto freddo, o tutto caldo! Ma perché sei tiepido, io comincerò a rigettarti dalla
mia bocca» (Apoc. III, 15-16). Dio rigetta l'uomo tiepido, cioè 1° gli nega i suoi favori; 2° questo vomito significa che i tiepidi
sono frutti verdi e bacati, che non essendo maturati per mancanza di calore, riescono indigesti, allo stomaco; 3° significa
ancora che i tiepidi fanno a Dio quella nausea che a noi fa il cibo vomitato... 4° Dio rigetta con violenza l'uomo tiepido, come
avviene nel vomito: perché la sua bontà non può sopportare senza patirne gli effetti della tepidezza; 5° Dio non dice: ti
vomiterò dalle mie viscere, ma dalla mia bocca; perché i tiepidi sono tanto in uggia a Dio, che non li ammette giammai nel
suo cuore, ma tosto li ributta appena si accostano alla sua bocca divina. Incipiam te evomere: comincerò a vomitarti; non è
ancora interamente compiuto il tuo rigetto, ma sono pronto a farlo e lo farò.
Il Vangelo ci dice che le vergini stolte non essendosi per indolenza provvedute di olio per rifornire le lampade all'arrivo dello sposo,
non si trovarono pronte a riceverlo, e, quando giunsero, trovarono la porta chiusa e, gridando che per pietà loro fosse aperto, si
udirono rispondere dallo sposo: Andatevene, io non vi conosco (MATTH. XXV, 3-5, 11-12). Ecco i tiepidi, ecco i pericoli della
tepidezza ed il suo castigo. Su di loro pesa la maledizione di Osea: «Da' loro, o Signore; e che cosa darai tu? Viscere sterili ed aride
mammelle» (OSEAE, IX, 14). Non più fecondità spirituale nell'anima tiepida; ella non si nutre più del latte spirituale.
Io sono passato, dice il Signore nei Proverbi, per il campo dell'indolente e per la vigna dell'insensato: ed ho trovato tutto il suolo
ingombro di spine, coperto di rovi, e la muraglia di pietre rovinata. O uomo tiepido e negligente, tu sonnecchi, tu dormi, ed ecco la
povertà venirti addosso di corsa, la miseria sopraggiungerti come cavaliere armato (Prov. XXIV, 30-34). Chi trascura la sua vigna,
commenta S. Bernardo, la distrugge. Non vi è tralcio dove non c'è succo: e il succo è Gesù Cristo. Che cosa produrrà la vigna, se è
secca? Forse che un albero sterile non è quasi morto? Come vivrà l'uomo tiepido nel quale non circola quasi più il succo divino? Per
ciò stesso che mena una vita inutile, la sua vita è una morte. Un campo ed una vigna non coltivati diventano sterili e senza valore e
tale è la condizione di un'anima tiepida. Quest'anima, coperta d'ignominia e di confusione, discende dal cielo nell'abisso; rotola dal
trono nel fango, dallo splendore nelle tenebre, da un palazzo in una cloaca, dal chiostro nel secolo, dal paradiso nell'inferno (Serm.
in Cant.). Guai al tiepido! egli sarà come il tamarisco del deserto, che non conosce giorni di abbondanza; perché abiterà nei luoghi
aridi del deserto, in una terra seminata di sale (IEREM. XVII, 5-6).
I tiepidi dormono e al loro svegliarsi, credendosi ricchi, saranno poveri; perché la tepidezza consuma, dice S. Giovanni Crisostomo,
l'ingegno e le forze (Homil. ad pop.). L'uomo tiepido è in uno spaventoso accecamento. Non s'immagini, dice S. Agostino, non si
lusinghi di conoscere Iddio, se pretende di servirlo senza buone opere. Per quanto si creda ricco, egli in verità è poverissimo (In
Psalm.). Il tiepido è zimbello del demonio... Racconta Ruffino che l'abate Pimedio diceva: Le mosche fuggono dall'acqua bollente,
cadono nella tiepida e vi generano la corruzione delle passioni e dei vizi (In Vit. Patr. l. VII, c. 39). «Gesù Cristo, scrive S.
Agostino, è venuto ed ha incatenato Satana. Ma qualcuno domanderà: se Satana è stato legato, perché mena ancora tante stragi? È
vero,egli fa molto male; ma solamente ai tiepidi ed ai negligenti» (Serm. CXCVII, de Temp.).
QUANTO È COLPEVOLE LA TIEPIDEZZA E COME DIFFICILMENTE SI ESCE DA QUESTO STATO. - S. Gregorio scrive:
È caldo colui che ha l'amor di Dio; è freddo chi si trova volontariamente e scientemente in istato di colpa grave; è tiepido chi è in
peccato, ma non vuole conoscerlo, e, per ipocrisia, vuol essere tenuto per giusto. A rigore, il tiepido non vorrebbe peccare
mortalmente di proposito deliberato; ma tracannando come acqua i peccati veniali, se gli si presenta l'occasione e la tentazione è un
po' forte, cade in colpe gravi (Moral. lib. XXXIV, c. II). Ora, quantunque sia cosa intrinsecamente più cattiva essere freddo e
rimanersene in questo stato glaciale, che non l'essere tiepido; quantunque sia cosa più cattiva peccare scientemente e
volontariamente, cioè l'essere freddo, che non peccare per ignoranza, per accidia, per debolezza, il che vuol dire essere tiepido;
tuttavia il Signore nell'Apocalisse condanna e biasima più severamente la tiepidezza che non la freddezza; perché:
1° La tepidezza è più pericolosa della freddezza, sia per motivo dell'estrema indolenza per cui il tiepido non bada ai rischi
che corre, ma pensa solo a vivere tranquillo, a riposarsi, a dormire; sia per motivo del pericolo di essere abbandonato da Dio.
Infatti Dio, che è fuoco consumatore e che vuol essere servito dai Serafini, ha in abominio la tepidezza e sottrae la sua grazia al
tiepido; permette che si addormenti di profondo sonno e cada così a poco a poco nell'abisso. Il peccato dell'uomo tiepido è dunque
più leggero in se stesso, ma più pericoloso che lo stato di chi ha il cuore freddo.
2° Coloro che sono freddi, sono più facili a rientrare in se stessi e convertirsi, e infatti sovente si volgono al pentimento; i tiepidi o
non mai o ben di rado; dunque il pericolo è più grave nella tepidezza che nella freddezza. Voi vedrete, osservava già S. Bernardo,
convertirsi e ritornare sinceramente a Dio assai più numerosi i grandi peccatori, che non i mediocri e i tiepidi. I freddi di cui parla la
Scrittura sono gli infedeli che peccano per ignoranza; peggiori di questi sono i tiepidi, cioè i cristiani indolenti e vili (Epist. LVI, ad
Richardum). Spesso ci accade di vedere cuori freddi diventare ferventi, dice Cassiano, ma non abbiamo veduto mai cuori tiepidi
cambiarsi in fervorosi (Collat. IV, c. XIX). A loro fa eco S. Gregorio Papa il quale scrive: Vi è da sperare che un cuore freddo si
volgerà un giorno ad amare Dio, ma per il cuore tiepido, decaduto dal suo fervore, vi è poca speranza. Infatti colui che si trova in
peccato non perde la fiducia di uscirne; ma colui che dopo la sua conversione cade nella tepidezza, più non ha la speranza che aveva
mentre era grande peccatore. Una colpa grave è presto conosciuta e prontamente riparata, al contrario una colpa creduta leggera
rimane, appunto perché non se ne tiene conto. Da ciò ordinariamente ne segue che l'anima avvezza alle mancanze leggere a poco
andare non teme più le gravi e vi cade senza rimorso (Pastor.).
«Abbiamo conosciuto parecchi in ogni genere di virtù compitissimi, i quali essendo caduti per tepidezza, precipitarono poi nel
baratro di tutti i vizi (Homil. ad pop.)». E la ragione ne è questa, nota l'Alvarez, che i peccati mortali sono meno pericolosi, perché il
loro aspetto orribile spaventa, mentre i leggeri sono tanto più pericolosi e da temere, quanto meno ci atterriscono e ci portano
insensibilmente all'estrema rovina (In Isai.). Ecco perché Sant'Agostino esce in questa sentenza: lo ardisco dire ai casti orgogliosi
che è meglio per loro che cadano; io oso dire ai superbi che è meglio per loro che inciampino in qualche pubblica colpa, la
quale li porti a non più compiacersi e invaghirsi di se stessi, poiché per questa vana loro compiacenza non cessano di cadere
(De Civit. Dei, lib. XIV, c. XIII).
Non meno terribile per i tiepidi è quest'altra sentenza di Papa S. Gregorio: «Ordinariamente una vita fervente di amore dopo. la
colpa piace più a Dio, che non l'innocenza la quale intorpidisce nella sicurezza (Pastor. l. III, admonit. XXXIX)»; molto saggio
è perciò quel consiglio del Crisostomo: «Con più cura e con maggiore premura sono da evitare le colpe piccole che le colpe gravi;
perché queste ripugnano alla natura; quelle invece, appunto perché leggere, rendono pigri, indolenti, sconsiderati. Se l'anima non
tiene conto delle colpe leggere, non può levarsi animosa a scacciarle; e per ciò dalle piccole passa ben presto alle enormi (Homil. ad
pop.)». Secondo l'Alvarez, il segnale di un amore tiepido sta in questo, che l'uomo non vuole offendere in cosa grave colui che ama,
ma non ne cura la volontà in tutto ciò che questi non gli ordina in tono severo (In Ezech.).
CAUSE DELLA TIEPIDEZZA. - Le principali cause della tepidezza sono: 1° l'accecamento spirituale; 2° l’allontanamento da Dio;
l'anima tiepida fa come Pietro il quale nel tempo della Passione seguiva Gesù, ma da lontano e così finì col negarlo (MATTH.
XXVI, 58, 70); 3° il raffreddamento del primo fervore (Apoc. II, 4); 4° la dimenticanza della preghiera, dell'esame di coscienza,
dell'elevazione del cuore a Dio; 5° la confidenza in se stesso, la vanità, l'orgoglio, la presunzione, il poco conto delle cose sante; 6°
il disprezzo delle colpe leggere e l'abitudine di cadervi senza scrupolo; 7° l'abuso delle grazie ordinarie; 8° attendere alle cose sante
per abitudine.
MEZZI DI USCIRE DALLA TEPIDEZZA.
Cuori tepidi, anime languide, affrettatevi a correggervi dei vostri difetti, ad umiliarvi, a conformarvi alla volontà di Dio, ad
esercitarvi Delle opere di carità. Questa è la via per uscire dalla tepidezza e per guadagnarvi la grazia di Dio... Dice infatti S.
Ambrogio (Offic. lib. III): «Dio è presente a quelli che lo amano, ma si nasconde ai tiepidi; i benefizi celesti sono concessi non a
quelli che dormono, ma agli avveduti e vigilanti».
Per uscire poi dallo stato di tepidezza sono mezzi efficacissimi: l° Un amore fervido verso Iddio. 2° L'applicazione alle buone opere.
3° La frequente meditazione dei Novissimi. 4° La fuga dell'accidia spirituale: «Sorgi, o tu che dormi, dice l'Apostolo, ed esci fuori
dai morti, e il Cristo ti illuminerà» (Eph. V, 14). 5° La parola divina letta, ascoltata, meditata e praticata. 6° Siccome tutti i giorni
offendiamo in qualche cosa il Signore, così pratichiamo tutti i giorni qualche penitenza. 7° Nutriamo un'avversione sincera al
peccato. 8° Vigiliamo continuamente a nostra difesa, come i nostri nemici studiano continuamente alla nostra rovina. 9° Lavoriamo
alla nostra salute con timore e tremore. 10° Non perdiamoci mai di coraggio alla vista delle molte colpe in cui cadiamo ogni giorno,
ma pentiamocene, e rinnoviamo sovente i buoni proponimenti.
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